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martedì 1 ottobre 2024

Film 2308 - The Crow

Intro: Volevamo recuperare questo film perché dalla promozione che avevamo visto in giro sembrava potesse essere un prodotto interessante. Come ci sbagliavamo...

Film 2308: "The Crow" (2024) di Rupert Sanders
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Niamh
In sintesi: uno dei film più brutti che ho visto quest'anno, se non il peggiore in assoluto.
Un prodotto senza senso, senza ritmo, senza niente da dire, con una recitazione secondo me da fuori di testa da parte di FKA Twigs, il tutto per un risultato finale noioso e pretenzioso.
Innanzitutto la trama: vuota e sciocca, neanche l'avesse scritta un adolescente alla sua prima storia d'amore. i due protagonisti si conoscono e innamorano all'istante, scappano insieme, si dichiarano amore eterno letteralmente nel giro di due giorni. Abbiamo a malapena conosciuto i due personaggi principali che praticamente sono a un passo dal matrimonio. Non ha senso perché non abbiamo tempo sufficiente per conoscerli che siamo già alle dichiarazioni strappalacrime, senza contare che poi Shelly/FKA Twigs muore nel giro di 20 minuti, per cui poi di lei e del suo amore eterno ce ne facciamo proprio niente.
Sparita lei, "The Crow" se possibile si fa ancora più noioso. Tutto scorre lentissimo, i dialoghi sono dilettanteschi, raramente succede qualcosa che porti avanti la trama. Giuro che, forse per la prima volta nella mia vita, ho seriamente contemplato la possibilità di uscire dal cinema senza finire la visione.
Finire poi l'ho finito e, nonostante una scena finale all'opera anche piuttosto d'effetto, il momento copia-incolla alla "John Wick"/"Atomic Blonde" comincia davvero troppo tardi per salvare un film che, di fatto, è un disastro su tutta la linea (salvo solo Bill Skarsgård, ma giusto perché è un bel vedere).
Cast: Bill Skarsgård, FKA Twigs, Danny Huston, Josette Simon, Laura Birn, Sami Bouajila, Isabella Wei, Jordan Bolger.
Box Office: $23.5 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Pessimo, noioso, banale e senza niente da dire. Niente della trama viene spiegato, tutto accade perché è così e basta. Da evitare.
Premi: /
Parola chiave: Patto col diavolo.
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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 6 agosto 2019

Film 1640 - Wonder Woman

Intro: Mi era piaciuto un sacco la prima volta che lo avevo visto al cinema e non vedevo l'ora di rivederlo!
Film 1640: " Wonder Woman" (2017) di Patty Jenkins
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi:
Film 658 - L'uomo d'acciaio
Film 1127 - Batman v Superman: Dawn of Justice
Film 1128 - Batman v Superman: Dawn of Justice
Film 1218 - Suicide Squad
Film 1392 - Wonder Woman
Film 1640 - Wonder Woman
Film 1708 - Aquaman
Film 1459 - Justice League
Film 2019 - Zack Snyder's Justice League
Cast: Gal Gadot, Chris Pine, Robin Wright, Danny Huston, David Thewlis, Connie Nielsen, Elena Anaya, Saïd Taghmaoui, Ewen Bremner, Eugene Brave Rock, Lucy Davis.
Box Office: $821 milioni
Vale o non vale: Anche se Diana Prince non è in grado di salvare quella cagata di "Justice League" o "Batman v Superman: Dawn of Justice", sicuramente sa come salvare se stessa. "Wonder Woman" è una pellicola riuscita e un film su un supereroe avvincente e ben pensato. Gal Gadot perfetta.
Attendiamo il sequel "Wonder Woman 1984" per il 5 giugno 2020.
Premi: /
Parola chiave: Guerra.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 10 luglio 2019

Film 1626 - The Aviator

Intro: La prima volta l'ho visto quando uscì al cinema: avevo 17anni e sicuramente non possedevo ancora la maturità e la pazienza per apprezzare un titolo come questo. Rivisto 14anni dopo, il risultato è stato decisamente differente.
Film 1626: "The Aviator" (2004) di Martin Scorsese
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: rivedere certi film di Scorsese in età adulta mi ha aperto gli occhi e, devo dire, fatto riscoprire veri e propri classici; con questo "The Aviator" è successa la stessa cosa e sono contento di aver deciso, finalmente, di rivederlo. Non solo ci sono due grandissimi DiCarpio e Blanchett, ma tutto il film in sé è un grandissimo capolavoro, tra costumi mozzafiato, location e scenografie sontuosissime, una storia veramente interessante e, che ve lo dico a fare, una regia pazzesca. Ricordo una volta di aver letto sulla copertina di Ciak una citazione di ciò che DiCaprio avrebbe detto relativamente a questo titolo e la sua interpretazione; diceva più o meno così: "Dimenticatevi Titanic, voglio l'Oscar per The Aviator".

Come dargli torto, del resto? Tutto ciò che riguarda questa pellicola è epico, monumentale, da vero colossal contemporaneo - a partire da un budget di 110 milioni di dollari - e il risultato finale è pura magia cinematografica. Sicuramente lunghissimo (170 minuti), ma mai banale e sempre in grado di catturare l'attenzione dello spettatore per qualche motivo, "The Aviator" è un ulteriore omaggio di Scorsese al cinema, un regalo che chi ama la settima arte non potrà fare a meno di trovare maledettamente perfetto.
Cast: Leonardo DiCaprio, Cate Blanchett, Kate Beckinsale, John C. Reilly, Alec Baldwin, Alan Alda, Ian Holm, Danny Huston, Gwen Stefani, Jude Law, Adam Scott, Frances Conroy.
Box Office: $213.7 milioni
Vale o non vale: Da vedere assolutamente. DiCaprio è perfetto, e Cate Blanchett è straordinaria nel ruolo iconico di nientemeno che Katharine Hepburn (è l'unico attore ad aver vinto un Oscar per aver interpretato un altro attore premio Oscar)! Basti aggiungere che la regia è di Scorsese e niente, non vi rimane che vedere "The Aviator".
Premi: Vincitore di 5 premi Oscar (Miglior attrice non protagonista, fotografia, montaggio, costumi e scenografie) su 11 nomination (tra cui Miglior film, regia, sceneggiatura originale ed attore protagonista). Vincitore di 3 Golden Globes (film, attore protagonista, colonna sonora) su 6 nomination e 4 BAFTA (film, attrice non protagonista, trucco e scenografie) su 14 nomination (tra cui regia, attore protagonista e sceneggiatura originale). Una nomination ai Grammy per Best Score Soundtrack Album for Motion Picture, Television or Other Visual Media.
Parola chiave: The Hercules.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 25 luglio 2017

Film 1392 - Wonder Woman

Sempre in vacanza in Lussemburgo, sono tornato al cinema per recuperare un film che, altrimenti, in Italia non sarei più riuscito a vedere. In più ho preferito vederlo in lingua, convinto che la versione originale avrebbe fatto non poco la differenza...

Film 1392: "Wonder Woman" (2017) di Patty Jenkins
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Dopo l'avventura testosteronica (e un po' fine a se stessa) di "Batman v Superman" questo "Wonder Woman" realizza per la DC Comics quello che il primo "Captain America" ha fatto per la Marvel: alza la posta in gioco, crea un contesto, va oltre il mero divertimento. Con alcune sostanziali differenze. La prima è che Diana Prince è una donna, la seconda è che questa pellicola funziona meglio, molto meglio.
Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna dire che era ora che anche i blockbuster legati ai supereroi si accorgessero di poter sopravvivere tranquillamente - e fare una barca di soldi - mettendo una donna al comando. Certo, il diktat combattimento & superpoteri non si bypassa, ma riscoprire la grande potenzialità dei personaggi femminili è qui un vero piacere. Gli appassionati di cinecomics, come si vede dall'incasso, non si fanno certo spaventare dal genere del protagonista, sicché è inutile farsi troppe remore legate alla sessualità di chi sta al centro della storia, quando quest'ultima è buona. Ed è qui che passiamo al secondo punto.
La trama di questo primo "Wonder Woman" è ben scritta e coinvolgente, in grado di costruire climax narrativi efficaci e soddisfacenti, per un risultato finale che è un'inattesa sorpresa. Non penso di dire qualcosa di singolare se sottolineo il mio scetticismo nei confronti di un prodotto partorito dalla stessa casa di produzione di altri titoli francamente mediocri relativi allo stesso franchise. Per il nuovo Superman non provo alcun interesse - se non per la presenza di Amy Adams - e lo scontro tra quest'ultimo e l'ennesimo Uomo Pipistrello è stato meno eccitante del previsto, per cui la sorpresa non è stata poca nello scoprire che sì, anche alla DC sono in grado di scrivere una bella sceneggiatura e persino non rovinarla attraverso bislacchi effetti speciali (perché Doomsday in "Dawn of Justice" era veramente ridicolo).
Il mondo di Diana e la sua protagonista funzionano bene, soprattutto grazie ad un racconto che furbescamente utilizza l'espediente narrativo del ricordo (siamo in un gigantesco flashback) e dà pieni poteri alla sua eroina, magnificamente incarnata da una Gal Gadot quasi sempre in parte, in qualche occasione acerba. L'accompagnamento di Chris Pine - che in tutta la pellicola urla il nome della protagonista allo stesso identico modo concitato - è perfetto e i due formano una coppia particolarmente affiatata, oltre che bella. La storia non li risparmierà.
Effetti speciali funzionali, uso massiccio ma ben calcolato del rallenty, combattimenti di grande intrattenimento, una fotografia accattivante e, quello che ho preferito, una colonna sonora pazzesca (di Rupert Gregson-Williams). Tutti questi elementi insieme fanno sì che "Wonder Woman" sia il primo prodotto DC Comics per il cinema per il quale valga veramente la pena di andare al cinema. La speranza è che, avendo imparato dai precedenti errori, la produzione proceda d'ora in avanti seguendo il percorso e il buon lavoro fatto in questa occasione (a novembre ci aspetta il primo "Justice League" cui seguiranno il sequel e, naturalmente, "Wonder Woman 2").
Film 658 - L'uomo d'acciaio
Film 1127 - Batman v Superman: Dawn of Justice
Film 1128 - Batman v Superman: Dawn of Justice
Film 1218 - Suicide Squad
Film 1392 - Wonder Woman
Film 1640 - Wonder Woman
Film 1708 - Aquaman
Film 1459 - Justice League
Film 2019 - Zack Snyder's Justice League
Cast: Gal Gadot, Chris Pine, Robin Wright, Danny Huston, David Thewlis, Connie Nielsen, Elena Anaya, Ewen Bremner, Lucy Davis, Saïd Taghmaoui.
Box Office: $779.6 milioni
Consigli: Pellicola riuscita e di grande intrattenimento che consegna, dopo anni di tentativi e persino una Megan Gale in lizza per il ruolo, Wonder Woman al grande schermo. Personalmente ho trovato il film una grande sorpresa, con un finale strappalacrime che non mi sarei davvero immaginato. In lingua è un'esperienza coinvolgente e perfettamente comprensibile anche senza i sottotitoli, perciò l'opzione è da tenere in considerazione. Sicuramente uno dei blockbuster sui supereroi più riusciti.
Parola chiave: Ares.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 19 giugno 2017

Film 1375 - The Constant Gardener - La cospirazione

All'ultimo rietro dal master milanese, ho deciso di distrarmi un po' dalla tristezza incominciando questo pellicola di cui tanti anni fa avevo comprato il dvd. L'ho finita qualche tempo dopo a casa.

Film 1375: "The Constant Gardener - La cospirazione" (2005) di Fernando Meirelles
Visto: dal computer portatile, dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Erano anni che volevo recuperare questo film, incuriosito dal successo di critica ottenuto. Non penso in molti avrebbero scommesso sull'Oscar a Rachel Weisz, motivo per cui ero rimasto con l'interesse di capire cosa mai avesse potuto fare per meritare tale onoreficenza. In realtà, ora che mi sono svelato questo arcano, non mi sento di poter dire di essere rimasto particolarmente colpito. Un'interpretazione in parte e certamente riuscita, ma non così memorabile da risultare indimenticabile (e poi c'era Michelle Williams candidata per "Brokeback Mountain" quell'anno...). Del resto quella del 2006 è stata la stessa edizione che ha incoronato Miglior attrice Reese Witherspoon e Miglior film "Crash: Contatto fisico", quindi non mi sento di poter dire che fu un'annata particolarmente fruttifera.
Ralph Fiennes ha quel volto particolare che dopo due minuti che lo guardi ti rimanda inevitabilmente a Voldemort. Tutti quegli elementi che avresti ricollegato alle meraviglie del trucco - labbra, zigomi, sopracciglia - sono in realtà proprietà naturale dell'attore, per cui è inevitabile non pensare all'acerrimo nemico potteriano, qui in veste umanitaria. Di per sé la cosa non sarebbe troppo rilevante, ma verso il finale (in cui Fiennes ha la maggior parte delle scene in solitaria) risulta leggermente disturbante. In ogni caso il suo personaggio è un po' snervante, anche se il riscatto finale lo trasformerà in una sorta di eroe tragico moderno.
Il film di per sé non è esattamente il mio genere; non mi è dispiaciuto, ma onestamente mi aspettavo qualcos'altro. E' una pellicola fatta di flashback e riprese con camera in spalla, due aspetti che non mi fanno impazzire al cinema.
A livello narrativo si tratta del racconto dell'ennesimo complotto, in questo caso contestualizzato in Africa e legato alla sperimentazione farmacologica da parte di case farmaceutiche senza scrupoli. Il profitto prima delle vite umane, l'insabbiamento e l'omicidio piuttosto che la scomodissima verità svelata all'opinione pubblica. Gli elementi, che pure non sono particolarmente originali, combinati insieme comunque funzionano bene. La differenza qui la fanno, a mio avviso, la regia di Meirelles e lo "sfondo". I colori dell'Africa sono spettacolari e il film riesce a catturarne l'essenza rimandandola allo spettatore che non può non rimanerne colpito. Da questo punto di vista credo che "The Constant Gardener" riesca efficacemente a ritagliarsi un proprio spazio fra i vari titoli che appartengono allo stesso genere. Poi ripeto, non appartiene al tipo di pellicole che preferisco, ma sono contento di averlo finalmente recuperato e, ancora di più, di essermi fatto un'idea sull'interpretazione che ha concesso alla Weisz di entrare nell'olimpo hollywoodiano.
Ps. Candidato a 4 premi Oscar per Miglior sceneggiatura non originale, colonna sonora, montaggio e attrice non protagonista il film ha vinto in quest'ultima categoria. Stessa vittoria anche ai Golden Globes.
Cast: Ralph Fiennes, Rachel Weisz, Danny Huston, Bill Nighy, Pete Postlethwaite, Hubert Koundé, Archie Panjabi.
Box Office: $82,466,670
Consigli: Non un titolo per ogni occasione. Tematica difficile mischiata a tinte thriller che sfociano spesso in tragedia. Una fotografia interessante, una regia particolarmente vivace e una coppia di protagonisti capaci e sempre sull'orlo dell'ambiguità. Il finale-bomba è inaspettato. Tutto sommato non credo lo rivedrei, ma dargli una chance può avere senso.
Parola chiave: Lettera.

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Bengi

venerdì 30 gennaio 2015

Film 868 - Big Eyes

Curiosissimo di vederlo, sono subito corso al cinema quando il film è uscito nelle sale!

Film 868: "Big Eyes" (2008) di Tim Burton
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Considerato che questo film è tratto da una storia vera, certamente controversa, la regia è di Tim Burton e i due interpreti principali sono Christoph Waltz - 2 volte premio Oscar in 4 anni - e soprattutto Amy Adams - 5 nomination all'Oscar nell'arco delle 8 edizioni dal 2006 al 2014 -, mi aspettavo davvero che questa pellicola sarebbe stata in grado di racimolare non solo qualche dollaro in più, ma anche qualche consenso. Non che non ci siano stati, le critiche sono favorevoli soprattutto per i due attori, eppure è mancato il riconoscimento principale, quella candidatura all'Oscar che la Adams si meritava certamente, per non dire quella vittoria che da troppo tempo le sfugge. Sia chiaro, questo film nel complesso non è certo un capolavoro, né il migliore di Burton, da troppo tempo sbiadito ricordo di vero artista, eppure il sentore che almeno per l'attrice ci sarebbe stato il massimo riconoscimento possibile con la nomination, pareva davvero plausibile. L'hanno candidata in molti (perfino i rigidi BAFTA inglesi), ha perfino vinto il suo secondo Golden Globe in due anni, ma ci fermiamo lì. E, a voler aggiungere, nemmeno Lana Del Rey e la sua bella "Big Eyes" hanno ricevuto alcuna soddisfazione da parte dell'Academy.
Non so se sia una specie di maledizione di Tim Burton, un regista per anni capace di sfornare capolavori, ignorati dalle follie caotiche delle premiazioni che contano, e poi riconosciuto con un paio di striminzite candidature all'Oscar per il Miglior film d'animazione ("La sposa cadavere" e "Frankenweenie") e una candidatura ai Golden Globe per la Miglior regia di "Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street": non esattamente ciò che si merita(va), diciamocelo.
Così tutte le mie speranze di vedere finalmente concretizzato in statuetta il riconoscimento mondiale al talento della Adams va nuovamente in fumo, nella speranza e nell'attesa delle prossime edizioni.
Per il momento, quindi, non rimane che apprezzarla in silenzio in questo biopic ben ricostruito, anche se un po' freddo. La solitudine del segreto della sua Margaret Keane rimane più che mostrata, molto discussa, senza mai che la sensazione di desolazione e frustrazione siano davvero percepite dal pubblico come reali. Peccato, perché era davvero l'aspetto centrale su cui puntare tutto, piuttosto che l'innovativa trovata del Sig. Keane di vendere le stampe e le cartoline dei quadri di cui si è preso il merito. Tra l'altro va aggiunto che, essendo questi dipinti davvero brutti - o quantomeno belli non per tutti -, noi che guardiamo fatichiamo un po' a capire la follia da acquisto di un Keane che negli anni '50 era diventata di massa. E' vero, è interessante scoprire come si è arrivati all'idea di rendere anche l'arte un prodotto per la massa, eppure, ripeto, sento che a questa storia manca davvero qualche momento di raccoglimento in più in cui si approfondisca la figura di Margaret e il suo rapporto con se stessa 'bugiarda', se stessa 'artista' e se stessa 'moglie di un bugiardo'. Questi aspetti combinati insieme e adeguatamente approfonditi a mio avviso avrebbero dato alla pellicola quel qualcosa in più, quella spinta che serviva per rendere "Big Eyes" più che una bidimensionale tela sulla quale rappresentare l'eccezionale storia vera.
Tra l'altro sento di dover aggiungere che, nonostante Christoph Waltz sia diventato il prezzemolino del cinema americano, non lo trovo adatto esattamente ad ogni ruolo. In questo caso la sua costante espressione un po' inquietante - che certamente per "Bastardi senza gloria" era stata perfetta, ma anche per interpretare i numerosi cattivi successivi come in "The Green Hornet", "I tre moschettieri", "Come l'acqua per gli elefanti" e nel recentissimo "Come ammazzare il capo 2" - infastidisce, dona un tono "satanico" a Walter Keane che ho trovato un po' fuori luogo. La qual cosa in particolare mi ha spesso distratto dalla visione d'insieme, guastando l'idea complessiva che mi sono fatto del film. E' chiaro che la figura più che controversa di Walter pretendesse momenti sconcertanti (come quando tenta di stanare la moglie bruciando la stanza in cui lei si è nascosta), eppure per tutto il resto della storia il suo ghigno, i suoi modi, non posso che portare a chiedersi: ma perché Margaret lo ha sposato?
Quest'ultima domanda riporta al discorso precedente della mancanza di qualcosa, nella fattispecie l'approfondimento sulle relazioni umane dietro questa vicenda, più che sul successo (inspiegabile) delle opere della famiglia Keane, che avrebbe certamente donato al tutto quel senso di completezza che qui rimane più formale che effettivo. Lo dimostra, infine, persino l'ultima scena con la ormai ex Sig.ra Keane vittoriosa fuori dal tribunale - dopo certi numeri fatti in aula da Walter che trovo francamente improbabili -, una scena di chiusura che si suppone fondamentale per la completezza di un cerchio narrativo che ci ha portato fin lì, eppure liquidata con una rapidità inspiegabile.
Ora, dopo tutto quanto detto fin qui può sembrare che abbia conservato un parere negativo su questo film, ma non è vero. Mi è piaciuto e ho trovato Burton finalmente concentrato su un progetto di valore (e non su una boiata come "Dark Shadows"), solo che probabilmente la nostalgia dei bei racconti di un tempo del regista mi rende, volente o no, ipercritico. "Big Eyes" è un buon titolo, ben realizzato e curato, con un'ottima protagonista capace da sola, con le sue fragilità e insicurezze, di sorreggere l'intera storia, una di quelle che solo in apparenza è bianca e nera, con i buoni da una parte e i cattivi dall'altra. Margaret Keane, infatti, per come è descritta qui è molto più umana di quanto il trailer non vorrebbe far credere e cede spesso anche lei alle debolezze normali dele persone. Questo sforzo di realismo è apprezzabile, anche se lei come personaggio non mi è piaciuto così tanto.
Insomma, "Big Eyes" è, da un certo punto di vista, una specie di rinascita per Burton, che torna al quotidiano dimenticandosi per un po' della sua anima più dark. Eppure il sentore è che anche qui ci troviamo di fronte ad una favoletta e, forse, da Tim vorremmo qualcosa di più.
Box Office: $20.9 milioni
Consigli: Storia vera di per sé intrigante e curiosa da seguire, una sempre brava Amy Adams, il fascino degli anni '50 e '60, una bella canzone portante firmata da Lana Del Rey e la regia di Tim Burton. Tutti questi elementi rendono "Big Eyes" uno dei film della stagione da vedere, stagione piena di biopic e interpretazioni di personaggi vissuti realmente, alcuni ancora in vita (come qui). Chi ama il regista non potrà perderselo al pari di chi ama Amy Adams. Gli altri apprezzeranno una storia peculiare, in fin dei conti innocua, dai toni leggeri e quasi da favola. Si può vedere in ogni momento, l'aspetto drammatico della vicenda è spesso temperato dai comportamenti sopra le righe di Walter Keane (interpretato da Waltz).
Parola chiave: Firma.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 29 marzo 2013

Film 523 - Hitchcock

Comincia ufficialmente qui la 'Settimana del malato', ovvero 5 serate ognuna caratterizzata da un film diverso, ma dalla stessa compagnia di Leoo (tra febbre e influenza).


Film 523: "Hitchcock" (2012) di Sacha Gervasi
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: Questo film è come un lunghissimo contenuto speciale, come un dietro le quinte, un evento per cui abbiamo un pass speciale e possiamo accedere ad ogni retroscena. Di cosa? Della genesi di uno dei film più famosi di tutti i tempi: "Psycho".
Se ciò già non vi gasasse abbastanza, il cast di attori che si è prestato a questo interessante esperimento cinematografico è delle grandi occasioni: i due premi Oscar Anthony Hopkins e Helen Mirren, poi Scarlett Johansson, Toni Collette, Jessica Biel, Michael Stuhlbarg, Danny Huston... Insomma, personalmente avevo un grande interesse nei confronti di questa pellicola che, fortunatamente, non mi ha deluso. Anzi, sono rimasto piuttosto affascinato da questo prodotto cinematografico e, anche se Hopkins nei panni di Hitchcock non mi sembrava la scelta più azzeccata, la visione in lingua mi ha sufficientemente convinto (ma continuo a pensare che di aspetto non si somiglino).
Protagonista a parte, devo dire che anche se il film fondamentalmente è una sorta di biopic sul grandissimo regista, la vera protagonista della storia è la moglie Alma Reville, ottima spalla silenziosa, capace di eclissarsi dietro l'imponente figura di un uomo che è costantemente sotto l'occhio dei media e indicato come uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
Tra gli aspetti migliori di questa pellicola, quindi, oltre a quelli tecnici della realizzazione di "Psycho" (in Italia "Psyco") è proprio il rapporto matrimoniale della coppia che, negli anni, si è dovuta scontrare con la fama e le ossessioni di Hitchcock sia per il suo lavoro che per le sue attrici. La grande forza del carattere della Reville la rendono un personaggio magnetico degno di stima e Helen Mirren riesce, come sempre, a costruire magnificamente il suo personaggio, caricandolo di sfaccettature ed emozioni tanto umane quanto percepibili per lo spettatore. Personalmente mi sono sentito molto coinvolto dalla sua storia e in più di un'occasione ho tentato di mettermi nei suoi panni tentando di capire cosa dovesse sigificare essere la moglie di un tale personaggio pubblico. Hitchcock il re della suspense, il grandissimo maestro del cinema, al centro di ogni merito e onore, coinvolto anima e corpo nei suoi progetti e nelle sue manie e morbosità. Convivere con una tale figura non dev'essere stato facile e, per quanto rappresentata tramite il filtro della fiction, devo dire che sono rimasto molto affascinato dalla Reville, forte, onesta e leale - per non dire devota - compagna di una vita. Trovo sia lei il personaggio vincente di questo "Hitchcock".
Il ritratto del regista, invece, mi è sembrato più controverso, ma probabilmente ne sono rimasto meno colpito in quanto ero già a conoscenza di alcuni aspetti della sua personalità. Il voyerismo, per esempio, mi mancava, ma l'attaccamento ossessivo alle proprie attrici, le costanti attenzioni e ossessioni mi erano già note. Chiaramente ciò che si vede qui aiuta a farsi un'idea della persona e non solo dell'artista, un puzzle composto di pezzi caratteriali che la sceneggiatura riesce a rendere in maniera piuttosto efficace (anche grazie a Anthony Hopkins, chiaramente).
Anche se più marginali rispetto a Mirren e Hopkins, completano il quadro Scarlett Johansson nella parte di Janet Leigh (che per il suo ruolo in "Psycho" ottene la sua unica nomination all'Oscar) e Jessica Biel nei panni di Vera Miles con cui Hitchcock che, per quanto il ruolo di quest'ultima sia veramente piccolo, mi sono piaciute.
A livello tecnico la pellicola mi è sembrata ben girata, con una bella fotografia luminosa e pulita e una colonna sonora appropriata. La nomination all'Oscar per il trucco mi è sembrata un po' un contentino e nemmeno troppo giustificata (come dicevo non mi ha sbalordito la somiglianza tra l'attore e il suo personaggio) e avrei trovato più giusto riconoscere qualcosa in più alla Mirren che la sola nomination ai Golden Globes.
Comunque "Hitchcock" mi è proprio piaciuto e l'ho guardato con interesse e piacere. Meritava qualcosa in più.
Ps. $21,591,608 di incasso mondiale.
Consigli: Interessante e ben rappresentato, è un buon modo per riscoprire e svecchiare la mitica figura del regista, approcciandosi in maniera più personale al suo lavoro e, soprattutto, alla sua persona. Per chi lo ama è certamente un prodotto da non perdere.
Parola chiave: Doccia.

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Bengi

giovedì 29 settembre 2011

Film 308 - We Want Sex

Visto in due spezzoni a distanza di un bel pò di tempo, ho comunque deciso di voler terminare la visione di questa pellicola perchè piuttosto interessante.

Film 308: "We Want Sex" (2010) di Nigel Cole
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Tratto da una storia vera, nel film si raccontano le vicende e i meccanismi complessi a seguito del primo sciopero femminile delle operaie Ford (quello delle macchine, ovviamente) nel 1968 a seguito di un loro declassamento di qualifica.
Motore della ‘rivolta’ la mingherlina Rita O'Grady/Sally Hawkins (Golden Globe per “Happy Go Lucky - La felicità porta fortuna”) che si fa portavoce della causa eletta a furor di popolo dalle sue colleghe. A tutte, ma soprattutto a Rita, lo sciopero e i relativi strascichi causeranno non pochi problemi in famiglia e, neanche a dirlo, sul lavoro.
Ben ricostruito e recitato, ottimi i costumi e variegato il cast (Bob Hoskins, Rosamund Pike, Miranda Richardson, Danny Huston, Geraldine James), il risultato finale è piuttosto buono, direi sopra la media. Per quanto trovi la Hawkins fondamentalmente inutile (ma questo è il primo film che vedo con lei, la mia idea è basata sul fracasso mediatico che l’ha inseguita dopo il film di Mike Leigh e il già citato Golden Globe), non posso dire che non se la cavi nella parte. Ottima la grandissima Miranda Richardson che, anche qui, spicca sugli altri nonostante un ruolo secondario. Unica pecca (ma è più mia che della pellicola, basterebbe essere un attimo più informati), per la maggior parte del tempo ho creduto che la Richardson impersonasse la Thatcher e non Barbara Castle. Questa confuzione credo sia anche dovuta alle diverse volte in cui ho spezzato il film per riprendere la visione in un secondo momento.
Tutto sommato è un buon prodotto inglese e racconta in maniera chiara un fattaccio di cui non bisognerebbe dimenticare la lezione.
Consigli: Sembrano secoli fa e, invece, sono passati 50 anni. Potrebbe aiutare a ricordare che i diritti sono uguali per tutti e, quindi, di tutti. E poi è una bella storia di riscatto ed affermazione.
Parola chiave: Pari diritti.

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Ric

martedì 1 giugno 2010

Film 118 - Robin Hood

Dove c'è Cate Blanchett ci sono io...


Film 118: "Robin Hood" (2010) di Ridley Scott
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Stefano
Pensieri: Teoricamente poteva essere il film dell'anno. Sulla carta si univano quasi ancestralmente stelle dell'olimpo hollywoodiano (Russell Crowe, Cate Blanchett, Max von Sydow, William Hurt, Mark Strong e Ridley Scott) in una produzione già famosa prima ancora dell'uscita della pellicola.
In realtà il risultato non è quello promesso e, anzi, lascia leggermente delusi. Sarà per la lunghezza eccessiva (140 min), sarà che non si arriva mai al dunque o che ci si aspetta da un momento all'altro che Robin tramuti nel gladiatore, tant'è che l'occhio soffre un po' la noia e l'orecchio non si stupisce di sentire qualcuno russare.
Ovvio - inutile dirlo - ci si rimane male non tanto perchè tutto sembra tranne che la storia di Robin Hood (maledetta Disney, è colpa loro se idealizziamo!), ma perchè con tutto il ben di dio di cast, produzione, pubblicità si poteva fare molto di più.
Non è che Ridley Scott mi sia mai piaciuto particolarmente, comunque non si può negare che la storia di Maximus avesse il suo fascino. Quella di Robin, invece, risulta abbastanza tediosa, anche perchè la si prende molto alla lontana. Ci mancava solo il prologo con il Robin-neonato in fasce tra le braccia di mammina e poi la storia era completa. L'idea di far conoscere la storia prima della leggenda poteva essere interessante, ma trovo sia stata troppo politicizzata e contestualizzata, quasi con voglia smaniosa di dimostrare che Robin è esistito e che la leggenda è tale non tanto perchè un benefattore delle masse non potesse esistere, ma perchè le sue gesta sono state davvero grandi. E' quasi troppo hollywoodiano perfino per me...
Dove sono gli scontri con lo sceriffo di Nottingham? E l'amore furbetto per lady Marion? Le avventure con l'allegra brigata? Purtroppo, come dicevo prima, l'immaginario disneyano ha fatto sì che nella mente ritornasse sempre il ricordo del "Robin Hood" di Wolfgang Reitherman, più simpatico e scaltro, meno violento e più giocherellone, rappresentato alla perfezione dalla volpina furbizia dell'animale-simbolo/personaggio. Non c'è bisogno di sottolineare oltre che lo scontro era decisamente impari.
Insomma, insomma, il povero Robin del sig. Scott poteva essere promosso a pieni voti, ma ogni tanto riprende troppo certi altri film (i capelli di lady Marion sono gli stessi, ma castani, della biondissima Galadriel de "Il Signore degli Anelli") e si dimentica che il Colosseo è sparito 10 anni fa e che, teoricamente, sarebbe meglio andare oltre. In sostanza, potrebbe essere una qualsiasi storia di guerra, con il solito protagonista che sopravvive a tutte le prove. Ma Robin Hood che c'entra?
Consigli: Lasciate stare il confronto con tutti gli altri film su Robin Hood che avete visto perchè questo è decisamente uno dei più atipici film sul ladro gentiluomo.
Parola chiave: Ribellione.



#HollywoodCiak
Bengi