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mercoledì 4 gennaio 2023

Film 2154 - Falling for Christmas

Intro: Parte la leggerezza natalizia...

Film 2154: "Falling for Christmas" (2022) di Janeen Damian
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: boiatona natalizia targata Netflix che sa tanto di film della Hallmark (con qualche momento simpatico in più) che sì, lascia il tempo che trova, ma ci regala una Lindsay Lohan nuovamente e piacevolmente in forma. Poi sì, il film le richiede a malapena di recitare, comunque fa piacere rivedere l'attrice dopo tante disavventure rivitalizzare una carriera per troppo tempo messa in pausa. Sono felice per lei.
Detto questo, "Falling for Christmas" è imbarazzantemente prevedibile, ma anche questo fa parte del fascino di prodotti di questo tipo: poca fantasia, zero attività cerebrale richiesta, qualche vago momento comico e via che si va verso il felici e contenti. Qui, ovviamente, la protagonista troverà sé stessa grazie all'amore inaspettato di un papà vedovo e la sua famiglia ispano-americana. Di mezzo ci sono un'amnesia e un fidanzato (palesemente gay) alla ricerca della sua amata scomparsa.
Insomma, c'è il minimo sindacale per tirare avanti la baracca, ma è inutile prendersi in giro: nessuno ha guardato questo film per la sua storia, quando per recuperare il ritorno di Lindsay Lohan dopo anni di oblio cinematografico e mediatico.
Cast: Lindsay Lohan, Chord Overstreet, George Young, Jack Wagner, Olivia Perez, Alejandra Flores, Sean J. Dillingham, Chase Ramsey, Aliana Lohan.
Box Office: /
Vale o non vale: "Mean Girls" incontra "Glee" e nasce l'amore sotto l'albero. Questo, praticamente, l'appeal commerciale di "Falling for Christmas", pellicola natalizia targata Netflix uscita a novembre che è riuscita nel miracolo di riportare attenzione alla carriera di Lindsay Lohan che, stando alle stime dello streaming, con questo titolo di fatto ha sbancato.
Sicuramente non un film di Natale imperdibile, però certamente guardabile se non si hanno particolari aspettative (ma onestamente non vedo perché se ne dovrebbero avere, ed è giusto così). E buona Natale a tutti.
Premi: /
Parola chiave: Memoria.
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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 25 agosto 2022

Film 2126 - RoboCop

Intro: Qualche settimana fa, in occasione del 35esimo anniversario dall'uscita al cinema, il mio multiplex di fiducia Cineworld ha riproposto in sala uno dei classici del cinema di fantascienza. E, siccome questo film non lo aveva mai visto, non mi sono fatto scappare l'occasione di recuperarlo sul grande schermo!

Film 2126: "RoboCop" (1987) di Paul Verhoeven
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: non lo avevo mai visto e, ammetto, lo avevo un po' confuso con il "Terminator" di Schwarzenegger. In ogni caso ho trovato molto piacevole la visione.
Tra l'altro, con l'avanzare della visione, mi sono reso conto che qualche tempo fa avessi visto lo speciale dedicato al film della serie Netflix "The Movies That Made Us" che, con non pochi dettagli, descriveva la produzione del film (come, ad esempio, la ricerca per le labbra perfette...). Sicuramente un punto di vista (che mi mancava) molto interessante e che mi permesso di assoporare ancora di più questo classico della cinematografia di fantascienza. Tra effetti speciali di stampo più classico e un'avanguardia nel make-up che, onestamente, fa tutto il film, la pellicola di Verhoeven riesce ancora a intrattenere a dovere e lasciare onestamente stupiti per il risultato finale.
Certamente non un film per tutti, ma un titolo che vanta di diritto un posto nella storia del cinema sci-fi moderno.
Cast: Peter Weller, Nancy Allen, Daniel O'Herlihy, Ronny Cox, Kurtwood Smith, Miguel Ferrer.
Box Office: $53.4 milioni
Vale o non vale: Un classico nel suo genere, "RoboCop" riesce ancora oggi ad intrattenere lo spettatore moderno, regalando poco più di un'ora e mezza di avventura fantascientifica che non risparmia violenza splatter e una vocazione futuristica che lascia onestamente sorpresi.
Premi: Candidato a 2 premi Oscar per il montaggio e sonoro, ne ha vinto uno speciale per il montaggio degli effetti speciali sonori. 2 nomination ai BAFTA per il trucco e gli effetti speciali.
Parola chiave: Crimine.
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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 23 dicembre 2020

Film 1760 - Desperately Seeking Susan

Intro: ...e il ritorno prepotente degli anni '80!
Film 1760: "Desperately Seeking Susan" (1985) di Susan Seidelman
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: non avevo mai visto questo film e, insomma, era decisamente ora di recuperarlo.
Devo dire che "Desperately Seeking Susan" è una commedia simpatica con qualche twist thriller che funziona e riesce bene a sfruttare lo stardom di Madonna senza comprettere gli elmenti della storia, il che di per sé è già un piccolo miracolo.
Tra look molto cool anni '80, una colonna sonora pazzesca, un variegato cast capitanato da Rosanna Arquette - qui probabilmente all'apice della sua carriera, anche se i riconoscimenti che le sono stati conferiti sono confusi rispetto al suo ruolo di protagonista o meno del film (sì, è lei la protagonista!) -, un tono generale piuttosto divertito e sufficientemente ricco di fraintendimenti, divertimento e azione (?!) e l'idea per una storia che porta moltissima acqua al mulino di Madonna, questo film funziona e intrattiene piacevolmente. Nel suo genere, un classico.
Cast: Rosanna Arquette, Aidan Quinn, Madonna, Robert Joy, Laurie Metcalf, Will Patton, John Turturro, Giancarlo Esposito.
Box Office: $27.3 milioni
Vale o non vale: Simpatico e riuscito, "Cercasi Susan disperatamente" è un cult anni '80 non solo per i fan dell'intramontabile pop star Madonna, ma anche per tutti coloro che apprezzano una buona commedia e quel gusto retrò al sapore di chili di lacca e spalline prominenti. Da vedere.
Premi: Candidato al Golden Globe per la Miglior attrice protagonista musical o commedia (Arquette), vincitore (!!!) del BAFTA per la Migliore attrice non protagonista (sempre la Arquette, il che confonde non poco) e candidato ai César per il Miglior film straniero. Ah, gli anni '80!
Parola chiave: Orecchini.
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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 7 agosto 2020

Film 1904 - Paris, Texas

Intro: Ormai non so più quanti anni fa comprai il dvd di questo film, ma non l'ho mai usato. E, a dire il vero, nemmeno questa volta dato che ho usufruito dello streaming...
Film 1904: "Paris, Texas" (1984) di Wim Wenders
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: onestamente non ero sicuro al 100% che "Paris, Texas" fosse la scelta giusta per la mia serata, più che altro perché un film indie di 147 minuti diretto da Wenders (di cui ho visto finora solo "The Salt of the Earth") e vincitore della Palma d'Oro a Cannes di solito non è esattamente il genere di cui sono più appassionato.
La realtà è che ultimamente mi ritrovo sempre più spesso a confrontarmi con generi, registi o storie che prima non avrei mai preso in considerazione e, seppure abbia ancora tanta strada da fare, sono decisamente orgoglioso di questa nuova piega multitematica. Soprattutto perché sono uno che coi cambiamenti inizialmente ci fa a pugni. Meno male, invece, che sto attraversando questa fase di sperimentazione, perché "Paris, Texas" è un bellissimo film che mi ha molto soddisfatto. Più o meno inaspettatamente.
La storia si concentra su Travis Henderson (Harry Dean Stanton) che, ritrovato a vagabondare per il deserto e incapace di ricordare la propria identità a causa di un'amnesia, finirà per riacquistare lentamente la memoria grazie al ricongiungersi con i suoi famigliari - il fratello e il figlioletto - finendo per mettersi sulle tracce della moglie Jane (Nastassja Kinski). Nel mentre, noi come lui rimettiamo insieme i pezzi di una vita che pare essersi messa in pausa.
Il film di Wenders parte pianissimo e lascia temere che sarà una di quelle pellicole che, con la scusa della componente artistica, giochi tutto su tempistiche bibliche per raccontari fatti riassumibili in una mezzora. La realtà è che "Paris, Texas" ingrana bene e sancisce il suo ritmo, in un crescendo emotivo che ha il suo culmine nell'incontro tra i due ex, separati da un vetro oscurato e impossibilitati a comunicare se non tramite un telefono (fa molto Covid-19).
Insomma, sono rimasto soddisfatto dalla visione e, anzi, mi ha persino invogliato a recuperare qualche classicone di Wenders come "Il cielo sopra Berlino", "Tokyo-Ga", "Buena Vista Social Club" o "Pina".
Cast: Harry Dean Stanton, Nastassja Kinski, Dean Stockwell, Aurore Clément, Hunter Carson.
Box Office: $2.2 milioni
Vale o non vale: Non è un film per tutti, non è un film per tutte le occasioni ma, voleste decidervi a dare una chance a questo film, sono sicuro che in qualche modo ne rimarrete affascinati. Lasciatevi trasportare dalla storia e, soprattutto, dalla grandissima performance di Harry Dean Stanton.
Premi: Candidato al Golden Globe e ai César per il Miglior film straniero. 4 nomination ai BAFTA (Miglior film, sceneggiatura non originale e colonna sonora) ha vinto per la Miglior regia. Candidato a 2 David di Donatello (film straniero e attrice straniera Nastassja Kinski). Vincitore a Cannes della Palma d'Oro.
Parola chiave: Passato.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 27 novembre 2019

Film 1683 - Anastasia

Intro: Erano molti anni che volevo vedere questo film, sia per la storia intrigante che per la presenza di Ingrid Bergman, qui alla sua seconda performance da Oscar.
Film 1682: "Anastasia" (1956) di Anatole Litvak
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: una bella pellicola, prodotto d'altri tempi per modi garbati e tempistiche più dilatate. 

La storia è intrigante e mescola bene realtà e finzione, con l'happy ending qui inevitabile che si discosta dall'attuale fine sicuramente meno idilliaca, con la famiglia imperiale dei Romanov completamente sterminata dai bolscevichi, Anastasia (Anastasija Nikolaevna Romanova) compresa. Nel tempo, come si sa, numerose ragazze si sono spacciate per Anastasia miracolosamente scappata al suo destino, quando nella realtà si sa che la ragazza - 17enne all'epoca - è di fatto deceduta durante il massacro avvenuto a Ekaterinburg.
Chiaramente questo film né la sua storia (tratta dall'opera teatrale di Marcelle Maurette) avevano intenzione di mettere in scena un ritratto veritiero della faccenda, tanto più che solo recentemente - grazie a DNA e ulteriori indagini - si è venuti a conoscenza del fato che ha colpito tutti i membri della famiglia imperiale. Qui siamo di fronte al racconto romantico e ottimistico di quella casualità della vita che vede una ragazza qualunque, inconsapevole del suo passato nonché ricoverata in un istituto di salute mentale, ritrovare non solo le proprie origini, ma la fiducia in se stessa e, nel mentre, incontrare il vero amore. Quello tanto grande e soddisfacente da farti decidere di abbandonare tutto il resto. Come nelle favole.
Cast: Ingrid Bergman, Yul Brynner, Helen Hayes, Akim Tamiroff, Martita Hunt, Felix Aylmer, Sacha Pitoëff.
Box Office: $4.3 milioni (noleggio della pellicola in America e Canada).
Vale o non vale: Intrigante e affascinante, recitato benissimo. Un classico da recuperare.
Premi: Vincitore dell'Oscar per la Migliore attrice protagonista su 2 candidature (Migliore colonna sonora); candidato a 2 Golden Globes per la Migliore attrice per Bergman e Hayes, ha vinto la prima. Nominato al BAFTA per la Miglior sceneggiatura. La Bergman ha vinto anche il David di Donatello come Miglior attrice straniera.
Parola chiave: Identità.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 17 giugno 2019

Film 1615 - The Butterfly Effect

Intro: Scelto da cuggi.
Film 1615: "The Butterfly Effect" (2004) di Eric Bress, J. Mackye Gruber
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: credo di aver visto questa pellicola la prima volta al cinema e ricordo non rimasi particolarmente impressionato. Però, va detto, non avevo memoria di cosa parlasse effettivamente il film; rivisto a 14 anni dalla sua uscita, "The Butterfly Effect" non è nulla di che, di nuovo. La storia potrebbe anche essere intrigante - un ragazzo che non riesce a ricordare tutto il suo passato ha il potere di viaggiare indietro nel tempo grazie al suo cervello così da cercare di correggere quegli eventi che si sono rivelati disastrosi -, il punto è che la realizzazione in generale è sciatta e troppo mirata ad un pubblico teenager senza troppe pretese. Per essere un prodotto del 2004, "The Butterfly Effect" ricorda tantissimo pellicole anni '90 come "So cosa hai fatto" o "Urban Legend" e non si può dire che la cosa sia un complimento. C'è anche da mettere in conto che scegliere come protagonisti principali Ashton Kutcher ed Amy Smart non fa esattamente pensare ad una particolare ricerca artistica per il prodotto finale, per cui in generale penso si possa dire che da questo titolo non ci si possa aspettare più di quanto non possa oggettivamente offrire.
Cast: Ashton Kutcher, Melora Walters, Amy Smart, Elden Henson, William Lee Scott, Eric Stoltz, Cameron Bright, Ethan Suplee, Logan Lerman, John Patrick Amedori.
Box Office: $96.1 milioni
Vale o non vale: Ci sarebbero anche risvolti interessanti, senza contare che la sceneggiatura tocca anche qualche tema importante e meno banale di quanto ci si potrebbe aspettare. Detto ciò, "The Butterfly Effect" rimane comunque una pellicola insufficiente dal punto di vista del risultato finale. Si può vedere, per carità, ma non aspettatevi scintille.
Premi: /
Parola chiave: Vuoti di memoria.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 22 giugno 2018

Film 1500 - Eternal Sunshine of the Spotless Mind

Intro: Uno dei titoli più assurdi della storia del cinema – in italiano tradotto in maniera criminale – per uno dei film più complessi e poetici. Era una vita che volevo rivedere questo film.
Film 1500: "Eternal Sunshine of the Spotless Mind" (2004) di Michel Gondry
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: sembrerebbe facile riassumere questa pellicola in poche parole, pressappoco così: lui e lei si amano, ma lei si stufa e decide di farsi cancellare la memoria per dimenticarlo; stessa cosa pianifica di fare lui, ma l’amore è troppo forte e la storia si ripete.
Nel mezzo, però, c’è un vero e proprio micromondo, una storia intricata fatta di immagini e suoni e ricordi e traumi e sentimenti e musica. Non è facile spiegare in realtà questo film a chi non l’ha visto, perché più che qualcosa cui siamo abituati, si tratta di un percorso frammentato e apparentemente incoerente, fatto di sensazioni e suggestioni infinite, per un risultato finale potentissimo e bellissimo che vale davvero la pena di vedere (più che di raccontare).
Cast: Jim Carrey, Kate Winslet, Kirsten Dunst, Mark Ruffalo, Elijah Wood, Tom Wilkinson.
Box Office: $72.3 milioni
Vale o non vale: piccolo gioiello di genialità, “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” è quasi una poesia fatta a film (grande Gondri) narrata tramite le grandissime performance di Jim Carrey e Kate Winslet.
Premi: Oscar alla sceneggiatura su due candidature totali (l'altra per la Miglior attrice protagonista); 4 candidature ai Golden Globes (Miglior commedia, attore e attrice protagonisti, sceneggiatura); 6 nomination ai BAFTA e due vittorie per sceneggiatura e montaggio.
Parola chiave: Montaulk.

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Bengi

giovedì 23 marzo 2017

Film 1328 - Inside Out

Ho comprato il dvd qualche tempo fa (secondo me con il blackfriday) e non ero ancora riuscito a trovare un buon momento relax per rivederlo. E' capitato due domeniche fa, tornato a casa dopo il master nel weekend a Milano.

Film 1328: "Inside Out" (2015) di Pete Docter, Ronnie Del Carmen
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Beh ma che si deve dire su questo film se non che è un piccolo capolavoro?
Questo secondo appuntamento con "Inside Out" mi ha convinto più della prima visione al cinema e sono stato davvero felice di averlo rivisto comodamente sul divano. Il "trauma" che avevo sperimentato la volta precedente - è un cartone animato e al contempo una storia molto adulta, è una pellicola d'animazione che non segue i canoni soliti del genere - non si è ripresentato questa volta, naturalmente, il che mi ha permesso di godermi appieno l'avventura mentale della giovane Riley e le sue 5 emozioni.
Un film divertente e geniale, cerebrale più per la "location" che per toni e modi, veramente ben sviluppato e raccontato con la solita maestria e delicatezza di casa Disney + Pixar, per un risultato finale che è un piacere da guardare. Assolutamente uno dei migliori cartoon degli ultimi tempi.
Film 1031 - Inside Out
Film 1328 - Inside Out
Film 2296 - Inside Out 2
Cast: Amy Poehler, Phyllis Smith, Richard Kind, Lewis Black, Bill Hader, Mindy Kaling, Kaitlyn Dias, Diane Lane, Kyle MacLachlan.
Box Office: $857.6 milioni
Consigli: Un film intelligente in grado di far divertire e ragionare, nonché un ottimo esempio di come si possa ideare un film per tutta la famiglia lasciandone ogni membro soddisfatto. Sempre una bella sorpresa.
Parola chiave: Isole della personalità.

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Bengi

martedì 24 maggio 2016

Film 1142 - Hardcore!

Il cinema gratis permette di sperimentare...
Film 1142: "Hardcore!" (2015) di Ilya Naishuller
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Poe, Erika
Pensieri: Promette un'esperienza. E' impostato come un videogioco. E' una grandissima ca**ta.
Era da un po' di tempo che un film non mi lasciava tanto insoddisfatto o scocciato e, grazie ad "Hardcore Henry" il traguardo è nuovamente raggiunto. Stupido, solamente violento, senza una trama, ricolmo di cliché, volgarità, uccisioni ed esplosioni - il tutto ovviamente per il puro piacere di sbrindellare tutto e tutti -, questa pellicola promette un viaggio innovativo e rivoluzionario (tecnicamente), ma si perde per quanto riguarda tutto il resto. Di fatto la telecamera (in realtà una GoPro) in soggettiva che non ci permette di vedere mai chi sia/siamo il protagonista è davvero qualcosa di nuovo e potente e, almeno all'inizio, l'idea di per sé non sembra sciocca. il problema arriva quanto oltre a tutte le scene di azione e splatter, la storia non evolve e rimane bloccata alla pura logica da videogame "spaccatutto" o "picchiaduro", per un risultato finale che diventa una mera sequenza indistinguibile di sangue, morti, stripper, salti nel vuoto, esplosioni.
Sulla carta poteva sembrare un'avventura. Il risultato finale, invece, fa schifo.
Cast: Sharlto Copley, Danila Kozlovsky, Haley Bennett, Tim Roth, Andrei Dementiev, Sergey Valyaev, Ilya Naishuller, Darya Charusha.
Box Office: $14.3 milioni
Consigli: Se proprio siete curiosi di vedere come possa essere stare in mezzo ad un fuoco incrociato o volare verso la Terra dallo spazio questo film può essere un degno sostituto di un'esperienza reale. Rimane una grandissima schifezza, ma mi rendo conto che abbia un suo pubblico cui certamente piacerà. Se non siete da violenza+donne nude+volgarit+morte da tutte le parti, lasciate semplicemente stare.
Parola chiave: Cyborg.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 21 ottobre 2014

Film 797 - The Giver - Il mondo di Jonas

Molta attesa e curiosità relativa a questo film!

Film 797: "The Giver - Il mondo di Jonas" (2014) di Phillip Noyce
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Le premesse di "The Giver" sono assolutamente allettanti e la realizzazione parrebbe da buon prodotto commerciale trasposto da un libro di successo. Nel cast anche due premi Oscar, Jeff Bridges e colei che non sbaglia mai Meryl Streep. Mi correggo: quasi mai.
Capisci subito che "The Giver - Il mondo di Jonas" ti ha tradito nel momento in cui cominci a paragonarlo a "Divergent" - non esattamente un capolavoro - sia per quanto riguarda la trama che per quanto concerne la produzione. Le somiglianze non sono poche: dove qui Jonas deve essere smistato all'interno dell'organizzazione sociale della sua comunità, così in "Divergent" Tris doveva fare una scelta relativamente a quale gruppo sociale votare la sua esistenza; qui abbiamo l'iniezione del mattino, nel film con Shailene Woodley si inietta un siero che indicherà la fazione cui le attitudini dei vari ragazzi li avvicina; come in "Divergent", anche qui il personaggio protagonista ripudia il suo nucleo famigliare per fare una scelta che si distacca dalle aspettative della comunità; in entrambe le pellicole l'antagonista è una figura femminile forte, posta al vertice del potere e in grado di influenzare l'esistenza della comunità tutta; per non parlare del fatto che entrambe le storie sono tratte da romanzi, tutti e due scritti da una donna. Potrei continuare, ma mi fermo.
La prima vera scelta (di stile) originale di "The Giver" sta nell'uso del bianco e nero. L'ultima pellicola in ordine di tempo ad usarlo è stata "The Artist", anche se qui lo scopo è totalmente differente. Dove la scelta di Hazanavicius è dettata dall'ambientazione storica, qui si tratta di un modo usato dalla produzione per evidenziare il fatto che la società descritta in questo film ha scelto di cancellarsi la memoria ed eliminare i sentimenti per prevenire violenza e crudeltà. In questo contesto in cui tutto parrebbe perfetto, di fatto si vuole sottolineare il sacrificio che il prezzo della pace impone: un'esistenza insipida, priva di sfumature, già scritta e preconfezionata, nonché standardizzata e votata al bene comune, garantito attraverso l'accentramento del potere ad una casta di anziani saggi.
Le premesse e le implicazioni socio-politico-antropologiche parrebbero molto interessanti, non fosse che la storia decide di concentrarsi su tutto tranne che quello. E' vero, Jonas non è sociologo, politologo, né tantomeno un antropologo, quindi il focus narrativo doveva stare su altro, ciò non toglie che, dopo tante premesse, si sarebbe dovuto far progredire anche questo tipo di considerazioni sullo sfondo delle vicende del protagonista. Quest'ultimo è il prescelto per diventare il nuovo Coglitore di Memoria, unico nella comunità, ruolo che erediterà dal vecchio Coglitore/Jeff Bridges: il Donatore (the Giver).
Anche qui, la scelta di come rendere visivamente, emotivamente, psicologicamente questo ruolo e le sue implicazioni poteva essere resa meglio. Innanzitutto ponendosi l'unica domanda intelligente: se io fossi Jonas, in questa situazione, come reagirei? La trama dribla questo quesito, preferendo concentrarsi su due cose: le immagini da passare sullo schermo quali simboli della conoscenza ed esperienza umana tutta e - deludente - come riportare le immagini dal bianco e nero al colore.
In un mondo di infinite possibilità, scelte, modi di raccontare, la sceneggiatura catalizza l'attenzione su questi soli due aspetti, fallendo nel tentativo di riportare efficacemente lo sconvolgimento di un ragazzino dodicenne che passa da una piatta esistenza composta da un codice di regole, a un prisma di colori e un ventaglio di emozioni mai provate e tutto sperimentato in un sol colpo. Anche volendo riconoscere al ragazzo una propensione naturale al ruolo per cui è stato scelto - ma la storia stessa ci insegna che l'anziano consiglio aveva già fallito con la precedente prescelta per il ruolo di Coglitore (Taylor Swift) -, è comunque impensabile non considerare un approfondimento più realistico e meno bidimensionale della figura di Jonas e, soprattutto, una resa più sfaccettata del rapporto tra lui e il Donatore.
Per rendere il tutto plausibile o appetibile per il pubblico non basta, infatti, affidarsi al solo piano visivo ribadendo la contrapposizione tra vecchia società e nuova - ma anche vita libera e vita controllata, libero arbitrio e controllo della mente - attraverso la contrapposizione tra colore e bianco e nero, come non basta far dire qualcosa al personaggio perché la cosa sia effettivamente percepita. E' inutile che Jonas dica che è sconvolto se innanzitutto non lo sembra e soprattutto il film non si prende un secondo per raccontarlo.
Questi sono i grandi fallimenti di "The Giver", l'ennesima storia fantasy su un futuro prossimo in cui c'è una divisione netta tra come siamo oggi e come saremo nel futuro, ma per la quale abbiamo pagato un prezzo così alto che noi del presente (gli spettatori) ci chiediamo se ne valga veramente la pena. Jonas capirà che non ci si può isolare dal dolore, dalla sofferenza, dall'amore, insomma dalle sfumature della vita perché ci si svuota di un'autenticità che ci rende quelli che siamo, ovvero umani. Svuotarci crea la pace, essere noi stessi ci lascia nella condizione attuale in cui a tutt'oggi siamo. E allora che cosa ci racconta questa pellicola? Cosa ci dice questa storia? Che siamo già perfetti così e che cambiare noi stessi ci darà anche l'ordine e la pace sociale, ma ci imprigiona e rende dei robot. Peccato che non servisse Jonas per rimpolpare questa visione delle cose già vista e rivista. Soprattutto perché, per come ce la racconta, risulta solo l'ennesima litania recitata senza cognizione di causa, un messaggio anche corretto nella forma, ma che ci si è dimenticati di riempire di un significato proprio e personale risultando, quindi, inutili. Peccato.
Box Office: $62.7 milioni
Consigli: Anche l'incasso ci dà il polso della situazione, raccontandoci indirettamente che nonostante le 10 milioni di copie vendute dal romanzo da cui è tratto, la presenza di Meryl Streep per il pubblico adulto quale garanzia di qualità e quella di Taylor Swift per agganciare anche il target giovane, senza contare l'interessante trailer dai toni drammatico-fantasy, il risultato finale è deludente, molto sotto le aspettative. La conclusione è blanda e priva di mordente, la trama manca di un climax che coinvolga l'interesse dello spettatore dall'inizio alla fine e ci si basa sui soli effetti speciali, la bella fotografia e scenografia per far colpo su un'audience che probabilmente è avvezza al genere. Al "genere" cui mi riferisco fanno parte pellicole come "The Host", il già citato "Divergent", "Transcendence", "In Time", "Elysium", "Oblivion", "Ender's Game" e il nuovo "Maze Runner - Il labirinto", esempi di cinema sci-fi in cui il futuro è diverso dall'attuale presente o distopico, la fotografia patinata, l'attore di grido e la trovata narrativa aggancia lo spettatore con la promessa di qualcosa di straordinario, innovativo, mai visto. Non tutti questi titoli sono in grado di mantenere le promesse e questo, in particolare, ha fallito. "The Giver" non è un film malvagio, ma è insipido quanto la filosofia che critica e non riesce a far innamorare lo spettatore di ciò cui sta assistendo. Innoquo per una serat di svago, ma nulla più nonostante le pretese.
Parola chiave: Gabriel.

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Bengi

mercoledì 6 marzo 2013

Film 505 - La memoria del cuore

E così chiudiamo la cerchia dei film lasciati indietro a causa degli Oscar.
Questa pellicola mi era stata suggerita da Licia. Che forse non verrà mai più ascoltata...


Film 505: "La memoria del cuore" (2012) di Michael Sucsy
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Introdurrei il mio commento a questa pellicola con una frase perfettamente descrittiva, di James Berardinelli: "This is for young women what Transformers is for young men".
Serve altro?
Premesso che non ho mai visto pellicole come "Le pagine della nostra vita", "I passi dell'amore" o "Dear John", mi sono approcciato a questa cercando di evitare scetticismi o preventivi 'storcimenti' di naso. E - guarda un po' - questo film non mi è piaciuto (stavo per scrivere di peggio, ma è inutile essere volgari).
Sulla falsa riga di quell'orrendità che è "50 volte il primo bacio", qui Rachel McAdams, innamoratissima della mascella senza confini di Channing Tatum, perde la memoria a seguito di un grave incidente che le fa dimenticare in toto suo marito (alias la mascella). Ci vorrà tutta la dedizione, passione e pazienza di lui per farla innamorare di nuovo. Nel frattempo, tra parentesi, lei torna nell'affaire con l'ex, ultimo ragazzo che si ricorda di aver avuto.
In mezzo a questa storia - è superfluo sottolineare quanto smielata sia? - una serie di luoghi comuni sull'amore, l'arte, le persone e i sentimenti. Un en plein di romantica superficialità da cartolina, pompata di zucchero e bei maglioni di lana caldi, bagni skinny dipped e flashback di un matrimonio kitch che vuole sottolineare, però, quanto conti solo il vero sentimento e non tutto il contorno: Paige e Leo si amano davvero.
Il problema, se vogliamo trascurare la bidimensionalità dei protagonisti, è però che a parte la loro storia, non succede niente. Nemmeno lo scossone 'marito non mi ricordo più di te quindi per un po' ritorno dal mio ex' è davvero un episodio incisivo, perchè tanto sai già che Paige torna da Leo e che tutta sta manfrina è di fatto fine a sé stessa. La pretesa, poi, della storia vera serve, a mio avviso, sostanzialmente solo ad aggiungere qualche sospiro e/o lacrima in più allo/a spettatore/rice di più sensibile natura. Chiaro che tutto appare ancora più romantico se non fiabesco, ma la semplificazione standardizzata di questo prodotto, unita alle immagini patinate, mi ha reso il tutto piuttosto fastidioso.
Rachel McAdams è una brava attrice, ha lavorato diretta da Woody Allen e Wes Craven o in compagnia di Russell Crowe, Helen Mirren, Robert Downey Jr., Harrison Ford e Diane Keaton ("Il buongiorno del mattino" è assolutamente da recuperare!), eppure ciclicamente cade nel vortice di queste pellicole chick flick dove l'unica cosa richiesta è il fazzoletto per piangere. E' un peccato, a mio avviso.
In questo "The Vow", comunque, anche la due volte premio Oscar Jessica Lange che poteva benissimo risparmiarsi di apparire in questa pellicola.
Infine il box office. Per quanto io non abbia gradito, il film è stato un buon successo commerciale: $196,114,570 incassati in tutto il mondo. Il mio più che un 'vow' (voto) è... wow (sbigottito).
Consigli: Se amate i film sull'amore o sulle relazioni che si complicano e poi grazie al sentimento vero si risolvono, questo è un titolo perfetto. Non c'è molto altro però.
Parola chiave: Voti nuziali.

Trailer

Ric