domenica 28 febbraio 2021

Film 1962 - A Streetcar Named Desire

Intro: Sempre vacanze natalizie, sempre filmetto serale con la coinquilina, ma questa volta abbiamo optato per un classico intramontabile della cinematografia.
Film 1961: "A Streetcar Named Desire" (1951) di Elia Kazan
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Bizzy
In sintesi: l'ho già visto un milione di volte, è il mio film preferito in assoluto e non c'è altro modo per descriverlo, se non come un capolavoro assoluto. Magnifico.
Film 32 - Un tram che si chiama desiderio
Film 1962 - A Streetcar Named Desire
Cast: Vivien Leigh, Marlon Brando, Kim Hunter, Karl Malden.
Box Office: $8 milioni (solo USA)
Vale o non vale: Se non lo avete mai visto rimediate, perché ne vale veramente la pena. Assolutamente un classico imprescindibile.
Premi: Candidato a 12 Oscar, tra cui Miglior film, regia e attore protagonista (Brando), il film ne ha vinti 4 per la Miglior attirce protagonista (Leigh), i Migliori attori non protagonisti (Hunter e Malden) e la scenografia (bianco e nero). 1 Golden Globe vinto per Kim Hunter e altre due nomination (per Leigh e Miglior film drammatico); 2 nomination ai BAFTA e vittoria per la Leigh. In concorso a Venezia nel '51, il film ha vinto la Coppa Volpi per la Miglior attrice e un premio speciale della giuria a Kazan.
Parola chiave: Flamingo.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

sabato 27 febbraio 2021

Film 1961 - The Beautician and the Beast

Intro: Durante la pausa natalizia tra un semestre e l'altro, io e Bizzy ci siamo concessi qualche filmetto serale in compagnia. E dopo i toni più drammatici di "Perfetti sconosciuti", abbiamo pensato di optare per qualcosa di totalmente diverso...
Film 1961: "The Beautician and the Beast" (1997) di Ken Kwapis
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Bizzy
In sintesi: non che sia un gran film, ma una parte di me è affezionata a questo "The Beautician and the Beast, una sorta di mix tra "La bella e la bestia" e "La tata" se l'incontro tra questi due mondi apparentemente inconciliabili avvenisse nella tenuta di "The Haunting". Il tutto con un pizzico di "Norma Rae" a favore dei diritti per i lavorati. Insomma, è chiaro che il risultato finale di questo film sia bizzarro, quantomeno.
La realtà è che questa pellicola non è nient'altro che un tentato trampolino di lancio per la carriera cinematografica di Fran Drescher che, ancorata al ruolo di Tata Francesca, tenta qui di riplicare la magia di quel personaggio riciclandolo in chiave principesca. Il risultato finale è una giga boiata, ma una giga boiata che funziona.
Cast: Fran Drescher, Timothy Dalton, Lisa Jakub, Ian McNeice, Patrick Malahide, Heather DeLoach, Adam LaVorgna, Michael Lerner, Phyllis Newman.
Box Office: $11.5 milioni
Vale o non vale: Sarà che io Fran Drescher la amo senza se e senza ma, sarà che ogni tanto si ha bisogno di vedere qualche titolo più leggero, in ogni caso questo "The Beautician and the Beast" è il titolo giusto per una serata senza pensieri e con un pizzico di nostalgia per i tempi che furono. E le promesse di carriera per Fran.
Premi: Candidato al Razzie per la Peggior attrice (Drescher).
Parola chiave: Insegnante.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 23 febbraio 2021

Film 1960 - Perfectos desconocidos

Intro: Continuando con i film per il progetto di Emerging Media Practice, il secondo remake dell'italiano "Perfetti sconosciuti".
Film 1960: "Perfectos desconocidos" (2017) di Álex de la Iglesia
Visto: dal computer portatile
Lingua: spagnolo
Compagnia: nessuno
In sintesi: il film di Álex de la Iglesia ha molto in comune con l'originale di Genovese, anche se accentua certi aspetti comici che non sembrano avere molto a che fare con il film italiano. E, a dire il vero, c'è anche una componente soprannaturale che, alla lunga, risulta più ridicola che riuscita.
In generale "Perfectos desconocidos" tenta un approccio meno serio e, a mio avviso, fallisce, proponendo l'idea centrale della storia quasi come una barzelletta che ha senso solo nell'ottica dell'eclissi lunare che, per come viene raccontata qui, ha una connotazione quasi ultraterrena che rovina il senso generale del film. Implicando che la proposta intrigante del "cosa succederebbe se..." si da imputare all'eclissi, lo spettatore fin dal principio fatica ad immedesimarsi nella storia, liquidandola come irreale e impossibile da verificarsi, cosa invece fondamentale affinché la storia riesca a innescare in chi guarda proprio il sospetto che, dovesse prestarsi allo stesso gioco, il risultato finale sarebbe simile al "bagno di sangue" che "Perfetti sconosciuti" così astutamente mette in scena.
A rovinare ancora di più il risultato finale sono due ulteriori aspetti: la rapidità del montaggio o comunque la velocità con cui è raccontata la storia - che non dà il tempo di elaborare ciò che accade - e un generale senso di aggressività dei personaggi, qui rappresentati come sul punto di esplodere rispetto ad ogni minima complicazione, anche la più banale. In particolare i personaggi femminili sono tutti connotati da una compnente passivo-aggressiva che distoglie l'attenzione dalle parti rilevanti del racconto.
Insomma, per quanto mi riguarda "Perfectos desconocidos" fallisce nel replicare le atmosfere del materiale originale e, in generale, non aggiunge niente di proprio alla storia di Genovese.
Cast: Belén Rueda, Eduard Fernández, Ernesto Alterio, Juana Acosta, Eduardo Noriega, Dafne Fernández, Pepón Nieto.
Box Office: $31 milioni
Vale o non vale: Suppongo che, essendo tarato sul pubblico spagnolo, questo film presenti elementi e meccanismi familiari alla sua audience di riferimento. Per chi si sia affacciato al "mondo" di "Perfetti sconosciuti" e i vari remake che vi orbitano intorno, questo rifacimento spagnolo non è certo tra i più riusciti, anche se gli appassionati della cinematografia ispanica potrebbero apprezzare.
Premi: /
Parola chiave: Luna rossa.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

domenica 21 febbraio 2021

Film 1959 - Perfetti sconosciuti

Intro: Per il corso di Emergin Media Praxis, dovevo produrre (e qui cito) un "piece of media" non ben specificato che mettesse in risalto il mondo dei media emergenti e di cui avrei fornito un elaborato scritto di accompagnamento. Ammetto che non avessi idea di cosa mi si stesse richiedendo di fare. E il mio master sì chiama MSc in Emergin Media... Insomma, non si incominciava bene. Poi, per caso, mi è venuta un'idea che, subito sottoposta al prof, è stata approvata. E, di fatto, eccoci qui.

Il mio progetto, "International Strangers, or how can the same story be told eighteen not so different times." prende spunto proprio da questo film e dal suo impressionante primato: è la pellicola da cui sono stati tratti più remake nella storia del cinema. Un record, tra l'altro, da Guinness dei primati.

Senza voler spoilerare troppo - perché ci tengo a pubblicare qui sul blog il contenuto del mio paper una volta che avrò pubblicato le recensioni di tutti i titoli coinvolti -, dico solo che mi sono concentrato sul concetto di remake e come una stessa storia possa essere raccontata 18 altre volte, ma ogni volta in un diverso contesto culturale. Insomma, la domanda era: cosa viene cambiato e cosa, invece, rimane invariato nonostante tutto?
Più avanti le mie riflessioni, per ora il pensiero su questo film. Che, naturalmente, ho costretto la mia coinquilina a vedere con me.

Film 1959: "Perfetti sconosciuti" (2016) di Paolo Genovese
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Bizzy
In sintesi: premesso che tendo sempre (un po' involontariamente) a considerare il cinema commerciale italiano come degno di poca nota, rivedere questo film mi ha ricordato che, in effetti, a volte sono solo snob.Per quanto molto spesso il mainstream nostrano sia palesemente banale, superficiale e mal recitato, è anche vero che non si può fare di tutta l'erba un fascio.
Qui, in particolare, sono rimasto sorpreso da quanto effettivamente la storia funzioni e dal fatto che non me lo ricordassi per niente, in parte anche perché la prima volta che ho visto "Perfetti sconosciuti" rimasi fortemente colpito dall'estrema plausibilità della storia e dai suoi risvolti disastrosi. Perché si partirà anche con i toni leggeri della commedia, ma di certo il finale non ha niente di divertente.
E ok, forse non siamo di fronte ad un film perfetto, ma alla base c'è una solidissima idea cinematografica (che funziona perfettamente anche per il teatro, a dire il vero) che ha il fondamentale vantaggio di rimanere irrimediabilmente ancorata allo spettatore: è impossibile non immedesimarsi nelle vicende raccontate qui perché, che lo si volgia ammettere o no, abbiamo tutti qualche segreto nascosto in quel microcosmo che è diventato per ognuno di noi il cellualre. E per quanto la sceneggiatura avrebbe potuto scavare più a fondo nel mondo dei personaggi - invece di far affidamento solo sui grandi colpi di scena che fanno certamente più scalpore - c'è sicuramente una verità portata a galla qui che, per quanto banale e un po' stereotipata, riflette comunque un principio che ha il suo fondamento:

"Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta."

E se internet è diventato la nuova pubblica piazza, il telefono cellulare è dove possiamo nascondere i panni sporchi.
Film 1106 - Perfetti sconosciuti
Film 1959 - Perfetti sconosciuti
Cast: Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak.
Box Office: $31.47 milioni
Vale o non vale: Idea geniale, cast quasi tutto azzeccato (mi spiace, ma la recitazione di Battiston qui per me proprio non funziona, è innaturale e impostata e mi pare miri principalmente a creare scalpore, più che dare umanità all'unico personaggio omesessuale della storia) e risultato finale quasi da cardiopalma. Un tour de force emotivo non da poco che, però, lascia molto su cui riflettere. Sicuramente non la commedia che potrebbe sembrare a prima vista, in ogni caso una storia che non manca di lasciare soddisfatti. Da vedere.
Premi: Vincitore di 2 David di Donatello per Miglior film e Miglior sceneggiatura su 9 nomination totali (tra cui regia e attori protagonisti Foglietta, Giallini e Mastandrea). Il film ha vinto per la Miglior sceneggiatura internazionale al Tribeca Film Festival del 2016.
Parola chiave: Orecchini.

Trailerp
#HollywoodCiak
Bengi

sabato 20 febbraio 2021

Film 1958 - Les crevettes pailletées

Intro: Mi è capitato per caso tra i suggerimenti di Netflix e ho avuto la sensazione fin da subito che potesse essere il tipo di film che facesse per me!
Film 1958: "Les crevettes pailletées" (2019) di Cédric Le Gallo, Maxime Govare
Visto: dal computer portatile
Lingua: French
Compagnia: nessuno
In sintesi: tra il nuoto sincronizzato ("Swimming with Men", ma anche "Le grand bain" o il documentario "Men Who Swim" a cui molte pellicole di fiction si sono ispirate) e la pallanuoto, pare che i titoli sugli sport acquatici ultimamente non manchino al cinema (o nel mondo dello streaming, quantomeno). Questo "Les crevettes pailletées" non è da meno.
Partendo da una premessa molto simile a quella di "Non ci resta che vincere", un campione olimpionico di nuoto fa un commento omofobico in diretta televisiva e viene costretto dalla federazione a fare ammenda allenando una squadra amatoriale di pallanuoto composta da uomini gay. Inutile dire che non mancheranno le soprese, le disavventure e - abbastanza inaspettatamente, ammetto - un finale agrodolce che non siamo troppo abituati a trovare in commedie sfacciate e dal tono leggero come questa. Ma, hey, è pur sempre un film su un gruppo di omosessuali, figurati se ci regalavamo un happy ending...
In ogni caso devo dire che questo "Les crevettes pailletées" è un esempio simpatico e riuscito di prodotto europeo a basso budget che punta tutto su un'idea interessante e un cast azzeccato che da solo fa metà del lavoro. Non un capolavoro, certo, ma comunque un esempio di come al giorno d'oggi si possa pensare di puntare su un prodotto a tematica LGBTQI, renderlo sufficientemente commerciale e riuscire pure a far ragionare su omofobia, equal rights e, più importante, che quelli etero e gay non sono mondi impossibili da far incontrare. E che lo sport unisce, ovviamente... yeah yeah yeah...!
Cast: Nicolas Gob, Alban Lenoir, Michaël Abiteboul, David Baïot, Romain Lancry, Roland Menou, Geoffrey Couët, Romain Brau, Félix Martinez.
Box Office: $4,619,077
Vale o non vale: Simpatico e piacevole, estremamente gay, colorato e a tratti strambo, "Les crevettes pailletées" è un buon prodotto cinematografico europeo a tema LGBTQI che mantiene le premesse del trailer e non manca di citare il grande classico queer "Priscilla - La regina del deserto". A tratti ho fatto un po' fatica a capire i dialoghi, principalmente perché parlano così veloce in francese e non facevo sempre in tempo a leggere i sottotitoli (in inglese). In ogni caso un titolo a cui dare una chance che non mancherà di mettervi di buon umore.
Premi: /
Parola chiave: Croazia.

Trailerp
#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 19 febbraio 2021

Film 1957 - Silent Hill

Intro: Qualche mese fa, tra le varie consegne di fine primo semestre che avevo da presentare, quella per il modulo di Audio & Sound Design mi richiedeva di produrre una Audio Narrative, ovvero il racconto di una storia attraverso il solo utilizzo di suoni. Non potendo utilizzare dialoghi, ho scelto di ispirarmi al genere horror, uno dei pochi (forse l'unico?) che non ha bisogno di parole per portare avanti una storia. E, dovendo scegliere un'ambientazione per il mio racconto post-apocalittico su sopravvisuti e zombie, mi sono ispirato alle atmosfere cupe e inquietanti di questa pellicola. Naturalmente, per rinfrescarmi la memoria ho scelto di rivedere il film di cui, ammetto, sono sempre stato (sotto sotto) un fan.
Film 1957: "Silent Hill" (2006) di Christophe Gans
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: onestamente me lo ricordavo un po' più elettrizzante, anche se tutto sommato rivederlo non mi è dispiaciuto. Credo che la potenza di "Silent Hill" sia tutta nella capacità di creare un'atmosfera inquietante e angosciante, un aspetto della storia a cui si sarebbe dovuto dare più spazio, proprio perché così efficacemente in grado di generare tensione e suspense, elementi centrali di un qualsiasi horror che qui vengono inevitabilmente disinnescati da una trama di cui ci interessa pochino (madre e figlia adottiva) e una sottotrama (la storia della città e dei suoi abitanti) di cui forse ci sarebbe interessato di più se l'unica antagonista del racconto non fosse stata rappresentata in modo così bidimensionale.
In ogni caso, questo primo "Silent Hill" a mio avviso ha sicuramente due elementi di pregio da non sottovalutare: un gruppo di protagoniste solo femminile (Radha Mitchell, Laurie Holden, Deborah Kara Unger, Jodelle Ferland, Alice Krige) e un'estetica così ben sviluppata e incisiva da risultare impossibile da dimenticare. E non è poco.
Film 155 - Silent Hill
Film 1957 - Silent Hill
Film 608 - Silent Hill: Revelation 3D
Cast: Radha Mitchell, Sean Bean, Laurie Holden, Deborah Kara Unger, Kim Coates, Tanya Allen, Alice Krige, Jodelle Ferland.
Box Office: $100.6 milioni
Vale o non vale: A mio avviso un horror non male e, ancora di più, un prodotto ispirato a un videogioco che, per una volta, racconta quantomeno una storia. Poi, per carità, "Silent Hill" non è certo un capolavoro, ma è un buon intrattenimento che, nonostante i suoi anni, sembra non aver perso smalto.
Premi: /
Parola chiave: Setta.

Trailerp
#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 18 febbraio 2021

Film 1956 - Pane, amore e...

Intro: Suggerito da Netflix - suppongo a spalleggiare il più recente sforzo cinemtaografico della Loren sponsorizzato proprio dal colosso dello streaming - sono stato da subito tentato a recuperare la visione di questo film che ancora mancava alla mia lista.
Film 1956: "Pane, amore e..." (1955) di Dino Risi
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
In sintesi: bel film divertente e tipicamente italiano, con un cast pazzesco capitanata da una Sophia Loren in formissima e un Vittorio De Sica perfetto per il ruolo di farfallone finto svampito. Una commedia senza tempo che, anche vista con l'occhio moderno, funziona e risulta assolutamente godibile grazie all'insieme di elementi tipici di un prodotto nostrano di quei tempi (in primis la veracità italiana contrapposta all'aura glam un po' posticcia dei titoli hollywoodiani contemporanei a "Pane, amore e...") e a un cast pazzesco che già da solo vale la visione del film. Insomma, un classico!
Cast: Sophia Loren, Vittorio De Sica, Lea Padovani, Antonio Cifariello, Tina Pica, Mario Carotenuto.
Box Office: /
Vale o non vale: Assolutamente da vedere, anche solo per godersi le magnifiche performance di Loren e De Sica che, da sole, sono già un motivo sufficiente per decidere di dare una chance a questo titolo. Non vi dovesse bastare, lasciatevi tentare dalla scena in cui Sofia (Loren) balla il mambo per far ingelosire il suo innamorato...
Premi: 2 David di Donatello vinti per Miglior attore protagonista (De Sica) e Migliore produzione; alla sesta Berlinale, il film ha vinto la Honorable Mention per il Miglior film umoristico.
Parola chiave: Sfratto.

Clip
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 16 febbraio 2021

Film 1955 - The Prom

Intro: Prodotto pre-natalizio di punta del catalogo Netflix, onestamente non vedevo l'ora di vedere questo film, per cui appena ho avuto occasione l'ho recuperato! Con non poche speranze di vedere, finalmente, una buona nuova pellicola (anche se con Netflix bisogna sempre andarci con i piedi di piombo quando si tratta di film...).
Film 1955: "The Prom" (2020) di Ryan Murphy
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: tremendo. E la recensione potrebbe anche chiudersi qui.
La verità è che, nonostante non mi aspettassi certo un capolavoro, sono rimasto molto deluso da questa pellicola che, a parte saturare i colori a gogo e mettere in scena qualche numero musical, non mette in scena niente che non si sia già visto in "Glee" o prodotti simili, di sicuro niente che valesse la pena di riproporre in un film, almeno in questi termini.
In generale, infatti, "The Prom" è una luccicante promessa di talento e originalità totalmente mancata, un prodotto superficiale che non riesce ad andare oltre il minimo sindacale che il genere del musical porta con sé: ci sono le canzoni e i balletti a tempo di musica, ma manca tutto il resto, in primis il valore aggiunto (o la rilevanza, se vogliamo) di cui il progetto dovrebbe avvalersi per giustificare la trasposizione di questo titolo da Broadway a Hollywood. Ci sono una miriade di personaggi di cui ci si affatica ad appassionarsi, nessuna canzone particolarmente memorabile e una generale mancanza di "pericolo", nel senso che è evidente fin dall'inizio che la protagonista riuscirà nel suo intento - andare al ballo scolastico con la sua amata - per cui si fatica ad empatizzare e a comprendere la necessità di utilizzare del proprio tempo libero per seguire questa vicenda.
Mi sento di aggiungere, poi, che nonostante i grandi nomi "da acchiappo", "The Prom" non riesca a fare buon uso dello start power a sua disposizione: Meryl Streep fa Meryl Streep - nel senso che sembra più se stessa che interpreta una versione di mille suoi altri personaggi già visti -, Nicole Kidman ha un ruolo sciocco e banale, Andrew Rannells è la spalla gay, Keegan-Michael Key e Kerry Washington sono totalmente accessori, mentre James Corden interpreta la macchietta del gay tutta mossette e cliché (ma un attore gay disponibile non lo avevamo? Anche perché non è che James Corden sia questo attore di serie A...).
Insomma, nonostante i musical di solito si contraddistinguano per toni più leggeri e scanzonati, il vuoto (e francamente spesso noioso) circo messo in scena da questa pellicola non è sufficiente a salvare un prodotto che, sicuramente magnifico nella sua versione teatrale, qui fallisce di replicarne fasti e originalità. Forse Netflix dovrebbe smettere di dare carta bianca ai copia-incolla di Ryan Murphy e forse quest'ultimo dovrebbe cominciare a rallentare la sua produzione televisivo-cinematografica di massa.
Cast: Meryl Streep, James Corden, Nicole Kidman, Keegan-Michael Key, Andrew Rannells, Ariana DeBose, Kerry Washington, Jo Ellen Pellman, Tracey Ullman, Mary Kay Place.
Box Office: $187,430
Vale o non vale: Come al solito Hollywood (o almeno la stampa estera) arriva con anni di ritardo e conferisce alle produzioni di Ryan Murphy oggi un gran valore che, onestamente, mi pare non abbiano più come un tempo. Questo "The Prom" si aggiudica 2 nomination (assolutamente immeritate) ai Golden Globes di quest'anno, mentre altri titoli di Murphy ("Ratched", "Hollywood") finiscono per rubare il posto a prodotti ben più di valore. Sono anni che l'ideatore di "Glee" non è più all'altezza degli inizi e credo che dei prodotti più recenti si salvi onestamente solo "Pose".
"The Prom" non fa eccezione, banale e - non fosse per il cast di prim'ordine - prodotto più televisivo che cinematografico per mancanza di grandezza e ambizione, questo film finisce nella rappresentanza di quelle pellicole che, non avendo davvero niente da dire, si mantiene sulla superficie risultando a malapena accettabile, salvato solo da certi aspetti tecnici di valore (anche se da uno come Matthew Libatique, direttore della fotografia di pellicole come "Requiem for a Dream", "Everything Is Illuminated", Black Swan", "A Star Is Born" e "Birds of Prey", mi aspettavo molto, ma molto di meglio).
Spendete altrove il vostro tempo.
Premi: Candidato a 2 Golden Globes per Miglior film commedia o musical e Miglior attore protagonista (James Corden).
Parola chiave: Cause.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 15 febbraio 2021

Film 1954 - Written on the Wind

Intro: Consigliato dal canale YouTube Be Kind Rewind nella sua lista di film di Natale, ho deciso di recuperare questo film della Golden Age hollywoodiana di cui non avevo mai sentito parlare.
Film 1954: "Written on the Wind" (1956) di Douglas Sirk
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: in generale un bel film, anche se ammetto che per una parte del primo tempo ho faticato a mantenere l'attenzione, riconquistata dalla trama grazie ad un secondo tempo pieno di accadimenti e una buona dose di suspense.
Chiaramente si tratta di una storia d'altri tempi, con un'evidente tendenza a una recitazione molto teatrale e un modo di affrontare alcune tematiche (alcolismo, promiscuità e sterilità) che oggi verrebbero trattate in maniera differente; in ogni caso "Written on the Wind" funziona abbastanza bene anche per lo spettatore moderno, particolarmente per chi apprezza quell'allure vecchia Hollywood che mette in campo stelle del cinema USA del calibro di Rock Hudson e Lauren Bacall che, devo ammettere, è un piacere vedere in azione.
Insomma, tutto sommato una buona alternativa alla mancanza di novità imposta da questo momento storico particolare.
Cast: Rock Hudson, Lauren Bacall, Robert Stack, Dorothy Malone, Robert Keith.
Box Office: $4.3 milioni (noleggi solo negli USA e Canada)
Vale o non vale: Drammatico e teatrale, con un buon cast e un richiamo forte quanto basta alla nostalgia della Hollywood che fu, "Written on the Wind" mantiene le promesse e consegna al suo pubblico un prodotto di qualità che non sarà un capolavoro indelebile, ma è sicuramente un titolo perfetto per chi avesse nostalgia del cinema mainstream di quei tempi.
Premi: Candidato a 3 Oscar per Miglior canzone originale, attore non protagonista (Robert Stack) e attrice non protagonista (Dorothy Malone), ha vinto per quest'ultima; Malone è stata candidata anche al Golden Globe.
Parola chiave: Pistola.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

domenica 14 febbraio 2021

Film 1953 - His House

Intro: Inaugurazione del Penthouse Cineclub, il club cinematografico di quelli del quinto piano della palazzina 18 c/o il DCU Sports Complex.
Film 1953: "His House" (2020) di Remi Weekes
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese, dinka
Compagnia: Bizzy, Kate, Jack
In sintesi: come sempre quando si cerca una pellicola che possa andare bene genericamente a tutti, si opta per un horror. Per non scadere proprio nel banale o scadente, abbiamo scelto questo titolo Netflix, apparentemente piccolo gioiello del genere, nonché produzione very British che mette al centro della sua storia il racconto di due immigrati in cerca di asilo e la chance di un nuovo inizio in terra straniera. Che insomma, per un horror non è proprio un tema tradizionale.
Anche se non posso dire che "His House" sia il capolavoro imprescindibile che ero stato indotto a credere, devo ammettere che il background insolito della storia mi abbiamo molto intrigato e che, in effetti, il colpo di scena finale (spoiler: legato alla figlia) si presenta come ben architettato e assestato. In generale, però, non si può dire che questo sia un prodotto horror nel senso più generico del termine, per quanto certi momenti classici da spavento cercano di venir architettati. La sensazione che ho avuto, però, è che riflettesero più i malesseri interiori dei protagonisti, che una presenza demoniaca nel senso più tradizionale del termine.
In ogni caso il film funziona, presenta due protagonisti perfetti per la parte e si eleva grazie ad una serie di scene esteticamente e visivamente potentissime.
Cast: Wunmi Mosaku, Sope Dirisu, Matt Smith, Javier Botet.
Box Office: /
Vale o non vale: Non il classico horror, ma una scelta alternativa alle più generiche boiate che lascia molti spunti su cui riflettere e rinvigorisce il genere di una nuova prospettiva più impegnata e uno spiccato senso estetico. Vale una chance.
Premi: /
Parola chiave: Bambola.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 12 febbraio 2021

Film 1952 - The Social Dilemma

Intro: Facciamo un salto in avanti di 152 film e torniamo al presente. O quantomeno all'anno scorso.
Ho colto l'occasione della cifra tonda della precedente recensione per lasciare per un po' indietro la vecchia lista di film - ancora corposa, ma comunque ampiamente sfoltita - per far progredire un po' i titoli più recenti che, da quando sono qui a Dublino, sono certamente influenzati da una serie di circostanze peculiari, capitanate dall'esperienza universitaria e la pandemia. Il che ha necessariamente visto un incremento delle mie visioni di pellicole presenti su Netflix o sulla mia memoria esterna e che da tempo avevo intenzione di recuperare, ma non ero mai riuscito a farlo. 

Proprio per evidenziare questa combo di circostanze particolari, ho pensato di inizare da un titolo che rappresenta appieno questo mio momento irlandese: un film Netflix che ho visto per il corso di Understanding Social Media e che ho usato come pretesto per argomentare la mia tesi rispetto a come la nostra esperienza in internet e sui social sia influenzata dagli algoritmi per il mio saggio di fine semestre. Di cui riporto un estratto. 
  
Film 1952: "The Social Dilemma" (2020) di Jeff Orlowski
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi
Building the Reality
Recently released on Netflix’s streaming platform, “The Social Dilemma” (Orlowski, 2020) is a documentary which aims to alert the audience on the numerous threats caused nowadays by social media.
According to the movie, human society is on the verge of a cliff, as algorithms are shaping reality and our perception of it, changing our habits one little step at a time while most of us are not even aware that behind Google, Facebook or Twitter there are artificial learning machines able to influence the way we experience the internet, and therefore our everyday life (Nguyen, 2020).
But is the society really doomed, as Netflix’s documentary so strongly suggests?


To understand what algorithms do, first it is necessary to assess what they are.
Different interpretations of algorithmic technology have been offered by scholars, all of whom agree that an algorithm is a process (or a series of steps) performed by a computer that achieves a desired outcome through the analysis of data. Consequently, automation can be defined as “a device or system that accomplishes (partially or fully) a function that was previously, or conceivably could be, carried out (partially or fully) by a human operator (Parasuraman, Sheridan and Wickens, 2000, p. 287)“.
Algorithms present several key-characteristics:
- They are actants, as they “are not alive, but [they] act with agency in the world (Tufekci, 2015, p. 207)”;
- They are “neither neutral nor objective (Diakopoulos, 2019, p. 18)” and extremely literal in the way they act (Luca, Kleinberg and Mullainathan, 2016);
- They are built to learn how to make new decisions while evaluating data (Diakopoulos, 2019);
- They can predict people’s future behaviours with great precision by creating behavioural patterns (based on data harvested by social media platforms);
- They are black boxes (Gillespie, 2016, p. 53): their code “is changed routinely (almost every week) (Tufekci, 2015, p. 206)” and it is unclear how it functions;
- They filter or select “what information is considered most relevant to us (Gillespie, 2014, p. 167)” based on the data collected. By doing so, they act as gatekeepers of the online information flow.
All these characteristics have direct consequences on how the internet and social media are presented to and perceived by users, and each one of them results in a slightly different experience of the web and its tools.

The internet is not the same for everyone.
Different people get different results when searching on Google, even if the query is the same. When posting on Facebook, most of your friends will be able to see what you shared, but that does not mean that it will be displayed to them all. While scrolling down your Instagram feed, it will prioritise pictures and videos from some of the accounts you follow, but not all of them. The reason behind this selection of contents is, of course, algorithms which have “apparent power, agential capacity and control (Neyland, 2015, p. 119)“ over our internet experience and, to a certain extent, our lives.


As mentioned before, algorithms make decisions based on the analysed data, which is provided by the platforms that employ them. They are built to consider what YouTube channels get most of our attention, which of our friends we tend to reward with more likes, to whom we chat the most on Messenger, what hashtags we use, what Facebook pages we follow, how much time we spend on someone’s Instagram account, what we search on Google, and so on.

Algorithms are “meaningless machines until paired with databases on which to function (Gillespie, 2014, p. 169)“, therefore, as Matzner explains, they are “very much data-driven (2019, p. 125)”. Social media platforms collect all the available information about what people do online in the form of data and metadata - which has generated concerns about users’ privacy protection - so that algorithms can read and translate it into something useful for the platform itself: a behavioural pattern.
By profiling users, the algorithm is able to differentiate each user’s online experience by shaping it around the information stored about them. In this sense, “the computer not only calculates or represents ‘reality’ but generates it (Totaro and Ninno, 2015, p. 147)“.
Content, news, search results and the overall social media experience will be different for everyone as certain content will be prioritized, while some will be overlooked in order to increase the users’ engagement and keep them on the platform longer.
This happens because companies’ main goal is to expose users to ads: the more the users will stay on the platform or website, the more ads they will encounter, the more likely they will click on them. These ads are designed to “target particular users who are likely to buy specific products (Tufekci, 2017, p. 136)“ and they are highly effective because they are tailored around the collected data and metadata. The success of tailored ads is vital to explain how platforms support themselves, as companies like Google and Facebook base their business models on algorithms and their ability to target users with the perfect - therefore most effective - advertisement.
This cycle has no end: the more people who engage with and participate on the platforms, the more successful, popular and powerful they become and, by doing so, the more advertising companies will be inclined to display their ads on those platforms and pay good money for it.


Additionally, by analysing and processing the huge amount of data harvested by social media, algorithms are able to predict the future. Or, to be more precise, they can guess with great precision how people will behave or react in response to what they see, read and/or hear on the internet to a degree where even emotions can be part of the prediction.
These predictions are then sold to business customers interested in human futures, what Shoshana Zuboff calls a new type of marketplace or ergonomic logic, which lead to informational andsurveillance capitalism(Age of Surveillance Capitalism, 2019).
Yet, errors and mistakes may occur. This happens because algorithms are very literal in the way they follow the step-by-step process to the extent that they do “exactly what it’s told and ignores every other consideration (Luca, Kleinberg and Mullainathan, 2016)“, as they are unable to detect any implied subcontext that may exist.
The strictness by which algorithms follow just what they are told is used by platforms and companies to promote the idea that what people are using is essentially an objective and neutral technology. As Gillespie straightforwardly explains:

“[...] this is a way to deflect responsibility: “Google’s spiritual deferral to ‘algorithmic neutrality’ betrays the company’s growing unease with being the world’s most important information gatekeeper. Its founders prefer to treat technology as an autonomous and fully objective force rather than spending sleepless nights worrying about inherent biases in how their systems [...] operate.” (2014)

Promoting algorithms as a super partes entity detached from possible biases or inequities shields companies from consequences caused by their technology’s actions or outcomes and, at the same time, extend the idea of impartiality to companies themselves. Once companies are perceived as fair and neutral, it is more difficult to make them accountable for their errors and mistakes.
It is suggested that our experience of the internet overseen by algorithms is bias-free, but in practice, platforms and websites are subject to a form of content restriction that goes beyond the technology itself. Facebook, Twitter, YouTube, all of them will remove contents that involve profanity, child abuse, “threats of violence, copyright or trademark violations, impersonation of others, revelations of others’ private information, or spam (Gillespie, 2011)“. As algorithms work on what they are told to do, they follow the set of rules decided by companies: “algorithms are created by people and reflect [...] biases of their designers (Berlatsky, 2018)”. This disrupts the idea of neutrality from the very beginning. Naturally, the employment of policies and guidelines by each company attempts to prevent or at least minimise biases and the occurrence of wrongdoings by users in order to provide for a safe and hospitable online environment as possible:

“Our Community Guidelines are designed to ensure that our community stays protected. They set out what's allowed and not allowed on YouTube, and apply to all types of content on our platform, including videos, comments, links and thumbnails.” (YouTube Community Guidelines and policies, no date) 

And yet, as Tufekci concludes, Community Guidelines have “significantly different impacts depending on the community involved (2017, p. 143)“.

When the algorithms are wrong.
Algorithms are not infallible, thus neither are platforms. More so, algorithms’ outcomes may differ from what they were originally intended to be.
Common missteps that may occur are the removal of content erroneously considered inappropriate, issues with the trending topic list of a social media (Porter, 2020), websites that become “choked with low-quality “click-bait” articles (Luca, Kleinberg and Mullainathan, 2016)“. Reasons behind these missteps may vary. Some may be connected to the Community Guidelines:

“Community policing means that the company acts only if and when something is reported to it and mostly ignores violations that have not been flagged by members of the community.” (Tufekci, 2017, p. 143)

This means that a platform like Facebook - which counts over 2 billion subscribers - mostly relies on users’ flagging posts, rather than proactively checking everything that has been posted on their platform. While feedback from subscribers is a powerful tool, it may lead to a wrongful use of the tool itself: what happens when a person or an organization become the target of unfair attacks by other users? Is the algorithm able to detect it or will it simply allow the misconduct to happen? Tufekci reveals that users like social movements or the LGBTQ community are usual targets of this misconduct (2017).

Other missteps may be connected to the trending section of the platforms. In September 2020 Twitter released a statement3 to explain the company’s decision to change how their algorithm picks the trending list. This happened after the question “Why is this trending?” was tweeted more than half a million times during the previous twelve months (Cortés, 2020), expressing users confusion in regards to the various and sometimes random topics trending on the platform. The problem has been so persistent that it led many to believe that the representation of “reality” as seen through the lens of Twitter’s trending topics could distort, and thus compromise, the national debate ahead of the November 2020 U.S. presidential elections (Ingram, 2020).
Twitter’s Trending Topics are now “decided by a combination of algorithms and human curation, and [...] trending descriptions [are] entirely human-curated (Porter, 2020)”. Also, algorithms are deployed to prevent spam or abusive tweets from being displayed on the trending section.


Similarly, Facebook faced a wave of backlash because of its trending topic section, but to a different outcome. How the platform picked its trending list was questioned for years, many criticising its tendency to help boost fake news.
Examples ranged from a conspiracy theory revolving the September 11 terrorist attack (Ohlheiser, 2016), to the untrue report of Fox News anchor Megyn Kelly being fired (Alba, 2017), to the story of an alleged Muslim terrorist attack that had momentum in Slovakia (Frenkel, Casey and Mozur, 2018) while Facebook was “testing a feature that separates users’ posts from content from professional news sites (Ong, 2018)”.
The rise of fake news on the platform’s trending list has been linked to Facebook’s decision to promote automation over human employees to filter its news-gathering operations:

“While employees are still involved in the process of vetting and pinning popular topics to Facebook’s sidebar, the process became far more hands-off in late August, both to increase its scale and to answer accusations of bias from human editors.” (Robertson, 2016)

After years of criticism and struggle connected to “the reliability of any news being distributed through its platform (Kastrenakes, 2018)”, in mid-2018 the company decided to definitively remove the trending list.
Many other platforms and companies like Instagram (Smith, 2020), Google (Cadwalladr, 2016), Amazon (Johnson and Pidd, 2009) and Netflix (Breznican, 2020) faced algorithm-related criticism; music streaming service Spotify has been accused of making “people into more conservative listeners, a process aided by its algorithms, which steer you towards music similar to your most frequent listening. (Hann, 2019)”

[...]

Are we really doomed? Not just bad algorithms.
Although our digital experience is greatly influenced by the algorithmic logic, what this technology is capable of is not just used to trick or spy on users, as it is often deployed for practical and useful outcomes in human activities.
As previously mentioned, social media platforms can be instrumental in enhancing users’ participation to the public sphere, something so relevant that internet access is now starting to be considered not just as a luxury good, but as a basic human right (Bode, 2019).
On the practical side, the algorithmic technology has been employed in different fields and with different new functions; examples may be the creation of a system that exploit “social media to automatically produce local news (Schwartz, Naaman and Teodoro, 2015, p. 407)”, the use of an automated writing technology to write earning reports (Diakopoulos, 2019), or the employment of “pattern recognition algorithms [that] are meant to detect suspicious or abnormal events (Matzner, 2019, p. 134)” when used with smart CCTV cameras. Though useful tools to perform each of these activities, algorithms still require human supervision to properly perform their task.
So, to answer the initial question: is society doomed as “The Social Dilemma” is urging us to believe?


Although it is undeniable that social media and its algorithms influence the way we perceive reality and how the public discourse is built, I believe the movie overdramatization of the events may be misleading. Interviewees often refer to social media’s strong effects on users, who are depicted as powerless and defenceless over the invincible persuasive force of the technology in a kind of communication “too powerful to give room for the recipients to process the information received otherwise (Wogu ​et al.,​ 2020, p. 323)”. Television has been described the same way.
What is important to remember is that the human employment of the technology is not a passive process: as the Uses and Gratifications theory asserts, people’s use of a medium is connected to the possible gratification of specific needs, therefore being active agents over the media they choose to consume.
This alone may not be enough in terms of facing the numerous challenges connected to the increasingly powerful influence hold by digital technologies, yet it looks like a good place to start. 

Cast: Tristan Harris, Aza Raskin, Justin Rosenstein, Shoshana Zuboff, Jaron Lanier, Skyler Gisondo, Kara Hayward, Vincent Kartheiser, Anna Lembke.
Box Office: /
Vale o non vale: Il documentrio in sé è anche interessante, ma non ho trovato sempre efficace la scelta di optare per una parte di narrazione destinata ad un elemento di fiction di cui francamente non c'era bisogno e che va a caricare emotivamente una storia che sarebbe già sufficientemente apocalittica nelle sole parole degli intervistati.
In ogni caso un film sui cui riflettere e che fa riflettere.

Premi: /
Parola chiave: Algoritmi.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 9 febbraio 2021

Film 1800 - Ocean's 8

Intro: Avevo voglia di rivederlo da un po' e ho colto l'occasione al volo non appena possibile grazie a una seratina casalinga ad Auckland con Péroline e qualche bottiglia di vino...
Film 1800: "Ocean's 8" (2018) di Gary Ross
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Péroline
In sintesi: simpatico, dinamico e con un cast eccezionale di attrici, "Ocean's 8" ridà vita al franchise creato da Soderbergh grazie a un buon spin-off che ricalca lo humor e la struttura del materiale originale, declinandolo questa volta tutto al femminile. Risultato finale molto glam, molto fashion e molto godibile.
Film 1647 - Ocean's Eight
Film 1800 - Ocean's 8
Cast: Sandra Bullock, Cate Blanchett, Anne Hathaway, Mindy Kaling, Sarah Paulson, Awkwafina, Rihanna, Helena Bonham Carter, Richard Armitage, James Corden, Dakota Fanning.
Box Office: $297.7 milioni
Vale o non vale: Secondo me un buon esempio di prodotto minstream che dà nuovo dinamismo al franchise originale con un tocco di star power in più grazie ad un cast d'eccezione che insieme funziona maledettamente bene. Simpatico e perfetto per una serata di disimpegno.
Premi: /
Parola chiave: Met Gala.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

domenica 7 febbraio 2021

Film 1799 - The Karate Kid

Intro: Sempre cavalcando l'onda del ritorno al passato - o riscoperta di certi film di cui ricordavo poco o niente - decido di dedicarmi a un grande classico degli anni '80.
Film 1799: "The Karate Kid" (1984) di John G. Avildsen
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: continuo a pensare che una nomination all'Oscar per il ruolo (certo iconico, per carità) di Pat Morita sia un tantino esagerato, in ogni caso non si può dire molto su questa pellicola se non che sia oggettivamente un cult! Tanto che a 34 anni dall'uscita nelle sale di questo primo film del franchise (che ad oggi conta 5 film ed una serie animata), la saga che ci ha introdotto al mitico mantra del metti-la-cera-togli-la-cera ha generato una serie tv che sta riscuotendo un gigantesco successo, "Cobra Kai".
Inutile dire che il furore da "The Karate Kid" non si sia mai veramente sopito e anche se i sequel non sono esattamente granché, questo primo film non è niente male e porta sul grande schermo il bel rapporto di amicizia tra il giovane e spaesato nerd appena arrivato in città Daniel LaRusso (Macchio) e il tosto insegnante di karate dal cuore tenero Mr. Miyagi (Morita). Insieme si avvieranno verso un percorso di crescita e dedizione a certi valori (impegno, sacrificio, non violenza) fino allo duello finale che si tiene durante il torneo e che vede Daniel scontrarsi contro i ragazzi che lo hanno bullizzato fin dall'inizio del film.
Anche se per essere un film per teenager c'è veramente un sacco di violenza in questo film, non si può divere che "The Karate Kid" non si lasci guardare sempre con piacere e una certa dose di nostalgia.
Cast: Ralph Macchio, Noriyuki "Pat" Morita, Elisabeth Shue, William Zabka, Martin Kove, Randee Heller.
Box Office: $130.4 milioni
Vale o non vale: Nonostante una certa intenzionalità positiva (tematiche LGBTQI e female empowerment), questo film baratta in fretta i suoi buoni propositi in nome dei diktat hollywoodiani dell'epoca, fallendo platealmente anche nel tentativo di darsi un appeal più commerciale.
Premi: Candidato all'Oscar e al Golden Globe per il Miglior attore non protagonista (Morita).
Parola chiave: Tournament.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

sabato 6 febbraio 2021

Film 1798 - The Next Best Thing

Intro: Nel 2000 avevo 13 anni ed ero andato al cinema a vedere questo film, trovandolo carino. Ricordo fossi rimasto sorpreso nel vederlo così universalmente deriso e criticato, per cui una sera, mentro ero ancora ad Auckland due anni fa, ho deciso di rivederlo. Sicuro che avrei gradito.

Film 1798: "The Next Best Thing" (2000) di John Schlesinger
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: ventuno anni fa questo film poteva anche essere considerato progressista: portare sul grande schermo la storia della profonda amicizia tra due persone - una delle quali omosessuale - che si trasforma per caso nel racconto di una nuova forma di genitorialità era sicuramente un tentativo coraggioso e inusuale considerato il background mainsteam di questa operazione commerciale.
Purtroppo, però, la sceneggiatura fallisce nel connettere questa storia ad un livello emotivo anche solo basico, preferendo tentare un approccio comico che non sempre funziona (Madonna non mi sembra una credibile nei panni di una che si prende poco sul serio) per poi mandare tutto in vacca nella seconda parte del film, preferendo una linea più tradizionale e conforme agli stereotipi dell'epoca. Ovvero, per capirsi: la famiglia è formata solo da un uomo e una donna eterosessuali che devono amarsi a tutti i costi.
"The Next Best Thing" tradisce le sue premesse iniziali - un po' come ha fatto "Sex and the City" nel tempo - promettendo al suo pubblico una storia che vada oltre il classico stereotipo del "maschio + femmina = ok", ma finendo per rinforzare quello stesso concetto che intendeva screditare. La famiglia composta da Madonna e Rupert Everett funziona solo fino a quando è funzionale per il racconto, per poi venire cestinata nel momento in cui il personaggio di Madonna deve necessariamente trovare il vero amore. Ed è qui che per me si esaurisce l'interesse: per quanto la qualità generale dell'operazione non fosse granché, fino a questo momento almeno la storia raccontava qualcosa di inusuale a un potenziale pubblico generalista che da una qulunque romcom si poteva aspettare la classica e trita idea di un amore accettabile solo nei termini hollywoodiani canonici (ovvero quello che è considerato "ok", vedi sopra), ribaltando gli elementi tradizionali per presentare in termini accettabili l'idea che una coppia di amici single e felici delle loro vite potessero scegliere di allevare un bambino insieme. Abbie (Madonna), capendo di non aver bisogno di un uomo nella sua vita, poteva tranquillamente trovare la felicità in se stessa - visto che tra l'altro viene rappresentata come un personaggio spirituale -, nella sua famiglia e nel suo lavoro, mentre Robert (Everett) poteva dimostrarsi all'altezza di un incarico che la società tendeva (e ancora oggi tende) a non volergli riconoscere come idoneo, ovvero quella della figura paterna perfettamente adeguata per la responsabilità genitoriale. E, invece, "The Next Best Thing" sceglie di barattare la possibilità di veicolare un messaggio positivo e progressista come questo in nome di tutta quella serie di cliché che il genere della commedia romantica, l'industria cinematografica commerciale e il perbenismo bigotto parevano all'epoca richiedere a gran voce.
Sì, lo so, probabilmente ho riposto troppe speranze e speso malamente le mie energie rispetto ad un prodotto nato e concepito unicamente in quell'ottica commerciale che avrebbe voluto vederlo prosperare in termini di incasso e smercio di CD (perché non ci dimentichiamo della cover di "American Pie" appositamente realizzata da Madonna per la colonna sonora del film, onestamente l'unico elemento di valore di tutta questa débâcle cinematografica). Insomma, probabilmente "The Next Best Thing" sarà la pellicola che vedrete dopo questo film.
Cast: Rupert Everett, Madonna, Benjamin Bratt, Michael Vartan, Josef Sommer, Lynn Redgrave, Neil Patrick Harris.
Box Office: $24.3 milioni
Vale o non vale: Nonostante una certa intenzionalità positiva (tematiche LGBTQI e female empowerment), questo film baratta in fretta i suoi buoni propositi in nome dei diktat hollywoodiani dell'epoca, fallendo platealmente anche nel tentativo di darsi un appeal più commerciale.
Premi: Candidato a 5 Razzie Awards nel 2001 (tra cui Peggior film, regia e sceneggiatura) il film ha vinto per la Peggior attrice Madonna. La cantante ha ottenuto un'ulteriore nomination nel 2010 anche grazie a questo film (e "Die Another Day" & "Swept Away") per la Peggiore attrice del decennio, perdendo contro Paris Hilton.
Parola chiave: Custodia.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 5 febbraio 2021

Film 1797 - Junior

Intro: Nel pieno del mio momento nostalgia per la carriera di attore di Arnold Schwarzenegger, non avevo dubbi su quale dovesse essere la mia prossima scelta cinematografica...

Film 1797: "Junior" (1994) di Ivan Reitman
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: trovo questo film una genialata e il solo ftto che Schwarzenegger si sia buttato a capofitto in un progetto come questo gli vale tutta la mia stima.
A quasi 30 anni dall'uscita nei cinema, "Junior" rimane un esperimento cinematografico credo senza precedenti (e/o successori), una storia assurda che, pur evitando di dare certe scomode risposte, tratta comunque con tatto un argomento delicato oggi come allora: l'idea di un uomo che partorisce.
Premesso che si tratti di una commedia che esplora per assurdo questa possibilità, trovo in ogni caso lodevole che si sia cercato di mettere in moto il discorso rispettoa all'idea di genitorialità non conforme ai canoni standard e, di nuovo, che una star come Schwarzenegger - che ha basato tutta la sua carriera su machismo e mascolinità - abbia deciso di mettersi in gioco (e en travesti) in un ruolo come questo. Non so quanti altri attori di serie A degli anni novanta avrebbero accettato la parte.
Detto ciò, "Junior" rimane un prodotto simpatico, anche se certo non eccezionale, che funziona nell'ottica di uno svago senza troppe pretese. A meno che non vogliate approfondire il discorso del parto maschile... Ma questa è un'altra storia.
Cast: Arnold Schwarzenegger, Danny DeVito, Emma Thompson, Frank Langella, Pamela Reed, Aida Turturro, Christopher Meloni.
Box Office: $108.4 milioni
Vale o non vale: Chi avrebbe mai pensato che il due volte premio Oscar Emma Thompson si sarebbe ritrovata a recitare in un film con Arnold Schwarzenegger? Credo ci avrebbero scommesso in pochi.
Se siete curiosi di vedere (o rivedere) come funziona sul grande schermo questa strana coppia, "Junior" è sicuramente un appuntamento con il passato che non potete perdervi: non un capolavoro, ma sufficiente ad intrattenervi per quasi due ore senza farvi rimpiangere di aver scelto di vederlo. Senza contare che l'idea alla base della storia è molto intrigante.
Premi: Candidato all'Oscar per la Miglior canzone originale ("Look What Love Has Done") e a 3 Golden Globes per Migliori attori protagonisti musical o commedia (Schwarzenegger e Thompson) e Miglior canzone.
Parola chiave: Studio clinico.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 4 febbraio 2021

SAG Awards 2021: nomination e vincitori

A esattamente 24 ore dalla pubblicazione delle nomination dei Golden Globes 2021, vengono rivelate anche le candidature per i SAG Awards di quest'anno, premi conferiti dal sindacato attori americano alle migliori performance attoriali dell'anno. 

Come sempre, c'è una buona dose di copia-incolla come regola generale in tutte le categorie, anche se vanno menzionate qui alcune eccezioni: la presenza (non prepotente) di "Bridgerton", la candidatura di Michaela Coel per "I May Destroy You" (serie completamente snobbata dai GG), le ottime 3 nomination di "Minari" (ai GG candidato nella categoria film straniero, pur essendo una produzione americana) e "Da 5 Bloods" (nessuna nomination ai GG) e l'assenza di "Emily in Paris" e quel nonsense di "Ratched".

La cerimonia di premiazione si terrà il 4 aprile prossimo. 


27th Screen Actors Guild Awards

Outstanding Performance by an Ensemble in a Motion Picture
“Da 5 Bloods”
“Ma Rainey’s Black Bottom”
“Minari”
“One Night in Miami”
The Trial of the Chicago 7

Outstanding Performance by a Female Actor in a Leading Role in a Motion Picture
Amy Adams, “Hillbilly Elegy”
Viola Davis, “Ma Rainey’s Black Bottom”
Vanessa Kirby, “Pieces of a Woman
Frances McDormand, “Nomadland
Carey Mulligan, “Promising Young Woman

Outstanding Performance by a Male Actor in a Leading Role in a Motion Picture
Riz Ahmed, “The Sounds of Metal”
Chadwick Boseman, “Ma Rainey’s Black Bottom,”
Anthony Hopkins, “The Father”
Gary Oldman, “Mank”
Steven Yeun, “Minari”

Outstanding Performance by a Female Actor in a Supporting Role in a Motion Picture
Maria Bakalova, "Borat Subsequent Moviefilm"
Glenn Close, "Hillbilly Elegy"
Olivia Colman, "The Father"
Youn Yuh-jung, "Minari"
Helena Zengel, "News of the World"

Outstanding Performance by a Male Actor in a Supporting Role in a Motion Picture
Chadwick Boseman, “Da 5 Bloods”
Sacha Baron Cohen, “The Trial of the Chicago 7”
Daniel Kaluuya, “Judas and the Black Messiah”
Jared Leto, “The Little Things”
Leslie Odom, Jr., “One Night in Miami”

Outstanding Performance by an Ensemble in a Drama Series
“Better Call Saul”
“The Crown”
“Bridgerton”
“Lovecraft Country”
“Ozark”

Outstanding Performance by an Ensemble in a Comedy Series
“Dead To Me”
“The Flight Attendant”
“The Great”
“Schitt’s Creek”
“Ted Lasso”

Outstanding Performance by a Female Actor in a Drama Series
Gillian Anderson, “The Crown”
Olivia Colman, “The Crown”
Emma Corrin, “The Crown”
Julia Garner, “Ozark”
Laura Linney, “Ozark”

Outstanding Performance by a Male Actor in a Drama Series
Jason Bateman, “Ozark”
Sterling K. Brown, “This is Us”
Josh O’Connor, “The Crown”
Bob Odenkirk, “Better Call Saul”
Regé-Jean Page, “Bridgerton”

Outstanding Performance by a Female Actor in a Comedy Series
Christina Applegate, “Dead To Me”
Linda Cardellini, “Dead To Me”
Kaley Cuoco, “The Flight Attendant”
Annie Murphy, “Schitt’s Creek”
Catherine O’Hara, “Schitt’s Creek”

Outstanding Performance By a Male Actor in a Comedy Series
Nicholas Hoult, “The Great”
Dan Levy, “Schitt’s Creek”
Eugene Levy, “Schitt’s Creek”
Jason Sudeikis, “Ted Lasso”
Ramy Youssef, “Ramy”

Outstanding Performance by a Female Actor in a Television Movie or Limited Series
Cate Blanchett, “Mrs. America”
Michaela Coel, “I May Destroy You”
Nicole Kidman, “The Undoing”
Anya Taylor-Joy, “The Queen’s Gambit”
Kerry Washington, “Little Fires Everywhere”

Outstanding Performance by a Male Actor in a Television Movie or Limited Series
Bill Camp, “The Queen’s Gambit”
Daveed Diggs, “Hamilton”
Hugh Grant, “The Undoing”
Ethan Hawke, “The Good Lord Bird”
Mark Ruffalo, “I Know This Much Is True”

Outstanding Action Performance by a Stunt Ensemble in a Motion Picture
“News of The World”
“Wonder Woman 1984”
Mulan
“Da 5 Bloods”
“The Trial Of The Chicago 7”

Outstanding Action Performance by a Stunt Ensemble in a Comedy or Drama Series
“The Boys”
“Cobra Kai”
“Lovecraft Country”
“The Mandalorian”
“Westworld”

#HollywoodCiak
Bengi

Film 1796 - True Lies

Intro: Anche se si tratta di un classico, sinceramente non me lo ricordavo molto bene, per cui ho deciso che fosse venuto il momento di rivederlo!
Film 1796: "True Lies" (1994) di James Cameron
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: un po' 007, un po' Conan il barbaro e un po' "Freaky Friday" (se lo scambio fosse di identità e non di corpo), "True Lies" è una spy-comedy simpatica e molto dinamica che funziona praticamente sempre bene e fa sua, intelligentemente, quella tipicità austriaca di Schwarzenegger rilanciandola come punto di forza del suo personaggio, tanto assurdo e ripieno di cliché. Ma del resto è proprio questo il senso del film: prendere un attore famoso per i suoi personaggi fisicamenti distruttivi e metterlo in un contesto sofisticato come quello dello spionaggio e, al contempo, affiancargli un'attrice famosa per il suo passato horror affidandole il doppio ruolo dell'ingenua mogliettina in opposizione alla sexy agente segreta che sarà costretta a diventare. Non c'è niente di serio, è tutto estremamente esagerato e letale (in termini di esplosioni e distruzioni) e, bisogna ammetterlo, funziona. Chi l'avrebbe mai detto che Arnold Schwarzenegger e Jamie Lee Curtis potessero essere una perfetta coppia da grande schermo? Forse non in molti. Chi avrebbe scommesso che la Lee Curtis ci avrebbe guadagnato persino il suo SECONDO Golden Globe per questa interpretazione? Scommetto nessuno (e probabilmente nemmeno lei). Del resto si sa, i Golden Globe sono un mondo a parte.
Cast: Arnold Schwarzenegger, Jamie Lee Curtis, Tom Arnold, Bill Paxton, Art Malik, Tia Carrere, Eliza Dushku, Grant Heslov, Marshall Manesh, Charlton Heston.
Box Office: $378.9 milioni
Vale o non vale: Onestamente due ore e venti minuti sono un po' tanti, ma va detto che il film scorre comunque piuttosto bene. Tante le scene iconiche, come quella della limousine sul ponte in macerie, anche se quella che penso sia rimasta più nell'immaginario collettivo sia inevitabilmente la scena dello striptease che, sì, vede coinvolto l'utilizzo di un mangiacassette. Sipario.
Premi: Candidato all'Oscar e al BAFTA per i Migliori effetti speciali; vincitore del Golden Globe per la Miglior attrice protagonista commedia o musical (Jamie Lee Curtis).
Parola chiave: Terroristi.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 3 febbraio 2021

Golden Globes 2021: nomination e vincitori

La stagione dei premi è finalmente iniziata e con ampissimo ritardo a causa del Covid-19.

Mi sento di commentare brevemente quanto segue:
1. non credo ci fosse bisogno di candidare prodotti mediocri come "The Prom", "Ratched", "Emily in Paris" e, francamente, quella paraculata di "The Trial of the Chicago 7" (che tra quelli citati qui è sicuramente il titolo più riuscito, ma non mi pare proprio che ci sia del genio creativo dietro a questo prodotto);
2. tre e dico TRE donne candidate alla regia: F I N A L M E N T E. L'unica donna a vincere il Golden Globe alla regia è stata Barbra Streisand con "Yentl". Era il 1984;
3. grazie alla canzone "Is Si (Seen)" candata in tutte le lingue del Signore, Laura Pausini diventa ufficialmente una candidata (c'è chi direbbe miracolata) al Golden Globe. La traccia fa parte della colonna sonora del film "La vita davanti a sé" ("The Life Ahead") di Edoardo Ponti (un altro miracolato). 
Anche da Dublino e sempre: evviva l'Emilia-Romagna!

La cerimonia si terrà il 28 febbraio e sarà presentata in streaming da Tina Fey e Amy Poehler per la quarta volta insieme, per la prima da due location diverse (rispettivamente New York e Los Angeles).


78th Golden Globe Awards

Best Motion Picture, Drama
The Father
Mank
Nomadland
Promising Young Woman
The Trial of the Chicago 7

Best Picture, Musical or Comedy
Borat Subsequent Moviefilm
Hamilton
Music
Palm Springs
The Prom

Best Performance by an Actress in a Motion Picture, Drama
Viola Davis, Ma Rainey's Black Bottom
Andra Day, The United States vs. Billie Holiday
Vanessa Kirby, Pieces of a Woman
Frances McDormand, Nomadland
Carey Mulligan, Promising Young Woman

Best Performance by an Actor in a Motion Picture, Drama
Riz Ahmed, Sound of Metal
Chadwick Boseman, Ma Rainey's Black Bottom
Anthony Hopkins, The Father
Gary Oldman, Mank
Tahar Rahim, The Mauritanian

Best Performance by an Actress in a Motion Picture, Musical or Comedy
Maria Bakalova, Borat Subsequent Moviefilm
Kate Hudson, Music
Michelle Pfeiffer, French Exit
Rosamund Pike, I Care a Lot
Anya Taylor-Joy, Emma

Best Performance by an Actor in a Motion Picture, Musical or Comedy
Sacha Baron Cohen, Borat Subsequent Moviefilm
James Corden, The Prom
Lin-Manuel Miranda, Hamilton
Dev Patel, The Personal History of David Copperfield
Andy Samberg, Palm Springs

Best Supporting Actress, Motion Picture
Glenn Close, Hillbilly Elegy
Olivia Colman, The Father
Jodie Foster, The Mauritanian
Amanda Seyfried, Mank
Helena Zengel, News of the World

Best Supporting Actor, Motion Picture
Sacha Baron Cohen, The Trial of the Chicago 7
Daniel Kaluuya, Judas and the Black Messiah
Jared Leto, The Little Things
Bill Murray, On the Rocks
Leslie Odom, Jr., One Night in Miami

Best Director, Motion Picture
Emerald Fennell, Promising Young Woman
David Fincher, Mank
Regina King, One Night in Miami
Aaron Sorkin, The Trial of the Chicago 7
Chloé Zhao, Nomadland

Best Screenplay, Motion Picture
Emerald Fennell, Promising Young Woman
Jack Fincher, Mank
Aaron Sorkin, The Trial of the Chicago 7
Christopher Hampton and Florian Zeller, The Father
Chloé Zhao, Nomadland

Best Original Score, Motion Picture
Alexandre Desplat, The Midnight Sky
Ludwig Göransson, Tenet
James Newton Howard, News of the World
Trent Reznor, Atticus Ross, Mank
Trent Reznor, Atticus Ross, Jon Batiste, Soul

Best Original Song, Motion Picture
"Fight for You," Judas and the Black Messiah
"Hear My Voice," The Trial of the Chicago 7
"Is Si (Seen)," The Life Ahead
"Speak Now," One Night in Miami
"Tigress & Tweed," The United States vs. Billie Holiday

Best Motion Picture, Animated
The Croods: A New Age
Onward
Over the Moon
Soul
Wolfwalkers

Best Picture, Foreign Language
Another Round
The Life Ahead
La Llorona
Minari
Two of Us

Best Television Series, Drama
The Crown
Lovecraft Country
The Mandalorian
Ozark
Ratched

Best Television Series, Musical or Comedy
Emily in Paris
The Flight Attendant
The Great
Schitt's Creek
Ted Lasso

Best Limited Series, Anthology Series or a Motion Picture made for Television
Normal People
The Queen's Gambit
Small Axe
The Undoing
Unorthodox

Best Performance by an Actress in a Television Series, Drama
Olivia Colman, The Crown
Jodie Comer, Killing Eve
Emma Corrin, The Crown
Laura Linney, Ozark
Sarah Paulson, Ratched

Best Performance by an Actor in a Television Series, Drama
Jason Bateman, Ozark
Josh O'Connor, The Crown
Bob Odenkirk, Better Call Saul
Al Pacino, Hunters
Matthew Rhys, Perry Mason

Best Actress in a TV Series, Musical or Comedy
Lily Collins, Emily in Paris
Kaley Cuoco, The Flight Attendant
Elle Fanning, The Great
Jane Levy, Zoey's Extraordinary Playlist
Catherine O'Hara, Schitt's Creek

Best Actor in a TV Series, Musical / Comedy Series
Don Cheadle, Black Monday
Nicholas Hoult, The Great
Eugene Levy, Schitt's Creek
Jason Sudeikis, Ted Lasso
Ramy Youssef, Ramy

Best Performance by an Actress, Limited Series, Anthology Series or a Motion Picture made for Television
Cate Blanchett, Mrs. America
Shira Haas, Unorthodox
Daisy Edgar-Jones, Normal People
Nicole Kidman, The Undoing
Anya Taylor-Joy, The Queen's Gambit

Best Performance by an Actor, Limited Series, Anthology Series or Motion Picture made for Television
Bryan Cranston, Your Honor
Jeff Daniels, The Comey Rule
Hugh Grant, The Undoing
Ethan Hawke, The Good Lord Bird
Mark Ruffalo, I Know This Much Is True

Best Supporting Actress, Television
Gillian Anderson, The Crown
Helena Bonham Carter, The Crown
Julia Garner, Ozark
Annie Murphy, Schitt's Creek
Cynthia Nixon, Ratched

Best Supporting Actor, Television
John Boyega, Small Axe
Brendan Gleeson, The Comey Rule
Dan Levy, Schitt's Creek
Jim Parsons, Hollywood
Donald Sutherland, The Undoing

#HollywoodCiak 
Bengi