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giovedì 5 settembre 2019

Film 1800 - Once Upon a Time in Hollywood

Intro: Sabato sera a Wellington ho deciso di andare al cinema e ho puntato tutto su questo film.
Film 1800: "Once Upon a Time in Hollywood" (2019) di Quentin Tarantino
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: opinioni contrastanti, come sempre quando si tratta di un film di Tarantino, "Once Upon a Time in Hollywood" dura 2 ore e 40 minuti di cui una buona ora è praticamente esercizio di stile. Il film carbura solamente verso la fine e anche se è magnifico vedere DiCaprio - e Pitt, diciamocelo - costruire il proprio personaggio, a una certa si fatica a capire dove stia andando a parare la storia. Non temete, anche stavolta Tarantino non delude e confeziona un finale bomba che riscatta tutta quella parte di sceneggiatura che sembra più un cazzeggiare riempitivo che una vera e propria storyline con qualcosa da raccontare.
Detto ciò, la pellicola funziona e soprattutto grazie ai due mitici protagonisti e alla bellezza sconvolgente di Margot Robbie, qui più che altro in vetrina, per un trittico attoriale che è davvero un piacere seguire e ammirare. Rick Dalton (DiCaprio) è un magnifico, piccolo scemo attore di western televisivi che non mancherà di momenti esilaranti, una grande interpretazione e il riscatto finale; Cliff Booth (Pitt), controfigura di Dalton, è inarrestabile e granitico, capace di sfottere Bruce Lee, sfidare la setta di Manson, essere il migliore dei padroni, nonché il meraviglioso protagonista del finale perfetto che questa pellicola si meritava; Sharon Tate (Robbie) è dolce, gentile, bellissima. Insieme, questi tre personaggi fanno tutto il film e nonostante la miriade infinita di personaggi che ronzano loro intorno - il che alla lunga un po' stanca, ma a Tarantino i camei e ruoli minori piacciono tantissimo -, è a loro che tutta la storia ruota intorno. Storia che, diciamocelo pure, nonostante i toni crudi e violenti ha certamente un tocco fiabesco che da uno come il regista di "Kill Bill" ammetto non mi sarei aspettato. La storia, vera, della Tate e del destino che il 9 agosto '69 toccò a lei e altre 4 persone - Jay Sebring, Wojciech Frykowski, Abigail Folger, Steven Parent - è ben diversa, triste e raccapricciante. Qui, per banalizzare, il bene trionfa e il male viene sconfitto, nonché profondamente ridicolizzato. Il potere narrativo di Tarantino sta proprio qui, nel riuscire a prendere per il culo Manson e la sua setta di pazzi - come già aveva fatto, tra l'altro, con Hitler e nazisti in "Inglourious Basterds" -, nel riuscire a trattare argomenti scabrosi e taboo fornendone nuovi punti di vista, approcci, finali alternativi. Non è da tutti essere in grado di affrontare questo tipo di tematiche ed uscirne vincente e, anche solo per questo Tarantino con "Once Upon a Time in Hollywood" ha vinto la sua scommessa. Poi che potesse sforbiciare qua e là è un altro discorso, in ogni caso diciamo che nel primo tempo si gode principalmente del grande talento di DiCaprio e Pitt.
Cast: Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Emile Hirsch, Margaret Qualley, Timothy Olyphant, Austin Butler, Dakota Fanning, Bruce Dern, Al Pacino, Mike Moh, Luke Perry, Damian Lewis, Brenda Vaccaro, Rafał Zawierucha, Lena Dunham, Maya Hawke, Rumer Willis, Dreama Walker, Rebecca Gayheart, Kurt Russell, Zoë Bell, Michael Madsen, James Remar.
Box Office: $285 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Decisamente non per tutti. Lunghissimo, violento, politicamente scorretto. Insomma, ce n'è per tutti (i gusti), specialmente per chi ha apprezzato i più recenti lavori del regista. Per tutti gli altri è un po' un terno al lotto: o lo riscatta il finale o è una perdita di tempo.
Premi: In concorso a Cannes per la Palma d'Oro, il film ha vinto il Palm Dog Award.
Parola chiave: Hollywood.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 26 febbraio 2014

Film 675 - Lone Survivor

L'altra sera ho abbandonato l'idea di vedere "12 Years a Slave" perché ero troppo stanco e avevo bisogno di qualcosa di un po' più digeribile e facilmente assimilibile, motivo per il quale sono arrivato a questo film (dato che non volevo comunque vedere qualcosa che non fosse candidato agli Oscar di quest'anno).

Film 675: "Lone Survivor" (2013) di Peter Berg
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Essendo incentrato sulla guerra e non avendo altri indizi a riguardo, ho accettato "Lone Survivor" come valido sostituto per una cena in solitaria che fosse svagante e poco impegnativa. Errore.
A differenza di altri titoli per i quali la guerra era solo pretesto di sparatorie, inseguimento, bombardamenti e protagonisti giovani e atletici cui affibbiare battutine simpatiche, questo film è un prodotto tendenzialmente impegnato che si prefigge di raccontare la triste storia vera di una squadra di Navy SEAL che rimane vittima di un agguato da parte dei talebani in Afghanistan. Insomma, non esattamente la combo di azione e adrenalina che mi aspettavo.
Inoltre, per quanto la storia sia toccante e comunque abbia senso raccontarla, ho trovato la trasposizione cinematografica non particolarmente interessante, coinvolgente o innovativa. Giusto il finale presenta una serie di elementi narrativi inaspettati che colpiscono davvero lo spettatore, ma per il resto pellicola un po' priva di spessore o appeal.
I quattro protagonisti Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsch e Ben Foster sono un gruppo di attori capace e in grado di fare team e il risultato sullo schermo si vede, come si vede l'enorme differenza di età tra di loro (da ignorante mi sono chiesto se i 43 anni di Wahlberg non siano un po' troppi per immaginare di mandarlo in missione sul campo). I 121 minuti di pellicola sono praticamente tutti sulle loro spalle e bisogna dire che sono in grado di dare un buon livello di plausibilità ai loro personaggi.
In definitiva direi che "Lone Survivor" non è per nulla quello che mi aspettavo e, anzi, punta a un realismo e a una veridicità dei fatti che non immaginavo di trovare (per mia disinformazione). Il risultato finale, però, non mi ha convinto del tutto e ho apprezzato solamente l'ultima parte della storia.
Ps. Il film è candidato a due premi Oscar: Miglior missaggio sonoro e Miglior montaggio sonoro.
Box Office: $132,334,480 (ad oggi)
Consigli: E' una pellicola sulla guerra in Afghanistan e tratta eventi veri ripresi dalla testimonianza dell'ex-Navy SEAL Marcus Luttrell nel romanzo autobiografico "Lone Survivor: The Eyewitness Account of Operation Redwing and the Lost Heroes of Seal Team 10". Non è una storia facile da assimilare, né una pellicola visivamente priva di scene forti. Mark Wahlberg, come sempre, è nella parte dell'eroe.
Parola chiave: Ahmad Shah.

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Bengi

martedì 27 novembre 2012

Film 484 - Venuto al mondo

Film offerto gentilmente dalla 3 e obbligatoriamente imposto - meno gentilmente - dalla mia amica Erika. Io Castellitto non lo sopporto...


Film 484: "Venuto al mondo" (2012) di Sergio Castellitto
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Erika
Pensieri: La questione della meritocrazia non credo riguardi la famiglia Catellitto-Mazzantini. "Venuto al mondo" è una pellicola di Sergio Castellitto con Pietro Castellitto e lo stesso Sergio, tratto dall'opera letteraria della moglie Mazzantini che ne cura anche la sceneggiatura (assieme al marito).
E io qui già rido.
Al di là della pretesa drammaticità di questo prodotto, dell'ostentata contestualizzazione politica e dalla ricercata necessità di essere un film impegnato, l'ultima fatica cinematografica del clan Castellitto non mi ha convinto. Non solo non mi è piaciuta, ma mi è sembrato che di fondo ci fosse una ricercata palesazione di una tragicità a tutti i costi, di un'emozione forte che è quasi morbosa. Dove la prima domanda da porsi dovrebbe essere perchè raccontare questa storia, quello che sembra qui è più che altro un voler per forza narrare situazioni estreme, assurde, ma che devono essere tali perchè testimoniano quanto il mondo degli uomini sia capace di farsi del male da solo.
Questo particolare aspetto ho trovato che sia fallimentare, perchè si può narrare una storia di guerra e denuncia, perfino trattare la violenza senza cadere nella retorica e nella facile immagine commovente. Penélope Cruz è brava ed è l'unica capace di dare dignità ad un prodotto fatto per masse che sanno poco di un evento tragico e discolpano loro stesse parlando bene del prodotto che ha fatto emergere la questione. Prodotto che, tra l'altro, annovera nelle sue file nomi veri di attori famosi internazionalmente (la Cruz, Emile Hirsch, Jane Birkin!) e li utiliazza alla solita maniera italiana. Non c'è ampio respiro e non mi pare ci sia una prospettiva di lancio internazionale, nonostante il cast lo permetterebbe. La concezione della storia è troppo nostrana; la storia della madre pronta a tutto per avere un figlio è ok, ma gli sviluppi morbosi che seguono, con il classico tradimento, l'appiattimento umiliante del personaggio di Gemma, il ritrovamento della vera madre che si scopre poi essere stata stuprata... Ma neanche "Un posto al sole" al suo meglio narrativo!
In un gioco di incastri temporali complessi da digerire, salvo solamente la bravura intensa di Penélope, la sorpresa Saadet Aksoy e il trucco curato da Alessandro Bertolazzi che merita un plauso se non addirittura una nomination all'Oscar.
Pietro Castellitto, invece, è il nuovo Silvio Muccino: difficoltà di pronuncia e presente solo in quanto imparentato col regista.
Se cercate una storia sulla guerra in Bosnia, meglio un interessante documentario.
Consigli: Dopo la precedente collaborazione tra il regista e attore italiano e la bella attrice spagnola Cruz con "Non ti muovere", eccoci ad un secondo prodotto cinematografico che testimonia la versatilità internazionale dell'attrice. Ma la storia non funziona. In ogni caso, se piacciono Castellitto o la Mazzantini, può essere un film giusto. Da evitare, però, in momenti di tristezza o affaticamento psicologico: è un mattone.
Parola chiave: Sarajevo.

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Ric