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lunedì 8 novembre 2021

Film 2058 - V for Vendetta

Intro: Ho visto questo film in realtà quando ero ancora in Argentina, ma per qualche motivo lo avevo erroneamente lasciato indietro.

Film 2058: "V for Vendetta" (2005) di James McTeigue
Visto: dalla tv di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Eric
In sintesi: adoro questo film, lo trovo sempre gentiale e narrativamente ben architettato. Nonché probabilmente l'ultimo buon esempio di prodotto delle sorelle Wachowskis (qui sceneggiatrici).
Molto orwelliano, a tratti inquietantemente similare alla realtà (odierna), "V for Vendetta" è un piccolo gioiellino che, nel tempo, è riuscito a guadagnarsi lo status di cult sia a livello estetico (chi non conosce la maschera di V?!) che narrativo che andrebbe, a mio avviso, oggi riscoperto. Bello e con un cast pazzesco capitanato da una Natalie Portman rasata a zero e uno Hugo Weaving (troppo spesso sottovalutato) che fa scintille anche privato dell'espressività del volto. E se non è talento questo, non so cosa lo sia.
Film 771 - V per Vendetta
Film 2058 - V for Vendetta
Cast: Natalie Portman, Hugo Weaving, Stephen Rea, Stephen Fry, John Hurt, Rupert Graves, Eddie Marsan, Imogen Poots.
Box Office: $132.5 milioni
Vale o non vale: Ben congeniato, di grande intrattenimento e capace di sollevare non pochi spunti di riflessione, "V for Vendetta" è un titolo assolutamente da recuperare che, a suo tempo, avrebbe meritato ben più riconoscimento.
Premi: /
Parola chiave: Virus.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 27 febbraio 2017

Film 1318 - Jackie

Da qui in avanti, per ben 6 titoli di fila, la mia rincorsa a raggiungere il numero maggiore di pellicole possibili in vista degli Oscar. Ormai i giochi sono fatti e sono riuscito a recuperarne abbastanza da potermi fare un'idea abbastanza indipendente di come potrebbe andare. Vedremo tra qualche ora cosa decreterà l'Academy!

Film 1318: "Jackie" (2016) di Pablo Larraín
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Poe
Pensieri: Nonostante critiche e opinioni sentite qua e là praticamente entusiaste, non posso davvero dire che "Jackie" abbia incontrato il mio gusto. E' una pellicola molto raffinata e confezionata con dovizia di particolari e una cura innegabile per ogni singolo elemento che ha provveduto alla composizione del risultato finale, ma a parte questo, quello che ho visto mi è parso confusionario e disomogeneo nei suoi continui flashback e nell'incessante mischiare fatti, interviste, materiale di repertorio, memorie, ecc. Più che un film sembra un mausoleo, un museo nostalgico dedicato alla Kennedy, un'icona che si intende ritrarre in uno dei suoi momenti più intimi (eppure più mediatico), sviscerandone comportamenti, atteggiamenti, dettagli. Non so se il film avrebbe ottenuto lo stesso successo senza la performance magnetica di Natalie Portman la quale, va detto, è molto brava, anche se a mio avviso non ha alcuna chance, come invece molti pronosticano e sperano, di aggiudicarsi la statuetta questa sera. Non solo perché di Oscar ne ha già uno - e fare il bis non è impresa da poco -, ma anche perché Emma Stone è la favorita della stagione e, da non sottovalutare, l'interpretazione in "Elle" di Isabelle Huppert ha riscosso non pochi premi importanti che hanno spesso oscurato la performance della protagonista di "Jackie".
Premiazioni a parte, la metamorfosi che la Portman subisce qui è inquietante, arrivando a cambiare completamente voce e ad assomigliare all'ex First Lady pur non somigliandole davvero. L'insieme di simile e diverso a volte è straniante; il ruolo, che è molto difficile, viene ben gestito dall'attrice che ne restituisce un ritratto molto forte e molto umano che scava al di sotto della figura di donna-mito che Jacqueline "Jackie" Kennedy ha assunto col passare del tempo. La storia si concentra su un momento che è ovviamente difficilissimo, evento storico epocale e la reazione della neo vedova è comprensibile, eppure per molti versi folle. Ed è sicuramente anche per quest'ultimo aspetto che ho trovato il personaggio antipatico e scontroso, comandante e diffidente e, al contempo, tutto l'opposto. Dunque una protagonista difficile da digerire, troppo autoritaria e snob, calata nella costante rappresentazione di un'immagine ad hoc di finta ingenua che mi ha lasciato più volte perplesso (per esempio in relazione al cambiamento radicale pre-omicidio rispetto al successivo momento dell'intervista). Non posso fare certo paragoni con la persona reale, quindi rimango legato all'impressione che ho dedotto dal film, ovvero che nonostante un'ottima ricostruzione della frammentazione della personalità e complessità umana, Jackie qui si percepisce in chiave negativa.
E, a proposito di ricostruzione, dettagli di scena e costumi davvero elaborati e verosimiglianti; la colonna sonora è molto particolare per essere quella di un film biografico: difficilmente si concede toni rassicuranti, giocando molto su atmosfere cupe e distorte da suoni quasi da thriller o horror. Del resto la firma è di Mica Levi, già notata grazie alla spaventosa colonna sonora di "Under the Skin".
In conclusione, il risultato finale non mi ha convinto e, anzi, è stato inferiore alle mie aspettative. Si tratta di un titolo che affronta non solo una tematica storicamente importante, ma anche interessante dal punto di vista umano. Eppure le scelte della sceneggiatura, il gap tra un personaggio del genere e la vita dell'uomo medio di oggi, il continuo saltare da un momento all'altro, da una situazione all'altra mi ha lasciato insoddisfatto di fronte ad un prodotto dal potenziale grandissimo che, però, gestisce magistralmente solo la ricostruzione dal punto di vista scenico ed estetico. E del personaggio principale grazie ad una grandissima attrice.
Ps. Candidato a 3 Oscar: Miglior attrice protagonista, costumi e colonna sonora.
Pps. E' l'ultimo film in cui recita il recentemente scomparso John Hurt, qui nel ruolo di un prete confessore (più confuso che mai, a mio avviso).
Cast: Natalie Portman, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, Billy Crudup, John Hurt, Richard E. Grant.
Box Office: $20.7 milioni
Consigli: Incentrato su uno dei fatti storici più iconici della più o meno recente storia degli Stati Uniti, legato alla figura di una delle First Lady più famose di tutti i tempi, questo film ritrae una Jackie Kennedy in mille pezzi e ne consegna allo spettatore qualche frammento sparso, spesso slegato, faticoso da combinare in un puzzle temporale troppo ballerino. Salva tutto la grande performance di una Portman particolarmente azzeccata, oltre che intensa (il regista voleva solo lei), anche se la voce così modificata dall'attrice è, alla lunga, una fatica da ascoltare, quasi una cantilena lagnosa. In generale, comunque, è certamente un titolo da vedere, fosse anche solo per la performance attoriale o il premio ai costumi che quasi certamente vincerà. Non è certamente una scelta per tutte le occasioni, ma ha il pregio di puntare lo sguardo su un fatto tragico e, al contempo, affascinante.
Parola chiave: Camelot.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 26 gennaio 2017

Film 1288 - Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

E finalmente, sempre grazie a Netflix, si finisce la saga!

Film 1288: "Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo" (2008) di Steven Spielberg
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Dall'incasso accumulato da questa pellicola direi che c'era non poca attesa per il grande ritorno di Indy sullo schermo! Peccato che le sorti della trama non siano state altrettanto soddisfacenti...
Mai come negli ultimi tempi Steven Spielberg ci ha abituato a una produzione altalenante a livello qualitativo, riuscendo sempre meno a portare a casa gli eclatanti risultati di un tempo. I trionfi di "Lincoln" e "Il ponte delle spie" cozzano non poco con i risultati mediocri, se non cattivi, di pellicole come "War Horse" (checché ne dica l'Academy, a mio avviso è stato un brutto film), "Le avventure di Tintin - Il segreto dell'Unicorno" e l'ultimo clamoroso flop de "Il GGG - Il grande gigante gentile". Questo quarto "Indiana Jones" si inserisce a metà strada, in quanto il box-office è stato certamente fortunato anche se la pellicola di per sé non è particolarmente bella.
La penultima avventura del professore con la frusta - "Indiana Jones 5" arriverà negli USA il 19 luglio 2019 - è spesso un rimando alle precedenti, con un'evidente ritorno allo spirito che ha reso famoso il franchise negli anni '80. Al di là dei costumi e delle scenografie, oltre che il tempo storico d'ambientazione, è palese fin dalle prime scene che si tratti in tutto e per tutto di un'operazione-nostalgia leggermente evoluta, nel senso che va ammesso che la storia ci provi davvero ad andare oltre i propri stessi archetipi, pur non consegnando allo spettatore un'avventura veramente degna. Con quasi 20 anni di tempo per far tornare Jones sul grande schermo, mi spiace ma no, gli alieni si potevano tranquillamente lasciare a casa. Come l'esplosione atomica cui si sopravvive entrando nel frigorifero. Come il brutto personaggio di Irina Spalko, reso tollerabile solamente dall'ottimo lavoro della Blanchett. Come si poteva scimmiottare meno Brando con il personaggio del giovane e irruento Mutt Williams (Shia LaBeouf).
Volendo tralasciare gli scivoloni della sceneggiatura - sugli alieni però non mollo! -, va detto che, appunto, "Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull" ha il pregio di riuscire a ristabilire una connessione con il passato, soprattutto grazie ad un Harrison Ford davvero in forma per una parte non esattamente adatta ad ogni 60enne. Vedremo se con il quinto capitolo, a 70 anni suonati, ce la farà ancora ad essere credibile. E' comunque grazie a lui se tutto l'ambaradan funziona, capace dopo un ventennio di ritrovare lo spirito del personaggio, quella faccia da schiaffi e la simpatia, oltre che quella tempistica ai limiti dell'assurdo che hanno reso Indy un personaggio cult.
In definitiva, dove i fasti dei precedenti capitoli sono ahimè andati, questo "Indiana Jones 4" presenta in ogni caso la pregevole caratteristica dell'intrattenimento semplice e certamente avventuriero, pur con qualche limite dovuto ad effetti speciali così così. Nel complesso un rigenerato franchise che, dove non riesce a ricomporre la vecchia magia, punta tutto sull'efficace protagonista e il suo indimenticato interprete e consegna al pubblico di fan l'ennesima avventura che li rende contenti.
Film 1265 - I predatori dell'arca perduta
Film 1271 - Indiana Jones e il tempio maledetto
Film 1281 - Indiana Jones e l'ultima crociata
Film 1288 - Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo
Film 2200 - Indiana Jones and the Dial of Destiny
Cast: Harrison Ford, Cate Blanchett, Karen Allen, Ray Winstone, John Hurt, Jim Broadbent, Shia LaBeouf, Alan Dale.
Box Office: $786.6 milioni
Consigli: Certamente il peggiore dei 4, pur con peggiore non volendo intendere necessariamente la caratteristica più negativa. Se fosse una pellicola priva del passato che ci è noto, probabilmente sembrerebbe qualcos'altro, forse addirittura un altro film, carico di avventure impossibili e un mondo fantastico pieno di immaginazione. La realtà e il contesto, purtroppo, spengono un po' l'entusiasmo legato a "Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo" e anche se è davvero bello rivedere Indy in piena forma, il risultato finale non è comunque sufficiente. Perfetto per una serata a mente spenta, ma forse non un nuovo capitolo all'altezza della saga che è stata.
Parola chiave: El Dorado.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 23 agosto 2016

Film 1199 - Snowpiercer

Dopo averlo visto al cinema un paio di anni fa, ho comprato il dvd e attendevo da qualche tempo di farlo vedere a Poe...

Film 1199: "Snowpiercer" (2013) di Bong Joon-ho
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Esperimento cinematografico interessante che mixa una buona dose di aura hollywoodiana con canoni della narrazione meno mainstream e più marcatamente asiatici. L'azione, molto violenta, viene spesso intervallata da lunghi dialoghi o momenti di pathos amplificati da rallenty o preamboli ben architettati che creano un effetto di contrasto rispetto a scene di violenza molto dinamiche e momenti di "quiete" in cui spesso si assiste storditi alla messa in scena dell'ennesimo nuovo mondo.
Ogni carrozza è, infatti, un pianeta a sé stante di cui all'inizio conosciamo solo la morfologia della coda, ovvero dove alloggiano i più poveri. La scalata verso la testa, che è anche la dura salita verso il riscatto e l'emancipazione sociale, sarà un viaggio difficilissimo e crudele dove non mancheranno vittime e disastri. Il tutto per incontrare il misterioso Wilford, sorta di divinità all'interno di un treno della vita che percorre l'intero globo nel giro di un anno e non può mai fermarsi, in quanto la Terra è ghiacciata a seguito di una catastrofe e l'arrestarsi del treno comporterebbe l'estinzione del genere umano (ovvero chi è rimasto a bordo).
L'inquietante "Snowpiercer" di Bong Joon-ho è dunque un titolo particolare, caratterizzato da colori cupi ed effetti speciali che comunicano al contempo sia lo sforzo per la realizzazione di un prodotto extra-Hollywood che vuole dimostrare il suo potenziale commerciale, sia l'evidenza della finzione che un po' danneggia il realismo d'insieme. In ogni caso, per essere una produzione sudcoreana mi pare davvero che il risultato finale sia di grande impatto, oltre che particolarmente interessante per la storia che racconta (tratta da "Le Transperceneige", graphic novel post apocalittico dei francesi Jacques Lob e Jean-Marc Rochette) e le atmosfere che riesce ad evocare. Anche questa seconda visione, quindi, mi ha soddisfatto.
Film 681 - Snowpiercer
Cast: Chris Evans, Song Kang-ho, Tilda Swinton, Jamie Bell, Octavia Spencer, Ewen Bremner, Ko Asung, John Hurt, Ed Harris, Alison Pill.
Box Office: $86.8 milioni
Consigli: Intrigante, violentissimo, post apocalittico, con un grandissimo cast e una storia che non mancherà di sorprendere, "Snowpiercer" è un buon esempio di cinema contemporaneo a grande budget pur essendo esterno al circuito produttivo americano. Lo consciglio perché piaccia o meno, rimane comunque molto impresso.
Parola chiave: Locomotiva.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 13 gennaio 2015

Film 856 - Hercules: il guerriero

Ci era rimasto indietro questo esempio di cinema trash e abbiamo voluto recuperarlo...

Film 856: "Hercules" (2014) di Brett Ratner
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Pellicola pseudoepica di chiara matrice trash, questo ennesimo titolo che riguarda la storia di Hercules e delle sue fatiche non solo vorrebbe smontarne il mito, ma dopo averlo fatto pretenderebbe di crearne uno nuovo e più moderno. Operazione chiaramente fallimentare, per non dire suicida.
Il fatto è che, innanzitutto, si va a toccare nuovamente la questione del mito, degli dei, dell'Olimpo e, nello specifico, delle fatiche, delle imprese eroiche, della leggenda e la cosa di certo non aggiunge alcunché al già visto. In più si sceglie per dare nuova linfa al filone su Hercules uno che di recitazione ne sa pochino, ovvero Dwayne Johnson alias The Rock (in pensione). Contornandolo, poi, di comprimari in disgrazia (Joseph Fiennes) e qualcuno di circa famoso (Ian McShane, Rebecca Ferguson e il certamente più familiare John Hurt), il risultato finale è evidentemente un titolo che non mira alla gloria, quanto più ad un incasso veloce e facile coadiuvato dall'utilizzo di effetti speciali a supporto di una trama che - promesse del trailer - gioca molto sullo spettacolare.
Il risultato finale di quest'ultima fatica registica di Brett Ratner ("X-Men - Conflitto finale", "Tower Heist - Colpo ad alto livello") non è che sia poi orribile o inquadrabile, semplicemente è un titolo puramente commerciale che lascia il tempo che trova. Chi si ricorderà dell'Hercules interpretato da Dwayne Johnson? In pochi. La cosa è grave? Non direi. Semplicemente "Hercules" è un film che promette azione e uno spettacolo facile facile che c'è, si guarda tranquillamente e si dimentica in un batter d'occhio.
Box Office: $243.4 milioni
Consigli: Pellicola d'azione che mescola mito e wrestling ed utilizza effetti speciali solo sufficienti, "Hercules: il guerriero" è un titolo perdibilissimo che può andar bene solo se a) vi piace Dwayne Johnson b) vi va di vedere un film tutto massacri ed esercito c) non avete niente di meglio da fare/vedere. Non che sia pessimo - come l'altro "Hercules - La leggenda ha inizio" che invece è veramente terribile -, semplicemente non è nulla di che.
Parola chiave: Mercenari.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 23 settembre 2014

Film 771 - V per Vendetta

Una pellicola vista al cinema tanti anni fa. Prima del mio amore per i film, prima dei miei studi di semiotica. Tutta un'altra storia, insomma.

Film 771: "V per Vendetta" (2005) di James McTeigue
Visto: dalla tv di Erika
Lingua: italiano
Compagnia: Erika, Luigi
Pensieri: "V per Vendetta" è un gran bel film, scritto bene e ricchissimo di idee. Da non sottovalutare, poi, le scelte della trama che rimandano ad approccio coi media, rapporto tra stato e potere, cittadini e giustizia, ideale e reale, per non parlare di un rimando a "1984" di Orwell.
I fratelli Wachowski sviluppano bene il graphic novel di Alan Moore (che però si è dissociato dal risultato finale della pellicola) e le idee che lo compongono e riescono nell'intento di costruire la nascita di un'eroina moderna, plasmata da un rivoluzionario che sarà in grado di scuoterne animo e coscienza risvegliandola da un torpore sociale e personale che l'aveva dominata per tutte l'esistenza.
Natalie Portman si dona al ruolo in maniera magnifica - rasata è sempre stupenda -, ma la vera sorpresa rimane Hugo Weaving in grado di risultare tanto espressivo quanto enigmaticamente immobile dietro la sua maschera-simbolo. Due protagonisti che insieme da soli fanno la storia e conducono la pellicola dall'inizio alla fine.
Il risultato finale è un'opera molto interessante, basata moltissimo sul verbale, che gioca sulla costruzione di simboli e si genera nella concretizzazione di un'idea che diventa ideale: battere il sistema, il governo corrotto, riportare l'equilibrio attraverso atti di mirata violenza e mediatico scalpore, combattere in ciò in cui si crede fino all'estremo sacrificio. Insomma, per certi versi epico, per altri molto moderno, sicuramente distopico ed inquietante, ma assolutamente irresistibile se gli si da il tempo di carburare. V è un personaggio intricatissimo, il governo corrotto che qui è rappresentato ha caratteristiche molto attuali (il film è di 9 anni fa). Bello.
Box Office: $132,511,035
Consigli: Credo di non esagerare nel dire che è certamente un film simbolo degli anni '00, uno di quelli che si deve vedere. "V for Vendetta", con i Wachowski in gran forma, un cast perfetto e il molto interessante graphic novel da cui è tratto, si colloca nell'universo sci-fi guadagnandosi un posto di tutto rispetto nelle pellicole di genere. Una dialettica fantastica per V, una meravigliosa trasformazione per Evey, una storia appassionante e una buona realizzazione tecnica. Davvero vale la pena di vederlo almeno una volta nella vita: anche non dovesse piacere, gli spunti che la storia regala valgono certamente la visione.
Parola chiave: 5 novembre.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 14 marzo 2014

Film 681 - Snowpiercer

Una pellicola che ero curiosissimo di vedere sia per la storia, tratta dal fumetto "Le Transperceneige", che per il nutrito cast di star alle prese con una produzione sudcoreana.

Film 681: "Snowpiercer" (2013) di Joon-ho Bong
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi, Erika, Riccardo
Pensieri: Un treno come arca della salvezza, metafora sociale e spietato mietitore. Ecco che cos'è in soldoni lo "Snowpiercer" del titolo.
Neanche a dirlo, in coda i poveri e, man mano che si risale verso testa, i passeggeri diventano sempre più facoltosi, puliti, ben vestiti e ricchi. I poveri, al solito, alla base della piramide sociale che, su questo treno, è in realtà in linea prettamente verticale e teoricamente impossibile da risalire: tutte le rivolte condotte dal popolo nei confronti dei ricchi abitanti della prima classe sono state sedate con violentissima fermezza, tanto da averli indotti ad una muta schiavitù.
Per controvertire quest'ordine considerato naturale da chi sta più vicino alla locomotiva, ci vorrà un eroe tutto d'un pezzo (Chris Evans, già Torcia Umana e Capitan America) che, per la missione, sarà capace di sacrificare tutto ciò che ha, tranne quello in cui crede: tostissimo.
Protagonista a parte, trovo che questa sia una pellicola vincente per altri motivi, più legati ad un'analisi sociologica ben svolta rispetto al contesto che ritrae. L'angusto treno, che viaggia all'infinito su una rotaia della salvezza che percorre ininterrottamente il giro del ghiacciatissimo globo, è un ottimo spazio di confronto, dove le variabili del racconto si combinano a formare una trama mai scontata per quasi tutti i 126 minuti di pellicola. Certo, il finale è come spesso accade il punto più debole di tutto l'insieme, anche qui un po' troppo votato alla consacrazione aulica, piuttosto che all'approccio pratico o, come sarebbe stato preferibile (per rimanere fedeli allo stile fino a quel momento intrapreso e seguito) violento-spietato. Ciononostante trovo che il risultato finale sia apprezzabile, anche perché riprende spunti narrativi vicini ad Hollywood, ma li stravolge lasciando spesso spiazzati e questo mi ha veramente soddisfatto. Inoltre, da non sottovalutare assolutamente, il secondo tempo prende una piega adrenalinica che incolla letteralmente allo schermo.
Insomma, ho trovato "Snowpiercer" un interessante esperimento riuscito: tetro, violento, rivoluzionario, a tratti splatter e dall'idea di base molto intrigante. Ci fosse un seguito lo vedrei subito.
Ps. Moltissimi volti noti del cinema USA e non: i due premi Oscar Tilda Swinton e Octavia Spencer, Jamie Bell, Ed Harris, John Hurt e Alison Pill.
Film 1199 - Snowpiercer
Box Office: $67,400,000 (ad oggi)
Consigli: Un esperimento cinematografico interessante e dall'incipit certamente interessante. Parte lento, ma poi la storia ingrana e sarà in grado di sorprendere che non pochi colpi di scena. Vale la pena dargli una chance!
Parola chiave: Wilford.

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Bengi

martedì 22 maggio 2012

Film 410 - Immortals

Per stare in compagnia.


Film 410: "Immortals" (2011) di Tarsem Singh
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Stesso regista di "Biancaneve" (e stessa costumista) ed evidente rimando al "300" di Snyder, "Immortals" è una pellicola visivamente interessante che, però, non aggiunge nulla di nuovo al panorama cinematografico contemporaneo.
Lo studio stilistico che sta dietro i costumi (della recentissimamente scomparsa Eiko Ishioka) rende la suggestione visiva piacevole, specialmente perchè si osano scelte radicalmente inusuali per un film che si ispira al mito greco. Non mancano molti effetti speciali e un sacco di duelli all'ultimo sangue. E' molto vicino, in effetti, anche alle pellicole "Scontro tra titani" e "La furia dei titani", sia per via dell'argomento che per il tipo di produzione commerciale che rappresenta. Tra muscolosissimi protagonisti (Henry Cavill, Stephen Dorff, Kellan Lutz), cattivissimi antagonisti (Mickey Rourke) ed esotiche bellezze (Freida Pinto) si snodano le vicende di Teseo, gli dèi improvvisamente mortali e litigiosi e dei titani tanto simili a dei mostriciattoli psicotici.
A livello di visione tutto fila, c'è ritmo e un tocco di stramberia, quanto basta per fare in modo che la pellicola rimanga quantomeno impressa in chi sta guardando. Chiaramente non ci si trova di fronte ad un capolavoro e la trama è quello che è, però considerando che si tratta di una produzione USA (che sappiamo gestire sempre piuttosto liberamente l'input narrativo da cui attinge per le pellicole) l'approccio mi pare comunque positivo, non fosse per il solo fatto di tentare una rappresentazione dei costumi indipendende dal solito immaginario che si lega a film come questi.
Non è un capolavoro, ma si lascia guardare.
Consigli: E' un buon intrattenimento per chi ha voglia di passare una serata tranquilla in compagnia di un film leggero e scacciapensieri.
Parola chiave: Arco di Epiro.

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Ric

sabato 26 novembre 2011

Film 331 - Melancholia

Sabato sera di cinema impegnato con un film di cui si è tanto sentito parlare. Inevitabile la visione...


Film 331: "Melancholia" (2011) di Lars von Trier
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Gloria
Pensieri: L'ultimo film di Lars von Trier ha un cast insolitamente glam per lo standard del regista. Non cambia, però, l'impronta, il suo inconfondibile stile.
E' una strana pellicola, composta da una struttura narrativa divisa in tre parti (prologo, primo e secondo capitolo) di cui la prima è, a mio avviso, quella più interessante e sperimentale.
Giocando d'anticipo, il regista racconta - in maniera lentissima - nei primi cinque minuti quello che vedremo nelle successive due ore. Suggestive immagini in slow(slow)motion, colpiscono l'occhio dello spettatore e rimangono impresse, forse come manifesto più rappresentativo di un'opera non facile come questa.
Visivamente potente, se non visionario, perde parte del suo appeal - specialmente nella seconda parte - a causa della lenta narrazione. La depressione pre e post matrimoniale non è certo un argomento allegro, ma il malumore di Justine/Kirsten Dunst all'inizio non è solo non chiaro, ma quasi irritante. Il collegamento con la rigida figura materna e il superficiale rapporto con il padre (farfallone) offrono in corso d'opera una possibile spiegazione del rigetto viscerale del vincolo matrimoniale nella novella sposa.
Il pianeta Melancholia avanza e risulterà fatale simbolo di liberazione da depressione e angoscia, tanto che la più coraggiosa (come la luna influenza le maree, così pare che il pianeta influenzi Justine) risulterà proprio colei che fino a quel momento pareva la più vulnerabile. Arresa al suo destino, consapevole che non c'è via di scampo, la ragazza accetterà la (letterale) fine del mondo accompagnando gli altri per mano, con un'evidente inversione di ruoli rispetto alla prima parte della pellicola.
Al contrario, la coppia Gainsbourg-Sutherland finirà per passare dall'immagine solida e collaudata dell'inizio ad una scissione dei due individui con vigliacco gesto di dipartita da parte di lui. Particolare disprezzo per la figura del marito John/Sutherland, quindi, sarà inevitabile.
La bellezza intrinseca di "Melancholia" è la capacità che la pellicola ha di sviscerare il vero io delle persone. Alla resa dei conti i personaggi non potranno che rivelarsi per ciò che sono, seguendo la loro vera natura. Che sia l'influenza del pianeta o l'inarrestabile consapevolezza che tutto sta volgendo al termine, ognuno è costretto a confrontarsi con le proprie paure e le proprie domande, consapevole che il tempo a disposizione (per trovare le risposte) è decisamente breve. Il risultato sarà a tratti desolante, ma decisamente vero.
Ps. E' stato piacevole seguire la proiezione della pellicola in lingua originale, ma devo ammettere che la voce della Gainsbourg l'ho trovata spesso fastidiosa.
Pps. Il film ha vinto a Cannes 2011 il premio per la Miglior attrice Kirsten Dunst, che, dopo anni un po' appannati, torna in grande stile alla ribalta del cinema mondiale.
Consigli: Potente nelle immagini e fortissimo nel prologo, prosegue a ritmo lento. Non è una storia facile, ma può aiutare a porre interrogativi che, forse, normalmente non ci porremmo mai: io, se fossi al loro posto, cosa farei? Bella colonna sonora.
Parola chiave: Magic cave.

Trailer

Ric