Visualizzazione post con etichetta Berlinale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Berlinale. Mostra tutti i post

giovedì 4 luglio 2024

Film 2290 - Love Lies Bleeding

Intro: Ero curioso di vedere questo film perché il trailer mi era sembrato promettente. Così, alla prima occasione, io e Niamh siamo andati al cinema a recuperarlo.

Film 2290: "Love Lies Bleeding" (2024) di Rose Glass
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Niamh
In sintesi: onestamente questo film non mi è piaciuto.
Inizialmente ero intrigato dall'amosfera e il tono generale della storia, poi però il modo in cui evolvono le cose mi ha "allontanato" dal racconto. Probabilmente (e come al solito), poi, le mie aspettative non si sono riconosciute nel prodotto finale. Da un'intensa storia d'amore lesbo, infatti, si passa ad omicidi e situazioni surreali al limite con tanto di gigante allucinogeno, il tutto in un mix caotico e allo stesso molto lento che, a mio parere, affatica la visione. Peccato, perché il duo Kristen Stewart e Katy O'Brian è piuttosto magnetico e se la storia si fosse concentrata solo su di loro sarei sato molto più interessato.
"Love Lies Bleeding" mi ha ricordato tanti altri film che ho visto più o meno di recente, precisamente "Drive-Away Dolls" e "The Iron Claw", con un pizzico di "Split".
Cast: Kristen Stewart, Katy O'Brian, Jena Malone, Anna Baryshnikov, Dave Franco, Ed Harris.
Box Office: $11.7 milioni
Vale o non vale: Personalmente l'ho trovato tedioso in certe parti, soprattutto dopo che la storia prende la piega dell'omicidio. L'inizio per me funziona, tutto il mondo del bodybuilding e la storia d'amore tra le due protagoniste sarebbe stato sufficiente a mantenere costante la mia attenzione. Invece, ci si perde in un bosco di altri elementi che, a mio parere, incasina troppo la storia.
Si fa vedere, ma sicuro non un titolo per tutti e non per una serata qualunque (meglio fare una scelta consapevole).
Premi: /
Parola chiave: Steroidi.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 3 settembre 2020

Film 1914 - Paris Is Burning

Intro: Da grandissimo fan di "RuPaul's Drag Race" interessato telespettatore di "Pose" non potevo esimermi dal recuperare questa pellicola (che potete recuperare gratuitamente qui).
Film 1914: "Paris Is Burning" (1990) di Jennie Livingston
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: mi sono avvicinato a "RuPaul's Drag Race" totalmente per caso e me ne sono innamorato: lo trovo geniale, spassoso e fortemente autoironico. Mi sono approcciato a "Drag Race" credendolo assolutamente innovativo e spregiudicato. Poi ho scoperto "Pose".
Là dove il programma di RuPaul mette in scena il suo sbrilluccicante spettacolo in chiave moderna, "Pose" regala allo spettatore un approccio più serio e storicamente accurato, fornendo un contesto alla subcultura della 'ballroom' con le sue categorie, le sue sfilate e i suoi trofei. Ma anche qui non si sono inventati niente.
Totalmente ignaro per anni dell'esistenza di questa realtà, ne ho pian piano approfondito la conoscenza grazie a questi show che l'hanno riportata a una grande popolarità, pur mancandomi una base più solida e realistica. E' qui che arriva "Paris Is Burning", coraggioso documentario di Jennie Livingston che, a fine anni '80, pone al centro del suo film la vita delle comunità afro e latinoamericane di omosessuali, transessuali e drag queen che partecipano ai 'balli' ('balls') divise per case ('houses'), ovvero le famiglie di appartenenza. Dove le famiglie naturali hanno fallito, sono proprio le case a fornire protezione e affiliazione a quei giovani che, altrimenti, non avrebbero un posto dove stare, né di che mangiare.
Nonostante l'immagine ludica e colorata che questo tipo di eventi mette in scena, è evidente fin da subito la difficoltà quotidiana affrontata dai protagonisti, affascinati da un mondo di ricchezza e stile (anche di vita) per loro inaccessibile e irraggiungibile. Parte di questa inaccessibilità si riversa nella ballroom stessa attraverso le categorie che definiscono le varie sfilate che i partecipanti affrontato davanti a una giuria per ottenere i premi messi in palio. La comunità celebra sé stessa e i propri membri attraverso quegli standard che di fatto li discriminano, rendendo ancora più evidente la disparità sociale e le ingiustizie all'epoca all'ordine del giorno. Non che oggi le cose siano largamente migliorate.
"Paris Is Burning" è quindi oggi più attuale che mai, sollevando molteplici problematiche tutt'ora rilevanti che la comunità LGBTQI+ è costretta ad affrontare, tra disparità, diffidenza e razzismo da un lato e lo sdoganamento mainstream della propria cultura grazie a quei programmi e quei personaggi che hanno col tempo ottenuto rilevanza e successo (il documentario Netflix "Disclosure", le varie drag queen di RuPaul come Bianca Del Rio, Violet Chachki, Alyssa Edwards, Shangela, Trixie Mattel, Kim Chi e i vari nomi affermati ad Hollywood come Mj Rodriguez, Indya Moore, Billy Porter, Dominique Jackson, Laverne Cox, le sorelle Wachowski, Ryan Murphy, Our Lady J, eccetera, eccetera, eccetera).
"Paris Is Burning" non è un film perfetto, però ha il grande pregio di essere estremamente diretto e franco con lo spettatore. In un momento come questo di grande visibilità e apprezzamento della scena culturale LGBTQI+, diventa più cruciale che mai rintracciare le origini di uno dei suoi fenomeni culturali più creativo e vitale e che, allo stesso tempo, affonda le proprie radici nella marginalizzazione e nel disagio, per ricordarci non solo quanta strada sia stata fatta, ma anche quanto ancora ci sia da lavorare in termini di uguaglianza e accettazione.
Cast: Dorian Corey, Pepper LaBeija, Venus Xtravaganza, Octavia St. Laurent, Willi Ninja, Angie Xtravaganza, Freddie Pendavis, Junior Labeija.
Box Office: $3,779,620
Vale o non vale: Un documentario interessante, pieno di vita e che non si tira indietro di fronte alle questioni spinose. Jennie Livingston riprende la scena newyorkese delle ballroom e ne regala un ritratto onesto e sensibile capace di spiegare efficacemente le regole e i costumi di questa subcultura a chi non abbia familiarità con l'argomento. Non si sbaglia a scegliere di vedere questa pellicola, si impara qualcosa e ci si confronta con tematiche complesse che fanno riflettere.
Premi: Il film ha vinto come Miglior documentario al Festival del cinema di Berlino del 1991.
Parola chiave: Ballroom.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 5 aprile 2017

Film 1336 - La comune

Due weekend fa ero a Milano per il terzo appuntamento del master che sto seguendo. L'argomento erano le digital pr e, più in generale, la promozione di contenuti legati alle pellicole in uscita in sala e la loro relativa promozione. Come esempio concreto ci è stato presentato il trailer di questa pellicola che mi ha subito incuriosito. Così, tornato a casa, ho dedicato la mia domenica sera alla scoperta della storia che mi aveva così intrigato.

Film 1336: "La comune" (2016) di Thomas Vinterberg
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Non dico che mi aspettassi una commedia, ma certamente qualcosa di un filo più leggero sì. Soprattutto perché l'inizio sembra tutto rose e fiori e divertimento, mentre basta che passi la prima mezzora per capire che in realtà i toni saranno tutt'altro che allegri.
Essendo questo "Kollektivet" il secondo film danese che vedo in tutta la mia vita dopo "Il pranzo di Babette", l'impressione che ho avuto - sulla base di così scarsi dati - è che in Danimarca abbiano un modo di affrontare le situazioni molto diverso dal mio. Qui si accetta tutto a testa bassa, come se fosse possibile sopportare qualsiasi prova attraverso la sola razionalità (non sarà, invece, così). In Italia una storia del genere si sarebbe risolta forse in rissa, sicuramente fra urla e schiamazzi.
La comune, come idea, mi inquieta. Tutto il giorno tutti i giorni con qualcuno, sempre in mezzo ad altre persone, le loro storie, le loro necessità e problemi. Trovo l'idea di per sé intrigante, ma nel concreto ingestibile per quanto mi riguarda. Ecco perché questa storia mi affascinava tanto, solleticando una curiosità da esperimento sociale. In realtà la comune è solo un pretesto, quasi un esperimento nostalgico, in ogni caso non il centro della vicenda che, invece, è rappresentato dalla relazione fra i due protagonisti Erik e Anna (Ulrich Thomsen, Trine Dyrholm). Francamente speravo che il racconto intraprendesse sentieri più inesplorati e interessanti - per quanto, come dicevo, anche le situazioni cui siamo certamente abituati (vedi tradimento e sua confessione, ecc...) qui sono trattate in maniera poco convenzionale - e sicuramente più legati alla vita di gruppo e alle dinamiche che si innescano in una situazione particolare come quella presentata qui. Da questo punto di vista, a mio avviso, il film spreca un po' il suo potenziale iniziale. Per certi versi mi ha ricordato un altro titolo che nasceva sul pretesto di un esperimento sociale, "L'onda", per quanto qui manchilo slancio di approfondire le dinamiche di gruppo e le conseguenze che le varie situazioni hanno su tutte le persone coinvolte.
Insomma, mi aspettavo un film diverso. Il poster italiano suggerisce un numero di protagonisti altissimo che in realtà non c'è e il trailer sfrutta il dinamismo dei primi 30 minuti per creare aspettative di un certo tipo che, dicevo, naufragano nel giro di qualche scena. Diciamo che di per sé la storia ha un certo appeal e gode di una protagonista femminile particolarmente magnetica per la quale non si fatica a provare simpatia ed empatia; in ogni caso il risultato finale si discosta molto dal mio modo di vedere e affrontare certe situazioni e tematiche, per cui ho un po' faticato a portare a termine la visione.
"La comune" è un film che incuriosisce ma, a mio avviso, fatica ad andare oltre le intriganti premesse iniziali.
Ps. Vincitore dell'Orso d'Argento per la Migliore attrice alla Berlinale 2016.
Cast: Ulrich Thomsen, Fares Fares, Trine Dyrholm, Julie Agnete Vang, Lars Ranthe, MagnusMillang, Martha Sofie, Wallstrøm Hansen, Anne Gry Henningsen, Sebastian Grønnegaard Milbrat.
Box Office: $3.64 milioni
Consigli: Vivere in una comune danese degli anni '70 è l'incipit della storia che il regista danese de "Il sospetto" e "Via dalla pazza folla" racconta qui. In realtà la sceneggiatura andrà a percorrere strade più tradizionalmente battute, scegliendo di coinvolgere la vita di gruppo solo superficialmente e preferendo, invece, focalizzarsi su quella famigliare e di coppia. Il risultato finale è un così così, i toni sono particolarmente drammatici da un certo punto in poi, la ricostruzione storica efficace. Non un film per ogni occasione, ma una storia che ha dalla sua il pregio di incuriosire con una tematica non troppo familiare.
Parola chiave: Eredità.

Se ti interessa/ti è piaciuto

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 5 dicembre 2016

Film 1251 - Midnight Special

Qualcosa di questo film mi aveva incuriosito. Inizialmente il poster, che non so per quale motivo mi aveva ricordato "Super 8" di J.J. Abrams, poi le recensioni entusiaste che ha ricevuto. Appena ho potuto l'ho recuperato grazie allo streaming, curioso di capire di cosa effettivamente parlasse...

Film 1251: "Midnight Special" (2016) di Jeff Nichols
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: In tutta onestà una gran delusione. Mi aspettavo un grande film, incuriosito dal misterioso poster e da un trailer capace di generare non poche curiosità e, invece, mi sono ritrovato con una storia lenta e non particolarmente interessante, accattivante solo nel finale e, comunque, incapace di generare un interesse sufficiente a dimenticarsi il primo, noiosissimo tempo.
Tutto ruota attorno al bambino con superpoteri che viene "rapito" dal padre che lo vuole salvare da un setta religiosa e dal governo, i quali ne vogliono sfruttare le abilità speciali. Si capisce presto che il ragazzino non è di questo mondo, ma possiede caratteristiche che lo rendono più vicino ad una sorta di alieno, per cui il suo destino sarà quello di riunirsi con i simili a lui. Per arrivare a questo risultato, la storia si prende un bel po' di tempo, dimenticando di inserire anche quella dose di azione e ritmo che avrebbero certamente aiutato ad evitare l'effetto soporifero. Perché la bella fotografia e qualche misteriosa capacità mentale realizzata grazie a due o tre effetti speciali non bastano a rendere soddisfacente la visione.
Tutto sommato mi è sembrato non solo uno spreco del buon cast, ma anche del mio tempo. Che peccato.
Ps. Il film ha partecipato in concorso alla Berlinale di quest'anno.
Cast: Jaeden Lieberher, Michael Shannon, Joel Edgerton, Kirsten Dunst, Adam Driver, Sam Shepard, Paul Sparks.
Box Office: $6.2 milioni
Consigli: Promesse da sci-fi carico di idee per una sceneggiatura che, in realtà, tanto fa intuire, ma poi non realizza niente. Niente di nuovo, quantomeno. Il regista ha parlato di un omaggio a Spielberg e ai suoi "E.T." e "Incontri ravvicinati del terzo tipo": magari anche introdurre qualcosa di personale sarebbe potuta essere una buona idea. Niente di originale, niente di che, semplicemente il racconto lineare di un bambino con poteri alieni che cerca di ricongiungersi ai suoi simili dopo che questi lo chiamano a sé. Già sentito e sicuramente "Midnight Special" non aggiunge alcunché di significativo.
Parola chiave: Trasmissioni satellitari.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 25 marzo 2016

Film 1108 - 45 Years

Alla vigilia degli Oscar, il giorno stesso della diretta da Los Angeles ho recuperato gli ultimi due titoli fondamentali per affrontare la cerimonia in possesso di tutti i dati a me necessari per una visione consapevole. Questo è il primo film.
Film 1108: "45 Years" (2015) di Andrew Haigh
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Lei, lui, l'altra 45 anni dopo.
Cosa succede a un matrimonio ben più che collaudato quando l'ombra di un passato doloroso e mai dimenticato riemerge inaspettatamente? E' questa la premessa di "45 Years", pellicola non tanto eclatante di per sé, ma viva grazie all'interpretazione di due protagonisti da standing ovation, intensi, veri, fragili ed esposti come capita di rado di vedere al cinema. Soprattutto relativamente a tematiche come queste. La terza età, l'occasione di un anniversario, i sacrifici di una vita, il bilancio che, vuoi o no, alla fine arriva. E, nel momento più sbagliato, torna, appunto, il ricordo di una vita fa - quasi un'altra vita -, in cui l'altra, primo vero amore di lui, fa nuovamente la comparsa sulla soglia di casa, senza mai entrare. Il ricordo s'insinua, il dolore avvolge, i dubbi non tardano a comparire.
In questo contesto complesso e difficile da affrontare, i due protagonisti Kate e Geoff (Charlotte Rampling, Tom Courtenay) sono costretti a sviscerare punto per punto la questione, a mettersi di nuovo in gioco quando, invece, la vita sembrava averli definitivamente lasciati in pace. Arriva piano, ma arrivo lo tsunami che sconvolgerà le loro vite - più quella di lei, a dire il vero -, arriva sotto forma di lettera che, una volta letta, non potrà più essere dimenticata. Sarà un fiore conservato tra le pagine di un diario, una diapositiva, una vecchia foto e, tassello dopo tassello, sarà inesorabile ed emotivamente violento.
Non ci sono urla qui, non ci sono scenate, ma il logorio interno di una mente che, tarlata, procede a corrodersi da dentro nel tentativo di capire, indagare su un fatto tragico che, nel concreto, è stato il punto di partenza per un'altra storia, un altro racconto al quale ci approcciamo, di fatto, allo scoccare dei 45 anni dal suo inizio.
Insomma, un racconto che sembra placido per via dei modi, ma non lo è. Una storia che è sempre più un pugno nello stomaco man mano che la trama procede e lo spettatore non può fare a meno di immedesimarsi nella splendida protagonista. "45 Years" è una pellicola che sembra per molto tempo ciò che in realtà non è, ma che sa catturare l'attenzione e le emozioni di chi guarda grazie a un finale che è tanto inaspettato quanto ruvido, emotivamente violento. Un prodotto che vive della bravura dei suoi protagonisti che sono in grado di valorizzare un risultato finale buono e, soprattutto, in grado di lasciare lo spettatore con non poche cose su cui riflettere.
Ps. Prima candidatura all'Oscar in carriera per la bravissima Charlotte Rampling, particolarmente conturbante, e per entrambi i protagonisti l'Orso d'Argento come migliori attori all'ultimo Festival del Cinema di Berlino.
Cast: Charlotte Rampling, Tom Courtenay, Geraldine James, Dolly Wells, David Sibley.
Box Office: $13.6 milioni
Consigli: Non una pellicola per tutte le occasioni, ma certamente una storia interessante da seguire soprattutto per chi è interessato a quei racconti sui rapporti umani che non si esprimono per frasi fatte, filtri sociali o mettendo in mezzo le solite banalità da cinema commerciale. Un profondo e riflettuto ritratto di una coppia sposata che, nel quotidiano, affronta l'ultima fase di una vita insieme e, nello specifico, si trova a dover gestire un nuovo capitolo di una storia apparentemente abbandonata quasi 50 anni prima. Un carico emotivo non da poco che farà vacillare le fondamenta di un'unione apparentemente solidissima e ben oliata. Insomma, "45 Years" va visto (in inglese!) consci che non si tratti di un racconto facile, ma di un viaggio introspettivo, un'interrogarsi che è un mettersi in discussione nonostante tutto e tutti. Chi è pronto ad affrontare il viaggio troverà in questa pellicola un ottimo prodotto che lascia, tra l'altro, molto su cui riflettere.
Parola chiave: Lettera.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 17 febbraio 2016

Film 1070 - Nell'intimità - Intimacy

In un weekend forzatamente casalingo per via di una febbre scoppiata all'improvviso, qualche tempo fa mi sono trovato con molto tempo libero e la voglia di farmi stupire dall'offerta Sky. E così ho sperimentato.
Film 1070: "Nell'intimità - Intimacy" (2001) di Patrice Chéreau
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Questo è un tipo di film che non guardo molto spesso, per cui mi sono lasciato convincere dalla scheda di presentazione di Sky Go. Ribadisco che avevo la febbre, per cui è stato tutto un po' strano, pellicola in primis.
Già, perché "Intimacy" è teoricamente un film erotico che racconta le avventure (anche sessuali) di due sconosciuti che il mercoledì pomeriggio di ogni settimana si ritrovano nell'appartamento di lui per fare sesso. Niente nomi, niente conversazioni, solo un rapporto fisico che non sfocia in altro. E fin qui ci sono ancora. Quello che poi afferro meno è il proseguo: a lui (Mark Rylance) scatta qualcosa, forse la ama, la cerca, la trova, insiste e continua perché vuole vederla. Lei (Kerry Fox) ha una famiglia, per cui il dubbio amletico sta nel tenersela o fare la classica follia. Ci ripenserà e rimarrà col brutto, ma buon marito (Timothy Spall) col quale ha anche un figlio e il nostro protagonista spiantato ed erratico finirà per ritornare al punto di partenza, con in meno l'appuntamento del mercoledì.
Cosa non ho afferrato, dunque? Diciamo un po' il senso generale di tutta l'operazione.
E' una storia sui sentimenti umani, sulle debolezze, sulla ricerca di qualcosa che non si sa cosa sia e, forse, anche sul caso e la casualità. Non amo particolarmente le storie che imbastiscono tutto un discorso, per poi tornare al punto di partenza, per cui sono rimasto leggermente scettico relativamente al risultato finale. Le scene di sesso, poi, molto esplicite, mancano però di quell'erotico e sensuale che ci si aspetterebbe. Per capirci, quello che ha il momento 'vaso di terracotta' di "Ghost" qui manca totalmente. L'esplicito si svolge nello squallore e proprio perché lo si riconduce fin da subito ad un'abitudine prestabilita e programmata in agenda, finisce per connotarsi in maniera rigida, formale, quasi obbligatoria, il che elimina radicalmente tutto l'elemento più piacevolmente coinvolgente e spontaneo che il sesso dovrebbe avere.
Dunque a parte aver visto molto da vicino le fattezze di Kerry Fox - per questo film vincitrice come Miglior attrice al Festival del Cinema di Berlino del 2001 - e Mark Rylance - candidato quest'anno all'Oscar per "Il ponte delle spie" -, non mi è rimasto molto di "Nell'intimità - Intimacy". Non so dire precisamente cosa mi aspettassi, forse qualcosa di più incisivo od oltraggioso.
Ps. Al Festival del Cinema di Berlino questa pellicola ha vinto anche per il Miglior film.
Cast: Mark Rylance, Kerry Fox, Alastair Galbraith, Susannah Harker, Timothy Spall, Marianne Faithfull, Fraser Ayres.
Box Office: $405,094
Consigli: Certamente si tratta di un titolo non per tutti, non per tutti i giorni. Le scene di sesso esplicito lo rendono inappropriato per molti contesti; la storia non esattamente scoppiettante predilige momenti pacati. Meglio vederlo con qualcuno con cui si sia in confidenza, anche per confrontarsi su ciò che si è visto così da imposare un dibattito. Io l'ho visto da solo e sono rimasto con non poche domande.
Parola chiave: Teatro.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 6 febbraio 2014

Berlinale 2014 - 64th Berlin International Film Festival

Inizia oggi il 64esimo Festival internazionale del cinema di Berlino con l'anteprima mondiale della nuova pellicola di Wes Anderson, l'attesissimo "The Grand Budapest Hotel".
Una parata all star sul red-carpet inaugurale sarà consentita proprio da questa pellicola che, tra i suoi protagonisti, annovera attori del calibro di Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Jude Law, Harvey Keitel, Bill Murray, Edward Norton, Saoirse Ronan, Léa Seydoux, Jason Schwartzman, Tilda Swinton, Tom Wilkinson e Owen Wilson. La lista è bella lunga. Per gli interessati, streaming live direttamente da red-carpet e press conference di tutte le pellicole presentate nelle 10 giornate al link in giallo.
La manifestazione, che comincerà alle 19:30 di oggi, proseguirà fino al 16 febbraio e incoronerà, oltre il film che vincerà l'Orso d'Oro 2014, anche i vincitori nelle categorie Panorama e Berlinale Special Galas (in cui "American Hustle" di David O. Russell è in competizione); saranno inoltre offerte le anteprime fuori concorso delle pellicole "Monuments Men" di George Clooney, "Nymphomaniac" di Lars von Trier e "La bella e la bestia" di Christophe Gans. L'Orso d'Oro alla carriera quest'anno andrà al regista inglese Ken Loach.
La giuria è composta da James Schamus (Presidente di giuria), Barbara Broccoli, Trine Dyrholm, Mitra Farahani, Greta Gerwig, Michel Gondry, Tony Leung, e Christoph Waltz mentre i film in concorso per l'Orso d'Oro sono (nell'ordine titolo in inglese, titolo originale, regista e Paese d'origine della pellicola):

64th Berlin International Film Festival

"'71" ('71) - di Yann Demange, United Kingdom
"Life of Riley" (Aimer, boire et chanter) - di Alain Resnais, France
"Aloft" (Aloft) - di Claudia Llosa, Spain, Canada, France
"Die geliebten Schwestern" (Die geliebten Schwestern) - di Dominik Graf, Germany
"Stratos" (Μικρό Ψάρι Mikro psari) - di Yannis Economides, Greece, Germany, Cyprus
"The Grand Budapest Hotel" (The Grand Budapest Hotel) - di Wes Anderson, United Kingdom, Germany

[EDIT] Vince il 64esimo Festival Internazionale del Cinema di Berlino "Black Coal, Thin Ice" (Cina) di Diao Yinan.

"Black Coal, Thin Ice" (白日焰火 Bai Ri Yan Huo) - di Diao Yinan, China

"Boyhood" (Boyhood) - di Richard Linklater, United States
"The Little House" (小さいおうち Chiisai Ouchi) - di Yoji Yamada, Japan
"History of Fear" (Historia del Miedo) - di Benjamín Naishtat, Argentina, Uruguay, Germany, France
"Jack" (Jack) - di Edward Berger, Germany
"In Order of Disappearance" (Kraftidioten) - di Hans Petter Moland, Norway
"Stations of the Cross" (Kreuzweg) - di Dietrich Brüggemann, Germany
"The Third Side of the River" (La tercera orilla) - di Celina Murga, Argentina, Germany, Netherlands
"Two Men in Town" (La voie de l‘ennemi) - di Rachid Bouchareb, France, Algeria, United States, Belgium
"Macondo" (Macondo) - di Sudabeh Mortezai, Austria
"Praia do Futuro" ( Praia do Futuro) - di Karim Aïnouz, Brazil, Germany
"Blind Massage" (推拿 Tui Na) - di Lou Ye, China, France
"No Man's Land" (無人區 Wu Ren Qu) - di Ning Hao, China
"Inbetween Worlds" (Zwischen Welten) - di Feo Aladag, Germany

Bengi

giovedì 25 novembre 2010

Film 188 - Ricky - Una storia d'amore e libertà

Un film che avevo cercato tempo fa e messo in attesa dell'occasione giusta. Qualche giorno fa si è presentata...


Film 188: "Ricky - Una storia d'amore e libertà" (2009) di François Ozon
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Questo è un film francese molto delicato che racconta con tranquillo garbo l'improbabile storia del neonato Ricky.
Figlio di una coppia di operai non sposata, il piccolo nasce e, ben presto, rivela alla famiglia - o, meglio, a parte di essa - la sua straordinaria peculiarità: gli spuntano le ali.
Ne conseguono le problematiche connesse al volo in appartamento e la necessità di evitare che il piccolo si faccia del male oltre che non voli via, non conscio della sua straordinaria quanto pericolosa caratteristica.
Il finale lascerà alcuni delusi, ma il sottotitolo del film (presente solo nella versione italiana, ovviamente) non è totalmente fuori luogo e, anzi, se vogliamo risulta piuttosto anticipatore.
Il film comunque è piacevole e narra con occhio più oggettivo possibile - evitando la lacrima facile - una storia che, altrimenti, senza i giusti elementi (sceneggiatura e regia) avrebbe finito per sconfinare nella banalità. Il rischio che Ricky fosse accostato semplicemente ad un angelo era alto, ma, fortunatamente, la produzione ha preferito una contestualizzazione più scientifica per il caso del bambino volante.
Insomma, non è stato certo il film caso del 2009, però, a mio avviso, merita di essere visto sia per la qualità della recitazione (brave Alexandra Lamy nel ruolo della mamma e Mélusine Mayance in quello della sorellina) che del prodotto finale in sé. Tra l'altro mi ha un po' ricordato le atmosfere della pellicola di Philippe Lioret "Welcome" che avevo visto qualche tempo fa... Bello.
Consigli: Quando non avete voglia di banalità, questo è sicuramente un film da tenere in considerazione. Di qualità e ben scritto.
Parola chiave: Famiglia.



#HollywoodCiak
Bengi