Intro: Avevo sentito tanto parlare del revival dello spettacolo teatrale, così quando ho scoperto che ne avevano fatto un film, ho voluto subito recuperarlo.
Film 1928: "The Boys in the Band" (2020) di Joe Mantello
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: le pellicole tratte da pièce teatrali non sono mai facili da realizzare, più che altro per una mancaza di location che garantiscono "movimento" alla storia e per un quantitativo di dialoghi che non sempre è facile da rendere efficacemente. Devo dire che "The Boys in the Band" non presenta queste problematiche grazie a una sceneggiatura che dà spazio anche agli esterni, una regia oculata e un cast perfetto che regala ottime performance (del resto è lo stesso del revival teatrale dell'anno scorso).
Per quanto mi riguarda, quello che non mi aspettavo si lega più che altro alla trama in sé che, dopo un inizio dinamico e interessante, prende velocemente una piega amara e verbalmente violenta, per un risultato finale che lascia interdetti. Sarà che il complesso rapporto di amicizia tra Michael e Harold (Jim Parsons e Zachary Quinto) toglie ossigeno a tutte le altre dinamiche presenti - avrei dato molto più spazio ai personaggi secondari -, sarà che le tematiche affrontate sono molto complesse e sensibili, di fatto questa storia finisce per svolgere la sua narrazione con un approccio passivo-aggressivo che non avevo previsto. Probabilmente fuorviato da un trailer molto più spensierato e glam, mi immaginavo qualcosa di più "facile" - quasi frivolo se vogliamo - quando invece il racconto non si risparmia la sua buona dose di cattiveria e smaschera molte delle ipocrisie certamente familiari all'epoca, ma che non mancano di essere rilevanti anche oggi.
Insomma, "The Boys in the Band" è stato niente di ciò che mi aspettavo, sicuramente una visione molto più complessa e difficile da digerire (tant'è che mi sono concesso qualche pausa), anche se tutto sommato ho apprezzato la presenza di un prodotto come questo su una piattaforma mainstream come Netflix perché non solo è importante ricordare che lo show scritto da Mart Crowley, scomparso solo qualche mese fa, è datato 1968, ma anche che tutt'oggi la questione LGBTQI+ rimane aperta e vitale più che mai. E ogni tanto non fa male pensare che certi aspetti che siamo abituati a dare per scontato, anche solo 50/60 anni fa non lo erano per niente e che se pure ci sembra di aver già conquistato moltissimo, c'è ancora un'inifinità di strada da fare.
Cast: Jim Parsons, Zachary Quinto, Matt Bomer, Andrew Rannells, Charlie Carver, Robin de Jesús, Brian Hutchison, Michael Benjamin Washington, Tuc Watkins.
Box Office: /
Vale o non vale: Chi ha apprezzato l'opera teatrale - o chi in generale apprezza gli adattamenti cinematografici tratti prodotti nati per il teatro - dovrebbe gradire. La regia è buona, il cast onestamente pazzesco e il risultato finale compatto e ben realizzato. Poi, chiaramente, non si tratta di un titolo facile o per tutti i palati, ma nel complesso credo valga la pena di dare una chance a questa pellicola. A cui, mi sento di dire, farei seguire la visione del veloce "The Boys in the Band: Something Personal", un dietro le quinte che dà maggiore tridimensionalità ad un prodotto cui non in molti sono familiari.
Premi: /
Parola chiave: Birthday party.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 1928: "The Boys in the Band" (2020) di Joe Mantello
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: le pellicole tratte da pièce teatrali non sono mai facili da realizzare, più che altro per una mancaza di location che garantiscono "movimento" alla storia e per un quantitativo di dialoghi che non sempre è facile da rendere efficacemente. Devo dire che "The Boys in the Band" non presenta queste problematiche grazie a una sceneggiatura che dà spazio anche agli esterni, una regia oculata e un cast perfetto che regala ottime performance (del resto è lo stesso del revival teatrale dell'anno scorso).
Per quanto mi riguarda, quello che non mi aspettavo si lega più che altro alla trama in sé che, dopo un inizio dinamico e interessante, prende velocemente una piega amara e verbalmente violenta, per un risultato finale che lascia interdetti. Sarà che il complesso rapporto di amicizia tra Michael e Harold (Jim Parsons e Zachary Quinto) toglie ossigeno a tutte le altre dinamiche presenti - avrei dato molto più spazio ai personaggi secondari -, sarà che le tematiche affrontate sono molto complesse e sensibili, di fatto questa storia finisce per svolgere la sua narrazione con un approccio passivo-aggressivo che non avevo previsto. Probabilmente fuorviato da un trailer molto più spensierato e glam, mi immaginavo qualcosa di più "facile" - quasi frivolo se vogliamo - quando invece il racconto non si risparmia la sua buona dose di cattiveria e smaschera molte delle ipocrisie certamente familiari all'epoca, ma che non mancano di essere rilevanti anche oggi.
Insomma, "The Boys in the Band" è stato niente di ciò che mi aspettavo, sicuramente una visione molto più complessa e difficile da digerire (tant'è che mi sono concesso qualche pausa), anche se tutto sommato ho apprezzato la presenza di un prodotto come questo su una piattaforma mainstream come Netflix perché non solo è importante ricordare che lo show scritto da Mart Crowley, scomparso solo qualche mese fa, è datato 1968, ma anche che tutt'oggi la questione LGBTQI+ rimane aperta e vitale più che mai. E ogni tanto non fa male pensare che certi aspetti che siamo abituati a dare per scontato, anche solo 50/60 anni fa non lo erano per niente e che se pure ci sembra di aver già conquistato moltissimo, c'è ancora un'inifinità di strada da fare.
Cast: Jim Parsons, Zachary Quinto, Matt Bomer, Andrew Rannells, Charlie Carver, Robin de Jesús, Brian Hutchison, Michael Benjamin Washington, Tuc Watkins.
Box Office: /
Vale o non vale: Chi ha apprezzato l'opera teatrale - o chi in generale apprezza gli adattamenti cinematografici tratti prodotti nati per il teatro - dovrebbe gradire. La regia è buona, il cast onestamente pazzesco e il risultato finale compatto e ben realizzato. Poi, chiaramente, non si tratta di un titolo facile o per tutti i palati, ma nel complesso credo valga la pena di dare una chance a questa pellicola. A cui, mi sento di dire, farei seguire la visione del veloce "The Boys in the Band: Something Personal", un dietro le quinte che dà maggiore tridimensionalità ad un prodotto cui non in molti sono familiari.
Premi: /
Parola chiave: Birthday party.
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#HollywoodCiak
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