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martedì 30 aprile 2024

Film 2270 - L'incredibile storia dell'Isola delle Rose

Intro: Dopo aver visto il film preferito di Jayce, era il mio turno di scegliere una pellicola che rappresentasse più me. Ho scelto questa, un po' perché facile da reperire (Netflix), poi perché alcune scene sono girate a Bologna e molte altre a Rimini, infine perché la storia è incredibile (e vera).

Film 2270: "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" (2020) di Sydney Sibilia
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Jayce
In sintesi: pellicola piacevole e ben realizzata, con ritmo incalzante, umorismo e serietà ben dosate e un cast pazzesco capitanato da un Elio Germano sempre efficace anche con accento romagnolo.
Probabilmente uno dei titoli italiani più spendibili a livello internazionale degli ultimi anni: si vede che dietro c'è un budget di un certo livello. Si vede che dietro c'è Netflix.
Film 1969 - L'incredibile storia dell'Isola delle Rose
Film 2270 - L'incredibile storia dell'Isola delle Rose
Cast: Elio Germano, Matilda De Angelis, Leonardo Lidi, Fabrizio Bentivoglio, Luca Zingaretti, Tom Wlaschiha, Violetta Zironi, Andrea Pennacchi, François Cluzet.
Box Office: /
Vale o non vale: "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" è un ottimo esempio di cinema italiano contemporaneo, con un punto di vista e una bella storia da raccontare, che incuriosisce (sfido chiunque, a visione terminata, a non andare a cercare su Google come si sono svolti esattamente i fatti). Da vedere.
Premi: Candidato a 11 David di Donatello (Miglior produttore, musicista, scenografia, costumi, trucco, montaggio, suono) ne ha vinti 3 per Miglior attrice non protagonista (De Angelis), attore non protagonista (Bentivoglio) ed effetti speciali.
Parola chiave: Nazioni Unite.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

sabato 13 marzo 2021

Film 1969 - L'incredibile storia dell'Isola delle Rose

Intro: Devo dire che inizialmente non fossi particolarmente attirato da questo titolo - promosso pesantemente da Netflix - per quelle ragioni che solitamente mi fanno guardare ai lungometraggi Netflix con una certa diffidenza (titoli esteticamente piacevoli, ma tutti uguali, e praticamente privi di una trama o alcuna rilevanza artistica).
Ho cambiato opinione quando un po' tutti i miei amici hanno cominciato a parlarmene in maniera positiva, convincendomi a dare a questo titoli una possibilità. E ho fatto bene.
Film 1969: "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" (2020) di Sydney Sibilia
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
In sintesi: definire la storia dell'ingegnere bolognese Giorgio Rosa e della sua Isola delle Rose come incredibile è veramente dire poco. Costruita al largo dell'Adriatico tra Rimini e Bellaria-Igea Marina, la micronazione denominata Repubblica Esperantista dell'Isola delle Rose (in esperanto, la lingua ufficiale, Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj), è stata una piattaforma artificiale - di fatto rinominata isola - che tra il '68 e il '69 rappresentò un ideale di libertà e rivendicazione di individualità rispetto al potere centrale, nonché una sorta di mondo utopico a cui aggrapparsi in un momento storico fatto di cambiamenti e tumulti.
Nonostante quell'aria molto glam e patinata cui i prodotti a marchio Netflix finiscono per dover sottostare, il nuovo film di Sibilia riesce comunque ad affermare la propria identità anche grazie a una tipicità locale che non si vergogna di accenti marcati e una certa veracità dei personaggi, in primis Gabriella (De Angelis) e Maurizio (Lidi).
Molto "italiana", eppure al contempo estremamente internazionale, questa pellicola sfrutta bene l'idea a dir poco particolare alla base della sua storia - quando la realtà supera la fantasia! - per raccontare la vicenda di Rosa & co. in maniera leggera, ma non banale, affiancando al tono divertito e scanzonato una sufficiente dose di fact-checking e momenti di elaborazione di un contesto geopolitico dai contorni non solo nazionali. 
Insomma, per farla facile, "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" è un bel film italiano dall'appeal profondamente commerciale (leggi esportabile) che dà visibilità ad una storia incredibile, voce ad un sognatore, lustro alla tipicità nostrana e mette intelligentemente alla berlina una serie di arcaismi e tecnicità che ancora oggi non mancano di essere rilevanti. 
Poi, per carità, non si tratta certo di un capolavoro assoluto, ma è sicuramente un buon esempio di cinema nostrano, un titolo di qualità rispetto ad un'annata cinematografica terribile e un piacevole esempio di commedia a cui non mancano spunti di riflessione. Non avrei saputo cosa chiedere di più, specialmente dal 2020.
Cast: Elio Germano, Matilda De Angelis, Leonardo Lidi, Fabrizio Bentivoglio, Luca Zingaretti, Tom Wlaschiha, Violetta Zironi, François Cluzet.
Box Office: /
Vale o non vale: Film simpatico e dal buon ritmo - con un Elio Germano signore degli accenti e al solito capace protagonista -, "L'Isola delle Rose" consegna al pubblico di Netflix un prodotto capace di parlare non solo al pubblico italiano, con l'aggiunta di dare una voce dignitosa a una generazione alla ricerca di nuovi obiettivi e conquiste. Il tutto confezionato in un prodotto sicuramente molto glam ed invitante (Bologna ci fa un figurone e, ah!, la nostalgia) che non baratta la qualità artistica per quella estetica. Senza contare che la storia, assolutamente vera, non smette di sorprendere dall'inizio alla fine. Da vedere.
Premi: /
Parola chiave: Libertà.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 29 maggio 2013

Film 554 - Città temporanee

Kinodromo (assemblea aperta di operatori del settore audiovisivo, volto a promuovere il cinema indipendente) ha organizzato e organizza al cinema Europa di via Pietralata una serie di incontri cinematografici tra cui quello di ieri sera per presentare il lavoro di ZimmerFrei, un "collettivo di origine bolognese, che da anni opera nel campo dell’arte e non solo. Formatosi nel 1999, produce opere di vario formato: ambienti sonori, installazioni video, performance, spettacoli multimediali, collaborando con gallerie d’arte, teatri, festival di videoarte e luoghi ibridi e recentemente sempre più in avvicinamento verso il mezzo cinematografico".
L'interesse mio e di Marco era legato al tema della serata che avrebbe toccato l'argomento urbano, focalizzando l'interesse su tre diversissime realtà cittanine: Milano, Copenhagen e Budapest.


Film 554: "Città temporanee" (2007, 2011, 2012) di ZimmerFrei (Massimo Carozzi, Anna de Manincor, Anna Rispoli)
Visto: al cinema
Lingua: italiano, danese, ungherese
Compagnia: Marco
Pensieri: Raggruppo i tre cortometraggi sotto l'unico titolo "Città temporanee", dato che ha contraddistinto l'iniziativa di Kinodromo e in quanto figli di un progetto più ampio e solo parzialmente visionato ieri sera. Di fatto "Memoria Esterna", "The Hill" e "Temporary 8th" sono solo alcuni dei cortometraggi realizzati da ZimmerFrei nell'ambito di una ricerca sulle città e le diverse realtà sociali che le contraddistinguono.
Nel caso particolare dei tre esempi visionati al cinema Europa, devo dire che, nonostante l'interesse per gli argomenti potenzialmente approfonditi, ho trovato meno riuscito il primo ("Memoria Esterna") sulla città di Milano. 

Essendo quello temporalmente meno recente, l'impressione che lascia è di un lavoro sperimentale, meno organizzato nel distribuire contenuti che, a volte, sembrano gettati alla rinfusa. L'idea di presentare la città attraverso i brevi racconti - a volte incomprensibili a causa di un audio mal gestito - di chi la vive e l'ha vissuta era certamente un buon espediente che, però, subisce l'inesperienza inevitabile di un progetto ai suoi primi sviluppi. Da questo punto di vista, infatti, i successivi "The Hill" (Copenhagen) e "Temporary 8th" (Budapest) sono nettamente più riusciti e capaci di veicolare un messaggio di fondo strutturato e comprensibile. L'esempio di Milano mi è sembrato a tratti senza un filo conduttore.
Dove, teoricamente, il macroargomento è il capoluogo lombardo, cambia radicalmente per "The Hill", incentrato sugli aspetti sociali e ambientali che la costruzione di una collina artificiale ha influenzato nel quartiere popolare di Nørrebro. Essendo una città unicamente piana, gli abitanti di quella zona di Copenhagen si sono dovuti confrontare con un progetto ambientale che sentivano estraneo alla loro terra. Strutturato tutto attorno a questa collina (all'interno della quale è stato realizzato un palazzetto da basket), si percepisce perfettamente l'intento di descrivere le implicazioni che questo progetto ha portato con sé nell'intaccamento di un'immagine collettiva prima, e nell'accettazione e 'riabilitazione' dell'oggetto incriminato poi.
Le voci narranti, questa volta, aiutano il pubblico a farsi un'idea del perchè la realizzazione di un ammasso di terra simil-collina potesse essere così problematico da digerire per la popolazione locale, finendo per spiegare anche come quest'ultima è poi riuscita a fare propria la nuova struttura messa a disposizione dal comune. Il tutto per un risultato affascinante e antropologicamente stimolante per chi, come noi, ha una prospettiva delle cose evidentemente differente.
Alla conclusione con "Temporary 8th" la serata era già stata caricata di numeosi stimoli. Il fascino decadente di Budapest ha quindi un po' risentito di un nonstop di precedenti stimolazioni e visive e mentali non supportate da alcuna pausa, né approfondimento precedente o successivo alla visione. L'idea che le immagini parlino da sole è funzionale nell'ottica di un gruppo di studenti che devono far proprie le teorie approfondite con lo studio, piuttosto che ad una platea incuriosita da un progetto di cui conosce solo i titoli di alcuni lavori.
Strutturando così la visione, quindi, è stato per tre volte di fila necessario collocare sé stessi all'interno di un flusso narrativo incostante, dovendo praticare molteplici inferenze personali. In questo contesto il lavoro su Budapest mi è piaciuto meno rispetto a "The Hill", sia perché l'Europa dell'est esercita un fascino minore su di me, sia perché sono arrivato stanco alla terza visione. In una cornice urbana influenzata da povertà, degrato e richiami della guerra, ho trovato più umanamente faticosa da affrontare la capatina fra le rive del Danubio. L'ennesima rappresentazione della periferia, talvolta fatiscente, durante i 56' di "Temporary 8th" è certamente meglio approfondita rispetto ai due esempi precedenti, ma mi ha caricato di una malinconia che ho faticato a scrollarmi di dosso. In questo senso mi sembra che comunque si sia riusciti a centrare l'obiettivo del progetto, questa volta "dedicato all’Ottavo distretto di Budapest, quartiere popolare che ha beneficiato e subìto una grande ristrutturazione urbanistica, che però ha avuto un brusco arresto nel 2008 a causa della crisi economica internazionale". Ciò nonostante ho preferito il corto "The Hill".
Nel complesso le tre produzioni forniscono un'occhiata interessante su spazi urbani tra il familiare (Milano) e lo sconosciuto, concentrandosi su una visione evidentemente più affine agli autori del progetto, ovvero zone periferiche, soggetti ai margini della società o personaggi che hanno storie curiose da raccontare. Il mix eterogeneo di frammenti di vite rimane l'aspetto forse più interessante del tutto, che lascia un po' in secondo piano quello che, invece, mi aspettavo sarebbe stato il punto centrale: la città.
I tre puzzle composti dalle narrazioni di soggetti così diversi sono quasi impossibili da paragonare tra loro e spetta ad ognuno degli spettatori decidere cosa, nell'ottica personale, è risultato più significativo; rimane comunque innegabile che l'insieme di visioni proposte sia un prodotto interessante su cui concentrare la propria attenzione.
Ps. Qui il link alle opere audivisive di ZimmerFrei.

Consigli: Particolare e personale approfondimento delle città e dei suoi abitanti nell'ottica di uno scardinamento delle consuete immagini-cartolina che potrebbero influenzare lo spettatore al momento dell'approccio ai tre documentari. L'approfondimento del legame tra le persone e il luogo in cui vivono è molto interessante, anche se questi tre esempi non possono essere che un punto di partenza per un vero approfondimento successivo del singolo.
Comunque, per una volta, qualcosa di diverso (che presenta contenuti) su cui riflettere.
Parola chiave: Periferia.

Trailer

Bengi