lunedì 28 settembre 2020

Film 1924 - Last Christmas

Intro: Di nuovo con Andrea, ma questa volta a Torino, ci siamo concessi un film natalizio che risulta, sì, fuori contesto, ma che entrambi volevamo recuperare d un po'. Ne abbiamo approfittato.
Film 1924: "Last Christmas" (2019) di Paul Feig
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Andrea
In sintesi: è difficile esprimere in parole il disappunto per la banalità di questa pellicola, principalmente a causa di una sceneggiatura superficiale, poco ispirata e farcita di cliché che mancano di far sorridere e un colpo di scena finale che fa cadere le braccia.
Nonostante le apparenti buone premesse di "Last Christmas", infatti, ci si rende presto conto che il piglio della storia non è giocoso quanto il trailer vorrebbe far credere, senza contare che non ho trovato efficace la presenza di Emilia Clarke nel ruolo da protagonista - un'attrice che, forse, abbiamo sopravvalutto troppo presto troppo in fretta?
Va detto che l'operazione commerciale di per sé non ha nulla da recriminarsi, ci sono i presupposti da commedia romantica, ci sono tutti gli step narrativi del caso, gli elementi (teoricamente) divertenti in contrapposizione a tematiche più serie a controbilanciare il tutto (malattia, immigrazione, degrado sociale), c'è perfino una strizzata d'occhio all'operazione-nostalgia che chiama in causa nientemeno che gli Wham! (a cui affida non solo il titolo del film, ma anche la colonna sonora ad hoc che, per l'occasione, sforna un singolo inedito del famosissimo duo anni '80 formato da George Michael e Andrew Ridgeley). Insomma, a ben vedere parrebbero esserci tutti gli elementi del caso a costruire un prodotto mainstream di grande successo, eppure il film non è stato il grande successo che poteva essere: perché?
La verità è che, come spesso succede, "Last Christmas" mette insieme tutti gli elementi sulla carta perfetti a decretare un successo commerciale, ma li incastra in una maniera poco felice, finendo per proporre al pubblico una storia trita che mixa frettolosamente una montagna di trame secondarie, per poi ad andare a sacrificare quella principale che, come si vedrà alla fine, metterà in scena la classica boiata strappalacrime che, per l'occasione, qui strizza l'occhio a prodotti come "Ghost", "La casa sul lago del tempo" o "Me Before You". Onestamente da una come Emma Thompson (qui anche sceneggiatrice) mi aspettavo molto, molto di più.
Cast: Emilia Clarke, Henry Golding, Michelle Yeoh, Emma Thompson, Boris Isakovic, Patti LuPone, Lydia Leonard.
Box Office: $121.6 milioni
Vale o non vale: "Last Christmas" tenta di sfruttare il contesto natalizio, la popolarità sconfinata di Emilia Clarke, la stella nascente di Henry Golding e la conseguente Asia-mania generata da "Crazy Rich Asians" per dare una nuova (ennesima) sferzata al prodotto generico della commedia romantica, nella speranza che l'aggancio musicale degli Wham! consenta di accaparrarsi anche un pubblico meno giovane e generare, così, l'ingente profitto di solito connesso a titoli come questo.
La realtà è che questa volta la formula magica non ha funzionato del tutto e se anche la Clarke ce la metta tutta e il fascino di Golding sia innegabile, il risultato finale è piatto e privo di brio, anche quando si scopre la realtà sulla coppia protagonista. Insomma, ci si poteva impegnare molto di più.
Premi: /
Parola chiave: Cuore.

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Bengi

venerdì 25 settembre 2020

Film 1923 - Mulan

Intro: E finalmente anche questo film è riuscito ad uscire, anche se non al cinema. L'attesa è stata decisamente lunga...
Film 1923: "Mulan" (2020) di Niki Caro
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: al di là della questione Covid, si era creata molta attesa intorno a questo remake live-action di "Mulan", uno forse dei prodotti Disney meno mainstream tra i titoli moderni. Varie critiche sono state mosse verso la produzione e la sua attrice protagonista protagonista, per cui penso ci fosse un certo interesse nel capire il valore di un'operazione commerciale che, visti i precedenti successi al box-office dell'anno scorso, per la Disney poteva significare un'altra gallina dalle uova d'oro resuscitata. Nella realtà dei fatti, sfortuna ha voluto che l'uscita nelle sale non si sia mai verificata, con un lancio sul canale streaming Disney+ ritardato di mesi rispetto alla data originale prevista e - mi sento di dire - un contraccolpo per il marketing di non poco conto, anche solo considerato che produrre questo titolo è costato $200 milioni.
Preso in consderazione anche l'aspetto economico, devo dire che stiamo veramente parlando di niente: "Mulan" è un film banale e dalla trama imbarazzante, incapace di decidere da quale fonte copiare - l'originale "Mulan" del '98? "Memorie di una geisha"? "Lanterne rosse"? "The Great Wall"? "La tigre e il dragone"? "La foresta dei pugnali volanti"? - e, peggio ancora, che strada prendere nel momento in cui si propone con il marchio della casa di Topolino pur decidendo di narrare una storia di violenza e guerra senza mai mostrare una spada macchiata di sangue. Messo da parte il realismo, quindi, la sceneggiatura si impegna a proporre mirabolanti acrobazie e spettacolari effetti speciali a supporto delle abilità della protagonista e di una storia che prevede magia e spettacolarità (pur avendo fatto fuori Mushu), il tutto al servizio di un racconto che risulta superficiale, anche se esteticamente molto ricco e vivido.
Purtroppo non bastano la bella fotografia e i costumi curati a rendere "Mulan" un buon prodotto mainstream e, anzi, il risultato finale è solo quello di far rimpiangere l'originale.
Cast: Yifei Liu, Donnie Yen, Tzi Ma, Jason Scott Lee, Yoson An, Ron Yuan, Gong Li, Jet Li, Cheng Pei-pei, Ming-Na Wen.
Box Office: $64.4 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Nel devastante panorama cinematografico del momento è chiaro che una proposta come "Mulan" risulti alquanto appetibile, ma volendo mantenere un approccio lucido alla questione, non si tratta davvero di niente di che. La storia è superficiale e ricalca (male) quella del film originale, anche se a livello visivo ed estetico è stato fatto un buon lavoro (sempre tenendo a mente che si tratta di un prodotto Disney, per cui i colori sono caricati all'ennesima potenza e strutture architettoniche tutte palesemente finte). Consiglio di guardare tutta la scena dei titoli di coda che propongono una bellissima "Loyal Brave True" cantata da una Christina Aguilera che qui ritrova una dimensione sensata.
Premi: /
Parola chiave: Ch'i.

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Bengi

Film 1922 - Tenet

Intro: Si ritorna al cinema con papà, finalmente!
Film 1922: "Tenet" (2020) di Christopher Nolan
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: papà
In sintesi: va detto, avevo grandi, grandissime aspettative. E non è che siano state disattese, semplicemente "Tenet" è tutto un gran casino. Di magico ed elettrizzante intrattenimento, ma pur sempre un gran casino. Per una volta, devo dire, sono contento di aver visto il film in italiano, altrimenti credo non avrei capito una buona metà dei termini utilizzati, considerato che, tra terminologie tecniche e complessità generale dell'idea di fondo, il tutto mi è risultato difficile da elaborare anche nella mia lingua madre.
In generale l'ultima fatica di Nolan - e di fatica sul serio si è trattato, considerato che l'uscita nelle sale è stata posticipata 3 volte nell'arco dell'emergenza Covid - ha il grande pregio di essere un gioiellino della tecnologia contemporanea, con effetti speciali a servizio della complessa sceneggiatura, oltre che il gigantesco beneficio di un'uscita nei cinema praticamente senza concorrenza. Non solo, "Tenet" è anche il primo vero e proprio blockbuster (per non dire proprio film) ad uscire nelle sale da marzo, motivo per cui ci si poteva aspettare che parte del successo commerciale sarebbe derivato collateralmente anche dalla voglia di ritornare a uno stato di (parvente) normalità che passa anche per lo svago cinematografico. Carente di nuove uscite, la scena dell'intrattenimento da grande schermo ha riposto grandissime speranze nel titolo in questione, considerandolo una sorta di termometro per misurare la temperatura di un'audience di cui non si aveva più tracce da 6 mesi a questa parte. Insomma, c'era da sperare che la pellicola riscuotesse successo, ma al contempo c'era anche da aspettarselo.
A prescindere dall'hype accumulato attorno a questo titolo, bisogna ammettere che la grande capacità di Nolan stia nell'immaginare mondi e possibilità così distanti dal nostro quotidiano e saperle mettere in scena in una modalità così armoniosa e spettacolare che non si può non rimanere quantomeno impressionati dal grande lavoro svolto. Le scene d'azione sono magnifiche e girate con una sorprendente consapevolezza dell'opera nel suo complesso e a livello tecnico questo è evidentemente un prodotto di eccelsa qualità. Senza contare che, come sempre, il cast è variegato e molto ben assortito.
Va, però, anche sottolineato che si tratta del titolo di Nolan più debole, sia per la complessità inespugnabile della trama e delle sue disquisizioni sul tempo, sia per un paio di questioni tecniche che influiscono non poco sul risultato finale: il montaggio serrato e il ruomorosissimo sonoro.
Per quanto riguarda il primo, ho avuto come l'impressione che si sia tagliato per sfoltire un racconto che, altrimenti, avrebbe finito per sforare ampiamente le 3 ore (riducendo così il numero di proiezioni giornaliere per sale e potenialmente spaventato quel pubblico non disposto a rimanere chiuso in una sala cinematografica per così tanto tempo); rispetto al secondo, invece, ho trovato che, anche a causa della storia e della sua rappresentazione così frenetica, ci sia un eccessivo utilizzo di rumori e suoni assordanti e disorientanti, tanto che la visione verso il finale si fa sempre più faticosa.
Ora, visti e considerati contesto, momento storico e variabile di fruizione della pellicola non mi sento proprio di dire che "Tenet" sia un flop o un prodotto che non centri il bersaglio. Dico solo che, a ben vedere, Nolan ha scritto e diretto pellicole molto più riuscite e narrativamente efficaci. Poi, detto ciò, viva "Tenet" che ci ha riportato (almeno per poco) al cinema!
Cast: John David Washington, Robert Pattinson, Elizabeth Debicki, Dimple Kapadia, Michael Caine, Kenneth Branagh, Aaron Taylor-Johnson, Martin Donovan, Fiona Dourif, Himesh Patel, Clémence Poésy.
Box Office: $283.2 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Consiglio caldamente visione sul grande schermo. Poi, aveste timore di Covid & co., nel caso munitevi almeno di un buon impianto Dolby. Il film sicuramente vale la pena di essere visto, soprattutto in un momento come questo in cui le nuove uscite sono una rarità, anche se in generale non si tratta della migliore opera di Nolan che, comunque, rimane un grande narratore di storie contemporanee.
Premi: /
Parola chiave: Entropia.

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Bengi

sabato 19 settembre 2020

Film 1921 - Mighty Aphrodite

Intro: Film che avevo sempre vedere e non avevo mai avuto occasione di recuperare. Ne ho approfittato con Andrea.
Film 1921: "Mighty Aphrodite" (1995) di Woody Allen
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Andrea
In sintesi: più che dal film in sé ero attratto dalla questione Mira Sorvino, attrice non certo riconducibile allo stardom hollywoodiano classico che nel '96 si accaparra tutti i premi che contano e poi, di fatto, scompare dai radar (è tornata un po' in auge di recente grazie alla serie "Hollywood" di Ryan Murphy).
Onestamente la sua interpretazione - sicuramente simpatica e chiaramente marcata da una tonalità vocale inconfondibile (e difficile da dimenticare) - risalta nell'universo più convenzionale che la storia racconta, per quanto anche il personaggio di Helena Bonham Carter non manchi di lasciare un segno che, però, credo sia più rinconducibile ad una caratteristica della Bonham Carter in sé. In generale "Mighty Aphrodite" ha un'idea generale che incuriosisce e stuzzica, pur mancando di un vero e proprio brio che faccia ingranare il racconto. Il presupposto è questo: coppia di newyorkesi adotta bambino che si rivelerà essere un piccolo genio e il padre (Allen) rimane ossessionato dall'idea di capire chi siano i genitori naturali. Rintracciata la madre, la prostituta Linda Ash (Sorvino), cominceranno le vicissitudini e gli equivoci che porteranno alla conclusione con twist speculare.
In generale, quindi, questa pellicola non manca di intrattenere lo spettatore anche grazie ad un linguaggio colorito e una marea di allusioni sessuali sicuramente meno presenti nel cinema attuale del regista. Mi aspettavo sicuramente qualcosa di più "esplosivo" e ho trovato un po' faticoso il parallelismo con la tragedia greca che, pur andando a sottolineare didascalicamente i passaggi della storia, finisce per spezzare il ritmo e talvolta confondere lo spettatore. Ma si sa, questa è l'ironia dell'autore e fa parte della sua visione cinematografica.
Quindi film curioso e diverso dai prodotti contemporanei che si lascia guardare tranquillamente.
Cast: F. Murray Abraham, Woody Allen, Claire Bloom, Helena Bonham Carter, Olympia Dukakis, Michael Rapaport, Mira Sorvino, David Ogden Stiers, Jack Warden, Peter Weller.
Box Office: $26 milioni
Vale o non vale: Gli appassionati del cinema di Allen, quello ancora iper nevrotico e con idee più originali, apprezzeranno l'approccio ironico e giocosa che pervade tutta la storia. Sicuramente non una pellicola per tutti, ma rimane una scelta piacevole e sicuramente un titolo più "facile" per chi volesse riscoprire la filmografia dell'artista newyorkese.
Premi: Candidato a 2 Oscar per Miglior sceneggiatura e Miglior attrice non protagonista, ha vinto per quest'ultimo. La Sorvino ha vinto anche il Golden Globe ed è stata candidata al BAFTA. Nominato a 2 David di Donatello per Miglior Film Straniero e Migliore Attore Straniero.
Parola chiave: Adozione.

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Bengi

domenica 13 settembre 2020

Film 1920 - Nightmare 2 - La rivincita

Intro: Avendo visto il primo, ci eravamo fissati con l'idea di vedere anche il sequel...
Film 1920: "Nightmare 2 - La rivincita" (1985) di Jack Sholder
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea
In sintesi: dove posso arrivare a capire il successo del primo film, qui fatico a comprendere. Sicuramente meno riuscito e carente di idee, "Nightmare 2" fatica ad ingranare per una moltitudine di motivi il cui principale sta nel protagonista. Jesse Walsh (Mark Patton) è, infatti, uno strano personaggio che convince poco in tutti i campi - un esempio: è un nerd, ma sta con la bella ragazza e fa a botte col bulletto della squadra - e, rispetto alla storia, non è un elemento che aggiunge assolutamente niente rispetto ad un corso degli eventi che sa già di predestinato, in quanto Freddy non potrà che uccidere le sue vittime nei sogni, ma risultare comunque sconfitto nel finale.
Il piglio sorprendete qui, invece, è di altro tipo: c'è un elevatissimo tasso di sessualità che, inaspettatamente, si sviluppa tra gli elementi maschili della storia. Jesse viene presentato sudato e in mutande (con tanto di mano che va a "sistemare" non appena si alza dal letto), poi la lotta con il bulletto, un ritrovo in un bar gay, una delle vittime di Freddy che, nuda, viene presa a frustate sul sedere mentre è sotto la doccia dello spogliatoio, un'altra ancora che viene uccisa in pantaloncini... Insomma, la sceneggiatura sembra giocare molto con un piglio omoerotico che francamente mai mi era capitato di trovare in un prodotto di genere horror, indirizzato ad un pubblico teen e che, soprattutto, è stato concepito 35 anni fa. Senza che ci sia alcunché di male, ovviamente, ho trovato la cosa un po' distraente e, in certe scene, anche un tantino ridicola. Non mi è dato sapere se ci fosse un intento comico/parodistico.
In ogni caso "A Nightmare on Elm Street 2: Freddy's Revenge" non è certo un sequel che mi abbia colpito per qualità di sceneggiatura o capacità attoriale. Ha i suoi evidenti limiti, anche se tutto sommato risulta innocuo.
Film 1917 - Nightmare - Dal profondo della notte
Film 1920 - Nightmare 2 - La rivincita
Film 272 - Nightmare
Cast: Mark Patton, Kim Myers, Robert Rusler, Clu Gulager, Hope Lange, Robert Englund.
Box Office: $30 milioni (solo USA)
Vale o non vale: Un numero 2 che tenta di riproporre l'idea originale con un nuovo twist narrativo, pur fallendo in una realizzazione che risulta lenta e mal recitata. I fan della saga apprezzeranno, gli altri potrebbero trovarlo naïf.
Premi: /
Parola chiave: Possessione.

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Bengi

mercoledì 9 settembre 2020

Film 1919 - The Farewell

Intro: Altro film che ero curiosissimo di recuperare viste le buonissime recensioni e un ruolo da protagonista per Awkwafina che ha attirato molto la mia curiosità.
Film 1919: "The Farewell" (2019) di Lulu Wang
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese, mandarino
Compagnia: Andrea
In sintesi: non mi sento di definire questa pellicola una commedia, per quanto pare che commedia drammatica sia la descrizione più comune. E' vero, Awkwafina riesce perfettamente a bilanciare una comicità tagliente con le tematiche spesso complesse e/o drammatiche della sceneggiatura di Lulu Wang, però da qui a ridere ne passa.
Più che altro si può definire per noi (occidentali?) surreale l'idea alla base di "The Farewell" perché per molti versi lontana da come concepiamo i diritti del malato e della persona in generale. Il presupposto è questo: la nonna di Billi - una giovane adulta cinese immigrata in America con i genitori - abita in Cina e sta per morire. Nessuno della famiglia ha intenzione di dirglielo per non costringere la donna a vivere in sofferenza i suoi ultimi giorni. Per questo motivo a) nessuno vuole che Billi vada a trovare la nonna insieme agli altri parenti a Changchun perché la ragazza non sa tenere un segreto e b) la famiglia organizza un matrimonio così da distrarre l'anziana.
E' evidente che ci sia molta carne al fuoco, la storia si confronta con tantissime tematiche anche molto attuali, prima fra tutte quella dell'immigrazione e cosa significhi per le persone che lasciano il proprio paese per un altro, quali implicazioni ci siano. Divisa a metà fra due culture opposte, Billi - ma anche i suoi genitori - fatica a mettere insieme i pezzi di una vita che sembrerebbe non aver ingranato e il viaggio in Cina non farà che mettere ancora di più in luce questo senso di vuoto. L'imminente perdita della nonna non fa che acuire il sentimento di mancanza, tanto che la ragazza si ripropone di rimanere al fianco dell'anziana fino alla fine.
Al contempo Nai Nai (Zhao Shu-zhen) non dimostra alcun segno di cedimento e, anzi, più arzilla che mai si prepara all'organizzazione di un matrimonio che pare più una copertura che un vero atto d'amore. Il tutto in un mix familiare che coinvolge un numeroso gruppo di persone che non si sedeva assieme a tavola da tempo. Non mancano tensioni e incomprensioni, pur sempre addolcite dalle circostanze.
Insomma, "The Farewell" è un bel prodotto che ha molto da raccontare e lo fa con un tono pacato, eppure estremamente incisivo. La performance di Awkwafina è perfetta e regge buona parte della storia, accompagnando i momenti spensierati a quelli più drammatici con estrema vitalità e carisma. Davvero un'ottima prova di attrice. Nell'insieme, quindi, un buon risultato finale per un titolo della passata stagione che ha qualcosa da dire.
Cast: Awkwafina, Tzi Ma, Zhao Shu-zhen, Diana Lin, Lu Hong, Jiang Yongbo, Chen Han, Aoi Mizuhara.
Box Office: $22.5 milioni
Vale o non vale: L'ho trovato piacevole e interessante dall'inizio alla fine. Mette a confronto molteplici culture e come le persone ci si rapportino. Descrive dinamiche familiari che potrebbero appartenere a qualunque famiglia, per cui è abbastanza facile immedesimarsi. Racconta una storia meno convenzionale di quanto non si penserebbe all'inizio, grazie anche ad un finale che, pur non gridato, risulta in un colpo di scena inaspettato. Insomma, "The Farewell" funziona su tutta la linea ed è certamente un piccolo film indipendente a cui dare una chance.
Premi: Candidato al Golden Globe per Miglior film straniero, Awkwafina ha vinto quello per la Miglior attrice protagonista musical o commedia (WTF?!). Candidato al BAFTA per il Miglior film straniero.
Parola chiave: Uccellino.

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Bengi

martedì 8 settembre 2020

Film 1918 - For the Boys

Intro: Pellicola che avevo sempre voluto recuperare, ne ho approfittato un tranquillo pomeriggio di agosto bolognese.
Film 1918: "For the Boys" (1991) di Mark Rydell
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Andrea
In sintesi: trovo che il talento di Bette Midler avrebbe dovuto attirare molti più consensi in termini di premi, per cui sono sempre stato interessato a recuperare la carriera dell'attrice, qui alla sua seconda e per ora ultima nomination all'Oscar. Non posso dire che "For the Boys" mi sia piaciuto, è un film troppo lungo (2 ore e 18 minuti) e si perde per troppo tempo in dettagli che appesantiscono la storia nel suo insieme, ma è innegabile che si tratti di un prodotto perfetto per mettere in mostra le doti artistiche della diva, qui in versione 'intrattenimento per le truppe'.
Schiacciato tra tre flashback temporali ai tempi della guerra - Seconda guerra mondiale, guerra di Corea e guerra del Vietnam - e contornato da un presente che è l'escamotage per raccontare le gesta della protagonista Dixie Leonard, "For the Boys" fatica ad ingranare a causa di ritmi eccessivamente lenti e, mi permetto di dire, una storia a cui si fatica troppo spesso ad appassionarsi. Il tutto per un risultato finale che, anche se storicamente attento a fornire il più possibile un quadro veritiero alla storia - che è di fatto un finto biopic -, ingrana solamente verso la fine del racconto, affaticando la visione. Non un titolo malvagio, ma sicuramente mi aspettavo qualcosa di più dinamico e spassoso.
Cast: Bette Midler, James Caan, George Segal, Patrick O'Neal, Christopher Rydell, Arye Gross.
Box Office: $23.2 milioni
Vale o non vale: Non è né un film di guerra, né un patinato prodotto hollywoodiano, per cui chiunque sia alla ricerca di questi tipi di pellicola è meglio che guardi altrove. I fans della Midler apprezzeranno sicuramente, qui unica vera protagonista di tutta la vicenda. Un titolo da recuperare solo se veramente motivati.
Premi: Candidato all'Oscar per la Miglior attrice protagonista (Midler). 1 vittoria ai Golden Globes (Miglior attrice protagonista) su 2 nomination (Miglior colonna sonora).
Parola chiave: Truppe.

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Bengi

lunedì 7 settembre 2020

Film 1917 - Nightmare - Dal profondo della notte

Intro: E niente, a questo giro ci siamo direzionati verso un horror un po' più convinto. Ma sempre vintage!
Film 1917: "Nightmare - Dal profondo della notte" (1984) di Wes Craven
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea
In sintesi: non sono un amante dei film doppiati, ma ad Andrea piace rivederli come la prima volta che li ha guardati da ragazzino, quindi mi è toccata la versione italiana. Niente di male, per carità, "Nightmare" funziona lo stesso.
Questo è il primo capitolo della saga, quello che di fatto ha lanciato Freddy Krueger e Johnny Depp nello stardom internazionale e consacrato ulteriormente il genio horror di Wes Craven, qui sceneggiatore e regista. L'idea molto efficace alla base della storia è che il pazzo Freddy, in cerca di vendetta, riesca a terrorizzare e uccidere le sue vittime in sogno, rendendo di fatto impossibile non ritrovarselo prima o poi nella mente.
Meno riuscita della trama è la recitazione, con momenti drammatici recitati con la stessa passione di un gatto per l'acqua, andando a rendere certe scene meno efficaci di quanto non sarebbero potute essere (se non a volte proprio ridicole). Però, diciamoci la verità, il pubblico di questa pellicola si interessa meno dello sforzo artistico dei suoi protagonisti, l'interesse è tutto puntato su altri elementi che, bisogna dirlo, "A Nightmare on Elm Street" presenta in abbondanza: inseguimenti, squartamenti, sangue, morti improbabili e una certa dose di nudo che nei prodotti di paura - specialmente vintage - sembra essere necessaria.
Insomma, questo film funziona abbastanza bene, nonostante i suoi limiti evidenti. Gli effetti speciali a volte aiutano, a volte fanno storcere il naso, la recitazione è quella che è, ma è indubbio che il personaggio di Krueger rimanga indelebilmente impresso. E' l'inizio della saga da incubo.
Film 1917 - Nightmare - Dal profondo della notte
Film 1920 - Nightmare 2 - La rivincita
Film 272 - Nightmare
Cast: John Saxon, Ronee Blakley, Heather Langenkamp, Amanda Wyss, Nick Corri, Johnny Depp, Robert Englund, Lin Shaye.
Box Office: $57 milioni
Vale o non vale: Un cult del genere che ha saputo, negli anni, generare non pochi sequel e persino un orrendo remake, il tutto in nome dello spavento nel posto in cui dovremmo sentirci più cullati e sicuri: nei nostri sogni. Più che spaventare intrattiene, però è di certo spassoso.
Premi: /
Parola chiave: Genitori.

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Bengi

domenica 6 settembre 2020

Film 1916 - Gremlins

Intro: Volevamo continuare con l'horror, senza riuscire ad accordarci sul titolo. Così abbiamo scelto un classico.
Film 1916: "Gremlins" (1984) di Joe Dante
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea
In sintesi: avevo visto questo film da ragazzino e anche se non ricordavo precisamente la trama, ricordare più o meno quale fosse il cuore della vicenda non era difficile. Scritto da Chris Columbus (futuro recista di "Mamma, ho perso l'aereo" 1 e 2, "Mrs. Doubtfire", "Nemiche amiche", "L'uomo bicentenario" "Harry Potter" 1 e 2, "Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il ladro di fulmini"), "Gremlins" è un mix di più generi che miscela bene (teoricamente) paura, tempi comici, atmosfera natalizia e fantasy per un risultato finale simpatico e spassoso che profuma di nostalgia anni '80.
Tutto palesemente finto e meccanizzato, questo film fa di un'idea nemmeno troppo originale - dolce cucciolo innocuo si trasforma in mostriciattolo aggressivo e pericoloso se non si seguono tre regole fondamentali per allevarlo - un elemento vincente grazie ad effetti speciali per l'epoca estremamente efficaci e creativi e un protagonista peloso indiscutibilmente adorabile (probabilmente evoluto nel Furby della Hasbro), il tutto per poco più di un'ora e mezza di godibile passatempo. Non è un caso che sia diventato un cult.
Cast: Zach Galligan, Phoebe Cates, Hoyt Axton, Polly Holliday, Frances Lee McCain, Corey Feldman, Keye Luke, Jonathan Banks.
Box Office: $212.9 milioni
Vale o non vale: Più che un horror un film fantasy su creaturine teoricamente innocue ma altamente letali capaci di mettere a ferro e fuoco un'intera cittadina. Premessa che funziona, realizzazione efficace, atmosfera natalizia tanto finta da andare bene anche per l'estate. Il tutto al magico retrogusto di anni '80. Che volete di più?
Premi: /
Parola chiave: Acqua.

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Bengi

Film 1915 - Hereditary

Intro: Lo avevo cominciato l'anno scorso ad Auckland, ma causa sonno lo avevo abbandonato. Da allora ho pensato varie volte di recuperarlo, senza mai trovare la determinazione vera per farlo. Ci voleva Andrea.
Film 1915: "Hereditary" (2018) di Ari Aster
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Andrea
In sintesi: nel tempo, in tantissimi mi hanno parlato bene di questa pellicola, per cui inutile dire che le aspettative fossero piuttosto elevate. A conti fatti mi aspettavo qualcosa di più eclatante nel suo insieme, anche se riflettendo poi con più calma sulla trama, mi sono accorto che in effetti la grande forza della storia di Ari Aster stia negli strati che la compongono.
"Hereditary" comincia in un modo, prosegue in un altro e, una volta terminato, si rivela essere qualcosa ancora di diverso, il che per un prodotto cinematografico - specialmente horror - pare essere un piccolo miracolo. Il punto della questione, però, sta nello stare molto attenti a tutti i dettagli forniti: perdetevene uno e faticherete a mettere insieme i pezzi.
Molti di questi elementi sta nei dialoghi più che nelle immagini, per cui nonostante una certa dose di sano spavento intrattenitivo, sono i dialoghi a farla da padrone, cucendo una trama che vive di esperienze passate, ricordi e traumi raccontati dalla sempre perfetta Toni Collette, anche qui in grado di regalare una magnifica interpretazione. Accanto a lei colpisce particolarmente la presenza di Milly Shapiro, magneticamente inquietante nel ruolo della figlia.
Nell'insieme "Hereditary" è un film che non ti aspetti e si avvicina molto ai canoni di quel "Midsommar" che ha scosso le poltrone estive della scorsa stagione, più che altro sul piano delle tematiche e del ritratto disturbato del gruppo (che diventa setta) che da un punto di vista estetico. In generale questo film non mi è dispiaciuto, anche se non ricade prettamente in quella categoria horror che preferisco di più quando sono alla ricerca di una serata più spaventosa che psicologicamente inquietante. Comunque un titolo interessante e molto, molto ben girato.
Cast: Toni Collette, Alex Wolff, Milly Shapiro, Ann Dowd, Gabriel Byrne.
Box Office: $80.2 milioni
Vale o non vale: Una prodotto horror interessante e disturbante, con non poche scene forti a lasciare lo spettatore di sasso. Nel complesso, però, meno prodotto aderente al genere di appartenenza e più interessato alle sfumature psicologiche. Da vedere.
Premi: Candidato agli MTV Movie + TV Award nella categoria Most Frightened Performance (Alex Wolff).
Parola chiave: Lutto.

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Bengi

giovedì 3 settembre 2020

Film 1914 - Paris Is Burning

Intro: Da grandissimo fan di "RuPaul's Drag Race" interessato telespettatore di "Pose" non potevo esimermi dal recuperare questa pellicola (che potete recuperare gratuitamente qui).
Film 1914: "Paris Is Burning" (1990) di Jennie Livingston
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: mi sono avvicinato a "RuPaul's Drag Race" totalmente per caso e me ne sono innamorato: lo trovo geniale, spassoso e fortemente autoironico. Mi sono approcciato a "Drag Race" credendolo assolutamente innovativo e spregiudicato. Poi ho scoperto "Pose".
Là dove il programma di RuPaul mette in scena il suo sbrilluccicante spettacolo in chiave moderna, "Pose" regala allo spettatore un approccio più serio e storicamente accurato, fornendo un contesto alla subcultura della 'ballroom' con le sue categorie, le sue sfilate e i suoi trofei. Ma anche qui non si sono inventati niente.
Totalmente ignaro per anni dell'esistenza di questa realtà, ne ho pian piano approfondito la conoscenza grazie a questi show che l'hanno riportata a una grande popolarità, pur mancandomi una base più solida e realistica. E' qui che arriva "Paris Is Burning", coraggioso documentario di Jennie Livingston che, a fine anni '80, pone al centro del suo film la vita delle comunità afro e latinoamericane di omosessuali, transessuali e drag queen che partecipano ai 'balli' ('balls') divise per case ('houses'), ovvero le famiglie di appartenenza. Dove le famiglie naturali hanno fallito, sono proprio le case a fornire protezione e affiliazione a quei giovani che, altrimenti, non avrebbero un posto dove stare, né di che mangiare.
Nonostante l'immagine ludica e colorata che questo tipo di eventi mette in scena, è evidente fin da subito la difficoltà quotidiana affrontata dai protagonisti, affascinati da un mondo di ricchezza e stile (anche di vita) per loro inaccessibile e irraggiungibile. Parte di questa inaccessibilità si riversa nella ballroom stessa attraverso le categorie che definiscono le varie sfilate che i partecipanti affrontato davanti a una giuria per ottenere i premi messi in palio. La comunità celebra sé stessa e i propri membri attraverso quegli standard che di fatto li discriminano, rendendo ancora più evidente la disparità sociale e le ingiustizie all'epoca all'ordine del giorno. Non che oggi le cose siano largamente migliorate.
"Paris Is Burning" è quindi oggi più attuale che mai, sollevando molteplici problematiche tutt'ora rilevanti che la comunità LGBTQI+ è costretta ad affrontare, tra disparità, diffidenza e razzismo da un lato e lo sdoganamento mainstream della propria cultura grazie a quei programmi e quei personaggi che hanno col tempo ottenuto rilevanza e successo (il documentario Netflix "Disclosure", le varie drag queen di RuPaul come Bianca Del Rio, Violet Chachki, Alyssa Edwards, Shangela, Trixie Mattel, Kim Chi e i vari nomi affermati ad Hollywood come Mj Rodriguez, Indya Moore, Billy Porter, Dominique Jackson, Laverne Cox, le sorelle Wachowski, Ryan Murphy, Our Lady J, eccetera, eccetera, eccetera).
"Paris Is Burning" non è un film perfetto, però ha il grande pregio di essere estremamente diretto e franco con lo spettatore. In un momento come questo di grande visibilità e apprezzamento della scena culturale LGBTQI+, diventa più cruciale che mai rintracciare le origini di uno dei suoi fenomeni culturali più creativo e vitale e che, allo stesso tempo, affonda le proprie radici nella marginalizzazione e nel disagio, per ricordarci non solo quanta strada sia stata fatta, ma anche quanto ancora ci sia da lavorare in termini di uguaglianza e accettazione.
Cast: Dorian Corey, Pepper LaBeija, Venus Xtravaganza, Octavia St. Laurent, Willi Ninja, Angie Xtravaganza, Freddie Pendavis, Junior Labeija.
Box Office: $3,779,620
Vale o non vale: Un documentario interessante, pieno di vita e che non si tira indietro di fronte alle questioni spinose. Jennie Livingston riprende la scena newyorkese delle ballroom e ne regala un ritratto onesto e sensibile capace di spiegare efficacemente le regole e i costumi di questa subcultura a chi non abbia familiarità con l'argomento. Non si sbaglia a scegliere di vedere questa pellicola, si impara qualcosa e ci si confronta con tematiche complesse che fanno riflettere.
Premi: Il film ha vinto come Miglior documentario al Festival del cinema di Berlino del 1991.
Parola chiave: Ballroom.

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Film 1913 - L'uccello dalle piume di cristallo

Intro: Continuiamo a recuperare film di o direttamente connesse a Dario Argento, sulla scia dei grandi classici dell'horror italiano.
Film 1913: "L'uccello dalle piume di cristallo" (1970) di Dario Argento
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Erika
In sintesi: ma che volete che vi dica? Visto con lo sguardo di oggi questa pellicola non è certo carica di suspense o inaspettati colpi di scena, però scrollandosi di dosso il moderno approccio al genere, bisogna davvero dare credito ad Argento, qui al suo esordio alla regia, di una impressionante inventiva e creatività. La messa in scena è ricca di escamotage per rendere l'azione concitata sorprendente, c'è un uso massiccio di effetti speciali piuttosto funzionali e, la cosa che mi ha sorpreso di più, la storia presenta non pochi elementi ancora oggi in voga. Poi, per carità, Argento non si sarà inventato nulla, eppure non può non fare effetto pensare che una grande produzione televisiva americana come quella di "The Alienist: Angel of Darkness" (che consiglio caldamente), presenti elementi identici a quelli di questo film (spoiler: chi assiste al fattaccio ne è testimone in prima persona, ciononostante non riesce a ricordare un dettaglio che sarebbe decisivo nell'identificare il colpevole; il killer ha subito un trauma in giovane età che ne compromette la sanità mentale; le fattezze di entrambi i killer sono impressionantemente simili, per quanto suppongo questa sia una mera casualità).
In ogni caso, pur non rappresentando oggi un titolo di orrore capace di suscitare lo stesso sconcerto - e spesso disgusto - di alcune pellicole contemporanee, "L'uccello dalle piume di cristallo" è certamente un buon esempio di 'vintage horror', se così si può dire: magari non fa più paura, ma (ri)vederlo è un grande piacere.
Cast: Tony Musante, Suzy Kendall, Enrico Maria Salerno, Eva Renzi, Umberto Raho, Raf Valenti, Mario Adorf.
Box Office: ₤1,4 miliardi
Vale o non vale: La recitazione non è esattamente eccezionale e troppo spesso rispetto a scene di grande impatto gli attori rimangono fermi ed impassibili, ma fa tutto parte di un vecchio approccio al cinema che oggi risulta vagamente straniante (dico vagamente perché la fiction italiana contemporanea ci campa ancora ampiamente). Ciò detto, "The Bird with the Crystal Plumage" - questo il titolo della versione internazionale - vive di una grande fantasia, collega il titolo alla storia in maniera molto originale e, non da poco, presenta le musiche di Ennio Morricone. Non fa paura, ma è un grande classico dell'horror italiano, per cui dategli una chance.
Premi: /
Parola chiave: Zoo.

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mercoledì 2 settembre 2020

Film 1912 - Papicha

Intro: L'esperienza del cinema all'aperto mi mancava da un po', così quando si è presentata l'occasione di vedere alla'arena estiva del cinema Tivoli questa pellicola, l'ho colta al volo. Anche perché avevo un ospite speciale.
Film 1912: "Papicha" (2019) di Mounia Meddour
Visto: al cinema
Lingua: algerino, francese
Compagnia: Andrea
In sintesi: mi sfugge un attimo a cosa si riferisca il titolo italiano "Non conosci Papicha", in ogni caso il film di Mounia Meddour è un bellissimo pugno nello stomaco. Ricordo che dopo la visione ho pensato che la storia riuscisse sempre e con efficacia a raccontare le sue vicende accompagnando una carezza a uno schiaffo, come se non ci fosse mai davvero il tempo di assaporare un bel momento, quell'attimo di pace, che subito la dura realtà della situazione reclama il suo spazio.
Trovo che la grande forza di "Papicha" stia principalmente nel fatto che non cerchi di impietosire, abituando velocemente lo spettatore ad aspettarsi note molto dolorose, pur riuscendo a veicolare il messaggio che ogni momento positivo guadagnato vada assaporato appieno. Non c'è tempo per cantare vittoria, la tensione è continua, eppure ogni conquista è un piccolo passo avanti che si custodisce gelosamente.
E' così che Nedjma,'Papicha' (Lyna Khoudri), vive la sua vita di studentessa universitaria, tra lo studio per diventare fashion designer e uno scenario culturale che, da mero sfondo, si insinua sempre più violentemente nel suo quotidiano: siamo nell'Algeri degli anni '90 e, dopo anni di occidentalizzazione più o meno accettata, la situazione cambia rapidamente quando si affaccia la realtà della guerra civile. Nedjma e le sue amiche non vogliono arrendersi ai nuovi diktat culturali e a modo loro combattono per le cause in cui credono, non senza perdite notevoli.
Ed è così per tutto il film che, da spettatori occidentali degli anni 2000 (belli inoltrati), tifiamo per le quattro protagoniste e auguriamo loro di affacciarsi ad un futuro migliore e più libero, pur sapendo che terrorismo ed estremismo non lasciano spazio a quel lieto fine cui ci hanno troppo spesso abituato. "Papicha" non racconta una storia per farci sentire bene o meglio con noi stessi, invece mette lucidamente a fuoco una realtà molto lontana dalla nostra, inevitabilmente ricordandoci quanto siamo stati fortunati a crescere in un clima di accettazione e determinazione della propria identità - per quanto oggi più che mai siano valori messi ampiamente in discussione a favore di populismo e superficialità - che ci ha permesso e ci permettere di vivere le nostre vite con un'ampissima dose di autonomia. E' un bene, dunque, che esistano pellicole come questa, storie che ci ricordino quanto sia facile scivolare indietro nel tempo, quanto sia semplice cadere nell'odio e con quanta naturalezza siamo capaci di imporre agli altri un'unica visione del mondo che segua la massima della moralità soffocando ogni altra prospettiva sulle cose. Provare a chiedersi "Cosa avrei fatto se fossi stato/a Nedjma?" è un esercizio mentale che, al giorno d'oggi, fa sicuramente bene.
Cast: Lyna Khoudri, Shirine Boutella, Amira Hilda Douaouda, Yasin Houicha, Zahra Doumandji, Nadia Kaci.
Box Office: $2 milioni
Vale o non vale: Potente e spesso straziante, "Papicha" trova il suo modo di veicolare una poeticità rinfrescante. Perfetto il cast, il film funziona grazie soprattutto alle performance delle quattro protagoniste, così diverse eppure interconnesse tra loro dal bisogno di determinare il loro percorso attraverso le proprie scelte.
Un titolo per niente facile che sicuramente non convincerà tutti ad essere visto ma, per tutti quelli che fossero nel dubbio, "Papicha" è assolutamente una storia su cui puntare.
Premi: In concorso a Cannes 2019 per la categoria Un Certain Regard. 2 vittorie su 2 candidature ai César di quest'anno per Miglior opera prima e Miglior attrice esordiente (Lyna Khoudri).
Parola chiave: Défilé.

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