Il mercoledì sera è sempre un ottimo giorno per andare al cinema! Specialmente se vai a vederti un bel dramma super glam!
Film 69: "A Single Man" (2009) di Tom Ford
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Ale
Pensieri: Che ci fa Tom Ford alla regia? Credo se lo siano chiesto in molti, ma a quanto pare c'è del buono. Questo suo esordio comprende non solo la regia, ma anche quello alla sceneggiatura e quindi ero davvero curioso di vedere se le aspettative sarebbero state mantenute. Ebbene sì, mi è piaciuto, soprattutto perchè c'è un grandissimo Colin Firth, una - finalmente tornata - stupenda Julianne Moore e un - o mio dio è il bambino brutto e cicciotto di "About a Boy" - sorprendentemente cambiato Nicholas Hoult. Ma anche le comparsate sono degne di nota: primo fra tutti colui che adoro sopra ogni altro, il Ned dell'ex "Pushing Daisies", Lee Pace. Poi ancora Ginnifer Goodwin - ormai volto conosciuto per il tv show "Big Love", ma anche per "Mona Lisa Smile" e "La verità è che non gli piaci abbastanza" - e il modello - già di Tom Ford - Jon Kortajarena (consiglio un'occhiata).
Il signor Ford, dunque, ha pensato (bene!) che per avere successo con un film il primo passo debba essere un ottimo cast. Meno male che se ne è ricordato, ultimamente sembra che conti di più chi 'recita' fuori, nella vita. Scegliendo un attore vero, che non ama esporsi al gossip e si preoccupa solo di far bene il suo mestiere, Ford si è assicurato una certezza per la sua prima fatica.
Altra ottima mossa quella di non delegare. Ha scelto un'opera, se l'è riscritta e poi diretta. Tutto come voleva lui. Ovviamente se sei totalmente negato non puoi che fare fiasco, ma se sei effettivamente dal buonino al bravo, allora questo è sicuramente un valore aggiunto. Il bel Ford, quindi, ha saputo giocare bene le sue carte, anche scegliendo una storia che richiami un attimo l'attenzione. Professore gay della Los Angeles anni '60 perde compagno e tenta un'esistenza fatta di dolore straziante e ricordi dei bei momenti con il compagno. Vuole il suicidio e lo prepara, ma la vita lo sorprenderà, più di una volta. Il tutto in un'unica giornata.
I flashback aiutano lo spettatore a farsi un'idea della vita precedente di George/Colin Firth, una vita felice e colorata (notare i cambi di colore durante il film, che dal grigiore della vita quotidiana diventano intensi sprazzi quando qualcuno o qualcosa riporta George a pensieri positivi), ora spezzata da un dolore che gli rende faticoso perfino respirare. Se la vita continua, lui è sicuramente rimasto fermo e legato al suo passato, incapace di sopportare, rinchiudere e conservare un dolore che evidentemente l'ha sopraffatto.
In questa cornice piuttosto pesante si inserisce uno studentello (Hoult) del professore, decisamente carino e arrapato, che si approccia a George completamente in calore. Non c'è un vero contatto fisico, ma c'è un sacco di contatto visivo, specialmente perchè la maggior parte delle volte non hanno le mutande... (Ma Hoult c'è abituato dopo l'esperienza del tv show inglese "Skin")
Insomma, questo film mi è piaciuto per molte ragioni, sia visive che emotive. Ha una regia ricercata, con certe inquadrature molto interessanti (gli occhi come specchio dell'anima? Perfino il cartellone di "Psycho" ce lo ricorda!) che colgono bene gli stati psicologici del personaggio; una bellissima fotografia; delle scenografie davvero ben ricostruite e un montaggio veramente singolare, rapido, veloce che forse vuole riprendere quello scorrere repentino del tempo che, anche qui, pesa sull'esistenza umana (non a caso il trailer è scandito per intero da un ticchettio di orologio).
Solo una nota stonerà nel mio commento e riguarda un aspetto tecnico: la colonna sonora. Non è brutta, anzi, ha un motivo trainante che affascina e si lascia ricordare, ma nel complesso del film la musica è davvero troppa. Non sono sicuro al 100% che ci sia anche un solo minuto di puro silenzio. E' una continua cascata di note che, invece di accompagnare, sovrastano le immagini fino addirittura a coprire il suono delle parole in alcuni casi. Spero che il problema fosse solo del pessimo audio del così-così cinema a cui siamo stati io e Ale. Altrimenti... non ci siamo!
Ps. Martedì finalmente le nomination all'Oscar: quante ne arriveranno? Almeno una sicuro!
Consigli: Da vedere pronti e già consapevoli che ci sarà del dramma. Altrimenti ci si deprime.
Parola chiave: Jim.
Ric
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sabato 30 gennaio 2010
Film 69 - A Single Man
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domenica 29 novembre 2009
Film 21 - Mona Lisa smile
Questo film non avevo programmato di rivederlo. Avevo un ricordo mediocre nel complesso, diciamo piuttosto banale. Però la Sini mi ha chiesto di vederlo perchè voleva un'opinione a riguardo e, con immenso piacere, ieri pomeriggio mi sono messo a guardarlo. Diciamo che questo è il primo film "su commissione"!
Film 21: "Mona Lisa smile" (2003) di Mike Newell
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: "Mona Lisa smile" aka come costruire un film su un'unica persona. Negli anni '90 Julia Roberts era l'identificativo di attrice. Era la più pagata al mondo! Se chiedevo a mia nonna di sparare un nome a caso lei diceva Julia Roberts senza nemmeno doverci pensare. E per "Pretty Woman" e per "Se scappi ti sposo", "Notting Hill", "The mexican", "Il matrimonio del mio migliore amico", "Erin Brockovich", "Hook"... Insomma, una specie di ossessione di massa per questa donna. Poi l'Oscar (e quando te l'han dato non ti si filano più), l'esperienza teatrale (disastro), la maternità (3 figli) e Julia è sparita dalle scene. Dal 2004 al 2007 non appare in nessun film. Nel frattempo il mondo va avanti, altre vengono consacrate a divine (Reese Witherspoon... ma si potrà?!) e Julia va nel dimenticatoio. Prima di tutto questo, però, a Julia - sulla scia dei precedenti successi cinematografici - viene affidato quello che, fosse un programma tv, sarebbe definito "one man show". Se nel 2003, fermando qualcuno per strada, avessimo chiesto quali altri attori compaiono nella pellicola, quasi nessuno avrebbe risposto. Era proprio un film con Julia Roberts. E basta.
Rivisto oggi questo film ha un significato diverso, è molto della serie "ma guarda quello è...". E, infatti, chi ci si ritrova? Le già famosine all'epoca Kirsten Dunst ("Intervista col vampiro" e i vari "Spider-man") e Julia Stiles ("Save the last dance" e... basta) poi Maggie Gyllenhaal (attrice meno famosa del fratello Jake, ma l'anno scorso unica presenza femminile del film "Il cavaliere oscuro"), Ginnifer Goodwin (dimagrita e più curata, oggi star del tv show "Big love" e protagonista di "La verità è che non gli piaci abbastabza"), Juliet Stevenson (la madre di Keira Knightley in "Sognando Beckham" e Rosalind Franklin nel film tv sulla scoperta della struttura del DNA "Life story". La scoperta di questo film, in realtà, è stata una coincidenza: proprio ieri mattina, alla conferenza "L'esperimento più bello della fisica" hanno proiettato uno spezzone del film con in primo piano la Stevenson. Non riuscivo a collegare il volto ad altri film, ma, appena iniziato "Mona Lisa smile" mi sono ricordato!), Marcia Gay Harden (Oscar 2001 per il film "Pollock" e attrice spalla di tantissime altre pellicole), John Slattery (visto di recente prima in "Desprate Housewives" e adesso presenza fissa di "Mad man"), Topher Grace (anche lui in Spider-man 3, ma più famoso per il "That '70s Show") e Krysten Ritter (prima amica di Rory in "Una mamma per amica" e adesso praticamente la migliore amica di tutte le protagoniste dei film-commedia: "27 volte in bianco", "I love shopping", "Notte brava a Las Vegas"). Insomma, una marea di attori di fama in divenire!
Ma, tornando al momento dell'uscita, questo film non riscosse molto successo. Perchè? Vogliamo dircelo? Bene, è un film mediocre. Ma adesso capisco meglio i motivi. Innanzitutto Julia Roberts cominciava a perdere colpi e la sua carriera, dopo film come "Confessioni di una mente pericolosa" e "Full frontal", aveva perso il vanto del successo assicurato. Ecco, "Mona Lisa smile" si collocava in questo contesto e voleva riportare ai fasti l'attrice dopo mosse meno commerciali, ma anche meno riuscite.
Peccato che il primo grande difetto del film sia di raccontare la storia di una docente di storia dell'arte straordinaria senza trasmettere l'amore per l'arte. L'unico momento di vera contemplazione è davanti al quadro di Pollock, ma non trasuda esaltazione, non c'è quella vibrante tensione che dovrebbe esserci tra l'oggetto del desiderio e chi lo desidera.
Manca, anche, una figura maschile di riferimento. Questa è, sì, una donna che fugge la tradizione, anticonformista, progressista e sicuramente femminista, ma gli unici due ometti che ha nella storia sono due mezze calzette e non rimangono minimamente impressi! E per un film commerciale è una scelta strana.
Tra una lezione e l'altra, poi, solo il gossip la fa da padrone. Chi sta con chi, chi ama chi, chi sposa chi, chi rinuncerà ai suoi sogni per, ecc ecc. Siamo negli anni '50 e il matrimonio per la donna è il punto d'arrivo, mentre la professoressa Katherine Ann Watson vorrebbe fare la differenza. E' per questo che pubblicità e media hanno voluto associare (successo chiama successo) la pellicola di Newell al film "L'attimo fuggente" di Weir, quando in realtà qui mancano atmosfere, richiami e solennità. Fare paragoni a mio avviso è sempre azzardo. Poi, più si mira in alto e peggio sarà se si fallisce. In questo caso non si è fatto decisamente centro, ma quantomeno non è stato prodotto un film abominevole.
C'è una bella fotografia, alcune brave attrici (tra le già citate Maggie Gyllenhaal, Juliet Stevenson e Marcia Gay Harden) e un unico dialogo veramente ben scritto, quello tra la Roberts e la Dunst (K. Watson: "Frequenti le lezioni, faccia i compiti o io la boccerò", Betty Warren: "Se lei mi boccia ci saranno delle conseguenze", KW: "Mi sta minacciando?", BW: "La sto istruendo", KW: "Questo è compito mio"). Il resto scorre, scivola via come il pennello su una tela. Non tanto un capolavoro, quanto più un'opera in serie. Onesta, ma uguale alle altre. Ps. Solito problema doppiaggio: dov'è finita la voce di Julia? Perchè gliel'hanno cambiata? Mistero della fede.
Consigli: E' un film da serata tranquilla tra divano, patatine o pop-corn, una bibita e la compagnia di qualche persona speciale. In un film senza troppo amore, meglio avere la proprio scorta personale!
Parola chiave: Katerine Watson non era venuta alla Wellesley per inserirsi nell'ambiente. Era venuta perchè voleva fare la differenza.
Ric
Film 21: "Mona Lisa smile" (2003) di Mike Newell
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: "Mona Lisa smile" aka come costruire un film su un'unica persona. Negli anni '90 Julia Roberts era l'identificativo di attrice. Era la più pagata al mondo! Se chiedevo a mia nonna di sparare un nome a caso lei diceva Julia Roberts senza nemmeno doverci pensare. E per "Pretty Woman" e per "Se scappi ti sposo", "Notting Hill", "The mexican", "Il matrimonio del mio migliore amico", "Erin Brockovich", "Hook"... Insomma, una specie di ossessione di massa per questa donna. Poi l'Oscar (e quando te l'han dato non ti si filano più), l'esperienza teatrale (disastro), la maternità (3 figli) e Julia è sparita dalle scene. Dal 2004 al 2007 non appare in nessun film. Nel frattempo il mondo va avanti, altre vengono consacrate a divine (Reese Witherspoon... ma si potrà?!) e Julia va nel dimenticatoio. Prima di tutto questo, però, a Julia - sulla scia dei precedenti successi cinematografici - viene affidato quello che, fosse un programma tv, sarebbe definito "one man show". Se nel 2003, fermando qualcuno per strada, avessimo chiesto quali altri attori compaiono nella pellicola, quasi nessuno avrebbe risposto. Era proprio un film con Julia Roberts. E basta.
Rivisto oggi questo film ha un significato diverso, è molto della serie "ma guarda quello è...". E, infatti, chi ci si ritrova? Le già famosine all'epoca Kirsten Dunst ("Intervista col vampiro" e i vari "Spider-man") e Julia Stiles ("Save the last dance" e... basta) poi Maggie Gyllenhaal (attrice meno famosa del fratello Jake, ma l'anno scorso unica presenza femminile del film "Il cavaliere oscuro"), Ginnifer Goodwin (dimagrita e più curata, oggi star del tv show "Big love" e protagonista di "La verità è che non gli piaci abbastabza"), Juliet Stevenson (la madre di Keira Knightley in "Sognando Beckham" e Rosalind Franklin nel film tv sulla scoperta della struttura del DNA "Life story". La scoperta di questo film, in realtà, è stata una coincidenza: proprio ieri mattina, alla conferenza "L'esperimento più bello della fisica" hanno proiettato uno spezzone del film con in primo piano la Stevenson. Non riuscivo a collegare il volto ad altri film, ma, appena iniziato "Mona Lisa smile" mi sono ricordato!), Marcia Gay Harden (Oscar 2001 per il film "Pollock" e attrice spalla di tantissime altre pellicole), John Slattery (visto di recente prima in "Desprate Housewives" e adesso presenza fissa di "Mad man"), Topher Grace (anche lui in Spider-man 3, ma più famoso per il "That '70s Show") e Krysten Ritter (prima amica di Rory in "Una mamma per amica" e adesso praticamente la migliore amica di tutte le protagoniste dei film-commedia: "27 volte in bianco", "I love shopping", "Notte brava a Las Vegas"). Insomma, una marea di attori di fama in divenire!
Ma, tornando al momento dell'uscita, questo film non riscosse molto successo. Perchè? Vogliamo dircelo? Bene, è un film mediocre. Ma adesso capisco meglio i motivi. Innanzitutto Julia Roberts cominciava a perdere colpi e la sua carriera, dopo film come "Confessioni di una mente pericolosa" e "Full frontal", aveva perso il vanto del successo assicurato. Ecco, "Mona Lisa smile" si collocava in questo contesto e voleva riportare ai fasti l'attrice dopo mosse meno commerciali, ma anche meno riuscite.
Peccato che il primo grande difetto del film sia di raccontare la storia di una docente di storia dell'arte straordinaria senza trasmettere l'amore per l'arte. L'unico momento di vera contemplazione è davanti al quadro di Pollock, ma non trasuda esaltazione, non c'è quella vibrante tensione che dovrebbe esserci tra l'oggetto del desiderio e chi lo desidera.
Manca, anche, una figura maschile di riferimento. Questa è, sì, una donna che fugge la tradizione, anticonformista, progressista e sicuramente femminista, ma gli unici due ometti che ha nella storia sono due mezze calzette e non rimangono minimamente impressi! E per un film commerciale è una scelta strana.
Tra una lezione e l'altra, poi, solo il gossip la fa da padrone. Chi sta con chi, chi ama chi, chi sposa chi, chi rinuncerà ai suoi sogni per, ecc ecc. Siamo negli anni '50 e il matrimonio per la donna è il punto d'arrivo, mentre la professoressa Katherine Ann Watson vorrebbe fare la differenza. E' per questo che pubblicità e media hanno voluto associare (successo chiama successo) la pellicola di Newell al film "L'attimo fuggente" di Weir, quando in realtà qui mancano atmosfere, richiami e solennità. Fare paragoni a mio avviso è sempre azzardo. Poi, più si mira in alto e peggio sarà se si fallisce. In questo caso non si è fatto decisamente centro, ma quantomeno non è stato prodotto un film abominevole.
C'è una bella fotografia, alcune brave attrici (tra le già citate Maggie Gyllenhaal, Juliet Stevenson e Marcia Gay Harden) e un unico dialogo veramente ben scritto, quello tra la Roberts e la Dunst (K. Watson: "Frequenti le lezioni, faccia i compiti o io la boccerò", Betty Warren: "Se lei mi boccia ci saranno delle conseguenze", KW: "Mi sta minacciando?", BW: "La sto istruendo", KW: "Questo è compito mio"). Il resto scorre, scivola via come il pennello su una tela. Non tanto un capolavoro, quanto più un'opera in serie. Onesta, ma uguale alle altre. Ps. Solito problema doppiaggio: dov'è finita la voce di Julia? Perchè gliel'hanno cambiata? Mistero della fede.
Consigli: E' un film da serata tranquilla tra divano, patatine o pop-corn, una bibita e la compagnia di qualche persona speciale. In un film senza troppo amore, meglio avere la proprio scorta personale!
Parola chiave: Katerine Watson non era venuta alla Wellesley per inserirsi nell'ambiente. Era venuta perchè voleva fare la differenza.
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