Una cavalota per un po' di relax post weekend a Milano.
Film 683: "L'amore in valigia" (2013) di David E. Talbert
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Non era capace a regitare in "Amore e altri guai", non è capace qui. Ovvero neanche un minimo miglioramento per Paula Patton che, nonostante questo, si vede affidare la leadership di un'intera produzione cinematografica per quanto riguarda il comparto attoriale. Seppure di nicchia, anche questo "L'amore in valigia" ha un suo pubblico e non mi capacito del fatto che ci sia chi è disposto a pagare per vederla regitare.
Ma non è tutta colpa sua se, nel complesso, questo prodotto è un brutto esempio di cinema all-black. La trama, per citare il macro-esempio più evidente, è sciatta e banale, superficiale e stiracchiata in ogni sua parte. Nessun approfondimento dei personaggi che vada oltre il cliché, il ricorso all'espediente della caccia all'appuntamento in volo dopo neanche 20 minuti di pellicola, una serie di personaggi spalla da far venire i brividi per la loro inadeguatezza e una storia d'amore tra la protagonista Montana Moore e il suo miglior amico della porta accanto che è tanto prevedibile quanto mal gestita. Per dire: c'era bisogno di inserire la moglie fedifraga (l'ex cantante Christina Milian) perché la storia funzionasse? William Wright non poteva andar bene anche senza dover passare per il cucciolone-amicone-poverone perché lasciato dalla moglie che sgualdrineggia con un altro in aereo? E, se proprio volessimo sovranalizzare: questa moglie è così pirla che prenota un volo su cui sa che sarà con l'amante... proprio presso la compagnia dove lavora la nostra monoespressiva hostess Montana Moore? Che è pure sua vicina di casa? Che è pure amica amicissima dei suo marito corna-munito? S-t-i-r-a-c-c-h-i-a-t-o.
E il matrimonio della sorella di Montana, che salta il giorno prima delle nozze perché la nostra eroina fa capire ai due ragazzi che si devono sposare solo quando saranno pronti e non solo perché spinti da pressioni esterne? Banalità buoniste a go-go.
Quindi, per tirar le somme, "Baggage Claim" è un brutto, brutto esempio di prodotto commerciale per la comunità afroamericana - ma c'è ancora bisogno di segnare questo netto confine di o tutti neri o tutti bianchi? - e veramente pessimo dal punto di vista dell'intrattenimento in generale. Perché non intrattiene, non diverte, non funziona. L'unico aspetto divertente è vedere Adam Brody, unico bianco, nei panni di Sam, l'unico gay. Bah.
Box Office: $22,456,509
Consigli: Si può tranquillamente saltare la visione di questo film. Come, se mi è concesso, tutta la filmografia di Paula Patton (forse tranne "Mission: Impossible - Protocollo fantasma" e "Precious", ovvero dove lei ha ruoli marginali).
Parola chiave: Vero amore.
Trailer
Bengi
Visualizzazione post con etichetta Precious. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Precious. Mostra tutti i post
martedì 18 marzo 2014
Film 683 - L'amore in valigia
Etichette:
Adam Brody,
amore,
Baggage Claim,
Christina Milian,
compagnia aerea,
Djimon Hounsou,
gay,
hostess,
Jill Scott,
Jumping the Broom,
L'amore in valigia,
Paula Patton,
Precious,
relazione,
Taye Diggs,
tradimento,
volo
sabato 3 novembre 2012
Film 475 - Jumping the Broom
Se per me questo non era un titolo sconosciuto, per la mia cara amica Licia era certamente qualcosa di cui non aveva mai sentito parlare. Ma, siccome siamo una coppia di cinefili sperimentatori, non abbiamo resistito alla tentazione di buttarci nell'ennesimo esperimento.
Film 475: "Jumping the Broom" (2011) di Salim Akil
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: Pellicola all-black multigenere praticamente sconosciuta da noi (su wiki Italia non c'è nemmeno la scheda) che però arriva doppiata e storpiata nel titolo al grido di "Amore e altri guai".
Dato che è inutile spiegare perchè ho preferito mantenere il titolo originale in questa scheda (tra l'altro il significato che esprime è simbolico e legato al gesto di saltare la scopa durante la celebrazione del matrimonio, che serviva a suggellare di fatto l'unione tra gli schiavi nelle comunità afro-americane), procedo direttamente dicendo che il film è così così. Alcune gag sono simpatiche ed effettivamente certi comprimari tengono bene la scena, ma di fatto ho trovato davvero troppo disturbante la costante e pressante presenza di Dio in ogni discorso proferito.
Per quanto effettivamente non dovrebbe suonare strana questa critica, specialmente perchè parliamo di un film sul matrimonio, devo dire che non mi aspettassi davvero una tale pressione cristiana da parte degli sceneggiatori. Tra l'altro con un uso stupido, superficiale ed utilitaristico (primo esempio: la protagonista Sabrina prega il Signore perchè le faccia trovare l'uomo della sua vita...). Questa ostentazione religiosa è fastidiosa e davvero superflua.
Ma, come dicevo prima, questa è una pellicola multigenere, figlia di una produzione legata ad un certo target di pubblico che apprezza questo tipo di prodotti. Ma il romanticismo e la religione non bastano. Ci vuole lo spirito da commedia, il percorso di formazione (le madri), lo stile ghetto, un cast all-black per l'identificazione e, chiaramente, l'happy ending a coronare il sogno d'amore dei due piccioncini.
Scesi a patti con la realtà dei fatti, si può accettare la visione di "Jumping the Broom" senza provare momenti di particolare insofferenza.
Un elemento molto negativo, però, che ci tengo a sottolineare è la presenta dell'attrice Paula Patton (già vista in "Mission: Impossible - Protocollo fantasma" e "Precious") che ha l'irritante capacità di sembrare sempre sotto l'effetto di metanfetamine. Storpiata in una smorfia continua di finta felicità prenuziale, risulta antipatica e finta, nonché incapace della semplice recitazione basic e disimpegnata come una commediola come questa vorrebbe. Insopportabile.
Infine davvero di cattivo gusto il colpo basso della madre Loretta Devine (famosa per il suo ruolo in "Grey's Anatomy") che spiffera il segreto nascosto della famiglia Watson solo per il piacere di dimostrare che anche gente del ghetto può risultare migliore di quelli della upper class.
Nel cast, oltre alle attrici già citate, troviamo anche Angela Bassett (nominata all'Oscar per "Tina - What's Love Got to Do with It", bio-drama sulla vita di Tina Turner), Laz Alonso ("Avatar", "Jarhead") e Julie Bowen (due Emmy Awards per "Modern Family"). Ps. Box office in linea con il target di nicchia: $37,710,610 a fronte di una spesa di $6.6 milioni.
Consigli: Niente di che, comunque passabile per una serata piacevole tra amici e una pellicola di compagnia priva di qualunque pretesa culturale o di contenuti. Innocua.
Parola chiave: Scopa.
Trailer
BB
Film 475: "Jumping the Broom" (2011) di Salim Akil
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: Pellicola all-black multigenere praticamente sconosciuta da noi (su wiki Italia non c'è nemmeno la scheda) che però arriva doppiata e storpiata nel titolo al grido di "Amore e altri guai".
Dato che è inutile spiegare perchè ho preferito mantenere il titolo originale in questa scheda (tra l'altro il significato che esprime è simbolico e legato al gesto di saltare la scopa durante la celebrazione del matrimonio, che serviva a suggellare di fatto l'unione tra gli schiavi nelle comunità afro-americane), procedo direttamente dicendo che il film è così così. Alcune gag sono simpatiche ed effettivamente certi comprimari tengono bene la scena, ma di fatto ho trovato davvero troppo disturbante la costante e pressante presenza di Dio in ogni discorso proferito.
Per quanto effettivamente non dovrebbe suonare strana questa critica, specialmente perchè parliamo di un film sul matrimonio, devo dire che non mi aspettassi davvero una tale pressione cristiana da parte degli sceneggiatori. Tra l'altro con un uso stupido, superficiale ed utilitaristico (primo esempio: la protagonista Sabrina prega il Signore perchè le faccia trovare l'uomo della sua vita...). Questa ostentazione religiosa è fastidiosa e davvero superflua.
Ma, come dicevo prima, questa è una pellicola multigenere, figlia di una produzione legata ad un certo target di pubblico che apprezza questo tipo di prodotti. Ma il romanticismo e la religione non bastano. Ci vuole lo spirito da commedia, il percorso di formazione (le madri), lo stile ghetto, un cast all-black per l'identificazione e, chiaramente, l'happy ending a coronare il sogno d'amore dei due piccioncini.
Scesi a patti con la realtà dei fatti, si può accettare la visione di "Jumping the Broom" senza provare momenti di particolare insofferenza.
Un elemento molto negativo, però, che ci tengo a sottolineare è la presenta dell'attrice Paula Patton (già vista in "Mission: Impossible - Protocollo fantasma" e "Precious") che ha l'irritante capacità di sembrare sempre sotto l'effetto di metanfetamine. Storpiata in una smorfia continua di finta felicità prenuziale, risulta antipatica e finta, nonché incapace della semplice recitazione basic e disimpegnata come una commediola come questa vorrebbe. Insopportabile.
Infine davvero di cattivo gusto il colpo basso della madre Loretta Devine (famosa per il suo ruolo in "Grey's Anatomy") che spiffera il segreto nascosto della famiglia Watson solo per il piacere di dimostrare che anche gente del ghetto può risultare migliore di quelli della upper class.
Nel cast, oltre alle attrici già citate, troviamo anche Angela Bassett (nominata all'Oscar per "Tina - What's Love Got to Do with It", bio-drama sulla vita di Tina Turner), Laz Alonso ("Avatar", "Jarhead") e Julie Bowen (due Emmy Awards per "Modern Family"). Ps. Box office in linea con il target di nicchia: $37,710,610 a fronte di una spesa di $6.6 milioni.
Consigli: Niente di che, comunque passabile per una serata piacevole tra amici e una pellicola di compagnia priva di qualunque pretesa culturale o di contenuti. Innocua.
Parola chiave: Scopa.
Trailer
BB
Etichette:
Amore e altri guai,
Angela Bassett,
box office,
Dio,
famiglia,
Gary Dourdan,
Julie Bowen,
Jumping the Broom,
Laz Alonso,
Loretta Devine,
matrimonio,
Mission: Impossible - Ghost Protocol,
Paula Patton,
Precious
domenica 14 marzo 2010
Film 89 - Precious: Based on the Novel Push by Sapphire
Domenica scorsa, prima degli Oscar, io e Ale ci siamo voluti guardare uno dei film candidati che sicuramente si sarebbe portato a casa qualche premio. E non avevamo torto...

Film 89: "Precious: Based on the Novel Push by Sapphire" (2009) di Lee Daniels
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Ale
Pensieri: L'altra mattina sono arrivato troppo in anticipo al lavoro e sono andato in un bar a fare colazione e buttare giù qualche idea su un foglietto.
L'intento originale era scrivere, finalmente, la mia più onesta impressione su Harry Potter, ma non riuscivo a non ascoltare i discorsi tra barista e signora al bancone. E' sabato mattina e i più fortunati si riposano e si godono l'inizio weekend. E di cosa parlano? Il discorso in cui prima o poi cadono tutti: 'mio figlio qui, mia figlia là'... Non dico che non sia giusto straparlare della propria prole come fosse l'unica mai esistita sulla terra, ma comunque non posso non pensare quanto il mondo, o una certa realtà di mondo, si ripeta all'infinito. Sicuramente anche mia nonna si sarà vantata di mia madre e, a sua volta, lei di me e - speriamo di no - magari ci cascherò anch'io.
Non essendo così grande da aver archiviato sotto la voce 'molto tempo fa' i ricordi del liceo, ho ancora perfettamente delineati nella mente certe tappe della vita dello studente di cui un genitore non può fare a meno di parlare. E quale università sia migliore e quale voto alla maturità sia dignitoso e quali materie siano utili, quali inutili, quali insegnate male. Si suppone che la scuola debba accompagnare i ragazzi nel loro personale percorso di vita, aiutarli a scoprire i loro talenti e a imparare a coltivarli. Sorvolando sul fatto che raramente sia così, io posso parlare solo della mia esperienza, da cui ho ricavato le seguenti pillole: puoi contare solo su pochi buoni e fidati, stare simpatico a qualcuno aiuta notevolmente e puoi imparare una miriade di cose, ma non ne saprai mai abbastanza. Ah, e soprattutto che, per quanto abusata possa essere questa frase, la prima impressione è decisamente quella che conta. Come in "Precious" (Lee Daniels non me ne voglia se ho segato il titolo del suo film che non solo trovo troppo lungo e poco comunicativo, ma anche piuttosto infantile).
Che cosa si pensa, infatti, della protagonista appena la si vede? Senza volersi nascondere dietro falsi moralismi, direi che si guarda decisamente all'aspetto fisico. Se era tornato di moda, qualche tempo fa, il motto 'grasso è bello', anche da questo film deduciamo che decisamente non è sano. La nostra Precious, eroina moderna del ghetto analfabeta dei neri, pesa più o meno quanto un lottatore di Sumo, mangia schifezze come se non ci fosse un domani e annega i suoi problemi e le sue (innumerevoli) frustrazioni in sogni di una vita famosa che mai si realizzeranno. Già, perchè non è vita la sua, non è vita quella di un'adolescente stuprata dal padre dall'età di 3 anni, già madre di una bambina down avuta da lui e, al momento dell'inzio della storia, incinta di un secondo bambino.
Si parte in quarta in questo film, non si risparmia niente allo spettatore che, come la povera protagonista, subisce soprusi per gli occhi, ma soprattutto per l'anima. Letteralmente agghiacciante la scena di uno degli stupri del padre con, sulla soglia della porta aperta, la madre che guarda sua figlia subire una simile violenza non facendo nulla se non provare risentimento per quella ragazza che le ha 'rubato l'uomo'.
Dopo i primi 10 minuti di film avrei voluto chiudere, ma Ale ha voluto continuare lo stesso. E come evolve questo film? Meno male in qualcosa di positivo, anche se MOLTO gradualmente. Prima di goderci uno spiraglio di libertà della povera Precious dobbiamo passare attraverso botte, spintoni, violenze verbali, mortificazioni morali e una sterminata landa desolata di non-sentimenti. E fa male, ve lo assicuro.
Ma, nonostante tutto, non è quello di Preciuos il personaggio che colpisce di più. Lei, in ogni caso, riesce a salvarsi, è buona e avrà la sua meritata occasione. Quella che sconvolge è la madre, patetica figura di donna che ha nascosto l'amore sotto una massa di grasso e odio che fa rabbrividire. Il mondo non è stato giusto neanche con lei, sia chiaro, ma l'aridità di questa figura non può lasciare indifferenti. Nessuna pietà per chi picchia la figlia con padelle, vasi, tv. Nessuna pietà per chi accusa la figlia di aver adescato il padre all'età di 3 anni. Nessuna pietà per chi uccide la dignità di un'altra persona.
Su questo siamo tutti d'accordo immagino. Ora pongo la mia solita domandina: ma tutta questa violenza, questo odio, questa cattiveria gratuita a chi giova? Nello specifico: è giusto, utile, necessario mostrare così crudelmente immagini che, se non accompagnate, potrebbero far nascere equivoci? Di solito non sono un moralista, ma qui mi sono interrogato sulla natura e la necessità di dare voce a un personaggio schifoso come quello interpretato, senz'altro magistralmente, da Mo'Nique (Oscar 2010 senza sorpresa come attrice non protagonista). Lo so bene che le persone intelligenti, quelle che sanno usare il cervello, sanno distinguere tra realtà e finzione, tra bene e male. Ma quelle che non colgono le differenze? Non so, sento meno la minaccia di una sparatoria, forse perchè il risultato sarebbe evidente agli occhi di tutti, mentre una violenza domestica è silenziosa e difficile da scovare e poi entrano in gioco meccanismi psicologici complessi come il senso di colpa della vittima.
In questo senso non saprei dire se questo film mi sia veramente piaciuto. Personalmente odio la violenza gratuita, sia fisica che verbale e la tollero con molta fatica. Questo film è carico di cattiveria ingiustificata o, quantomeno, sfogata su innocenti. Forse questo mi ha reso ipercritico riguardo la sceneggiatura. Questo e, sicuramente, un trafiletto che tempo fa avevo letto su Vanity Fair riguardo al film, definito sì bello, ma un po' furbetto. Sono d'accordo, nel senso che è più facile raccogliere critiche eccellenti se imposti la storia tragica, con un percorso di formazione dell'individuo, fino al superamento della crisi, e l'elevazione del personaggio grazie alla maturità acquisita con l'esperienza drammatica. Ovviamente ci vogliono bravi attori e bravi sceneggiatori, altrimenti il trucchetto si sgama. Qui devo dire che la pellicola funziona, si toccano spesso toni estremamente drammatici, ma ci si affeziona alla sfortunata protagonista e fino all'ultimo si spera nella sua totale emancipazione.
Comunque, a pellicola terminata, ringrazi il cielo che ti siano capitati genitori normali e se proprio vogliono 'bullarsi' dei propri figli anche nei giorni del riposo chi se ne frega. Paragonati a quello che hai appena visto i tuoi problemi sono diventati grandi come un granello di sabbia e Precious l'eroina della giornata.
Consigli: In un marasma di sensazioni da lacrimuccia, spicca la facciona struccata di Maryah Carey che spaventa per l'evidente uso ed abuso di photoshop nelle sue foto ufficiali o da cd. Meglio prepararsi al trauma, perchè è davvero uno shock!
Parola chiave: Abdul.
Ric

Film 89: "Precious: Based on the Novel Push by Sapphire" (2009) di Lee Daniels
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Ale
Pensieri: L'altra mattina sono arrivato troppo in anticipo al lavoro e sono andato in un bar a fare colazione e buttare giù qualche idea su un foglietto.
L'intento originale era scrivere, finalmente, la mia più onesta impressione su Harry Potter, ma non riuscivo a non ascoltare i discorsi tra barista e signora al bancone. E' sabato mattina e i più fortunati si riposano e si godono l'inizio weekend. E di cosa parlano? Il discorso in cui prima o poi cadono tutti: 'mio figlio qui, mia figlia là'... Non dico che non sia giusto straparlare della propria prole come fosse l'unica mai esistita sulla terra, ma comunque non posso non pensare quanto il mondo, o una certa realtà di mondo, si ripeta all'infinito. Sicuramente anche mia nonna si sarà vantata di mia madre e, a sua volta, lei di me e - speriamo di no - magari ci cascherò anch'io.
Non essendo così grande da aver archiviato sotto la voce 'molto tempo fa' i ricordi del liceo, ho ancora perfettamente delineati nella mente certe tappe della vita dello studente di cui un genitore non può fare a meno di parlare. E quale università sia migliore e quale voto alla maturità sia dignitoso e quali materie siano utili, quali inutili, quali insegnate male. Si suppone che la scuola debba accompagnare i ragazzi nel loro personale percorso di vita, aiutarli a scoprire i loro talenti e a imparare a coltivarli. Sorvolando sul fatto che raramente sia così, io posso parlare solo della mia esperienza, da cui ho ricavato le seguenti pillole: puoi contare solo su pochi buoni e fidati, stare simpatico a qualcuno aiuta notevolmente e puoi imparare una miriade di cose, ma non ne saprai mai abbastanza. Ah, e soprattutto che, per quanto abusata possa essere questa frase, la prima impressione è decisamente quella che conta. Come in "Precious" (Lee Daniels non me ne voglia se ho segato il titolo del suo film che non solo trovo troppo lungo e poco comunicativo, ma anche piuttosto infantile).
Che cosa si pensa, infatti, della protagonista appena la si vede? Senza volersi nascondere dietro falsi moralismi, direi che si guarda decisamente all'aspetto fisico. Se era tornato di moda, qualche tempo fa, il motto 'grasso è bello', anche da questo film deduciamo che decisamente non è sano. La nostra Precious, eroina moderna del ghetto analfabeta dei neri, pesa più o meno quanto un lottatore di Sumo, mangia schifezze come se non ci fosse un domani e annega i suoi problemi e le sue (innumerevoli) frustrazioni in sogni di una vita famosa che mai si realizzeranno. Già, perchè non è vita la sua, non è vita quella di un'adolescente stuprata dal padre dall'età di 3 anni, già madre di una bambina down avuta da lui e, al momento dell'inzio della storia, incinta di un secondo bambino.
Si parte in quarta in questo film, non si risparmia niente allo spettatore che, come la povera protagonista, subisce soprusi per gli occhi, ma soprattutto per l'anima. Letteralmente agghiacciante la scena di uno degli stupri del padre con, sulla soglia della porta aperta, la madre che guarda sua figlia subire una simile violenza non facendo nulla se non provare risentimento per quella ragazza che le ha 'rubato l'uomo'.
Dopo i primi 10 minuti di film avrei voluto chiudere, ma Ale ha voluto continuare lo stesso. E come evolve questo film? Meno male in qualcosa di positivo, anche se MOLTO gradualmente. Prima di goderci uno spiraglio di libertà della povera Precious dobbiamo passare attraverso botte, spintoni, violenze verbali, mortificazioni morali e una sterminata landa desolata di non-sentimenti. E fa male, ve lo assicuro.
Ma, nonostante tutto, non è quello di Preciuos il personaggio che colpisce di più. Lei, in ogni caso, riesce a salvarsi, è buona e avrà la sua meritata occasione. Quella che sconvolge è la madre, patetica figura di donna che ha nascosto l'amore sotto una massa di grasso e odio che fa rabbrividire. Il mondo non è stato giusto neanche con lei, sia chiaro, ma l'aridità di questa figura non può lasciare indifferenti. Nessuna pietà per chi picchia la figlia con padelle, vasi, tv. Nessuna pietà per chi accusa la figlia di aver adescato il padre all'età di 3 anni. Nessuna pietà per chi uccide la dignità di un'altra persona.
Su questo siamo tutti d'accordo immagino. Ora pongo la mia solita domandina: ma tutta questa violenza, questo odio, questa cattiveria gratuita a chi giova? Nello specifico: è giusto, utile, necessario mostrare così crudelmente immagini che, se non accompagnate, potrebbero far nascere equivoci? Di solito non sono un moralista, ma qui mi sono interrogato sulla natura e la necessità di dare voce a un personaggio schifoso come quello interpretato, senz'altro magistralmente, da Mo'Nique (Oscar 2010 senza sorpresa come attrice non protagonista). Lo so bene che le persone intelligenti, quelle che sanno usare il cervello, sanno distinguere tra realtà e finzione, tra bene e male. Ma quelle che non colgono le differenze? Non so, sento meno la minaccia di una sparatoria, forse perchè il risultato sarebbe evidente agli occhi di tutti, mentre una violenza domestica è silenziosa e difficile da scovare e poi entrano in gioco meccanismi psicologici complessi come il senso di colpa della vittima.
In questo senso non saprei dire se questo film mi sia veramente piaciuto. Personalmente odio la violenza gratuita, sia fisica che verbale e la tollero con molta fatica. Questo film è carico di cattiveria ingiustificata o, quantomeno, sfogata su innocenti. Forse questo mi ha reso ipercritico riguardo la sceneggiatura. Questo e, sicuramente, un trafiletto che tempo fa avevo letto su Vanity Fair riguardo al film, definito sì bello, ma un po' furbetto. Sono d'accordo, nel senso che è più facile raccogliere critiche eccellenti se imposti la storia tragica, con un percorso di formazione dell'individuo, fino al superamento della crisi, e l'elevazione del personaggio grazie alla maturità acquisita con l'esperienza drammatica. Ovviamente ci vogliono bravi attori e bravi sceneggiatori, altrimenti il trucchetto si sgama. Qui devo dire che la pellicola funziona, si toccano spesso toni estremamente drammatici, ma ci si affeziona alla sfortunata protagonista e fino all'ultimo si spera nella sua totale emancipazione.
Comunque, a pellicola terminata, ringrazi il cielo che ti siano capitati genitori normali e se proprio vogliono 'bullarsi' dei propri figli anche nei giorni del riposo chi se ne frega. Paragonati a quello che hai appena visto i tuoi problemi sono diventati grandi come un granello di sabbia e Precious l'eroina della giornata.
Consigli: In un marasma di sensazioni da lacrimuccia, spicca la facciona struccata di Maryah Carey che spaventa per l'evidente uso ed abuso di photoshop nelle sue foto ufficiali o da cd. Meglio prepararsi al trauma, perchè è davvero uno shock!
Parola chiave: Abdul.
Ric
Etichette:
ale,
Gabourey Sidibe,
Lee Daniels,
Lenny Kravitz,
Mo'Nique,
Oscars,
Paula Patton,
Precious,
Precious: Based on the Novel Push by Sapphire,
scuola,
stupro,
violenza
Iscriviti a:
Post (Atom)