Intro: Mi è sempre piaciuto e volevo rivederlo da un po'. Netflix mi ha dato questa occasione circa un anno fa.
Film 1587: "Billy Elliot" (2000) di Stephen Daldry
Visto: dall'iPad
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: piccolo gioiellino del cinema indie britannico, non posso fare a meno di adorarlo ogni volta che ho l'occasione di rivederlo. Toccante, ma mai patetico, poetico nella sua maniera a tratti sgangherata, il film di Stephen Daldry fa centro grazie ad una storia originale e due comprimari pazzeschi.
Ambientato durante lo sciopero dei minatori britannici del 1984-1985 nella cittadina fittizia di Everington, "Billy Elliot" racconta il percorso di formazione di un 11enne che cerca di capire quale sia la sua strada, forzato dalla famiglia a seguire le orme di padre e fratello maggiore e, a sorpresa anche per lui, al contempo interessato a prendere lezioni di danza. Tutto nasce per caso, ma la passione e il talento ci sono, per cui la sua insegnante Mrs. Wilkinson (Walters) lo sprona ed indirizza verso traguardi sempre più ambiziosi fino addirittura a spingerlo a provare ad entrare alla Royal Ballet School di Londra. Da non dimenticare, però, la situazione familiare di Billy (Bell), non esattamente interessata a vederlo investire il suo tempo in piroette e passi di danza.
Al di là delle premesse e degli sviluppi più scontati relativamente al cuore della storia - figlio di un minatore che vorrebbe tentare la carriera nella danza a metà anni ottanta in un contesto socio-culturale ancora piuttosto acerbo e retrogrado relativamente al mondo delle arti -, quello che colpisce di questa pellicola è certamente lo spirito positivo e propositivo nei confronti degli elementi cardine del racconto. Billy non è gay, ma è un ragazzino che vuole danzare; il suo amico Michael è gay e indossa i vestiti della madre; danzare è una forma espressiva di sé e non importa da quale condizione sociale si provenga. Tutto questo, insieme, non dà adito a stereotipi e, anzi, riesce certamente a dimostrare che, una volta capita quale sia la propria strada, ognuno ha il diritto di intraprenderla nella maniera che desidera e anche se il finale commovente e positivo del film è una necessità imprescindibile per l'happy ending richiesto, non si può fare a meno di sentirsi felici per la sorte del giovane Billy ed essere fieri del percorso di crescita fatto da lui e la sua famiglia. Insomma, c'è speranza per tutti di vedere oltre il limite che l'imposizione sociale ci costringe a volte ad abbracciare, che sia per essere accettati o per paura di venire rifiutati non importa: basta un solo elemento che si disponga fuori dal tracciato ordinario per ottenere nuovi, positivi risvolti inattesi.
Cast: Julie Walters, Gary Lewis, Jamie Bell, Jamie Draven, Adam Cooper, Stuart Wells, Jean Heywood.
Box Office: $109.3 milioni
Vale o non vale: Una sorta di mix tra "Arrival", "Ultimatum alla Terra" e "Under the Dome", la pellicola di Alex Garland basata sul romanzo omonimo scritto da Jeff VanderMeer in realtà non funziona granché. Fallisce nel mantenere acceso l'interesse dello spettatore nel momento in cui la storia comincia a non avere più niente di sensato da raccontare. Francamente un film che si può evitare di guardare.
Premi: Candidato a 3 premi Oscar per Miglior regia, sceneggiatura originale e attrice non protagonista (Walters); 2 candidature ai Golden Globe (film ed attrice non protagonista) e 13 nomination ai BAFTA (tra cui Miglior film, regia e sceneggiatura) e 3 premi vinti per il Miglior film britannico, Miglior attore protagonista (Bell) e Miglior attrice non protagonista (Walters). Candidato come Miglior film straniero sia ai César che ai David di Donatello.
Parola chiave: Audizione.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 1587: "Billy Elliot" (2000) di Stephen Daldry
Visto: dall'iPad
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: piccolo gioiellino del cinema indie britannico, non posso fare a meno di adorarlo ogni volta che ho l'occasione di rivederlo. Toccante, ma mai patetico, poetico nella sua maniera a tratti sgangherata, il film di Stephen Daldry fa centro grazie ad una storia originale e due comprimari pazzeschi.
Ambientato durante lo sciopero dei minatori britannici del 1984-1985 nella cittadina fittizia di Everington, "Billy Elliot" racconta il percorso di formazione di un 11enne che cerca di capire quale sia la sua strada, forzato dalla famiglia a seguire le orme di padre e fratello maggiore e, a sorpresa anche per lui, al contempo interessato a prendere lezioni di danza. Tutto nasce per caso, ma la passione e il talento ci sono, per cui la sua insegnante Mrs. Wilkinson (Walters) lo sprona ed indirizza verso traguardi sempre più ambiziosi fino addirittura a spingerlo a provare ad entrare alla Royal Ballet School di Londra. Da non dimenticare, però, la situazione familiare di Billy (Bell), non esattamente interessata a vederlo investire il suo tempo in piroette e passi di danza.
Al di là delle premesse e degli sviluppi più scontati relativamente al cuore della storia - figlio di un minatore che vorrebbe tentare la carriera nella danza a metà anni ottanta in un contesto socio-culturale ancora piuttosto acerbo e retrogrado relativamente al mondo delle arti -, quello che colpisce di questa pellicola è certamente lo spirito positivo e propositivo nei confronti degli elementi cardine del racconto. Billy non è gay, ma è un ragazzino che vuole danzare; il suo amico Michael è gay e indossa i vestiti della madre; danzare è una forma espressiva di sé e non importa da quale condizione sociale si provenga. Tutto questo, insieme, non dà adito a stereotipi e, anzi, riesce certamente a dimostrare che, una volta capita quale sia la propria strada, ognuno ha il diritto di intraprenderla nella maniera che desidera e anche se il finale commovente e positivo del film è una necessità imprescindibile per l'happy ending richiesto, non si può fare a meno di sentirsi felici per la sorte del giovane Billy ed essere fieri del percorso di crescita fatto da lui e la sua famiglia. Insomma, c'è speranza per tutti di vedere oltre il limite che l'imposizione sociale ci costringe a volte ad abbracciare, che sia per essere accettati o per paura di venire rifiutati non importa: basta un solo elemento che si disponga fuori dal tracciato ordinario per ottenere nuovi, positivi risvolti inattesi.
Cast: Julie Walters, Gary Lewis, Jamie Bell, Jamie Draven, Adam Cooper, Stuart Wells, Jean Heywood.
Box Office: $109.3 milioni
Vale o non vale: Una sorta di mix tra "Arrival", "Ultimatum alla Terra" e "Under the Dome", la pellicola di Alex Garland basata sul romanzo omonimo scritto da Jeff VanderMeer in realtà non funziona granché. Fallisce nel mantenere acceso l'interesse dello spettatore nel momento in cui la storia comincia a non avere più niente di sensato da raccontare. Francamente un film che si può evitare di guardare.
Premi: Candidato a 3 premi Oscar per Miglior regia, sceneggiatura originale e attrice non protagonista (Walters); 2 candidature ai Golden Globe (film ed attrice non protagonista) e 13 nomination ai BAFTA (tra cui Miglior film, regia e sceneggiatura) e 3 premi vinti per il Miglior film britannico, Miglior attore protagonista (Bell) e Miglior attrice non protagonista (Walters). Candidato come Miglior film straniero sia ai César che ai David di Donatello.
Parola chiave: Audizione.
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