venerdì 30 marzo 2012

Film 374 - Shame

Tanto rumore per nulla?


Film 374: "Shame" (2011) di Steve McQueen
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Il commento più abusato e affibbiato a questo film è il seguente: è classico stile McQueen.
Ora, premesso che l'unico Steve McQueen che conoscessi fino a qualche mese fa fosse l'attore di "Papillon" o "La grande fuga", mi pare un tantino prematuro parlare di 'stile McQueen' dato che il regista è qui al suo secondo lungometraggio. Ma poi che cosa mi vorrebbe significare questa asserzione? Avendo come unico campione questo "Shame", posso solo provare a immaginare. Che si tratti di una particolare attenzione per lo sguardo dei suoi protagonisti? O un'irriverenza per le scene di nudo molteplici, esplicite e mai nascoste? Che sia per via dell'atmosfera triste causata dalla lenta agonia dei personaggi disastrati di cui tratta la storia?
Ripeto, io non lo so, però da qui a definire già uno stile peculiare mi pare un attimo troppo presto.
Questa pellicola, tra l'altro, non mi è parso abbia niente di speciale che vada oltre il trattare un argomento che incuriosisce (la vita di un sex addicted) con una fruizione del nudo tanto cruda da essere a volte imbarazzante. Detto ciò, mi pare che "Shame" esaurisca qui i suoi assi nella manica. Non che non sia un prodotto omogeneo o ben realizzato, solo non aggiunge nulla al panorama del cinema indipendente che tratta la solitudine umana in relazione alla necessità di certe persone di cercare il contatto con l'altro a tutti i costi, ma facendolo nella maniera sbagliata.
Due fratelli che si devono voler bene per la natura stessa della loro condizione, l'autodistruzione di una (Carey Mulligan) e la dipendenza dell'altro (Michael Fassbender), una città specchio che riflette ritratti non esattamente lusinghieri. E toccare il fondo una volta non vuol dire che non lo si ritoccherà una seconda...
Più volte mi sono chiesto cosa volesse raccontare McQueen scrivendo una storia come questa, cosa volesse analizzare oltre alla condizione di un uomo che ha tutto nella vita tranne l'autoassoluzione. Non c'è scampo per nessuno e non c'è amore, solo corpi che si uniscono per un istante e poi procedono oltre come se nulla fosse accaduto. E quando si tenta di approfondire la conoscenza con un unico altro soggetto arriva la scure della defaiance che cancella il tentativo riportando la solitudine come unica soluzione.
Va bene, la disillusione può essere una buona arma nella vita, ma non sono sicuro che debba per forza andare a braccetto con l'aridità interiore. Posso immaginare che un personaggio come Brandon Sullivan sia diventato tale per colpa delle circostanze, ma la ricerca per migliorare sé stessi passa anche per l'autoanalisi costruttiva. Cosa c'è di meno costruttivo del buttarsi via, dell'essersi arresi ad una realtà tanto squallida da essere desolante? Pare, in definitiva, che non ci sia alcuna speranza.
Spero che tutto questo non faccia parte di quello 'stile McQueen' citato dai più e che, invece, il regista-scrittore sappia indagare anche altri meandri della condizione umana che vadano oltre il facile racconto dell'umanità spezzata dalle circostanze e modellata a condurre una vita che è solo sopravvivenza.
Coppa Volpi a Venezia per il miglior attore e nomination ai Golden Globes per Fassbender.
Consigli: Pellicola su cui è circolata numerosa curiosità. Vale a metà. Bellissimo il momento canoro in cui la Mulligan interpreta una versione lenta di "New York Nwe York".
Parola chiave: Solitudine.

Trailer

Ric

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