A Milano il giorno dopo il concerto di Beyoncé ci siamo ritrovati per guardare, finalmente, il tanto atteso nuovo film di Baz Luhrmann. Io, personalmente, con pochissime aspettative.
Film 552: "Il grande Gatsby" (2013) di Baz Luhrmann
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo, Serena, Marta
Pensieri: Avevo bassissime aspettative e poco entusiasmo per il Gatsby di Luhrmann che, dopo "Australia", mi aveva lasciato un po' con l'amaro in bocca. Bissare qualcosa come "Moulin Rouge!" è quasi impossibile e, quindi, ero sinceramente scettico riguardo le capacità del regista-sceneggiatore di poter intraprendere con successo questo nuovo 'viaggio' cinematografico dopo il deludente esperimento precedente. Inoltre la martellante pubblicità al film in ogni dove mi aveva francamente un po' stancato. Di conseguenza mi sono approcciato a questo 'Gatsby 2013' in maniera tendenzialmente negativa. E un po' mi sono dovuto ricredere.
Per quanto io continui a pensare che Luhrmann sia più un regista da videoclip musicali che un capace narratore di storie, il suo film funziona abbastanza da lasciare soddisfatti. Lo sfavillio luccicante di sfarzo, lusso, gioielli e vestiti (Prada) copre sapientemente il vuoto lasciato dal mancato approfondimento psicologico dei personaggi (specialmente di contorno) che sembrano esistere solo in funzione del personaggio principale, unica vera rock star dello schermo. Ma anche qui c'è un problema.
Già perchè Jay Gatsby funziona davvero bene nella prima parte del film, perdendo il suo magico fascino iniziale nella seconda, strangolato in una morsa di piattezza priva di appeal. Inevitabile che il personaggio perdesse molto del suo fascino una volta raccontata dall'onniscente Nick Carraway/Tobey Maguire la sua storia, però il divario tra inizio e fine della narrazione è francamente un po' troppo evidente. Non so se trattare una storia d'amore negli anni '00 svecchiando un classico della letteratura implichi per forza proporre il tutto come se fosse un racconto su adolescenti intimiditi dal giudizio dell'altro, ma di fatto "Il grande Gatsby" del titolo si rivelerà essere tale solamente per quanto riguarda feste, lusso sfrenato e capacità di vivere la vita ai 100km/h. Per quanto riguarda l'amore, invece, finisce schiacciato da una logica teen di gelosie, attesa di telefonate e tentativi di plagio ai danni dell'apatica Daisy Buchanan/Carey Mulligan.
E' un peccato che un personaggio così potenzialmente carismatico e magnetico sia coinvolto in una storia d'amore in cui l'unica cosa che davvero conta per lui sia che Daisy dica al marito che non l'ha mai amato. Non che desiderassi tragedie kolossal, ma elevarsi un pelo di più sarebbe stato auspicabile. Io, almeno, mi aspettavo più profondità (non sono ancora arrivato a leggere quella parte del libro di F. Scott Fitzgerald, quindi attendo di capire se davvero la love story sia affrontata in questi toni).
Dall'altra parte la Mulligan a mio avviso non è capace di trasmettere quella luce e quella gioia che, a parole, DiCaprio recita sullo schermo. Piuttosto piatta e, a dire il vero, non così bella, si trastulla tra feste, matrimonio infelice e scappattelle romantiche con l'espressione canina di un cucciolo bagnato e fallisce nell'intento di interpretare i panni di colei che è capace di catalizzare attenzioni di chiunque la veda. Più che una venere bionda è un angioletto spaurito (o annoiato). L'ho trovata appropriata, però, a livello di look: gli anni '20 in effetti le donano più che ad altri.
Decisamente ruspanti, invece, i due amanti Joel Edgerton e Isla Fisher, adatti al ruolo che rivestono ed efficaci - specialmente il primo - nella resa dei loro personaggi. Infelice e tragica la loro storia, l'ho quasi preferita a quella della coppia protagonista.
Imbambolato e poco comunicativo/espressivo Tobey Maguire, protagonista-non protagonista di un intreccio che racconta lui, ma che, di fatto, avrebbe potuto essere raccontato anche da una voce fuori campo che sarebbe stata la stessa cosa. Giusto per rendere l'idea di quanto sia riuscito ad essere incisivo.
Punto (un po') debole dei personaggi a parte, il film è un mix di generi che tutto sommato, come si diceva, funziona nell'ottica di ciò che è, ovvero un grande circo di colori, musica ed effetti speciali all'ennesima potenza (leggere pompati di steroidi). "The Great Gatsby" è 'grande' proprio in questo aspetto, essendo super ed ecessivo per ognuna di queste voci. Talmente kitsch nella resa scenica e dei costumi che fa tendenza, ennesimo esponente di un plus ultra che dell'esagerazione fa il suo fiero baluardo, da amare o detestare senza mezze misure. Nella combinazione di questi tre elementi, però, "Moulin Rouge!" era più riuscito (forse perchè l'ambientazione in un bordello giustifica la tendenza a un accanimento sull'immagine). L'ambientazione anni '20, invece, soffre un po' di più il distacco netto tra una ricostruzione storica più accurata - come nel precedente "Il grande Gatsby" del 1974 - e una più libera alla "Marie Antoinette" della Coppola.
Dal punto di vista della fedeltà al romanzo, invece, devo dire che il lavoro di Luhrmann e Craig Pearce mi ha soddisfatto in quanto piuttosto fedele (per lo meno fin dove sono arrivato con la mia lettura). Quest'aspetto mi ha colpito positivamente dato che mi immaginavo un risultato più 'liberamente ispirato a' che 'fedelmente tratto da'.
Insomma, questa pellicola non è tanto male come la mia propensione al dramma tendeva a suggerirmi. La colonna sonora - sfruttata meno di quanto ci si potesse aspettare - cala pezzi da novanta come Beyoncé, Emeli Sandé, Gotye, Fergie, Florence Welch e Lana Del Rey con quella "Young and Beautiful" che finirà per essere tema portante di tutto il film (visto il testo della canzone, trovo la scelta molto appropriata considerato che il tema del tempo è centrale per tutti i 142 minuti di pellicola). Gli ascoltatori contemporanei non potranno non gradire questo insieme di artisti che simboleggiano, ancora una volta, quanto per il regista la colonna sonora non sia solo un discorso tecnicamente annesso al film, ma una necessaria scelta per delineare stile e direzione del lavoro artistico finale. Che, a conti fatti, risulta vincente in questi aspetti tecnici particolarmente curati o spiccatamente personalizzati, ma inciampa quando si tratta di centrare il punto della questione: è travolgente, questo amore? E' rappresentato tanto forte quanto le parole utilizzate per descriverlo? Ni: DiCaprio ci si impegna, ma il troppo nominare questi profondi sentimenti finisce per renderli più idealmente presenti che reali. Si poteva sfruttare di più anche la contrapposizione temporale tra passato (che per Gatsby si può assolutamente replicare) e futuro, oltre che calcare ancora di più la mano nel triste finale che coinvolgerà i due membri della famiglia Buchanan, una volta per tutte rappresentati per ciò che veramente sono.
"Il grande Gatsby", insomma, finisce per avere una sua poetica di fondo incorniciata in un estro creativo 'alla Luhrmann' che, però, forse risulta troppo concentrato sulla messa in scena dell'estetica che lo contraddistingue che sui contenuti. In fin dei conti funziona, ma non mi ha catturato davvero.
Ps. Quando Nick Carraway e Jordan Baker (Elizabeth Debicki) prendono il té, uno dei camerieri è proprio Luhrmann.
Pps. 105 milioni di dollari per produrlo e un incasso mondiale di $138.4 milioni a sole 2 settimane dall'arrivo in sala.
Film 552 - Il grande Gatsby
Film 1601 - The Great Gatsby
Consigli: Impossibile confrontarlo con il Gatsby con Robert Redford, sono due prodotti troppo distanti sia per tempo che per stile. Sono entrambe buone rappresentazioni del romanzo per alcuni aspetti e pessime per altri. In questo caso gli amanti del cinema del regista australiano non rimarranno delusi perchè, in effetti, ci si è impegnati a un ritorno più o meno evidente agli accenti istrionici di "Moulin Rouge!". Il tutto risulta meno riuscito quando, come per "Australia", si arriva alla necessità di rappresentare la storia e non solo i bei momenti di frenesia a tempo di musica. Comunque un prodotto con il suo fascino che merita quantomeno la chance di una visione.
Parola chiave: Dr. Eckleburg.
Trailer
Bengi
Film 552: "Il grande Gatsby" (2013) di Baz Luhrmann
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo, Serena, Marta
Pensieri: Avevo bassissime aspettative e poco entusiasmo per il Gatsby di Luhrmann che, dopo "Australia", mi aveva lasciato un po' con l'amaro in bocca. Bissare qualcosa come "Moulin Rouge!" è quasi impossibile e, quindi, ero sinceramente scettico riguardo le capacità del regista-sceneggiatore di poter intraprendere con successo questo nuovo 'viaggio' cinematografico dopo il deludente esperimento precedente. Inoltre la martellante pubblicità al film in ogni dove mi aveva francamente un po' stancato. Di conseguenza mi sono approcciato a questo 'Gatsby 2013' in maniera tendenzialmente negativa. E un po' mi sono dovuto ricredere.
Per quanto io continui a pensare che Luhrmann sia più un regista da videoclip musicali che un capace narratore di storie, il suo film funziona abbastanza da lasciare soddisfatti. Lo sfavillio luccicante di sfarzo, lusso, gioielli e vestiti (Prada) copre sapientemente il vuoto lasciato dal mancato approfondimento psicologico dei personaggi (specialmente di contorno) che sembrano esistere solo in funzione del personaggio principale, unica vera rock star dello schermo. Ma anche qui c'è un problema.
Già perchè Jay Gatsby funziona davvero bene nella prima parte del film, perdendo il suo magico fascino iniziale nella seconda, strangolato in una morsa di piattezza priva di appeal. Inevitabile che il personaggio perdesse molto del suo fascino una volta raccontata dall'onniscente Nick Carraway/Tobey Maguire la sua storia, però il divario tra inizio e fine della narrazione è francamente un po' troppo evidente. Non so se trattare una storia d'amore negli anni '00 svecchiando un classico della letteratura implichi per forza proporre il tutto come se fosse un racconto su adolescenti intimiditi dal giudizio dell'altro, ma di fatto "Il grande Gatsby" del titolo si rivelerà essere tale solamente per quanto riguarda feste, lusso sfrenato e capacità di vivere la vita ai 100km/h. Per quanto riguarda l'amore, invece, finisce schiacciato da una logica teen di gelosie, attesa di telefonate e tentativi di plagio ai danni dell'apatica Daisy Buchanan/Carey Mulligan.
E' un peccato che un personaggio così potenzialmente carismatico e magnetico sia coinvolto in una storia d'amore in cui l'unica cosa che davvero conta per lui sia che Daisy dica al marito che non l'ha mai amato. Non che desiderassi tragedie kolossal, ma elevarsi un pelo di più sarebbe stato auspicabile. Io, almeno, mi aspettavo più profondità (non sono ancora arrivato a leggere quella parte del libro di F. Scott Fitzgerald, quindi attendo di capire se davvero la love story sia affrontata in questi toni).
Dall'altra parte la Mulligan a mio avviso non è capace di trasmettere quella luce e quella gioia che, a parole, DiCaprio recita sullo schermo. Piuttosto piatta e, a dire il vero, non così bella, si trastulla tra feste, matrimonio infelice e scappattelle romantiche con l'espressione canina di un cucciolo bagnato e fallisce nell'intento di interpretare i panni di colei che è capace di catalizzare attenzioni di chiunque la veda. Più che una venere bionda è un angioletto spaurito (o annoiato). L'ho trovata appropriata, però, a livello di look: gli anni '20 in effetti le donano più che ad altri.
Decisamente ruspanti, invece, i due amanti Joel Edgerton e Isla Fisher, adatti al ruolo che rivestono ed efficaci - specialmente il primo - nella resa dei loro personaggi. Infelice e tragica la loro storia, l'ho quasi preferita a quella della coppia protagonista.
Imbambolato e poco comunicativo/espressivo Tobey Maguire, protagonista-non protagonista di un intreccio che racconta lui, ma che, di fatto, avrebbe potuto essere raccontato anche da una voce fuori campo che sarebbe stata la stessa cosa. Giusto per rendere l'idea di quanto sia riuscito ad essere incisivo.
Punto (un po') debole dei personaggi a parte, il film è un mix di generi che tutto sommato, come si diceva, funziona nell'ottica di ciò che è, ovvero un grande circo di colori, musica ed effetti speciali all'ennesima potenza (leggere pompati di steroidi). "The Great Gatsby" è 'grande' proprio in questo aspetto, essendo super ed ecessivo per ognuna di queste voci. Talmente kitsch nella resa scenica e dei costumi che fa tendenza, ennesimo esponente di un plus ultra che dell'esagerazione fa il suo fiero baluardo, da amare o detestare senza mezze misure. Nella combinazione di questi tre elementi, però, "Moulin Rouge!" era più riuscito (forse perchè l'ambientazione in un bordello giustifica la tendenza a un accanimento sull'immagine). L'ambientazione anni '20, invece, soffre un po' di più il distacco netto tra una ricostruzione storica più accurata - come nel precedente "Il grande Gatsby" del 1974 - e una più libera alla "Marie Antoinette" della Coppola.
Dal punto di vista della fedeltà al romanzo, invece, devo dire che il lavoro di Luhrmann e Craig Pearce mi ha soddisfatto in quanto piuttosto fedele (per lo meno fin dove sono arrivato con la mia lettura). Quest'aspetto mi ha colpito positivamente dato che mi immaginavo un risultato più 'liberamente ispirato a' che 'fedelmente tratto da'.
Insomma, questa pellicola non è tanto male come la mia propensione al dramma tendeva a suggerirmi. La colonna sonora - sfruttata meno di quanto ci si potesse aspettare - cala pezzi da novanta come Beyoncé, Emeli Sandé, Gotye, Fergie, Florence Welch e Lana Del Rey con quella "Young and Beautiful" che finirà per essere tema portante di tutto il film (visto il testo della canzone, trovo la scelta molto appropriata considerato che il tema del tempo è centrale per tutti i 142 minuti di pellicola). Gli ascoltatori contemporanei non potranno non gradire questo insieme di artisti che simboleggiano, ancora una volta, quanto per il regista la colonna sonora non sia solo un discorso tecnicamente annesso al film, ma una necessaria scelta per delineare stile e direzione del lavoro artistico finale. Che, a conti fatti, risulta vincente in questi aspetti tecnici particolarmente curati o spiccatamente personalizzati, ma inciampa quando si tratta di centrare il punto della questione: è travolgente, questo amore? E' rappresentato tanto forte quanto le parole utilizzate per descriverlo? Ni: DiCaprio ci si impegna, ma il troppo nominare questi profondi sentimenti finisce per renderli più idealmente presenti che reali. Si poteva sfruttare di più anche la contrapposizione temporale tra passato (che per Gatsby si può assolutamente replicare) e futuro, oltre che calcare ancora di più la mano nel triste finale che coinvolgerà i due membri della famiglia Buchanan, una volta per tutte rappresentati per ciò che veramente sono.
"Il grande Gatsby", insomma, finisce per avere una sua poetica di fondo incorniciata in un estro creativo 'alla Luhrmann' che, però, forse risulta troppo concentrato sulla messa in scena dell'estetica che lo contraddistingue che sui contenuti. In fin dei conti funziona, ma non mi ha catturato davvero.
Ps. Quando Nick Carraway e Jordan Baker (Elizabeth Debicki) prendono il té, uno dei camerieri è proprio Luhrmann.
Pps. 105 milioni di dollari per produrlo e un incasso mondiale di $138.4 milioni a sole 2 settimane dall'arrivo in sala.
Film 552 - Il grande Gatsby
Film 1601 - The Great Gatsby
Consigli: Impossibile confrontarlo con il Gatsby con Robert Redford, sono due prodotti troppo distanti sia per tempo che per stile. Sono entrambe buone rappresentazioni del romanzo per alcuni aspetti e pessime per altri. In questo caso gli amanti del cinema del regista australiano non rimarranno delusi perchè, in effetti, ci si è impegnati a un ritorno più o meno evidente agli accenti istrionici di "Moulin Rouge!". Il tutto risulta meno riuscito quando, come per "Australia", si arriva alla necessità di rappresentare la storia e non solo i bei momenti di frenesia a tempo di musica. Comunque un prodotto con il suo fascino che merita quantomeno la chance di una visione.
Parola chiave: Dr. Eckleburg.
Trailer
Bengi
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