Intro: Jodie Foster vince il suo terzo Golden Globe per un film di cui non avevo ancora sentito parlare, il che mi ha convinto a recuperare la pellicola per la sua performance.
Film 1992: "The Mauritanian" (2021) di Kevin Macdonald
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: "Mohamedou Ould Slahi, in seguito all'attentato dell'11 settembre, viene arrestato dal governo degli Stati Uniti e viene trasferito presso il campo di prigionia di Guantánamo, dove viene trattenuto senza un'accusa o un processo. Slahi trova degli alleati nell'avvocato difensore Nancy Hollander e nella sua associata Teri Duncan." (Wikipedia)
Wikipedia riassume e spiega cento volte meglio di me l'idea al centro di questo film, un prodotto potente e ben fatto che Kevin Macdonald dirige sulla base della storia vera di Mohamedou Ould Slahi e del suo libro "Guantanamo Diary" che racconta dei 14 - QUATTORDICI - anni di prigionia che l'uomo ha passato dal 2002 al 2016 presso la prigione di Guantánamo senza una formale accusa di qualche crimine commesso. Non fosse che si tratta di una storia vera, penserei ad un film dell'orrore.
Il pensiero che si possa essere trattenuti in custodia sulla base di congetture/speculazioni/prove fittizie - buttando alle ortiche anni della propria vita, relazioni umane, reputazione - è qualcosa di terrificante e dimostra ancora una volta, ce ne fosse stato bisogno, che non è tutto oro quello che luccica e che, a volte, credere fermamente in qualcosa (o avere semplicemente più mezzi per portare avanti il proprio credo) non significhi necessariamente avere ragione.
"The Mauritanian" è un bel film e Tahar Rahim è un grandissimo protagonista che regge il film sulle proprie spalle dall'inizio alla fine; Jodie Foster forse non sarà la miglior attrice non protagonista dell'anno, ma sicuramente fa un egregio lavoro come sempre ed è un piacere vederla sullo schermo insieme a Shailene Woodley (la cui carriera vedo ultimamente un po' affaticata); chiude un Benedict Cumberbatch che mi è parso un po' spento e dall'appeal vagamente appiattito, ma è probabilmente un effetto di personaggio interpretato e makeup.
In generale, comunque, questo film funziona e regala uno scossone emotivo bello potente. Non fa male provare a mettersi nei panni di Mohamedou Ould Slahi (o Patrick Zaki, se vogliamo essere più contemporanei) e pensare a come reagiremmo noi dovendo affrontare le stesse ingiustizie, gli stessi sopprusi, le stesse violenze fisiche e psicologiche. No, "The Mauritanian" non è un film facile né un film perfetto, ma è sicuramente un titolo a cui vale la pena dare una chance.
Cast: Tahar Rahim, Jodie Foster, Shailene Woodley, Benedict Cumberbatch, Zachary Levi, Denis Ménochet.
Box Office: $3.3 milioni
Vale o non vale: Probabilmente non il film da pandemia che tutti stavano aspettando, ma un titolo che vale la pena di vedere. Ottime interpretazioni, storia vera che ha dell'incredibile e numerosi spunti di riflessione su razzismo, pregiudizio, vendetta, potere e l'idea che ritenere di essere nel giusto si traduca nell'aver necessariamente ragione.
Premi: Vincitore del Golden Globe per la Miglior attrice non protagonista (Foster) e candidato a quello per il Miglior attore protagonista (Rahim); 5 nomination ai BAFTA per Miglior film, attore protagonista (Rahim), sceneggiatura non originale, fotografia e Miglior film britannico.
Parola chiave: Confessione.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 1992: "The Mauritanian" (2021) di Kevin Macdonald
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: "Mohamedou Ould Slahi, in seguito all'attentato dell'11 settembre, viene arrestato dal governo degli Stati Uniti e viene trasferito presso il campo di prigionia di Guantánamo, dove viene trattenuto senza un'accusa o un processo. Slahi trova degli alleati nell'avvocato difensore Nancy Hollander e nella sua associata Teri Duncan." (Wikipedia)
Wikipedia riassume e spiega cento volte meglio di me l'idea al centro di questo film, un prodotto potente e ben fatto che Kevin Macdonald dirige sulla base della storia vera di Mohamedou Ould Slahi e del suo libro "Guantanamo Diary" che racconta dei 14 - QUATTORDICI - anni di prigionia che l'uomo ha passato dal 2002 al 2016 presso la prigione di Guantánamo senza una formale accusa di qualche crimine commesso. Non fosse che si tratta di una storia vera, penserei ad un film dell'orrore.
Il pensiero che si possa essere trattenuti in custodia sulla base di congetture/speculazioni/prove fittizie - buttando alle ortiche anni della propria vita, relazioni umane, reputazione - è qualcosa di terrificante e dimostra ancora una volta, ce ne fosse stato bisogno, che non è tutto oro quello che luccica e che, a volte, credere fermamente in qualcosa (o avere semplicemente più mezzi per portare avanti il proprio credo) non significhi necessariamente avere ragione.
"The Mauritanian" è un bel film e Tahar Rahim è un grandissimo protagonista che regge il film sulle proprie spalle dall'inizio alla fine; Jodie Foster forse non sarà la miglior attrice non protagonista dell'anno, ma sicuramente fa un egregio lavoro come sempre ed è un piacere vederla sullo schermo insieme a Shailene Woodley (la cui carriera vedo ultimamente un po' affaticata); chiude un Benedict Cumberbatch che mi è parso un po' spento e dall'appeal vagamente appiattito, ma è probabilmente un effetto di personaggio interpretato e makeup.
In generale, comunque, questo film funziona e regala uno scossone emotivo bello potente. Non fa male provare a mettersi nei panni di Mohamedou Ould Slahi (o Patrick Zaki, se vogliamo essere più contemporanei) e pensare a come reagiremmo noi dovendo affrontare le stesse ingiustizie, gli stessi sopprusi, le stesse violenze fisiche e psicologiche. No, "The Mauritanian" non è un film facile né un film perfetto, ma è sicuramente un titolo a cui vale la pena dare una chance.
Cast: Tahar Rahim, Jodie Foster, Shailene Woodley, Benedict Cumberbatch, Zachary Levi, Denis Ménochet.
Box Office: $3.3 milioni
Vale o non vale: Probabilmente non il film da pandemia che tutti stavano aspettando, ma un titolo che vale la pena di vedere. Ottime interpretazioni, storia vera che ha dell'incredibile e numerosi spunti di riflessione su razzismo, pregiudizio, vendetta, potere e l'idea che ritenere di essere nel giusto si traduca nell'aver necessariamente ragione.
Premi: Vincitore del Golden Globe per la Miglior attrice non protagonista (Foster) e candidato a quello per il Miglior attore protagonista (Rahim); 5 nomination ai BAFTA per Miglior film, attore protagonista (Rahim), sceneggiatura non originale, fotografia e Miglior film britannico.
Parola chiave: Confessione.
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