Intro: Dopo le oscurità di una pellicola come “Il silenzio degli innocenti” e considerate le condizioni di vita che attualmente ci coinvolgono (sveglia-colazione-lavoro-pranzo-lavoro-cena-nanna), un cambio di genere ci sembrava appropriato. Per farci na risata…
Film 1483: "Office Christmas Party" (2016) di Josh Gordon, Will Speck
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: diversamente da quanto mi aspettassi, l’insieme di attori solitamente capace di creare quella speciale alchimia in grado di farmi piacevolmente divertire - anche senza necessariamente prodursi in un prodotto precisamente comico – non è riuscito a fare la magica. In poche parole “Christmas Office Party” non fa ridere, né risulta spassoso. E certamente uno dei grandi problemi alla base di questa evidenza è che la sceneggiatura si sforza troppo di mettere in fila tutti gli “elementi giusti” per creare l’effetto sperato, senza però avere davvero nulla da raccontare. Diffido sempre dai quelle storie che si svolgono nel giro di 24ore o giù di lì, c’è troppo poco tempo per sviluppare personaggi e dinamiche, figuriamoci raccontare qualcosa che abbia un minimo di background. Qui è lo stesso: c’è un pretesto che smuove la trama e si tira dritto finché non lo si realizza. In questo caso la scusa è la festa natalizia dell’ufficio e non c’è verso, l’unico elemento che caratterizzerà la storia sarà la f-e-s-t-a. Non c’è altro argomento davvero rilevante, nessun altro accadimento che aggiunga spessore alle dinamiche. E il film risulta debole; .
il cast non è male e c’è davvero un po’ di tutto, il che aggiunge una buona dose di eterogeneità al prodotto finale. Rimane comunque evidente l’intento comico e, anche da questo punto di vista, la scelta degli attori ricade suoi soliti volti più o meno noti (Aniston, Bateman, Miller, McKinnon, ecc) che finiscono per far sembrare questa pellicola il solito prodotto identico a tutti gli altri del genere.
Cast: Jason Bateman, Olivia Munn, T. J. Miller, Jillian Bell, Vanessa Bayer, Courtney B. Vance, Rob Corddry, Kate McKinnon, Jennifer Aniston.
Box Office: $114.5 milioni
Vale o non vale: è un film innocuo che si fa guardare senza problemi, anche se non bisogna avere troppe aspettative né pretese. E’ quello che è, una scemata bella e buona.
Premi: /
Parola chiave: Contratto.
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Bengi
martedì 27 marzo 2018
Film 1483 - Office Christmas Party
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lunedì 26 marzo 2018
Film 1482 - The Silence of the Lambs
Intro: E’ il primo film horror ad aver vinto l’Oscar per il Miglior film. Ha generato una vera e propria saga in seguito al successo ottenuto. Contiene alcune delle frasi cult più famose della storia del cinema. Pronto il bicchiere di Chianti?
Film 1482: "The Silence of the Lambs" (2010) di Jonathan Demme
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: nonostante si possa contestare che il genere di appartenenza di questa storia spazi più nel thriller che nell’horror, non mancano momenti di agghiacciante paura legati ad un immaginario oscuro che non risparmia nulla allo spettatore narrativamente parlando: cannibalismo, serial killer, tortura, rapimento. Ce n’è di carne sul fuoco ed è sempre quella umana;
Hopkins fornisce la sua performance più iconica ed indimenticabile. Nonostante appaia sullo schermo per meno della metà della pellicola è innegabile che “The Silence of the Lambs” gli appartenga dall’inizio alla fine. Ciò non toglie che un Oscar come protagonista sia stata una scelta opinabile, a mio avviso. Tecnicismi a parte, il suo sguardo follemente lucido, la capacità di ispirare terrore solo tramite la mimica gli vale tutti i riconoscimenti conferitigli;
gli anni ’80 hanno regalato tanto a Jodie Foster, stella di serie A di una Hollywood molto diversa da quella di oggi. La sua presenza in questo film ne ha certamente definito spessore e fortuna, pur ridimensionandone i confini con l’arrivo del nuovo millennio. Rivederla qui mi ha ricordato del perché c’è stato un momento in cui è riuscita ad avere l’industria del cinema americana ai suoi piedi;
il film è un’altalena di emozioni delle quali la maggior parte fa riferimento a paura e tensione. La storia viene costruita con calma e delicatezza, evitando tutta quella serie di macabre evidenze che, al contrario, sarebbero state presenti se si fosse realizzata la pellicola al giorno d’oggi. Nonostante l’argomento, quindi, sorprende la scelta registica di astenersi dal mostrare troppo e, anzi, lasciare allo spettatore la possibilità di figurarsi tutti gli orrori raccontati attraverso la propria immaginazione. Poi, certo, non mancano i momenti macabri, meno scontati di quanto ci si aspetterebbe.
Cast: Jodie Foster, Anthony Hopkins, Scott Glenn, Ted Levine.
Box Office: $272.7 milioni
Vale o non vale: imperdibile. Un titolo che ha terrorizzato l’immaginario collettivo del suo tempo, ridefinendone confini di orrore e disgusto. Senza mai scadere nella banalità.
Premi: Vincitore di 5 premi Oscar per Miglior film, regia, attore e attrice protagonisti, sceneggiatura non originale), 1 Golden Globe (Foster) e 2 BAFTA agli attori.
Parola chiave: Buffalo Bill.
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Film 1482: "The Silence of the Lambs" (2010) di Jonathan Demme
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: nonostante si possa contestare che il genere di appartenenza di questa storia spazi più nel thriller che nell’horror, non mancano momenti di agghiacciante paura legati ad un immaginario oscuro che non risparmia nulla allo spettatore narrativamente parlando: cannibalismo, serial killer, tortura, rapimento. Ce n’è di carne sul fuoco ed è sempre quella umana;
Hopkins fornisce la sua performance più iconica ed indimenticabile. Nonostante appaia sullo schermo per meno della metà della pellicola è innegabile che “The Silence of the Lambs” gli appartenga dall’inizio alla fine. Ciò non toglie che un Oscar come protagonista sia stata una scelta opinabile, a mio avviso. Tecnicismi a parte, il suo sguardo follemente lucido, la capacità di ispirare terrore solo tramite la mimica gli vale tutti i riconoscimenti conferitigli;
gli anni ’80 hanno regalato tanto a Jodie Foster, stella di serie A di una Hollywood molto diversa da quella di oggi. La sua presenza in questo film ne ha certamente definito spessore e fortuna, pur ridimensionandone i confini con l’arrivo del nuovo millennio. Rivederla qui mi ha ricordato del perché c’è stato un momento in cui è riuscita ad avere l’industria del cinema americana ai suoi piedi;
il film è un’altalena di emozioni delle quali la maggior parte fa riferimento a paura e tensione. La storia viene costruita con calma e delicatezza, evitando tutta quella serie di macabre evidenze che, al contrario, sarebbero state presenti se si fosse realizzata la pellicola al giorno d’oggi. Nonostante l’argomento, quindi, sorprende la scelta registica di astenersi dal mostrare troppo e, anzi, lasciare allo spettatore la possibilità di figurarsi tutti gli orrori raccontati attraverso la propria immaginazione. Poi, certo, non mancano i momenti macabri, meno scontati di quanto ci si aspetterebbe.
Cast: Jodie Foster, Anthony Hopkins, Scott Glenn, Ted Levine.
Box Office: $272.7 milioni
Vale o non vale: imperdibile. Un titolo che ha terrorizzato l’immaginario collettivo del suo tempo, ridefinendone confini di orrore e disgusto. Senza mai scadere nella banalità.
Premi: Vincitore di 5 premi Oscar per Miglior film, regia, attore e attrice protagonisti, sceneggiatura non originale), 1 Golden Globe (Foster) e 2 BAFTA agli attori.
Parola chiave: Buffalo Bill.
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Film 1481 - Shutter Island
Intro: Ho sempre amato questo film, dalla prima volta in cui l’ho visto al cinema. Non mi capacito di come possa essere stato così palesemente snobbato da premi e riconoscimenti, comunque assolutamente uno dei miei preferiti del sodalizio Scorsese-DiCaprio.
Film 1481: "Shutter Island" (2010) di Martin Scorsese
Visto: dal computer portatile della Fre
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: giusto qualche giorno fa ragionavo sul fatto che, al cinema, con le donne DiCaprio non sia esattamente fortunato: Giulietta muore, Rose lo lascia ghiacciare, Mal sabota ogni suo sogno e qui… beh qui gli va proprio di merda. Non a caso va giù di testa. Ma nel farlo non si accontenta della classica reclusione e, anzi, sceglie un elaboratissimo modo per venire a patti con la sua incapacità di affrontare il suo passato. E grazie a questo noi ci godiamo una grandissima storia;
Leo è come sempre un grandissimo. Vale ogni minuto della pellicola (che è lungaaa!) e da solo fa metà del lavoro. Dico metà perché in realtà anche tutto il resto di “Shutter Island” funziona benissimo: Scorsese alla regia è un grandissimo (che ve lo dico a fare?), il cast è strepitoso e Mark Ruffalo è un coprotagonista da brividi, la storia ha un finale da applausi, musiche tese e un’ambientazione piacevolmente horror;
uno Scorsese più inedito rispetto ai suoi altri prodotti recenti e assolutamente una piacevole sorpresa.
Film 91 - Shutter Island
Film 364 - Shutter Island
Film 1481 - Shutter Island
Cast: Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams, Emily Mortimer, Patricia Clarkson, Max von Sydow, Elias Koteas.
Box Office: $294.8 milioni
Vale o non vale: bello, teso e compatto. Funziona dall’inizio alla fine. E se lo rivedete, godetevi tutti i dettagli che si possono cogliere solo sapendo già la storia.
Premi: /
Parola chiave: Faro.
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Film 1481: "Shutter Island" (2010) di Martin Scorsese
Visto: dal computer portatile della Fre
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: giusto qualche giorno fa ragionavo sul fatto che, al cinema, con le donne DiCaprio non sia esattamente fortunato: Giulietta muore, Rose lo lascia ghiacciare, Mal sabota ogni suo sogno e qui… beh qui gli va proprio di merda. Non a caso va giù di testa. Ma nel farlo non si accontenta della classica reclusione e, anzi, sceglie un elaboratissimo modo per venire a patti con la sua incapacità di affrontare il suo passato. E grazie a questo noi ci godiamo una grandissima storia;
Leo è come sempre un grandissimo. Vale ogni minuto della pellicola (che è lungaaa!) e da solo fa metà del lavoro. Dico metà perché in realtà anche tutto il resto di “Shutter Island” funziona benissimo: Scorsese alla regia è un grandissimo (che ve lo dico a fare?), il cast è strepitoso e Mark Ruffalo è un coprotagonista da brividi, la storia ha un finale da applausi, musiche tese e un’ambientazione piacevolmente horror;
uno Scorsese più inedito rispetto ai suoi altri prodotti recenti e assolutamente una piacevole sorpresa.
Film 91 - Shutter Island
Film 364 - Shutter Island
Film 1481 - Shutter Island
Cast: Leonardo DiCaprio, Mark Ruffalo, Ben Kingsley, Michelle Williams, Emily Mortimer, Patricia Clarkson, Max von Sydow, Elias Koteas.
Box Office: $294.8 milioni
Vale o non vale: bello, teso e compatto. Funziona dall’inizio alla fine. E se lo rivedete, godetevi tutti i dettagli che si possono cogliere solo sapendo già la storia.
Premi: /
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Film 1480 - Labyrinth
Intro: Lo avevo visto da ragazzo e ricordavo cose belle. Al contempo ricordavo cose sbagliate.
Film 1480: "Labyrinth" (1986) di Jim Henson
Visto: dall'iPad
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: nutro un sentimento ambivalente nei confronti di questo titolo. Da una parte è evidente uno sforzo artistico gigantesco, che parte da una manualità che abbraccia set e personaggi e passa per effetti speciali all’avanguardia per l’epoca e un protagonista a dir poco di grido; dall’altra il ritmo è moscio e sono evidenti i problemi legati all’interagire tra umani e pupazzi, tanto da far risultare certe scene ridicole. Dunque comprendo l’esigenza di far collaborare due realtà complicate in un’epoca ancora priva quasi totalmente del rimaneggio computeresco, ma allo stesso tempo ho trovato “Labyrinth” noiosamente autoreferenziale;
Bowie è uno spettacolo in calzamaglia, entra in scena schizzando glitter, ha una voce suadente e perseguita una ragazzina a cui vuole rubare il fratellino… una vera canaglia (quasi) en travesti. L’ho amato. Stucchevole Jennifer Connely, ma la colpa non è sua. Il resto dei personaggi – tutti pupazzi – mi hanno dato solo la sensazione di essere maledettamente polverosi;
non mancano le trovate geniali. Quella che ho preferito vede la giovane protagonista precipitare per una sorta di pozzo nella cui cavità sono presenti centinaia di mani che la sorreggono e, per parlare con lei, usano le dita per creare volti ed espressioni. Affascinante.
Cast: David Bowie, Jennifer Connelly, Frank Oz.
Box Office: $12.9 milioni (solo USA)
Vale o non vale: per gli adulti non è certo un gran passatempo. Piacerà ai nostalgici e, forse, ai bambini.
Premi: Candidato a 1 BAFTA per i Migliori effetti speciali
Parola chiave: Fratello.
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Film 1480: "Labyrinth" (1986) di Jim Henson
Visto: dall'iPad
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: nutro un sentimento ambivalente nei confronti di questo titolo. Da una parte è evidente uno sforzo artistico gigantesco, che parte da una manualità che abbraccia set e personaggi e passa per effetti speciali all’avanguardia per l’epoca e un protagonista a dir poco di grido; dall’altra il ritmo è moscio e sono evidenti i problemi legati all’interagire tra umani e pupazzi, tanto da far risultare certe scene ridicole. Dunque comprendo l’esigenza di far collaborare due realtà complicate in un’epoca ancora priva quasi totalmente del rimaneggio computeresco, ma allo stesso tempo ho trovato “Labyrinth” noiosamente autoreferenziale;
Bowie è uno spettacolo in calzamaglia, entra in scena schizzando glitter, ha una voce suadente e perseguita una ragazzina a cui vuole rubare il fratellino… una vera canaglia (quasi) en travesti. L’ho amato. Stucchevole Jennifer Connely, ma la colpa non è sua. Il resto dei personaggi – tutti pupazzi – mi hanno dato solo la sensazione di essere maledettamente polverosi;
non mancano le trovate geniali. Quella che ho preferito vede la giovane protagonista precipitare per una sorta di pozzo nella cui cavità sono presenti centinaia di mani che la sorreggono e, per parlare con lei, usano le dita per creare volti ed espressioni. Affascinante.
Cast: David Bowie, Jennifer Connelly, Frank Oz.
Box Office: $12.9 milioni (solo USA)
Vale o non vale: per gli adulti non è certo un gran passatempo. Piacerà ai nostalgici e, forse, ai bambini.
Premi: Candidato a 1 BAFTA per i Migliori effetti speciali
Parola chiave: Fratello.
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Film 1479 - Flatliners
Intro: La Fre voleva vederlo e, lo ammetto, anche io ero rimasto incuriosito dal poster e la presenza di Ellen Page che seguo sempre con interesse. Il fatto che un sito di streaming lo abbia proposto fra la sua sterminata lista di titoli in catalogo ha fatto il resto.
Film 1479: "Flatliners" (1999) di Niels Arden Oplev
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: robaccia malfatta. La sceneggiatura è ridicola, la recitazione dilettantesca perlopiù, mancano pathos e la voglia di andare oltre l’unica idea che sta alla base di tutto il film (andare e tornare dall’aldilà per aumentare la propria capacità cerebrale);
oltre ad effetti speciali da film di serie B, spesso si riscontra anche la mancanza di linearità temporale, tanto che il passaggio da una scena all’altra a volte è straniante tanto è la mancanza di consequenzialità;
Nina Dobrev è un cane a recitare e anche se penso l’abbiano ingaggiata solo per la popolarità verso il mondo teen legata al suo nome, rimane comunque una scelta di casting ampiamente discutibile (e lo stesso dicasi per James Norton, totalmente incapace).
Cast: Ellen Page, Diego Luna, Nina Dobrev, James Norton, Kiersey Clemons, Kiefer Sutherland.
Box Office: $45.2 milioni
Vale o non vale: le scelte sono due: o lo si evita come la peste o lo si guarda consapevoli che è una grandissima cagata. Se scegliete per la seconda, è garantita qualche risata (nonostante i presupposti horror…).
Premi: /
Parola chiave: Passato.
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Film 1479: "Flatliners" (1999) di Niels Arden Oplev
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: robaccia malfatta. La sceneggiatura è ridicola, la recitazione dilettantesca perlopiù, mancano pathos e la voglia di andare oltre l’unica idea che sta alla base di tutto il film (andare e tornare dall’aldilà per aumentare la propria capacità cerebrale);
oltre ad effetti speciali da film di serie B, spesso si riscontra anche la mancanza di linearità temporale, tanto che il passaggio da una scena all’altra a volte è straniante tanto è la mancanza di consequenzialità;
Nina Dobrev è un cane a recitare e anche se penso l’abbiano ingaggiata solo per la popolarità verso il mondo teen legata al suo nome, rimane comunque una scelta di casting ampiamente discutibile (e lo stesso dicasi per James Norton, totalmente incapace).
Cast: Ellen Page, Diego Luna, Nina Dobrev, James Norton, Kiersey Clemons, Kiefer Sutherland.
Box Office: $45.2 milioni
Vale o non vale: le scelte sono due: o lo si evita come la peste o lo si guarda consapevoli che è una grandissima cagata. Se scegliete per la seconda, è garantita qualche risata (nonostante i presupposti horror…).
Premi: /
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Film 1478 - Fight Club
Intro: Non lo sapevo, ma c’è una canzone di Caparezza intitolata al Kevin Spacey pre-scandali. In un turbinio di spoiler senza freni, il testo arriva ad un punto in cui cita questa pellicola e il suo geniale finale.
Da quando siamo in Australia basta il minimo dettaglio, la più insignificante citazione, la frase detta di sfuggita, il riferimento più banale per farci venire in mente anni ed anni di dati mentali archiviati. Figuratevi, quindi, se una connessione così diretta tra la canzone e il film poteva non farci venire voglia di vederlo…
Film 1478: "Fight Club" (1999) di David Fincher
Visto: dal computer portatile della Fre
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: l’avevo già visto e non lo ricordavo. Anzi, lo avevo già visto e ne ricordavo pochissimo. Detta tra noi non è che la prima volta fossi rimasto sconvolto, eppure c’era quell’ultima rivelazione che mi aveva colpito. Rivisto oggi “Fight Club” è stato una figata. E non solo perché Brad Pitt ci fa una porca figura;
le regole del club sono già leggendarie da tempo, e anche solo per questo motivo il film merita lo status di cult. Regia di Finch, cast pazzesco con un Ed Norton in formissima e Helena Bonham-Carter tanto scheletrica ed emaciata da ricordare Keyra Knightley, una storia coi fiocchi che mischia machismo e masochismo, testosterone e lavaggio mentale, critica sociale e un bombardamento di follia, il tutto mixato insieme e selvaggiamente riuscito. Più finalone tanto rischioso quanto follemente gustoso.
Film 28 - Fight Club
Cast: Brad Pitt, Edward Norton, Helena Bonham Carter, Meat Loaf Aday, Jared Leto.
Box Office: $100.9 milioni
Vale o non vale: vedere assolutamente. Non c’è dubbio. E già che ci siete ripassatevi tutto Finch.
Premi: Candidato 1 Oscar per il Miglior montaggio sonoro.
Parola chiave: Compagnie di carte di credito .
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Da quando siamo in Australia basta il minimo dettaglio, la più insignificante citazione, la frase detta di sfuggita, il riferimento più banale per farci venire in mente anni ed anni di dati mentali archiviati. Figuratevi, quindi, se una connessione così diretta tra la canzone e il film poteva non farci venire voglia di vederlo…
Film 1478: "Fight Club" (1999) di David Fincher
Visto: dal computer portatile della Fre
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: l’avevo già visto e non lo ricordavo. Anzi, lo avevo già visto e ne ricordavo pochissimo. Detta tra noi non è che la prima volta fossi rimasto sconvolto, eppure c’era quell’ultima rivelazione che mi aveva colpito. Rivisto oggi “Fight Club” è stato una figata. E non solo perché Brad Pitt ci fa una porca figura;
le regole del club sono già leggendarie da tempo, e anche solo per questo motivo il film merita lo status di cult. Regia di Finch, cast pazzesco con un Ed Norton in formissima e Helena Bonham-Carter tanto scheletrica ed emaciata da ricordare Keyra Knightley, una storia coi fiocchi che mischia machismo e masochismo, testosterone e lavaggio mentale, critica sociale e un bombardamento di follia, il tutto mixato insieme e selvaggiamente riuscito. Più finalone tanto rischioso quanto follemente gustoso.
Film 28 - Fight Club
Cast: Brad Pitt, Edward Norton, Helena Bonham Carter, Meat Loaf Aday, Jared Leto.
Box Office: $100.9 milioni
Vale o non vale: vedere assolutamente. Non c’è dubbio. E già che ci siete ripassatevi tutto Finch.
Premi: Candidato 1 Oscar per il Miglior montaggio sonoro.
Parola chiave: Compagnie di carte di credito .
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Film 1477 - The War of the Roses
Intro: Mia cugina mi ha parlato di questo film come di uno dei suoi preferiti, per cui appena stabiliti nella nostra nuova sistemazione abitativo-lavorativa, la prima pellicola che abbiamo visto è stata proprio questa!
Film 1477: "The War of the Roses" (1989) di Danny DeVito
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: sinceramente mi aspettavo di meglio. La storia è anche divertente in certi passaggi, ma l’ostinazione dei due coniugi è una cosa insostenibile, malsana e francamente noiosa alla lunga. In aggiunta, per quanto mi riguarda, non tollero più di tanto né Michael Douglas né Kathleen Turner, per cui la combo trama così così e protagonisti odiosi non ha giovato;
l’esasperazione cui è portata la sceneggiatura è troppo innaturale e verso il finale si spera soltanto che i due ex innamorati la facciano finita e si trovino un hobby, perché dopo aver distrutto macchine, fracassato lampadari, urinato sul pesce e via discorrendo la situazione più che risultare simpatica diventa stantia. Della serie: ma vogliamo andare oltre? Tipo oltre questo film.
Cast: Michael Douglas, Kathleen Turner, Danny DeVito, G. D. Spradlin, Dan Castellaneta, Sean Astin.
Box Office: $160,188,546
Vale o non vale: personalmente non mi è piaciuto. Il sapore vintage della pellicola è un’aggiunta piacevole, ma in generale l’ho trovato faticoso da sopportare. Probabilmente anche perché io per primo non tollero gli accanimenti “terapeutici”.
Premi: Premi: Candidato a 3 Golden Globe per Miglior film musical o commedia, attore e attrice protagonisti e un BAFTA per la sceneggiatura.
Parola chiave: Casa.
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Film 1477: "The War of the Roses" (1989) di Danny DeVito
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: sinceramente mi aspettavo di meglio. La storia è anche divertente in certi passaggi, ma l’ostinazione dei due coniugi è una cosa insostenibile, malsana e francamente noiosa alla lunga. In aggiunta, per quanto mi riguarda, non tollero più di tanto né Michael Douglas né Kathleen Turner, per cui la combo trama così così e protagonisti odiosi non ha giovato;
l’esasperazione cui è portata la sceneggiatura è troppo innaturale e verso il finale si spera soltanto che i due ex innamorati la facciano finita e si trovino un hobby, perché dopo aver distrutto macchine, fracassato lampadari, urinato sul pesce e via discorrendo la situazione più che risultare simpatica diventa stantia. Della serie: ma vogliamo andare oltre? Tipo oltre questo film.
Cast: Michael Douglas, Kathleen Turner, Danny DeVito, G. D. Spradlin, Dan Castellaneta, Sean Astin.
Box Office: $160,188,546
Vale o non vale: personalmente non mi è piaciuto. Il sapore vintage della pellicola è un’aggiunta piacevole, ma in generale l’ho trovato faticoso da sopportare. Probabilmente anche perché io per primo non tollero gli accanimenti “terapeutici”.
Premi: Premi: Candidato a 3 Golden Globe per Miglior film musical o commedia, attore e attrice protagonisti e un BAFTA per la sceneggiatura.
Parola chiave: Casa.
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martedì 20 marzo 2018
Film 1476 - Cloud Atlas
Intro: Penso che il fatto che non mi ricordassi di averlo visto sia già sufficientemente autoesplicativo.
Film 1476: "Cloud Atlas" (2012) di Lana Wachowski, Tom Tykwer, Andy Wachowski
Visto: dall'ipad
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: ho letto di un’intervista in cui i Wachowski parlavano di questa loro creazione in termini di arte. Ho trovato “Cloud Atlas” caotico e mal gestito a livello narrativo, per nulla funzionale al racconto e trovo veramente ridicolo riferirsi a questo film quale opera d’arte. Non nel senso accademico, quantomeno. E’ un’opera artistica, derivata da chi di professione fa l’artistita, ma non credo possieda alcuna caratteristica che la elevi ad opera d’arte;
il risultato finale è incomprensibile, tanto che per interpretare e decifrare cosa si è appena visto bisogna andare a leggere il racconto lineare su Wikipedia. Per quanto stiracchiata, la storia funziona già di più;
il casting è curioso, tutti gli attori sono riciclati in ruoli paralleli e molti rivestono i panni di personaggi di entrambi i sessi. Ho trovato la cosa divertente, forse l’aspetto più peculiare che si tende ad associare a questo prodotto altrimenti privo di altri elementi davvero rilevanti. La cosa è talmente tanto ben gestita che i titoli di coda sveleranno ogni parte per i vari attori e non mancano le sorprese. D’altra parte avrei evitato di usare attori occidentali per ruoli orientali, il risultato è esteticamente bizzarro (per non dire brutto); ;
bella fotografia e belle scenografie, colonna sonora giusta per accompagnare le immagini curate.
Cast: Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Doona Bae, Ben Whishaw, James D'Arcy, Zhou Xun, Keith David, David Gyasi, Susan Sarandon, Hugh Grant.
Box Office: $130.5 milioni
Vale o non vale: tornassi indietro non lo rivedrei. Non aggiunge nulla di nuovo a quanto il cinema mi ha mostrato finora.
Premi: Candidato a un Golden Globe per la colonna sonora.
Parola chiave: Connessioni.
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Film 1476: "Cloud Atlas" (2012) di Lana Wachowski, Tom Tykwer, Andy Wachowski
Visto: dall'ipad
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: ho letto di un’intervista in cui i Wachowski parlavano di questa loro creazione in termini di arte. Ho trovato “Cloud Atlas” caotico e mal gestito a livello narrativo, per nulla funzionale al racconto e trovo veramente ridicolo riferirsi a questo film quale opera d’arte. Non nel senso accademico, quantomeno. E’ un’opera artistica, derivata da chi di professione fa l’artistita, ma non credo possieda alcuna caratteristica che la elevi ad opera d’arte;
il risultato finale è incomprensibile, tanto che per interpretare e decifrare cosa si è appena visto bisogna andare a leggere il racconto lineare su Wikipedia. Per quanto stiracchiata, la storia funziona già di più;
il casting è curioso, tutti gli attori sono riciclati in ruoli paralleli e molti rivestono i panni di personaggi di entrambi i sessi. Ho trovato la cosa divertente, forse l’aspetto più peculiare che si tende ad associare a questo prodotto altrimenti privo di altri elementi davvero rilevanti. La cosa è talmente tanto ben gestita che i titoli di coda sveleranno ogni parte per i vari attori e non mancano le sorprese. D’altra parte avrei evitato di usare attori occidentali per ruoli orientali, il risultato è esteticamente bizzarro (per non dire brutto); ;
bella fotografia e belle scenografie, colonna sonora giusta per accompagnare le immagini curate.
Cast: Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Doona Bae, Ben Whishaw, James D'Arcy, Zhou Xun, Keith David, David Gyasi, Susan Sarandon, Hugh Grant.
Box Office: $130.5 milioni
Vale o non vale: tornassi indietro non lo rivedrei. Non aggiunge nulla di nuovo a quanto il cinema mi ha mostrato finora.
Premi: Candidato a un Golden Globe per la colonna sonora.
Parola chiave: Connessioni.
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sabato 3 marzo 2018
Film 1475 - Detroit
Intro: Non che ne sia certo al 100% visto quanto in fretta e quante cose cambiano e succedono di recente nella mia vita, comunque credo si possa dire si tratti del primo film visto in questo 2018. In macchina, durante una delle nostre tappe verso il futuro lavoro… nel buco del culo del mondo (per gli interessati il Takarakka Bush Resort).
Film 1475: "Detroit" (2017) di Kathryn Bigelow
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: il film è un vero e proprio pugno nello stomaco, a tratti quasi un horror per quanto riesce a spaventare e tenere lo spettatore in balia di una storia tremenda e assurda, cruda, eppure verissima;
gli accadimenti ricostruiti in questa pellicola riguardano il vero episodio che, nel '67, vide protagoniste numerose sfortunate persone di colore succubi di una polizia corrotta e arrabbiata in una realtà, Detroit, in cui le rivolte per i diritti civili stavano trasformando la città in un vero e proprio campo di battaglia. La storia qui si concentra su uno degli eventi più traumatici a testimonianza della tensione e della precarietà della situazione;
la Bigelow dimostra di saper costruire un prodotto capace di centrare il suo bersaglio, anche se per farlo ci impiega all’inizio troppo tempo. La lunga scena nell’edificio che vede i poliziotti tenere in ostaggio senza un valido motivo le persone presenti nel motel è un piccolo capolavoro per quanto perfettamente architettata. Tensione allo stato puro, ricorda la sfuriata di DiCaprio nel tarantiniano “Django”;
tra i vari volti riconoscibili spiccano il John Boyega di “Star Wars” e, soprattutto, un Will Poulter magnifico, vero cattivo, perfidamente interpretato. Fa accapponare la pelle.
Cast: John Boyega, Will Poulter, Algee Smith, Jason Mitchell, John Krasinski, Anthony Mackie.
Box Office: $21.5 milioni
Vale o non vale: Sicuramente da vedere, se non altro per la tremenda – eppure vera – storia che racconta. C’è ancora molta attualità, purtroppo.
Parola chiave: Razzismo.
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Film 1475: "Detroit" (2017) di Kathryn Bigelow
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: il film è un vero e proprio pugno nello stomaco, a tratti quasi un horror per quanto riesce a spaventare e tenere lo spettatore in balia di una storia tremenda e assurda, cruda, eppure verissima;
gli accadimenti ricostruiti in questa pellicola riguardano il vero episodio che, nel '67, vide protagoniste numerose sfortunate persone di colore succubi di una polizia corrotta e arrabbiata in una realtà, Detroit, in cui le rivolte per i diritti civili stavano trasformando la città in un vero e proprio campo di battaglia. La storia qui si concentra su uno degli eventi più traumatici a testimonianza della tensione e della precarietà della situazione;
la Bigelow dimostra di saper costruire un prodotto capace di centrare il suo bersaglio, anche se per farlo ci impiega all’inizio troppo tempo. La lunga scena nell’edificio che vede i poliziotti tenere in ostaggio senza un valido motivo le persone presenti nel motel è un piccolo capolavoro per quanto perfettamente architettata. Tensione allo stato puro, ricorda la sfuriata di DiCaprio nel tarantiniano “Django”;
tra i vari volti riconoscibili spiccano il John Boyega di “Star Wars” e, soprattutto, un Will Poulter magnifico, vero cattivo, perfidamente interpretato. Fa accapponare la pelle.
Cast: John Boyega, Will Poulter, Algee Smith, Jason Mitchell, John Krasinski, Anthony Mackie.
Box Office: $21.5 milioni
Vale o non vale: Sicuramente da vedere, se non altro per la tremenda – eppure vera – storia che racconta. C’è ancora molta attualità, purtroppo.
Parola chiave: Razzismo.
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