giovedì 30 aprile 2020

Film 1699 - Widows

Intro: Tornato ad Auckland dalla mia veloce trasferta ad Hamilton (e dalla meravigliosa visita ad Hobbiton, il set de "Il Signore degli Anelli" e "Lo Hobbit") mi concedo l'ultimo cinema neozelandese prima di prendere i miei numerosi voli di ritorno che mi riporteranno in Europa per la prima volta in 15 mesi. Ma non ancora a Bologna...
Film 1699: "Widows" (2018) di Steve McQueen
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: c'era tutto il potenziale per un film molto interessante, un mix tra dramma e avventura, il tutto impreziosito da un cast eccezionale capitanato dalla sempre magnifica Viola Davis (all'epoca fresca fresca di Oscar) e composto, tra gli altri, dalle bravissime Michelle Rodriguez, Elizabeth Debicki e Cynthia Erivo (ora anche lei una candidata all'Oscar con all'attivo 2 nomination), insieme ad altri 3 candidati all'Oscar a fare da spalle (Kaluuya, Weaver e Neeson, l'unico che nel trailer non ha alcun rimando alla sua nomination), Robert Duvall (Oscar) e Colin Farrell (Golden Globe). Senza contare che la regia è di Steve McQueen, premio Oscar per "12 Years a Slave" (come produttore però) che firma la sceneggiatura insieme a Gillian Flynn (candidata al Golden Globe per "Gone Girl"). Insomma, le aspettative erano altissime e sono rapidamente rimaste disattese.
Non che "Widows" sia un brutto film, assolutamente, semplicemente non mi ha consegnato quello che mi aspettavo di trovare e, onestamente, il colpo di scena finale non mi ha per niente soddisfatto, considerato che non racconta davvero niente di nuovo. Sicuramente la storia si merita la sufficienza, ma il risultato finale è meno intrigante o elettrizzante di quanto non prometta il trailer e a volte le eccessive macchinazioni della sceneggiatura smorzano il piacere di godersi quanto mostrato.
Ho comunque apprezzato tantissimo il team di "lavoro" formato dalle quattro protagoniste, ognuna perfetta per il ruolo e capace di costruire perfettamente personaggi così diversi tra loro (vedi che Michelle Rodriguez ce la può fare allora!): loro insieme fanno tutto il film. in generale, comunque, non sono rimasto impressionato.
Cast: Viola Davis, Michelle Rodriguez, Elizabeth Debicki, Cynthia Erivo, Colin Farrell, Brian Tyree Henry, Daniel Kaluuya, Jacki Weaver, Carrie Coon, Robert Duvall, Liam Neeson, Manuel Garcia-Rulfo, Coburn Goss, Lukas Haas, Michael J. Harney.
Box Office: $76 milioni
Vale o non vale: Un mix tra pellicola d'azione, drammatica e thriller, "Widows" beneficia di un grandissimo cast che certamente non sbaglia un colpo, ma si perde un po' in una trama che costruisce molteplici livelli della storia - aumentando così esponenzialmente il numero dei personaggi - faticando però nel districare tutte le situazioni nella maniera più fluida e comprensibile possibile; il colpo di scena finale, poi, non regala niente di inedito. In generale un prodotto abbastanza riuscito, anche se non memorabile.
Premi: Candidato al BAFTA per la Migliore attrice protagonista (Davis).
Parola chiave: Fiaschetta.

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Bengi

martedì 28 aprile 2020

Film 1698 - Mortal Engines

Intro: Di passaggio a Hamilton per andare a trovare una coppia di amici prima di ritornare in Italia per le feste 2018, ho trovato il tempo di fare una capatina al cinema per farmi un'idea sull'ultimo titolo della cinematografia mainstream neozelandese.
Film 1698: "Mortal Engines" (2018) di Christian Rivers
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Donna
In sintesi: avendo precedentemente spiato le recensioni sul film, ammetto che fossi abbastanza preparato. Devo dire che questo "Mortal Engines", pur visivamente d'impatto, fatica non poco dal punto di vista della sceneggiatura, il che mi ha colpito considerando che è stata scritta dagli stessi che ci hanno regalato "Il Signore degli Anelli", "King Kong" e "Lo Hobbit". C'è poco approfondimento dei personaggi, nonché un approfondimento sociale (che sarebbe stato anche molto interessante), e una certa dose di frettolosità, il tutto combinato alla necessità di orientare il prodotto finale alla spettacolarità, il che ha portato a un generale deragliamento verso una minor qualità d'insieme.
Ribadisco, rimango perplesso più che altro dal fatto che il punto debole del tutto sia la trasposizione della storia - tratta dal romanzo omonimo (in italiano "Macchine mortali") di Philip Reeve - immaginandomi che quello sarebbe stato il porto sicuro di tutta la produzione. Poi rimane il fatto che si tratti di una pellicola inoffensiva e di certo non pessima, ma nemmeno all'altezza delle aspettative generali. Insomma, un viaggio un po' inconcludente.
Cast: Hera Hilmar, Robert Sheehan, Hugo Weaving, Jihae, Ronan Raftery, Leila George, Patrick Malahide, Stephen Lang.
Box Office: $83.7 milioni
Vale o non vale: Budget mastodontico tra i 100 e i 150 milioni di dollari ed effetti speciali a gogo non salvano l'ultima fatica (narrativa) di Peter Jackson, che non riesce a sprigionare il magico interesse dei suoi lavori precedenti. La colpa non è certo della sua assenza dietro la macchina da presa, la verità è che questa pellicola manca di un generale appeal commerciale (non c'è nessuna vera e propria star riconoscibile se si esclude Hugo Weaving, comunque più conosciuto nel continente oceanico) oltre che di una storia confezionata a dovere. Il risultato finale non è terribile, ma nemmeno da considerarsi sufficiente. Si lascia guardare, ma non ricordare.
Premi: /
Parola chiave: U.S.A.

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Bengi

lunedì 27 aprile 2020

Film 1697 - Thor: Ragnarok

Intro: Alla ricerca di qualcosa di leggero e divertente da guardare, mi è tornata voglia di vedere questo film che avevo particolarmente gradito.
Film 1697: "Thor: Ragnarok" (2017) di Taika Waititi
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Greg
In sintesi: simpatico e divertentissimo, con un perfetto piglio retrò e un Chris Hemsworth sempre più perfetto nel ruolo, "Ragnarok" è assolutamente il capitolo più riuscito della trilogia su Thor grazie anche alla sapiente (e rinfrescante) mano del novello premio Oscar Taika Waititi. Niente da dire, il film funziona su tutti i livelli e lascia sperare il che il prossimo "Thor: Love and Thunder" sarà altrettanto ben bilanciato e spettacolare.
Film 1659 - Thor
Film 631 - Thor: The Dark World
Film 1193 - Thor: The Dark World
Film 1447 - Thor: Ragnarok
Film 1697 - Thor: Ragnarok
Cast: Chris Hemsworth, Tom Hiddleston, Cate Blanchett, Idris Elba, Jeff Goldblum, Tessa Thompson, Karl Urban, Mark Ruffalo, Anthony Hopkins, Tadanobu Asano, Ray Stevenson, Zachary Levi, Benedict Cumberbatch.
Box Office: $854 milioni
Vale o non vale: Uno tra i miei Marvel preferiti, questo "Thor 3" riesce a ringiovanire il filone legato al dio del tuono, efficace nel contesto "Avengers", ma meno riuscito quando lasciato come protagonista. Un grande riscatto.
Premi: /
Parola chiave: Famiglia.

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domenica 26 aprile 2020

Film 1696 - Creed II

Intro: Il primo mi era piaciuto e introdotto alla (prolifica) saga di "Rocky", che mi ero promesso di recuperare prima o poi. In realtà non c'è stata mai occasione, ma non mi sono fatto sfuggire l'occasione di recuperare al cinema questa nuovo episodio del franchise.
Film 1696: "Creed II" (2018) di Steven Caple Jr.
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Jenny
In sintesi: Michael B. Jordan e Tessa Thompson sono una coppia pazzesca che, in questo secondo capitolo, trova molto più spazio rispetto al precedente "Creed" che era decisamente più focalizzato sul rapporto Adonis - Rocky. A farla da padrone, ovviamente, è comunque sempre la boxe, la cui spettacolarità dell'incontro finale è qui raddoppiata dall'emozione di vedere scontrarsi sul ring il figlio di Apollo Creed, Adonis appunto, e il figlio di colui che lo ha ucciso, Viktor Drago, primogenito di papà Ivan; trait d'union di tutta l'operazione è come sempre Rocky Balboa (Stallone).
"Creed II" funziona bene e non delude chi si fosse appassionato a questo spin-off della saga di pugilato più conosciuta della storia del cinema: si ampliano i temi portati trattati dalla storia, come dicevo qui più focalizzata sui rapporti personali del protagonista che si trova a dover affrontare non solo la nascita della figlia e ciò che ne conseguirà, ma anche a gestire l'eredità emotiva che lo connette al padre, al passato e alla sua storia, mamma compresa. Nel mezzo c'è lo sport, l'allenamento durissimo, l'idea di riscatto e - chiaramente - la vendetta per quell'infausto match che è poi un punto centrale nell'origine di questo nuovo filone della storia. In generale, quindi, un buon sequel solido e bilanciato che sa dividere bene l'approfondimento dei suoi personaggi e l'anima più prettamente ludica dell'operazione commerciale a cui aspira. Senza contare che richiama in prima nientemeno che una (muta) Brigitte Nielsen. Non potevo chiedere altro.
Film 1086 - Creed - Nato per combattere
Film 1696 - Creed II
Film 2183 - Creed III
Cast: Michael B. Jordan, Sylvester Stallone, Tessa Thompson, Wood Harris, Phylicia Rashad, Dolph Lundgren, Brigitte Nielsen, Milo Ventimiglia.
Box Office: $214.1 milioni
Vale o non vale: Un buon secondo capitolo che non fa rimpiangere l'originale. E' sempre un po' difficile capire cosa dica Stallone, ma questo è un un problema a parte. Michael B. Jordan ci mette anima e corpo - e che corpo - e il risultato finale è certamente di grande intrattenimento, specialmente per chi sia appassionato di boxe o film sportivi. Funziona tutto a dovere.
Premi: /
Parola chiave: Incontro.

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Film 1695 - Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald

Intro: L'attesa è stata lunga e francamente non vedevo l'ora di fiondarmi in sala. Ho anche atteso qualche giorno più del necessario perché volevo potessimo essere tutti disponibili ad attendere al nostro personalissimo evento della stagione ad Auckland, motivo per cui abbiamo aspettato di avere il lunedì libero da lavoro per andare tutti insieme al cinema.
Film 1695: "Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald" (2018) di David Yates
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Jenny, Andre, Denise, Karen, Lucas, Luca
In sintesi: c'era non poca attesa rispetto a questo film e tante aspettative, a mio avviso disattese. "Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald" non è un titolo tremendo in generale, sfortunatamente però non aggiunge nulla all'universo creato da J.K. Rowling (che anche qui firma la sceneggiatura). La storia è troppo stiracchiata e il risultato finale è lento ed inconcludente, lasciando lo spettatore a domandarsi se ci fosse effettivamente bisogno di questo sequel o addirittura di cinque film dedicati a Newt Scamander e al suo universo di magiche creature.
La verità è che si tratta di un capitolo di passaggio e come tale lascia molte questioni aperte, mancando allo stesso tempo di una conclusione che giustifichi due ore e un quarto di durata e un'anticipazione così tanto pubblicizzata. Insomma, non c'è molto da vedere. O meglio, visivamente il risultato è eccellente, il film è curatissimo in ogni dettaglio e presenta un'estetica precisa e ben sviluppata, anche se ciò non è sufficiente, perché la bellezza di per sé non è un canone che può sostenere in toto una gigantesca operazione commerciale come quella che abbiamo qui.
Ho trovato, inoltre, estremamente snervanti le pause: c'è una lentezza costante nei dialoghi che pervade la messa in scena - effettivamente era già presente nel primo episodio - ed intacca tutto il resto, portando chi guarda all'esasperazione. Ogni azione, anche quella dettata dalla necessità più immediata, si protrae per un tempo infinito ed è fastidioso rendersi conto che una buona metà di ciò che viene mostrato si sarebbe potuto risolvere in poche, semplici battute.
Peccato, perché il cast è pazzesco, Scamander era già consolidato - e qui è purtroppo solo personaggio secondario, soffocato dalla miriade di comprimari che gli rubano troppo spesso la scena e lo forzano al ruolo della macchietta dato che gli manca il tempo per farsi scoprire e approfondire -, la storia solletica i fan dato che porta alla luce un passato americano che si intreccia sempre di più con la sua origine potteriana, gli effetti speciali sono credibili e la ricostruzione dei set è da colossal. Insomma, ci sarebbero state tutte le carte in regola per un eccellente secondo "Fantastic Beasts", mentre la realtà è che si tratta di un titolo mediocre e soporifero che manca dell'urgenza di raccontare qualcosa.
Film 1266 - Animali fantastici e dove trovarli
Film 1412 - Fantastic Beasts and Where to Find Them
Film 1583 - Fantastic Beasts and Where to Find Them
Film 1682 - Fantastic Beasts and Where to Find Them
Film 1695 - Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald
Film 1754 - Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald
Film 2103 - Fantastic Beasts: The Secrets of Dumbledore
Cast: Eddie Redmayne, Katherine Waterston, Dan Fogler, Alison Sudol, Ezra Miller, Zoë Kravitz, Callum Turner, Claudia Kim, William Nadylam, Kevin Guthrie, Jude Law, Johnny Depp, Carmen Ejogo.
Box Office: $654.9 milioni
Vale o non vale: Sontuoso e ben realizzato, grande cast e belle musiche, però risultato non soddisfacente, per non dire inconcludente. I fan di Potter & co. apprezzeranno comunque e, in generale, il pubblico non disprezzerà del tutto, ma credo sia palese a tutti che siamo di fronte ad un titolo insolitamente debole per gli standard cui la Rowling ci ha abituato.
Premi: Candidato a 2 BAFTA per i Migliori effetti speciali e le Migliori scenografie.
Parola chiave: Fenice.

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venerdì 24 aprile 2020

Film 1694 - You Were Never Really Here

Intro: Appuntamento all'Academy Cinemas della biblioteca di Auckland, una sorta di cineteca neozelandese dove il mercoledì tutti i film eccezionalmente passati a 5$.
Film 1694: "You Were Never Really Here" (2017) di Lynne Ramsay
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Luca
In sintesi: il trailer promuove il film in maniera entusiasta, c'è addirittura un parallelismo con "Taxi Driver", ma non posso veramente dire di essere rimasto impressionato da "You Were Never Really Here". Sarà che non è rappresenta troppo il mio genere, sarà che mi aspettavo qualcos'altro, di fatto non sono rimasto colpito (a differenza di chiunque incroci la strada del personaggio interpretato da Joaquin Phoenix). Violento e silenzioso.
Cast: Joaquin Phoenix, Ekaterina Samsonov, Alex Manette, John Doman, Judith Roberts, Alessandro Nivola.
Box Office: $7.4 milioni
Vale o non vale: Onestamente non lo rivedrei. I fan delle storie che vedono coinvolti assassini per soldi, rapimento e stori loschissime dovrebbero gradire.
Premi: Candidato al BAFTA per il Miglior film britannico. In concorso a Cannes 2017, ha vinto per la Miglior sceneggiatura (ex aequo con "The Killing of A Sacred Deer" di Lanthimos) e il Miglior attore (Phoenix).
Parola chiave: Martello.

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martedì 21 aprile 2020

Film 1693 - Outlaw King

Intro: E torniamo indietro nel tempo, torniamo a quando ancora vivevo in ostello in quel di Auckland e mettiamoci in pari con la lista di film che avevo lasciato indietro (che è ancora lunghissima). La stagione dei premi è finita - mancano solo i David di Donatello ancora previsti per l'8 maggio - e si ricomincia ad andare in ordine cronologico.
Film 1693: "Outlaw King" (2018) di David Mackenzie
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: in qualche modo Netflix deve convincere nuovi subscribers a sottoscrivere il loro abbonamento, per cui mi sento di incasellare questa produzione (da 120 milioni di dollari, niente meno) all'interno di quella lista di titoli atta alla diversificazione dell'offerta. Netflix è tante cose, ma ultimamente non è certo più quel barlume globale di qualità e ricercatezza, schiacciato com'è tra nuovi servizi di streaming suoi simili (Amazon Prime, Apple+, Disney+, bla bla bla), perché era solo questione di tempo prima che tutti quei semafori verdi nei confronti di produzioni discutibili portassero ad un abbassamento della qualità dell'offerta in favore di una più vasta quantità di titoli disponibili. Il che ci porta necessariamente alla fase successiva, ovvero quella in cui si presenta "Outlaw King" - o "The Irishman" -, un film di cui non si sentiva la necessità, ma che serviva allo streaming provider per a) catturare un nuovo target più ricercato di utenti e b) poter nuovamente giocare la carta "qualità" (e magari vincerci anche qualche premio qua e là, cosa che non si è verificata). Non so dire onestamente quanti avrebbero effettivamente pagato per andare a vedere sul grande schermo questa pellicola, nonostante il feroce tentativo di replicare quell'aria spietata e cool alla "Game of Thrones" che incontra - teoricamente - la storia. Dico teoricamente perché a quanto pare le licenze poetice, per così dire, rispetto ai fatti originali non sono state pochine. Ciò detto, comunque, di questo "Outlaw King" cosa rimane nei fatti? Non molto, perché tra uno sbadiglio e l'altro, gli unici momenti in cui si ritrova la concentrazione vedono coinvolti spietate battaglie o il pene di Chris Pine (che poi, anche lì, vedere è un eufemismo, ma il marketing non ci ha pensato due volte a promuovere il film rendendo ben chiaro che ci fosse una scena di nudo integrale dell'attore californiano).
Per quanto riguarda la trama del film, mi permetto di citare Wiki per questioni di semplicità: "Nella Scozia medievale, il nobile Roberto I di Scozia viene dichiarato fuorilegge da Edoardo I d'Inghilterra. Inizia una feroce battaglia per riconquistare il controllo della Scozia, per salvare la sua famiglia e la sua gente dall'occupazione inglese".
Insomma, niente di nuovo sul fronte delle pellicole in costume che parlano di regni, regnanti, popoli da riunificare, leader del mondo antico da forgiare. C'è una certa dose di spettacolarità visiva grazie alle battaglie e ai costumi di scena e Pine non delude come protagonista, ma il film non decolla mai davvero.
Cast: Chris Pine, Aaron Taylor-Johnson, Florence Pugh, Billy Howle, Sam Spruell, Tony Curran, Callan Mulvey, James Cosmo, Stephen Dillane.
Box Office: /
Vale o non vale: Non lo rivedrei. Se pagate Netflix e non sapete cosa scegliere di vedere durante questa quarantena (e sono sicuro esistano milioni di altre scelte possibili da fare), provate a dare una chance a questo titolo, che pure non possiede quella grandiosità e pathos che la storia avrebbe richiesto.
Premi: /
Parola chiave: Crown.

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domenica 19 aprile 2020

Film 1872 - Frozen II

Intro: Tutti un po' sorpresi dal fatto che questo secondo capitolo non si sia portato a casa nemmeno la nomination all'Oscar come Miglior film d'animazione, il che mi ha incuriosito e convinto definitivamente a vederlo appena lo streaming me lo ha concesso. (In realtà lo avrei recuperato anche al cinema, ma la versione originale a Ushuaia non era contemplata e non me la sono sentita di vedermi tutto il film in spagnolo.)
Film 1872: "Frozen II" (2019) di Chris Buck, Jennifer Lee
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: questo secondo "Frozen" è meglio o peggio del primo? Ce l'ha fatta la Disney a produrre un sequel degno del successo stratosferico del primo, popolarissimo cartoon? Insomma, regge il confronto?
Prima di rispondere, una mia personalissima premessa: non provo particolare entusiasmo per "Frozen", che sia 1 o 2, e anzi, fatico ancora a comprenderne l'ossessione globale. Visivamente si tratta di prodotti molto belli, musicalmente curati e dalle giuste canzoni-tormentone, però tutto sommato nessuno dei due episodi mi ha portato alla necessità di strapparmi i capelli dall'estasi, per così dire. Poi, per carità, si tratta di prodotti d'animazione piacevolissimi, ma niente a che vedere con altri classici del cinema Disney.
Quindi com'è questo "Frozen II"? Perfettamente in linea con il suo predecessore, anche se un filino più avventuroso e dark, cosa che si intuisce già guardando il trailer. Il core-message rimane abbastanza simile al precedente, abbiamo sempre le sorelle reali Elsa e Anna che si dividono tra doveri di corte e una rivendicazione della propria identità, anche se questa volta si va più a fondo rispetto alla storia familiare delle due protagoniste.
Tutto sommato siamo di fronte ad un buon comeback, cosa non scontata quando si tratta di sequel, specialmente di titoli così estremamente popolari. La storia regge e la Disney ringrazia, perché con questo secondo capitolo la casa di Topolino si è portata a casa il primato per la pellicola d'animazione che abbia incassato di più nella storia del cinema (se non si considera il remake de "The Lion King" che, infatti, non consideriamo). Chapeau.
Film 649 - Frozen - Il regno di ghiaccio
Film 705 - Frozen
Film 1872 - Frozen II
Cast: Kristen Bell, Idina Menzel, Josh Gad, Jonathan Groff, Sterling K. Brown, Evan Rachel Wood, Alfred Molina, Martha Plimpton, Jason Ritter, Jeremy Sisto, Ciarán Hinds.
Box Office: $1.450 miliardi
Vale o non vale: Carino, avventuroso e dotato di una certa spettacolarità visuale, "Frozen II" riesce a bissare il successo del primo rimanendo piuttosto fedele al brand. Non uno dei migliori film d'animazione di sempre, ma una piacevole visione per tutta la famiglia.
Premi: Candidato all'Oscar per la Miglior canzone ("Into the Unknown"), a 2 Golden Globe per film d'animazione e canzone e al BAFTA per la Miglior pellicola d'animazione.
Parola chiave: Voce.

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venerdì 17 aprile 2020

Film 1871 - Little Women

Intro: Ho aspettato mesi per vederlo, mi sono rifiutato di guardare una versione che non fosse quella in originale, essendo assolutamente elettrizzato all'idea di recuperare questo titolo (di cui praticamente chiunque aveva parlato benissimo, senza contare il grandioso successo al botteghino mondiale). Insomma, ero carico. E non a caso è stata la pellicola con cui abbiamo dato battesimo alla quarantena a casa della mia amica Claudia, con la quale ho scientemente deciso di condividere questo incarcerante capitolo dell'esistenza umana, all'epoca appena cominciato.
Film 1871: "Little Women" (2019) di Greta Gerwig
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Claudette
In sintesi: come sempre avevo gigantesche aspettative che si sono miseramente dovute scontrare con la realtà. La verità è che a questo punto forse sono io a non capire dove stia quella magia nei titoli di Greta Gerwig da cui tutti rimangono affascinati, comunque "Little Women" mi è sembrato un prodotto esteticamente bellissimo, molto glamour grazie a un cast stellare, recitato bene, ma di fatto niente di indimenticabile. Anzi, ad essere onesti l'ho trovato un po' difficile da seguire, con i vari flashback non dichiarati a rendere la trama ancora più oscura.
Rispetto a quest'ultima affermazione, una precisazione: non ho mai letto "Piccole donne", né visto una pellicola precedentemente realizzata che fosse tratta dal romanzo di Louisa May Alcott, per cui ero vergine rispetto all'argomento. E ho trovato questo film particolarmente contorto a livello temporale, con una narrazione ballerina che non ha aiutato a chiarirmi le idee.
Per cui sì, si tratta di un bel film in costume tecnicamente ineccepibile, però in generale non sono riuscito a farmi trascinare dalla storia delle quattro sorelle March, tanto simile per molti aspetti a quella delle quattro sorelle Bennet. Probabilmente avrei dovuto scegliere un altro prodotto che mi facesse da battesimo sulla questione - o magari leggere la stessa fonte di ispirazione... -, in ogni caso ho faticato a rimanere impressionato. Tra l'altro mi è mancato un po' di backup rispetto alla storia d'amore tra Jo (Ronan) e Laurie (Chalamet) che viene dichiarata dalla sceneggiatura stessa quale una potentissima e struggente love story dalle tempistiche sfortunate, ma di fatto è mostrata in maniera molto blanda rispetto ai sentimenti che vengono esplicitati dai due personaggi che, all'improvviso, si inalberano e discutono per quello che provano, ma di fatto fino ad allora la sensazione è che si tratti più di una fraterna amicizia che altro.
Per quanto riguarda il cast, Saoirse Ronan è sempre bravissima e sono rimasto davvero sorpreso dalla perfetta performance di Florence Pugh onestamente, anche se mi è parso che di quando in quando l'accento "american" di Emma Watson variasse o sparisse del tutto; Meryl Streep ormai pare faccia sempre un po' le stesse cose, per cui la sua presenza non mi ha particolarmente svoltato la visione. Sorpreso in positivo, invece, da Louis Garrel che infila una presenza hollywoodiana di tutto rispetto e ritorna sui radar del pubblico mainstream dopo una latitanza fin troppo prolungata.
Insomma, "Little Women" non è stato niente di quello che avrei voluto - amori struggenti scritti dal destino -, ma non si può assolutamente dire si tratti di un brutto film. Probabilmente gli amanti del romanzo, sapendo cosa aspettarsi, avranno gioito più di quanto non lo abbia fatto io.
Cast: Saoirse Ronan, Emma Watson, Florence Pugh, Eliza Scanlen, Laura Dern, Timothée Chalamet, Meryl Streep, Tracy Letts, Bob Odenkirk, James Norton, Louis Garrel, Chris Cooper.
Box Office: $206 milioni
Vale o non vale: Anche se non sono rimasto impressionato dall'ingresso nella mia vita della famiglia March, non si può dire che il lavoro fatto qui non sia degno di valore. C'è una fortissima impronta femminista che pervade tutta l'operazione, nonché un inno all'indipendenza che vale la pena di valorizzare. Ho trovato un filino snervante la querelle amorosa della protagonista e la conseguente risoluzione sentimentale, ma si tratta di miei gusti personali (altra epoca, altra storia). Onestamente non lo rivedrei, ma una chance gliela si può dare.
Premi: Candidato a 6 Oscar - Miglior film, attrice protagonista (Ronan) e non protagonista (Pugh), sceneggiatura non originale e colonna sonora, il film ha vinto per i Migliori costumi, categoria in cui ha trionfato anche ai BAFTA (su 5 nomination, le stesse degli Academy Awards tranne la menzione tra le migliori pellicole); 2 nomination ai Golden Globe (attrice protagonista e colonna sonora).
Parola chiave: Indipendenza.

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giovedì 16 aprile 2020

Film 1869 - Bombshell

Intro: Tema interessante (per non dire scottante) e grande cast mi hanno da subito spinto ad interessarmi a questa pellicola
Film 1869: "Bombshell" (2019) di Jay Roach
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: a casa Fox News le cose non andavano tanto bene come si sarebbe potuto pensare dall'esterno e, neanche a dirlo, la colpa stava ai piani alti. Sarà grazie ad un gruppo di donne stanche di subire abusi e comportamenti inaccettabili che la verità verrà a galla, non però senza una grandissima dose di complicazioni. Già, perché non è facile accusare l'amministratore delegato della rete di abusi sessuali, specialmente se quell'amministratore è considerato intoccabile e, da non sottovalutare, se l'ambiente di lavoro tossico e maschilista tende a permettergli di farlo.
Sono questi i presupposti di "Bombshell", film prodotto e interpretato da una pazzesca Charlize Theron - nei panni di Megyn Kelly, per anni presentatrice televisiva di Fox News - che ritrova l'energica verve di un tempo dopo anni di titoli non esattamente indimenticabili. Non che questo sia un prodotto perfetto, ma sicuramente le permette di mostrare nuovamente le sue grandi capacità di attrice.
La accompagnano in questo percorso una brava (e plasticosa) Nicole Kidman e Margot Robbie, sempre capace, anche se forse non l'avrei candidata all'Oscar per questo ruolo, che non è potente quanto mi sarei aspettato; chiude il cerchio John Lithgow nei panni del predatore sessuale Roger Ailes, viscido come non mai.
In generale, dicevo, non siamo davanti a un prodotto che funziona su tutti i livelli, si sarebbe potuto spingere un po' di più sull'approfondimento dell'accaduto piuttosto che sull'aspetto sensazionalistico legato una vicenda di tale portata in America (Gretchen Carlson, qui la Kidman, ha ottenuto 20 milioni di dollari dalla Fox, mentre Ailes, costretto a dimettersi, se ne è comunque intascati 40 come buonuscita...). Tutto sommato, comunque, la storia porta all'attenzione del pubblico una tematica più attuale che mai - è dell'anno scorso la serie tv con Jennifer Aniston e Reese Witherspoon "The Morning Show", dove entrambe interpretano le presentatrici di un programma di news mattutino e a Steve Carell tocca il ruolo del predatore sessuale non pentito, uno dei tanti prodotti mainstream e non che ha fatto capolino sulla scena globale dopo i vari casi Weinstein, Spacey e #MeToo -, mettendo in risalto il coraggio dietro alla decisione di farsi avanti e quanto disgustoso e traumatizzante possa essere dover subire un tipo di violenza del genere. Avrei spinto maggiormente per caratterizzare drammaticamente il risultato finale, ma rimane comunque un prodotto con qualcosa da dire. Il che, al giorno d'oggi, è già un gran risultato.
Cast: Charlize Theron, Nicole Kidman, Margot Robbie, John Lithgow, Kate McKinnon, Connie Britton, Malcolm McDowell, Allison Janney, Mark Duplass, D'Arcy Carden, Alice Eve, Ashley Greene, Brian d'Arcy James, Jennifer Morrison, Mark Moses, Tony Plana, Stephen Root, Holland Taylor, Madeline Zima.
Box Office: $59.6 milioni
Vale o non vale: Il cast è da grandi occasioni e non si contano i cameo. I quattro protagonisti portano tutta la storia sulle loro spalle, anche se è Charlize Theron a farla da padrone, regalando un'altra grande performance. Tema pesante e complicato, qui spiegato anche in maniera abbastanza grafica, pur a mio avviso non riuscendo del tutto a centrare il nocciolo della questione (meno bava alla bocca e più implicazioni socio-culturali). In ogni caso un prodotto ben fatto che ci ricorda quanta strada ci sia ancora da fare quando si parla di rispetto verso gli altri, verso le donne, e quanto ancora ci sia da lavorare per de-mascolinizzare una società che per troppo tempo è stata abituata a guardare dall'altra parte.
Premi: Candidato a 3 Oscar e 3 BAFTA per Miglior attrice (Theron), attrice non protagonista (Robbie) e trucco, il film ha vinto in quest'ultima categoria ad entrambe le premiazioni; 2 nomination ai Golden Globes sempre per le due attrici.
Parola chiave: Registrazioni.

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mercoledì 15 aprile 2020

Film 1868 - Parasite

Intro: Ha convinto praticamente tutti, ha vinto praticamente tutto, dunque non potevo perdermi il titolo forse più rilevante della stagione.
Film 1868: "Parasite" (2019) di Bong Joon Ho
Visto: dal computer portatile
Lingua: coreano
Compagnia: Mirco
In sintesi: il rischio di recuperare in ritardo film che hanno avuto un seguito così ampio di pubblico e critica è di rimanere immancabilmente delusi. Solitamente è quello che succede, in pochi casi, invece, la sorpresa è che di quella pellicola finisci per innamorartene anche tu. Questo è, effettivamente, il caso di "Parasite", magnifico prodotto della cinematografia sudcoreana che maneggia con destrezza una numerosa quantità di generi, tutti sapientemente incastonati in un unico prodotto intelligente, ironico e spesso sorprendente: il mondo ci ha perso la testa per il film di Bong Joon Ho e, diciamolo, a giusta ragione. Perché di fatto ci sono tutti gli elementi del grande cinema, ovvero una saga familiare, una critica sociale e un confronto di classe, tensione e suspense da thriller, ci sono il grottesco e lo humor, il tutto ben orchestrato da una regia attenta che non lascia niente al caso. Saltano subito all'occhio alcune accortezze che sceneggiatura, regia e visione estetica mettono insieme: la famiglia povera abita in un seminterrato, costretta a guardare la strada sempre rivolgendo la testa verso l'alto, mentre la famiglia ricca abita come inerpicata su una collina; le scale sembrano rivestire un ruolo centrale nella storia, amplificando la sensazione che salire o scendere non sia solo una questione legata allo spostarsi; ogni membro di ciascuna delle due famiglie ha il suo corrispettivo nell'altra, cosicché padri, madri e figli finiscono per sembrare gli estremi di una stessa, generale personalità. Si potrebbe andare oltre, ma mi fermo qui anche per evitare spoiler.
Insomma, è chiaro che "Gisaengchung" - questo il titolo originale - ha molto da raccontare e suggerire e lo fa in modo originale, discostandosi da quel solito tocco hollywoodiano cui siamo fin troppo abituati. Una boccata d'aria fresca in un panorama cinematografico ultimamente non troppo pimpante, anche a causa di tutta una serie di sequele titoli legati ai supereroi che hanno schiacciato il mercato globale, finendo per monopolizzare e standardizzare (ancora di più) la produzione. Sono rimasto estremamente colpito dalla scelta dell'Academy di conferire il suo premio principale a questo film, pur trattandosi di una mossa tutt'altro che ingenua, per quanto elogiabile. Dopo anni di critiche per la mancanza di diversità o di scelte più in linea coi tempi, anche gli Oscar si piegano in parte alla necessità di portare all'audience globale un messaggio più inclusivo e culturalmente ricco. Era ora.
Insomma, meritatissimo successo di "Parasite", prodotto incredibilmente trascinante, marcato da un ritmo che nella seconda parte si fa serratissimo, un film capace di non pochi colpi di scena e di rimanere impresso nella mente dello spettatore, rapito anche dalla potenza evocativa di certe scene, una tra queste certamente il diluvio finale. Davvero bel film.
Cast: Song Kang-ho, Lee Sun-kyun, Cho Yeo-jeong, Choi Woo-shik, Park So-dam, Lee Jung-eun, Jang Hye-jin.
Box Office: $266 milioni
Vale o non vale: Interessante e magistralmente realizzato, regia attentissima e cast perfetto, sicuramente il film da non perdere della passata stagione. Un consiglio: invece di provare ad immaginare cosa succederà, lasciatevi trascinare dalla storia. Non ne rimarrete delusi.
Premi: Candidato a 6 Oscar, ne ha vinti 4: Miglior film (prima pellicola non in lingua inglese a vincere), regia, sceneggiatura originale e film straniero. Miglior film straniero ai Golden Globes (candidato anche per la regia e la sceneggiatura) e 2 BAFTA per sceneggiatura originale e film straniero su 4 nomination (anche Miglior film e regia). Vincitore a Cannes 2019 della Palma d'Oro. Miglior film straniero ai David di Donatello e ai César 2020.
Parola chiave: Catena di fiducia.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 8 aprile 2020

Film 1867 - Jojo Rabbit

Intro: In tanti ne avevano parlato benissimo e, purtroppo, mentre ero in Argentina non ero riuscito a vederlo al cinema. Per cui, appena l'ho trovato disponibile in streaming, non ho perso tempo e l'ho subito recuperato!
Film 1867: "Jojo Rabbit" (2019) di Taika Waititi
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Mirco
In sintesi: in soldoni, bambino pro Nazi che si immagina amicone di Hitler diventa amico di un'ebrea che la madre gli nasconde in casa. Il resto ve lo lascio scoprire.
Taika Waititi confeziona un film che prende in giro il nazismo e il suo leader - ma chi vi ha detto che siamo sulla falsa riga de "La vita è bella" vi ha perculato - e lo fa centrando sufficientemente il bersaglio (mainstream). Un prodotto non perfetto, ma è evidente che l'intento fosse positivo e in ogni caso il buon risultato finale fa sorvolare sull'a volte mancato approfondimento (specialmente di alcuni personaggi). A tratti fiaba, a tratti satira, a tratti dramma, a tratti un po' di quello che ci volete vedere, "Jojo Rabbit" funziona perché ha un suo ritmo e una sua voce e, soprattutto, un cast in gran spolvero, partendo da un protagonista estremamente dotato (Roman Griffin Davis), proseguendo per un Hitler surrealmente godibile (ricordiamoci che Taika Waititi è per metà Māori) e il personaggio migliore della storia, la madre sovversiva Scarlett Johansson (qui sì nomination all'Oscar meritata e, a mio avviso, statuetta scippata dalla compagna di altro film Laura Dern); nel mezzo c'è una coppia gay ancora nell'armadio (Alfie Allen e Sam Rockwell) e l'istruttrice del campo per giovani seguaci del führer Rebel Wilson, tre personaggi che avrebbero sicuramente goduto di qualche chance in più per raccontare se stessi, specialmente quest'ultima che, presentata così come, rimane un po' inutile alla storia. Sorprendentemente chi rimane più indigesta è proprio colei per la quale ci si aspetterebbe di simpatizzare di più, ovvero la piccola rifugiata Elsa (Thomasin McKenzie), molto spesso antipatica o comunque poco incline a rendersi piacevole. Non so se fosse volutamente Waititi o la storia originale di Christine Leunens a renderla già così, rimane il fatto che non si fa apprezzare facilmente.
In ogni caso "Jojo Rabbit" è un insolito film sulla seconda guerra mondiale che ritrae, a volte con sorprendente leggerezza, passaggi di un momento storico complesso e doloroso, pur non mancando mai di rispetto o facendo sentire a disagio lo spettatore. E' un grande pregio quello di Waititi, è in grado mettere in scena orrori pur facendolo con un tono mai pesante e, anzi, sempre fedele a quello che mi pare essere il suo stile narrativo (vedi "Thor: Ragnarok").
Cast: Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Rebel Wilson, Stephen Merchant, Alfie Allen, Sam Rockwell, Scarlett Johansson.
Box Office: $90.3 milioni
Vale o non vale: Nel complesso una buona pellicola, sicuramente una delle migliori tra quelle candidate all'Oscar quest'anno (lo so, d'altronde le proposte non erano granché). Non è stato il film che mi aspettavo, la storia di Jojo completamente diversa da ciò che mi ero immaginato, senza contare che la figura di Hitler ha qui tutto un altro valore, mentre io avevo pensato si trattasse di un personaggio più concreto. Ma bene così, una visione che è stata una sorpresa, una Scarlett Johansson che è stata un piacere da vedere, un buon prodotto che, con il suo piglio contemporaneo, ha raccontato una storia particolare ma ambientata in un'epoca storica cinematograficamente già ampiamente spolpata, aggiungendo il suo peculiare punto di vista. Interessante. Premi: Candidato a 6 Oscar, tra cui Miglior film e attrice non protagonista, vincendo quello per la Miglior sceneggiatura non originale; 2 nomination ai Golden Globe per Miglior film e attore protagonista (Roman Griffin Davis) e 1 BAFTA per la Miglior sceneggiatura non originale su 6 nomination (tra cui attrice non protagonista e colonna sonora).
Parola chiave: Patriottismo.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 6 aprile 2020

Film 1866 - Alla mia piccola Sama

Intro: Tornato in Italia, tornato a casa, tornato al mio amato Cinema Galliera. Durante uno dei miei turni, la proposta era questa e ho deciso, un po' inconsapevolmente, di entrare in sala e vedermi la proiezione. E, ci tengo a dirlo, il cinema era al completo.
Film 1866: "Alla mia piccola Sama" (2019) di Waad Al-Kateab, Edward Watts
Visto: al cinema
Lingua: italiano, arabo
Compagnia: Mirco
In sintesi: no, non ero pronto per questo film, questa storia, queste scene. Dire che "For Sama" sia un pugno nello stomaco è dire poco, francamente, e non penso si possa essere davvero preparati alla potenza di quanto mostrato, tra bombardamenti, perdite, sacrifici, eroismo, sogni infranti, voglia di non mollare; tutto questo insieme crea un quadro leggermente spostato rispetto al piano politico di quanto ci si aspetterebbe, ma non per questo meno credibile o realistico. Al contrario.
La vita di Waad e Hamza è costantemente ripresa per raccontare a chi la battaglia di Aleppo o la guerra in Siria non le conosce o non riesce a immaginare come la vivano le persone, fornendo allo spettatore la prospettiva di chi non solo è costretto a fare i conti con lo scontro quotidiano, ma anche di chi dà una mano, chi è impegnato in prima linea, chi mette a repentaglio la propria vita non solo per un ideale, ma per il bene delle altre persone, per la speranza che un giorno Aleppo e tutto il resto del Paese possano vedere la fine del conflitto e riacquisire una normalità, una stabilità.
"Alla mia piccola Sama" è la versione italiana del film doppiata da una Jasmine Trinca efficace, ma a volte troppo "costruita". Non poche volte si riscontra nel doppiaggio italiano quasi una forzatura di toni, una drammatizzazione più da fiction che da documentario che, devo ammettere, a tratti mi ha infastidito. Ne capisco l'origine, ma penso falsi il tono con cui questo prodotto si presenta, altrimenti, a chi guarda. Non serve nemmeno confrontare la versione doppiata con quella originale, l'audio in sottofondo dà già da solo le prove necessarie per farsi un'idea di quanto, talvolta, si sia calcato un po' con l'emotività per quanto riguarda il prodotto in italiano.
In ogni caso questo non intacca la potenza alla base della pellicola, una forza vera e innegabile che rimane con lo spettatore anche a visione terminata. Se ne esce spezzati, emotivamente provati da un viaggio che, pur sapendo sarebbe stato complesso, non ci si poteva aspettare sarebbe stato così impegnativo e logorante. Sfido chiunque a non trattenere il fiato, terrorizzato, nella scena del parto in ospedale.
Insomma, un film che non posso definire bellissimo solo perché mette in scena senza filtri una marea di atrocità e di dolore - anche se controbilanciato da una positività e una voglia di andare avanti, di vivere -, ma sicuramente un film che centra assolutamente il suo obiettivo e lascia con non poche questioni su cui riflettere. In un momento come questo, separati dagli affetti, incerti sul futuro, le nostre granitiche certezze minate alla base, "For Sama" è una pellicola che ci ricorda che per milioni di persone questa non è un'eventualità remota che sfortunatamente si è verificata, ma la quotidianità. Consapevoli di ciò che abbiamo e a cui abbiamo - momentaneamente - dovuto rinunciare, mi sembra sensato dare una chance alla storia di 
Waad e ascoltare cosa abbia da dire. Noi altri, poi, torneremo alla nostra routine quotidiane quando la guerra, invece, non cesserà di esistere durante o dopo il coronavirus. 
Cast: Waad Al-Kateab, Hamza Al-Kateab, Sama Al-Kateab. 
Box Office: $1.3 milioni
Vale o non vale: Da vedere. Da vedere e da ascoltare attentamente, ma preparati "al peggio", perché "For Sama" non risparmia nulla a chi guarda, sbatte in faccia l'orrore, la violenza, il dolore e la morte al pari delle gioie, delle soddisfazioni, della felicità. Del resto, per alcuni, la vita è questa ed è giusto che il mondo se ne renda conto il più possibile senza filtri. Scegliete di vedere questo film, non ve ne pentirete, anche se ne uscirete inevitabilmente distrutti.
Premi: Candidato all'Oscar per il Miglior documentario; vincitore del BAFTA per il Miglior documentario su 4 nomination (Miglior debutto, film britannico dell'anno, film straniero). Vincitore de L'Œil d'or al Festival di Cannes 2019.
Parola chiave: Resistenza.

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#HollywoodCiak
Bengi