Intro: Ultimo film prima delle due settimane di stop italiane (finalmente!), decido di recuperare l'ultimo film di George Miller di cui non avevo sentito parlare fino a quando, un paio di settimane prima, ne avevo per caso visto il trailer al cinema.
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Film 2137: "Three Thousand Years of Longing" (2022) di George Miller
Visto: al cinemaLingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: assolutamente non il film che mi aspettavo, questo "Three Thousand Years of Longing" mi ha lasciato in parte soddisfatto, anche se avrei preferito un racconto meno fiabesco e, diciamo, più dinamico.
Non che manchi l'azione o la storia sia raccontata con eccessiva lentezza, ma sicuramente si percepisce una differenza di "passo" quando la trama si concentra su Tilda Swinton e la sua personale avventura moderna puttosto che sui racconti del genio Idris Elba, decisamente più interessanti sia a livello narrativo che estetico. E' nei momenti in cui il magico abitante della lampada (in questo caso vasetto) ripercorre il suo passato e le vicissitudini che lo hanno costretto alla prigionia di vetro che la storia prende davvero vita, lasciando lo spettatore desideroso di vedere e scoprire di più.
Questo binomio moderno/fiabesco è forse l'aspetto che mi ha lasciato più perplesso rispetto al film di Miller, magistrale nel mettere in scena la fiaba, i suoi protagonisti e le loro vicende ma che, inavvertitamente, conferisce al resto della storia un'allure meno desiderabile e interessante. Anche perché, diciamocelo, Alithea (Swinton) non è esattemente un personaggio carismatico.
Poi, per carità, ho trovato inaspettatamente piacevole la quota romantica del finale - una piega che credo in pochi avessero previsto - ma questo non riesce in ogni caso a salvare il risultato finale dalla sensazione di aver assistito alla narrazione di due differenti storie che corrono parallele senza mai davvero incontrarsi o amalgamarsi.
Senza contare che la promessa dei 3 desideri, la presenza di un genio della lampada, la famosa creatività di Miller come storyteller e una certa potenza evocativa del trailer, a inizio film farebbero pensare a tutt'altro tipo di film che, nella realtà, mai si concretizza. E se potenzialmente questo non dovrebbe rappresentare un problema o un ostacolo, qui finisce per lasciare lo spettatore più confuso che soddisfatto. Perché, con l'inebriante prospettiva di 3 desideri e l'infinito come limite, passiamo più di metà del film in una camera d'albergo? La caratterizzazione di Alithea e del suo personaggio funziona come scusa fino a un certo punto, diciamocelo. Si sarebbero potute esplorare altre vie per implicare la sua caparbietà e risolutezza, ribadire quanto sia a suo agio con sé stessa e le sue scelte di vita riuscendo comunque a farla uscire dalle quattro mura cui la sceneggiatura la confina per troppo tempo del film. E, non fosse per gli esotici racconti del genio, si sarebbe rischiato di suscitare nello spettatore un certo senso di claustrofobia.
Un po' un peccato, insomma, perché chiaramente i due protagonisti sono attori meravigliosi, Miller ha un modo di raccontare tutto suo che incanta e affascina e la storia, in generale, avrebbe potuto espandersi e raccontare meraviglie purtroppo qui solo marginalmente esplorate (e comunque sempre declinate al passato).
Sicuramente una parte di me è rimasta delusa dall'esperienza "Three Thousand Years of Longing" dalla quale mi aspettavo molto, molto di più e decisamente qualcosa di diverso. Poi, lo ammetto, certi aspetti della visione di questo film mi hanno comunque conquistato, principalmente l'approccio fiabesco, che onestamente avrei preferito costituisse la maggior parte del racconto.
Non il film che mi aspettavo, non quello che desideravo veder,e ma certamente un'esperienza cinematografica diversa rispetto al solito. Non basterà a tutti, ma per qualcuno potrebbe valere la visione (non per molti, visto il gigantesco flop commerciale che questo film è stato, partito da un budget $60 milioni).
Ps. Per gli amanti della cultura pop, nel film compare in un cameo muto una delle figure chiave dell'advertisment italiano anni '90-'00, ovvero nientemeno che Megan Gale.
Non è la prima volta, però, che Miller e Gale collaborano, avendo già visto l'attrice australiana prendere parte in un ruolo decisamente marginale (ma quantomeno non muto) nel precedente "Mad Max: Fury Road". Pps. Non so quanto rilevante per i più, ma nelle mie note a fine visione ho scritto: Tilda Swinton ricorda una combo tra Miranda di "Sex and the City" e la costumista Sandy Powell.
Sulla scia di questo pensiero, mi sento di aggiungere che il personaggio di Alithea mi ha ricordato quella della protagonista del film "Nim's Island" interpretato da Jodie Foster.
Cast: Tilda Swinton, Idris Elba, Aamito Lagum, Lachy Hulme, Megan Gale, Melissa Jaffer, Anne Charleston.
Box Office: $17.5 milioni
Vale o non vale: Non l'ho amato, non l'ho detestato. O, per essere forse più precisi, ho adorato certe parti e trovato più faticose certe altre. Ed è un po' questa la caratteristica più evidente di "Three Thousand Years of Longing", una pellicola troppo evidentemente divisa a metà e difficilmente "incollata" insieme.
Non per tutti, ma sicuramente un'esperienza cinematografica diversa dal solito.
Premi:
Parola chiave: Desideri.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Non che manchi l'azione o la storia sia raccontata con eccessiva lentezza, ma sicuramente si percepisce una differenza di "passo" quando la trama si concentra su Tilda Swinton e la sua personale avventura moderna puttosto che sui racconti del genio Idris Elba, decisamente più interessanti sia a livello narrativo che estetico. E' nei momenti in cui il magico abitante della lampada (in questo caso vasetto) ripercorre il suo passato e le vicissitudini che lo hanno costretto alla prigionia di vetro che la storia prende davvero vita, lasciando lo spettatore desideroso di vedere e scoprire di più.
Questo binomio moderno/fiabesco è forse l'aspetto che mi ha lasciato più perplesso rispetto al film di Miller, magistrale nel mettere in scena la fiaba, i suoi protagonisti e le loro vicende ma che, inavvertitamente, conferisce al resto della storia un'allure meno desiderabile e interessante. Anche perché, diciamocelo, Alithea (Swinton) non è esattemente un personaggio carismatico.
Poi, per carità, ho trovato inaspettatamente piacevole la quota romantica del finale - una piega che credo in pochi avessero previsto - ma questo non riesce in ogni caso a salvare il risultato finale dalla sensazione di aver assistito alla narrazione di due differenti storie che corrono parallele senza mai davvero incontrarsi o amalgamarsi.
Senza contare che la promessa dei 3 desideri, la presenza di un genio della lampada, la famosa creatività di Miller come storyteller e una certa potenza evocativa del trailer, a inizio film farebbero pensare a tutt'altro tipo di film che, nella realtà, mai si concretizza. E se potenzialmente questo non dovrebbe rappresentare un problema o un ostacolo, qui finisce per lasciare lo spettatore più confuso che soddisfatto. Perché, con l'inebriante prospettiva di 3 desideri e l'infinito come limite, passiamo più di metà del film in una camera d'albergo? La caratterizzazione di Alithea e del suo personaggio funziona come scusa fino a un certo punto, diciamocelo. Si sarebbero potute esplorare altre vie per implicare la sua caparbietà e risolutezza, ribadire quanto sia a suo agio con sé stessa e le sue scelte di vita riuscendo comunque a farla uscire dalle quattro mura cui la sceneggiatura la confina per troppo tempo del film. E, non fosse per gli esotici racconti del genio, si sarebbe rischiato di suscitare nello spettatore un certo senso di claustrofobia.
Un po' un peccato, insomma, perché chiaramente i due protagonisti sono attori meravigliosi, Miller ha un modo di raccontare tutto suo che incanta e affascina e la storia, in generale, avrebbe potuto espandersi e raccontare meraviglie purtroppo qui solo marginalmente esplorate (e comunque sempre declinate al passato).
Sicuramente una parte di me è rimasta delusa dall'esperienza "Three Thousand Years of Longing" dalla quale mi aspettavo molto, molto di più e decisamente qualcosa di diverso. Poi, lo ammetto, certi aspetti della visione di questo film mi hanno comunque conquistato, principalmente l'approccio fiabesco, che onestamente avrei preferito costituisse la maggior parte del racconto.
Non il film che mi aspettavo, non quello che desideravo veder,e ma certamente un'esperienza cinematografica diversa rispetto al solito. Non basterà a tutti, ma per qualcuno potrebbe valere la visione (non per molti, visto il gigantesco flop commerciale che questo film è stato, partito da un budget $60 milioni).
Ps. Per gli amanti della cultura pop, nel film compare in un cameo muto una delle figure chiave dell'advertisment italiano anni '90-'00, ovvero nientemeno che Megan Gale.
Non è la prima volta, però, che Miller e Gale collaborano, avendo già visto l'attrice australiana prendere parte in un ruolo decisamente marginale (ma quantomeno non muto) nel precedente "Mad Max: Fury Road". Pps. Non so quanto rilevante per i più, ma nelle mie note a fine visione ho scritto: Tilda Swinton ricorda una combo tra Miranda di "Sex and the City" e la costumista Sandy Powell.
Sulla scia di questo pensiero, mi sento di aggiungere che il personaggio di Alithea mi ha ricordato quella della protagonista del film "Nim's Island" interpretato da Jodie Foster.
Cast: Tilda Swinton, Idris Elba, Aamito Lagum, Lachy Hulme, Megan Gale, Melissa Jaffer, Anne Charleston.
Box Office: $17.5 milioni
Vale o non vale: Non l'ho amato, non l'ho detestato. O, per essere forse più precisi, ho adorato certe parti e trovato più faticose certe altre. Ed è un po' questa la caratteristica più evidente di "Three Thousand Years of Longing", una pellicola troppo evidentemente divisa a metà e difficilmente "incollata" insieme.
Non per tutti, ma sicuramente un'esperienza cinematografica diversa dal solito.
Premi:
Parola chiave: Desideri.
Trailer
#HollywoodCiak
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RispondiEliminaMi piace il genere fantascienza ma non quello fantasy e in tal caso c'è anche l'approccio fiabesco. Buona giornata.
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