Visualizzazione post con etichetta Al Pacino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Al Pacino. Mostra tutti i post

mercoledì 12 gennaio 2022

Film 2074 - House of Gucci

Intro: E' dal 31 dicembre 2021 che ho questa recensione in coda e, fino ad oggi, non ero ancora riuscito a pubblicarla. Sono state settimane intense, tra l'Italia, gli amici, gli affetti, le feste, il ritorno a Dublino, il nuovo lavoro e altre cose che hanno pesato e contribuito. Ma eccoci, ci risiamo: che il 2022 abbia inizio anche per HollywoodCiak!

Film 2074: "House of Gucci" (2021) di Ridley Scott
Visto: al cinema
Lingua: inglese, italiano
Compagnia: nessuno
In sintesi: ho visto questo film una sera di dicembre al cinema da solo. Ero in un mood un po' altalenante da giorni, per cui la decisione di recuperare questa pellicola era propedeutica a uno spegnimento cerebrale e nulla più. Zero attese, zero aspettative (anzi, forse qualche aspettativa l'avevo, ma in negativo).
Non particolarmente apprezzato dalla critica, "House of Gucci" è riuscito però a ritagliarsi una nicchia di mercato e ad assicurarsi un pubblico (a mio avviso) principalmente nei fan di Lady Gaga, del fashion e in particolare del brand Gucci e degli appassionati di biopic (qui a tinte assassine). Tutto grasso che cola considerando che gli ultimi due film di Ridley Scott, "The Last Duel" e il terribile "All the Money in the World", hanno incassato rispettivamente $30.6 milioni (su un budget di $100 milioni) e $57 milioni (su un budget di $50 milioni)...
Devo dire, comunque, che a me "House of Gucci" non è per niente dispiaciuto. 2 ore e 38 minuti di durata sono troppe e sicuramente ci sono molti aspetti di questo prodotto che si sarebbero potuti migliorare - a partire dal casting di Jared Leto, sempre più un fallimento attoriale - eppure nel complesso l'esperienza cinematografica è stata sufficientemente positiva da rendere il tutto di godibile intrattenimento. Niente di eclatante, ma comunque un risultato finale conforme alle promesse over-the-top e sopra le righe. Senza contare la colonna sonora pazzesca.
Chiaro che non si tratti di un prodotto per tutti - sia in termini di qualitativi che tecnici - però "House of Gucci" ha un grande alleato nella gigantesca performance di Lady Gaga nei panni di Patrizia Reggiani che porta avanti da sola tutta la baracca. Trascinante, intrigante, esagerata e molto Marisa Laurito, Gaga conferma che quando si tratti di riproporre una versione della sua caleidoscopica personalità la performance poi non delude. E' stato così in "American Horror Story: Hotel", poi in "A Star Is Born" e adesso qui e tutte le volte che Gaga interpreta Gaga si è certi in un risultato esplosivo.
Meno esplosivo, qui, tutto il resto: Adam Driver molto pacato e a tratti sottotono per copione, Jeremy Irons malconcio ma pur sempre iconico e Al Pacino versione tamarro di lusso (che francamente gli si addice) a cui si accolla la ridicola performance di Jared Leto che non solo sminuisce il suo personaggio, ma non fa altro che distrarre lo spettatore da ogni altro elemento della pellicola. Non mi è ben chiaro se la sua sia stata una scelta dettata dal voler rispettare i modi di Rodolfo Gucci o se si sia voluta calcare la mano per renderlo il giullare della situazione, in ogni caso una scelta infelice e macchiettistica che genera solo fastidio. Da ultima, un'inaspettata Salma Hayek in chiave chiaroveggente che interpreterà uno dei ruoli cardine di tutta la vicenda e, al contempo, dei più ridicoli.
Ciò detto, ribadisco che "House of Gucci" non è un capolavoro, eppure tutto sommato non manca di intrattenere e, ancora più importante, mantenere le promesse di tutta una campagna pubblicitaria: una Lady Gaga unica, indiscussa protagonista.
Ps. Non ho ben capito il senso di girare a Roma, raccontare una storia ambientata in Italia e poi assumere comparse palesemente non italiane e dar loro qualche battuta da recitare nel film.
Cast: Lady Gaga, Adam Driver, Jared Leto, Jeremy Irons, Salma Hayek, Al Pacino, Camille Cottin, Reeve Carney, Jack Huston.
Box Office: $135.5 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Secondo me vederlo in italiano non ha senso. Gaga ha sbandierato in lungo e in largo (anche da Fazio) quanto si sia spesa per apprendere l'accento di un italiano che parla in inglese e anche solo per questo motivo vale la pena vedere questa pellicola in lingua originale (non tanto perché sia brava, quanto perché il tutto è maledettamente ridicolo, specialmente considerato che un sacco di parti sono recitate in italiano... anche se non sottotitolate).
Detto cioò, un film non per tutti e non per ogni occasione, ma sicuramente un prodotto da recuperare se si vuole rimanere al passo con la conversazione globale, considerato per quanto si è parlato di Gaga e di questo suo nuovo ruolo iconico (ma da qui ad attrice affermata ci vuole ancora un po'). E per poterla veder recitare: "Father, son and House of Gucci."
Premi: Candidato al Golden Globe per la Miglior attrice protagonista drammatica (Lady Gaga). 3 nomination ai BAFTA per Miglior attrice protagonista (Gaga), trucco e film britannico (???) dell'anno.
Parola chiave: Famiglia.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 5 settembre 2019

Film 1800 - Once Upon a Time in Hollywood

Intro: Sabato sera a Wellington ho deciso di andare al cinema e ho puntato tutto su questo film.
Film 1800: "Once Upon a Time in Hollywood" (2019) di Quentin Tarantino
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: opinioni contrastanti, come sempre quando si tratta di un film di Tarantino, "Once Upon a Time in Hollywood" dura 2 ore e 40 minuti di cui una buona ora è praticamente esercizio di stile. Il film carbura solamente verso la fine e anche se è magnifico vedere DiCaprio - e Pitt, diciamocelo - costruire il proprio personaggio, a una certa si fatica a capire dove stia andando a parare la storia. Non temete, anche stavolta Tarantino non delude e confeziona un finale bomba che riscatta tutta quella parte di sceneggiatura che sembra più un cazzeggiare riempitivo che una vera e propria storyline con qualcosa da raccontare.
Detto ciò, la pellicola funziona e soprattutto grazie ai due mitici protagonisti e alla bellezza sconvolgente di Margot Robbie, qui più che altro in vetrina, per un trittico attoriale che è davvero un piacere seguire e ammirare. Rick Dalton (DiCaprio) è un magnifico, piccolo scemo attore di western televisivi che non mancherà di momenti esilaranti, una grande interpretazione e il riscatto finale; Cliff Booth (Pitt), controfigura di Dalton, è inarrestabile e granitico, capace di sfottere Bruce Lee, sfidare la setta di Manson, essere il migliore dei padroni, nonché il meraviglioso protagonista del finale perfetto che questa pellicola si meritava; Sharon Tate (Robbie) è dolce, gentile, bellissima. Insieme, questi tre personaggi fanno tutto il film e nonostante la miriade infinita di personaggi che ronzano loro intorno - il che alla lunga un po' stanca, ma a Tarantino i camei e ruoli minori piacciono tantissimo -, è a loro che tutta la storia ruota intorno. Storia che, diciamocelo pure, nonostante i toni crudi e violenti ha certamente un tocco fiabesco che da uno come il regista di "Kill Bill" ammetto non mi sarei aspettato. La storia, vera, della Tate e del destino che il 9 agosto '69 toccò a lei e altre 4 persone - Jay Sebring, Wojciech Frykowski, Abigail Folger, Steven Parent - è ben diversa, triste e raccapricciante. Qui, per banalizzare, il bene trionfa e il male viene sconfitto, nonché profondamente ridicolizzato. Il potere narrativo di Tarantino sta proprio qui, nel riuscire a prendere per il culo Manson e la sua setta di pazzi - come già aveva fatto, tra l'altro, con Hitler e nazisti in "Inglourious Basterds" -, nel riuscire a trattare argomenti scabrosi e taboo fornendone nuovi punti di vista, approcci, finali alternativi. Non è da tutti essere in grado di affrontare questo tipo di tematiche ed uscirne vincente e, anche solo per questo Tarantino con "Once Upon a Time in Hollywood" ha vinto la sua scommessa. Poi che potesse sforbiciare qua e là è un altro discorso, in ogni caso diciamo che nel primo tempo si gode principalmente del grande talento di DiCaprio e Pitt.
Cast: Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Emile Hirsch, Margaret Qualley, Timothy Olyphant, Austin Butler, Dakota Fanning, Bruce Dern, Al Pacino, Mike Moh, Luke Perry, Damian Lewis, Brenda Vaccaro, Rafał Zawierucha, Lena Dunham, Maya Hawke, Rumer Willis, Dreama Walker, Rebecca Gayheart, Kurt Russell, Zoë Bell, Michael Madsen, James Remar.
Box Office: $285 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Decisamente non per tutti. Lunghissimo, violento, politicamente scorretto. Insomma, ce n'è per tutti (i gusti), specialmente per chi ha apprezzato i più recenti lavori del regista. Per tutti gli altri è un po' un terno al lotto: o lo riscatta il finale o è una perdita di tempo.
Premi: In concorso a Cannes per la Palma d'Oro, il film ha vinto il Palm Dog Award.
Parola chiave: Hollywood.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 6 maggio 2016

Film 1132 - Dick Tracy

Uno di quei titoli di cui hai sempre sentito parlare, eppure non hai mai visto. Così, alla prima occasione, ho rimediato.
Film 1132: "Dick Tracy" (1990) di Warren Beatty
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Lo dico già dall'inizio: questo film non mi è piaciuto.
Non so esattamente cosa mi aspettassi - anche perché non sapevo nemmeno che fosse tratto da un fumetto - e certamente lo avevo confuso con l'altro film di Beatty, "Reds", in ogni caso non ho apprezzato granché questa storia, né la sua realizzazione.
Una caratterizzazione dei personaggi che non va oltre la loro naturale bidimensionalità cartacea, un makeup forzatissimo che fronteggia una sfida per l'epoca titanica - e solo parzialmente vinta -, una miriade di personaggi-spalle-cameo che stordiscono lo spettatore insieme ad un ritmo rapido e frenetico che, sì, aiuta a non addormentarsi, ma aumenta la fatica di chi tenti di capirci qualcosa.
Ecco, io "Dick Tracy" l'ho vissuto così: con fatica e stordimento.
Mi aspettavo un classico del cinema, forse addirittura un cult del genere trasposto dai fumetti, invece non mi sono appassionato né alla vicenda né al suo protagonista.
Pur avendo apprezzato l'iconica presenza di Madonna (un po' Marilyn, un po' bomba sexy), una fotografia che riprende i colori del fumetto originale, Warren Beatty che sembra un po' Batman, insieme al fatto che "Dick Tracy" sia una sorta di predecessore di "Sin City", in ogni caso il risultato finale non mi ha soddisfatto e in tutta onestà non penso proprio che rivedrei questa pellicola.
Ps. Candidato a 7 premi Oscar, tra cui Miglior attore non protagonista (Al Pacino), il film ne ha vinti 3: Miglior scenografia, trucco e canzone originale ("Sooner or Later (I Always Get My Man)" cantata da Madonna).
Cast: Warren Beatty, Madonna, Al Pacino, Glenne Headly, Charlie Korsmo, Seymour Cassel, Michael J. Pollard, Charles Durning, Dick Van Dyke, Frank Campanella, Dustin Hoffman, William Forsythe, Ed O'Ross, Mandy Patinkin, Henry Silva, Paul Sorvino, James Caan, Catherine O'Hara.
Box Office: $162.7 milioni
Consigli: Basato sul fumetto di Chester Gould, il film racconta le avventure del detective Dick Tracy tra gangster, mafia, sparatorie, amori e un bambino che ha bisogno di protezione e di una figura paterna. Il mix colorato e ampiamente "truccato" di elementi sembra promettere bene all'inizio, ma nel complesso la storia gioco molto sulla parte visiva e meno su quella di costruzione dei personaggi. Si rimane un po' sulla superficie e il risultato finale ne risente. Meno efficace delle recenti trasposizioni dal mondo dei fumetti, questo titolo rimane certamente uno dei più rappresentativi della carriera di Beatty, pur non risultandone il migliore.
Parola chiave: Mozzafiato Mahoney.

Se ti interessa/ti è piaciuto

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

domenica 31 agosto 2014

Venezia 71: nomination & vincitori

Per la prima volta nella storia del Festival, il presidente di giuria è un compositore. Non uno a caso, chiaramente, ma nientemeno che il bravissimo Alexandre Desplat, 6 volte candidato al premio Oscar, vincitore di un Golden Globe, oltre che parecchi César in patria. Venezia 71 fa, così, una scelta molto interessante e dimostra di sapersi distinguere ancora nel panorama internazionale per spirito di iniziativa.
Il festival, come è ovvio, è già in corso, quindi provvedo subito a riportare tutta la lista dei film in concorso nelle principali sezioni, in attesa di scoprire quali saranno i vincitori - annunciati il 6 settembre - di questa edizione 2014!

Film in gara per il Leone d'Oro 2014

The Cut di Fatih Akın (Germania/Francia/Italia/Russia/Canada/Polonia/Turchia)
A pigeon sat on a branch reflecting on existence (En duva satt på en gren och funderade på tillvaron) di Roy Andersson
(Svezia/Germania/Norvegia/Francia)
99 Homes di Ramin Bahrani (USA)
Tales (Ghesseha) di Rakhshan Bani e'Temad (Iran)
Le rançon de la glorie di Xavier Beauvois (Francia/Belgio/Svizzera)
Hungry Hearts di Saverio Costanzo (Italia)
Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte (Francia)
Pasolini di Abel Ferrara (Francia/Belgio/Italia)
Manglehorn di David Gordon Green (USA)
Birdman di Alejandro González Iñárritu (USA)
3 coeurs di Benoît Jacquot (Francia)
The Postman's White Nights (Belye nochi pochtalona alekseya trayapitsyna) di Andrei Konchalovsky (Russia)
Il giovane favoloso di Mario Martone (Italia)
Sivas di Kaan Müjdeci (Turchia)
Anime nere di Francesco Munzi (Italia/Francia)
Good Kill di Andrew Niccol (USA)
Loin des hommes di David Oelhoffen (Francia)
The Look of Silence di Joshua Oppenheimer (Danimarca/Finlandia/Norvegia/Indonesia/Gran Bretagna)
Fires on the Plain (Nobi) di Shinya Tsukamoto (Giappone)
Red Amnesia (Chuangru zhe) di Xiaoshuai Wang (Cina)

Orizzonti
(il presidente di giuria è Ann Hui)
Theeb di Naji Abu Nowar (Giordania/Emirati Arabi Uniti/Qatar/Gran Bretagna)
Line of Credit (Kreditis Limiti) di Salome Alexi (Georgia/Germania/Francia)
Senza nessuna pietà di Michele Alhaique (Italia)
Cymbeline di Michael Almereyda
La vita oscena di Renato De Maria (Italia)
Near Death Experience di Benoît Delépine e Gustave Kervern (Francia)
Réalité di Quentin Dupieux (Francia/Belgio)
Goodnight Mommy (Ich seh/Ich seh) di Veronika Frank e Severin Fiala (Austria)
Hill of Freedom (Jayueui onduk) di Sangsoo Hong (Corea del Sud)
Bypass di Duane Hopkins (Gran Bretagna)
The President di Mohsen Makhmalbaf (Georgia/Francia/Gran Bretagna/Germania)
Your Right Mind di Ami Canaan Mann (USA)
Belluscone - Una storia siciliana di Franco Maresco (Italia)
Nabat di Elchin Musaoglu (Azerbaijan)
Heaven knows what di Josh Safdie e Ben Safdie (USA/Francia)
These are the rules (Takva su pravila) di Ognjen Svilicic (Croazia/Francia/Serbia/Macedonia)
Court di Chaitanya Tamhane (India)

Cortometraggi
La bambina (Bache) di Ali Asgari (Italia/Iran)
Lift you up di Ramin Bahrani (USA)
Ferdinand Knapp di Andrea Baldini (Francia)
Great Heat (Da shu) di Tao Chen (Cina)
Mademoiselle di Guillame Gouix (Francia)
Castillo y el armado di Pedro Harres (Brasile)
Daily bread (Pat - Lehem) di Idan Hubel (Israele)
L'attesa del maggio di Simone Massi (Italia)
3/105 di Avelina Prat e Diego Opazo (Spagna)
Maryam di Sidi Saleh (Indonesia)
Art (Arta) di Adrian Sitaru (Romania)
Era apocrypha di Brendan Sweeny (USA)
Cams di Carl-Johan Westregård (Svezia)
In overtime (Fi al waqt al dae'a) di Rami Yasin (Giordania/Palestina)

Bengi