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lunedì 12 aprile 2021

Film 1983 - Run

Intro: Avevo voglia di qualcosa di facile facile...
Film 1983: "Run" (2020) di Aneesh Chaganty
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: francamente avevo 0 aspettative rispetto a questo film, per non dire che mi aspettassi un prodotto terribile. In realtà "Run", per quanto titolo assolutamente dimenticabile, fa comunque il suo dovere meglio di quanto non mi potessi aspettare.
Poi, devo dire, non sono esattamente un fan delle pellicole con praticamente due protagonist* e personaggi secondari inesistenti dove paesaggi e scenografie la fanno da padrone - della serie: la casa è un personaggio, il mood della storia è dato dalla fotografia combinata con gli elementi paesaggistici, ecc ecc - perché le storie così scarne di elementi solitamente lo sono perché mancano di una trama, in ogni caso "Run" ha sufficiente tensione e toni drammatici per risultare sostenibile nei suoi 89 minuti di durata. Il che, visto i tempi che corrono, è grasso che cola.
Cast: Sarah Paulson, Kiera Allen, Pat Healy, Sara Sohn, Sharon Bajer, Tony Revolori.
Box Office: $3.4 milioni
Vale o non vale: Certo non un titolo indimenticabile, ma se cercate un diversivo facile e di sufficiente intrattenimento, "Run" dovrebbe fare al caso vostro. Sarah Paulson è sempre un'ottima protagonista, anche se a mio avviso sarebbe ora cercasse di evadere un po' da generi così dark come horror, thriller, dramma o su tematiche di abuso. Sarebbe interessante vederla in altri contesti, diciamo.
Premi: /
Parola chiave: Posta.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 9 febbraio 2021

Film 1800 - Ocean's 8

Intro: Avevo voglia di rivederlo da un po' e ho colto l'occasione al volo non appena possibile grazie a una seratina casalinga ad Auckland con Péroline e qualche bottiglia di vino...
Film 1800: "Ocean's 8" (2018) di Gary Ross
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Péroline
In sintesi: simpatico, dinamico e con un cast eccezionale di attrici, "Ocean's 8" ridà vita al franchise creato da Soderbergh grazie a un buon spin-off che ricalca lo humor e la struttura del materiale originale, declinandolo questa volta tutto al femminile. Risultato finale molto glam, molto fashion e molto godibile.
Film 1647 - Ocean's Eight
Film 1800 - Ocean's 8
Cast: Sandra Bullock, Cate Blanchett, Anne Hathaway, Mindy Kaling, Sarah Paulson, Awkwafina, Rihanna, Helena Bonham Carter, Richard Armitage, James Corden, Dakota Fanning.
Box Office: $297.7 milioni
Vale o non vale: Secondo me un buon esempio di prodotto minstream che dà nuovo dinamismo al franchise originale con un tocco di star power in più grazie ad un cast d'eccezione che insieme funziona maledettamente bene. Simpatico e perfetto per una serata di disimpegno.
Premi: /
Parola chiave: Met Gala.

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#HollywoodCiak
Bengi

sabato 26 dicembre 2020

Film 1761 - Glass

Intro: Molto curioso di vedere come si sarebbe conclusa questa trilogia, ho cercato di recuperare questo terzo episodio appena possibile.
Film 1761: "Glass" (2019) di M. Night Shyamalan
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: lo voglio dire senza girarci troppo intorno: ma quanto è noioso questo "Glass"?!
Dopo un'ottima ripresa di carriera grazie al riuscito "Split", M. Night Shyamalan sembrava aver ritrovato l'ispirazione grazie alla trilogia che nessuno si era aspettato, ovvero quella composta da "Unbreakable", "Split" e quest'ultimo "Glass", una saga che ha impiegato una ventina d'anni per essere completat e di cui francamente non ricordavo nemmeno l'esistenza del primo capitolo (che vidi al cinema con i miei genitori a 13 anni...).
Peccato che tutto l'hype creato grazie al secondo episodio, questo capitolo conclusivo getti tutto alle ortiche e riporti i gli sforzi a uno monotono risultato finale francamente deludente che sfrutta poco e male i suoi tre super-protagonisti per un'avventura che fatica a prendere il via e, quando finalmente lo fa, lascia insoddisfatti.
Film 1315 - Split
Film 1558 - Split
Film 1655 - Split
Film 1760 - Glass
Cast: James McAvoy, Bruce Willis, Anya Taylor-Joy, Sarah Paulson, Samuel L. Jackson, Spencer Treat Clark.
Box Office: $247 milioni
Vale o non vale: Insomma... si poteva fare decisamente di più. I fan di questo franchise potrebbero apprezzarne la conclusione, ma onestamente non c'è molto da dire rispetto a questo "Glass" se non che, viste le aspettative, il risultato finale lascia insoddisfatti.
Premi: Candidato al Razzie Award per il Peggior attore non protagonista (Willis).
Parola chiave: Superheroes.
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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 13 agosto 2019

Film 1647 - Ocean's Eight

Intro: Finalmente di nuovo al cinema, anche perché non vedevo l'ora di vedere questo film!
Film 1647: "Ocean's Eight" (2018) di Gary Ross
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: i critici non lo hanno particolarmente adorato, ma devo dire che a me questo "Ocean's 8" è piaciuto. Ammetto che il film presenta un insieme di elementi che approvo particolarmente: Cate Blanchett (e in generale il resto del cast); la storia tutta al femminile; l'elemento avventura collegato al tema centrale del film, la rapina; l'inattesa location del Met Gala e il connesso dietro le quinte. Poi no, in generale non si tratta di un capolavoro, ma credo renda giustizia alla trilogia originale di cui questo titolo vuole essere spin-off e continuazione;
le protagoniste sono particolarmente affiatate e ho trovato che Helena Bonham Carter si sia davvero messa in gioco con l'interpretazione proposta qui. Bullock e Blanchett sempre in parte, Hathaway finalmente di nuovo in rotta, Paulson trova una collocazione ad Hollywood che vada oltre la "micro" spalla e Kaling si difende bene nell'affollata arena di star. Bene anche Rihanna (che si riscatta dalla sue precedenti "fatiche") e l'allora sconosciuta ai più Awkwafina (poi esplosa con "Crazy Rich Asians";
in definitiva "Ocean's Eight" funziona e consegna al pubblico un prodotto divertente e riuscito che mette al centro della storia le sue protagoniste. Che poi rubino, mentano o hackerino sistemi ci interessa poco: vogliamo solo vederle tutte insieme in azione!
Cast: Sandra Bullock, Cate Blanchett, Anne Hathaway, Mindy Kaling, Sarah Paulson, Awkwafina, Rihanna, Helena Bonham Carter, Richard Armitage, James Corden, Dakota Fanning; (cameo) Elliott Gould, Qin Shaobo, Marlo Thomas, Dana Ivey, Mary Louise Wilson, Elizabeth Ashley, Anna Wintour, Zayn Malik, Katie Holmes, Maria Sharapova, Serena Williams, Common, Adriana Lima, Gigi Hadid, Olivia Munn, Jaime King, Zac Posen, Hailey Bieber, Sofia Richie, Heidi Klum.
Box Office: $297.7 milioni
Vale o non vale: Simpatica, dal cast galattico (3 premi Oscar) e guest star pazzesche e tutto sommato ampiamente godibile, questa pellicola sulla sorella di Danny Ocean funziona e intrattiene a dovere. Perfetta per un momento di svago.
Premi: /
Parola chiave: Magnete.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 10 giugno 2019

Film 1606 - Rebel in the Rye

Intro: Per niente incuriosito da questo titolo, mi ha convinto l'idea alla base della storia: un biopic su J.D. Salinger.
Film 1606: "Rebel in the Rye" (2017) di Danny Strong
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: di solito quando non ricordo di aver visto una pellicola non è un gran buon segno. Anche in questo caso, devo dire, nonostante le buone premesse e intenzioni, il risultato finale non è totalmente riuscito. La storia è intrigante - vita dello scrittore J.D. Salinger e genesi del romanzo "Il giovane Holden" -, ma forse manca di mordente. Non sono totalmente sicuro a questo punto che Hoult sia la scelta perfetta per interpretare personaggi realmente esistiti (il recente "Tolkien" è già flop) o, forse più banalmente, che non sia raccomandabile affidarsi alle sue scelte lavorative in termini di film che valga davvero la bene vedere. Peccato, perché il cast anche qui è stellare (c'è persino Kevin Spacey), costumi e scenografie molto belli e, di nuovo, l'idea alla base del film assolutamente interessante. Insomma, esteticamente riuscito, ma si perde nel momento in cui è necessario approfondire meglio la storia e i suoi personaggi.
Cast: Nicholas Hoult, Zoey Deutch, Kevin Spacey, Sarah Paulson, Brian d'Arcy James, Victor Garber, Hope Davis, Lucy Boynton, Eric Bogosian.
Box Office: $378,294
Vale o non vale: Gli appassionati di biopic si facciano sotto. Probabilmente il film è passato un po' in sordina a causa dello scandalo Spacey, ma i suoi fan dovrebbero apprezzare. Per tutti gli altri, forse è meglio concentrare le energie altrove.
Premi: /
Parola chiave: Guerra.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 30 aprile 2019

Film 1567 - The Post

Intro: E con questa pellicola siamo arrivati alla fine della nostra personale corsa agli Oscar. Non che si sia riusciti a coprire tutti i titoli in competizione per l'edizione 2018, ci mancherebbe, ma per quanto riguarda noi, questo è stato l'ultimo titolo guardato da me e mia cugina per metterci in pari con la situazione Academy Awards ormai agli sgoccioli (ricordo che stiamo sempre parlando di oltre un anno fa).
Film 1567: "The Post" (2017) di Steven Spielberg
Visto: dal pc portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Fre
In sintesi: la sensazione è che si tratti di un grande film, il risultato finale lascia meno convinti. Non che "The Post" non sia in grado di mantenere le proprie promesse, il punto è che lo fa in termini meno entusiasmanti del previsto. Il racconto è lento, lentissimo e si fa un riferimento quasi disperato alle due performance di Streep e Hanks, mancando a volte di centrare il bersaglio: la storia vera che sta dietro questo film. Le incertezze di Kay Graham (Streep) costruiscono il personaggio, ma affaticano lo spettatore, che non vede l'ora di sapere che ne sarà di Times e Post rispetto all'ostruzionismo messo in pratica dalla Casa Bianca per insabbiare certi scandali (si comincia dalla Guerra in Vietnam); si arriverà alla resa dei conti, ma per farlo ci vorranno quasi due ore;
Hanks mi sembra che giochi troppo sicuro con la sua interpretazione, mentre Streep mixa insieme una serie di suoi ultimi personaggi (Thatcher, Child e quella stravaganza alla Foster Jenkins) che la rendono sì, riconoscibile, ma forse qui non memorabile. Speravo in qualcosa di più;
ultimamente, va detto, Spielberg non sta dando il meglio di sé. Con "The Post" ha finalmente risollevato il tiro, ma ammetto che la grandezza e l'epicità che mi aspettavo da questa pellicola non ha trovato totale riscontro durante la visione. Storia interessante, tecnicamente ben realizzato, nell'insieme riuscito, ma non indimenticabile.
Cast: Meryl Streep, Tom Hanks, Sarah Paulson, Bob Odenkirk, Tracy Letts, Bradley Whitford, Bruce Greenwood, Matthew Rhys, Alison Brie, Carrie Coon, David Cross, Zach Woods.
Box Office: $179.8 milioni
Vale o non vale: Spielberg, Streep ed Hanks insieme mi facevano talmente ben sperare che forse ho, come al solito, indugiato in troppe aspettative. Forse vale più la storia vera che il film, ma non si può certo dire che nel complesso non si tratti di un titolo di valore.
Premi: Candidato a 2 premi Oscar (Miglior film e attrice protagonista) e 6 Golden Globes (Miglior film, attrice e attore protagonisti, regia, sceneggiatura e colonna sonora).
Parola chiave: Pubblicare.

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#HollywoodCiak
Bengi

sabato 11 febbraio 2017

Film 1304 - Game Change

Sky Go propone e noi cogliamo al volo. Nonostante i suoi riconosciuti disservizi.

Film 1304: "Game Change" (2016) di Christophe Lourdelet, Garth Jennings
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Prima che Julianne Moore vincesse finalmente l'Oscar, è stato questo film per la tv a consegnarle quella parte di premi importanti che si meritava da tempo e ancora non aveva ottenuto, ovvero un Golden Globe e un Emmy come miglior attrice. Con "Game Change" - titolo profetico - l'attrice ha ritrovato quel consenso globale che da tempo faticava a venirle riconosciuto. Del resto è stata la scelta perfetta che ha fatto certamente la differenza, capace di un mimetismo inquietante che rende difficile, a posteriori, distinguere quale fosse l'imitazione e quale l'originale. Julianne Moore qui è Sarah Palin.
Per quanto riguarda il risultato finale di questa pellicola televisiva targata HBO, forse avrei preferito qualche risvolto politico meno di superficie, diciamo un approfondimento che andasse oltre l'attenzione didascalica per la messa in scena di certe vicende reali che qui trovano ampio spazio e contestualizzasse più a fondo il punto di vista politico, il quadro sociale in cui la storia della Palin e del Governo americano sono immersi. La sensazione che ho avuto è che si rimanga più spesso bloccati a fotocopiare un episodio piuttosto che integrarlo all'interno della storia, la quale di conseguenza diventa una sorta di collage di tanti pezzi, pur non così amalgamati.
Un altro aspetto che ho faticato ad assimilare ciecamente riguarda il rapporto tra la Palin, candidata alla Vicepresidenza degli Stati Uniti, e il suo superiore, il candidato alla Presidenza John McCain. Le loro dinamiche mi sono sembrate descritte in maniera troppo edulcorata. Non so dire se l'ex candidato alla Presidenza possa davvero aver reagito così alle varie debacles della sua vice durante tutta la campagna elettorale, ma di sicuro c'è la rappresentazione di una pazienza, un'accettazione incondizionata, quasi un fatalismo che mi rimangono difficili da ritenere totalmente plausibili. Al pari della "solitudine" degli addetti alla campagna elettorale rispetto al partito cui fanno riferimento. Nel film si dice che la Palin sia una macchina da soldi, ma non sono sicuro che questo sia bastato a smorzare la frustrazione e il disappunto dei repubblicani di fronte alla sconcertante impreparazione della Governatrice dell'Alaska e, in generale, alla sconfitta elettorale. Quindi mi chiedo: dov'è qui il partito repubblicano e perché sembra che siano solo McCain e i suoi a prendere le decisioni?
In ogni caso "Game Change" rimane un interessante approfondimento via fiction di un episodio della storia politica statunitense moderna, il racconto della storia di una persona impreparata di fronte all'attenzione mediatica mondiale contro la quale difficilmente esiste un training preparatorio sufficientemente adeguato. Va detto che la Palin rappresenta al contempo il caso di una persona ignorante che riveste una carica governativa e, in aggiunta, si candida per un ruolo dalle implicazioni globali per il quale non è minimamente competente e anche se la sua ingenuità suscita una certa dose di compassione, niente può scacciare via la desolante sensazione di spaesamento nel momento in cui ci si ricorda che, nella realtà, non sono poche le persone nella stessa posizione della governatrice. E per quanto faccia bene farci sopra della satira - nel film sono mostrate anche le vere imitazioni che Tina Fey ha proposto durante un'intera stagione del Saturday Night Live, vincendo perfino un Emmy per la sua interpretazione -, è comunque spaventoso che le sorti del mondo possano anche solo per un istante venire affidate a mani tanto inconsapevoli e incapaci.
Ps. 3 Golden Globes vinti (Miglior film per la tv, attrice protagonista e attore non protagonista ad Ed Harris) e 5 Emmy Awards, tra cui Miglior serie televisiva, sceneggiatura e attrice protagonista.
Cast: Julianne Moore, Woody Harrelson, Ed Harris, Peter MacNicol, Jamey Sheridan, Sarah Paulson, Ron Livingston, Brian d'Arcy James.
Box Office: /
Consigli: Anche se non totalmente soddisfacente, questo film HBO ha il pregio di ripercorrere molto attentamente le vicende che hanno portato Sarah Palin dalla sua Alaska fino al cuore della politica americana, rischiando perfino di trovare una poltrona di spicco all'interno della Casa Bianca. Impreparata, ignorante, presuntuosa, bigotta, la donna faticherà a sottostare alle regole di una campagna elettorale durissima e certamente difficile anche per i più preparati. "Game Change" è un film politico patinato che ha dalla sua un cast fenomenale e un personaggio principale capace di attirare l'interesse dell'opinione pubblica. Può piacere, ma non è una scelta buona per ogni occasione.
Parola chiave: Cultura.

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Bengi

lunedì 22 febbraio 2016

Film 1099 - Carol

In streaming non trovavo il link, al cinema è passato quasi inosservato, eppure dovevo recuperare questa pellicola a tutti i costi.
Film 1099: "Carol" (2015) di Todd Haynes
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: "Carol" mi è piaciuto, ma forse era un po' scontato che sarebbe stato così. C'è Cate Blanchett, una che da sola ti fa tutto il film, c'è una storia d'amore, c'è quella stessa Rooney Mara che ha vinto a Cannes come Miglior attrice, c'è Todd Haynes, ci sono gli anni '50 e i costumi di Sandy Powell. Un mix di elementi positivi che, insieme, portano a un risultato finale di gran classe, esteticamente bellissimo, recitato alla perfezione. Mi tengo un 'ma', che lascio per dopo.
Credo che si possa già dire che, riserva per i costumi a parte, "Carol" sarà certamente uno dei film snobbati agli Oscar di questa domenica. Fino ad ora, nonostante una pioggia di candidature a praticamente qualunque manifestazione, il film non è riuscito a portarsi a casa nulla dalle nomination che contano. La Blanchett è troppo fresca dell'incetta di premi fatta giusto un paio di anni fa per "Blue Jasmine" mentre Mara ha avversarie più agguerrite di lei (vedi Kate Winslet e Alicia Vikander, mia personale favorita), per cui le categorie attoriali sono assolutamente da escludere. Saranno giusto le voci tecniche a poter dare qualche speranza, nella fattispecie la Powell - quest'anno in gara anche contro se stessa - e forse la fotografia di Edward Lachman. Per il resto la vedo molto, molto dura.
Di fatto "Carol" è una di quelle pellicole belle e ben fatte che, però, ha sempre un competitor più forte. Il grande favorito "The Revenant" svetta su tutti ed oscura le possibilità delle altre produzioni, eppure ci sono titoli molto più interessanti, come "Spotlight" e "Mad Max", che potrebbero veramente farla da padrone piuttosto che l'ultima fatica di Iñárritu. In ogni caso, per il nostro "Carol", le speranze sono poche.
A prescindere da premi e vittorie, quello che rimane del film di Haynes è, in primis, una pacatezza ed educazione che oggi sono totalmente fuori dal nostro tempo. Il dramma si consuma bruciante, sconvolge vite e situazioni, eppure si fatica a perdere la calma e l'unico momento di drammaticità (leggi pistola), rimane un caso isolato di straziante dolore e tradimento che giustifica uno sconvolgimento emotivo tanto teatrale. Per il resto sono le parole a fare la differenza, a costruire quell'impalcatura che sorreggerà l'intreccio sentimentale delle due protagoniste e, di riflesso, dei loro sfortunati corteggiatori. In poche parole: cosa poteva significare, a inizio anni '50, essere lesbica? Amare, desiderare persone del proprio sesso, pur non potendolo dichiarare, dovendolo declassare a pulsione deviata, malattia da curare, orrore da reprimere e nascondere, in funzione di una facciata pubblica che fosse quanto più rispettabile e decorosa possibile. L'amore gay - che ancora oggi fatica a trovare quell'inclusione nella normalità da parte dell'opinione pubblica - è un amore proibito, da consumarsi entro le mura di una fortezza sicura, lontano da sguardi indiscreti o pericolosi. E allora, al di fuori dei luoghi sicuri, sono le parole a mantenere vive le emozioni delle persone, a costruire il non detto che, insieme ai piccoli gesti - una mano su una spalla, un sorriso - lasciano alle persone la sensazione che l'amore che stanno provando sia vivo, reale e presente, non solo un attimo di nascosta felicità. In questo, "Carol" è un racconto particolarmente efficace, in grado di focalizzarsi su tutti quegli aspetti che caratterizzano e riempiono di valore la storia roamntica fra la giovane Therese Belivet e Carol Aird.
Quello di cui ho sentito la mancanza, invece, è una connessione genuina con la storia per la maggior parte del tempo. C'è stata, poi, ma solo nel finale, nel momento in cui Carol cede sull'affidamento e, di fronte al marito e agli avvocati, svela se stessa e le sue debolezze e paure regalandoci una Blanchett fino a quel momento privata di una vera e propria scena madre. E' lì che, finalmente, ho sentito quel brivido, ho provato quella sua stessa paura di perdere, la stanchezza e la pesantezza della lotta senza fine, la comprensione finale della verità, ovvero che lei e la sua condizione non sarebbero cambiate, al pari dei tempi in cui vive. Haynes finalmente lascia all'attrice tutta la scena e non la spezza con il montaggio, puntandole la camera addosso quasi a denudarla, lasciandola in pasto allo spettatore che, alla fine, ne coglie appieno la fragilità sino a quel momento resa inafferrabile da una costruzione del personaggio molto estetica e glamour, eppure spesso impenetrabile oltre la superficie.
E' appunto questo il 'ma' di cui parlavo all'inizio: le bellissime immagini, le grandi performance attoriali delle protagoniste, costumi e scenografie concorrono tutti a delineare un "Carol" esteticamente perfetto e magnifico da guardare, ma difficile da seguire. Mi spiego meglio: se la regia insiste molto su dettagli e primi piani, quello che fa il montaggio - per assecondare tutte queste particolarità - è di fatto spezzare la narrazione che di conseguenza si priva di lunghi momenti di approfondimento sulle sue protagoniste. La Blanchett meritava la scena dell'udienza per la custodia perché altrimenti la sua Carol sarebbe stata semplicemente una donna forte che si confronta con il suo destino e fa ciò che deve fare per difendere se stessa e l'amore che la lega alla figlia. Rooney Mara, che è la vera protagonista della storia, ha più momenti di intimità per il suo personaggio, ma la debolezza e insicurezza di quest'ultimo finisce per tramutarsi più in una sorta di freddezza per la maggior parte del tempo. Il finale saprà riscattare entrambe.
Dunque, per concludere, "Carol" è un buon esempio di cinema bello da vedere, intrigante e interessante, che regala al pubblico una storia d'amore struggente, complicata e che ricerca una normalità difficilmente pensabile per l'epoca. Siamo ormai quasi più abituati alle storie d'amore gay al maschile, per cui ritengo sia utile ricordarci ogni tanto che gay non sono solo gli uomini, che l'amore "omo" è anche quello tra donne. La storia è raccontata bene - anche perché per una buona parte del primo tempo non c'è molto da raccontare -, le due protagoniste sono perfette, tecnicamente il film è inappuntabile. Avrei calcato meno col montaggio, ma questa è un'opinione personale.
Cast: Cate Blanchett, Rooney Mara, Sarah Paulson, Kyle Chandler, Jake Lacy, John Magaro, Cory Michael Smith.
Box Office: $31.7 milioni
Consigli: Tra i film degli Oscar che volevo vedere, questo era certamente uno dei più attesi. Non ha tradito le mie aspettative e ho apprezzato la storia, drammatica e certamente non per tutte le occasioni. L'amore lesbo è un amore normale e questo è un bellissimo messaggio che ora più che mai non è scontato in un paese come l'Italia. Per cui scegliere di vedere "Carol" non è solo scegliere di vedere un bel film, ma anche ricordare a se stessi che il sentimento prescinde dalle categorie, da ciò che è comunemente prestabilito o imposto. Tenerlo a mente fa sempre bene, vederlo così normalmente rappresentato sullo schermo da speranza.
Parola chiave: Waterloo.

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mercoledì 12 marzo 2014

Film 680 - 12 anni schiavo

In perfetto tempismo con la cerimonia degli Oscar, abbiamo recuperato il futuro Miglior film 2014 proprio nel pomeriggio di domenica scorsa, poche ore prima che lo show iniziasse.

Film 680: "12 anni schiavo" (2013) di Steve McQueen
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Il problema di quelle produzioni che si vedono dopo averne tanto sentito parlare e tanto bene - specialmente quelle in lizza per il Miglior film agli Oscar - è che ci si aspetta non un film, bensì un capolavoro. E forse anche di più.
"12 anni schiavo" non è certo un brutto prodotto cinematografico su nessun fronte, però, personalmente, non lo trovo un capolavoro. Non mi ha entusiasmato e, anzi, fino al primo tempo non mi ha visto particolarmente coinvolto dalla narrazione. Con l'ingresso in scena, finalmente, di personaggi potenti come quelli di Edwin e Mistress Epps (Michael Fassbender, Sarah Paulson) e, soprattutto, Patsey (Lupita Nyong'o) la storia entra nel vivo e nel senso del racconto, il che aiuta ampiamente a recuperare l'interesse. Molte le scene cruente e difficili da digerire, ma trovo sia sempre apprezzabile l'onestà (visiva) quando si raccontano storie vere. Il buonismo da finto contegno non avrebbe giovato ai fini della storia.
Certo la vicenda vera di Solomon Northup/Chiwetel Ejiofor ha dell'incredibile e, inutile dirlo, racconta la disavventura di una persona in un contesto storico veramente terribile: Solom è, infatti, un americano nero libero che viene rapito e venduto come schiavo. Da lì il cammino per ritornare dalla sua famiglia sarà un lungo calvario di sofferenza, violenza fisica e psicologica, umiliazione e solitudine.
Il punto, qui, non è che si possa dire che il film non abbia un valore intrinseco, ma, invece, sta tutto in quel "inutile dirlo". Già, perché una storia sulla schiavitù, i campi di cotone, la violenza cruda, l'umiliazione, la discriminazione e il razzismo è già stata raccontata tantissime volte con sfumature più o meno simili. Rimango scettico riguardo la scelta di eleggere questa pellicola a migliore dell'anno non tanto perché non voglia riconoscere meriti al lavoro di Steve McQueen - che ha dimostrato, invece, di sapere cambiare completamente contesto dopo il metropolinato e solitario "Shame" - ma perché sinceramente l'ho trovata la scelta più ovvia e, di conseguenza, banale.
Detto questo, rimane che Lupita Nyong'o sia stata una delle scelte di casting più riuscite della stagione (considerato che ha vinto quasi tutto, comepreso l'Oscar, al suo esordio sul grande schermo) e che, in generale "12 Years a Slave", nella figura del suo regista, ha visto un ottimo cast concretizzare le sue capacità in un'interpretazione di gruppo che, da sola, vale la visione. Per altri aspetti più tecnici sono, invece, un po' meno d'accordo (nomination per Migliori costumi e montaggio? Ma soprattutto Oscar per la Miglior sceneggiatura non originale?).
Tutto sommato, quindi, al di là dell'impossibilità di definirlo brutto o inutile, non posso comunque dire che il risultato finale mi sia piaciuto tanto da elevarlo a capolavoro. Ho preferito di gran lunga "American Hustle - L'apparenza inganna", "Gravity", "The Wolf of Wall Street" e soprattutto "Her".
Ps. Curiosità: sia Brad Pitt che Steve McQueen sono riusciti a vincere il loro primo Oscar grazie a questa pellicola, entrambi in una categoria estranea al loro lavoro di riferimento, ovvero recitazione e regia. Il premio, invece, è stato riconosciuto loro in quanto produttori del film e, quindi, per la categoria Miglio film.
Box Office: $158,607,000 (ad oggi)
Consigli: Avendo ricevuto così tanti riconoscimenti (tra cui 3 Oscar e 1 Golden Globe) è certamente uno dei titoli di riferimento della stagione 2013 e, per questo, vale la pena farsi un'opinione a proposito. La mia non è entusiasta semplicemente perché le aspettative erano piuttosto alte e i macrotemi che costituiscono la besa di questa storia sono comuni a numerose altre produzioni.
Bravi la Nyong'o e Fassbender, dimostra grandissime capacità (e finalmente viene notato) Chiwetel Ejiofor.
Parola chiave: Rapimento.

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Bengi