mercoledì 31 ottobre 2012

Film 473 - I bambini di Cold Rock

Un altro film che era in promozione con la 3, che però ho visto in streaming da casa.


Film 473: "I bambini di Cold Rock " (2012) di Pascal Laugier
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Un'accozzaglia di elementi mal combinati tra loro e una storia che tenta di stupire ogni volta che sembrerebbe si riesca a capire qualcosa. Ecco che cos'è questo "I bambini di Cold Rock", che già parte male anche solo per il fatto che il titolo originale sia "The Tall Man", segnale che - come al solito - in Italia si storpiano i titoli e - peggio! - che la produzione originale non è riuscita nemmeno a trovare un'idea per il titolo.
Effettivamente la prima parte della pellicola sembrerebbe incentrata su questo 'uomo alto' che rapisce i bambini della spettrale Cold Rock per farne chissà cosa. Purtroppo, con lo svolgersi della trama, scopriamo il motivo di tanto mistero. Niente di truce, niente di splatter o violento, solamente una gigantesca boiata. Perchè se sulla carta - attenzione SPOILER! - l'idea matrioska di concepire la storia su tre piani narrativi legati a 1. smarrimento da incomprensione, 2. incredulità da rivelazione, 3. shock da spiegazione finale, parebbe essere vincente, di fatto risulta talmente meccanica e solo atta a stupire che finisce per essere artificiosa. Nessuno crede a Jessica Biel assassina di bambini complice dell'uomo cattivo, ma, come se questo già non bastasse, si osa ancora di più volendo mettere alla prova le 'capacità investigative' dello spettatore, tentando il colpo di scena finale: no, in effetti Jessica non aiuta l'uomo del titolo - non a uccidere i bambini, quantomeno - ma effettivamente è benefattrice insieme a suo marito formalmente scomparso in quanto rapiscono i bambini per affidarli a famiglie ricche che (suppongo) pagano per 'adottare' figli bisognosi.
Anche se senza rifletterci troppo potrebbe sembrare un'idea non male da presentare come colpo di scena, devo dire - vedere per credere - che è reso in una maniera tanto assurda da far prendere una piega ridicola alla pellicola.
C'è troppa carne al fuoco, troppi interrogativi che affollano la mente durante la visione e non si vede l'ora di capirci chiaro, ma quando ci si rende conto che Mrs Biel in Timberlake è andata in prigione per gli omicidi dei bambini che in realtà sono vivi, adottati da famiglie sparse per il Paese, ci si fa una risata pensandola martire prigioniera di una comunità che la crede mostruosa assassina. Perchè, scusatemi, ma è tutto talmente assurdo da risultare ridicolo.
Ho svariate domande, tra l'altro. La prima è come fa il personaggio di Julia Denning a rapire i bambini e fargli credere di essere la loro mamma nell'attesa che l'uomo nero se li vada a prendere? Cosa fa li ipnotizza? Causa loro una commozione cerebrale? Non me lo spiego e non ce lo spiegano. E già questo di per sé è assurdo.
Poi qual è l'esatto motivo per cui Christine (Eve Harlow), l'amica e complice di Julia, si impicca quando scoprono la "verità" su di loro? Mica sono delle assassine davvero, non c'è bisogno di un gesto tanto drammatico. E perchè non dire da subito la verità, invece che immolarsi per una causa tanto assurda? I bambini ormai sono dislocati in altre famiglie sparse, con nomi falsi e, soprattutto, (a parte gli ultimi) ormai cresciuti rispetto al momento del rapimento, quindi difficili da individuare.
Ora, si sa che io sono piuttosto tollerante con pellicole stupide, frivole, prive di idee, insensatamente spettacolari o dalla trama striminzita, però in questo caso mi ha proprio deluso il giochetto dello sceneggiatore e regista Pascal Laugier che, troppo preso dal suo cercare costantemente un modo di ribaltare la situazione, non si è accorto che ha poi finito per rimescolare troppi elementi assieme fino a rendere il tutto assurdo e, in fin dei conti, privo di ogni significato.
Già perchè - e qui l'ultima domanda - ci si chiede poi una cosa, nel finale: perchè raccontare questa storia? Qual è il messaggio de "I bambini di Cold Rock"? Purtroppo devo dire nessuno e, credo, l'unica motivazione che deve aver spinto alla realizzazione di questo prodotto (costato $18,200,000) sia stata prettamente commerciale. E, anche su questo punto, è stato un progetto fallimentare ($4,532,359 di incasso).
Consigli: Una pellicola finta horror dalle tinte dark che, in realtà, prende una virata thriller e nel finale, edificante. Un prodotto senza senso e, a parte i primi minuti di confusione che effettivamente sono godibili, per il resto "I bambini di Cold Rock" è un prodotto che non aggiunge niente ai tanti generi cui tenta di fare riferimento e, soprattutto, alla fine risulta essere una visione inutile.
Parola chiave: Jenny.

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BB

lunedì 29 ottobre 2012

Film 472 - On the Road

Nuovo film regalato dalla 3. E questa volta ero anche piuttosto interessato alla visione.


Film 472: "On the Road" (2012) di Walter Salles
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Erika
Pensieri: Definire "On the Road" come una pellicola on-the-road potrebbe sembrare semplicistico, ma in effetti una buona parte della storia si svolge per la strada. Ribalto la questione: magari un titolo meno scontato? Lo so, lo so, è tratto dal libro di Jack Kerouac che in inglese porta lo stesso nome, però forse ci si poteva ingegnare un attimino di più.
Tornando seri, il film di Walter Salles ("Central do Brasil", "I diari della motocicletta") non è male ed ha come suo grande pregio quello di presentare attori giusti per le parti che impersonano. Da questo discorso escludo per un attimo Kristen Stewart su cui, a breve, tornerò.
Garrett Hedlund ha una carica erotica piuttosto evidente e riesce nel non facile compito di magnetizzare lo sguardo dello spettatore su di sé, finendo - come richiesto dalla storia e dal personaggio di Dean Moriarty - per oscurare ogni altro attore presente in scena. Al contempo Sam Riley/Sal Paradise è perfetto come narratore nascosto, seguace dell'amico Dean e silenzioso osservatore di una vitalità tanto fuori dal comune e straordinaria, caotica. La coppia di amici - a cui si affiancheranno brevemente una miriade di altri personaggi sulla via - è davvero ben rappresentata a mio avviso dai due attori e finisce per risultare credibile quanto vera. Se posso osare un paragone, poi, per qualche attimo Garrett Hedlund mi ha ricordato il fascino decadente di Heath Ledger.
In tutto questo si inserisce una trama a tratti interessante, ma alla lunga non sempre convincente. L'idea di rappresentare persone che 'bruciano come candele' è affascinante e sulla carta è sicuramente una possibilità che, ben realizzata, al cinema paga sempre. Ma l'effetto boomerang è una variabile da tenere presente: se si parla, parla, parla di bruciare dentro, di aggrapparsi alla vita in maniera tanto disperata da afferrarla in modo troppo vigoroso, allora sarà richiesta una trasposizione tanto calda e vera anche sullo schermo. Che qui non sempre c'è.
Niente da dire su Hedlund che sorprende in un'interpretazione convincente e libera. Qualche riserva, invece, su colei che dovrebbe essere capace di muove l'ormone generale, di scatenare una sensualità intrinseca tanto naturale quanto incontrollabile. Il personaggio di Marylou - mi pare - dovrebbe bruciare quanto e più degli altri, dovrebbe essere tempio e richiamo di sesso e ambiguità. Per questo non ho trovato sempre funzionale affidare un ruolo così centrale per la storia a una ragazza che, a parte uno sguardo piuttosto intrigante, non riesce a rappresentare quel senso di scandalosa libertà che si vorrebbe riportare qui.
Kristen Stewart è certamente una scelta audace per un prodotto come questo, ma non direi priva di malizia. Lei che è Lady "Twilight", regina di pellicole milionarie come "Biancaneve e il cacciatore", non può essere una scelta casuale in un panorama di attrici ben più dotate e adatte al ruolo. Con questo non voglio dire che la Stewart sia totalmente incapace, ma di fatto non si può credere che dietro alla scelta di affidarle il ruolo di Marylou non ci sia (anche) un ragionamento commerciale. Senza voler sollevare polemiche o facili critiche, direi che la definizione migliore sia 'acerba'.
Fatta questa premessa, devo aggiungere che, se per la maggior parte delle scene che le competono il risultato non è pessimo, ci sono due momenti che mi hanno fortemente imbarazzato durante la visione del film. Il primo è il suo ballo 'scatenato' a tempo di jazz, che è tanto vero e sciolto quanto quello di una colonna di marmo. Il secondo, invece, riguarda la topica scena di sesso a tre assieme ai due protagonisti maschili: la Stewart è ingessata, incapace di ricreare quella complicità intima e spregiudicata che la situazione richiederebbe.
Detto ciò, c'è anche da dire che le sue scene sono molte di meno di quelle che mi aspettassi. In realtà una miriade di ruoli secondari/cameo dipingono un quadro di viaggio all'avventura che è tanto bello a vedersi quanto fine a sé stesso. Incontriamo Viggo Mortensen, Amy Adams, Kirsten Dunst, Steve Buscemi, Elisabeth Moss, Tom Sturridge, Terrence Howard, Alice Braga e ognuno di loro ha un ruolo molto differente da quello degli altri per poter rendere variegato il racconto, ma si finisce per non inquadrare bene nessuno veramente, perchè la bidimensionalità dovuta al poco tempo cui ogni loro personaggio è dedicato, finisce per impoverire il senso della loro apparizione. Ed è un peccato.
Tutto questo per dire che sì, "On the Road" mette in scena tutti i punti principali di una pellicola che si voglia definire di strada e all'avventura, ma con il grave errore di autodefinirsi ogni momento che uno dei personaggi parla. Sarà perchè in scena è presente il narratore (e scrittore) del racconto, ma trovo che ogni film che senta la necessità di esplicitare a parole tutte le sensazioni e i sentimenti che vorrebbe suscitare nel pubblico, finisca sempre per pubblicizzare qualcosa che poi non riesce a trasmettere veramente. C'è molto parlare di libertà, ardore e passione, vita vera vissuta alla giornata, di ribellione e incoscienza. Eppure nessuna di queste 'voci' arriva in maniera genuina; niente di tutto questo riesce veramente ad essere trasmesso attraverso trama e recitazione. Sono tutti elementi nell'aria, ma non perchè "On the Road" li riesca a trasmettere in quanto prodotto capace di 'bruciare' quanto le vite dei personaggi per cui tanto si spendono parole.
Direi che di fatto il film in sé non è male, ma manca di un'anima capace di suscitare davvero le emozioni di cui parla la storia.
Consigli: Un film che presenta tanti tòpoi della letteratura (libertà, amicizia, ricerca della propria strada, amore, avventura, ...) ma che difetta di un certo realismo. Essendo molto esplicito nel raccontare quello che vuole trasmettere, "On the Road" finisce per risultare un elenco di ciò che è una vita/avventura sulla strada senza davvero regalarci la sensazione di aver partecipato al cammino dei suoi protagonisti. Si potrebbe dire che preconfeziona sensazioni. Ma non è malvagio e, anzi, oltre a presentare bellissimi scenari, ci regala anche la bella interpretazione di Hedlund. Godibile.
Parola chiave: Romanzo.

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BB

venerdì 26 ottobre 2012

Film 471 - Quantum of Solace

Martedì a Londra la première di "Skyfall" che da noi uscirà il giorno di Halloween. Per prepararmi, con Paola anche il secondo episodio della saga che ha regalato una seconda giovinezza a James Bond.


Film 471: "Quantum of Solace" (2008) di Marc Forster
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Paola
Pensieri: Bene Bond, ma si poteva fare di meglio. Se anche qui non mancano spettacolarità, azione e la carismatica presenza di Mr. Craig tutto muscoli e licenze di sterminare, di fatto questo "Bond 22" non ha lo stesso carisma del suo predecessore.
La trama è più debole e a dirla tutta non sempre sembra seguire un filo narrativo chiaro. Ogni tanto ci si ritrova confusi in un'azione di lotta tanto frenetica da risultare impossibile da afferrare visivamente e, peggio ancora, non sempre si riesce a capire davvero fino a dove si voglia andare a parare.
In effetti un certo senso di disorientamento segna anche la figura di Bond che, dopo la morte dell'amata Vesper, è un concentrato di rabbia e vendetta difficile da controllare per la stessa M (Judi Dench). Forse il film riflette lo stato d'animo del suo protagonista...
Al di là di questo, comunque, qualche critica più precisa va mossa. La prima, come si diceva, è puramente tecnica: la frenesia di 'buttare' lo spettatore dentro l'azione finisce per rendere impossibile la fruizione di un'immagine mossa e in costante frenesia, tanto fastidiosa quanto controproducente. E dire che i precedenti lavori di Marc Forster ("Neverland - Un sogno per la vita", "Il cacciatore di aquiloni") presentano una regia piuttosto tranquilla (per non dire classica).
Secondo punto: Olga Kurylenko. Sorvolando sul fatto che non mi piaccia di per sé, ha un'aspetto sciatto ed è priva di quella magia seduttiva che avrei preferito vedere su una Bond girl dopo il passaggio della bellissima Eva Green nel capitolo precedente. Inoltre, a ben vedere, non l'hanno aiutata nemmeno gli addetti ai lavori: dotata di una Ford Ka color della tristezza che non si addice nemmeno alla donna delle pulizie dell'agente segreto più famoso del Regno Unito, finisce per fare la figura della poveretta. In aggiunta - e qui il terzo punto critico - è vestita in maniera orripilante. La costumista Louise Frogley riesce ad appiattire il livello glam della parte femminile in maniera tanto riuscita da essere mortificante. Perfino Gemma Arterton, che qui ha un piccolo ruolo, riesce a risultare imbarazzantemente conciata (anche se, devo ammettere, il suo personaggio segue alla perfezione la "Lesson number 8" di Anna dello Russo: Wear coat as a dress).
Se dire "Il mio nome è Bond, James Bond" è cool già di per sé, il mondo che contorna il nostro eroe non lo è per niente. Sì, è vero, c'è una presentazione dell'immagine piuttosto ricercata e, molto spesso, 'pulita', ma non posso dire che basti piazzare 007 in un hotel di lusso o in una Siena col Palio ripulita per l'occasione con le migliori tecniche di fotoritocco perchè si possa definire "Quantum of Solace" il film dove Craig possa giocarsi la carta del 'più figo di tutti' al meglio. Le evoluzioni di lotta sono effettivamente accattivanti e si vede che l'attore è davvero adeguato per la parte, ma manca sempre quel momento in cui liberare charme e abilità seduttive - anche verso il pubblico, chiaramente - cui "Casino Royale" ci aveva abituato.
Non tutto è da buttare, però. Anzi, al contrario, forse il vero pregio di questa pellicola è di funzionare alla perfezione per lo scopo che ha: quello di trainare Bond da una parte all'altra della storia, ovvero di raccordare il "21" e il "23" in maniera funzionale. In questo senso la sceneggiatura prende una sua logica che, altrimenti, finirebbe per sfuggire a chi si approccia al prodotto senza adeguata presentazione.
Detto questo bisogna comunque segnalare che, come pellicola trait d'union, "Quantum of Solace" ha un suo perchè che tende a sbiadire nel momento in cui la si guarda singolarmente. Sfuggono molti elementi, questo 'quantum' di cui tanto si parla viene citato (veramente bisbigliato) giusto un paio di volte e, ripensando a Le Chiffre, Dominic Greene (Mathieu Amalric) non possiede lo stesso fascino meschino.
In ogni caso direi che, nonostante mi aspettassi di più dal nuovo Bond di Paul Haggis, anche in questo caso lo standard è decisamente più alto degli episodi della saga precedenti allo svecchiamento di Craig. Contestualizzare eroi (o supereroi) in una realtà sì parallela, ma pur sempre molto vicina alla nostra, aiuta a regalare loro un'anima più vera grazie alla quale il film, poi, finisce per giovarne. Staremo a vedere se "Skyfall" saprà mantenere questa peculiarità.
Ps. $591.7 milioni incassati in tutto il mondo, inferiore al precedente incasso di 'soli' 4,7 milioni.
Film 468 - Casino Royale
Film 1745 - Casino Royale
Film 471 - Quantum of Solace
Film 483 - Skyfall
Film 618 - Skyfall
Film 1165 - Skyfall
Film 1738 - Skyfall
Film 1044 - Spectre
Film 1167 - Spectre
Film 2055 - No Time to Die
Consigli: Avendo visto "Casino Royale" in lingua originale, devo dire che il doppiaggio italiano rovina davvero il fascino di 007. Con una voce naturale bassa - e, diciamocelo, sexy - Daniel Craig avrebbe meritato una voce nostrana più profonda e direttamente collegata al suo timbro. Da noi, invece, questo aspetto (importante) si perde a causa di una voce che non si adatta perfettamente al personaggio. Chi può, quindi, si goda "Quantum of Solace" in inglese, che è meglio.
Parola chiave: Deserto di Atacama.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 23 ottobre 2012

Film 470 - The Five-Year Engagement

Immancabile la USA comedy nella mia filmografia! E anche questo titolo non poteva sfuggirmi...


Film 470: "The Five-Year Engagement" (2012) di Nicholas Stoller
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Il genere è quello solito della commedia USA, lo spunto narrativo invece è meno usuale: coppia di giovani innamorati decide di sposarsi e pianifica il party per il fidanzamento. A mettere i bastoni fra le ruote a Tom e Violet (rispettivamente Jason Segel - anche sceneggiatore - ed Emily Blunt) ci penserà il destino che complicherà le esistenze dei due costringendoli a rimandare il matrimonio a data da destinarsi (da qui il titolo).
Se per toni, situazioni comiche e quel retrogusto patinato sappiamo con certezza di ritrovarci nel sicuro territorio della commedia disimpegnata, a livello di scelte di sceneggiatura troviamo un approfondimento di personaggi e avvenimenti piuttosto inusuale per un prodotto che, solitamente, nasce con intento puramente ludico e distensivo. La complicata vicenda amorosa dei due ragazzi non solo è proposta in maniera sensata, ma finisce per centrare in maniera efficace temi cari al genere. Non tanto a causa di un'originalità peculiare, ma piuttosto perchè si avvicina in maniera sincera al vero della quotidianità.
Chiaramente non sto dicendo che "The Five-Year Engagement" è una specie di documentario sulla vita di coppia moderna, ma semplicemente che ho trovato apprezzabile lo sforzo di analizzare un percorso di vita insieme dal punto di vista di variabili che non abbiano come unico denominatore comune gli 'occhi a forma di cuore' o emozioni 'di plastica' causanti il diabete.
E' naturale, comunque, che anche qui si segua il diktat della gag simpatica, dell'esasperazione delle situazioni (più che altro famigliari) e del lieto fine al fotofinish, ma il percorso per raggiungere quest'ultimo è impervio e a tratti - per chi guarda - frustrante (per non dire somigliante con le sfighe della vita).
Insomma "The Five-Year Engagement" è un titolo piacevole e ben scritto, carino nel suo essere scanzonato e verosimile (tra le tante: lui non ha fattezze da modello, lei non veste solo firmato). Di sicuro è la distrazione giusta per una serata senza pretese. Unica pecca: 124 minuti di durata sono veramente molti da reggere e quando si arriva verso la fine si comincia ad accusare un po' il colpo.
Consigli: Una commedia carina e senza pretese con due protagonisti affiatati e adatti al loro ruolo. Segel è la quarta volta che firma una sceneggiatura e la terza che interpreta una pellicola scritta da lui. Si sta specializzando nel genere in maniera piuttosto naturale e, anche solo per questo, vale la pena dare una chanche a questa sua ultima fatica.
Spassoso il momento 'da cacciatore' che passa Tom.
Parola chiave: Matrimonio.

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BB

lunedì 22 ottobre 2012

Film 469 - Shark Night - Il lago del terrore

Lago e squali... Interessante!


Film 469: "Shark Night - Il lago del terrore" (2011) di David R. Ellis
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: AAA Cercasi cavie umane. Nel film? No per vedere sta boiata pazzesca.
Un film terribile, di una banalità sans frontières che nemmeno da un film di 'serie B' mi aspettavo. Eppure "Shark Night 3D" riesce a racchiudere (male) tutti i cliché più abusati dal genere horror-splatter degli ultimi anni. Ai più curiosi che intendono guardare la pellicola non voglio svelare il segreto per cui questi squali popolano il lago (salato) nel golfo della Louisiana, quindi mi asterrò da svelare certi particolari; comunque bisogna proprio dire che la trama è banale e prevedibile in maniera quasi imbarazzante (per chi l'ha scritto).
Non contenti di questo, aggiungo che gli effetti speciali con cui vengono ricreati gli squali sono veramente brutti - non so se volutamente caricati tanto da rendere ancora più grottesche le bestie - e la recitazione è pessima. Non si salva nessuno delle varie comparse, ma la peggiore forse è proprio la protagonista Sara Paxton, incapace di esprimere un'espressione che sia diversa dalla modalità bambinetta-corrucciata-un-po'-porcella che ha su per tutto il film. Inutile dire, tra l'altro, che ognuno dei ragazzi scelti è carne da macello e per gli squali e per gli spettatori/trici che - nel caso non gradiscano troppo l'inutile film - possono sempre rifarsi gli occhi tra un costume e l'altro.
Brutto, fatto male, banale e davvero incapace di suscitare un'emozione che non sia la delusione per aver già compreso tutti i passaggi chiave della trama nella prima metà della pellicola.
Che potessi aspettarmelo è indubbio. Che fosse così pessimo non era certo.
Ps. $40,136,479 di incasso mondiale, nonostante tutto.
Consigli: Meglio girare al largo da questo prodotto e guardarsi "Lo squalo": non avrà il 3D, ma fa 10 volte più paura.
Parola chiave: Video.

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BB

venerdì 19 ottobre 2012

Film 468 - Casino Royale

Il 31 ottobre si avvicina e bisogna presentarsi preparati all'appuntamento con il nuovo 007...


Film 468: "Casino Royale" (2006) di Martin Campbell
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Paola
Pensieri: Bond è tornato. Ed è seriamente incazzato.
Superato il più raffinato e imbolsito Pierce Brosnan, Daniel Craig da un calcio nel sedere a tutti i precedenti 007 e - piaccia o no - regala un bello scossone alla serie di spie più famosa al mondo. Aggiungo: e finalmente mi piace.
E' nota la mia propensione naturale verso i film dove 'ci si mena di brutto' e qui, finalmente, si prende la piega giusta per giustificare una spia che da anni ha licenza di uccidere. E Craig, diciamocelo, non si lascia dietro nessuno.
Con la trama curata, tra gli altri, dal Paul Haggis dell'inutile "Crash - Contatto fisico" e l'adrenalinico "The Next Three Days", pare si sia riusciti a colmare quel gap che per anni ha voluto Bond più un personaggio patinato e stereotipato che un vero re dell'azione spionistica. Con questa full immersion nella caratterizzazione di un eroe più plausibilmente incorniciato nella realtà - chiaro che evoluzioni e avventure rimangono di stupefacente inverosimiglianza - finalmente Mr. James Bond si regala un'anima capace perfino di amare davvero. Scottato dalla sensuale visione di Vesper Lynd/Eva Green, il nostro granitico sciupafemmine troverà perfino il tempo tra un'autorianimazione e una partita di poker di scappare in giro per il mondo con la donna riuscita a sciogliergli il cuore.
Nuovi interessanti spunti in questo "Bond 21", carico di azione e scenari (anche italiani) in cui si muovono personaggi composti da un cast internazionale: al solito Judi Dench nei panni di M, poi il danese Mads Mikkelsen (Le Chiffre), gli italiani Giancarlo Giannini, Caterina Murino e Claudio Santamaria (che non ha una sola battuta...), l'americano Jeffrey Wright, il francese Simon Abkarian e l'ivoriano Isaach De Bankolé.
E' davvero una pellicola ben riuscita quella che regala al pubblico il regista Martin Campbell (già dietro di "GoldenEye" e del più recente flop "Lanterna verde"), certamente una ventata d'aria fresca e meno 'giocosa' dell'universo delle spie di Sua Maestà. Scritto bene, con battute ad effetto che colgono alla perfezione lo stile pungente e 'furbetto' di 007 che lo rende tanto piacione (e piacevole), ha a suo favore l'inusuale (per la serie) volto del duro Craig che, oltre ad essere biondo con occhi azzurro ghiacchio, ha quella che più comunemente e semplicisticamente si potrebbe definire una 'faccia da cattivo'. A ben pensare, però, il nostro Bond non è così tanto buono e, come i puristi della saga hanno dovuto fare, bisogna ammettere che l'attore inglese è davvero tagliato per il ruolo. Tosto e tutto d'un pezzo, ha ridato vigore ad un personaggio che stava cominciando a rischiare di diventare la caricatura di sé stesso.
Bene, dunque, davvero una pellicola piacevole e spassosa da seguire, con la giusta dose di azione mischiata a suspense e paesaggi mozzafiato. Bei vestiti, belle donne e belle macchine aggiungono quel tocco macho che non può mancare a ogni tombeur de femmes che si rispetti. Adrenalinico Bond, non si risparmia mai. Ma fa bene, perchè questa volta ha fatto il botto.
Ps. In lingua originale è davvero divertente ascoltare il pessimo accento della Murino. Giannini se la cava piuttosto bene, ma la migliore è Eva Green che, nonostante sia francese, parla un inglese perfetto.
Film 468 - Casino Royale
Film 1745 - Casino Royale
Film 471 - Quantum of Solace
Film 483 - Skyfall
Film 618 - Skyfall
Film 1165 - Skyfall
Film 1738 - Skyfall
Film 1044 - Spectre
Film 1167 - Spectre
Film 2055 - No Time to Die
Consigli: "Casino Royale" è il film della serie di bond che ha incassato di più, con $594.7 milioni al box office mondiale. La critica ne ha parlato molto bene, specialmente lodando la performance di Craig (per lui anche la nomination come Miglior attore ai Bafta del 2007). Con questi presupposti non si può non dare una chanche a questa pellicola che - al contrario di "The Amazing Spider-Man" - svecchia davvero un prodotto da molti anni ormai appannato e poco convincente. E Eva Green è davvero stupenda.
Parola chiave: Poker.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 18 ottobre 2012

Film 467 - The Amazing Spider-Man

Leggo critiche entusiaste e penso che, forse, non abbiamo visto tutti lo stesso film.


Film 467: "The Amazing Spider-Man" (2012) di Marc Webb
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Al di là del fatto che non trovassi necessario, a così breve distanza dai precedenti, riproporre la figura di Spider-Man al cinema, mi pare evidente che con questo ennesimo capitolo/reboot/prequel/chiamatelo-come-vi-pare si volesse semplicemente spillare soldi al pubblico. Poche nuove idee presentate, tanto che si ricomincia da dove Sam Raimi era già passato 10 anni fa: le origini dell'Uomo Ragno.
Come si fa, quindi, a pensare di rinnovare un prodotto, svecchiarlo - ce n'era bisogno, poi? -, quando in realtà i nodi principali della trama sono gli stessi già affrontati nello "Spider-Man" con Tobey Maguire? Ok, cambia la protagonista femmile (non più Mary Jane Watson, ma Gwen Stacy interpretata da Emma Stone), cambia il cattivo di turno (Curt Connors/Lizard interpretato da Rhys Ifans) e cambia, addirittura, un aspetto tanto caratteristico del nostro eroe (non spara più le ragnatele dai polsi in maniera 'naturale', ma attraverso dei marchingegni), ma a parte quelli che potremmo definire dettagli, di fatto il tutto resta pressoché immutato rispetto a quanto si era già visto anni fa. E allora, dico io, perchè?!
Perchè stiracchiare una sceneggiatura al limite del decente (unico esempio su tutti: Peter si intrufola alla Oscorp rubando all'ingresso uno dei cartellini visitatori che appartiene ad un ragazzo indiano - se non sbaglio - riuscendo a passare i controlli indisturbato. Scena successiva, il ragazzo a cui appartiene il tesserino, palesemente indiano - or whatever -, viene cacciato in malomodo dalla sicurezza. E' una scena ridicola), scomodare un buon cast (Andrew Garfield, Emma Stone, Rhys Ifans, Martin Sheen e il due volte premio Oscar Sally Field) per un pasticcio cinematografico che vale solo per effetti speciali o potenza delle immagini proposte?
Sono rimasto molto deluso dal risultato finale di questa pellicola, da cui mi aspettavo molto di più che una scopiazzatura della genesi 'alla Batman' - genitori uccisi da bambino, infanzia in solitudine - oltre che di una sua parte in toto (a Gotam viene fatto fuoriuscire il gas di Crane facendo impazzire tutti gli abitanti in "Batman Begins", qui il Dott. Connors vuole utilizzare il siero sull'intera città e trasformare gli umani in lucertole e in entrambi i casi il supereroe riesce a somministrare l'antidoto) e un volteggiare per grattacieli combattendo contro il Godzilla di turno. L'analisi e la presentazione dei personaggi è troppo superficiale e, purtroppo, dopo che con i primi tre capitoli su Spider-Man si è aperta per i supereroi una nuova caratterizzazione più 'vera' e meno da blockbuster, con questo film si ritorna ad un'immagine patinata e particolarmente inverosimile, il che a mio avviso è un vero spreco di risorse ($230 milioni di budget) e tempo. Avrei preferito un'indagine introspettiva più completa, meno semplicistica e tirata via solo per dare spazio ad una serie di acrobazie più spettacolari in funzione di un 3D che - fatemelo urlare - mi sta davvero cominciando a rompere le scatole. Non me ne frega niente di vedere mille pezzetti di vetri in frantumi che sembrano direzionati a colpire la mia faccia quando, seguendo la trama del film, la sensazione è quella di vedere l'episodio di una favoletta da cartone animato. Film come "Il cavaliere oscuro" o "Casino Royale" ci hanno ormai abituato ad una collocazione spazio-temporale degli eroi moderni in quella che è plausibile definire una realtà parallela molto simile alla nostra quotidiana. Qui, invece, sembra solo di partecipare (non attivamente) ad un videogioco trito e ritrito. - The Avengers
Film 411 - The Avengers
Film 808 - The Avengers
Film 1568 - The Avengers
Film 930 - Avengers: Age of Ultron
Film 932 - Avengers: Age of Ultron
Film 1177 - Avengers: Age of Ultron
Film 1571 - Avengers: Age of Ultron
Film 1613 - Avengers: Infinity War
Film 1757 - Avengers: Endgame
- Captain America
Film 695 - Captain America - Il primo vendicatore
Film 1660 - Captain America: The First Avenger
Film 814 - Captain America: The Winter Soldier
Film 1156 - Captain America: Civil War
Film 1395 - Captain America: Civil War
- Thor
Film 268 - Thor
Film 1191 - Thor
Film 1659 - Thor
Film 631 - Thor: The Dark World
Film 1193 - Thor: The Dark World
Film 1447 - Thor: Ragnarok
- Iron Man
Film 543 - Iron Man 2
Film 676 - Iron Man 3
- Ant-Man
Film 1004 - Ant-Man
Film 1195 - Ant-Man
- Doctor Strange
Film 1250 - Doctor Strange
Film 1433 - Doctor Strange
- Spider-Man
Film 1394 - Spider-Man: Homecoming
Film 1653 - Spider-Man: Homecoming
Film 1781 - Spider-Man: Far from Home
Film 2077 - Spider-Man: No Way Home
Film 467 - The Amazing Spider-Man
Film 718 - The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro
- Black Panther
Film 1612 - Black Panther Consigli: I $752,216,557 di incasso mondiale sembrano smentire appieno la mia delusione nei confronti di questo "The Amazing Spider-Man" che, evidentemente, è globalmente piaciuto. L'unica è vederlo per farsi un'opinione, ma io personalmente sento di raccomandare, piuttosto, la visione dei primi due capitoli della trilogia di Raimi.
Parola chiave: Mutazione.

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BB

Film 466 - 1997 - Fuga da New York

Consigliatomi da un collegate quest'estate, questa pellicola chiude la mia 'folle' domenica di passione (cinematografica) in compagnia di Paola. Quattro film per una giornata non stop sul divano accompagnata da pizza e pasta. Evviva il weekend!


Film 466: "1997 - Fuga da New York" (1981) di John Carpenter
Visto: dal computer di Paola
Lingua: italiano
Compagnia: Paola
Pensieri: Difficile non rimanere affascinati da questo prodotto futuristico che John Carpenter gira nel 1981, ma ambienta nel '97. Un po' di atmosfere che ricordano "Blade Runner" (che però è dell'82), una colonna sonora intrigante e un incipit narrativo particolarmente stimolante (cito l'inizio del film, perfetta sintesi dell'idea di partenza che viene proposta allo spettatore): «1988: l'indice di criminalità negli Stati Uniti aumenta del 400%. Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di 15 metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Circonda completamente l'isola di Manhattan, tutti i ponti e i canali sono minati. La forza di polizia statunitense, come un esercito, è accampata intorno all'isola. Non vi sono guardie dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più».
Bene, come si fa a non avere voglia di proseguire la visione?
In un 1997 che più lontano da quello vero non si può, Kurt Russell è Jena Plissken, prigioniero vicino al patibolo a cui viene promessa la libertà in cambio di un viaggetto all'interno del carcere di Manhattan. Il motivo è recuperare il Presidente degli Stati Uniti, precipitato nella sfortunata area con una capsula di salvataggio, dopo che l'aereo presidenziale viene dirottato da un gruppo di terroristi che intende farlo esplodere. Da qui Jena ha un giorno di tempo - al termine del quale due microcapsule che gli sono state impiantate nel corpo esploderanno - per portare in salvo il Presidente e, chiaramente, anche sé stesso.
Avventuroso, anche se a tratti un po' lento (deficit di praticamente tutte le pellicole anni '80), "Escape from New York" è un esperimento cinematografico davvero interessante e piacevole da seguire, avvincente grazie alle molteplici originali idee incluse nella sceneggiatura. E' sempre interessante, tra l'altro, vedere - anche se a volte si tende ad estremizzare - come nel passato si immaginava il prossimo futuro, da confrontare con quella che è stata poi la realtà.
In una terra di nessuno autogovernata da galeotti molto spesso similari a zombie metropolitani, l'avventura di Jena sa appassionare e coinvolgere lo spettatore, curioso di capire se allo scoccare delle 24 ore di tempo l'antieroe Plissken ce la farà a cavarsela. Un classico che si potrebbe definire cult nel suo genere, figlio di uno dei registi più creativi (per non dire cult) da molti anni a questa parte, perfettamente realizzato dal punto di vista tecnico (scenografie e computer grafica) tanto da non sconvolgere nemmeno lo spettatore moderno che guarda con trent'anni di novità grafiche ormai assodate sulle spalle. Niente male e, nel complesso, interessante.
Ps. 6 milioni di dollari per produrlo, $50,000,000 di incasso mondiale.
Consigli: Un grande cast (Kurt Russell, Lee Van Cleef, Ernest Borgnine, Harry Dean Stanton), scenografie pazzesche, un'idea geniale e la mano di John Carpenter. Va visto.
Parola chiave: Il Duca.

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BB

martedì 16 ottobre 2012

Film 465 - Amiche per sempre

Prosegue la maratona filmica con Paola: terzo film, ma questa volta ci spostiamo un po' in là rispetto ai precedenti prodotti negli anni '80. Ma qui è il cast a farla da padrone.


Film 465: "Amiche per sempre" (1995) di Lesli Linka Glatter
Visto: dal computer di Paola
Lingua: italiano
Compagnia: Paola
Pensieri: Un giorno, per caso, nella mia consultazione quotidiana dei siti web riguardo al cinema, scopro dell'esistenza di una pellicola che, potenzialmente, sembra una bomba. Un cast stellare da film corale tutto al femminile, un racconto generazionale di crescita e amicizia... insomma elementi da cui sono naturalmente attratto. Tanto per essere chiari, si riunisce in una sola (poi ribattezzata sòla) pellicola attrici come Demi Moore, Thora Birch, Melanie Griffith, Christina Ricci, Rosie O'Donnell e Rita Wilson (più che altro famosa per essere la moglie di Tom Hanks).
Ora forse qualcuno capisce il perchè di tanta fibrillazione da parte mia. Sicuro che sarei riuscito a neutralizzare ogni mio azzardo di pronostico negativo relativo a quest'opera solo per il fatto che, certamente, nonostante tutto sarei rimasto soddisfatto da una 'favoletta' alla "Stand by me - Ricordo di un'estate" solo molto femminile, ho costretto una Paola decisamente riluttante alla visione di questo "Now and Then". Errore.
Più che un'alternativa al film di Rob Reiner, credo si possa dire che "Amiche per sempre" è una proposta inutile. Una trama superficiale al limite dell'assurdo (cito solo questi due esempi: 1. pioggia torrenziale che impedisce a bambina caduta dentro la grata di un tombino - che ha la stessa metratura del mio appartamento - di uscirne; 2. sala parto con travaglio in atto. Presenti, oltre alla futura madre, solo la dottoressa - presunta lesbica - amica di quest'ultima. Non un infermiere che sia uno. Non una complicazione. Bambino fuori nel giro di due minuti di cronometro, a malapena una sudata della partoriente e via, ready-to-go), uno spunto narrativo che non prende e un uso insensato delle quattro protagoniste di rilievo. Nello specifico avremmo una combinazione Moore-Griffith-O'Donnell-Wilson sfruttabile che, invece, si intravede giusto in un paio di passaggi ricalcolabili in una decina di minuti totali. Peccato. Mi chiedo a che pro scomodare attrici (più o meno) famose quando in realtà le vere protagoniste sono le ragazzine.
Insomma, delusione generale per un prodotto privo di originalità che sfrutta malissimo le sue carte puntando tutto sulla storiella di finta suspense delle quattro amichette che credono di avere a che fare con un caso di omicidio (dopo una seduta spiritica, tra l'altro...) quando invece è palese tanto da volerlo urlare che non c'entra una mazza. Aggiungo, come nota di colore finale, che la caratterizzazione delle ragazze da adulte - avendo solo i famosi 10minuti di tempo citati prima - è principalmente affidata alle scelte di look quali riflesso delle principali sfumature caratteriali di ognuna delle quattro: la peggiore è la dark-Demi (look insensato), ma la costumista Deena Appel si è divertita a ricavare dai luoghi comuni più banali un guardaroba orrendo per ognuna delle amiche. Impresa titanica riuscita, con i miei più calorosi complimenti.
Ps. $37,591,674 di incasso mondiale a fronte di una spesa di 12.
Consigli: Molti i volti noti presenti (a parte le quattro già citate anche Christina Ricci, Thora Birch, il premio Oscar Cloris Leachman, Hank Azaria, Bonnie Hunt) che possono rappresentare uno dei due motivi che potrebbero spingere alla visione questa pellicola. L'altro è non avere ancora superato i 10 anni di età.
Parola chiave: Johnny.

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BB

domenica 14 ottobre 2012

Film 464 - Sixteen candles - un compleanno da ricordare

E dopo "Breakfast Club" un altro cult anni '80 con metà dello stesso cast e la stessa regia. Un successo assicurato? Io e Paola eravamo fiduciosi...


Film 464: "Sixteen candles - un compleanno da ricordare" (1984) di John Hughes
Visto: dal computer di Paola
Lingua: italiano
Compagnia: Paola
Pensieri: Mi è piaciuto? Non mi è piaciuto? Chiaro che mi è piaciuto! Probabilmente già di animo ben disposto, ho trovato davvero divertente questa ennesima commedia americana generazionale, questa volta di più disimpegno e meno confronto analitico degli adolescenti anni '80.
E comunque va bene così. Va bene perchè nonostante un incipit assurdo - la famiglia che si dimentica totalmente del sedicesimo compleanno di Samantha/Molly Ringwald - il film è divertente e autoironico, con un buon cast principale e delle spalle piuttosto divertenti (tra i futuri molto famosi si riconoscono perfettamente i fratelli Cusack, Joan e John).
Chiara fin da subito la divisione tra cool e sfigati - gli avi dei nerd di oggi -, "Sixteen candles" si potrebbe dire che mette sotto gli occhi dello spettatore quello che per noi è quotidianità narrativa: l'eterna lotta per l'ascesa sociale in un ambiente (il liceo) fatto di caste che è praticamente impossibile scardinare. E allora c'è lo sportivo più bello della scuola (Michael Schoeffling), la ragazzina al secondo anno che ne è pazzamente innamorata (la Ringwald) credendo di essere senza speranza, il magrolino sfigato che ci prova con quest'ultima credendo di sfoderare doti da grande amatore risultando però semplicemente impacciato (Anthony Michael Hall) e tutta un'altra serie di prototipi umani che conosciamo perfettamente e che, anche qui, funzionano alla grande. Il liceo, insomma, è un ambiente fertile per scatenare la fantasia.
Cercando sempre di tenere a mente contesto e periodo, direi che questo è un prodotto carino e non volgare, adatto al target cui si propone(va) e, anche se solitamente non apprezzo, carico di una certa dose di incantata innocenza che, forse, oggi tendiamo a sottovalutare. Samantha è una sognatrice - il che è un classico - ma, nonostante le gag sessuali ci siano, si capisce perfettamente che ha come unico scopo quello di riuscire quantomeno in una pomiciata con il suo bell'amato. In questo la Ringwald è perfetta e gioca la carta dell'innocenza con una naturalezza invidiabile.
Forse tutto questo tornare un po' indietro, ricordarsi che a 16 anni in fin dei conti sei ancora un ragazzo oppure condizionato un po' dai ricordi d'infanzia in cui le cornette del telefono avevano fili chilometrici per poter parlare in qualunque stanza della casa, mi hanno fatto apprezzare in maniera sincera questa pellicola. Un effetto nostalgia? Probabile. Ma "Sixteen candles - un compleanno da ricordare" è una piccola, piacevole sorpresa a prescindere da questo. Lo rivedrei.
Consigli: Perfetto esempio di prodotto teen anni '80. Parla di adolescenti in maniera ironica e si riconoscono perfettamente gag e luoghi comuni che la commedia americana di oggi utilizza in maniera disinvolta. Da riscoprire anche solo per smascherare questo aspetto. E poi è divertente!
Parola chiave: Compleanno.

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BB

venerdì 12 ottobre 2012

Film 463 - Breakfast Club

E si entra nel tunnel degli anni '80...


Film 463: "Breakfast Club" (1985) di John Hughes
Visto: dal computer di Paola
Lingua: italiano
Compagnia: Paola
Pensieri: Liceo, periodo difficile. Adolescenza, momento complicato. Anni '80, stile improbabile.
Ora, uniamo tutti questi elementi in una pellicola generazionale che segna indelebilmente il momento storico in cui si presenta e diventa specchio di una miriade di giovani che si riconoscono inevitabilmente in almeno uno dei cinque protagonisti che, ad una prima occhiata, sembrerebbero non avere nulla da spartire l'uno con l'altro.
Che cos'è, poi, un film generazionale se non l'appropriarsi cosciente della personale identità attraverso il rispecchiarsi nei suoi protagonisti da parte del pubblico? Inevitabile, quindi, la necessità di un corollario ampio di "tipi umani" che conduca direttamente all'immedesimazione dei giovani che si vuole attirare al cinema.
E allora lo sportivo belloccio, la ragazza carina e ricca, il ribelle senza futuro, l'aliena sociale e lo sfigato che tenta di fare il figo. Cinque tipologie umane che conosciamo perfettamente, sia in maniera diretta (a scuola siamo andati tutti), sia perchè tòpoi della cinematografia per adolescenti, un genere filmico di cui tutti abbiamo fruito almeno una volta.
E' sempre bello, devo essere sincero, ritornare a quelle 'atmosfere da liceo americano' al sapore vintage, in scuole che negli anni '80 erano già più avanti delle nostre nuove di oggi, tra armadietti, aule, biblioteche... Sono sempre stato affascinato, lo ammetto, dal sistema educativo USA e guardo volentieri e con un pizzico di interesse le pellicole che riguardano - anche da lontano - questo aspetto.
"The Breakfast Club", poi, è davvero un prodotto carino, propriamente figlio della sua epoca (tempi a volte lunghi, dialoghi che oggi appaiono nonsense, un certo grado di innocenza ormai perduto) con tutti i pregi e difetti che ne conseguono. Il mio parere, comunque, è totalmente positivo e ho recuperato volentieri una pellicola che non avevo mai visto e che, a quanto pare, al momento della sua uscita, ottenne un grande successo ($51,525,171 di incasso a fronte di un solo milione di $ di spese produttive). Ha lanciato le carriere di - seguendo l'ordine dei cinque ruoli topici definiti sopra - Emilio Estevez (attore e regista figlio di Martin Sheen. Tra i suoi film più famosi "Bobby", "Young guns - Giovani pistole"), Molly Ringwald ("Sixteen candles - un compleanno da ricordare", "Bella in rosa"), Judd Nelson e Ally Sheedy ("St. Elmo's Fire"), Anthony Michael Hall ("Il cavaliere oscuro", "Sixteen candles - un compleanno da ricordare").

Film 463 - Breakfast Club
Film 1618 - The Breakfast Club Consigli: Film carino, divertente, con momenti per ridere e molti per ragionare. Dialoghi onesti tra ragazzi che vivono e affrontano le loro diversità per poi scoprire che, in fondo, si è differenti ma umani come chiunque altro. E allora chi dice che non si possa anche essere amici? Può sembrare tutto molto scontato, ma nel 1985 questo era anche qualcosa di nuovo. E vale la pena di studiare da vicino il fenomeno "Breakfast Club".
Parola chiave: Punizione.

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BB

mercoledì 10 ottobre 2012

Film 462 - L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva

Visti i primi tre non potevo certamente perdermi questa nuova uscita...!


Film 462: "L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva" (2012) di Steve Martino, Mike Thurmeier
Visto: dal computer di Paola
Lingua: italiano
Compagnia: Paola
Pensieri: Considerando che siamo al quarto episodio della serie, gli $858,973,262 mi stupiscono non poco. Se, in generale, già arrivati al terzo capitolo la gente comincia a stufarsi, qui invece pare non esserci inversione di tendenza. Non mi meraviglierei, a questo punto, di sentir già parlare di un quinto capitolo.
Detto ciò, se per "Shrek e vissero felici e contenti" non c'era motivo di esistere, ammetto che nonostante si sia già a 4 pellicole, qui ci si è sforzati almeno per dare una parvenza di originalità alla trama. Rimane pur sempre una 'favoletta', però il mix di personaggi preistorici è sempre divertente e in fin dei conti ci si lascia trasportare volentieri da questa avventura per famiglie.
Rispetto al precedente "L'era glaciale 3 - L'alba dei dinosauri", questa volta la figlia di Manny ed Ellie, Pesca, è cresciuta e abbastanza adolescente per avere una cotta per un altro mammut (ma non era rimasta solo la famiglia di Manny?) e dar noie ai suoi genitori; Sid viene raggiunto dalla famiglia solo per scarrozzargli l'anziana nonnina; Diego conoscerà Shira, tigre dai denti a sciabola (in originale doppiata dalla cantante Jennifer Lopez). Il trio originale, insomma, ha già tutti gli spunti per iniziare la storia e le relative complicazioni che porteranno al classico happy ending. Chiaramente, con una sua storia a parte come al solito, Scrat non manca di rubare la scena anche questa volta in compagnia della sua ghianda.
Tra mille disavventure causate, inizialmente e per colpa proprio di Scrat, dalla deriva dei continenti del titolo, si finirà, come è doveroso, a una felice soluzione del tutto che lascia serenamente aperta la possibilità di un prossimo episodio cinematografico. Prevedibile, ma il tutto non annoia mai e, anzi, rimane fedele al piacevole divertimento scaccia pensieri della saga.
Ripeto, per essere la quarta pellicola mi aspettavo effettivamente di peggio. Non è un capolavoro, ma si lascia guardare senza che ci si penta minimamente di averlo fatto.
Film 1098 - L'era glaciale
Film 1140 - L'era glaciale 2 - Il disgelo
Film 1141 - L'era glaciale 3 - L'alba dei dinosauri
Film 1155 - L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva
Consigli: Non è necessario vedere anche i precedenti tre film per comprendere storia e personaggi, ma lo si può fare per il puro piacere di rimanere in compagnia del divertente trio Manny-Diego-Sid. E poi c'è Scrat...
Parola chiave: Pirati.

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BB

martedì 9 ottobre 2012

Film 461 - Hunger Games

Primo di una serie (molta lunga) di film che, durante il weekend scorso, ho visto insieme a Paola.

Film 461: "Hunger Games" (2012) di Gary Ross
Visto: dal computer di Paola
Lingua: italiano
Compagnia: Paola
Pensieri: Mi ero già ripromesso di rivederlo, dato che la prima volta al cinema mi aveva decisamente convinto. E anche questa volta sono rimasto soddisfatto.
Di nuovo colpito dagli abiti sgargianti e dalla particolare attenzione dedicata a trucco e parrucco, di nuovo affascinato dalla naturalezza con cui Gary Ross e Suzanne Collins riescono a proporre una vicenda di per sé così cruda e spietata.
Bello, spunto narrativo interessante e cast davvero azzeccato (Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Stanley Tucci, Donald Sutherland e persino il cantante Lenny Kravitz). Tanto che non si può fare a meno di pensare almeno una volta, durante la visione, a cosa succederebbe se davvero la carneficina degli Hunger Games fosse realtà.
Film 412 - Hunger Games
Film 461 - Hunger Games
Film 541 - Hunger Games
Film 1551 - The Hunger Games
Film 634 e 635 - Hunger Games: la ragazza di fuoco
Film 699 - Hunger Games: La ragazza di fuoco
Film 1171 - The Hunger Games: Catching Fire
Film 1552 - The Hunger Games: Catching Fire
Film 2078 - Hunger Games: La ragazza di fuoco
Film 836 - Hunger Games: il canto della rivolta - Parte I
Film 1176 - The Hunger Games: Mockingjay - Part 1
Film 1056 - Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 2
Film 1460 - The Hunger Games: Mockingjay - Part 2
Film 2239 - The Hunger Games: The Ballad of Songbirds & Snakes
Consigli: Solo un blockbuster per ragazzi? Tra morboso voyerismo da reality show, una violenza solo raccontata ma che sconvolge comunque e una critica alla società moderna attenta solo al superficiale e così facilmente ammaestrata dall''alto', "The Hunger Games" è una delle pellicole rivelazione del 2012 che vale davvero la pena di essere vista. Anche dagli adulti.
Parola chiave: Tributi.

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#HollywoodCiak
Bengi

Film 460 - Magic Mike

Mai trailer fu più ingannevole.


Film 460: "Magic Mike" (2012) di Steven Soderbergh
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Jessica, Luca, Paola, Licia, Andrea, Marco
Pensieri: Allora, diciamolo subito: "Magic Mike" è stata una profonda delusione.
L'appeal di questa pellicola, principalmente dovuto alla presenza dello spogliarello maschile, si perde completamente durante la visione del film. Non c'è ritmo, non si racconta una storia interessante, i personaggi sono superficialmente approfonditi e, peggio di tutto, la recitazione - da parte di alcuni - è veramente pessima. In quest'ultimo caso particolare sto pensando all'attrice Cody Horn, imbronciata perenne ed incapace di rappresentare un'emozione che sia una.
Tutti questi elementi hanno contribuito attivamente a smantellare l'aspettativa luccicante e chiassosa (e certamente molto kitsch) che avevo nei confronti di questo prodotto.
Oltre ad una fotografia che imposta un'immagine in giallo a mio avviso poco funzionale ai toni 'notturni' che si hanno qui inevitabilmente, sono rimasto davvero poco soddisfatto da come il trailer, ben architettato, mi abbia 'venduto' un'idea che, nella sostanza non è nemmeno vagamente simile a quello che poi ho visto.
Meno commedia e più (tentato) dramma, la vicenda si snoda principalmente attorno alle vite dei due protagonisti Channing Tatum (ispiratore reale della storia) e Alex Pettyfer, concentrandosi su sogni, speranze e tentativi di riscatto da un ruolo sociale che ti vuole semplice oggetto della curiosità fugace degli spettatori (o meglio spettatrici) della sera. Nonostante si potrebbe pensare ad una visione goliardica di questo tipo di vita, qui si tenta di approcciare la questione in maniera più seria e veritiera - anche perchè, come si diceva, il tutto è tratto dall'esperienza reale di Tatum - ma si finisce per ricadere in altri tipi di cliché anche peggiori. C'è il mentore buono e premuroso (Tatum); il giovane novizio che impara il mestiere finendo per rimpiazzare il maestro ma che, prima, combina casini a non finire (Pettyfer); l'impresario senza scrupoli che pensa solo a fare soldi, amico finché va tutto bene, ma che ti gira le spalle non appena qualcosa va storto (McConaughey); la seriosa ragazza che non si lascia affascinare da un mondo tanto effimero, ma che poi si innamora del protagonista (Horn).
Ora, anche volendo tentare uno svecchiamento del collaudato meccanismo rendendolo più pepato, rimane evidente che qui il problema di base non è tanto trovare una cornice stuzzicante (che, però, evidentemente ha funzionato, visto l'incasso di $154,721,571), quanto raccontare una storia che valga la pena di essere narrata soprattutto evitando il terreno minato di luoghi comuni e già visto che, ormai troppo spesso, finiscono per farla da padrone.
Di per sé "Magic Mike" è un film innoquo e di una semplicità lineare, ma per chi - come me - si aspettava un buon prodotto cinematografico (da un regista premio Oscar come Soderbergh, che ha firmato pellicole come "Traffic", "Erin Brockovich - Forte come la verità" e "Ocean's eleven - Fate il vostro gioco") rimane inevitabilmente deluso. Avendo chiaro ciò che questa pellicola è e cosa rappresenta - in fin dei conti è pur sempre uno spaccato della società moderna contemporanea, dove un ex spogliarellista riesce ad affermarsi come attore, pur non sapendo recitare - è certamente un approfondimento che può risultare interessante. Peccato che, per raccontare la vicenda, si scelgano strumenti scontati e davvero poco originali.
Ps. Tra i visi già visti, troviamo Olivia Munn ("Ma come fa a far tutto?"), Joe Manganiello ("True Blood", "Che cosa aspettarsi quando si aspetta"), Matt Bomer ("In Time") e Adam Rodriguez ("CSI: Miami").
Film 1034 - Magic Mike XXL
Consigli: Per chi si aspetta balletti da cardiopalma, scenette da bollino rosso o - per gli eventuali antropologi - uno spaccato vero della realtà della città di Tampa (a quanto pare molto mivmentata di notte), non ci sarà che delusione delle aspettative. Meglio, per chi volesse vederlo, spegnere il cervello e rassegnarsi al fatto che è la solita minestra riscaldata in versione solo più piccante.
Parola chiave: Miami.

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BB

domenica 7 ottobre 2012

Film 459 - Il club delle prime mogli

Rivederlo è sempre un piacere, specialmente se in dvd su tv HD a schermo piatto...

Film 459: "Il club delle prime mogli" (1996) di Hugh Wilson
Visto: dalla tv di Bea
Lingua: italiano
Compagnia: Ale, Bea, Fra, Nora, Matteo, Alice, Sara
Pensieri: L'ultima volta che ho visto questa pellicola mi sembrava una vita fa, invece sono passati solo pochi mesi (era aprile). Un mondo di cose in mezzo che mi ha fatto sembrare un lasso di tempo tanto breve eterno quanto una vita intera.
Cambiata la compagnia - questa volta con tanti amici ritrovati - non cambia, però, la mia passione per questa pellicola ironica e divertente su tre magnifiche donne ex prime mogli di mariti ingrati e furbacchioni. Colonne portanti di questo "The First Wives Club" sono il trio Goldie Hawn, Bette Midler e Diane Keaton, una più diversa dell'altra eppure mix esplosivo di ilarità, fascino e comicità.
Certe chicche non solo rimangono cult, ma sono difficilissime da produrre di questi tempi, a quanto pare. Sempre bellissimo.
Ps. Nel cast anche Maggie Smith, Sarah Jessica Parker, Marcia Gay Harden e i camei di Heather Locklear e Ivana Trump.
Film 377 - Il club delle prime mogli
Film 459 - Il club delle prime mogli
Film 1789 - The First Wives Club
Film 2087 - The First Wives Club
Consigli: Sempre divertente e godibile, una commedia con una trama e non stupida, ma che si prende il lusso di scherzare su un tema che, sicuramente, per molte è decisamente... fastidioso!
Parola chiave: Suicidio.

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#HollywoodCiak
Bengi

sabato 6 ottobre 2012

Film 458 - 50 e 50

Tema complesso, ma promesse quasi da commedia. Ero curioso...


Film 458: "50 e 50" (2011) di Jonathan Levine
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Scoprire di avere un cancro praticamente rarissimo all'età di 27. E, soprattutto, di avere il 50% di possibilità di sconfiggerlo.
So che la premessa potrebbe sembrare non essere delle più divertenti, ma il punto forte di "50 e 50" è la naturalezza con cui viene presentato il problema. Se fosse uno di quei drammoni sulla malattia, non credo mi sarei avvicinato troppo volentieri, ma qui il prodotto è diverso e affronta l'argomento senza commiserazione o visioni patetiche. Dolore e accettazione, paura e smarrimento, frustrazione e incertezza per un futuro che non si sa più se sarà così prossimo: Joseph Gordon-Levitt da anima e corpo al suo personaggio Adam con una sensibilità e dignità da plauso. Subisce il mondo che lo circonda solo in apparenza e lo dimostrerà alla fine, capace di affrontare un'operazione complessa che comporterà, nella storia, il passaggio che cita il titolo: vita o morte?
Nonostante, appunto, il tema non sia dei più allegri, il film non risulta pesante o soffocante, ma racconta con delicatezza e senza 'urlare' la storia di un 'amicizia che, già solida, lo divverrà ancora di più proprio a causa della malattia - il rapporto 'cazzone' tra Adam e l'amico Kyle (Seth Rogen) - e delle storie d'amore che il protagonista ha e avrà durante i 100 minuti di pellicola (Bryce Dallas Howard prima, Anna Kendrick poi).
E' un prodotto piacevole e ben realizzato, curato nella presentazione di personaggi per niente piatti che, come tutti, si ritrova ad affrontare situazioni impreviste della vita reagendo ognuno a suo modo (condivisibile o meno che sia). Quest'aria di autenticità, prima di una certa stucchevolezza familiare a tematiche affini a quella che si ha qui - finisce per dare valore a "50/50", esaltando la capacità degli attori e il risultato finale in generale.
Dispiace solo che, ultimamente, a Bryce Dallas Howard affidino spesso parti piuttosto negative. E' brava, ma la vorrei vedere in ruoli meno da stronza. Nel cast anche il premio Oscar Anjelica Huston e Philip Baker Hall ("Dogville", "Magnolia", "The Truman Show").
Ps. Due nomination ai Golden Globes di quest'anno (Miglior film commedia o musical e Miglior attore protagonista commedia o musical per Joseph Gordon-Levitt) e $39,187,783 a fronte di una spesa di 8 milioni.
Consigli: Una volta che si è consapevoli di cosa tratti la trama credo che sia un film bello e piacevole, capace di far riflettere senza angosciare lo spettatore.
Parola chiave: Schwannoma neurofibrosarcoma.

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BB

giovedì 4 ottobre 2012

Film 457 - Che cosa aspettarsi quando si aspetta

Tante star per un'unica commedia è sempre un richiamo sufficiente per il sottoscritto!


Film 457: "Che cosa aspettarsi quando si aspetta" (2012) di Kirk Jones
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: A parte la gran folla di nomi che si è sbrigata ad accorrere per la produzione di questa pellicola (per la precisione: Cameron Diaz, Jennifer Lopez, Elizabeth Banks, Chace Crawford, Anna Kendrick, Matthew Morrison, Rodrigo Santoro, Joe Manganiello, Dennis Quaid, Chris Rock e perfino la cantante Cheryl Cole in un cameo), si può dire che "What to Expect When You're Expecting" è un film pressoché inutile.
Oltre a far davvero ridere poco e basare tutta la sua sceneggiatura su stereotipi di una banalità impressionante (la coppia 'lei vuole il bambino ma non può + lui non lo vuole ma acconsente comunque ad adottarlo = appena arriva il bambino è subito amore, famiglia e cuoricini' è tra le peggiori), in questa pellicola non si riesce mai ad ingranare la marcia giusta. Troppe storie da seguire - che inevitabilmente si intrecceranno -, troppe situazione volutamente comiche che, però, funzionano male e davvero pochissime trovate interessanti (a parte parlare 'male' della maternità, nel senso di affrontarla in maniera più diretta e verosimile e meno zuccheroso-sdolcinata-avvenimento mistico) e, insomma, il risultato è quello che in effetti si può immaginare fin dall'inizio: la solita commedia americana che gioca tutto sui nomi di richiamo, un titolo di grido (qui la guida "What to Expect When You're Expecting" di Heidi Murkoff e Sharon Mazel) e la speranza che il botteghino premi viste e considerate le due voci prima citate. E' stato così in parte: 40 milioni di dollari per produrlo, $79.7 di incasso.
Non c'è molto altro da dire su un prodotto che vive del solo richiamo che possono esercitare le sue star, perchè detta molto sinceramente non posso dire di aver imparato alcunché in più riguardo alla maternità e, men che meno, qualcosa sui rapporti umani. E' tutto così figlio di cliché che ci si mette un secondo ad azzeccare praticamente ogni parte della trama. Scontato.
Consigli: E' un film innocuo che di tutto parla tranne che dei veri rapporti di coppia. Situazioni comiche al limite dell'assurdo, club di papà che non si vergognano di ammettere le loro sbadataggini e pancioni di gestanti tanto finti che nemmeno quella di Beyoncé che aveva fatto tanto scalpore l'ano scorso qualche mese fa.
Parola chiave: Maternità.

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BB

lunedì 1 ottobre 2012

Film 456 - Come non detto

Cosa aspettarsi da una commedia teoricamente brillante tutta italiana su uno degli argomenti più caldi degli ultimi anni...?


Film 456: "Come non detto" (2012) di Ivan Silvestrini
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea
Pensieri: La storia di Mattia/Josafat Vagni potrebbe essere (ma lo è sicuramente) quella di tanti ragazzi contemporanei con il problema di farsi accettare dalla propria famiglia. Al di là del fatto che si stia parlando di omosessualità, in generale accettazione va a braccetto con serenità e, necessariamente diventa capitale sapere di avere l'appoggio di chi ti sta vicino.
A seconda della 'gravità' della bomba da lanciare è chiaro che ci si debba preparare un minimo a conseguenze, possibilità, eventuali sviluppi collaterali. Qui, come si diceva, la news scottante riguarda la preferenza di gusti del protagonista che, cresciuto in una qualunque famiglia romana di ceto medio, vede nel fare coming out una delle eventualità più terrificanti che lo allontanerebbero per sempre dai suoi familiari.
Un fidanzato spagnolo alle porte che sta per arrivare a conoscere i suoceri, una situazione familiare già particolare di per sé, una vita all'estero che sta per cominciare: tutto verrà 'sciolto' in 90 minuti di pellicola tra gag divertenti e qualche banalità.
In generale direi che questo "Come non detto" è stata una piacevole sorpresa, più che altro perchè le aspettative riguardo ad una commedia a tematica gay di produzione italiana non erano decisamente molto alte. Solitamente ridotti a macchietta, i gay faticano ancora ad interpretare un ruolo nell'immaginario cinematografico che non sia di spalla o, appunto, figura fuori dall'ordinario e stravagante. Di buono, qui, c'è che Mattia è un ragazzo normale, con un fidanzato normale (Jose Dammert) e che i due vogliono solo poter trascorrera la propria vita assieme in maniera serena, senza doversi nascondere. Il contorno umano forzatamente sbroccato crea le situazioni comiche ed è evidente che l'esasperazione di certi tratti della sceneggiatura è volta come unico scopo a dar ritmo e rendere piacevole una commedia che, altrimenti, si reggerebbe sull'unico evento dell'annuncio in famiglia.
Già perchè, di fatto, è quello della rivelazione il momento che rimane inevitabilmente più impresso nei ricordi dello spettatore. E perchè anche divertente, e perchè in fin dei conti a ben pensarci è una paraculata. Senza voler rovinare niente a nessuno riguardo al finale, ci tengo solo a dire che sarebbe bella una reazione del genere da parte di una famiglia in un contesto reale, ma è una visione troppo facilmente sdolcinata e superficiale, troppo all'acqua di rose, diciamo.
Momenti come questi, oltre ad essere delicatissimi, possono anche sconvolgere l'equilibrio di individui vicini, ma - come spesso capita - lontani di opinioni. Chiaro è che, in una commedia, i toni devono rispettare un diktat comico a cui non si può prescindere, però liquitare con tanta leggerezza quello che, tra l'altro, è l'argomento topico del film, mi sembra una scelta troppo facile e frettolosa.
Non richiedevo alcuna analisi psicologica approfondita, men che meno che si sfociasse nel miglior dramma italiano, però che ci si prendesse meno in giro, quello sì. Chi ha vissuto il coming out - direttamente o indirettamente - sa che non è così semplice come qui ce la vogliono vendere.
Senza voler stravolgere le tinte comiche di "Come non detto", si poteva certamente trovare un'altra via per raccontare qualcosa di meno simile ad una fiaba con lietofine e più simile alla realtà delle cose. Senza eccessi o drammoni strappalacrime, semplicemente più vera.
Chiusa questa parentesi, comunque, va detto che la pellicola me la son goduta e inevitabilmente un po' di pubblicità alla causa non fa male. Ci si diverte, sì, ma lo si poteva fare con un minimo in più di testa.
Ps. Al 14 settembre il film ha incassato solanmente 216,439€. Da lì in poi se ne sono perse le tracce.
Film 1045 - Come non detto
Consigli: Chiaramente serve una determinata sensibilità per potersi avvicinare ad una pellicola come questa. E' un prodotto divertente, spensierato e senza pretese. Per spegnere il cervello e dimenticare che la nostra vita è ben diversa da un film...
Parola chiave: Madrid.

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BB