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sabato 20 luglio 2024

Film 2297 - Bull Durham

Intro: Non avevo mai sentito parlare di questo film. L'altro giorno stavo guardando un video su YouTube dove si cita la performance di Susan Sarandon in questa pellicola e mi sono incuriosito: sembrava la scelta perfetta per un venerdì sera casalingo.

Film 2297: "Bull Durham" (1988) di Ron Shelton
Visto: dal proiettore
Lingua: inglese
Compagnia: Michael
In sintesi: sarò onesto, non ho particolarmente gradito questo film. Non che non sia un prodotto di qualità, quello no, semplicemente non è troppo il mio genere.
Meno romcom di quanto avrei gradito e più concentrato sull'elemento sportivo della trama con molti, MOLTI riferimenti sessuali (che non mi aspettavo), "Bull Durham" è evidentemente un prodotto del suo tempo che funziona e non funziona. Ho molto gradito la performance di Susan Sarandon, anche se ho trovato il suo personaggio molto caotico e difficile da seguire (come la sua professione: che lavoro faccia la sua Annie Savoy ancora lo devo capire). Kevin Costner fa Kevin Costner, ma devo dire che funziona e ora comprendo meglio il suo status di sex symbol. Il personaggio di Tim Robbins è un casino e anche se ha senso in riferimento al suo arco narrativo, l'ho trovato comunque fastidioso.
Insomma, non ero troppo interessato al triangolo amoroso che la storia propone. Poi, lo ribadisco, c'è davvero molto sport e molta terminologia tecnica che, ovviamente, non ho compreso. Non il film che mi aspettavo (il che, come sempre, non è necessariamente un male, semplicemente avrei voluto vedere altro).
Cast: Kevin Costner, Susan Sarandon, Tim Robbins, Trey Wilson, Robert Wuhl, Max Patkin.
Box Office: $50,888,729
Vale o non vale: Qualche tono da commedia romantica, molto sport e riferimenti sessuali. E' un prodotto di fine anni '80 con un'evidente connessione a quello specifico momento storico in termini di narrativa e realizzazione. A tratti mi ha ricordato "A League of Their Own".
Premi: Candidato all'Oscar per la Migliore sceneggiatura originale. 2 candidature ai Golden Globe per Miglior attrice protagonista commedia (Sarandon) e Miglior canzone originale per "When a Woman Loves a Man" cantata da Gordon Jenkins.
Parola chiave: Lingerie.
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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 13 febbraio 2024

Film 2248 - Night Swim

Intro: Dopo un film diretto da James Wan ("Aquaman 2"), un film prodotto da James Wan.

Film 2248: "Night Swim" (2024) di Bryce McGuire
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Niamh, Marysia
In sintesi: non c'è veramente molto da dire su questo film, sciocco horror con poca immaginazione che manca di qualsivoglia momento di paura.
La storia è delle più banali (famiglia si trasferisce e la casa ha qualcosa che non va), ma non è neanche il vero problema. Il punto qui è che tutta la "mitologia" dietro la piscina maledetta non è spiegata, non si capisce da dove arrivi quest'acqua che garantisce i desideri richiedendo il sacrificio di un'anima, né come o da chi abbia avuto origine la fonte né, se vogliamo, il perché di tutta la faccenda.
Se il senso era concentrarsi su cosa accadrebbe ai malcapidati che nuotano in una piscina del terrore, allora tanto valeva focalizzarsi solo su questo aspetto del racconto. Tutta la dietrologia con cui la trama tenta di spiegare il fenomeno dietro all'idea di base della storia, così come viene formulata nel film, non funziona. Ed è un peccato, perché Kerry Condon è un'attrice bravissima (che qui porta tutta la baracca sulle proprie spalle) e merita progetti migliori.
Cast: Wyatt Russell, Kerry Condon, Amélie Hoeferle, Gavin Warren, Jodi Long, Nancy Lenehan.
Box Office: $46.6 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Si salva solo Kerry Condon (Wyatt Russell è particolarmente "cane" in questa interpretazione), per il resto "Night Swim" non si guarda.
Premi: /
Parola chiave: Acqua.
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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 24 gennaio 2021

Film 1786 - A League of Their Own

Intro: Ne avevo sentito parlare, ma non avevo mai avuto l'occasione di vedere questo film. Così una sera ho deciso di recuperare.
Film 1786: "A League of Their Own" (1992) di Penny Marshall
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: nel complesso il film è carino e godibile, anche se c'è un'ombra di machismo e paternalismo che a quasi 30 anni di distanza stride non poco.
In generale "A League of Their Own" funziona grazie a un cast femminile ben assortito e capitanato da una Geena Davis in splendida forma e una Madonna che, pur praticamente interpretando se stessa (o il suo personaggio pubblico), infiamma una sceneggiatura altrimenti troppo preoccupate a veicolare certi cliché datati.
La combo baseball + campionato femminile è un soggetto molto intrigante, specialmente collocato nel contesto storico ritratto qui, ovvero quando, durante la seconda guerra mondiale, si creò una lega femminile che facesse proseguire il campionato di baseball in assenza degli uomini momentaneamente coinvolti nel conflitto bellico. La storia, come si intuisce dalla premessa, è molto interessante (e assolutamente vera) ed è lodevole che il film approfondisca l'argomento, anche se gli elementi narrativi messi in scena sono per lo spettatore moderno antiquati e arrugginiti, il che guasta un po' la visione. Tutto sommato, comunque, la pellicola della Marshall riesce nell'intento di valorizzare questa iniziativa e le sue protagoniste, dando visibilità a quelle donne che, nonostante il contesto maschilista e misogino, non si sono fatte mettere da parte partecipando ad un progetto che, visto con gli occhi di oggi, ha un grandissimo valore simbolico (e non solo).
Cast: Tom Hanks, Geena Davis, Madonna, Lori Petty, Rosie O'Donnell, Jon Lovitz, David Strathairn, Garry Marshall, Bill Pullman.
Box Office: $132.4 milioni
Vale o non vale: Il personaggio interpretato da Tom Hanks è terribile (anche se si redime verso la fine, il che comunque non cancella gli abusi verbali iniziali), ma fortunatamente le ragazze in squadra e la loro determinazione sono sufficienti a trainare tutta la baracca. Geena Davis è magnetica e devo dire che Madonna fa la sua figura. Tutto sommato un tuffo nel passato che, per quanto imperfetto, conserva un certo alone di fascino.
Premi: Candidato a 2 Golden Globes (Miglior attrice protagonista commedia o musical per Geena Davis e Miglior canzone originale "This Used to Be My Playground" di Madonna e Shep Pettibone) e una nomination ai Grammy per Best Song Written Specifically for a Motion Picture or for Television ("Now and Forever" di Carole King).
Parola chiave: Guerra.
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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 9 marzo 2017

Film 1321 - Fences

Instradato sempre di più verso la notte degli Oscar, ho recuperato questo film che, ero certo, avrebbe regalato la statuetta alla sua protagonista. Avevo ragione (anche se l'hanno inserita tra le non protagoniste...).

Film 1321: "Fences" (2016) di Denzel Washington
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Classico esempio di pellicola tratta da un'opera teatrale, "Fences" sceglie pochi luoghi da fare propri (un cortile, qualche stanza di una casa) e usufruisce in maniera quasi soffocante di dialoghi. Fiumi di parole spesi attorno a poi non così tanti argomenti, un continuo e incessante parlare che per davvero molto tempo non porta ad altro che alla costruzione di due soli personaggi. Afficnhé cominci la storia, invece, bisogna attendere il secondo tempo del film; che qualcosa bolla in pentola, però, è chiaro fin dall'inizio. Troy (Denzel Washington) è dominante, spaccone, chiacchierone, fulcro di ogni situazione, severo e maschilista, disilluso, autoritario e spesso arrogante, non fatica a mettere in ombra una moglie buona e sottomessa.
Silenziosa e accondiscendente, Rose (Viola Davis) ha il brutto vizio di farsi andare bene qualsiasi cosa. Sembra in grado di sopportare ogni scortesia o fardello. Ma per quanto succube di un amore sfortunato, nemmeno lei è un personaggio candido: accetta passivamente ogni cosa che le rifila il marito - anche una figlia illegittima! - e il suo ribellarsi si limita ad un'unica scena. Per lei si prova pena e fastidio al contempo. Anche per Troy si proverà lo stesso, ma diversamente da Rose, con la quale c'è molta empatia iniziale che va scemando nel finale, con suo marito si verifica l'inverso dato che è sul finire della storia che scopriamo meglio le vicissitudini della sua infanzia e le difficoltà che ha dovuto affrontare. Anche se, in ogni caso, fatico a digerire la (sua) cattiveria gratuita. L'insoddisfazione e la frustrazione di Troy lo hanno reso una persona infelice che ha bisogno degli altri attorno a sé per potersi sentire meno solo o fallito. Il suo continuo ribadire il suo ruolo di capo e patriarca è lo strumento attraverso il quale esercita il suo magnetico potere, richiamando all'ordine gli altri personaggi, tutti soffocati da una così grande personalità ed ego.
Al di là dei due protagonisti, il film non mi è sembrato uno dei migliori dell'anno. Sicuramente è recitato da due magnifici attori che da soli sono il vero valore aggiunto di questa trasposizione cinematografica, anche se davvero non riesco a far rientrare "Fences" tra i miei favoriti, Oscar o non Oscar. Di sicuro mi ha dato più volte la sensazione di qualcosa di già visto, qualche scena mi ha ricordato qualcos'altro, anche se ho faticato e fatico a ricordare cosa; sicuramente "Doubt", forse qualcosa da "Precious" e "August: Osage County". In ogni caso un'opera nel complesso faticosa, basata sul dialogo come, del resto, ogni pièce teatrale. Legati alla sua natura originale anche il ricorso a temi ricorrenti attraverso i quali l'autore ribadisce gli elementi vitali e le metafore. Qui abbiamo il baseball, la famiglia, la morte, il fratello ritardato, il cielo nel finale, lo steccato. Quest'ultimo per Troy serve a tenere fuori tutto ciò che non vuole affrontare, per Rose è la barriera in grado di trattenere ciò che le è caro ed ha paura possa o le stia sfuggendo via.
Ps. Candidato a 4 premi Oscar, tra cui Miglior film, a 2 Golden Globe e un BAFTA ha vinto tutti e 3 i premi nella categoria Miglior attrice non protagonista (Davis).
Cast: Denzel Washington, Viola Davis, Stephen Henderson, Jovan Adepo, Russell Hornsby, Mykelti Williamson, Saniyya Sidney.
Box Office: $60.8 milioni
Consigli: Tratta dall'ultimo lavoro teatrale di August Wilson, già interpretato a teatro dagli stessi Washington e Davis, questo "Fences" è un potentissimo esercizio attoriale che, però, alla lunga può stancare chi ricerchi non solo tematiche più leggere, ma anche una messa in scena meno verbale o claustrofobica. Il risultato finale è di qualità, ma non per tutti i gusti o tutte le occasioni.
Parola chiave: La Morte.

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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 17 marzo 2013

Film 519 - Di nuovo in gioco

Un film con Clint Eastwood va visto. Ero davvero curioso di vedere cosa ne usciva fuori...


Film 519: "Di nuovo in gioco" (2012) di Robert Lorenz
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco (Mi)
Pensieri: Tutto sommato questo "Trouble with the Curve" è un prodotto godibile, più che per la trama in sé, per godersi il solito ghigno del Sig. Eastwood questa volta combinato alla bravura di Amy Adams, una di quelle attrici sempre in ruoli secondari, ma capace di valorizzare il suo ruolo all'interno di prodotti concentrati non esattamente su di lei.
Il vero problema del film, invece, è che è troppo un collage di altre cose, senza una vera e propria identità. Non basta piazzare una delle leggende viventi del cinema contemporaneo per ottenere qualcosa di buono o valido da vedere. Ripeto, questa pellicola si lascia guardare e anche apprezzare per certi aspetti, ma se devo essere totalmente onesto, più di una volta ho pensato che ci fossero troppe, troppe somiglianze con "Gran Torino" e "Moneyball - L'arte di vincere".
Non c'è molto altro da aggiungere riguardo "Di nuovo in gioco" perchè, detta fra noi, Clint fa Clint, la sceneggiatura è piuttosto prevedibile (lui abbandona la figlia e sembra un colossale stronzo perchè le ha pure causato un sacco di problemi di autostima, ma poi nel finale si scoprono i veri motivi - e, permettetemi di dire che la spiegazione è un po' forzata e, peggio, il rimando onirico del cavallo è tra il pacchiano e l'ingenuo tentativo del regista e dello sceneggiatore di tentare di spacciare questo film per qualcosa che evidentemente non è, ovvero qualcosa con un messaggio e una trama di un certo spessore - e Mr. Clint recupera la stima e il rispetto della figlia, nonché del pubblico. Il tutto finisce con una grande rivincita e il colpaccio dei protagonisti), ci mancava solo che piazzassero una Gran Torino del '72 nel garage fatiscente di Clint e poi era il seguito senza asiatici Hmong di quell'ultima pellicola-capolavoro del regista attore prima di decidere di non recitare mai più. Chiaramente senza considerare questo film...
In aggiunta al cast un Justin Timberlake utile quanto un prendipolvere, ma capisco che per la scena del bagno quasi skinny dipping fosse utile avere un attore di bella presenza.
Insomma, anche se i difetti di questa pellicola sono evidenti e palesi, assicuro che guardare Eastwood recitare è sempre qualcosa di positivo e rassicurante. Amy Adams gli tiene testa con una chioma rossa che ti verrebbe voglia di pettinare ogni 10 minuti e tutto sommato la coppia padre-figlia regge sinceramente bene. Si poteva fare di meglio, approfondire in maniera meno scontata i personaggi e, soprattutto, evitare un happy ending tanto zuccheroso quanto scontato, però "Di nuovo in gioco" rimane comunque un prodotto piacevole e non volgare.
Ps. Perchè a John Goodman affibbiano sempre questi ruoli iper-secondari quando è un attore assolutamente capace? Non capisco il senso di sprecare un volto noto come il suo per quelle quattro scene che poteva recitare chiunque altro (ma qui come in "Flight", "Molto forte, incredibilmente vicino" o anche un po' in "Argo").
Consigli: Il confronto con "Gran Torino" è effettivamente impietoso (sia per la trama, sia per l'incasso: di $269,958,228 per la pellicola del 2008, $35,763,137 per questo film), ma rispetto al "Moneyball" con Brad Pitt vince decisamente "Di nuovo in gioco". Se piace Clint o la Adams è un buon esempio che testimonia le lori capacità recitative.
Leggero e senza pretese, ma comunque si guarda senza alcuna fatica.
Parola chiave: Baseball.

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Bengi

giovedì 19 aprile 2012

Film 391 - Moneyball - L'arte di vincere

Primo dei tre film visti in aereo durante l'interminabile volo Roma - Tokyo...


Film 391: "Moneyball - L'arte di vincere" (2011) di Bennett Miller
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Non ho mai visto un film sul baseball meno interessante. Con tutto che ero certamente motivato a vederlo, considerate le 6 nomination all'Oscar (tra cui Miglior film) e le 12 ore di volo che mi attendevano; eppure non mi è per niente piaciuto.
Interessante lo spunto narrativo del general manager di una squadra che arriva sempre a tanto così dalla svolta in campionato (ma perde inesorabilmente) che, sotto consiglio del neolaureato in economia Jonah Hill, finisce per basare gli acquisti e gli scambi dei nuovi giocatori seguendo un principio matematico che assegna un valore di 'qualità' ad ogni giocatore. Peccato che non ci sia ritmo né pathos che animino l'azione e che, peggio di tutto, non ci siano praticamente momenti di gioco. Un film sul baseball con qualche immagine di repertorio di vecchie partite e... basta! Mi aspettavo di finire al centro dell'azione e invece, con sconforto, scopro che lo spettatore è al centro di una bagarre infinita di tecnicismi, sputacchiere e un crederci sempre/arrendersi mai più vicino a Simona Ventura che ad una produzione hollywoodiana. Non voglio fare il rompiscatole, però mi aspettavo davvero qualcosa di più emozionante!
Forse fuorviato dalla cornice sportiva ho gettato le mie speranze su una pellicola che di sportivo ha, appunto, solo il contorno. Si baratta e contratta, si dubita e scommette, ci si crede fino alla fine e poi... Che delusione! E' vero, la storia si ispira ad un fatto vero e non può che essere raccontata per quello che è, ma dopo tanto credere in sé stessi e nel proprio metodo anche lo spettatore finisce per sperare nel tanto agognato trionfo di Brad Pitt e soci, venendo smentiti nel finale. E, dopo aver seguito 133 minuti di pellicola, ti accorgi che non solo la squadra ne esce nuovamente sconfitta, ma di baseball "Moneyball" ne mostra davvero pochissimo! Che sia la definitiva morte del film sportivo, dopo che anche in "The Blind Side" erano più i protagonisti in carne ed ossa a farla da padrone?
Eppure il film ha avuto il suo corposo seguito con $110,206,216 di incasso, le già citate 6 nomination all'Oscar (la terza come attore per Brad Pitt), 4 ai Golden Globes e numerose altre comparsate nelle cinquine della maggior parte dei premi che conta nell'industria cinematografica.
Onestamente mi chiedo, anche abbastanza ad alta voce: perchè?
Co-star del film sono l'allenatore Philip Seymour Hoffman e Robin Wright in un ruolo che sinceramente non ricordo nemmeno...
Consigli: Se siete fan di Brad, meglio guardarselo. Quantomeno per capire se questa nuova candidatura all'Oscar sia frutto di un vero lavoro attoriale di qualità o semplicemente un malcelato tentativo di accaparrarsi la coppia glam per eccellenza ad ogni tipo di evento mondano che conta.
Parola chiave: Oakland Athletics.

Trailer

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