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sabato 13 agosto 2022

Film 2123 - Doubt

Intro: Ogni tanto ritornano...

Film 2123: "Doubt" (2008) di John Patrick Shanley
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: uno dei miei film preferiti che non mi stanco mai di rivedere, "Doubt" e il suo simbolismo mi lasciano ogni volta senza fiato. Motivo per cui ho voluto condividere la mia passione per questo film con Ciarán che, devo dire, ha apprezzato.
Cast pazzesco - una sorta di scontro fra titani attoriale - e storia intrigante e disturbante, "Doubt" lascia lo spettatore con, inevitabilmente, molti dubbi oltre che la possibilità di interpretare la storia secondo la propria sensibilità.
Da vedere.
Film 60 - Il dubbio
Film 125 - Il dubbio
Film 342 - Il dubbio
Film 2123 - Doubt
Cast: Meryl Streep, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Viola Davis, Joseph Foster, Carrie Preston.
Box Office: $50.9 milioni
Vale o non vale: Una delle mie pellicole preferite in assoluto. Intelligente, ben scritto, interpretato magnificamente da un quartetto di attori assolutamente perfetti per la parte, "Doubt" richiede l'attenzione massima dello spettatore perché questo film sta tutto nei particolari.
Premi: Candidato a 5 Oscar (Miglior sceneggiatura non originale, attrice protagonista Streep, attore protagonista Hoffman e attrici non protagoniste Adams e Davis), 3 BAFTA (Miglior attrice protagonista Streep, attore non protagonista Hoffman e attrice non protagonista Adams), 5 Golden Globe (Miglior sceneggiatura non originale, attrice protagonista Streep, attore protagonista Hoffman e attrici non protagoniste Adams e Davis).
Parola chiave: Alcol.
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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 8 luglio 2019

Film 1624 - Don't Breathe

Intro: Ricordavo che mi era un sacco piaciuto e non vedevo l'ora di rivederlo.
Film 1624: "Don't Breathe" (2016) di Fede Alvarez
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: in un mix di atmosfere horror e thriller, "Don't Breathe" - in italiano insensatamente "Man in the dark" - riesce bene nel suo intento di spaventare lo spettatore grazie ad una perfetta costruzione della suspense, soprattutto nella parte iniziale. Le motivazioni alla base del folle piano di Norman (Lang) fanno un po' ridere, ma l'assurdità della cosa non compromette il buon risultato finale. Il film funziona bene.
Film 1222 - Man in the dark
Film 1624 - Don't Breathe
Cast: Jane Levy, Dylan Minnette, Daniel Zovatto, Stephen Lang.
Box Office: $157.1 milioni
Vale o non vale: Buon ritmo, spaventi a sufficienza e un protagonista cieco di una tenacia e incazzatura incredibili, il tutto per una pellicola che, nel suo genere, ha molto da raccontare. Non c'è niente di soprannaturale - semmai surreale -, eppure pensare di essere uno dei protagonisti fa paura. E non poco.
Premi: /
Parola chiave: Soldi.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 11 maggio 2017

Film 1354 - La prossima vittima

Era da un po' che questo titolo colpiva la mia curiosità quando aprivo il catalogo Netflix, sempre presente tra i suggerimenti della piattaforma. Non avevo mai trovato l'occasione giusta per vederlo, fino a quando, qualche tempo fa, mi sono convinto a dargli una chance.

Film 1354: "La prossima vittima" (1996) di John Schlesinger
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Non che mi aspettassi un capolavoro, in ogni caso questa pellicola è rimasta leggermente sotto i miei pronostici, pur regalandomi ciò che andavo cercando, ovvero una storia finto impegnata che in realtà rimane sulla superficie e sceglie grandi attori per raccontare quello che, si scoprirà man mano, è qualcosa di già visto altre milioni di volte. Non c'è niente di male, d'altronde "La prossima vittima" non è certo passato agli annali per innovazione e qualità. Io cercavo disimpegno non comico, quell'atmosfera che solo gli anni '80 e '90 sanno regalare, oltre che scoprire una Sally Field più inedita, meno mamma chioccia impacciata e più donna d'azione. Da questo punto di vista il film ha, come dicevo, soddisfatto le mie esigenze.
Il problema di questo prodotto - oltre che essere leggermente datato in toni e modi (vedi "Copycat - Omicidi in serie") - è che vive di un cattivo oggi troppo caricaturale, uno stramboide con la faccia da criminale, un disadattato troppo evidentemente disagiato, tanto da risultare poco credibile. Poi per carità, io non ho molte esperienze con certe categorie umane al limite, sicuramente qui la sensazione è quella più di un personaggio che di una persona plausibile anche nella realtà. Ciò guasta non poco il risultato nel suo complesso, andando ad abbassare la qualità di un titolo già di per sé non eccelso per approfondimento psicologico ed evoluzione dei propri protagonisti. Per dirne una: Karen (Field) è ossessionata dall'assassino stuprato di sua figlia e... si trasforma in detective a "La Signora in giallo" mixato a una sorta di vendicatrice della notte, il che risulta a volte anche un tantino involontariamente ridicolo.
Per carità, è evidente che le intenzioni fossero buone, ma in generale "Eye for an Eye" rimane troppo bloccato in una formula poco realistica e più cinematografica che lo declassifica a puro intrattenimento rispetto a una trama - basata sul romanzo omonimo di Erika Holzer - che potenzialmente poteva portare l'occhio del pubblico a riflettere su una questione scomoda anche se, purtroppo, sempre attuale.
Cast: Sally Field, Kiefer Sutherland, Ed Harris, Beverly D'Angelo, Joe Mantegna, Philip Baker Hall.
Box Office: $26,877,589
Consigli: Si lascia guardare, anche se non si tratta certo di una pellicola indimenticabile. Mi è sembrata più una diversificazione di genere per la carriera della Field, un titolo in cui mai mi sarei aspettato di vederla. In ogni caso, visto l'argomento, non una scelta per tutte le occasioni.
Parola chiave: Stupro.

Se ti interessa/ti è piaciuto

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 1 giugno 2016

Film 1148 - Colonia

Incuriosito dalla locandina, poi ancora di più dopo aver scoperto chi facesse parte del cast, appena lo streaming lo ha messo a disposizione in lingua originale non ho perso tempo e l'ho guardato!

Film 1148: "Colonia" (2015) di Florian Gallenberger
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Film di stampo storico con annesso intento di denuncia, questo "Colonia" approda però al cinema in una strana forma che sembra mischiare "Lost" ad "Argo" e "Hunger Games", per un risultato finale d'effetto, ma forse non in grado di sviscerare tutto il potenziale della vicenda.
Premessa (da Wiki): il titolo fa riferimento a Colonia Dignidad (o Villa Baviera), "villaggio cileno fondato nel 1961, posto 35 km a sud-est di Parral, Provincia di Linares, nella regione del Maule [...]. Nel momento del suo massimo sviluppo Villa Baviera ospitava circa 300 residenti tra tedeschi e cileni, distribuiti su una superficie di 137 chilometri quadrati. Le principali attività economiche erano legate all'agricoltura; la colonia ospitava una scuola, un ospedale, due piste di atterraggio, un ristorante e una centrale energetica. Il villaggio, circondato da una barriera elettrificata con torri di osservazione e proiettori di ricerca, era difeso da armi di vario genere tra cui un carro armato". La scheda prosegue con la successiva suddivisione in paragrafi, esemplificativi sufficientemente senza bisogno di aggiungere altro: Legami col Nazismo, Torture, Accuse di abusi, Molestie su bambini, Detenzione di armi. Senza contare che, a quanto pare, nessuno che sia entrata a Villa Baviera vi è mai uscito.
Il materiale è sufficiente per ben più che un unico film, in ogni caso lo sforzo che si cerca di fare qui è lodevole, pur troppo spesso lasciando molto spazio a certi fatti violenti descritti in maniera didascalica, a sfavore di un contesto storico-politico lasciato troppo nello sfondo. E' vero che la colonia è un mondo chiuso, impenetrabile, di fatto un carcere, ma non si può nemmeno chiamare in ballo la storia e poi decidere di relegarla ad inizio e fine del film.
In ogni caso buona parte del carisma di questa pellicola deriva dalle buone interpretazioni dei suoi protagonisti, primo fra tutti un inquietante Michael Nyqvist (già visto nella trilogia originale di "Uomini che odiano le donne" e cattivo istituzionale di "Mission: Impossible - Protocollo fantasma") che riesce a instillare paura nello spettatore, incapace di prevedere quanta altra cattiveria e bassezza personale riuscirà ad evocare il suo disgustoso personaggio. L'inedita coppia di amanti Emma Watson e Daniel Brühl si becca la sufficienza, ma sull'attrice una postilla: forse per una certa sua impostazione di base, quando si tratta di dramma la Watson ripropone ormai da tempo sempre lo stesso repertorio che è buono, sì, ma sempre uguale non importa che si sia ad Hogwarts o minacciati dalla dittatura di Pinochet.
In definitiva un titolo non perfetto, ma che non manca di emozionare.
Cast: Emma Watson, Daniel Brühl, Michael Nyqvist, Richenda Carey, Vicky Krieps.
Box Office: $2.3 milioni
Consigli: Direi che "Colonia", pur rovinato da un finale davvero poco credibile, rimane un tentativo di portare in superficie una storia forse non troppo conosciuta - di sicuro a me sconosciuta - che non sarà perfetto, ma ha il valore dell'intento che si è prefissato. E francamente non trovo nemmeno che sia un titolo così malriuscito come la critica lo ha descritto. Per cui vale la pena dargli una chance, dato che è appena uscito nelle sale (il 26 maggio), pur tenendo presente che si tratta di una storia complicata, difficile e dolorosa. Ma è pur sempre tratta da un fatto accaduto realmente, di cui non ci si dovrebbe dimenticare.
Parola chiave: Paul Schäfer.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 30 marzo 2016

Film 1109 - Room

Ultimo titolo da Oscar che volevo recuperare!
Film 1109: "Room" (2015) di Lenny Abrahamson
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Poe
Pensieri: Ogni anno succede. Vedo quel film di cui la critica ha parlato benissimo, quella pellicola pronta a portarsi a casa Oscar e riconoscimenti e... rimango puntualmente deluso. Così lo dico, senza girarci troppo intorno: a me "Room" non ha sconvolto, Bree Larson non mi è sembrata inarrivabile e, in definitiva, il film non mi ha convinto.
Ora che finalmente posso liberarmi di questo peso - avendo visto "Room" il giorno stesso degli Oscar è un mese che attendevo di scrivere questa recensione -, mi sento un po' meglio. Ci ho riflettuto a lungo, ci ho pensato e ripensato. Per non perdermi proprio niente della pellicola l'ho anche vista in inglese. Eppure niente, non è scoccato l'idillio. Sì, la Larson è brava, il giovanissimo Jacob Tremblay particolarmente portato, ma mi ha aspettavo qualcos'altro, forse addirittura di più. Ecco perché cerco di evitare il più possibile di documentarmi sui vari titoli prima di vederli, il rischio di guastarmi la visione è sempre dietro l'angolo.
Chiaramente in questo caso era difficile schivare lo spoiler, salvaguardarsi dall'approfondimento: negli ultimi mesi il film e il suo cast sono stati sotto la lente d'ingrandimento hollywoodiana e non solo (ad oggi il film è a quota 116 candidature sparpagliate per le premiazioni e i festival di tutto il mondo), il che ha necessariamente portato a un'avvicinamento a storia e protagonisti, voluto o meno che fosse. Ed ecco perché le mie aspettative erano altre.
Da quello che avevo capito, dall'idea che mi ero fatto, pensavo che "Room" fosse più una sorta di thriller incentrato sul perché mai una donna e suo figlio avessero deciso di vivere isolati all'interno di una stanza. Magari lei era pazza. Magari al di fuori vi era uno scenario postapocalittico. Magari...
E invece la storia raccontata qui è molto diversa, è un pugno nello stomaco e, però, un colpo assestato solo a metà. Il dramma della prigionia è molto ben rappresentato, pur rimanendo all'interno di quelli che saranno sì e no 10 m²; la storia non soffre di una claustrofobia che sarebbe stata plausibile: la brava mamma di Jack è stata in grado di rendere quella prigione quasi confortevole, nonostante tutto. Una volta fuori, la storia cambia temi e, naturalmente, scenari e quella magia e chimica tra i due protagonisti si perde leggermente in favore di una scoperta del mondo da parte di Jack e della scoperta da parte del mondo dei due poveri reclusi. In questa parte, in particolare, ho sentito di più la mancanza di connessione con la vicenda, forse gelata dal mio spezzare la visione di "Room" in due parti. In ogni caso ho gradito maggiormente l'inizio.
Insomma, è chiaramente un'opinione personale viziata da una serie di aspettative e circostanze, in ogni caso "Room" non mi ha tra i suoi sostenitori, come era stato qualche anno fa con "Silver Linings Playbook". Vedremo se la carriera della Larson prenderà definitivamente il volo dopo il successo legato a questa produzione - come era successo alla Lawrence - o se l'exploit ottenuto rimarrà legato a qualche anno di strascichi e nient'altro. In bocca al lupo!
Ps. Candidato a 4 Oscar, tra cui Miglior film, "Room" ha vinto nella categoria Miglior attrice protagonista. Brie Larson per questo ruolo ha vinto anche un Golden Globe e un BAFTA.
Cast: Brie Larson, Jacob Tremblay, Joan Allen, Sean Bridgers, William H. Macy, Justin Mader, Amanda Brugel, Tom McCamus.
Box Office: $35.4 milioni
Consigli: Considerato che ha vinto così tanti premi per la sua attrice protagonista e che ha raccolto così tanti commenti positivi tra la critica di tutto il mondo, vale certamente la pena di dare una chance a questa pellicola, consci che si tratta di un viaggio non facile da intraprendere. Può piacere, ma non è per tutti.
Parola chiave: Old Nick.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 21 novembre 2014

Film 822 - Red Eye

Dato che Lu non lo aveva mai visto ho dovuto assolutamente rispolverare il mio dvd di...

Film 822: "Red Eye" (2005) di Wes Craven
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: A mio avviso tra i migliori di Craven che riesce a produrre un effetto di suspense e tensione per tutta la durata del volo. L'avrò visto ormai 1000 volte, eppure rimango sempre concentratissimo ogni volta che lo riguardo.
L'ambiente claustrofobico dell'aereo, la minaccia di morte costante a cui si aggiunge l'ansia per il tentativo di mettere in pratica un attentato sono tutti ottimi elementi che concorrono a creare il giusto "ambiente", che si scalda però solo grazie alla bravura dei due protagonisti Rachel McAdams e Cillian Murphy (oltre che, naturale, grazie alla regia accorta di Wes).
Insomma, thriller adrenalinico con qualche buon colpo di scena e un cattivo che, strano, sembrerebbe non voler morire mai...

Film 169 - Red Eye
Film 301 - Red Eye
Film 822 - Red Eye
Film 1945 - Red Eye
Film 2165 - Red Eye
Box Office: $95,577,778
Consigli: Se si è in cerca di qualcosa di rapido, con un buon ritmo e toni thriller questo è un titolo perfetto. La mano esperta di Wes Craven è davvero funzionale a questa storia che, ambientata per la maggior parte all'interno di un aereo di linea, sarebbe potuta risultare noiosa e priva di suspense. Al contrario il senso di claustrofobia, l'ansia e il buon cast sono tutti elementi che concorrono a un'ottima riuscita della pellicola. Da vedere.
Parola chiave: Barca.

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Bengi

lunedì 23 dicembre 2013

Film 637 - Prisoners

Ero attirato principalmente dalla presenza dei due attori protagonisti, anche perché Jake Gyllenhaal mancava dal grande schermo già da un po' di tempo...

Film 637: "Prisoners" (2013) di Denis Villeneuve
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Pensavo sinceramente fosse uno di quei film con un grande cast (Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal, Viola Davis, Maria Bello, Terrence Howard, Melissa Leo, Paul Dano), ma con nessuna chance di proporti qualcosa di interessante. E invece "Prisoners" è più che sorprendente!
Parte piano e, sinceramente, lascia quasi intendere che ciò che vedi è proprio quello che ti aspettavi: il solito prodotto che si gioca tutto attraverso i suoi protagonisti, senza davvero impegnarsi in una storia interessante e/o convincente. In realtà, piano piano, il racconto prende direzioni inaspettate, finanedo per intraprendere percorsi narrativi che toccano temi piuttosto scottanti come la giustizia privata, il fanatismo e, naturalmente, il rapimento di minori e le conseguenze che ha sulle famiglie che lo subiscono. Insomma, non esattamente cose da nulla.
Il tema del rapimento segue tutto il percorso del film praticamente dall'inizio e accompagna i 153 minuti di pellicola come tema portante a cui, man mano che si procede a raccontare, si aggiungono gli altri che vanno ad arricchire "Prisoners" di pathos e tensione. Numerose le domande che si è costretti a porsi: come mi comporterei se rapissero mio figlio? Quanta fiducia darei a chi è incaricato di indagare? E, se fossi sicuro di aver individuato il/i colpevole/i, quanto potrei spingermi oltre pur di ottenere una confessione che mi aiuti a ritrovare mio figlio? Riuscirei a trasformarmi in una specie di vendicatore della notte, tra torture e sensi di colpa?
Insomma, pur partendo in sordina, questa pellicola ingrana presto la marcia giusta e si confronta con domande che rendono spesso difficile rapportarsi con quello che si sta vedendo, ovvero la personale discesa all'inferno di Keller Dover per ritrovare la figlia rapita il giorno del ringraziamento da qualcuno che lui ritiene essere l'infantile Alex Jones. Avrà ragione?
Il dubbio è una componente intrinseca di questa storia e per la maggior parte del tempo bisognerà fare i conti con la possibilità che tutto ciò che sta facendo Keller sia effettivamente sbagliato. Le piste che lui e il Detective Loki stanno seguendo, poi, sono completamente differenti e non si sa mai davvero per quale dei due parteggiare.
In un difficile gioco di specchi, tra l'ombra dell'abuso sessuale e il feroce timore di non riuscire a ritrovare in tempo la sua bambina, Keller finirà per affrontare anche i suoi personalissimi demoni, segnato per sempre da ciò che farà pur di non sprecare nessuna possibilità di trarre in salvo la sua Anna.
Sia nel modo di affrontare la vicenda, sia nei personaggi - e, per forza, nell'interpretazione degli attori - "Prisoners" funziona alla grande e lascia un segno forte nello spettatore, costretto anche lui a ritrovarsi faccia a faccia con decisioni scomode, scene violente e rivelazioni inquietanti da far accapponare la pelle. Melissa Leo invecchiata è letteralmente la rivelazione del film - nella versione italiana molto l'aiuta avere la doppiatrice di Meryl Streep, Maria Pia Di Meo -, glaciale ed inquietante al contempo. Hugh Jackman nella parte del padre che tutti vorremmo avere è una garanzia, aiutato dalle sue spalle-armadio e la capacità di risultare roccia sì, ma in grado di commuoversi e comunicarti anche solo con lo sguardo che il suo mondo di padre si sta sgretolando man mano che le ore passano e le possibilità di trovare la sua bambina ancora viva diminuiscono. Viola Davis in generale non mi dispiace mai, anche se quando le toccano queste parti pianto-annesse finisce sempre per lacrimare anche dal naso e la cosa mi distrae sempre un po' dalla sua interpretazione
(vedi "Il dubbio"). Più innoqui Maria Bello e Terrence Howard i cui ruoli finiscono per essere marginali. Paul Dano lievemente ritardato è perfetto e si fa odiare in maniera magnifica, mentre il detective di Jake Gyllenhaal piace per il taglio di capelli cool e perché, alla fine, è esattamente chi speravi che fosse.
Nonostante questo film non sia stato particolarmente preso in considerazione tra le pellicole meritevoli di nomination in questa stagione di premiazioni, devo dire che, al momento, "Prisoners" è uno dei migliori prodotti cinematografici che ho visto, ben scritto, realizzato e recitato, teso ed oscuro, capace di tenerti appeso ad una speranza fino all'ultimo secondo, fino a quel fischio che ti fa, finalmente, tirare un sospiro di sollievo.
Ps. $118,433,958 incassati al botteghino e 46 milioni spesi per produrlo.
Consigli: Assolutamente uno dei titoli più interessanti di questo 2013. Grande cast, ottima sceneggiatura, atmosfera cupa da thriller, ma con parecchie incursioni dark nella psiche dei protagonisti. Bello e riuscito. Davvero una sorpresa.
Parola chiave: Camper.

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Bengi

lunedì 2 settembre 2013

Film 577 - Lolita

Ho letteralmente divorato il libro durante la vacanza in Grecia, rapito dallo stile del'autore e dalla trama che, man mano che si sviluppava, non sapevo in quale scabroso meandro avrebbe potuto condurmi.
Tornato dalle ferie non ho perso tempo e ho subito guardato la trasposizione cinematografica realizzata nientemeno che da Stanley Kubrick.


Film 577: "Lolita" (1962) di Stanley Kubrick
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ammetto che avessi aspettative altissime per questa pellicola, disattese in particolare per la sceneggiatura.
Innanzitutto era impossibile non chiedersi come, negli anni '60, fosse stato possibile trarre un film da un libro così complesso e dalle tematiche così impossibili da prendere di petto. Per quanto nel romanzo di Nabokov non sia presentata mai alcuna espressione volgare, è comunque vero che le immagini evocate sono inequivocabili; rendere, dunque, ciò che nel libro è 'nascosto' dalla parola è stata certamente una sfida all'interno del contesto cinematografico, specialmente considerato il target tendenzialmente generico della pellicola. Questa sfida, a mio avviso, per l'occhio di uno spettatore moderno è totalmente persa. Il magnetismo erotico, malizioso e al contempo innocente di Dolores è completamente perso nella trasposizione per il cinema e, considerato il periodo storico, si fa leva su altri fattori per noi oggi privi di rilievo. Sue Lyon è relativamente in grado di suscitare la morbosità curiosa di chi guarda sapendo ciò che sta per accadere, non riesce in toto a ricreare quel giochetto perverso di autoconsapevolezza e smarrimento, dolcezza e scabrosità che, invece, sarebbero dovuti appartenere alla piccola protagonista che, già a 12anni, riesce a far impazzire il suo futuro patrigno Humbert Humbert. Tra l'altro, in un'ottica più contemporanea, si sarebbe potuto giocare di più con un repertorio di immagini plausubilmente più accettate. Per esempio si sarebbero potuti rendere tutti quei particolari, causa di eccitazione per Humbert, come la peluria infantile di braccia ed ascelle, il vezzo dell'osservazione voyeristica di scapole e spalle oltre che delle gambette da bambina. Senza voler scadere in nulla di più, l'aiuto di qualche suggerimento di malsano attaccamento da parte di lui avrebbe delineato meglio e reso più fedelmente giustizia al libro e alle magnificamente lucide considerazioni del suo malato narratore. Ma ritorniamo alla realtà dei fatti.
Già, perché "Lolita" era un qualcosa di troppo rovente all'epoca per non tentare di sfruttarne la eco, dovendone però delineare nettamente i confini all'interno della decenza più auspicabilmente raggiungibile. E allora tutta la trasudazione di (s)piacevole confessione erotica perde di valore dal primo all'ultimo minuto di pellicola. Non perché Kubrick sia incapace di suscitare immagini adatte all'atmosfera del film, ma perché di fatto questo prodotto cinematografico ha tutta un'altra storia rispetto al romanzo originale. Nonostante libro e sceneggiatura appartengano entrambi a Nabokov - anche se la seconda subirà non pochi rimaneggiamenti da parte di altri - di fatto solo gli snodi principali sono affrontati nel film, quasi a suggerire un percorso, senza però rispettarlo appieno. E così già si comincia con il finale, per poi spiegare che cosa ha portato all'omicidio da parte di Humbert/James Mason dello scrittore Clare Quilty/Peter Sellers. Ma già da quella scena, a causa di ciò che mi aspettavo dopo la lettura, mi sono reso conto che l'istrionico genio malato di Humbert non fosse in grado di fuoriuscire dall'interpretazione granitica resa da Mason, bloccato in una resa di statuaria impotenza, quasi inconsapevole della sua deviazione e talmente succube da esserne stordito e pietrificato. Quello, invece, che rende particolare H.H. nel libro è proprio la sua sciolta consapevolezza di mostruosità che riesce ad essere mascherata da una brillante messa in scena pubblica, dinamica quanto basta da distrarre per lungo tempo l'occhio dell'uomo medio da qualsivoglia sospetto. Per farla breve: Mason sembra subito colpevole o, quantomeno, portatore di qualche inconfessata stranezza.
Dico la verità, non so se un "Lolita" rivisto oggi sarebbe comunque in grado di soddisfarmi. L'esplicito quotidiano cui siamo abituati riuscirebbe probabilmente ad intaccare un lavoro di parola che suscita immagini nitidissime ma evitando sempre il contatto con il reale, magia che l'esplicito non riesce a regalare. Anche se, forse, una come Chloë Grace Moretz sarebbe in grado di suscitare quella malizia di bambina perversa, già ninfetta della sua generazione.
Insomma, "Lolita" di Kubrick appartiene al suo regista come "Lolita" di Nabokov appartiene al suo autore. Sono prodotti profondamente, inevitabilmente diversi. Ho preferito il libro per il semplice fatto che è stupendo, mentre il film presenta una versione della storia diversa e su cui è richiesta una fantasia d'approccio che, di fatto, se non avessi letto il libro avrebbe limitato la mia comprensione.
Ps. Nomination all'Oscar per Miglior sceneggiatura non originale a Vladimir Nabokov.
Consigli: I fans del libro o i fans di Kubrick non possono certo perdersi questa pellicola. Gli altri decidano: il tema è pesante, ma trattato con un certo garbo (da censura). Il finale è triste e lascia con un profondissimo amaro in bocca. Ma consiglio infinitamente di leggere il libro, da cui recuperare la disperata descrizione di hotel e motel, oltre che la paesaggistica americana. Non meno che la viva confessione di un uoma che sa di aver distrutto l'infanzia di una bambina.
Parola chiave: Ninfetta.

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Bengi

giovedì 28 marzo 2013

Film 521 - Noi siamo infinito

Volevo vederlo! Volevo vederlo! Volevo vederlo! Volevo vederlo! Volevo vederlo!
L'ho visto e me ne sono innamorato.


Film 521: "Noi siamo infinito" (2012) di Stephen Chbosky
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: "The Perks of Being a Wallflower" è una di quelle pellicole che volevo vedere e da cui mi aspettavo tantissimo Ed è tra le pochissime che è riuscita a mantenere le mie aspettative se non superarle.
Premesso che le storie teen di passaggio e crescita con un underground un po' indie mi intrigano sempre abbastanza, questa in particolare è stata la prima vera bella sorpresa cinematografica del 2013. Un bel cast di giovani attori capaci, sensibili e aperti ad un mondo di sensazioni, sperimentazioni e vissuto che riesce a coinvolgere ed emozionare lo spettatore. Una colonna sonora che più azzeccata non si può con pezzi cult come "Heroes" di Bowie. Una storia bella, carica di esperienze, ben scritta e non scontata tratta dal libro "Ragazzo da parete" dello stesso regista, che qui firma anche la sceneggiatura.
Ho veramente apprezzato il lavoro dei tre protagonisti, molto affiatati, che rappresenta alla perfezione un universo di scoperte verso l'età adulta, incertezze, errori, fasi di sperimentazione ed affermazione di sé stessi attraverso le proprie necessità, i propri bisogni e gli amici. Un bel quadro eterogeneo di sfigati ed emarginati, veri vincenti di una storia che riesce a connettere bene tutti gli elementi del suo puzzle, mescolando momenti drammatici a quelli comici, passando perfino per citazioni cult ("The Rocky Horror Picture Show").
Lo so, potrebbe sembrare che tutto questo mio entusiasmo sia un po' eccessivo, ma, per quanto mi riguarda, questo film è riuscito a coinvolgermi e affascinarmi, allontanando quell'idea patinata o iper sofferente dell'adolescenza, per una trasposizione più matura e misurata, dove dolore e felicità convivono in un indistinguibile agglomerato di sensazioni forti che compongono, di fatto, l'adolescenza. L'accettazione dell'omosessualità per Patrick/Ezra Miller, l'affermazione di sé stessa e la presa di coscienza delle sue capacità e del suo valore per Sam/Emma Watson e l'elaborazione di un avvenimento traumatico e destabilizzante da affrontare e superarle per il protagonista Charlie/Logan Lerman: tutti e tre questi personaggi sono ben delineati ed affrontati e compongono un triangolo di amore e amicizia basata su sentimenti e valori che ho sinceramente apprezzato. Lontano dalla rappresentazione hollywoodiana delle relazioni interpersonali veloci e superficiali, basate su stereotipazioni o semplificazioni, devo dire che la qualità con cui è stato reso "Noi siamo infinito" mi ha felicemente impressionato.
Posso immaginare che non tutti apprezzeranno il mio punto di vista entusiasta, ma posso dire con sincerità che questo film ha saputo catturarmi e coinvolgermi come nessun altro ha saputo fare di recente. Per me "Noi siamo infinito" è davvero un bel film.
Film 521 - Noi siamo infinito
Film 571 - Noi siamo infinito
Film 1533 - Noi siamo infinito
Consigli: Tenero, drammatico, divertente, buffo, interessante, doloroso, romantico, indie... Tocca un po' tutte le componenti necessarie per rendere cinematograficamente il periodo di transizione tra liceo e università, tra adolescenza e prime esperienze adulte, passando per amicizie vere, problemi difficili, insicurezze e incertezze nei confronti del futuro. Tutto condensato in un'unica pellicola che, se ci si lascia trasportare, funziona davvero alla grande.
Parola chiave: Zia.

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Bengi

domenica 11 dicembre 2011

Film 342 - Il dubbio

Ampia compagnia per il film del martedì. Per l'occasione più impegnato che mai.


Film 342: "Il dubbio" (2009) di John Patrick Shanley
Visto: dalla tv del Puffo
Lingua: italiano
Compagnia: Marco, Nicolò, Andrea Puffo, Diego, Andrea, Paki
Pensieri: Visto ormai abbastanza volte da ricordarmi anche i particolari più insignificanti, posso sempre di più dire che "Doubt" è uno dei migliori film di recente produzione. Non c'è cosa migliore, secondo me, che lasciare a chi guarda un interrogativo, un qualcosa di cui discutere una volta terminata la visione. Qui ci sono molte cose di cui si può parlare, terminati i 104minuti di film.
Non mi soffermerò troppo (è già la terza volta) ad elogiare la pellicola di John Patrick Shanley, autore dell'opera teatrale nonché regista e sceneggiatore del film. Ricorderò solamente le cose che saltano più all'occhio: un cast perfetto (Meryl Streep, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Viola Davis); una sceneggiatura solita e carica di significati da interpretare; interpretazioni degne di essere definite tali. Solo per questo, a mio avviso, vale la pena di vedere e rivedere un film come "Il dubbio" anche all'infinito.
Ps. Fantastico lo scontro finale tra Sorella Aloysius Beauvier e Padre Flynn. Da lasciare col fiato sospeso. E quale sarà, poi, il peccato mortale commesso dalla Sorella? Io la mia tesi ce l'ho...
Film 60 - Il dubbio
Film 125 - Il dubbio
Film 342 - Il dubbio
Film 2123 - Doubt
Consigli: Vedere! Vedere! Vedere!
Parola chiave: Certezza.

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#HollywoodCiak
Bengi