Se ne è fatto un gran parlare e non vedevo davvero l'ora di farmene un'opinione!
Film 811: "The Normal Heart" (2014) di Ryan Murphy
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: "The Normal Heart" mi ha spezzato il cuore.
E' chiaro, il mio coinvolgimento emotivo è stato sicuramente aumentato da motivazioni personali, ma lo strazio, il dolore, la disperazione e lo smarrimento che questo film per la tv porta a galla è qualcosa che ti lascia a pezzi.
E' bene, quindi, mettere subito in conto che la visione di questa produzione HBO firmata Ryan Murphy non sarà una passeggiata: sono gli anni '80, siamo a New York e la comunità gay si sta ammalando di AIDS. Muoiono a migliaia, ma l'emancipazione del mondo omosessuale è ancora acerba e i gay sono 'froci' o 'checche' agli occhi dell'opinione pubblica, ancora bidimensionali e caricati a macchietta. L'epidemia è gravissima e si pensa che solo nella comunità il virus si diffonda, il che contribuisce ad alimentare un'idea di promiscuità e lascività di costumi che spaventa chi quella comunità non la frequenta e non la conosce. Per carità, di sesso se ne faceva eccome, però, come si sa, non solo gli omosessuali uomini sono a rischio di contagio.
In questo scenario umanamente apocalittico si muove Ned Weeks - un bravissimo Mark Ruffalo che si meritava almeno l'Emmy, chissà il Golden Globe -, scrittore grazie al quale comincia a farsi sentire la voce proprio di quella comunità ghettizzata. Essere ascoltati non è per nulla facile e, anzi, sembrano più le sconfitte che le vittorie. Il suo approccio preciso e dettagliato spaventa, i suoi modi schietti e le sue richieste intimoriscono chi dovrebbe ascoltare o aiutare. Ci sarà, quindi, per tutto il film una differenza d'approccio tra quello di Ned e quello portato avanti e voluto dall'organizzazione che contribuisce a fondare, la "Gay Men's Health Crisis": da una parte il temperamento forte e l'animo indignato e fiero dello scrittore, dall'altro un tentativo più tranquillo e mediato di ottenere l'attenzione dei potenti per tentare un dialogo con loro che porti a dei frutti, seppur in sordina.
Vedere una pellicola come questa con, sulle spalle, il peso di un'esperienza che 30 anni di distanza porta con sé crea sicuramente e fin da subito una simpatia per il povero Ned, vittima della sua stessa creatura solo perché più coraggioso degli altri. Immagino, però, che dovendo vivere allora una situazione così delicata portasse a non poter semplicemente scegliere la via più idealisticamente coraggiosa. Trovare una soluzione, ottenere aiuto e considerazione erano gli scopi che, anche se raggiunti col ricatto e nel tentativo di mantenere ai margini la comunità gay, andavano in ogni caso perseguiti. E non si può biasimare l'associazione che cerca modi più 'docili' e meno drastici di avere quell'attenzione di cui disperatamente necessita.
Come si capisce, quindi, è un quadro abbastanza complesso, carico di emozioni che avvolgono e stravolgono lo spettatore sia perché la storia di "The Normal Heart" è davvero straziante in certi passaggi, sia perché c'è un grande cast che rende un'operazione come questa riuscita non solo dal punto di vista tecnico. Ruffalo, Matt Bomer e Taylor Kitsch, Alfred Molina, Jim Parsons e una Julia Roberts che, nonostante un ruolo cui sia già abituata (vedi "Erin Brockovich - Forte come la verità"), riesce bene a rappresentare la sua Dott.ssa Emma Brookner evitando di banalizzare un personaggio tanto forte e iconico come questo (unica a interessarsi dei gay, unico dottore a visitarli e tentare di curarli, unica ad effettuare ricerche in proposito e, da non sottovalutare a livello di comunicazione, anche in sedia a rotelle) e riuscendo a renderlo meno patinato di quanto, personalmente, mi sarei aspettato.
Insomma, è inutile nasconderlo: ho pianto e pure tanto, pure più di quanto credo di aver mai pianto per un film. Mi ha veramente fatto pensare, oltre che fatto stare male come non mai. E' una storia così crudele ed ingiusta e allo stesso tempo così carica di messaggi di speranza, personaggi-persone da ricordare e passi importanti per chi della comunità fa parte (newyorkese e non) che non si può rimanere indifferenti. Persone annientate, amori distrutti, una malattia che ti consuma e degrada e una società che distoglie volentieri lo sguardo. Come spesso capita quando mi imbatto in storie come questa, mi chiedo: e io, che avrei fatto? Sarei stato in disparte? Sarei stato a guardare? Avrei aiutato la mia comunità e messo da parte la paura, la mia codardia, le mie remore personali?
Sono fortunato, oggi, a non dovermi dare queste risposte, a non essermi dovuto confrontare con tali tragedie e vivere in un tempo e in un luogo in cui una persona omosessuale può pensare di decidere di e per sé stessa. Chiaro, non è per tutti così, ci sono ancora così tanti passi da fare...
Eppure, grazie a "The Normal Heart", hai come quella sensazione di quando ti guardi indietro, ripensi al passato, e ti ricordi che dopotutto qualche passo in avanti è stato fatto.
Non sarà molto e di sicuro la battaglia non è finita. Però, quando ti sei asciugato le lacrime, è una consapevolezza che ti fa sentire maledettamente bene.
Ps. 12 nomination agli Emmy 2014 tra cui una praticamente per ogni attore principale e solo 2 vittorie portate a casa: Outstanding Television Movie e Outstanding Makeup for a Miniseries or a Movie (Non-Prosthetic). Francamente credo sia un po' poco; forse i Golden Globes sapranno dare più risalto a questo titolo.
Box Office: /
Consigli: Tratto dal testo teatrale dello stesso Larry Kramer che qui scrive la sceneggiatura, questo film tv - che mette in imbarazzo una qualunque produzione italiana contemporanea - è di una potenza e un'intensità disarmanti. Lo spettatore non può che soffrire con i protagonisti, tifare per loro e sperare che Tommy Boatwright (Jim Parsons) non debba più archiviare alcun biglietto da visita. Si sa, la vita è dura e una tragedia che porta il nome di epidemia è una tema tanto difficile da portare sullo schermo soprattutto perché si rischia di cadere in cliché o puntare tutto su un'emozionalità superficiale e commerciale che priverebbe un dramma come quello dell'AIDS della rappresentazione seria, competente e dignitosa che merita. Qui pare tutto funzionare bene, Murphy riesce a dare il giusto spazio ai suoi protagonisti e, soprattutto, alla storia che devono raccontare. Forte come un pugno nello stomaco, specialmente se chi guarda può identificarsi. Eppure andrebbe visto, per molti buoni motivi.
Parola chiave: Malattia.
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Bengi
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giovedì 6 novembre 2014
Film 811 - The Normal Heart
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martedì 22 luglio 2014
Film 746 - Battleship
Tra una partita alla Play Station 3 e l'altra ci abbiamo inserito anche questo film(accio)!
Film 746: "Battleship" (2012) di Peter Berg
Visto: dalla tv di Andrea
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea, Luigi
Pensieri: Il blue-ray lo avevamo regalato ad Andrea per il suo compleanno e io un blue-ray su una tv a schermo piatto gigante non lo avevo mai visto, ergo era la situazione perfetta per rispolverare quel gigantesco flop che è stato "Battleship" e dargli la sua seconda caotica occasione.
In effetti la nuova chance ha sortito effetti positivi e devo ammettere che mi sono goduto questa rispolverata, tra effetti speciali ben fatti, un mare che più blu non si può e una Rihanna cazzuta che ce l'ha con gli alieni come Batman con il Joker. Tolte le aspettative di cui ero carico la volta che ho visto al cinema questa pellicola - e ricollocandola nella giusta prospettiva di superboiata pazzesca -, posso candidamente ammettere di aver seguito con tranquillizante spensieratezza le avventure navali di Taylor Kitsch e compagni, con buona pace per le sceneggiature di qualità (o con anche solo un briciolo di trama). Inutile, infatti, ricercare un minimo di impegno narrativo in questo prodotto commerciale ispirato al gioco della Battaglia Navale, perché è talmente superficiale, banale e privo di idee originali che, se ci pensi con coscienza, è imbarazzante. Meglio, quindi, prenderlo per il verso giusto e utilizzarlo per l'unico scopo cui è buono: intrattenimento puro. In questa prospettiva è anche godibile...
Film 408 - Battleship
Box Office: $303,025,485
Consigli: Scritto male, recitato senza troppa spinta (Rihanna vince il Razzie come Peggior attrice non protagonista, ma la vera incapace è l'insipida Brooklyn Decker) e sinceramente troppo lungo. Alcuni passaggi sono perfino noiosi. Valgono certamente gli effetti speciali, ma una pellicola - anche se solo commerciale - non può davvero basarsi solo su quello. Approcciandosi a questo film, quindi, meglio esserne consci fin da subito: è solo uno spettacolo per gli occhi. La Battaglia Navale sarebbe meglio restasse un gioco da tavolo.
Parola chiave: Alieni.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 746: "Battleship" (2012) di Peter Berg
Visto: dalla tv di Andrea
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea, Luigi
Pensieri: Il blue-ray lo avevamo regalato ad Andrea per il suo compleanno e io un blue-ray su una tv a schermo piatto gigante non lo avevo mai visto, ergo era la situazione perfetta per rispolverare quel gigantesco flop che è stato "Battleship" e dargli la sua seconda caotica occasione.
In effetti la nuova chance ha sortito effetti positivi e devo ammettere che mi sono goduto questa rispolverata, tra effetti speciali ben fatti, un mare che più blu non si può e una Rihanna cazzuta che ce l'ha con gli alieni come Batman con il Joker. Tolte le aspettative di cui ero carico la volta che ho visto al cinema questa pellicola - e ricollocandola nella giusta prospettiva di superboiata pazzesca -, posso candidamente ammettere di aver seguito con tranquillizante spensieratezza le avventure navali di Taylor Kitsch e compagni, con buona pace per le sceneggiature di qualità (o con anche solo un briciolo di trama). Inutile, infatti, ricercare un minimo di impegno narrativo in questo prodotto commerciale ispirato al gioco della Battaglia Navale, perché è talmente superficiale, banale e privo di idee originali che, se ci pensi con coscienza, è imbarazzante. Meglio, quindi, prenderlo per il verso giusto e utilizzarlo per l'unico scopo cui è buono: intrattenimento puro. In questa prospettiva è anche godibile...
Film 408 - Battleship
Box Office: $303,025,485
Consigli: Scritto male, recitato senza troppa spinta (Rihanna vince il Razzie come Peggior attrice non protagonista, ma la vera incapace è l'insipida Brooklyn Decker) e sinceramente troppo lungo. Alcuni passaggi sono perfino noiosi. Valgono certamente gli effetti speciali, ma una pellicola - anche se solo commerciale - non può davvero basarsi solo su quello. Approcciandosi a questo film, quindi, meglio esserne consci fin da subito: è solo uno spettacolo per gli occhi. La Battaglia Navale sarebbe meglio restasse un gioco da tavolo.
Parola chiave: Alieni.
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mercoledì 26 febbraio 2014
Film 675 - Lone Survivor
L'altra sera ho abbandonato l'idea di vedere "12 Years a Slave" perché ero troppo stanco e avevo bisogno di qualcosa di un po' più digeribile e facilmente assimilibile, motivo per il quale sono arrivato a questo film (dato che non volevo comunque vedere qualcosa che non fosse candidato agli Oscar di quest'anno).
Film 675: "Lone Survivor" (2013) di Peter Berg
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Essendo incentrato sulla guerra e non avendo altri indizi a riguardo, ho accettato "Lone Survivor" come valido sostituto per una cena in solitaria che fosse svagante e poco impegnativa. Errore.
A differenza di altri titoli per i quali la guerra era solo pretesto di sparatorie, inseguimento, bombardamenti e protagonisti giovani e atletici cui affibbiare battutine simpatiche, questo film è un prodotto tendenzialmente impegnato che si prefigge di raccontare la triste storia vera di una squadra di Navy SEAL che rimane vittima di un agguato da parte dei talebani in Afghanistan. Insomma, non esattamente la combo di azione e adrenalina che mi aspettavo.
Inoltre, per quanto la storia sia toccante e comunque abbia senso raccontarla, ho trovato la trasposizione cinematografica non particolarmente interessante, coinvolgente o innovativa. Giusto il finale presenta una serie di elementi narrativi inaspettati che colpiscono davvero lo spettatore, ma per il resto pellicola un po' priva di spessore o appeal.
I quattro protagonisti Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsch e Ben Foster sono un gruppo di attori capace e in grado di fare team e il risultato sullo schermo si vede, come si vede l'enorme differenza di età tra di loro (da ignorante mi sono chiesto se i 43 anni di Wahlberg non siano un po' troppi per immaginare di mandarlo in missione sul campo). I 121 minuti di pellicola sono praticamente tutti sulle loro spalle e bisogna dire che sono in grado di dare un buon livello di plausibilità ai loro personaggi.
In definitiva direi che "Lone Survivor" non è per nulla quello che mi aspettavo e, anzi, punta a un realismo e a una veridicità dei fatti che non immaginavo di trovare (per mia disinformazione). Il risultato finale, però, non mi ha convinto del tutto e ho apprezzato solamente l'ultima parte della storia.
Ps. Il film è candidato a due premi Oscar: Miglior missaggio sonoro e Miglior montaggio sonoro.
Box Office: $132,334,480 (ad oggi)
Consigli: E' una pellicola sulla guerra in Afghanistan e tratta eventi veri ripresi dalla testimonianza dell'ex-Navy SEAL Marcus Luttrell nel romanzo autobiografico "Lone Survivor: The Eyewitness Account of Operation Redwing and the Lost Heroes of Seal Team 10". Non è una storia facile da assimilare, né una pellicola visivamente priva di scene forti. Mark Wahlberg, come sempre, è nella parte dell'eroe.
Parola chiave: Ahmad Shah.
Trailer
Bengi
Film 675: "Lone Survivor" (2013) di Peter Berg
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Essendo incentrato sulla guerra e non avendo altri indizi a riguardo, ho accettato "Lone Survivor" come valido sostituto per una cena in solitaria che fosse svagante e poco impegnativa. Errore.
A differenza di altri titoli per i quali la guerra era solo pretesto di sparatorie, inseguimento, bombardamenti e protagonisti giovani e atletici cui affibbiare battutine simpatiche, questo film è un prodotto tendenzialmente impegnato che si prefigge di raccontare la triste storia vera di una squadra di Navy SEAL che rimane vittima di un agguato da parte dei talebani in Afghanistan. Insomma, non esattamente la combo di azione e adrenalina che mi aspettavo.
Inoltre, per quanto la storia sia toccante e comunque abbia senso raccontarla, ho trovato la trasposizione cinematografica non particolarmente interessante, coinvolgente o innovativa. Giusto il finale presenta una serie di elementi narrativi inaspettati che colpiscono davvero lo spettatore, ma per il resto pellicola un po' priva di spessore o appeal.
I quattro protagonisti Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsch e Ben Foster sono un gruppo di attori capace e in grado di fare team e il risultato sullo schermo si vede, come si vede l'enorme differenza di età tra di loro (da ignorante mi sono chiesto se i 43 anni di Wahlberg non siano un po' troppi per immaginare di mandarlo in missione sul campo). I 121 minuti di pellicola sono praticamente tutti sulle loro spalle e bisogna dire che sono in grado di dare un buon livello di plausibilità ai loro personaggi.
In definitiva direi che "Lone Survivor" non è per nulla quello che mi aspettavo e, anzi, punta a un realismo e a una veridicità dei fatti che non immaginavo di trovare (per mia disinformazione). Il risultato finale, però, non mi ha convinto del tutto e ho apprezzato solamente l'ultima parte della storia.
Ps. Il film è candidato a due premi Oscar: Miglior missaggio sonoro e Miglior montaggio sonoro.
Box Office: $132,334,480 (ad oggi)
Consigli: E' una pellicola sulla guerra in Afghanistan e tratta eventi veri ripresi dalla testimonianza dell'ex-Navy SEAL Marcus Luttrell nel romanzo autobiografico "Lone Survivor: The Eyewitness Account of Operation Redwing and the Lost Heroes of Seal Team 10". Non è una storia facile da assimilare, né una pellicola visivamente priva di scene forti. Mark Wahlberg, come sempre, è nella parte dell'eroe.
Parola chiave: Ahmad Shah.
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Bengi
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lunedì 17 dicembre 2012
Film 491 - Snakes on a Plane
Considerata pellicola di serie B. Ci sono i serpenti. Siamo su un aereo. Potevo perdermelo?
Film 491: "Snakes on a Plane" (2006) di David R. Ellis
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Erika
Pensieri: In inglese senza sottotitoli. Eppure si capisce tutto. Già perchè "Snakes on a Plane" non è una pellicola particolarmente complessa e ricca di contenuti e, sinceramente, a metà del film si capisce come procederà la trama e, soprattutto, come si concluderà.
Poco male, però, perchè comunque il mix funziona. E pure bene.
Samuel L. Jackson ha la faccia da duro incazzato che non ha paura di niente e risulta più credibile di un qualunque Schwarzenegger o Stallone talmente duri e crudi da essere spesso ridicoli.
Per cairtà, con questo non voglio dire che in questa pellicola ci siano pretese di realismo e veridicità, è solo una questione di essere giusti per il ruolo richiesto. E allora il buon vecchio Samuel sa cavarsela qui come altrove.
Ho adorato, poi, ritrovare una delle mie beniamine della tv, Julianna Margulies. Da "E.R. - Medici in prima linea" a "The Good Wife" passando rapidamente per "I Soprano", la Margulies è una delle attrici che trovo più dotate, convincenti e di classe che ci siano al momento. E, tra l'altro, trovo al contempo strano e piacevole che si inserisca spesso e volentieri in contesti di serie B come questo (un altro esempio è la pellicola "Nave fantasma" del 2002 che annoverava nel cast perfino la nostra Francesca Rettondini...).
In ogni caso questa pellicola è divertente e funziona bene dal punto di vista della tensione, con serpenti (seppur evidentemente finti) che riescono ad incutere un certo timore - e schifo, perdonatemi il termine - grazie ad apparizioni fulminee ed improvvise. Il classico esempio di 'so perfettamente cosa mi aspetta, eppure non posso fare a meno di saltare sulla sedia'. Credo che per un prodotto a basse pretese come questo, il risultato sia doppiamente notevole.
"Snakes on a Plane" non si prende mai del tutto sul serio, ha un titolo che dimostra una scarsità di idee fin dal principio - pare evidente che l'unica preoccupazione degli sceneggiatori fosse come piazzare centinaia di specie diverse di serpenti in un ambiente senza vie d'uscita -, e presenta senza vergognarsene cliché, personaggi-macchietta e uno scontato buonismo finale da manuale. Eppure funziona alla grande.
Vedere per credere.
Consigli: Adattissimo ad una serata divertente tra amici. Chiude la mente, fa ridere e intrattiene senza mai far sbadigliare. Chiaramente è necessario ricordarsi che non presenta alcun contenuto. Detto ciò, si fa guardare in maniera assolutamente piacevole.
Parola chiave: Corone di fiori.
Trailer
Ric
Film 491: "Snakes on a Plane" (2006) di David R. Ellis
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Erika
Pensieri: In inglese senza sottotitoli. Eppure si capisce tutto. Già perchè "Snakes on a Plane" non è una pellicola particolarmente complessa e ricca di contenuti e, sinceramente, a metà del film si capisce come procederà la trama e, soprattutto, come si concluderà.
Poco male, però, perchè comunque il mix funziona. E pure bene.
Samuel L. Jackson ha la faccia da duro incazzato che non ha paura di niente e risulta più credibile di un qualunque Schwarzenegger o Stallone talmente duri e crudi da essere spesso ridicoli.
Per cairtà, con questo non voglio dire che in questa pellicola ci siano pretese di realismo e veridicità, è solo una questione di essere giusti per il ruolo richiesto. E allora il buon vecchio Samuel sa cavarsela qui come altrove.
Ho adorato, poi, ritrovare una delle mie beniamine della tv, Julianna Margulies. Da "E.R. - Medici in prima linea" a "The Good Wife" passando rapidamente per "I Soprano", la Margulies è una delle attrici che trovo più dotate, convincenti e di classe che ci siano al momento. E, tra l'altro, trovo al contempo strano e piacevole che si inserisca spesso e volentieri in contesti di serie B come questo (un altro esempio è la pellicola "Nave fantasma" del 2002 che annoverava nel cast perfino la nostra Francesca Rettondini...).
In ogni caso questa pellicola è divertente e funziona bene dal punto di vista della tensione, con serpenti (seppur evidentemente finti) che riescono ad incutere un certo timore - e schifo, perdonatemi il termine - grazie ad apparizioni fulminee ed improvvise. Il classico esempio di 'so perfettamente cosa mi aspetta, eppure non posso fare a meno di saltare sulla sedia'. Credo che per un prodotto a basse pretese come questo, il risultato sia doppiamente notevole.
"Snakes on a Plane" non si prende mai del tutto sul serio, ha un titolo che dimostra una scarsità di idee fin dal principio - pare evidente che l'unica preoccupazione degli sceneggiatori fosse come piazzare centinaia di specie diverse di serpenti in un ambiente senza vie d'uscita -, e presenta senza vergognarsene cliché, personaggi-macchietta e uno scontato buonismo finale da manuale. Eppure funziona alla grande.
Vedere per credere.
Consigli: Adattissimo ad una serata divertente tra amici. Chiude la mente, fa ridere e intrattiene senza mai far sbadigliare. Chiaramente è necessario ricordarsi che non presenta alcun contenuto. Detto ciò, si fa guardare in maniera assolutamente piacevole.
Parola chiave: Corone di fiori.
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martedì 26 giugno 2012
Film 419 - John Carter
Consigliato da Valentina qualche mese fa, attendevo l'occasione di vederlo.
Film 419: "John Carter" (2012) di Andrew Stanton
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: "John Carter" appartiene alla sfortunata serie di film da cui tutti si aspettano il botto e, invece, succede il contrario. L'anno scorso era toccata a "Lanterna verde" (200 milioni di dollari per produrlo, $219,851,172 di incasso), quest'anno al momento è invece Mr. Carter a dover fare i conti con un botteghino a malapena accettabile ($250 milioni di spesa, $282,729,025 di incasso). Cosa sarà andato storto?
La pellicola in sé non è male, la storia è piacevole e intrattiene anche se, a livello di effetti speciali, ho trovato una certa negativa somiglianza proprio con "Lanterna verde" (in cui era presente, come qui, l'attore inglese Mark Strong, famoso soprattutto per essere stato il primo cattivo dello "Sherlock Holmes" di Guy Ritchie). Essendoci un'innumerevole quantità di esseri alieni è inevitabile che il tutto risulti vagamente fittizio, però ho trovato la resa poco funzionale, quasi troppo evidentemente finta.
L'insieme, comunque, mi ha genericamente ricordato un mix di tante cose. Da "Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma" a "Avatar" e ancora "La mummia", "Il gladiatore" o "Prince of Persia: Le sabbie del tempo". Forse più di tutti "Cowboys & Aliens" (un altro sfortunato al botteghino: $174,822,325 a cui sottrarre $163 milioni...).
Che sia qui, dunque, il vero problema? Dov'è l'identità spinta ed evidente di "John Carter"? Cos'ha di indelebile o inconfondibile, in fin dei conti? Non posso dire, in quanto blockbuster, che questa pellicola non faccia il suo dovere, ma forse manca di originalità non tanto per la trama (ormai siamo abituati a ben di peggio), quanto per una rappresentazione di un mondo nuovo (Marte e rispettivi abitanti) che di incredibile o innovativo non ha nulla. Lo si capisce dal trailer e, purtroppo, questa sensazione non passa durante la visione del film.
Aggiungo che, forse, la scelta di un protagonista più "indimenticabile" avrebbe regalato quel qualcosa in più che avrebbe potuto salvare il resto. Taylor Kitsch è abbastanza uguale a Barry Watson (il Matt Camden di "Settimo cielo", per capirci) ed entrambi condividono una certa propensione per l'inespressività. Ne è recente esempio quel "Battleship" in cui trama banale e mancanza di idee corrono a braccetto. E dove Rihanna finisce per risultare la migliore a recitare. Credo che questo dica molto.
Curioso, poi, che Kitsch abbia già lavorato con la qui-compagna-di-set Lynn Collins in "X-Men le origini - Wolverine" dove entrambi avevano parti abbastanza insignificanti. Sorte destinata a ripetersi?
Consigli: Per una serata in compagnia è sicuramente un buon aiuto allo svago. Si poteva fare un po' di più, specialmente considerando che il regista è Andrew Stanton (che ha diretto "Alla ricerca di Nemo" e "WALL·E" oltre che sceneggiato "Toy story - Il mondo dei giocattoli" e "Monsters & Co."), da cui siamo abituati a piccoli capolavori. Ma l'animazione, probabilmente, è un'altra cosa.
Parola chiave: Barsoom.
Trailer
Ric

Film 419: "John Carter" (2012) di Andrew Stanton
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: "John Carter" appartiene alla sfortunata serie di film da cui tutti si aspettano il botto e, invece, succede il contrario. L'anno scorso era toccata a "Lanterna verde" (200 milioni di dollari per produrlo, $219,851,172 di incasso), quest'anno al momento è invece Mr. Carter a dover fare i conti con un botteghino a malapena accettabile ($250 milioni di spesa, $282,729,025 di incasso). Cosa sarà andato storto?
La pellicola in sé non è male, la storia è piacevole e intrattiene anche se, a livello di effetti speciali, ho trovato una certa negativa somiglianza proprio con "Lanterna verde" (in cui era presente, come qui, l'attore inglese Mark Strong, famoso soprattutto per essere stato il primo cattivo dello "Sherlock Holmes" di Guy Ritchie). Essendoci un'innumerevole quantità di esseri alieni è inevitabile che il tutto risulti vagamente fittizio, però ho trovato la resa poco funzionale, quasi troppo evidentemente finta.
L'insieme, comunque, mi ha genericamente ricordato un mix di tante cose. Da "Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma" a "Avatar" e ancora "La mummia", "Il gladiatore" o "Prince of Persia: Le sabbie del tempo". Forse più di tutti "Cowboys & Aliens" (un altro sfortunato al botteghino: $174,822,325 a cui sottrarre $163 milioni...).
Che sia qui, dunque, il vero problema? Dov'è l'identità spinta ed evidente di "John Carter"? Cos'ha di indelebile o inconfondibile, in fin dei conti? Non posso dire, in quanto blockbuster, che questa pellicola non faccia il suo dovere, ma forse manca di originalità non tanto per la trama (ormai siamo abituati a ben di peggio), quanto per una rappresentazione di un mondo nuovo (Marte e rispettivi abitanti) che di incredibile o innovativo non ha nulla. Lo si capisce dal trailer e, purtroppo, questa sensazione non passa durante la visione del film.
Aggiungo che, forse, la scelta di un protagonista più "indimenticabile" avrebbe regalato quel qualcosa in più che avrebbe potuto salvare il resto. Taylor Kitsch è abbastanza uguale a Barry Watson (il Matt Camden di "Settimo cielo", per capirci) ed entrambi condividono una certa propensione per l'inespressività. Ne è recente esempio quel "Battleship" in cui trama banale e mancanza di idee corrono a braccetto. E dove Rihanna finisce per risultare la migliore a recitare. Credo che questo dica molto.
Curioso, poi, che Kitsch abbia già lavorato con la qui-compagna-di-set Lynn Collins in "X-Men le origini - Wolverine" dove entrambi avevano parti abbastanza insignificanti. Sorte destinata a ripetersi?
Consigli: Per una serata in compagnia è sicuramente un buon aiuto allo svago. Si poteva fare un po' di più, specialmente considerando che il regista è Andrew Stanton (che ha diretto "Alla ricerca di Nemo" e "WALL·E" oltre che sceneggiato "Toy story - Il mondo dei giocattoli" e "Monsters & Co."), da cui siamo abituati a piccoli capolavori. Ma l'animazione, probabilmente, è un'altra cosa.
Parola chiave: Barsoom.
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tratto da un libro
giovedì 17 maggio 2012
Film 408 - Battleship
Accompagnando padre al cinema a quegli spettacoli che madre si rifiuta di portarlo a vedere #1.
Film 408: "Battleship" (2012) di Peter Berg
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: papà
Pensieri: E così anche Battaglia Navale si è accaparrato il suo film. Un gioco che fa da spunto ad una pellicola con un budget colossale ($209 milioni) che - si spera - avrà lo stesso richiamo di pubblico dei fortunati "Transformers", sempre della Hasbro. Eppure, io che sono fan del genere 'spacchiamo-tutto-per-principio', non ho trovato la stessa carica motivatrice del primo film con Shia LaBeouf.
Pongo subito una domanda: si può trarre da un gioco così poco stimolante una pellicola che ne catturi l'essenza ma sia capace di catapultare lo spettatore in una storia che valga la pena di essere guardata?
Come tutti sappiamo questo tipo di prodotto non rimane negli annali per particolari prove artistiche, attoriali o di sceneggiatura elaborata. Si punta (bisogna per forza!) su effetti speciali, coinvolgimento del pubblico al centro dell'azione, battute ad effetto ed adrenalina come se piovesse. Tutto questo per buona parte di "Battleship" manca.
C'è molto preludio preparatorio, come se chi scrive volesse giustificare a chi guarda le scelte di sceneggiatura, certamente poco realistiche, ma che, all'interno di una storia come questa, non lasciano perplesso nessuno. Invece di perderci in una finta caratterizzazione dei personaggi con, addirittura!, il sacrificio di uno di questi (Alexander Skarsgård) per dare spinta e motivazione al protagonista (Taylor Kitsch), si poteva tranquillamente giocare meno di psicologia e pigiare più consapevolmente sull'acceleratore adrenalinico. Non si carbura mai - fino alla fine - e quando è proprio il momento di spaccare tutto, chi c'è a bordo della nave? I veterani della Marina. Ora, con tutto il rispetto, ma davvero siamo arrivati al punto che per salvare la Terra dagli alieni siamo talmente alla frutta da rispolverare il cliché dell'eterna devozione e, soprattutto, dell'estrema superiorità delle passate generazioni - quelle coi coglioni, per intendersi - su quella di oggi? La nave stessa su cui si svolge l'ultimo combattimento è una della vecchia flotta riconvertita a museo. Ecco, forse qui dovrei fermarmi e pormi la domanda: non è che questa pellicola è già 'datata' al momento dell'uscita sul mercato? Cosa c'è di nuovo, esattamente? Nessun elemento particolare. Abbiamo gli alieni, la battaglia estrema per difendere il Pianeta, il protagonista che non vuole assumersi le sue responsabilità (eterno Peter Pan), la bellona di turno con il padre autoritario (e Superiore del protagonista), la ragazza di colore tosta quanto i colleghi uomini e bianchi (l'inarrestabile popstar Rihanna) e si potrebbe continuare tra un cliché da blockbuster e l'altro. Quindi torno a sopra: perchè porsi tanti scrupoli per dare un inizio più plausibilmente non scontato possibile, per poi giocarsi così male le proprie carte? E perchè, aggiungo, scegliere un protagonista tanto insipido da farsi mettere in ombra dalla novellina Rihanna?
Poi, per carità, gli effetti speciali son ben realizzati ed effettivamente la scena finale dello scontro si lascia guardare con un certo interesse, quindi niente di male a voler perdere due buone ore del proprio tempo per distrarsi con questa sfida in mare tra i buoni marinai dalla divisa immacolata e i cattivi alieni dalla scura armatura. Basta sapere a cosa si sta andando incontro.
Ps. In America il film uscirà questo venerdì (18 maggio), mentre nel resto del mondo la pellicola ha già dato i suoi frutti: $215,300,000. Ora bisogna aspettare il weekend per capire se "The Avengers" riuscirà a rimanere in vetta o se, invece, cederà il passo a "Battleship" e, chiaramente, in quale misura. Che lo scontro abbia inizio.
Consigli: Chi apprezza i film tratti dai prodotti Hasbro (Transformers e G.I. Joe) godrà sicuramente del piacere di seguire anche questo 'ludico' appuntamento. Anche i fan di Rihanna potranno giovare della presenza della loro beniamina nei panni di attrice nemmeno troppo pessima. Infine chi ama effetti speciali e bombardamenti alquanto rumorosi non resterà deluso. Per tutti quelli che, invece, non hanno un motivo particolare per vedere "Battleship", sappiano che non è esattamente un capolavoro.
Parola chiave: Fotosensibilità.
Trailer
Ric
Film 408: "Battleship" (2012) di Peter Berg
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: papà
Pensieri: E così anche Battaglia Navale si è accaparrato il suo film. Un gioco che fa da spunto ad una pellicola con un budget colossale ($209 milioni) che - si spera - avrà lo stesso richiamo di pubblico dei fortunati "Transformers", sempre della Hasbro. Eppure, io che sono fan del genere 'spacchiamo-tutto-per-principio', non ho trovato la stessa carica motivatrice del primo film con Shia LaBeouf.
Pongo subito una domanda: si può trarre da un gioco così poco stimolante una pellicola che ne catturi l'essenza ma sia capace di catapultare lo spettatore in una storia che valga la pena di essere guardata?
Come tutti sappiamo questo tipo di prodotto non rimane negli annali per particolari prove artistiche, attoriali o di sceneggiatura elaborata. Si punta (bisogna per forza!) su effetti speciali, coinvolgimento del pubblico al centro dell'azione, battute ad effetto ed adrenalina come se piovesse. Tutto questo per buona parte di "Battleship" manca.
C'è molto preludio preparatorio, come se chi scrive volesse giustificare a chi guarda le scelte di sceneggiatura, certamente poco realistiche, ma che, all'interno di una storia come questa, non lasciano perplesso nessuno. Invece di perderci in una finta caratterizzazione dei personaggi con, addirittura!, il sacrificio di uno di questi (Alexander Skarsgård) per dare spinta e motivazione al protagonista (Taylor Kitsch), si poteva tranquillamente giocare meno di psicologia e pigiare più consapevolmente sull'acceleratore adrenalinico. Non si carbura mai - fino alla fine - e quando è proprio il momento di spaccare tutto, chi c'è a bordo della nave? I veterani della Marina. Ora, con tutto il rispetto, ma davvero siamo arrivati al punto che per salvare la Terra dagli alieni siamo talmente alla frutta da rispolverare il cliché dell'eterna devozione e, soprattutto, dell'estrema superiorità delle passate generazioni - quelle coi coglioni, per intendersi - su quella di oggi? La nave stessa su cui si svolge l'ultimo combattimento è una della vecchia flotta riconvertita a museo. Ecco, forse qui dovrei fermarmi e pormi la domanda: non è che questa pellicola è già 'datata' al momento dell'uscita sul mercato? Cosa c'è di nuovo, esattamente? Nessun elemento particolare. Abbiamo gli alieni, la battaglia estrema per difendere il Pianeta, il protagonista che non vuole assumersi le sue responsabilità (eterno Peter Pan), la bellona di turno con il padre autoritario (e Superiore del protagonista), la ragazza di colore tosta quanto i colleghi uomini e bianchi (l'inarrestabile popstar Rihanna) e si potrebbe continuare tra un cliché da blockbuster e l'altro. Quindi torno a sopra: perchè porsi tanti scrupoli per dare un inizio più plausibilmente non scontato possibile, per poi giocarsi così male le proprie carte? E perchè, aggiungo, scegliere un protagonista tanto insipido da farsi mettere in ombra dalla novellina Rihanna?
Poi, per carità, gli effetti speciali son ben realizzati ed effettivamente la scena finale dello scontro si lascia guardare con un certo interesse, quindi niente di male a voler perdere due buone ore del proprio tempo per distrarsi con questa sfida in mare tra i buoni marinai dalla divisa immacolata e i cattivi alieni dalla scura armatura. Basta sapere a cosa si sta andando incontro.
Ps. In America il film uscirà questo venerdì (18 maggio), mentre nel resto del mondo la pellicola ha già dato i suoi frutti: $215,300,000. Ora bisogna aspettare il weekend per capire se "The Avengers" riuscirà a rimanere in vetta o se, invece, cederà il passo a "Battleship" e, chiaramente, in quale misura. Che lo scontro abbia inizio.
Consigli: Chi apprezza i film tratti dai prodotti Hasbro (Transformers e G.I. Joe) godrà sicuramente del piacere di seguire anche questo 'ludico' appuntamento. Anche i fan di Rihanna potranno giovare della presenza della loro beniamina nei panni di attrice nemmeno troppo pessima. Infine chi ama effetti speciali e bombardamenti alquanto rumorosi non resterà deluso. Per tutti quelli che, invece, non hanno un motivo particolare per vedere "Battleship", sappiano che non è esattamente un capolavoro.
Parola chiave: Fotosensibilità.
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