Si ricomincia con le cene a base di insalata e film! In attesa della fatidica serata degli Oscar, da bravi, ci siamo messi avanti per guardare, in lingua originale, quello che il cinema italiano ancora non ci propone.
Film 213: "Black Swan" (2010) di Darren Aronofsky
Visto: dalla tv del Puffo
Lingua: inglese
Compagnia: Andrea, Titti, Anita, Andrea Puffo, Marco
Pensieri: Partirei dal fatto che, mi è stato detto - io non me ne intendo di balletto -, Natalie Portman si vede che non fa la ballerina di mestiere, ma considerando che non usa controfigure nel film, è davvero molto brava. Io, personalmente, l'ho trovata bravissima.
E' vero che lei mi piace un po' a prescindere, comunque era ora che anche l'Academy le riconoscesse qualcosa in più della semplice nomination come non protagonista per "Closer" del 2005. Questo parrebbe essere il ruolo che le conferirà l'Oscar, oggettivamente difficilmente battibile dalla concorrenza delle sue colleghe, seppur piuttosto agguerrite. Ma Nicole Kidman ("Rabbit Hole"), Michelle Williams ("Blue Valentine") e Jennifer Lawrence ("Winter's Bone") difficilmente si vedranno riconoscere qualcosa (la Kidman ha già vinto nel 2003), mentre l'unica vera rivale sembra Annette Bening ("I ragazzi stanno bene") ormai giunta alla sua terza nomination.
Per tornare a questo film, direi che il mio pensiero a riguardo è decisamente positivo. Ottima scelta del cast femminile (Mila Kunis, Winona Ryder, Barbara Hershey), ognuna adeguata al suo ruolo. Vincent Cassel davvero molto credibile, brutto, ma sensuale, capace di scuotere il cuore di Nina/Portman come dello spettatore, turbato e incuriosito dai metodi di questo regista teatrale. L'accento francese completamente sparito (gli italiani imparino), un inglese fluente e ben comprensibile. Molto bravo.
Altro punto a favore di questa pellicola è la regia di Darren Aronofsky ("Requiem for a Dream", "L'albero della vita", "The Wrestler"), sempre in movimento, sul palco con gli attori, capace di districarsi tra le movenze del ballo come una trottola (non impazzita) senza mai cadere nell'effetto confusione/mal di testa. Si balla sul palco con i ballerini, si fanno le prove, si è sempre in mezzo alla scena. Bello e vitale, aiuta ad entrare meglio nelle dinamiche della storia. Storia che, tra l'altro, è piuttosto interessante. Dal trailer la domanda nasce spontanea: lei si tramuta davvero in cigno?! Ovviamente non sarò io a svelare l'arcano, ma devo dire che, per come è stata trattata la cosa, c'è un risvolto dark piuttosto piacevole e inaspettato per essere un film sulla danza.
Poi ancora: bella fotografia, bello e particolare il trucco, ma - peccato - le musiche non sono state di mio gradimento. Troppo presenti e pressanti, forse non sempre adatte e in linea con le scene proposte. Ha senso (a livello di associazione) utilizzare elementi de 'Il lago dei cigni' ed inserirli nella narrazione, ma non sempre la scelta è felice. Troppo forte e ridondante, talvolta si fatica a rimanere concentrati sull'immagine tanto è il disturbo della musica.
In definitiva un film da vedere anche se non si ama il balletto. La Portman è strepitosa, fragile e carica di tensione, bruciata dal desiderio di essere diversa, ma al tempo stesso fedele a sé stessa e combattuta. Un'ottima interpretazione davvero meritevole dei riconoscimenti ricevuti. E poi, nel complesso, un'opera diversa, differente perchè concepita su una storia originale e interessante. Insomma, un ottimo lavoro.
Consigli: Correte a vederlo prima della cerimonia degli Oscar del 27 febbraio. Ne vale la pena.
Parola chiave: 'Il lago dei cigni'.
Ric
Non me lo aspettavo così bello.
RispondiEliminaCertamente da vedere (e rivedere).
La mia parola chiave: "perfezione".
un mio super cult personale assoluto!
RispondiEliminaio ho adorato anche le musiche e mi sparo la soundtrack regolarmente (e pure non sono appassionato del genere)
di natalie poi che dire? grandiosa, una delle performance attoriali più mostruose in tutti i sensi mai viste finora °_°
bello bello bello! quasi quasi da rivedere di nuovo...
RispondiEliminaMi sono ritrovato a seguire il tuo consiglio, ho visto il film prima della cerimonia degli Oscar e posso dire d’esser felice d’averlo fatto visti gli esiti della premiazione.
RispondiEliminaPrima di perdermi in ricerche sulle impressioni raccolte nel web pensavo non potessero esserci giudizi negativi su questo film perché personalmente ne sono stato totalmente rapito, eppure molti sono rimasti indenni al suo fascino ferale. Sarà la troppa sensibilità alla tematica del doppio ma era da A single man che non uscivo dal cinema così appagato.
Sarebbe buona norma andare al cinema con una certa frequenza, ma sono molte le variabili che rendono questa norma una delle meno seguite anche tra gli appassionati, soprattutto grazie al più comodo cinema fai da te col proprio computer, però questo più di altri è a mio avviso uno di quei film che visti dal pc di casa non rendono neanche la metà del loro potenziale.
La regia iperdinamica di Aronofsky, al limite del mal di mare, ti stacca dalla poltroncina e ti trascina nella storia non più da spettatore inerme, ma come un’invisibile protagonista supplementare che si muove alle spalle di Nina seguendola al ritmo ora dei suoi passi ora del suo battito cardiaco.
Tutti quelli cresciuti a pane e “Amici di Maria” andranno in visibilio, ma per fortuna qui la danza non è solo collo del piede e scarpette pestate nella pece, non è pasto frugale di teledipendenti, non è sogno reso accessibile ad adolescenti che danzano nel doposcuola , diversamente è arbitrio, voluttà, istinto, rinuncia, frustrazione e palestra per la mente ancor prima che per il corpo.
Il cinema di Aronofsky è immagine dell’autodistruzione dell’essere umano, indotta dalla droga e dall’abuso di sostanze in Requiem for a dream o dall’autolesionismo e della cieca disciplina qui ne Il cigno nero. Così irruente nelle sue rappresentazioni (alcuni hanno paragonato la sua mano da cineasta a quella di un artigiano piuttosto che di un cesellatore per la pesantezza del tocco) da risultare oltremodo cinematografico nel finale, ma innegabilmente efficace nell’esposizione di una tematica logora su grande schermo come quella dello sdoppiamento della personalità.
Nell’eterna lotta tra dionisiaco ed apollineo per una volta ha finalmente la meglio il primo in un’esplosione di imperfezioni personali così acute da sfociare nel patologico, ma indispensabili per la massima riuscita di una rappresentazione scenica che nella perfezione trova il suo spietato compimento.