Mi hanno regalato il dvd di questo film che avrò avuto 19 anni. Ce ne sono voluti 10, quindi, perché decidessi di tirarlo fuori dalla custodia e premere play.
Film 1203: "Haunting - Presenze" (1999) di Jan de Bont
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: "Haunting - Presenze" è una scemenza giga galattica, eppure uno dei titoli cui sono più affezionato. Già alle medie ne avevo scritto una specie di analisi, riciclata e ampliata anche al liceo, nella quale approfondivo le tematiche relative a questa pellicola in maniera anche troppo lusinghiera rispetto a quanto questo prodotto si meriti in realtà. Poi, si sa, le infatuazioni giovanili passano e ci si ritrova a sorridere placidamente al passato, ricordandolo con una nota di nostalgia e, forse, una punta di rimprovero a cui si aggiunge la consapevolezza delle esperienze acquisite e si arriva, così, a ricollocare certi "cimeli" all'interno di un contesto più appropriato. Con questo film ho fatto proprio così.
Ricollocato nella più giusta dimensione dell'horror sciocco e ricolmo di effetti speciali - figlio di quella Hollywood fatta di testosterone ed effetti digitali computerizzati da irradiare a profusione -, "The Haunting" è una pellicola insufficiente, pur caratterizzata da una scenografia particolarmente evocativa e d'impatto.
La trama non è granché, soprattutto per quanto riguarda una caratterizzazione dei protagonisti che vive di cliché; per quanto riguarda la possessione del titolo, si fa riferimento a una casa che non perde occasione per muoversi, mutare ed uccidere sotto l'effetto dello spettrale Hugh Crain, già cadaverico prima ancora di morire. Da questo punto di vista siamo ancora di fronte ad un tipo di cinema che fa sfoggio dell'impiego delle più innovative tecniche digitali a discapito di un racconto che non ha comunque molto da dire. Diversamente da oggi, dove sono l'atmosfera e la suspense che contano, all'epoca l'esibizione dell'ultimo gioiellino della computer grafica rendeva il prodotto più appetibile che i contenuti dello stesso (del resto il successo, clamoroso anche in Italia, di un prodotto come "San Valentino di sangue" che nel 2009 ha saputo racimolare ben $100.7 milioni a fronte di una spesa di 14, è tutto dovuto a una tra le prime implementazioni massificate del 3D, all'epoca spacciato come vera avanguardia del nuovo millennio).
In definitiva, quindi, "Haunting - Presenze" è un prodotto debole che fa leva su qualche già visto espediente di paura e molta poca fantasia, pur riuscendo all'epoca nell'intento di catalizzare l'interesse del pubblico (non è un caso che questo film sia uno di quelli parodiati nel secondo "Scary Movie"). Non è granché, ma personalmente ci sono affezionato.
Ps. Tratto da "L'incubo di Hill House" di Shirley Jackson, il film ha ricevuto 5 nomination ai Razzie Awards del 2000, tra cui Peggior film.
Cast: Liam Neeson, Catherine Zeta-Jones, Owen Wilson, Lili Taylor, Bruce Dern, Marian Seldes, Virginia Madsen, Todd Field, Tom Irwin, Michael Cavanaugh, Alix Koromzay.
Box Office: $177.3 milioni
Consigli: Tra gli horror in circolazione, questo non è certo il più riuscito. Di sicuro è una scelta facile e senza troppe pretese in vista di una serata, più che spaventosa, carica di qualche suggestione e molti effetti speciali.
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Bengi
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mercoledì 31 agosto 2016
Film 1203 - Haunting - Presenze
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giovedì 21 gennaio 2016
Film 1083 - Joy
Continua la corsa contro il tempo per recuperare quanti più film possibile prima che gli Oscar svelino i propri vincitori.
Film 1083: "Joy" (2015) di David O. Russell
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Poe
Pensieri: Squadra che vince non si cambia. Mai. E allora ecco che David O. Russell ritorna sul grande schermo con la sua beniamina Jennifer Lawrence, ritrovando Robert De Niro e Bradley Cooper per questo biopic sulla vita dell'inventrice e businesswoman Joy Mangano. Chi? Nientemeno che l'inventrice del mocio che si autostrizza (non so essere più tecnico).
La storia di per sé è interessante a tratti. La parte iniziale fatica a decollare, il caos parentale è disturbante (la madre apatica fan delle telenovelas dovrebbe essere spassosa, eppure sarebbe da malmenare) e la continua sottomissione di Joy è leggermente irritante; continui flashback mettono alla prova la memoria dello spettatore, anche se la calda voce narrante della nonna gli promette una ricompensa: vedere Joy finalmente realizzata. Ovvio che, essendo tratto da una storia vera, non ci racconta niente di nuovo, ma è comunque bello lasciare alla narrazine il compito di gestire i giochi. E così, tra litigi, idee, delusioni e colpi di fortuna, la storia svolta finalmente e intraprende il percorso che si vuole vedere: la beniamina che si riscatta, la gentile e sempre disponibile figura matriarcale che trova la ricompensa che si merita dopo tutti i soprusi subiti. E successo è (ma non mancheranno i casini anche nel finale).
Altalena di toni a parte, penso che la prima caratteristica evidente di "Joy" sia la sua anima caotica. Troppe persone in casa, troppi parenti, troppi ficcanaso, troppo fracasso... Insomma, non c'è mai un attimo di respiro ed è un aspetto che si paga. Gli stessi ricorrenti flashback non aiutano, a mio avviso, ma questo perché per i film biografici preferisco le narrazioni lineari che rispecchiano lo scorrere in avanti nel tempo. Mio gusto personale.
In generale il film è tecnicamente curato e per certi versi presenta una trama spassosa, principalmente per quegli aspetti assurdi della storia e per il piglio molto dinamico di regia e montaggio. E' chiaro che se alla fine il tutto funziona è principalmente perché la Lawrence è in grado di portare tutto il film sulle sue spalle, impersonando con grazia un personaggio ordinario, una donna come tante altre, eppure caratterizzandolo in maniera efficace e riuscita. Non conosco la Joy originale, ma quella che ho visto qui mi è piaciuta.
Forte dell'ottima interpretazione della protagonista e di un cast di tutto rispetto - una grande Rossellini che in inglese recita divinamente -, la pellicola porta a casa un risultato buono, anche se sottotono rispetto al precedente lavoro di Russell ("American Hustle"). Diciamo che "Joy" non è male, ma non ha centrato perfettamente l'obiettivo.
Ps. Una candidatura all'Oscar per la Lawrence, già vincitrice del Golden Globe come Miglior attrice.
Cast: Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Diane Ladd, Virginia Madsen, Isabella Rossellini, Bradley Cooper, Édgar Ramírez, Dascha Polanco, Susan Lucci, Elisabeth Röhm, Ken Howard, Melissa Rivers, Donna Mills.
Box Office: $84 milioni (ad oggi)
Consigli: Chi ha apprezzato i precedenti lavori di Russell non può sottrarsi alla visione, così da tenere aggiornata la filmografia. Tra l'altro, curiosità, qui la sceneggiatura è scritta in coppia con Annie Mumolo, già sceneggiatrice de "Le amiche della sposa". La Lawrence è brava e sempre più in grado di essere totale protagonista delle pellicole in cui compare, magnetica e all'altezza: chi l'apprezza non rimarrà deluso. Il risultato finale è a tratti strano, a tratti spassoso, a volte confuso e confusionario, ma tutto sommato credo si possa definire l'esperienza cinematografica "Joy" come soddisfacente. Ovviamente - ormai non torno indietro - rigorosamente in inglese.
Parola chiave: Brevetto.
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#HollywoodCiak
Bengi
Film 1083: "Joy" (2015) di David O. Russell
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Poe
Pensieri: Squadra che vince non si cambia. Mai. E allora ecco che David O. Russell ritorna sul grande schermo con la sua beniamina Jennifer Lawrence, ritrovando Robert De Niro e Bradley Cooper per questo biopic sulla vita dell'inventrice e businesswoman Joy Mangano. Chi? Nientemeno che l'inventrice del mocio che si autostrizza (non so essere più tecnico).
La storia di per sé è interessante a tratti. La parte iniziale fatica a decollare, il caos parentale è disturbante (la madre apatica fan delle telenovelas dovrebbe essere spassosa, eppure sarebbe da malmenare) e la continua sottomissione di Joy è leggermente irritante; continui flashback mettono alla prova la memoria dello spettatore, anche se la calda voce narrante della nonna gli promette una ricompensa: vedere Joy finalmente realizzata. Ovvio che, essendo tratto da una storia vera, non ci racconta niente di nuovo, ma è comunque bello lasciare alla narrazine il compito di gestire i giochi. E così, tra litigi, idee, delusioni e colpi di fortuna, la storia svolta finalmente e intraprende il percorso che si vuole vedere: la beniamina che si riscatta, la gentile e sempre disponibile figura matriarcale che trova la ricompensa che si merita dopo tutti i soprusi subiti. E successo è (ma non mancheranno i casini anche nel finale).
Altalena di toni a parte, penso che la prima caratteristica evidente di "Joy" sia la sua anima caotica. Troppe persone in casa, troppi parenti, troppi ficcanaso, troppo fracasso... Insomma, non c'è mai un attimo di respiro ed è un aspetto che si paga. Gli stessi ricorrenti flashback non aiutano, a mio avviso, ma questo perché per i film biografici preferisco le narrazioni lineari che rispecchiano lo scorrere in avanti nel tempo. Mio gusto personale.
In generale il film è tecnicamente curato e per certi versi presenta una trama spassosa, principalmente per quegli aspetti assurdi della storia e per il piglio molto dinamico di regia e montaggio. E' chiaro che se alla fine il tutto funziona è principalmente perché la Lawrence è in grado di portare tutto il film sulle sue spalle, impersonando con grazia un personaggio ordinario, una donna come tante altre, eppure caratterizzandolo in maniera efficace e riuscita. Non conosco la Joy originale, ma quella che ho visto qui mi è piaciuta.
Forte dell'ottima interpretazione della protagonista e di un cast di tutto rispetto - una grande Rossellini che in inglese recita divinamente -, la pellicola porta a casa un risultato buono, anche se sottotono rispetto al precedente lavoro di Russell ("American Hustle"). Diciamo che "Joy" non è male, ma non ha centrato perfettamente l'obiettivo.
Ps. Una candidatura all'Oscar per la Lawrence, già vincitrice del Golden Globe come Miglior attrice.
Cast: Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Diane Ladd, Virginia Madsen, Isabella Rossellini, Bradley Cooper, Édgar Ramírez, Dascha Polanco, Susan Lucci, Elisabeth Röhm, Ken Howard, Melissa Rivers, Donna Mills.
Box Office: $84 milioni (ad oggi)
Consigli: Chi ha apprezzato i precedenti lavori di Russell non può sottrarsi alla visione, così da tenere aggiornata la filmografia. Tra l'altro, curiosità, qui la sceneggiatura è scritta in coppia con Annie Mumolo, già sceneggiatrice de "Le amiche della sposa". La Lawrence è brava e sempre più in grado di essere totale protagonista delle pellicole in cui compare, magnetica e all'altezza: chi l'apprezza non rimarrà deluso. Il risultato finale è a tratti strano, a tratti spassoso, a volte confuso e confusionario, ma tutto sommato credo si possa definire l'esperienza cinematografica "Joy" come soddisfacente. Ovviamente - ormai non torno indietro - rigorosamente in inglese.
Parola chiave: Brevetto.
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domenica 11 dicembre 2011
Film 343 - Radio America
Avevo comprato il dvd a Trastevere quest'estate e attendevo solo la giusta occasione per vederlo.
Film 343: "Radio America" (2006) di Robert Altman
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Un cast da lasciare a bocca aperta, uno dei registi più importanti del cinema mondiale, un altro spaccato dell'America più fedele a sé stessa.
Non posso certo dire di amare il country, né di apprezzare particolarmente la radio, ma dare una chance a questa pellicola mi sembrava d'obbligo, essendo l'ultima del grande Altman.
Il film non è facile se non si è appassionati di molte cose (i film corali, innanzitutto, poi di quell'orgoglio molto americano che li lega al country e all'essere specificamente loro stessi), io personalmente l'ho trovato lungo in certi passaggi, ma ha un suo perchè da non sottovalutare. In fondo l'America è anche questo. Non solo incassi e motivetti facili. Onore ad Altman che dirige con maestria 10 attori(!) - e cito solo i principali - con un piglio mai noioso e alternando in maniera efficace sipario, momenti musicali e dietro le quinte.
Sì, perchè, di radio si tratta e, più nel dettaglio, parliamo dell'ultimo spettacolo prima della demolizione dell'edificio in cui si tiene la messa in onda. Le voci della fine circolano per i corridoi e i vari 'eroi' che hanno tenuto per tanti anni compagnia al loro affezionato (seppur scarso) pubblico, si esibiscono per un ultimo grande (e molto spesso improvvisato) show.
Tantissime le facce note, tutte più o meno con alle spalle riconoscimenti non da poco: Woody Harrelson (2 nomination all'Oscar), Tommy Lee Jones (1 Oscar), Kevin Kline (1 Oscar), Lindsay Lohan, Virginia Madsen (1 nomination all'Oscar), John C. Reilly (1 nomination all'Oscar), Maya Rudolph (vista quest'estate in "Le amiche della sposa"), Meryl Streep (2 Oscar) e Lily Tomlin (1 nomination all'Oscar).
In sostanza non lo rivedrei, però ammetto che come film ha saputo esercitare su di me un discreto fascino decadente che me lo ricorda con affetto. Alla fine anche io ero dispiaciuto che il programma radiofonico finisse. Che Altman abbia colpito nel segno anche stavolta? Il tempo mi darà sicuramente qualche consiglio.
Consigli: Per gli amanti di Altman o del country. O dei bei film corali, compatti e ben recitati. Ci sono ottimi motivi per vedere questo film, ma bisogna tenere a mente che non è una pellicola spensierata o leggera.
Parola chiave: Asfodelo.
Trailer
Ric
Film 343: "Radio America" (2006) di Robert Altman
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Un cast da lasciare a bocca aperta, uno dei registi più importanti del cinema mondiale, un altro spaccato dell'America più fedele a sé stessa.
Non posso certo dire di amare il country, né di apprezzare particolarmente la radio, ma dare una chance a questa pellicola mi sembrava d'obbligo, essendo l'ultima del grande Altman.
Il film non è facile se non si è appassionati di molte cose (i film corali, innanzitutto, poi di quell'orgoglio molto americano che li lega al country e all'essere specificamente loro stessi), io personalmente l'ho trovato lungo in certi passaggi, ma ha un suo perchè da non sottovalutare. In fondo l'America è anche questo. Non solo incassi e motivetti facili. Onore ad Altman che dirige con maestria 10 attori(!) - e cito solo i principali - con un piglio mai noioso e alternando in maniera efficace sipario, momenti musicali e dietro le quinte.
Sì, perchè, di radio si tratta e, più nel dettaglio, parliamo dell'ultimo spettacolo prima della demolizione dell'edificio in cui si tiene la messa in onda. Le voci della fine circolano per i corridoi e i vari 'eroi' che hanno tenuto per tanti anni compagnia al loro affezionato (seppur scarso) pubblico, si esibiscono per un ultimo grande (e molto spesso improvvisato) show.
Tantissime le facce note, tutte più o meno con alle spalle riconoscimenti non da poco: Woody Harrelson (2 nomination all'Oscar), Tommy Lee Jones (1 Oscar), Kevin Kline (1 Oscar), Lindsay Lohan, Virginia Madsen (1 nomination all'Oscar), John C. Reilly (1 nomination all'Oscar), Maya Rudolph (vista quest'estate in "Le amiche della sposa"), Meryl Streep (2 Oscar) e Lily Tomlin (1 nomination all'Oscar).
In sostanza non lo rivedrei, però ammetto che come film ha saputo esercitare su di me un discreto fascino decadente che me lo ricorda con affetto. Alla fine anche io ero dispiaciuto che il programma radiofonico finisse. Che Altman abbia colpito nel segno anche stavolta? Il tempo mi darà sicuramente qualche consiglio.
Consigli: Per gli amanti di Altman o del country. O dei bei film corali, compatti e ben recitati. Ci sono ottimi motivi per vedere questo film, ma bisogna tenere a mente che non è una pellicola spensierata o leggera.
Parola chiave: Asfodelo.
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martedì 10 maggio 2011
Film 254 - Cappuccetto rosso sangue
Un film che mi aveva incuriosito molto all'uscita sul mercato USA. Con un produttore come DiCaprio e un trailer davvero accattivante, sembrava potesse uscirne qualcosa di inatteso...
Film 254: "Cappuccetto rosso sangue" (2011) di Catherine Hardwicke
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Gianpaolo, Marco, Andrea Puffo, Diego
Pensieri: Questo film è esattamente cioè che mi aspettavo anche se, ammetto, la speranza che in realtà valesse di più c'era (e mi ha fregato).
Niente da fare, mi spiace, ma la revisione in chiave horror-romantico-teen-gotico-thriller di Cappuccetto rosso non è riuscita a Catherine Hardwicke ("Thirteen - Tredici anni", "Nativity", "Twilight"). L'operazione commerciale di per sé è interessante, ma a ben ragionarci dimostra una certa disperazione di fondo dei produttori hollywoodiani (stiamo davvero rispolverando ogni fiaba che ci viene in mente?!). Potremmo dire che la Hardwicke sta a Cappuccetto rosso come Jennifer Lopez sta alla lambada: si capisce che, di base, mancano le idee.
Manca, anche, la voglia di rimbastire intelligentemente una storia da tutti conosciuta. Con tutto questo mistone di generi diversi, si finisce per non centrarne nessuno e di conseguenza di non accontentare nessuno dato che il film non ha una sua direzione definita.
Il ritmo è blando, i toni da "Twilight", il lupo mal realizzato. Si salvano gli attori (decisamente un buon cast) Amanda Seyfried ("Mamma Mia!", "Chloe - Tra seduzione e inganno"), Gary Oldman ("Harry Potter e il prigioniero di Azkaban", "Il cavaliere oscuro"), Julie Christie ("Darling", Oscar 1966 come miglior attrice protagonista, "Away from Her"), Lukas Haas ("Mars Attacks!", "Inception") e la da me stra-odiata Virginia Madsen ("Sideways - In viaggio con Jack", "Il messaggero"). I due contendenti amorosi di Cappuccetto Valerie, invece, sono i semi-sconosciuti Shiloh Fernandez ("Cadillac Records") e Max Irons ("Dorian Gray").
Consigli: Evitabile. Anche se le premesse sembravano divertenti.
Parola chiave: Lupo mannaro.
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Bengi
Film 254: "Cappuccetto rosso sangue" (2011) di Catherine Hardwicke
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Gianpaolo, Marco, Andrea Puffo, Diego
Pensieri: Questo film è esattamente cioè che mi aspettavo anche se, ammetto, la speranza che in realtà valesse di più c'era (e mi ha fregato).
Niente da fare, mi spiace, ma la revisione in chiave horror-romantico-teen-gotico-thriller di Cappuccetto rosso non è riuscita a Catherine Hardwicke ("Thirteen - Tredici anni", "Nativity", "Twilight"). L'operazione commerciale di per sé è interessante, ma a ben ragionarci dimostra una certa disperazione di fondo dei produttori hollywoodiani (stiamo davvero rispolverando ogni fiaba che ci viene in mente?!). Potremmo dire che la Hardwicke sta a Cappuccetto rosso come Jennifer Lopez sta alla lambada: si capisce che, di base, mancano le idee.
Manca, anche, la voglia di rimbastire intelligentemente una storia da tutti conosciuta. Con tutto questo mistone di generi diversi, si finisce per non centrarne nessuno e di conseguenza di non accontentare nessuno dato che il film non ha una sua direzione definita.
Il ritmo è blando, i toni da "Twilight", il lupo mal realizzato. Si salvano gli attori (decisamente un buon cast) Amanda Seyfried ("Mamma Mia!", "Chloe - Tra seduzione e inganno"), Gary Oldman ("Harry Potter e il prigioniero di Azkaban", "Il cavaliere oscuro"), Julie Christie ("Darling", Oscar 1966 come miglior attrice protagonista, "Away from Her"), Lukas Haas ("Mars Attacks!", "Inception") e la da me stra-odiata Virginia Madsen ("Sideways - In viaggio con Jack", "Il messaggero"). I due contendenti amorosi di Cappuccetto Valerie, invece, sono i semi-sconosciuti Shiloh Fernandez ("Cadillac Records") e Max Irons ("Dorian Gray").
Consigli: Evitabile. Anche se le premesse sembravano divertenti.
Parola chiave: Lupo mannaro.
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