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domenica 27 febbraio 2022

Film 2090 - Swan Song

Intro: Avevo letto buone recensioni per questo titolo e sono sempre felice di dare una chance a pellicole a sfondo queer, per cui appena ho avuto occasione ho recuperato il film.

Film 2090: "Swan Song" (2021) di Todd Stephens
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: non che "Swan Song" sia un brutto film, ma sicuramente non è quello che mi aspettavo o avvo bisogno di vedere in quel momento.
Dal ritmo molto lento e nostalgico, a tratti infinitamente triste, la storia Pat Pitsenbarger (Kier) ci mette molto ad ingranare e sebbene quando lo faccia sia di buona qualità, rimane comunque il fatto che la mancanza di mordente iniziale appesantisca in parte il risultato finale complessivo.
Fortunatamente a portare avanti il racconto c'è un meraviglioso Udo Kier che nei panni dello stravagante parrucchiere in pensione è un piacere da guardare, particolarmente quando affiancato dalla ultimamente (e finalmente!) lanciatissima Jennifer Coolidge che qui fa la parte della rivale dell'ex parrucchiere che gli ha sottratto il business e, di fatto, la ragione di vita. Con un'ultima cliente da soddisfare e piccolo viaggio sulla strada dei ricordi, Pat si ritroverà a dover affrontare fantasmi del passato e a tirare le somme di una vita passata - da anni deceduto - in una piccola cittadina americana che lo ha considerato il Liberace locale.
Storia (apparentemente vera) dalla premessa interessante, l'esecuzione non mi ha convinto del tutto.
Ps. Secondo film insieme per Jennifer Coolidge e Michael Urie che ritroviamo a condividere lo schermo dopo la pellicola Natalizia di Netflix "Single All the Way".
Cast: Udo Kier, Jennifer Coolidge, Linda Evans, Michael Urie, Ira Hawkins, Stephanie McVay.
Box Office: $126,110
Vale o non vale: Carino, ma mi aspettavo un po' di più onestamente. Molto lento, specialmente nella parte iniziale, "Swan Song" regala però un'interpretazione fantastica del protagonista Udo Kier che, va detto, da sola vale la visione.
Premi: /
Parola chiave: Funerale.
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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 9 febbraio 2018

Film 1473 - Downsizing

Molto, molto curioso di vedere questa pellicola!!!

Film 1473: "Downsizing" (2017) di Alexander Payne
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Francy
Pensieri: La premessa è curiosa ed intrigante: e se riducessimo la nostra dimensione corprorea tanto da diventare microscopici e cominciassimo a vivere in apposite città costruite per le persone che si fossero fatte miniaturizzare?
In una sorta di versione adulta di “Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi” Matt Damon si trova a fronteggiare il più grande piccolo cambiamento della sua vita dovendone di fatto riscrivere ogni sua premessa dopo che sua moglie (Kristen Wiig) decide di non prendere parte al procedimento lasciandolo, di fatto, minuscolo e da solo. Comincia così il percorso di formazione di Paul Safranek che, trovandosi totalmente spaesato, inizierà ad andare alla deriva di un’esistenza nuovamente senza scopo, bloccato nella stessa realtà e consuetudine del suo io più grande, incapace di trovare una voce e uno spazio all’interno di una società che sente fatta di regole e consuetudini precise – e che lui segue pedissequamente – ma che lo lasciano infelice. SI stabilisce nuovamente in un appartamento, cerca di nuovo l’anima gemella alla più facile portata, tenda di confondersi ancora una volta ai suoi simili con un risultato medio-borghese che fa accapponare la pelle. A sconvolgerne la disperata routine sarà Dusan Mirkovic (Christoph Waltz) e un’improbabile maestra di vita vietnamita (Hong Chau) che, nell’insieme, contribuiranno a costruire la nuovissima versione del nostro micro protagonista. Fin qui tutto bene. La fregatura?
Il problema di “Downsizing” sta nella grande potenzialità sfruttata, però, nel più piccolo (o banale) dei modi. Payne costruisce un mondo fatto di nuove possibilità sociali in cui la premessa è addirittura la diminuzione del nostro impatto sul paineta – riducendo consumi, produzione di rifiuti e sprechi – per andarsi ad impantanare su sette e nuovi credo religiosi, bontà di cuore dietro a un carattere da duri e la solita morale.
Informandomi su questa pellicola ho scoperto che si tratta di una metafora della nostra società contemporanea, ma anche se ne apprezzo intenti e una certa dose di genuina originalità, non posso fare a meno di pensare che si potesse andare un po’ oltre il già visto culto del nuovo e sconosciuto per esplorare finali meno apocalittici e più fantasiosi cavalcando l’onda dell’ottimo inizio, che qui invece finisce sprecato. Assieme alla premessa, tra l’altro, si spreca un’ironia divertente e spesso pungente che non manca di contraddistinguere il primo tempo della pellicola, in nome dei sani principi e della nuova primavera interiore del protagonista.
Nell’insieme comunque “Downsizing” non manca di stupire lo spettatore e lascia non pochi spunti su cui riflettere anche una volta usciti dalla sala (il che è sempre un bene). Si poteva sfruttare meglio l’idea alla base del progetto, in ogni caso un risultato finale curioso e intrigante, anche se non del tutto soddisfacente.
Ps. Candidato al Golden Globe 2018 per la Miglior attrice non protagonista (Hong Chau).
Cast: Matt Damon, Christoph Waltz, Hong Chau, Kristen Wiig, Udo Kier, Rolf Lassgård, Ingjerd Egeberg, Søren Pilmark.
Box Office: $50 milioni (ad oggi)
Consigli: E’ da un po’ che Matt Damon non riesce a trovare una pellicola che faccia davvero centro ed è così anche questa volta. Il film, infatti, funziona bene per il primo tempo, mancando di centrare l’obiettivo però nel finale. Si spreca un’opportunità ghiotta per finire nel solito tentativo di insegnare qualcosa a chi guarda ed ascolta, quando sarebbe bastato cavalcare l’onda della spietata satira contemporanea. Consapevoli di questo, la pellicola è sufficientemente intrigante da poter essere vista almeno una volta.
Parola chiave: Società.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 26 maggio 2016

Film 1144 - Ace Ventura - L'acchiappanimali

Ho comprato i dvd del primo e secondo episodio e - con mia grande sorpresa! - Poe non li aveva mai visti, così ho proposto subito un recupero in direttissima!

Film 1144: "Ace Ventura - L'acchiappanimali" (1994) di Tom Shadyac
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Sarà che ci sono cresciuto con questo film, sarà che ricordo ancora quando mia nonna mi portò al cinema all'aperto di Rimini a vederlo, di fatto "Ace Ventura" è un cult della mia infanzia davvero intramontabile.
Divertente, selvaggio e pazzo, con un Jim Carrey assoluto mattatore e un colpo di scena finale che da bambino mi sconvolse, questa pellicola è riuscita a regalarmi - nonostante l'ennesima visione - una marea di risate, riportando alla memoria non pochi ricordi.
Mie personalissime scene imperdibili (insieme al finalone con "würstel") sono Ace che fa "conoscenza" con lo squalo alla festa di Ronald Camp e il momento del primo rientro a casa, quando tutta la giungla di animali esce allo scoperto non appena chiusa la porta di casa, a sancire la vocazione francesca dello stravagente detective.
Al di là del mio personale affetto verso questo titolo, comunque, "Ace Ventura: Pet Detective" è un titolo simpatico, pieno di energia, classico esempio di cinema americano spensierato anni '90 ricolmo di stereotipi, perfetto per ogni momento di disimpegno che richieda un filmetto spensierato e divertente. Il risultato finale è palesemente ironico, sciocco e sopra le righe, in ogni caso indimenticabile (scegliete voi se in bene o in male, io da che parte sto l'ho già palesato).
Cast: Jim Carrey, Courteney Cox, Sean Young, Tone Lōc, Dan Marino, Noble Willingham, Troy Evans, Raynor Scheine, Udo Kier.
Box Office: $107.2 milioni
Consigli: Non si può non aver mai visto "Ace Ventura". Piacerà o meno, ma bisogna sapere di cosa si parla! Carrey al picco della sua carriera comica che, solo nel '94 passava al cinema con Ace, "The Mask - Da zero a mito" e "Scemo & più scemo". Dunque un fenomeno di costume vero e proprio che lo elevò a vera e propria star e questo è uno dei titoli (imperdibile) che ne sancì lo status.
Parola chiave: Fiocco di Neve.

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#HollywoodCiak
Bengi

sabato 26 novembre 2011

Film 331 - Melancholia

Sabato sera di cinema impegnato con un film di cui si è tanto sentito parlare. Inevitabile la visione...


Film 331: "Melancholia" (2011) di Lars von Trier
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Gloria
Pensieri: L'ultimo film di Lars von Trier ha un cast insolitamente glam per lo standard del regista. Non cambia, però, l'impronta, il suo inconfondibile stile.
E' una strana pellicola, composta da una struttura narrativa divisa in tre parti (prologo, primo e secondo capitolo) di cui la prima è, a mio avviso, quella più interessante e sperimentale.
Giocando d'anticipo, il regista racconta - in maniera lentissima - nei primi cinque minuti quello che vedremo nelle successive due ore. Suggestive immagini in slow(slow)motion, colpiscono l'occhio dello spettatore e rimangono impresse, forse come manifesto più rappresentativo di un'opera non facile come questa.
Visivamente potente, se non visionario, perde parte del suo appeal - specialmente nella seconda parte - a causa della lenta narrazione. La depressione pre e post matrimoniale non è certo un argomento allegro, ma il malumore di Justine/Kirsten Dunst all'inizio non è solo non chiaro, ma quasi irritante. Il collegamento con la rigida figura materna e il superficiale rapporto con il padre (farfallone) offrono in corso d'opera una possibile spiegazione del rigetto viscerale del vincolo matrimoniale nella novella sposa.
Il pianeta Melancholia avanza e risulterà fatale simbolo di liberazione da depressione e angoscia, tanto che la più coraggiosa (come la luna influenza le maree, così pare che il pianeta influenzi Justine) risulterà proprio colei che fino a quel momento pareva la più vulnerabile. Arresa al suo destino, consapevole che non c'è via di scampo, la ragazza accetterà la (letterale) fine del mondo accompagnando gli altri per mano, con un'evidente inversione di ruoli rispetto alla prima parte della pellicola.
Al contrario, la coppia Gainsbourg-Sutherland finirà per passare dall'immagine solida e collaudata dell'inizio ad una scissione dei due individui con vigliacco gesto di dipartita da parte di lui. Particolare disprezzo per la figura del marito John/Sutherland, quindi, sarà inevitabile.
La bellezza intrinseca di "Melancholia" è la capacità che la pellicola ha di sviscerare il vero io delle persone. Alla resa dei conti i personaggi non potranno che rivelarsi per ciò che sono, seguendo la loro vera natura. Che sia l'influenza del pianeta o l'inarrestabile consapevolezza che tutto sta volgendo al termine, ognuno è costretto a confrontarsi con le proprie paure e le proprie domande, consapevole che il tempo a disposizione (per trovare le risposte) è decisamente breve. Il risultato sarà a tratti desolante, ma decisamente vero.
Ps. E' stato piacevole seguire la proiezione della pellicola in lingua originale, ma devo ammettere che la voce della Gainsbourg l'ho trovata spesso fastidiosa.
Pps. Il film ha vinto a Cannes 2011 il premio per la Miglior attrice Kirsten Dunst, che, dopo anni un po' appannati, torna in grande stile alla ribalta del cinema mondiale.
Consigli: Potente nelle immagini e fortissimo nel prologo, prosegue a ritmo lento. Non è una storia facile, ma può aiutare a porre interrogativi che, forse, normalmente non ci porremmo mai: io, se fossi al loro posto, cosa farei? Bella colonna sonora.
Parola chiave: Magic cave.

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Ric