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venerdì 20 dicembre 2024

Film 2332 - Wicked

Intro: Sarò totalmente onesto, non avevo alcuna voglia di vedere questo film. Le ragazze però - e Niamh specialmente - volevano andare e, così, mi sono lasciato convincere.

Film 2332: "Wicked" (2024) di Jon M. Chu
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Niamh, Debbi
In sintesi: il musical lo avevo visto a Londra anni fa, per cui ero vagamente familiare con storia e personaggi. Per capirci, sapevo che si trattasse della storia pre Mago di Oz, sapevo chi fossero la Perfida Strega dell'Ovest e la Buona Strega del Nord, conoscevo "Defying Gravity", ma non ricordavo altro. E forse è stato meglio così.
La zero voglia di vedere il film sommata alle quasi nulle aspettative e un generale disinteresse ultimamente nei confronti dei musical, parevano presagire due ore e mezza di noia totale e, invece, ammetto di aver gradito "Wicked" molto, molto più di quanto mi aspettassi. È il mio film preferito? No, ma è stato certamente una sopresa in positivo.
Se non avevo alcun dubbio che Cynthia Erivo avrebbe fatto un egregio lavoro - ricordo ancora quanto mi avesse colpito la sua performance live agli Oscar 2020 della canzone "Stand Up" del film "Harriet" per cui era candidata sia per Miglior attrice protagonista che per Miglior canzone originale - ammetto che qualche riserva su Ariana Grande ce la avessi. E wow sono rimasto impressionato.
Perché per quanto spettacolare sia Erivo, ammetto che per me la vera sorpresa e scene-stealer di questo film sia proprio Ariana Grande. Non solo canta anche lei magnificamente (e fino qui...), ma è anche perfetta per il ruolo di Glinda, che interepata con inaspettato humor. Davvero, Grande è il comic relief della storia, nonché la mia parte preferita di questo "Wicked" cinematografico.
Per il resto il film funziona bene, le canzoni intrattengono (anche se durante un paio ho sonnecchiato, lo ammetto), lo spettacolo visivo è ben realizzato, il tono del film azzeccato. Mi è sembrato che, in generale, questa prima parte del musical sia stata realizzata in maniera intelligente. Vedremo come andrà con il secondo capitolo in uscita il 21 novembre 2025.
Uniche note negative: non credo fosse necessario far cantare Michelle Yeoh che ha infiniti altri talenti, ma non quello del canto; ho trovato il personaggio di Bowen Yang inutile e interpretato un po' a suon di cliché (o per meglio dire un po' come Bowen Yang interpreta solitamente questi ruoli); in generale 160 minuti di durata sono troppi, specialmente considerato che l'inero musical di Broadway dura 2 ore e 45 minuti...
Cast: Cynthia Erivo, Ariana Grande, Jonathan Bailey, Ethan Slater, Bowen Yang, Marissa Bode, Peter Dinklage, Idina Menzel, Kristin Chenoweth, Michelle Yeoh, Jeff Goldblum.
Box Office: $534.1 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: I fan dell'originale di Broadway andranno in brodo di giuggiole: Cynthia Erivo e Ariana Grande cantano live e cantano divinamente, il film funziona, è visivamente stimolante e intrigante (anche se alcuni hanno criticato una mancanza di vivacità nei colori; io questa sensazione non ce l'ho avuta), le canzoni sono un cult. Per tutti gli altri, tenere presente che il musical dura 2 ore e mezza e che, appunto, è un musical, quindi ci sono un sacco di canzoni (non come "Moulin Rouge!", però, dove non c'è dialogo). A parte questo, get ready to hold space for "Defying Gravity"!
Premi: Ad oggi, il film è stato candidato a 4 Golden Globes nella categoria musical/commedia per Miglior film, attrice protagonista (Erivo), attrice non protagonista (Grande) e la nuova categoria istituita l'anno scorso per Cinematic and Box Office Achievement.
Parola chiave: Green.
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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 13 novembre 2024

Film 2321 - Apartment 7A

Intro: Secondo appuntamento di Halloween rigorosamente sul divano.

Film 2321: "Apartment 7A" (2024) di Natalie Erika James
Visto: dal proiettore
Lingua: inglese
Compagnia: Sarah
In sintesi: ho iniziato questo film senza sapere che fosse direttamente collegato a "Rosemary's Baby". Verso metà della visione, andando a curiosare su internet, ho poi scoperto che si trattasse del prequel ufficiale del famosissimo film di Polanski e tutto ha cominciato ad avere un senso (a partire dal poster).
Le atmosfere sono simili e ci sono sufficienti rimandi alla pellicola originale, anche se in generale "Apartment 7A" mi pare riesca sufficientemente a distinguersi (a parte il titolo, che trovo veramente poco fantasioso). In particolare ho apprezzato la sequenza di ballo ispirata alla Hollywood dei grandi musical del passato che qui, immancabilmente essendo questo un horror, cela tutt'altro significato.
Julia Garner è un'ottima protagonista, mentre Dianne Wiest si dimostra (al solito) magnifica comprimaria. Onestamente, un piacere anche ritrovare Jim Sturgess che da troppo tempo non ritrovavo in qualche progetto.
Non un prodotto perfetto e, certamente, era impossibile bissare l'impareggiabile originale, però il film funziona abbastanza bene quando si entra nel vivo dell'azione (ci si mette un po', però).
Anche se solo disponibile in streaming, ho trovato curioso che la produzione del film non abbia pubblicizzato di più e meglio un progetto di così alto rilievo, considerato che "Rosemary's Baby" è ancora oggi ritenuto uno dei migliori horror della storia del cinema.
Ps. Il palazzo usato nel film mi ha ricordato tantissimo l'Arconia (in realtà The Belnord, NY) di "Only Murders in the Building", anche se la location usata per le riprese, scopro da internet, è stata l'edificio The Dakota di New York.
Cast: Julia Garner, Dianne Wiest, Jim Sturgess, Kevin McNally, Marli Siu.
Box Office: /
Vale o non vale: Alcuni storceranno il naso, considerato che si tratta di un prodotto direttamente derivato da un grande classico, ma preso per quello che è "Apartment 7A" fa il suo dovere. Visivamente ed esteticamente presenta uno suo stile ben definito, il cast è ottimo e l'atmosfera è quella giusta. Non iconico quanto l'originale, certo, ma si lascia guardare.
Premi: /
Parola chiave: "The girl who fell".
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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 7 marzo 2024

Film 2257 - Mean Girls

Intro: Non so perché alla fine io e Niamh finiamo sempre per andare a vedere un musical...

Film 2257: "Mean Girls" (2024) di Samantha Jayne, Arturo Perez Jr.
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Niamh
In sintesi: è difficile riproporre un prodotto che ha funzionato originariamente così bene in chiave "aggiornata". In questo senso, il musical di "Mean Girls" pareva aver trovato la chiave giusta per riapprocciarsi al materiale originale con, in più, la scusa di portare al cinema il musical di successo originato a Broadway. Il denominatiore comune di tutte queste operazioni? Tina Fey.
La Fey, infatti, è stata artefice sia della sceneggiatura del primo film che del libretto del musical, per cui niente di più appropriato che riprendesse in mano il proprio lavoro e si dedicasse alla scrittura anche di questa storia. Non fosse che "Mean Girls" 2024 non funziona così bene come l'originale.
Per me il problema principale sta nel fatto che nessuna delle canzoni proposte qui funziana davvero o, per capirsi, rimane impressa. Il che, per una pellicola che ha alla sua base la musica, è già un grande problema. In aggiunta, questo "Mean Girls" cerca troppo disperatamente di tenersi al passo coi tempi, cambiando alcuni elementi chiave della storia o momenti cult - il balletto natalizio, la trasformazione di Cady in una delle Plastic (in italiano le Barbie) che di fatto quasi non avviene, alcuni dei sabotaggi a Regina che per qualche ragione vengono cambiati (penso alla maglietta con i buchi sul seno), il personaggio di Janis che qui non è etero (senza di fatto usare questo cambiamento in alcun modo, per poi relegare al finale la comparsata o quasi della fidanzata) e altri elementi ancora - che rovinano allo spettatore affezionato il piacere di ritrovare certi elementi cardine del film precedente in questa rivisitazione. Capiamoci, non ci sarebbe alcun problema nel cambiare le cose e aggiornarle, se solo il risultato finale funzionasse.
Un altro aspetto che qui non funziona sono i personaggi. Per quanto abbia apprezzato la combo Janis e Damian 2.0 (rispettivamente Auliʻi Cravalho e Jaquel Spivey), non mi è piaciuto il fatto che la narrazione della storia sia dal loro punto di vista. Così, di fatto, si toglie a Cady il potere della sua narrazione, relegandola a parte del racconto piuttosto che fulcro di esso. A peggiorare le cose, non credo che Angourie Rice sia in grado di reggere la parte di protagonista. Le sue doti vocali sono traballanti e, di fatto, le manca quel magnetismo e quel carisma che innegabilmente contraddistinguevano Lindsay Lohan nell'originale. Non solo la sua Cady è in grado di essere sexy e sensuale, ma è allo stesso tempo credibile nei panni della liceale che ha sempre studiato a casa e si sente fuori posto in un mondo a lei totalmente sconosciuto, ovvero il liceo. Questa Cady, invece, funziona solo nei panni della nerd spaesata.
In aggiunta, Aaron Samuels (Christopher Briney in un ruolo che assolutamente non gli si addice) in questa storia ha come unica caratteristica quella di essere l'oggetto delle contese amorose di Cady e Regina George (Reneé Rapp), altro non gli è concesso a livello narrativo. E, parlando di Regina George, non trovo che la Rapp riesca ad emulare il livello di iconicità suscitato dalla precedente performance di Rachel McAdams. Mi rendo conto che fossero panni alquanto ingombranti da dover vestire e, va detto, il suo è l'unico personaggio che davvero lascia il segno, sta di fatto che la performance generale funziona quando pensata nel contesto di questo film del 2024, ma non regge il confronto con l'originale di 20 anni fa. Questo è ancora più vero nel finale, quando Regina si ravvede all'ultimo secondo, di fatto buttando alle ortiche tutto ciò che ha simboleggiato il personaggio fino a quel momento in nome di un happy ending piuttosto insoddisfacente.
Insomma, per quanto il musical di "Mean Girls" non sia un prodotto terribile, ha il grande svantaggio di confrontarsi con un originale che, per tanti motivi, è passato alla storia e con il quale l'inevitabile confronto non fa che accentuare tutti quegli elementi che non funzionano. Se poi ci mettiamo che nemmeno quella parte di novità che si porta con sé questa pellicola (le canzoni) siano niente di memorabile, si fa presto a capire perché il risultato finale possa lasciare delusi i fan del primo film.
Film 114 - Mean Girls
Film 147 - Mean Girls
Film 320 - Mean Girls
Film 1594 - Mean Girls
Film 2257 - Mean Girls (musical)
Cast: Angourie Rice, Reneé Rapp, Auliʻi Cravalho, Christopher Briney, Jaquel Spivey, Avantika, Bebe Wood, Jenna Fischer, Busy Philipps, Tim Meadows, Lindsay Lohan, Jon Hamm, Ashley Park, Tina Fey.
Box Office: $104.1 milioni
Vale o non vale: Continuo a rimanere dell'opinione che non ci fosse bisogno di un nuovo "Mean Girls", nemmeno in chiave musicale. Detto ciò - e visto che ce lo abbiamo - non trovo che ci sia una particolare necessità di recuperare questa pellicola, a meno che non si sia fan della versione di Broadway, dei musical in generale o, almeno in parte, della pellicola originale.
Premi: /
Parola chiave: The Burn Book.
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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 16 febbraio 2021

Film 1955 - The Prom

Intro: Prodotto pre-natalizio di punta del catalogo Netflix, onestamente non vedevo l'ora di vedere questo film, per cui appena ho avuto occasione l'ho recuperato! Con non poche speranze di vedere, finalmente, una buona nuova pellicola (anche se con Netflix bisogna sempre andarci con i piedi di piombo quando si tratta di film...).
Film 1955: "The Prom" (2020) di Ryan Murphy
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: tremendo. E la recensione potrebbe anche chiudersi qui.
La verità è che, nonostante non mi aspettassi certo un capolavoro, sono rimasto molto deluso da questa pellicola che, a parte saturare i colori a gogo e mettere in scena qualche numero musical, non mette in scena niente che non si sia già visto in "Glee" o prodotti simili, di sicuro niente che valesse la pena di riproporre in un film, almeno in questi termini.
In generale, infatti, "The Prom" è una luccicante promessa di talento e originalità totalmente mancata, un prodotto superficiale che non riesce ad andare oltre il minimo sindacale che il genere del musical porta con sé: ci sono le canzoni e i balletti a tempo di musica, ma manca tutto il resto, in primis il valore aggiunto (o la rilevanza, se vogliamo) di cui il progetto dovrebbe avvalersi per giustificare la trasposizione di questo titolo da Broadway a Hollywood. Ci sono una miriade di personaggi di cui ci si affatica ad appassionarsi, nessuna canzone particolarmente memorabile e una generale mancanza di "pericolo", nel senso che è evidente fin dall'inizio che la protagonista riuscirà nel suo intento - andare al ballo scolastico con la sua amata - per cui si fatica ad empatizzare e a comprendere la necessità di utilizzare del proprio tempo libero per seguire questa vicenda.
Mi sento di aggiungere, poi, che nonostante i grandi nomi "da acchiappo", "The Prom" non riesca a fare buon uso dello start power a sua disposizione: Meryl Streep fa Meryl Streep - nel senso che sembra più se stessa che interpreta una versione di mille suoi altri personaggi già visti -, Nicole Kidman ha un ruolo sciocco e banale, Andrew Rannells è la spalla gay, Keegan-Michael Key e Kerry Washington sono totalmente accessori, mentre James Corden interpreta la macchietta del gay tutta mossette e cliché (ma un attore gay disponibile non lo avevamo? Anche perché non è che James Corden sia questo attore di serie A...).
Insomma, nonostante i musical di solito si contraddistinguano per toni più leggeri e scanzonati, il vuoto (e francamente spesso noioso) circo messo in scena da questa pellicola non è sufficiente a salvare un prodotto che, sicuramente magnifico nella sua versione teatrale, qui fallisce di replicarne fasti e originalità. Forse Netflix dovrebbe smettere di dare carta bianca ai copia-incolla di Ryan Murphy e forse quest'ultimo dovrebbe cominciare a rallentare la sua produzione televisivo-cinematografica di massa.
Cast: Meryl Streep, James Corden, Nicole Kidman, Keegan-Michael Key, Andrew Rannells, Ariana DeBose, Kerry Washington, Jo Ellen Pellman, Tracey Ullman, Mary Kay Place.
Box Office: $187,430
Vale o non vale: Come al solito Hollywood (o almeno la stampa estera) arriva con anni di ritardo e conferisce alle produzioni di Ryan Murphy oggi un gran valore che, onestamente, mi pare non abbiano più come un tempo. Questo "The Prom" si aggiudica 2 nomination (assolutamente immeritate) ai Golden Globes di quest'anno, mentre altri titoli di Murphy ("Ratched", "Hollywood") finiscono per rubare il posto a prodotti ben più di valore. Sono anni che l'ideatore di "Glee" non è più all'altezza degli inizi e credo che dei prodotti più recenti si salvi onestamente solo "Pose".
"The Prom" non fa eccezione, banale e - non fosse per il cast di prim'ordine - prodotto più televisivo che cinematografico per mancanza di grandezza e ambizione, questo film finisce nella rappresentanza di quelle pellicole che, non avendo davvero niente da dire, si mantiene sulla superficie risultando a malapena accettabile, salvato solo da certi aspetti tecnici di valore (anche se da uno come Matthew Libatique, direttore della fotografia di pellicole come "Requiem for a Dream", "Everything Is Illuminated", Black Swan", "A Star Is Born" e "Birds of Prey", mi aspettavo molto, ma molto di meglio).
Spendete altrove il vostro tempo.
Premi: Candidato a 2 Golden Globes per Miglior film commedia o musical e Miglior attore protagonista (James Corden).
Parola chiave: Cause.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 25 gennaio 2021

Film 1788 - Death Becomes Her

Intro: Per un po' di tempo io e la mia collega di lavoro Péroline ci siamo lanciati in una movie night di coppia durante le nostre serate sconsolate da single (almeno per me) ad Auckland. Questo il primo film che abbiamo visto insieme, giusto per iniziare con il botto!
Film 1788: "Death Becomes Her" (1992) di Robert Zemeckis
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Péroline
In sintesi: come ogni film di Zemeckis o quasi, la trama è praticamente secondaria alla messa in scena, ma hey che messa in scena!
"Death Becomes Her", piccolo capolavoro di effetti speciali e make-up nonché spassosissima avventura, racconta le vicissitudini di due arci nemiche (Streep e Hawn) costrette a passare l'eternità insieme in nome di un patto col diavolo per rimanere eternamente belle e giovani e tenersi l'uomo al proprio fianco (uno sballottato Willis). La trama è tutto qui, non c'è davvero nient'altro da aggiungere, ma il risultato finale è fenomenale e ancora spettacolare considerato che il film ha quasi trent'anni.
Insomma, un piacere per gli occhi e anche un po' di patriottica soddisfazione grazie alla presenza di una super sexy Isabella Rossellini nei panni della tentatrice in possesso dell'elisir di lunga vita.
Film 287 - La morte ti fa bella
Film 1788 - Death Becomes Her
Cast: Meryl Streep, Bruce Willis, Goldie Hawn, Isabella Rossellini.
Box Office: $149 milioni
Vale o non vale: Non si può non aver mai visto questo film quindi, nel caso, correte ai ripari. Per tutti gli altri, una volta ogni tanto è piacevole rivedere questa pellicola che, per quanto non certo strabiliante, rimane comunque un pezzo importante del cinema mainstream americano.
Premi: Vincitore dell'Oscar e del BAFTA per i Migliori effetti speciali; candidato al Golden Globe per la Miglior attrice protagonista commedia o musical (Streep).
Parola chiave: Natural law.
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giovedì 12 marzo 2020

Film 1839 - Marriage Story

Intro: Volevo recuperarlo in qualche modo, poi ho scoperto che lo davano già su Netflix e non ho perso tempo.
Film 1839: "Marriage Story" (2019) di Noah Baumbach
Visto: dalla tv di Eric
Lingua: inglese
Compagnia: Eric
In sintesi: Adam Driver l'ha descritta come una storia d'amore sul divorzio e forse la descrizione non è nemmeno tanto sbagliata. "Marriage Story" ha un approccio molto americano alla gestione di una separazione (inizialmente) consensuale e porta in scena tutto un teatrino di avvocati, aspettative, scelte e dolori personali che caricano il racconto di una connotazione a tratti drammatica e pesante, ma che rende bene l'idea di cosa possa voler dire lasciarsi al giorno d'oggi - e in quel contesto - quando ci sia anche un figlio di mezzo.
Il film di Baumbach analizza scrupolosamente ogni fase della separazione e ne descrive ampiamente ogni momento, dalla terapia di coppia alle udienze, dai bei momenti in cui tutto andava ancora bene a come il tutto vada a finire, per due ore e un quarto intense e a volte anche molto belle, anche se nell'insieme non posso dire che questa pellicola mi abbia conquistato. Johansson e Driver sono bravi - specialmente il secondo, la prima in alcuni passaggi mi è sembrata un po' costruita -, ma in ogni caso non mi trovo d'accordo sulla scelta di consegnare a Dern il suo primo Oscar per un ruolo che, tutto sommato, non è così indimenticabile. La figura dell'avvocato è chiave in un racconto che sviscera così dettagliatamente gli step di un divorzio, eppure non c'è stato un momento in cui mi sono sentito colpito dal personaggio di Nora Fanshaw, né mai ho sentito il desiderio di vederla di più sullo schermo. Tra i vari ruoli in lizza quest'anno avrei sicuramente privilegiato interpretazioni come quelle di Florence Pugh ("Little Women"), Kathy Bates (stupenda in "Richard Jewell") o la stessa Johansson che in "Jojo Rabbit" ha una parte meravigliosa.
Ciò detto "Marriage Story" rimane un prodotto interessante e certamente figlio dei suoi tempi, concentratissimo a snocciolare momento dopo momento ansie, preoccupazioni, dolori e riappacificamenti di una storia d'amore che si sgretola e due esseri umani che cercano di ricordarsi cosa li ha fatti avvicinare, innamorare inizialmente. Questo tipo di storie non sono mai facili da raccontare, anche perché sempre molto personali, per cui mi limito a dire che, personalmente, ho trovato il racconto a tratti macchinoso, a volte poco efficace - per non dire poco credibile -, anche se tutto sommato non mi pento della visione.
Cast: Scarlett Johansson, Adam Driver, Laura Dern, Alan Alda, Ray Liotta, Julie Hagerty, Merritt Wever.
Box Office: $2.3 milioni
Vale o non vale: Non esattamente un film per una serata di svago in casa (e di serate in casa al momento ne abbiamo a iosa). Come ho già detto, non mi pento di averlo visto, si tratta di un prodotto che ha offerto un'ottima piattaforma a Scarlett Johansson per dimostrare il suo valore di attrice globale, ma onestamente non credo lo rivedrei. Di Baumbach fino ad ora ho visto solamente "While We're Young" che non mi è nemmeno piaciuto, per cui a parte dire che mi pare il suo stile sia leggermente nevrotico per quello che ho visto fin qui, altro non posso aggiungere. 

Detto ciò, "Marriage Story" ricorda un "Kramer vs. Kramer" di questa generazione (tra l'altro i due poster si ricordano molto).
Premi: Candidato a 6 Oscar e 6 Golden Globes per Miglior film, sceneggiatura, attore protagonista, attrice protagonista, colonna sonora e attrice non protagonista per la quale, in entrambi i casi, la Dern ha vinto. Quest'ultima si è portata a casa anche il BAFTA, unica vittoria su 5 nomination (sceneggiatura, casting, e attori protagonisti).
Parola chiave: Avvocati.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 2 agosto 2019

Film 1638 - Beaches

Intro: Era letteralmente un'eternità che volevo vedere questo film!
Film 1638: "Beaches" (1988) di Garry Marshall
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: non è stato esattamente quello che mi aspettavo, ma "Beaches" alla fine mi è piaciuto. Incarna perfettamente quell'atmosfera anni '80 che tanto mi piace e ricerco, oltre che sfoderare una Bette Midler in formissima. Non sono, invece, un gran fan di Barbara Hershey che, comunque, qui ha la parte più mono-tono, diciamo, difficile da mettere in risalto quando hai di fianco lo scoppiettio costante non solo del personaggio di CC Bloom, ma in generale proprio la verve della Midler. In ogni caso il binomio agli antipodi delle due protagoniste è il succo della storia e ci sta, anche perché sarebbe stato ingestibile dover proporre dei personaggi sopra le righe senza avere un elemento che smorzasse i toni.
Ciò detto, ho trovato tutto l'insieme meno conforme alle mie aspettative e a tratti un po' brusco, quasi poco raffinato; più 'grezzo' nell'inizio, il film riesce comunque a trovare una strada più definita nella seconda parte, quando finalmente le due amiche d'infanzia mettono da parte le loro divergenze e conflittualità per trovare un punto d'incontro - e di (ri)partenza - con la malattia di Hillary. Tutto sommato ho gradito e "Wind Beneath My Wings" è un classicone intramontabile che estende il suo stato di cult anche a questa pellicola.
Cast: Bette Midler, Barbara Hershey, John Heard, Spalding Gray, James Read, Lainie Kazan, Héctor Elizondo, Mayim Bialik.
Box Office: $57 milioni
Vale o non vale: Cult anni '80 con colonna sonora intramontabile: vi serve altro per convincervi a vederlo? Ah, e la protagonista è Bette Midler...
Premi: Candidato all'Oscar per la Migliore scenografia. La canzone "Wind Beneath My Wings" cantata dalla Midler per il film ha vinto 2 Grammy Awards nel 1990 (Record of the Year and Song of the Year).
Parola chiave: Atlantic City.

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venerdì 14 aprile 2017

Film 1342 - Brigadoon

Ne avevo sentito parlare, senza avere in realtà idea di cosa potesse parlare. Mi ha sempre colpito il titolo misterioso, così appena ne ho avuto la possibilità ho recuperato questo film...

Film 1342: "Brigadoon" (1954) di Vincente Minnelli
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano, inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Tratto dall'omonimo musical di Broadway, l'idea alla base della trama, per quanto assurda, è efficace e rimane impressa. Per una volta un po' più di originalità in questo genere nonostante lo step obbligato della storia d'amore tra i due protagonisti. Del resto non si può pretendere troppo da un titolo di 63 anni fa...
Sempre dallo stesso punto di vista, bisogna anche dire che si vede che "Brigadoon" è girato in studio, tutto ricostruito per l'occasione (non c'è una singola inquadratura che non lo testimoni). Del resto è il fascino di queste pellicole che oggi non si producono più: fondali dipinti, un numero spropositato di comparse, costumi fantastici, due protagonisti che si innamorano al primo sguardo, il tutto per un risultato finale da vera Hollywood classica. Se si apprezza il genere siamo di fronte ad un esempio calzante.
Per quanto riguarda le canzoni, che non conoscevo, devo dire che non mi hanno particolarmente colpito. Certo, le ho viste in inglese senza sottotitoli, in ogni caso, anche solo per il ritmo, non mi sono davvero rimaste impresse. I balli sono molto coreografici e plateali nei gesti per via del modo di recitare dell'epoca, caricato e volto a sottolineare mimica e gesti, che qui si traduce in un'impostazione ancora più innaturale del modo di comunicare dei personaggi (ma si sa che fa parte del "pacchetto" quando si decide di vedere un vecchio musical hollywoodiano). Una scena mi ha ricordato "Il curioso caso di Benjamin Button" nel momento in cui la Blanchett balla per Pitt. Qui Fiona (Cyd Charisse), che indossa un abito rosso come quello di Daisy, balla per Tommy (Gene Kelly) e danza come una ballerina mentre si muove con lui per il bosco. Contesti diversi, ma l'impressione è stata forte (e non è l'unica: "Tutti insieme appassionatamente", "7 spose per 7 fratelli", ecc).
Tutto sommato, comunque, il film funziona e adempie adeguatamente alla sua missione di intrattenimento con accompagnamento musicale. La regia di Minelli mi è sembrata moderna nell'approccio a certi numeri cantati (tip tap), ritmata grazie ad un montaggio quasi contemporaneo, classica per quanto riguarda il ricalcare il gusto estetico dell'epoca. Insomma, un prodotto meno scontato di quanto mi sarei aspettato, ma avevo basse attese; non penso lo rivedrei, in ogni caso non mi pento della visione.
Ps. Candidato a 3 premi Oscar: Miglior scenografia, costumi e sonoro.
Cast: Gene Kelly, Van Johnson, Cyd Charisse, Elaine Stewart, Barry Jones, Hugh Laing.
Box Office: $2.25 milioni (solo USA)
Consigli: Un villaggio fermo nel tempo che appare nella campagna scozzese una volta ogni 100 anni è la premessa molto intrigante alla base di "Brigadoon", musical senza tempo dell'età d'oro hollywoodiana. Non è il titolo più rappresentativo del genere, a mio avviso, ma rimane comunque un ottimo intrattenimento per chi apprezza questo tipo di produzioni. Non è per tutti, naturalmente.
Parola chiave: Caccia.

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Bengi

giovedì 28 novembre 2013

Film 621 - King Kong

Cineforum dell'incidentato capitolo VII: allo zoo.

Film 621: "King Kong" (2005) di Peter Jackson
Visto: dalla tv dei miei
Lingua: italiano
Compagnia: madre
Pensieri: Ricordavo perfettamente che, quando l'avevo visto al cinema con la mia amica Claudia, lei era arrivata alla fine della visione sfiancata dalla lunghezza del film.
Quando ho deciso di rivederlo, quindi, avevo a mente questo dettaglio, ma non avevo messo a fuoco bene la cosa, ovvero che "King Kong" di Peter Jackson dura 187 minuti filati. Più o meno come tutta la trilogia de "Il signore degli anelli".
Da questo punto di vista è una storia fallimentare, troppo carica di eventi per risultare digeribile ai più e solo chi fosse veramente appassionato a (ri)vedere l'enorme gorilla sul grande schermo potrebbe decidere di imbarcarsi in un'impresa tanto lunga ed estenuante.
E' vero che il mondo presentato è certamente affascinante, specialmente quello dell'isola, però c'è proprio troppa carne al fuoco e alla lunga si perde la concentrazione per la stanchezza.
Anche se ammetto che mi sono fatto coinvolgere volentieri dai fantastici effetti speciali, i personaggi mi pare siano un po' deboli più che altro perché troppi e perché, in tutto il casino pre e post Kong, non ci si riesce mai ad affezionare davvero a nessuno di loro. Kong a parte, chiaramente.
Bello e riuscito il finale - tristissimo - con il povero gorilla in cima all'Empire State Building che difende l'amata e sé stesso dagli attacchi del resto delle persone che non solo non l'hanno mai capito, ma l'hanno anche incatenato e reso schiavo, come un trofeo vivente.
In generale la storia di Kong ci racconta che l'uomo e la natura si scontrano sempre e non è detto che il risultato sia certo. Per la maggior parte del racconto, infatti, gli uomini sono microscopiche pedine al servizio di affamati predatori che se li contendono come deliziose caramelle e, anche quando l'uomo riesce a prendere il sopravvento sull'animale, il prezzo da pagare è alto.
Insomma, per quanto la non totale originalità dei macrotemi di questo film alla lunga affatichi il risultato finale, bisogna riconoscere a Jackson quello di sapere riempire un "semplice" effetto speciale di una sorta di anima narrativa capace, senza alcuna sintesi, di tracciare le avventure dei personaggi che, col tempo, passano tra le mani del regista (Jackson ha scritto la sceneggiatura di tutte le sue ultime pellicole assieme alla moglie Fran Walsh e Philippa Boyens). Questa volta i protagonisti erano molti e anche piuttosto famosi (Jack Black, Adrien Brody, Colin Hanks, Andy Serkis, Kyle Chandler, Jamie Bell, ma solo Naomi Watts è ancora veramente sulla cresta dell'onda), nessuno dei loro ruoli davvero simpatico o in grado di attirare il consenso del pubblico. Tutti un po' freddini.
Insomma, il potere di Jackson sta nel saper dare vita alla sua immaginazione servendosi di strumenti che altri utilizzerebbero solo per far esplodere cose. C'è accuratezza nei dettagli, un grande lavoro di ricostruzione e una cura dell'immagine particolarmente ricercata. Si perdere solo un po' l'effetto durante le scene con i dinosauri, più che altro perché sembra di vedere un videogioco e scema il senso del reale.
Tutto sommato direi che è un film che si può certamente vedere almeno una volta nella vita. Ma bisogna avere molto tempo a disposizione...
Ps. 3 Oscar vinti (effetti speciali, missaggio sonoro, montaggio sonoro) e un incasso mondiale di $550.5 milioni di dollari (aggiustando il valore, tenendo conto dell'inflazione, il totale è $658 milioni).
Consigli: Se "King Kong" fosse stato in 3D credo avrebbe veramente valso la pena vederlo.
Spettacolare e di intrattenimento. Ma è molto, molto, molto lungo.
Parola chiave: Isola del Teschio.

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Bengi

mercoledì 3 agosto 2011

Film 287 - La morte ti fa bella

Altra cena, altro film. Questa volta suggerimento di Andrea!


Film 287: "La morte ti fa bella" (1992) di Robert Zemeckis
Visto: dalla tv del Puffo
Lingua: italiano
Compagnia: Marco, Andrea, Andrea Puffo, Michele P., Davide
Pensieri: Sebbene abbia sempre considerato questo film quale un capolavoro avveniristico, effettivamente rivedendolo per intero e tutto in una volta, mi pare di essermi accorto del suo più grande punto debole: la storia.
Non so se sembri solo a me, ma molti dei film di Zemeckis, mi pare abbiano sempre qualcosa di incompiuto, che si risolvano in un unico atto che, in realtà, non soddisfa totalmente le necessità dello spettatore. E' stato così per "Polar Express", "La leggenda di Beowulf" o "A Christmas Carol". In questo caso specifico ho rivissuto nuovamente questa sensazione.
Comunque, al di là di ciò, il film è davvero molto divertente. Il cast è perfetto (essendo un film di 19 anni fa è davvero notevole confrontare il riuscitissimo trucco 'invecchiante' su attori che, oggi, hanno tutti superato i 55anni di età), gli effetti speciali davvero strabilianti (tecniche di realizzazione davvero futuristiche per l'epoca) e le gag sono spassosissime. Rimane, come si diceva, un certo senso di incompiuto nella trama, ma nel complesso la pellicola è efficace.
Il trio/triangolo Meryl Streep-Bruce Willis-Goldie Hawn, spalleggiato dalla nudissima Isabella Rossellini, strappa più di una risata tra un insulto, una caduta dalle scale, un torcicollo e un crampo allo stomaco decisamente feroce... La storia è semplice e classificabile alla voce: ripicca sulla ex amica ed ex fidanzato che mi hanno mollata e mi hanno fatta ingrassare a dismisura. Tutto, ovviamente, è funzionale all'effetto speciale, ma fortunatamente la bravura degli attori non rende tutto fine a sé stesso.
Eternamente belle ed eternamente giovani sarà un motto più che abusato nella cinematografia (e nella vita) a venire; a questa pellicola il merito di aver - con ironia - precorso i tempi.
Film 287 - La morte ti fa bella
Film 1788 - Death Becomes Her
Consigli: Da vedere con gli amici, da goderselo in lingua originale. Sfavillanti gli effetti speciali d'avanguardia per il periodo.
Parola chiave: Vernice spray.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 1 febbraio 2011

Film 212 - Chicago

Sinceramente non ricordavo più tanto bene questo film che, nel 2003, aveva rubato l'Oscar come miglior film a pellicole del calibro di "Il signore degli anelli - Le due torri" e "Il pianista". Meglio dare una rinfrescata alla memoria...


Film 212: "Chicago" (2002) di Rob Marshall
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Nicolò
Pensieri: "Chicago" è uno strano film. Per riassumerlo in una frase un po' estrema: è un bel musical con delle brutte canzoni.
Sarà che penso a "Moulin Rouge!" tutte le volte che vedo un film di genere, ma oggettivamente non posso dire mi sia piaciuta davvero una sola delle canzoni proposte (il film è tratto dal musical di Broadway). L'unica canticchiabile e che rimane in testa è "Overture/And All That Jazz" cantata dalla Zeta-Jones (per questo ruolo Oscar 2003 come attrice non protagonista). Le altre o sono troppo lunghe o spezzate dai troppi dialoghi in mezzo, interrotte facendo perdere, così, l'attenzione (e il ritmo) dello spettatore.
Probabilmente la scelta di adattare questo musical in film, evitando il più possibile l'effetto videoclip di due ore (vedi il recente "Burlesque"), ma piuttosto tentando un approccio un attimo più adulto e raffinato (dire di nicchia forse è azzardato), fa deragliare il regista Rob Marshall ("Memorie di una Geisha") che non è sempre capacissimo (ma dimostrerà di più la sua incompetenza in "Nine"). Nonostante certi effetti suggestivi nelle coreografie (figure in ombra dietro neon di luci colorate o numeri di ballo particolarmente efficaci), l'effetto è spesso molto caotico. Come si ripeterà nel musical ispirato ad "8 1/2" di Fellini, le scenografie sono ampie, illuminate da luci a occhio di bue che lasciano nel buio il resto della scena. Molto teatrale, in effetti, ma a volte non capire dove terminino i confini è fastidioso. La collocazione non ha spazio, nonostante sia alternata grazie al montaggio a scene in tribunale o in carcere, quindi ben delineate nel perimetro, ma, alla lunga, mi hanno stancato.
Tecnicamente parlando, invece, bei costumi e brava Renée Zellweger; deludente la voce di Richard Gere e un po' esagerato l'Oscar a Catherine Zeta-Jones (quell'anno c'erano anche Meryl Streep e Julianne Moore in nomination con lei...); simpatici Queen Latifah, John C. Reilly e Christine Baranski (Mamma Mia!"). Troppi, sicuramente, i 6 Oscar vinti (tra cui miglior film). Non a caso, in un sondaggio di qualche anno fa sugli (allora) recenti vincitori della categorie 'Best Movie', questa pellicola è risultata la meno significativa tra gli ultimi dieci ad essersi aggiudicati il titolo.
Ps. $306,776,732 di incasso nel mondo, di cui $170,687,518 solo in America.
Consigli: E' curioso confrontare questo musical e l'altro dello stesso regista, "Nine", per notare e riconoscere un certo stile che ritorna. Fateci caso!
Parola chiave: Omicidio.


Ric