Un cast interessante, una locandina intrigante e la necessità di un film durante la pausa pranzo: ecco perchè ho cominciato a vedere questo film...
Film 112: "Tra seduzione e inganno" (2009) di Atom Egoyan
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Mi sembrava ci fossero i presupposti per un intrattenimento spensierato e intrigante, soprattutto considerando il cast. Finalmente ritornata al cinema prepotentemente, Julianne Moore è conturbante in questo film a tratti thriller a tratti lesbo e dimostra, a 50 anni, di essere una sventolona pazzesca. Molto più, a mio avviso, della ancora acerbissima Amanda Seyfried, per sempre (o certamente ancora per molto) legata al ruolo di Sophie in "Mamma Mia!".
Sicuramente, a mio avviso, questi sono i due aspetti protagonisti del film, anche se probabilmente non erano troppo cercati. La storia c'è, ma non solo è prevedibile, ma pure piuttosto bruttina. A tratti imbarazzante nei dialoghi a tratti assurda (ma sta povera madre Catherine Stewart/Julianne Moore che gli ha fatto al figlio che la tratta a pesci in faccia dal primo minuto del film?!) non centra mai l'obiettivo. Quello, cioè, di sedurre. Le pratiche erotiche dell'accompagnatrice Chloe/Amanda Seyfried sono tanto esplicite quanto prive di fascinoso intrigo.
La trappola del film è il film stesso, bisogna ammetterlo. Un genere ormai morto (ma mai veramente esistito?) che ha come suo cavallo di battaglia il famosissimo "Basic Instinct - Istinto di base", non riceverà certo nuova linfa da una pellicola come questa, troppo attenta a sdoganare l'atto sessuale in sé piuttosto che lasciar insinuare l'erotismo all'interno della trama.
E' tutto un bluff, vedere per credere.
Consigli: Decisamente dimenticabile, trascurabile, tralasciabile. Ma se proprio volete vederlo, poi non lamentatevi. Io vi avevo avvertiti...
Parola chiave: Fermaglio per capelli.
Ric
Malgrado non mi stia confrontando con un prodotto cinematografico d’eccellenza, credo non sia rispettoso dei contenuti che questa pellicola cerca suo malgrado di rappresentare porsi nei confronti della stessa con un atteggiamento di condanna netta.
RispondiEliminaOk la progressiva esposizione della vicenda manca quasi interamente di pathos in quanto la totale prevedibilità degli eventi consegna allo spettatore tutti gli strumenti di lettura necessari per una perfetta decodificazione della trama, tuttavia il susseguirsi flemmatico della narrazione questa volta ci permette di cogliere a pieno l’entità emozionale delle vicissitudini che fanno da cornice alle aggrovigliate figure umane che popolano la pellicola.
Quattro grandi condizioni esistenziali si confrontano e si scontrano in questa partita che legittima i colpi bassi e si conclude sostanzialmente senza né vincitori né vinti. Il personaggio di Catherine però ruba la scena a tutti gli altri, vuoi perché impersonato da Julianne Moore, vuoi perché a mio avviso epicentro nevralgico di quel mondo femminile che il regista vuol far passare.
E’ la complessità dell’essere donna il ripieno succoso da assaporare durante la visione, non l’adrenalina latitante che affiora di rado né lo schietto erotismo che scorre copioso in molti dialoghi.
Si tenta qui di fare il punto sulla frustrante incapacità di fronteggiare e risolvere le insicurezze di una relazione logorata dall’abitudine, che ha perso per strada la sinergia e l’affiatamento (“facevamo l’amore tre volte al giorno”)per far posto all’apatia e al disinteresse. Situazione paradossale e ancor più snervante se vissuta da una fascinosa quarantenne, affermata ginecologa, che gestisce evidentemente con successo i problemi di letto e le relative implicazioni sentimentali di infinite altre donne per professione.
Chloe dunque, l’ingannevole e seducente bionda creatura del titolo, in confronto non è altro che un banale prototipo di sesso debole, un espediente che il regista utilizza astutamente per depistare lo spettatore dal vero messaggio intrinseco del film, riuscendoci anche piuttosto bene.