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martedì 5 ottobre 2021

Film 1831 - Climax

Intro: Altro film di Gaspar Noé scelto da Eric, un'altra disorientante esperienza cinematografica

Film 1831: "Climax" (2018) di Gaspar Noé
Visto: dalla tv di casa
Lingua: inglese, francese
Compagnia: Eric
In sintesi: mentirei se dicessi che "Climax" mi sia piaciuto. Sicuramente è un'esperienza cinematografica forte che non manca di colpire lo spettatore, ma a parte lo shock di molte delle scene e dei passaggi della sceneggiatura, quello che rimane di questa storia è davvero poco.
Ci sono il ballo e le coreografie, le droghe e le allucinazioni, la violenza e le rivelazioni sconvolgenti, eppure il risultato finale pare molto fine a se stesso, un racconto che lascia perplessi ed esterrefatti, ma non va oltre i confini della sua narrazione.
Sicuramente, però, a livello estetico "Climax" ha il suo appeal.
Cast: Sofia Boutella, Kiddy Smile, Romain Guillermic, Souheila Yacoub, Claude Gajan Maull, Giselle Palmer, Taylor Kastle, Thea Carla Schøtt.
Box Office: $2 milioni
Vale o non vale: I fan di Noé dovrebbero apprezzare, anche se è evidente che questo non sia un prodotto per tutti.
Premi: /
Parola chiave: Sangria.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 6 giugno 2019

Film 1602 - Saturday Night Fever

Intro: Non lo avevo mai visto...
Film 1602: "Saturday Night Fever" (1977) di John Badham
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: devo ammettere che "Saturday Night Fever" non mi abbia particolarmente entusiasmato. Ero ben disposto e pronto a scatenarmi (mentalmente) al ritmo di musiche e balli indimenticabili, ma l'atmosfera creata da questa pellicola non mi ha convinto. Travolta è certamente bravo a creare il personaggio, ma la cafonaggine strafottente del giovane Tony Manero mi ha infastidito più che intrattenuto e la totale incapacità recitativa di Karen Lynn Gorney è assolutamente fastidiosa. Musiche epiche, ma personalmente ci fermiamo qui.
Cast: John Travolta, Karen Lynn Gorney, Barry Miller, Joseph Cali, Paul Pape, Donna Pescow, Bruce Ornstein, Val Bisoglio, Julie Bovasso, Martin Shakar.
Box Office: $237.1 milioni
Vale o non vale: Un po' come per "Dirty Dancing" e "Footloose" siamo di fronte alla pellicola musicale per adolescenti che, in un momento storico di cambiamenti, riescono a rivedere loro stessi nelle difficoltà del protagonista, incompreso dalla famiglia e desideroso di mettere in pratica le proprie scelte piuttosto che seguire le imposizioni dei genitori. Diversamente dalle altre due pellicole, qui la vicenda ha contorni più reali e meno da favola. Il risultato finale, però, non mi ha convinto. Colonna sonora pazzesca con canzoni indimenticabili di Bee Gees e non solo.
Premi: Candidato all'Oscar per il Miglior attore protagonista (Travolta), 4 Golden Globes (Miglior film, attore protagonista, colonna sonora e canzone originale) e 2 BAFTA (sonoro e colonna sonora). La colonna sonora ha vinto 5 Grammy Award fra il 1978-79: Best Pop Vocal Performance by a Group ("How Deep Is Your Love"), Album of the Year, Best Pop Vocal Performance by a Duo or Group ("Saturday Night Fever"), Best Arrangement of Voices ("Stayin' Alive"), Producer of the Year.
Parola chiave: Ballare.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 16 maggio 2019

Film 1587 - Billy Elliot

Intro: Mi è sempre piaciuto e volevo rivederlo da un po'. Netflix mi ha dato questa occasione circa un anno fa.
Film 1587: "Billy Elliot" (2000) di Stephen Daldry
Visto: dall'iPad
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: piccolo gioiellino del cinema indie britannico, non posso fare a meno di adorarlo ogni volta che ho l'occasione di rivederlo. Toccante, ma mai patetico, poetico nella sua maniera a tratti sgangherata, il film di Stephen Daldry fa centro grazie ad una storia originale e due comprimari pazzeschi.
Ambientato durante lo sciopero dei minatori britannici del 1984-1985 nella cittadina fittizia di Everington, "Billy Elliot" racconta il percorso di formazione di un 11enne che cerca di capire quale sia la sua strada, forzato dalla famiglia a seguire le orme di padre e fratello maggiore e, a sorpresa anche per lui, al contempo interessato a prendere lezioni di danza. Tutto nasce per caso, ma la passione e il talento ci sono, per cui la sua insegnante Mrs. Wilkinson (Walters) lo sprona ed indirizza verso traguardi sempre più ambiziosi fino addirittura a spingerlo a provare ad entrare alla Royal Ballet School di Londra. Da non dimenticare, però, la situazione familiare di Billy (Bell), non esattamente interessata a vederlo investire il suo tempo in piroette e passi di danza.
Al di là delle premesse e degli sviluppi più scontati relativamente al cuore della storia - figlio di un minatore che vorrebbe tentare la carriera nella danza a metà anni ottanta in un contesto socio-culturale ancora piuttosto acerbo e retrogrado relativamente al mondo delle arti -, quello che colpisce di questa pellicola è certamente lo spirito positivo e propositivo nei confronti degli elementi cardine del racconto. Billy non è gay, ma è un ragazzino che vuole danzare; il suo amico Michael è gay e indossa i vestiti della madre; danzare è una forma espressiva di sé e non importa da quale condizione sociale si provenga. Tutto questo, insieme, non dà adito a stereotipi e, anzi, riesce certamente a dimostrare che, una volta capita quale sia la propria strada, ognuno ha il diritto di intraprenderla nella maniera che desidera e anche se il finale commovente e positivo del film è una necessità imprescindibile per l'happy ending richiesto, non si può fare a meno di sentirsi felici per la sorte del giovane Billy ed essere fieri del percorso di crescita fatto da lui e la sua famiglia. Insomma, c'è speranza per tutti di vedere oltre il limite che l'imposizione sociale ci costringe a volte ad abbracciare, che sia per essere accettati o per paura di venire rifiutati non importa: basta un solo elemento che si disponga fuori dal tracciato ordinario per ottenere nuovi, positivi risvolti inattesi.
Cast: Julie Walters, Gary Lewis, Jamie Bell, Jamie Draven, Adam Cooper, Stuart Wells, Jean Heywood.
Box Office: $109.3 milioni
Vale o non vale: Una sorta di mix tra "Arrival", "Ultimatum alla Terra" e "Under the Dome", la pellicola di Alex Garland basata sul romanzo omonimo scritto da Jeff VanderMeer in realtà non funziona granché. Fallisce nel mantenere acceso l'interesse dello spettatore nel momento in cui la storia comincia a non avere più niente di sensato da raccontare. Francamente un film che si può evitare di guardare.
Premi: Candidato a 3 premi Oscar per Miglior regia, sceneggiatura originale e attrice non protagonista (Walters); 2 candidature ai Golden Globe (film ed attrice non protagonista) e 13 nomination ai BAFTA (tra cui Miglior film, regia e sceneggiatura) e 3 premi vinti per il Miglior film britannico, Miglior attore protagonista (Bell) e Miglior attrice non protagonista (Walters). Candidato come Miglior film straniero sia ai César che ai David di Donatello.
Parola chiave: Audizione.

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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 12 maggio 2019

Film 1580 - Step Up

Intro: Secondo mia cugina dovevo guardarmi tutto il franchise, ma ho resistito solo per un film...
Film 1580: "Step Up" (2006) di Anne Fletcher
Visto: dal pc portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: mah, in tutta onestà ho trovato questa pellicola davvero poco interessante. Non che non sia un fan delle pellicole che mettono al centro della storia il ballo, il punto non è tanto quello, quanto proprio la mancanza di elementi narrativi validi e di intrattenimento. Poi, per carità, le mirabolanti esibizioni sono sicuramente d'effetto e belle da vedere, ma rimane il fatto che, oltre la superficie, questa pellicola non abbia molto da raccontare. Perlomeno a me.
Cast: Channing Tatum, Jenna Dewan, Mario, Drew Sidora, Damaine Radcliff, Alyson Stoner, De'Shawn Washington, Josh Henderson, Rachel Griffiths.
Box Office: $114.2 milioni
Vale o non vale: Amore e ballo ai tempi della scuola, per un mix che cerca di combinare "Save the Last Dance", "Honey" e "Saranno Famosi" veramente non molto riuscito. Per i fan del genere balli scatenati e amori adolescenziali (circa) proibiti.
Premi: /
Parola chiave: Presentazione.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 14 aprile 2017

Film 1342 - Brigadoon

Ne avevo sentito parlare, senza avere in realtà idea di cosa potesse parlare. Mi ha sempre colpito il titolo misterioso, così appena ne ho avuto la possibilità ho recuperato questo film...

Film 1342: "Brigadoon" (1954) di Vincente Minnelli
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano, inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Tratto dall'omonimo musical di Broadway, l'idea alla base della trama, per quanto assurda, è efficace e rimane impressa. Per una volta un po' più di originalità in questo genere nonostante lo step obbligato della storia d'amore tra i due protagonisti. Del resto non si può pretendere troppo da un titolo di 63 anni fa...
Sempre dallo stesso punto di vista, bisogna anche dire che si vede che "Brigadoon" è girato in studio, tutto ricostruito per l'occasione (non c'è una singola inquadratura che non lo testimoni). Del resto è il fascino di queste pellicole che oggi non si producono più: fondali dipinti, un numero spropositato di comparse, costumi fantastici, due protagonisti che si innamorano al primo sguardo, il tutto per un risultato finale da vera Hollywood classica. Se si apprezza il genere siamo di fronte ad un esempio calzante.
Per quanto riguarda le canzoni, che non conoscevo, devo dire che non mi hanno particolarmente colpito. Certo, le ho viste in inglese senza sottotitoli, in ogni caso, anche solo per il ritmo, non mi sono davvero rimaste impresse. I balli sono molto coreografici e plateali nei gesti per via del modo di recitare dell'epoca, caricato e volto a sottolineare mimica e gesti, che qui si traduce in un'impostazione ancora più innaturale del modo di comunicare dei personaggi (ma si sa che fa parte del "pacchetto" quando si decide di vedere un vecchio musical hollywoodiano). Una scena mi ha ricordato "Il curioso caso di Benjamin Button" nel momento in cui la Blanchett balla per Pitt. Qui Fiona (Cyd Charisse), che indossa un abito rosso come quello di Daisy, balla per Tommy (Gene Kelly) e danza come una ballerina mentre si muove con lui per il bosco. Contesti diversi, ma l'impressione è stata forte (e non è l'unica: "Tutti insieme appassionatamente", "7 spose per 7 fratelli", ecc).
Tutto sommato, comunque, il film funziona e adempie adeguatamente alla sua missione di intrattenimento con accompagnamento musicale. La regia di Minelli mi è sembrata moderna nell'approccio a certi numeri cantati (tip tap), ritmata grazie ad un montaggio quasi contemporaneo, classica per quanto riguarda il ricalcare il gusto estetico dell'epoca. Insomma, un prodotto meno scontato di quanto mi sarei aspettato, ma avevo basse attese; non penso lo rivedrei, in ogni caso non mi pento della visione.
Ps. Candidato a 3 premi Oscar: Miglior scenografia, costumi e sonoro.
Cast: Gene Kelly, Van Johnson, Cyd Charisse, Elaine Stewart, Barry Jones, Hugh Laing.
Box Office: $2.25 milioni (solo USA)
Consigli: Un villaggio fermo nel tempo che appare nella campagna scozzese una volta ogni 100 anni è la premessa molto intrigante alla base di "Brigadoon", musical senza tempo dell'età d'oro hollywoodiana. Non è il titolo più rappresentativo del genere, a mio avviso, ma rimane comunque un ottimo intrattenimento per chi apprezza questo tipo di produzioni. Non è per tutti, naturalmente.
Parola chiave: Caccia.

Se ti interessa/ti è piaciuto

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 20 gennaio 2017

Film 1285 - West Side Story

Non lo avevo mai visto e, francamente, era davvero ora di recuperare!

Film 1285: "West Side Story" (1961) di Jerome Robbins, Robert Wise
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Il ricordo più intenso ed incisivo, nonché il primo, su questo film deriva dalla mia giovanile esperienza universitaria al DAMS, nello specifico dal corso di Storia del cinema. Tra gli approfondimenti a piacere scelsi, nell'ormai lontano 2007, "Introduzione al cinema di Hollywood" di Franco La Polla, una lettura che spesso mi torna alla mente nonostante gli ormai 10 anni passati dall'occasione di studio.
L'opinione di La Polla è piuttosto inequivocabile: "West Side Story" è il musical che negli anni '60 ha ucciso il genere del musical. Lo cito, così da fugare ogni perplessità:

E infine il film che fu salutato come il rinnovamento quando in realtà era giunto a sotterrare il genere, West Side Story («West Side Story», 1961) di Robert Wise. Variazione sul tema di Giulietta e Romeo, la pellicola può vantare le belle coreografie di Jerome Robbins, ma non molto di più. Il problema è che nel mondo onirico del musical non c'è posto per i problemi sociali e sociologici. [...] sarà bene ricordare che anche più del teatro musicale il musical cinematografico affida il suo fascino alla componente eufemistica delle sue storie e della sua costruzione sia scenografica che coloristica. Affossare quest'ultima significa affossare il musical. Intendiamoci, non esiste alcun colpevole, si tratta soltanto di un diverso modo di sentire che negli anni si è fatto strada e che ha portato il genere alla sua consunzione nei termini in cui esso era noto e caro alle platee. Nel caso di West Side Story, poi, la bontà dei numeri di danza è indiscutibile, ma lo è altrettanto la loro secondarietà rispetto agli intenti primari del film, vale a dire il racconto di una storia d'amore e di morte. Già questo secondo elemento è alquanto inusitato nel panorama del musical classico, ma se vi si aggiunge anche una problematica sociale quale quella dell'emarginazione giovanile, è evidente che ci si trova davanti a un oggetto di natura a dir poco ambigua. Ne esce un'opera dove le convenzioni sceniche e drammaturgiche, tipiche del musical, diventano manierismo (La Polla, p. 141). 

Negli anni queste parole sono rimaste dentro di me, più che altro a solleticare la curiosità e un certo sano scetticismo nei confronti di una convinzione tanto radicale quanto certamente provocatoria. Rimaneva la necessità di un'opinione personale da affiancare a un parere tanto radicale quanto importante.
Dato che le parole di La Polla le sono andate volutamente a rileggere solo oggi, da un certo punto di vista mi fa piacere constatare che qualcuna tra le cose scritte da lui emerge anche dai miei appunti sul film. Niente di così elaborato, per carità. Tra le cose che ho notato durante la visione, sicuramente le belle riprese dall'alto che esaltano i numeri di danza, oltre che certe scelte registiche interessanti che, attraverso movimenti eclatanti di macchina (come gli sguardi diretti in camera o le chiusure dei numeri più sincopati), conferiscono alla pellicola un approccio moderno. Detto questo, la maggior parte delle volte ho trovato, però, che le riprese fossero meno dinamiche di quanto mi sarei aspettato e più semplicemente una sorta di avanti e indietro in carrellata, a dare un ritmo "musicale" direttamente attraverso la ripresa della scena, invece che tramite le scelte del montaggio. Oggi a mio avviso è più quest'ultimo a costruire il senso del ritmo di un'opera cinematografica nel suo complesso.
Al di là di questo, "West Side Story" mi ha coinvolto a fasi alterne. Il ritmo è altalenante e la storia si prende davvero molto tempo per girare attorno a quelli che saranno gli snodi principali del film, per cui inizialmente ho un po' faticato ad ingranare. Certe scelte di cast - in un'epoca in cui ad Hollywood le parti etniche erano solo un po' di lavoro in più per trucco e maestri di dizione e le esigenze di un ruolo qualcosa in secondo piano rispetto al richiamo del nome illustre - non mi hanno davvero convinto e tutto quel cerone per rendere più scuri alcuni degli attori mi ha più volte distratto. Per entrare maggiormente nello specifico, sono sicuro che qualcuno più adatto di Natalie Wood nei panni di Maria (e che magare potesse anche cantare) si potesse trovare e George Chakiris non mi è sembrato davvero così in parte da meritarsi un Oscar (senza contare il fatto che è di origini greche, non ispaniche). La vera "regina" di questa storia è la fantastica Anita, ovvero una strepitosa e magnetica Rita Moreno che canta e balla come un'indemoniata e nella cui grinta ho ritrovato una sorta di antesignana e molto più raffinata Nicki Minaj. Senza contare che l'attrice è nata a Humacao, Porto Rico.
Per quanto riguarda le canzoni, invece, alcune sono davvero belle ("America" la più incisiva, il momento della sfida di ballo tra le bande rivali nella sala da ballo è stupendo) e capaci di comunicare lo stato d'animo dei personaggi e gli sviluppi narrativi attraverso i loro versi. Non a caso si tratta di un adattamento cinematografico di un musical (di Broadway), dove la necessità di far progredire la narrazione prevede l'utilizzo delle canzoni non solo come strumento di intrattenimento, ma di vero e proprio dialogo e racconto. In questo è piuttosto evidente la genialità dei testi, i quali sfruttano brillantemente le strofe per dipingere un quadro della situazione che non si limita alla sola storia, ma include anche il contesto sociale in cui i personaggi sono immersi: un elemento ben sviluppato e vincente di "West Side Story" e credo uno di quelli che ho preferito in assoluto.
In definitiva, comunque, la visione di questo film è stata il dovuto completamento di un puzzle dal pezzo mancante che, però, non mi ha del tutto soddisfatto. La fredda frigidità di Natalie Wood mi ha infastidito, il pesante "trucco portoricano" è fastidioso e certi passaggi si sarebbero potuti sforbiciare ampiamente (di certo l'overture è saltabile e i titoli di coda sembrano belli all'inizio, ma alla lunga sembrano solo interminabili). Pure, ho amato Rita Moreno (cui certamente ora so spettare l'Oscar vinto), i bellissimi costumi e le straordinarie scenografie e coreografie pensate per balli che sembrano immaginati per un numero infinito di ballerini. Non so se "West Side Story" abbia decretato la definitiva dipartita del genere musical - sono curioso di vedere cosa ha in serbo "La La Land" -, a me sembra che nonostante tutto sia un titolo capace ancora oggi di attrarre il non facile status di culto, per cui preferisco evitare estremismi. Per quanto mi riguarda non è stata una pellicola sconvolgente, pur riuscendo per certi aspetti a rimanermi impresso. Mi aspettavo altro e certamente sono stato influenzato e "deviato" dal background di genere che mi sono costruito negli anni ("Into the Woods", "Nine", "Evita", "Sweeney Todd", "Come d'incanto", "8 donne e un mistero", "Cry Baby", "Chicago" e ovviamente quei capolavori che sono "Nightmare Before Christmas" e "Moulin Rouge!" oltre che chissà quali altri titoli che ora non ricordo), in ogni caso recuperarlo è stata la scelta giusta per farmi finalmente un'idea su questa porzione di storia del cinema americano.
Ps. 11 candidature agli Oscar del 1962 e 10 premi vinti: Miglior film, regia (per la prima volta andato a due persone), attore e attrice non protagonisti, fotografia, costumi, scenegorafie, sonoro, montaggio e colonna sonora. L'unico a perdere fu Ernest Lehman per la sceneggiatura non originale che, quell'anno, andò a Abby Mann per "Vincitori e vinti".

Cast: Natalie Wood, Richard Beymer, Rita Moreno, George Chakiris, Russ Tamblyn, Simon Oakland, Ned Glass, William Bramley.
Box Office: $43.7 milioni
Consigli: Una pellicola che vince 10 premi Oscar, tra cui Miglior film, diciamocelo: va vista. Se si ama il cinema, credo che la scelta prima o poi sia come obbligata, se si amano i musical o titoli d'epoca ancora di più. Le gigantesche scenografie permettono una libertà di movimento che spinge i numeri musicali ad osare e confrontarsi con un numero inusualmente alto di persone, il che li rende davvero d'effetto (e il corpo di ballo che non si risparmia). Certo, non è una scelta buona per ogni occasione sia perché si tratta di un prodotto musicale che si esprime anche attraverso la musica, sia perché dura due ore e mezza belle piene. Insomma, serve il momento buono.
Parola chiave: Bande rivali.

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Bengi

mercoledì 16 novembre 2016

Film 1239 - Cinderella

Altra seratina casalinga danese, questa volta in compagnia di una favola Disney che Netflix così gentilmente ci ha messo a disposizione.

Film 1239: "Cinderella" (2015) di Kenneth Branagh
Visto: dalla tv di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Poe
Pensieri: Avevo già avuto un'impressione positiva di questa trasposizione in carne ed ossa della favola di Cenerentola quando l'avevo vista al cinema, per cui era probabile che anche la seconda visione sarebbe stata piacevole. In effetti così è stato e, a dirla tutta, ho particolarmente apprezzato l'abbandono del doppiaggio per la versione originale, molto meno stucchevole e impostata. La Blanchett è stupenda (anche se a Poe non è piaciuta in queste vesti) e Lily James è appropriata per il ruolo, le scenografie sono sfarzose e i costumi sono magnifici e tutta l'operazione, in generale, presenta una raffinatezza che per quanto sia evidentemente artificiosa, risulta comunque piacevole.
In generale, dunque, un'operazione ben riuscita e una scommessa vinta nonostante non fosse facile la rivisitazione di un classico non solo in chiave moderna, ma anche in quella "umana". Non era scontato che le cose sarebbero andate per il verso giusto e qui, mi pare, gli elementi classici si sono ben fusi con le possibilità messe a disposizione dalle nuove tecnologie (e di un budget da 95 milioni di dollari), per cui "Cinderella" è - in tutta la costosa semplicità del caso - una perfetta copia vivente del classico animato di oltre 60anni fa. E Disney festeggia (e mette in cantiere versioni live-action di tutti i suoi titoli animati più famosi).
Ps. Solo una candidatura agli Oscar 2016 per i Migliori costumi di Sandy Powell.
Film 906 - Cenerentola
Cast: Lily James, Cate Blanchett, Richard Madden, Stellan Skarsgård, Holliday Grainger, Derek Jacobi, Helena Bonham Carter, Nonso Anozie, Sophie McShera, Hayley Atwell, Ben Chaplin.
Box Office: $543.5 milioni
Consigli: Chi ha amato la favola versione cartone animato apprezzerà questo film, replica piuttosto similare della storia portata sul grande schermo nel 1960. Sfarzo per costumi e scenografie, una fotografia particolarmente brillante e un cast delle grande occasioni, per un risultato finale che certamente colpisce (sicuramente sul piano estetico). Un storia per tutta la famiglia per una pellicola adatta un po' a tutte le occasioni. Lieto fine scontato.
Parola chiave: Ballo.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 25 novembre 2015

Film 1034 - Magic Mike XXL

Per chiudere il cerchio...

Film 1034: "Magic Mike XXL" (2015) di Gregory Jacobs
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Dopo la cocente delusione del primo ero sicurissimo che non avrei speso altri soldi per questo prodotto cinematografico commerciale spacciato per qualcosa che non è. Ergo, ho atteso il quasi sempre puntualissimo streaming per usufruire del secondo non troppo atteso capitolo delle avventure danzerecce al palo del bisteccone con un cuore Magic Mike (Channing Tatum).
A differenza del primo, almeno, questo sequel non tenta di spacciarsi per ciò che non è, ovvero una sorta di spaccato su una realtà solo superficialmente conosciuta da tutti, ma mai veramente approfondita. La promessa patinata che già la locandina ci vende è totalmente rispettata e grazie a Dio la trama rimane ben ancorata alle uniche cose che il pubblico pagante di una pellicola del genere - al pari del pubblico pagante di uno qualunque di questi spettacoli, suppongo - si aspetta: le mosse sexy di ballerini (più o meno) sexy che si agitano come matti sembrando a volte sexy, più spesso scemi. In quest'ottica ho trovato "Magic Mike XXL" anche accettabile.
Poi ok, il resto è nulla assoluto, la scena finale della competizione di ballo è qualcosa di agghiacciante e non capisco come si possa trovare una cosa del genere eccitante, ma tant'è, dobbiamo farcene una ragione. Per cui io dico no, "Magic Mike XXL" non è proprio di mio gusto e a parte una serie di addominali parlanti, babbee eccitate e personaggi bidimensionali non c'è altro. L'unica vera sorpresa è Donald Glover. Scesi a patto con questo, il risultato è migliore del primo.
Film 460 - Magic Mike
Cast: Channing Tatum, Joe Manganiello, Matt Bomer, Kevin Nash, Adam Rodríguez, Gabriel Iglesias, Amber Heard, Donald Glover, Andie MacDowell, Elizabeth Banks, Jada Pinkett Smith.
Box Office: $117.8 milioni
Consigli: Francamente trovo il titolo geniale e la locandina perfetta, ma mi fermo qui. E' un prodotto banale e superficiale, infarcito di numeri di ballo che mirano all'eccitazione sessuale, ma che non sono davvero il mio genere né rispecchiano il mio ideale di sexy, per cui fatico davvero a vederci qualcosa che vada oltre corpi pompati che ancheggiano e ribaltano scemette imbambolate. Se è piaciuto il primo questo secondo capitolo potrebbe anche funzionare, altrimenti chi non ha apprezzato "Magic Mike" o non conosce il franchise... può anche lasciar stare.
Parola chiave: Convention.

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Bengi

venerdì 26 luglio 2013

Film 570 - Footloose

Un titolo di culto che non avevo mai visto e mi ero sempre ripromesso di recuperare (in originale). Everybody cut footloose!

Film 570: "Footloose" (1984) di Herbert Ross
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Va detto che ho studiato molto bene questo "Footloose" originale. Mi sono appassionato, infatti, a verificare quanto la trama del film fosse parallelamente simile a moltissimi temi trattati nei testi della cantante americana Lana Del Rey. Nonostante io mi renda perfettamente conto che sia una stupidaggine, ho comunque cercato le numerose connessioni, rendendomi sempre più conto che - magia? - le somiglianze non sono poche.
I macrotemi di questo film, infatti, sono più o meno rintracciabili in ogni canzone che la Del Rey abbia inciso nell'ultimo periodo. A sua discolpa va detto che, come lei, anche la pellicola tratta tematiche piuttosto generali e generalmente affrontate da pellicole generazionali del genere: conflitto con i genitori e con l'autorità, necessità di sperimentare, amori, scoperta di sé stessi, momenti down a cui tentare di sfuggire come meglio si riesce (ballo, alcol, droghe, ecc).
Che nessuna delle due parti brillasse per originalità assoluta non è mai stato un mistero, quindi abbandoniamo Lana e teniamoci "Footloose" per quello che è, ovvero un prodotto classicamente figlio del periodo in cui è stato concepito e realizzato. Al giorno d'oggi il racconto di una cittadina che vieta ai giovani di ballare il rock (di Satana) sarebbe pura fantascienza, probabilmente inimmaginabile per quei ragazzi che sperimentano tutti i divertimenti già in precoce età. Forse per questo motivo si è sentita la necessità di riproporre questo titolo creandone un rifacimento che ne ha mantenuto il nome: suppongo l'intento fosse sfruttare un prodotto di richiamo svecchiandone i passaggi narrativi e, in ultima nota, farci su dei soldi. L'esperimento ha funzionato a metà (il remake ha incassato, infatti, $62,701,289 a fronte di una spesa di 24).
L'originale degli anni '80, come si diceva, non brilla per una particolare scelta narrativa, ma mi rendo conto che abbia affascinato il pubblico tanto da divenire cult insieme a molte altre pellicole che, in quegli anni, affiancarono a dei bei protagonisti tonici scene di ballo e drammi adolescenziali ("Grease - Brillantina", "Saranno famosi", "Flashdance", "Dirty Dancing - Balli proibiti"). Va detto che, carico del mio personale background, ho trovato comunque questo film deboluccio e altamente superficiale, oltre che a tratti sorprendentemente violento o insensato. Le scene di ballo sono decisamente meno di quelle che mi aspettassi e, per quanto snodato, Kevin Bacon non è John Travolta.
Lori Singer (Ariel nel film) è una 'mascellona' americana dalle spalle da nuotatrice e una bellezza sinceramente assente, non in grado di incarnare un sogno erotico femminile quantomeno contemporaneo (poi, all'epoca, se fosse gradita non mi è dato sapere). Certo è che con a fianco Sarah Jessica Parker (prima della cura Bradshaw) vincere era davvero molto, molto facile.
John Lithgow e Dianne Wiest compongono, invece, la coppia adulta (sono i genitori di Ariel) che dovrà rivedere fino alle fondamenta del proprio matrimonio per ritrovare una fioritura sentimentale da anni sopita. Il personaggio di Lithgow è orrendo per ciò che rappresenta, ma saprà redimersi e cambiare la sua prospettiva nel finale, anche grazie alla pacata ma intelligente moglie.
Insomma, in definitiva da "Footloose" - di cui tanto avevo sentito parlare - mi aspettavo qualcos'altro, forse un filmetto a ritmo di musica capace di coinvolgermi e stupirmi, quantomeno intrattenermi con ritmo. Sono molti, invece, i passaggi pseudo-drammatici che tentano di far approdare la pellicola in qualcosa che, invece, non aveva le carte per diventare. Non mi ha convinto.
Ps. 2 nomination all'Oscar per le canzoni "Let's Hear It for the Boy" e, neanche a dirlo, la hit "Footloose".

Consigli: Una serata in compagnia può essere una buona scusa per incominciare questa pellicola. E' diversa da come me l'ero sempre figurata ed ha meno brio e ritmo di quello che avrei immaginato, ma va visto almeno una volta considerato la fama che il film porta con sé. Kevi Bacon che balla da solo nella fabbrica è un misto tra "9 settimane e 1/2" e il videoclip di Britney Spears e Madonna "Me Against the Music".
Parola chiave: .

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Bengi

martedì 19 febbraio 2013

Film 510 - Silver Linings Playbook

Un'altra pellicola che ha ricevuto tantissime nomination agli Oscar e sicuramente quella che aspettavo di vedere con più interesse!


Film 510: "Silver Linings Playbook" (2012) di David O. Russell
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: I Golden Globes l'hanno inserito nella categoria 'Musical or Comedy', facendo perfino vincere a Jennifer Lawrence il premio nella categoria Miglior attrice. Quindi cosa ti aspetti da questo "Silver Linings Playbook" se non una pellicola brillante, divertente, emozionante, sensata e ben scritta?
Ecco, nessuna delle mie aspettative/speranze è stata confermata. Anzi, a parte la buona recitazione dei (due) protagonisti (ma la nomination all'Oscar in tutte e quattro le categorie attoriali?!), non posso veramente dire che salvo nulla del film. Nulla.
Non è una commedia, non credo ci sia un momento in cui si ride. E' una storia strana che racconta la vita strana di strani personaggi che si ritrovano. Per ricominciare a vivere dopo momenti molto bui della loro esistenza.
Non c'è stato un momento in cui mi sia sentito coinvolto dal racconto, in cui abbia provato anche una minima simpatia per i personaggi, né, se devo essere sincero, sono riuscito a capire quale sia il senso di questo film. Cosa mi vuole raccontare, esattamente? C'è sicuramente un messaggio di fondo che, nel chiasso continuo delle urla di chiunque sia in scena durante i 122 minuti di pellicola, mi è sfuggito. E, a parte il mal di testa, sono arrivato ai titoli di coda con ben poche altre certezze.
Probabilmente sono state le mie insolitamente alte aspettative a guastarmi la visione di questo prodotto, per non dire le numerose pause che hanno caratterizzato la visione, però ripeto, non ho capito il punto.
Sì, mi è chiaro il percorso di formazione, la crescita dei due protagonisti, l'amore che matura e sboccia, il bello di perdersi nell'altra persona andando anche oltre ai pregiudizi degli altri, il fatto che quelli etichettati come 'pazzi, schizzati' siano alla fine più sani dei 'normali' perchè cavalcano le loro emozioni evidando di reprimersi (evitando di scoppiare o deprimersi) e sono genuini... ma il punto è sempre quello: quindi?
Non mi pare si possa dire che "Il lato positivo" sia un capolavoro del cinema contemporaneo e come si sia giunti alle 8 candidature agli Academy Awards tra cui, oltre a quelle per gli attori (Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Jacki Weaver) che citavo prima, anche quelle per Miglior film, regia, sceneggiatura rimane per me un mistero.
Una delusione su quasi tutti i fronti. Salvo solo la scena del ballo.
Ps. Questo il riassunto della trama da Wikipedia: Pat Solitano ha perso tutto: sua moglie, la sua casa e il suo lavoro. Torna così a vivere con i genitori, dopo aver passato otto mesi in un istituto psichiatrico poiché affetto da disturbo bipolare. Pat è determinato a ricostruire la sua vita e riconquistare la moglie. Quando Pat incontra Tiffany, una misteriosa e problematica giovane donna, le cose si fanno complicate; Tiffany si offre di aiutare Pat a riconquistare la moglie, ma solo se lui farà qualcosa di veramente importante per lei in cambio. Pat accetta, ma più i due si conoscono, più tra loro si forma un legame inaspettato.
Consigli: $140,372,733 sembrerebbero suggerire un ampio gradimento da parte del pubblico. Per quanto mi riguarda questo "Silver Linings Playbook" è stata una grande delusione.
Parola chiave: Lettera.

Trailer

Ric

martedì 9 ottobre 2012

Film 460 - Magic Mike

Mai trailer fu più ingannevole.


Film 460: "Magic Mike" (2012) di Steven Soderbergh
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Jessica, Luca, Paola, Licia, Andrea, Marco
Pensieri: Allora, diciamolo subito: "Magic Mike" è stata una profonda delusione.
L'appeal di questa pellicola, principalmente dovuto alla presenza dello spogliarello maschile, si perde completamente durante la visione del film. Non c'è ritmo, non si racconta una storia interessante, i personaggi sono superficialmente approfonditi e, peggio di tutto, la recitazione - da parte di alcuni - è veramente pessima. In quest'ultimo caso particolare sto pensando all'attrice Cody Horn, imbronciata perenne ed incapace di rappresentare un'emozione che sia una.
Tutti questi elementi hanno contribuito attivamente a smantellare l'aspettativa luccicante e chiassosa (e certamente molto kitsch) che avevo nei confronti di questo prodotto.
Oltre ad una fotografia che imposta un'immagine in giallo a mio avviso poco funzionale ai toni 'notturni' che si hanno qui inevitabilmente, sono rimasto davvero poco soddisfatto da come il trailer, ben architettato, mi abbia 'venduto' un'idea che, nella sostanza non è nemmeno vagamente simile a quello che poi ho visto.
Meno commedia e più (tentato) dramma, la vicenda si snoda principalmente attorno alle vite dei due protagonisti Channing Tatum (ispiratore reale della storia) e Alex Pettyfer, concentrandosi su sogni, speranze e tentativi di riscatto da un ruolo sociale che ti vuole semplice oggetto della curiosità fugace degli spettatori (o meglio spettatrici) della sera. Nonostante si potrebbe pensare ad una visione goliardica di questo tipo di vita, qui si tenta di approcciare la questione in maniera più seria e veritiera - anche perchè, come si diceva, il tutto è tratto dall'esperienza reale di Tatum - ma si finisce per ricadere in altri tipi di cliché anche peggiori. C'è il mentore buono e premuroso (Tatum); il giovane novizio che impara il mestiere finendo per rimpiazzare il maestro ma che, prima, combina casini a non finire (Pettyfer); l'impresario senza scrupoli che pensa solo a fare soldi, amico finché va tutto bene, ma che ti gira le spalle non appena qualcosa va storto (McConaughey); la seriosa ragazza che non si lascia affascinare da un mondo tanto effimero, ma che poi si innamora del protagonista (Horn).
Ora, anche volendo tentare uno svecchiamento del collaudato meccanismo rendendolo più pepato, rimane evidente che qui il problema di base non è tanto trovare una cornice stuzzicante (che, però, evidentemente ha funzionato, visto l'incasso di $154,721,571), quanto raccontare una storia che valga la pena di essere narrata soprattutto evitando il terreno minato di luoghi comuni e già visto che, ormai troppo spesso, finiscono per farla da padrone.
Di per sé "Magic Mike" è un film innoquo e di una semplicità lineare, ma per chi - come me - si aspettava un buon prodotto cinematografico (da un regista premio Oscar come Soderbergh, che ha firmato pellicole come "Traffic", "Erin Brockovich - Forte come la verità" e "Ocean's eleven - Fate il vostro gioco") rimane inevitabilmente deluso. Avendo chiaro ciò che questa pellicola è e cosa rappresenta - in fin dei conti è pur sempre uno spaccato della società moderna contemporanea, dove un ex spogliarellista riesce ad affermarsi come attore, pur non sapendo recitare - è certamente un approfondimento che può risultare interessante. Peccato che, per raccontare la vicenda, si scelgano strumenti scontati e davvero poco originali.
Ps. Tra i visi già visti, troviamo Olivia Munn ("Ma come fa a far tutto?"), Joe Manganiello ("True Blood", "Che cosa aspettarsi quando si aspetta"), Matt Bomer ("In Time") e Adam Rodriguez ("CSI: Miami").
Film 1034 - Magic Mike XXL
Consigli: Per chi si aspetta balletti da cardiopalma, scenette da bollino rosso o - per gli eventuali antropologi - uno spaccato vero della realtà della città di Tampa (a quanto pare molto mivmentata di notte), non ci sarà che delusione delle aspettative. Meglio, per chi volesse vederlo, spegnere il cervello e rassegnarsi al fatto che è la solita minestra riscaldata in versione solo più piccante.
Parola chiave: Miami.

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BB

sabato 20 agosto 2011

Film 290 - This is Beat - Sfida di ballo

Altro regalino della 3, questo film - ci terrei a precisarlo - è quasi impossibile da trovare su IMDb.com (tenere presente che il sito registra le carriere di gente come Barbara D'Urso, Carlo Conti o Ana Laura Ribas, quindi non si può certo dire che non sia dettagliato...).


Film 290: "This is Beat - Sfida di ballo" (2011) di Robert Adetuyi
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Michele
Pensieri: Fratellastro di pellicole come "Step Up" che tutto devono al genere teen con annessa coreografia danzereccia (da "Save the Last Dance" in poi), è talmente mal scritto e orrendamente girato da essere clamorosamente un disastro! Non fosse che le coreografie di ballo sono suggestive a prescindere (ma queste non hanno nulla di speciale), questo film sarebbe solamente una vaccata pazzesca!
Partendo dal presupposto che la caratterizzazione dei personaggi non esiste (un filo d'erba ha più spessore) e che fin dal primo minuto si capisce chi saranno i vincitori, la narrazione è condotta con tale ingenuità da lasciare stupefatti. In una baraonda di cliché che cozzano tra loro, lo spettatore è spiazzato da un prodotto (che tenta di essere) commerciale (e commerciabile) che non si capisce come abbia ottenuto fondi ed autorizzazioni per essere girato.
Sia chiaro che l'intento non è quello di demonizzare questo "Beat the World" (titolo originale), ma chi scrive è rimasto senza parole per la banalità tanto semplicemente servita come se fosse normale che un film di serie C si arrogasse le pretese da piccola produzione di qualità (e le pretese parrebbero alte: concorrenti da tutto il mondo; rappresentazione di diverse etnie, motivazioni e stili; scenari cittani d'impatto in cui saltuariamente aggiungere balletti più o meno complessi; approccio alle più svariate tematiche socio-relazionali). Di qualità qui non c'è nulla e, anzi, si tenta di prendere da troppe parti. Il risultato finale è uno scivolone stereotipato di mondi che si incontrano ad una sfida di ballo tanto blanda quanto irreale (ma altre squadre se ne possono vedere?) finendo per rendere tutto molto ridicolo.
Il genere filmico teen del 'ballo da strada' non è certo quello che preferisco di più, ma comunque la mia modestissima cultura personale me la sono fatta ("Save the Last Dance", "Ti va di ballare?", "Honey", se vogliamo anche "Le ragazze del Coyote Ugly") e con questo capitolo non solo non si aggiunge nulla alla causa, ma non la si aiuta nemmeno. Personalmente l'ho trovato orrido.
Consigli: Tra tutti i film sul ballo che si posso scegliere di vedere, questo NON può essere tra le alternative.
Parola chiave: Gara.

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Ric

mercoledì 25 maggio 2011

Film 262 - A Sud di New York

Per una serata a casa di Alice carica di nebbia e alcol, serviva una botta trash per completare in bellezza la serata. Mai film fu più azzeccato, purtroppo.


Film 262: "A Sud di New York" (2010) di Elena Bonelli
Visto: dal computer di Alice
Lingua: italiano
Compagnia: Marco, Alice
Pensieri: Questo film è talmente brutto da essere imbarazzante. Imbarazzante nella recitazione, nella scelta del cast, nella trama proposta, nella ricaduta dei generi assolutamente insensata (commedia? Musical? Trashata? B-Movie?). Un film come questo, che più che andare al cinema potrebbe al massimo aspirare ad una proiezione in trattoria, è un insulto alla produzione cinematografica nostrana (già di per sé molto carente). A peggiorare la situazione i fondi - sprecati - del Ministero dei Beni Culturali per un ammontare del budget a circa 2 milioni di euro (secondo IMDb.com). Scandaloso, credetemi.
Suggerirei di sprecare tempo per questa pellicola solo per verificare in prima persona quanto ridicola possa essere una produzione come questa. Far lavorare gli 'amici di Maria' per dimostrare al pubblico (ma poi che pubblico?) che passare per di lì è davvero fonte di successo tangibile immediato lascia un amaro in bocca che difficilmente se ne va. Di quali doti recitative parliamo? Canore? Un talento generale?
No, niente 'talenti' per questo "A Sud di New York" che fa della baracconata la sua forza, con un vanto tale da sembrare quasi crederci seriamente. A parte il trash non c'è niente, nemmeno un piglio spiritoso che renda scanzonato il tutto.
L'eccesso spacciato per divertente (vestirsi come Fran Drescher non ti rende "La tata"), l'assurdo come plausibile (una discoteca intera - piena al completo - commossa per un duetto stonato), la copiatura forzata dei format americani nel disperato tentativo di mascherare una carenza di idee disarmante, rendono questo un film detestabile, piacevole solamente come tiro a bersaglio per commenti taglienti durante la sua visione.
Soldi buttati (ci sarebbe chi il cinema vero vorrebbe farlo) e tempo sprecato. Un insulto.
Consigli: Spazzatura pura. Da vedere solo per deriderlo.
Parola chiave: New York.

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Ric