Due lunedì con "Oblivion". La settimana scorsa la prima visione tra stanchezza e pisolini, ieri la seconda... integrale!
Film 542: "Oblivion" (2013) di Joseph Kosinski
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Film 546: "Oblivion" (2013) di Joseph Kosinski
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Padre
Pensieri: La prima volta che ho visto "Oblivion" mi ha sinceramente deluso. La stanchezza del viaggio di ritorno dalla Toscana si è fatta sentire durante la visione del secondo tempo, dopo una prima parte lenta (anche se affascinante e visivamente suggestiva) e ha finito per influenzare pesantemente il mio giudizio su questa pellicola dello stesso regista di "Tron: Legacy". Mancandomi una buona parte dei punti chiave per leggere e mettere insieme gli spezzoni visti tra un momento di siesta sulla poltrona e l'altro, non riuscivo a capire come potessero certi avvenimenti avessero un senso o non sembrare ridicoli. Com'è possibile, per esempio, che Jack tra tutti gli umani del mondo, ritrovi proprio sua moglie, appena precipitata dallo spazio? Diciamo che mi sembrava quantomeno un po' forzata come cosa...
Dopo la seconda visione di ieri sera, invece, i pezzi hanno trovato il modo di incastrarsi, per la maggior parte funzionando. Rimango scettico sulla scelta del finale, in particolare su Sally, ma il resto degli spezzoni che avevo visto hanno finito per andare ognuno al proprio posto. E così "Oblivion" è finito per essermi abbastanza piaciuto.
Inevitabilmente questo giudizio è imprescindibilmente legato al fatto che la prima volta l'ho trovato completamente sconnesso e, avendo con piacere constatato che alla fine un senso c'era, la cosa mi ha soddisfatto. In quest'ottica mi sono goduto un film che, però, dura troppo.
La prima parte, ben dettagliata, curata e resa spettacolarmente dagli effetti speciali, è però alla lunga pesante da affrontare in quanto, per la maggior parte del tempo, non succede nulla. E' nella seconda parte che finalmente si passa, più che all'azione - che c'è, ma finisce per rivestire un ruolo secondario rispetto alla parte della trama in cui tutti i misteri vengono svelati -, alla vera parte interessante di questa pellicola. Anche se, come dicevo, non è un successo su tutti i fronti.
La virata aliena alla "2001: Odissea nello spazio", infatti, non mi ha convinto. La battuta peggiore è sicuramente "Io sono il tuo dio" pronunciata da una Sally in via d'estinzione, incapace di combattere un Jack figlio della sua stessa mano, quasi decisa a morire senza opporre resistenza.
Ed è in quel momento che secondo me "Oblivion" non funziona come dovrebbe. Perché mai Sally (inutile dire che parlo della sua manifestazione aliena) dovrebbe far accedere Jack all'interno della sua sede, cuore pulsante di un'attività aliena fatta di saccheggio e clonazione, dopo aver puntato contro gli umani praticamente qualunque arma a sua disposizione, per poi arrendersi senza un motivo valido? Jack/Tom Cruise è palesemente colpevole di ammutinamento-in-divenire e Sally per un attimo lo sospetta, ma cede abbindolata da una scusa che sa di poco credibile; per poi tentare, nel finale, di salvarsi con la famigerata frase-boiata citata prima.
Lo sci-fi che sconfina nel minatissimo universo costellato di creazioni, clonazioni e paternità, dovrebbe quantomeno evitare di scadere in cliché già molto abusati - per non dire un po' ridicoli - dove tecnologie aliene di non ben identificata natura finiscono per autodefinirsi onnipotenti semidei. Mi è sembrato che, con questa scelta, si sia optato per un finale privo di originalità, lasciato in pasto ad un pubblico abbagliato dalla perfezione tecnica della resa e, forse, più disponibile a sorvolare su una mancanza di idee per chiudere tutta una serie di premesse iniziali capaci di solleticare davvero la curiosità.
A questo proposito, va detto che per il resto "Oblivion" fa il suo dovere, impiantando egregiamente nello spettatore il seme della curiosità. Che ci sia molto più di quanto non venga svelato - a noi e alla coppia Jack + Victoria/Andrea Riseborough - è evidente quasi da subito e, grazie alla mia seconda visione, ho colto molti più dettagli e suggerimenti lasciati dalla sceneggiatura (per esempio: perché mai i due protagonisti vivono con in casa un drone per il quale Missione non manda mai i pezzi di ricambio...?). Per essere un blockbuster da grande distribuzione ha anche una discreta caratterizzazione dei due personaggi principali (la figura di Julia/Olga Kurylenko non la prendo nemmeno in considerazione, è un personaggio tanto piatto quanto il ruolo che deve rivestire all'interno dell'intreccio narrativo) e, per quanto senza troppe pretese, l'opposizione di curiosità, intuito e apertura mentale (Jack) contro la paura, la rigidità e chiusura mentale (Victoria) risulta particolarmente incisiva e ruscita all'interno del racconto.
Insomma, ammetto che per certi aspetti "Oblivion" mi è sembrato capace di funzionare e mi ha lasciato soddisfatto. Cade, invece, quando si inerpica per territori più complessi (altre forme di vita + resistenza + dio + clonazione + autocoscienza delle macchine) o quando si fa influenzare da atteggiamenti di banale superficialità alla pellicola da pubblico generalista.
Ps. Tom Cruise ritrova il grande successo commerciale, piazzandosi primo in classifica in molti Paesi tra cui Italia e Stati Uniti, portando a casa un incasso mondiale (dopo due sole settimane) di $198,831,000.
Consigli: Colonna sonora estremamente simile a quella del duo francese Daft Punk realizzata per il precedente film di Kosinski, solo che questa volta i francesi a realizzarla sono stati gli M83. Quest'ultima, assieme agli effetti speciali e, devo dirlo, ad un'interpretazione convincente di Cruise, sono i motivi per cui si può dare una chanche a questa pellicola. Le influenze proprio di "TRON: Legacy" e anche di "Inception" si ritrovano spesso, quindi chi ha gradito gli altri due, troverà sicuramente interessante anche questo film.
Parola chiave: Coppia efficiente.
Trailer
Bengi
martedì 30 aprile 2013
Film 542 e 546 - Oblivion
Etichette:
2001: A Space Odyssey,
alieni,
Andrea Riseborough,
clonazione,
Daft Punk,
Dio,
fantasy,
Inception,
M83,
Melissa Leo,
Morgan Freeman,
Nikolaj Coster-Waldau,
Oblivion,
Olga Kurylenko,
sci-fi,
Tom Cruise,
TRON: Legacy
lunedì 29 aprile 2013
Film 541 - Hunger Games
In Toscana per lo scorso weekend, persi nel nulla della campagna nei pressi di Castellina in Chianti (SI), ci siamo concessi un film che riguardo sempre volentierissimo, aspettando l'attesissimo "Hunger Games - La ragazza di fuoco"...
Film 541: "Hunger Games" (2012) di Gary Ross
Visto: dal portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: A Leoo è piaciuto meno di quanto mi aspettassi (o sperassi), ma a me anche questa visione ha appassionato come le altre. Trovo questo film ben realizzato, con una storia interessante da raccontare e che, in generale, sia stato uno dei migliori prototti della passata stagione cinematografica.
Nessuna candidatura agli Academy Awards (anche se l'Oscar l'ha vinto la sua protagonista Jennifer Lawrence per "Il lato positivo - Silver Linings Playbook"), una candidatura ai Golden Globes e un Grammy vinto per la canzone interpretata da Taylor Swift "Safe and Sound", la colonna sonora ("The Hunger Games: Songs from District 12 and Beyond") direttamente alla #1 della Billboard americana, ma soprattutto un box office da capogiro ($691,247,768) che fa ben sperare per il prossimo capitolo in arrivo a fine novembre.
Io attendo le nuove avventure di Katniss e Peeta con molta ansia, sperando che l'episodio numero due sia ben realizzato tanto qunato questo.
Film 412 - Hunger Games
Film 461 - Hunger Games
Film 541 - Hunger Games
Film 1551 - The Hunger Games
Film 634 e 635 - Hunger Games: la ragazza di fuoco
Film 699 - Hunger Games: La ragazza di fuoco
Film 1171 - The Hunger Games: Catching Fire
Film 1552 - The Hunger Games: Catching Fire
Film 2078 - Hunger Games: La ragazza di fuoco
Film 836 - Hunger Games: il canto della rivolta - Parte I
Film 1176 - The Hunger Games: Mockingjay - Part 1
Film 1056 - Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 2
Film 1460 - The Hunger Games: Mockingjay - Part 2
Film 2239 - The Hunger Games: The Ballad of Songbirds & Snakes
Consigli: Secondo me è un ottimo prodotto per svagarsi e passare una bella serata in compagnia. La storia è interessante, gli attori bravi e il tutto funziona egregiamente. Si può vedere e rivedere.
Parola chiave: Cornocopia.
Ti è piaciuto? ACQUISTALO QUI
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 541: "Hunger Games" (2012) di Gary Ross
Visto: dal portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: A Leoo è piaciuto meno di quanto mi aspettassi (o sperassi), ma a me anche questa visione ha appassionato come le altre. Trovo questo film ben realizzato, con una storia interessante da raccontare e che, in generale, sia stato uno dei migliori prototti della passata stagione cinematografica.
Nessuna candidatura agli Academy Awards (anche se l'Oscar l'ha vinto la sua protagonista Jennifer Lawrence per "Il lato positivo - Silver Linings Playbook"), una candidatura ai Golden Globes e un Grammy vinto per la canzone interpretata da Taylor Swift "Safe and Sound", la colonna sonora ("The Hunger Games: Songs from District 12 and Beyond") direttamente alla #1 della Billboard americana, ma soprattutto un box office da capogiro ($691,247,768) che fa ben sperare per il prossimo capitolo in arrivo a fine novembre.
Io attendo le nuove avventure di Katniss e Peeta con molta ansia, sperando che l'episodio numero due sia ben realizzato tanto qunato questo.
Film 412 - Hunger Games
Film 461 - Hunger Games
Film 541 - Hunger Games
Film 1551 - The Hunger Games
Film 634 e 635 - Hunger Games: la ragazza di fuoco
Film 699 - Hunger Games: La ragazza di fuoco
Film 1171 - The Hunger Games: Catching Fire
Film 1552 - The Hunger Games: Catching Fire
Film 2078 - Hunger Games: La ragazza di fuoco
Film 836 - Hunger Games: il canto della rivolta - Parte I
Film 1176 - The Hunger Games: Mockingjay - Part 1
Film 1056 - Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 2
Film 1460 - The Hunger Games: Mockingjay - Part 2
Film 2239 - The Hunger Games: The Ballad of Songbirds & Snakes
Consigli: Secondo me è un ottimo prodotto per svagarsi e passare una bella serata in compagnia. La storia è interessante, gli attori bravi e il tutto funziona egregiamente. Si può vedere e rivedere.
Parola chiave: Cornocopia.
Ti è piaciuto? ACQUISTALO QUI
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
domenica 28 aprile 2013
Film 540 - The Sessions - Gli incontri
Ancora qualche pellicola arretrata dalla cerimonia degli Oscar...
Film 540: "The Sessions - Gli incontri" (2012) di Ben Lewin
Visto: dal portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Per quanto questo film abbia il suo perchè e rappresenti una storia sia interessante che umanamente coinvolgente, non posso onestamente dire che mi abbia però catturato. L'ho visto volentieri ed ero comunque incuriosito dal poco di trama che conoscevo. Va aggiunto che Helen Hunt ha avuto un gran coraggio ad abbracciare questo progetto cinematografico. Al di là del personaggio che doveva interpretare (una certamente disinibita terapista sessuale), le numerosissime scene di nudo integrale non devono essere state così semplici da recitare. Va aggiunto alla considerazione, poi, che per anni la Hunt è stata sulla breccia della scena americana vincendo praticamente ogni tipo di riconoscimento (4 Emmy per la serie tv "Innamorati pazzi", 4 Golden Globes e 1 Oscar, solo per citare i più importanti) e passando buona parte della sua vita rappresentata come esempio di bravura senza eccessi e bellezza. Un ruolo come quello di Cheryl in "The Sessions" non deve essere stato facile da abbracciare considerando ciò che ha alle spalle. Una scelta che mi è sembrata onesta (c'è comunque un po' troppo nudo secondo me) e che la Hunt ha saputo portare sullo schermo con professionalità e buona resa del personaggio. Sono più titubante, invece, sulla scelta di darle la nomination agli Academy Awards come Miglior attrice non protagonista.
Credibile e maledettamente impressionante John Hawkes che, senza gridare o esagerare, ricrea il personaggio di Mark - basato sulla vera persona di Mark O'Brien, poeta - in maniera davvero convincente. Costretto all'immobilità e a passare la maggior parte delle sue giornate in un polmone d'acciaio a causa di complicazioni dopo aver contratto la poliomelite da bambino, Mark vorrà sperimentare i piaceri del sesso liberandosi dalle sue inibizioni causate e dalla sua condizione fisica e dalla religione. In tutto questo Padre Brendan/William H. Macy lo aiuterà facendogli da confessore, consigliere e amico, instaurando con Mark un rapporto basato sul dialogo aperto e franco influenzato, chiaramente, anche dagli aspetti religiosi. Il che è un connubio interessante se si pensa all'argomento sessuale discusso all'interno di una chiesa.
E, appunto, interessante mi sembra l'aggettivo più adatto a questa pellicola che, più che essere poeticamente illuminante, toccante o scioccante, pone al centro della storia una serie di tematiche scottanti come malattia, disabilità, pari opportunità, sessualità e credo religioso per analizzarle in un contesto quantomeno singolare. Il risultato è, quindi, quasi uno studio antropologico ispirato dalla realtà dei fatti.
L'impronta da film indipendente regala alla storia una certa libertà di azione e l'esplorazione umana è permessa ad alti livelli e certamente gli interrogativi morali sollevati sono trattati con cura e la giusta introspezione del caso. La sceneggiatura è ben scritta, anche se devo dire che mi ha abbastanza sorpreso vedere come negli anni '80 tutta la faccenda fosse trattata con così tanta disinvoltura.
Insomma, un prodotto cinematografico che vive di ottime interpretazioni e una storia che sa tenere desta l'attenzione del pubblico. Non è un capolavoro, ma aiuta a cogliere qualche sfumatura in più di un mondo che in molti sicuramente non conosciamo.
Ps. Doppia candidatura ai Golden Globes per entrambi i protagonisti della pellicola (anche se solo la Hunt porterà a casa anche quella per l'Oscar) e un incasso di $9,113,716 (1 milione per produrlo).
Consigli: Non è certo la pellicola migliore per uno svago a cervello spento. L'argomento non è dei più distesi ed è meglio arrivare un attimo predisposti alla visione. Buone le interpretazioni e storia capace di aprire un varco su una serie di tematiche (sesso, religione, malattia) legandole insieme con eleganza, intelligenza e un pizzico di malizia. A tratti anche divertente.
Parola chiave: Sesso.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 540: "The Sessions - Gli incontri" (2012) di Ben Lewin
Visto: dal portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Per quanto questo film abbia il suo perchè e rappresenti una storia sia interessante che umanamente coinvolgente, non posso onestamente dire che mi abbia però catturato. L'ho visto volentieri ed ero comunque incuriosito dal poco di trama che conoscevo. Va aggiunto che Helen Hunt ha avuto un gran coraggio ad abbracciare questo progetto cinematografico. Al di là del personaggio che doveva interpretare (una certamente disinibita terapista sessuale), le numerosissime scene di nudo integrale non devono essere state così semplici da recitare. Va aggiunto alla considerazione, poi, che per anni la Hunt è stata sulla breccia della scena americana vincendo praticamente ogni tipo di riconoscimento (4 Emmy per la serie tv "Innamorati pazzi", 4 Golden Globes e 1 Oscar, solo per citare i più importanti) e passando buona parte della sua vita rappresentata come esempio di bravura senza eccessi e bellezza. Un ruolo come quello di Cheryl in "The Sessions" non deve essere stato facile da abbracciare considerando ciò che ha alle spalle. Una scelta che mi è sembrata onesta (c'è comunque un po' troppo nudo secondo me) e che la Hunt ha saputo portare sullo schermo con professionalità e buona resa del personaggio. Sono più titubante, invece, sulla scelta di darle la nomination agli Academy Awards come Miglior attrice non protagonista.
Credibile e maledettamente impressionante John Hawkes che, senza gridare o esagerare, ricrea il personaggio di Mark - basato sulla vera persona di Mark O'Brien, poeta - in maniera davvero convincente. Costretto all'immobilità e a passare la maggior parte delle sue giornate in un polmone d'acciaio a causa di complicazioni dopo aver contratto la poliomelite da bambino, Mark vorrà sperimentare i piaceri del sesso liberandosi dalle sue inibizioni causate e dalla sua condizione fisica e dalla religione. In tutto questo Padre Brendan/William H. Macy lo aiuterà facendogli da confessore, consigliere e amico, instaurando con Mark un rapporto basato sul dialogo aperto e franco influenzato, chiaramente, anche dagli aspetti religiosi. Il che è un connubio interessante se si pensa all'argomento sessuale discusso all'interno di una chiesa.
E, appunto, interessante mi sembra l'aggettivo più adatto a questa pellicola che, più che essere poeticamente illuminante, toccante o scioccante, pone al centro della storia una serie di tematiche scottanti come malattia, disabilità, pari opportunità, sessualità e credo religioso per analizzarle in un contesto quantomeno singolare. Il risultato è, quindi, quasi uno studio antropologico ispirato dalla realtà dei fatti.
L'impronta da film indipendente regala alla storia una certa libertà di azione e l'esplorazione umana è permessa ad alti livelli e certamente gli interrogativi morali sollevati sono trattati con cura e la giusta introspezione del caso. La sceneggiatura è ben scritta, anche se devo dire che mi ha abbastanza sorpreso vedere come negli anni '80 tutta la faccenda fosse trattata con così tanta disinvoltura.
Insomma, un prodotto cinematografico che vive di ottime interpretazioni e una storia che sa tenere desta l'attenzione del pubblico. Non è un capolavoro, ma aiuta a cogliere qualche sfumatura in più di un mondo che in molti sicuramente non conosciamo.
Ps. Doppia candidatura ai Golden Globes per entrambi i protagonisti della pellicola (anche se solo la Hunt porterà a casa anche quella per l'Oscar) e un incasso di $9,113,716 (1 milione per produrlo).
Consigli: Non è certo la pellicola migliore per uno svago a cervello spento. L'argomento non è dei più distesi ed è meglio arrivare un attimo predisposti alla visione. Buone le interpretazioni e storia capace di aprire un varco su una serie di tematiche (sesso, religione, malattia) legandole insieme con eleganza, intelligenza e un pizzico di malizia. A tratti anche divertente.
Parola chiave: Sesso.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Etichette:
amore,
disabili,
erezione,
etica,
Helen Hunt,
John Hawkes,
Oscars,
poeta,
polio,
prete,
religione,
Rhea Perlman,
scena di nudo,
sesso,
storia vera,
The Sessions,
The Sessions - Gli incontri,
verginità,
William H. Macy
venerdì 26 aprile 2013
Film 539 - Liz & Dick
In realtà è un film per la tv, ma non importa. E' la storia di Liz Taylor e della sua relazione certamente complessa con Richard Burton. E a interpretare la grande attrice ce n'é una non esattamente divina... Lindsay Lohan.
Potevo forse perdermelo?! Potevamo, forse, io e Leoo (che praticamente guardiamo qualunque cosa)?! No, infatti.
Film 539: "Liz & Dick" (2012) di Lloyd Kramer
Visto: dal portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: Nemmeno troppo inaspettatamente bocciato da tutta la critica americana, questo prodotto tv incentrato sulle vicissitudini amorose di Elizabeth Taylor e Richard Burton si concentra moltissimo sulla realizzazione estetica, ma fallisce nei contenuti.
Partendo dal presupposto che si danno per assodati troppi passaggi che, mancando, spezzano la narrazione, i dialoghi sono spesso connotati da cliché e stereotipazioni abbastanza superficiali. I bipolari cambiamenti di umore di entrambi non sono né giustificati né debitamente approfonditi, ma vengono semplicemente serviti al pubblico quale dato di fatto, quasi ad autolegittimare la nomea di relazione vissuta a cento all'ora che la storia d'amore aveva acquisito. Peccato che non si possa rappresentare la vita di due persone come fosse un'unica sequenza di copertine di giornali scandalistici.
Capricci ed esagerazioni, debilitanti altalene emotive e due carriere hollywoodiane più lanciate che mai (rappresentati anche i momenti in cui gli attori ebbero la nomination all'Oscar per "Chi ha paura di Virginia Woolf?" oltre che il momento della vittoria per la Taylor e della sconfitta per Burton): insomma, un sacco di argomenti tra il biopic e mondo del gossip, passando per la curiosità che il pubblico può nutrire per le fiction da 'dietro le quinte' sui propri divi preferiti. Eppure, nonostante tutti i possibili agganci per realizzare un racconto che funzionasse davvero, "Liz & Dick" scricchiola in svariati passaggi.
Il problema non sta tanto nella recitazione - ci terrei a ricordare che questo è un prodotto per la televisione americana realizzato dalla rete via cavo Lifetime. Noi abbiamo le fiction Rai con Manuela Arcuri o Nino Frassica. Non siamo quindi troppo nella posizione di criticare una Lindsay Lohan qualunque -, quanto, appunto, nella storia. Non che sia inguardabile o illogica, semplicemente riduce tutto troppo, senza davvero approfondire il rapporto umano che ha legato le due star che, prima di essere tali, erano persone. Invece mi è sembrato che ci si sia preoccupati moltissimo del lato patinato e glam, delle feste e dei gioielli, tralasciando ingenuamente una parte della storia che non può essere tenuta in secondo piano, ovvero la vicenda umana.
Lo scandalo della relazione tra la Taylor e Burton non può essere riassunto in due titoli di giornale, ma, a mio avviso, avrebbe dovuto essere affrontato attraverso gli occhi di tutti e quattro i coinvolti (ossia delle due coppie sposate). Questo elemento di approfondimento psicologico più consapevole e maturo manca e rende incompleto un lavoro che, quindi, finisce per basarsi solo sulla superfice delle cose.
Quello che davvero manca è la capacità dello sceneggiatore di rendere persone i personaggi e non solo di descrivere le tappe in ordine cronologico di due figure che rimangono, per tutta la narrazione, bidimensionali ricordi delle personalità che rappresentano. Di questo, quindi, non si può fare alcuna colpa alla Lohan.
Premesso che in generale non mi è mai piaciuta, comunque ho trovato la scelta di farle rappresentare Liz Taylor (oltre che provocatoria) azzeccata quantomeno per l'aspetto. Non si assomigliano mai in maniera strabiliante, eppure c'è qualcosa di maledettamente identico che le accomuna e funziona. Decisamente meno magnetico, invece, il Burton di Grant Bowler che non colpisce in nessun passaggio particolare e, anzi, sembra spesso un pensionato qualunque di passaggio nella vicenda della protagonista Taylor.
I veri momenti che ho trovato detestabili e recitati veramente male, sono stati quelli della pseudo intervista doppia di Liz e Dick in una specie di spazio fuori dal tempo, dove quelle che potremmo definire le coscienze dei due, raccontano, descrivono e spiegano in prima persona le vicende intercorse durante la lunga relazione d'amore.
Questi momenti teoricamente più intimisti, spezzano in maniera drammatica la narrazione e non aggiungono davvero nulla che non sia il dar prova che Lindsay Lohan sa ancora piangere a comando. Essendo la sceneggiatura così piatta, non è necessaria alcuna spiegazione degli eventi sottolineando i passaggi chiave, perchè anche un bambino riesce a coglierli. E, ripeto, sono recitati piuttosto malino rispetto al resto delle due performance. Oltre al fatto che scimmiottano piuttosto goffamente i momenti di analisi di coppia Jolie-Pitt in "Mr. & Mrs. Smith"
Insomma, "Liz & Dick" è quello che è, nonché esattamente ciò che mi aspettavo, ovvero un prodotto che gioca molto sull'appeal della coppia di cui racconta la storia e della protagonista scelta per portare sul piccolo schermo questa porzione di vita dell'attrice Elizabeth Taylor. L'aspetto meglio curato è quello estetico (bei costumi, trucco fatto molto bene e bella fotografia), ma è incapace di gestire un racconto che vada oltre una patinata e semplificata visione della realtà. A tratti funziona, ma non è certo soddisfacente.
Consigli: Lo si può vedere per svariati motivi: se si è fan della Lohan, se si amano i biopic oppure se i Burton-Taylor piacciono o sono piaciuti. E' un intrattenimento innocuo e che richiede pochissimo sforzo intellettuale. Va, però, considerato nei limiti di ciò che è, senza pretendere approfondimenti o slanci d'autore. In quest'ottica si segue volentieri.
Parola chiave: Oscar.
Trailer
Bengi
Potevo forse perdermelo?! Potevamo, forse, io e Leoo (che praticamente guardiamo qualunque cosa)?! No, infatti.
Film 539: "Liz & Dick" (2012) di Lloyd Kramer
Visto: dal portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: Nemmeno troppo inaspettatamente bocciato da tutta la critica americana, questo prodotto tv incentrato sulle vicissitudini amorose di Elizabeth Taylor e Richard Burton si concentra moltissimo sulla realizzazione estetica, ma fallisce nei contenuti.
Partendo dal presupposto che si danno per assodati troppi passaggi che, mancando, spezzano la narrazione, i dialoghi sono spesso connotati da cliché e stereotipazioni abbastanza superficiali. I bipolari cambiamenti di umore di entrambi non sono né giustificati né debitamente approfonditi, ma vengono semplicemente serviti al pubblico quale dato di fatto, quasi ad autolegittimare la nomea di relazione vissuta a cento all'ora che la storia d'amore aveva acquisito. Peccato che non si possa rappresentare la vita di due persone come fosse un'unica sequenza di copertine di giornali scandalistici.
Capricci ed esagerazioni, debilitanti altalene emotive e due carriere hollywoodiane più lanciate che mai (rappresentati anche i momenti in cui gli attori ebbero la nomination all'Oscar per "Chi ha paura di Virginia Woolf?" oltre che il momento della vittoria per la Taylor e della sconfitta per Burton): insomma, un sacco di argomenti tra il biopic e mondo del gossip, passando per la curiosità che il pubblico può nutrire per le fiction da 'dietro le quinte' sui propri divi preferiti. Eppure, nonostante tutti i possibili agganci per realizzare un racconto che funzionasse davvero, "Liz & Dick" scricchiola in svariati passaggi.
Il problema non sta tanto nella recitazione - ci terrei a ricordare che questo è un prodotto per la televisione americana realizzato dalla rete via cavo Lifetime. Noi abbiamo le fiction Rai con Manuela Arcuri o Nino Frassica. Non siamo quindi troppo nella posizione di criticare una Lindsay Lohan qualunque -, quanto, appunto, nella storia. Non che sia inguardabile o illogica, semplicemente riduce tutto troppo, senza davvero approfondire il rapporto umano che ha legato le due star che, prima di essere tali, erano persone. Invece mi è sembrato che ci si sia preoccupati moltissimo del lato patinato e glam, delle feste e dei gioielli, tralasciando ingenuamente una parte della storia che non può essere tenuta in secondo piano, ovvero la vicenda umana.
Lo scandalo della relazione tra la Taylor e Burton non può essere riassunto in due titoli di giornale, ma, a mio avviso, avrebbe dovuto essere affrontato attraverso gli occhi di tutti e quattro i coinvolti (ossia delle due coppie sposate). Questo elemento di approfondimento psicologico più consapevole e maturo manca e rende incompleto un lavoro che, quindi, finisce per basarsi solo sulla superfice delle cose.
Quello che davvero manca è la capacità dello sceneggiatore di rendere persone i personaggi e non solo di descrivere le tappe in ordine cronologico di due figure che rimangono, per tutta la narrazione, bidimensionali ricordi delle personalità che rappresentano. Di questo, quindi, non si può fare alcuna colpa alla Lohan.
Premesso che in generale non mi è mai piaciuta, comunque ho trovato la scelta di farle rappresentare Liz Taylor (oltre che provocatoria) azzeccata quantomeno per l'aspetto. Non si assomigliano mai in maniera strabiliante, eppure c'è qualcosa di maledettamente identico che le accomuna e funziona. Decisamente meno magnetico, invece, il Burton di Grant Bowler che non colpisce in nessun passaggio particolare e, anzi, sembra spesso un pensionato qualunque di passaggio nella vicenda della protagonista Taylor.
I veri momenti che ho trovato detestabili e recitati veramente male, sono stati quelli della pseudo intervista doppia di Liz e Dick in una specie di spazio fuori dal tempo, dove quelle che potremmo definire le coscienze dei due, raccontano, descrivono e spiegano in prima persona le vicende intercorse durante la lunga relazione d'amore.
Questi momenti teoricamente più intimisti, spezzano in maniera drammatica la narrazione e non aggiungono davvero nulla che non sia il dar prova che Lindsay Lohan sa ancora piangere a comando. Essendo la sceneggiatura così piatta, non è necessaria alcuna spiegazione degli eventi sottolineando i passaggi chiave, perchè anche un bambino riesce a coglierli. E, ripeto, sono recitati piuttosto malino rispetto al resto delle due performance. Oltre al fatto che scimmiottano piuttosto goffamente i momenti di analisi di coppia Jolie-Pitt in "Mr. & Mrs. Smith"
Insomma, "Liz & Dick" è quello che è, nonché esattamente ciò che mi aspettavo, ovvero un prodotto che gioca molto sull'appeal della coppia di cui racconta la storia e della protagonista scelta per portare sul piccolo schermo questa porzione di vita dell'attrice Elizabeth Taylor. L'aspetto meglio curato è quello estetico (bei costumi, trucco fatto molto bene e bella fotografia), ma è incapace di gestire un racconto che vada oltre una patinata e semplificata visione della realtà. A tratti funziona, ma non è certo soddisfacente.
Consigli: Lo si può vedere per svariati motivi: se si è fan della Lohan, se si amano i biopic oppure se i Burton-Taylor piacciono o sono piaciuti. E' un intrattenimento innocuo e che richiede pochissimo sforzo intellettuale. Va, però, considerato nei limiti di ciò che è, senza pretendere approfondimenti o slanci d'autore. In quest'ottica si segue volentieri.
Parola chiave: Oscar.
Trailer
Bengi
Etichette:
amore,
biopic,
Cleopatra,
divorzio,
Elizabeth Taylor,
fiction,
Grant Bowler,
Lifetime,
Lindsay Lohan,
Liz and Dick,
Liz Taylor,
matrimonio,
Mr. and Mrs. Smith,
oscar,
relazione extra coniugale,
Richard Burton
mercoledì 24 aprile 2013
Film 538 - Twilight
Con Licia abbiamo deciso di farci del male: vedere la saga per teenagers più patinata, chiacchierata ed osannata degli ultimi anni. Peggio per noi?
Film 538: "Twilight" (2008) di Catherine Hardwicke
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: E, insomma, l'ho rivisto. Sì, perchè il primo capitolo effettivamente lo avevo guardato addirittura al cinema nel lontano 2008. E non mi era piaciuto; anzi lo avevo trovato piuttosto deludente.
Questa seconda volta in compagnia dei vapiri della Meyer è stata più o meno identicamente noiosa. Purtroppo o fortunatamente non riesco a subire il fascino di questa storia amorosa pseudo maledetta, dove il vampiro - gotica figura teoricamente legata all'oscurità e al male - finisce per essere glitterata immagine patinata per ragazzine in età da ormone e la protagonista ha la stessa verve (e carica erotica) di una scopa. La fissità e rigidità di Kristen Stewart è ormai leggenda, eppure non riesco a smettere di stupirmene di volta in volta. Pattinson, invece, è più attento sia a fare il giusto sguardo tra l'attratto da Bella e il cascamorto generale, sia a come rendere meglio le svariate camminate a rallentatore. La fotografia perennemente tendente ai colori freddi (blu e verde) fa il resto, collocando la storia che si svolge a Folks, Washington, in una fredda ambientazione che contribuisce a garantire un'atmosfera abbastanza cool e ricercata.
Il lavoro d'immagine, infatti, è ben studiato e non si può dire che la Hardwicke e tutta la crew non abbiano lavorato sapientemente per mixare efficacemente tutti gli elementi più appetibili per i fans dei libri da cui tutta la storia è tratta. Il risultato, infatti, è esteticamente molto curato e patinato, con la colonna sonora giusta e le future leve di Hollywood in prima linea a presenziare (i noti in divenire, a parte i tre Stewart, Pattinson e Taylor Lautner sono anche Anna Kendrick, Nikki Reed, Kellan Lutz, Cam Gigandet). Tutto questo ha contribuito ad elevare e poi consolidare lo status di questo prodotto, che ha effettivamente catturato l'attenzione teen (e non) dgli appassionati di pellicole fantasy con degenerazioni romantiche (triangoli amorosi, smielate dichiarazioni, eternità dei sentimenti dichiarati) tra un po' di azione ed elementi dark.
Il vero problema, però, è che a parte tutta la costruzione che ci sta dietro, c'è veramente poco altro. La narrazione è lenta, tutta incentrata su una storia d'amore fatta di bisbigliate dichiarazioni e colpi di sdolcinato fulmine. Sebbene solitamente io non disprezzi necessariamente i chick flick o in generale i prodotti qualitativamente meno ricercati, qualcosa di questo "Twilight" continua a non convincermi. Sembrerebbe avere tutte le carte in regola, eppure neanche questa seconda visione mi ha convinto o fatto cambiare idea.
Onestamente non posso dire che questo film sia oggettivamente brutto, fatto male o completamente inutile; bisogna però accettare quello che già avevo detto per "The Host"): "L'infinita lentezza di questo film è già un grave difetto, ma evidentemente [...] chi si dispone a vedere uno dei prodotti collaterali della Meyer scende a patti con questa mancanza volentieri, probabilmente ricercando una storia d'amore impossibile ed eterna, piuttosto che un buon ritmo e una buona sceneggiatura. Quindi va detto fin da subito che, oltre a non esserci originalità, non ci sono nemmeno grandi contenuti. L'approfondimento dei personaggi è al limite della sufficienza".
Quindi attendo di capire se i prossimi episodi della saga "Twilight" porteranno nuovi elementi (magari positivi) o se il tutto sarà staticamente adagiato sulle stesse premesse di questo primo capitolo. Che a me non è piaciuto, ma ha ampiamente fatto svolto il suo ruolo commerciale: 37 milioni di dollari per produrlo, $392.616.625 di incasso mondiale.
Film 538 - Twilight
Film 1998 - Twilight
Film 547 - The Twilight Saga: New Moon
Film 555 - The Twilight Saga: Eclipse
Film 560 - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1
Film 562 - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2
Consigli: E' una fiaba (circa) gotico-romantica, con uno sprazzo di azione e veramente poche espressioni di Kristen Stewart. Il genere vampiro declinato in rosa deve piacere fin dall'inizio, altrimenti l'alchimia con questo prodotto cinematografico non ci sarà. Farà impazzire, invece, chi gradisce le implicazioni sentimentali con annesse pene amorose e sconvolgimenti adolescenziali (per es. quando Bella dirà al padre che lo detesta e se ne andrà di casa per andarsene a stare da sola. Se io a 17anni avessi detto così ai miei, probabilmente ora non sarei qui a raccontarlo, quindi a me è sembrato un passaggio narrativo assurdo. Evidentemente per altre persone è plausibile un simile comportamento da parte di una minorenne introversa e simpatica come una tegolata in fronte).
Ps. Attenzione alla fluente chioma di Jacob/Taylor Lautner: è qualcosa da cui non riuscirete più a togliere lo sguardo.
Parola chiave: Morso.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 538: "Twilight" (2008) di Catherine Hardwicke
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: E, insomma, l'ho rivisto. Sì, perchè il primo capitolo effettivamente lo avevo guardato addirittura al cinema nel lontano 2008. E non mi era piaciuto; anzi lo avevo trovato piuttosto deludente.
Questa seconda volta in compagnia dei vapiri della Meyer è stata più o meno identicamente noiosa. Purtroppo o fortunatamente non riesco a subire il fascino di questa storia amorosa pseudo maledetta, dove il vampiro - gotica figura teoricamente legata all'oscurità e al male - finisce per essere glitterata immagine patinata per ragazzine in età da ormone e la protagonista ha la stessa verve (e carica erotica) di una scopa. La fissità e rigidità di Kristen Stewart è ormai leggenda, eppure non riesco a smettere di stupirmene di volta in volta. Pattinson, invece, è più attento sia a fare il giusto sguardo tra l'attratto da Bella e il cascamorto generale, sia a come rendere meglio le svariate camminate a rallentatore. La fotografia perennemente tendente ai colori freddi (blu e verde) fa il resto, collocando la storia che si svolge a Folks, Washington, in una fredda ambientazione che contribuisce a garantire un'atmosfera abbastanza cool e ricercata.
Il lavoro d'immagine, infatti, è ben studiato e non si può dire che la Hardwicke e tutta la crew non abbiano lavorato sapientemente per mixare efficacemente tutti gli elementi più appetibili per i fans dei libri da cui tutta la storia è tratta. Il risultato, infatti, è esteticamente molto curato e patinato, con la colonna sonora giusta e le future leve di Hollywood in prima linea a presenziare (i noti in divenire, a parte i tre Stewart, Pattinson e Taylor Lautner sono anche Anna Kendrick, Nikki Reed, Kellan Lutz, Cam Gigandet). Tutto questo ha contribuito ad elevare e poi consolidare lo status di questo prodotto, che ha effettivamente catturato l'attenzione teen (e non) dgli appassionati di pellicole fantasy con degenerazioni romantiche (triangoli amorosi, smielate dichiarazioni, eternità dei sentimenti dichiarati) tra un po' di azione ed elementi dark.
Il vero problema, però, è che a parte tutta la costruzione che ci sta dietro, c'è veramente poco altro. La narrazione è lenta, tutta incentrata su una storia d'amore fatta di bisbigliate dichiarazioni e colpi di sdolcinato fulmine. Sebbene solitamente io non disprezzi necessariamente i chick flick o in generale i prodotti qualitativamente meno ricercati, qualcosa di questo "Twilight" continua a non convincermi. Sembrerebbe avere tutte le carte in regola, eppure neanche questa seconda visione mi ha convinto o fatto cambiare idea.
Onestamente non posso dire che questo film sia oggettivamente brutto, fatto male o completamente inutile; bisogna però accettare quello che già avevo detto per "The Host"): "L'infinita lentezza di questo film è già un grave difetto, ma evidentemente [...] chi si dispone a vedere uno dei prodotti collaterali della Meyer scende a patti con questa mancanza volentieri, probabilmente ricercando una storia d'amore impossibile ed eterna, piuttosto che un buon ritmo e una buona sceneggiatura. Quindi va detto fin da subito che, oltre a non esserci originalità, non ci sono nemmeno grandi contenuti. L'approfondimento dei personaggi è al limite della sufficienza".
Quindi attendo di capire se i prossimi episodi della saga "Twilight" porteranno nuovi elementi (magari positivi) o se il tutto sarà staticamente adagiato sulle stesse premesse di questo primo capitolo. Che a me non è piaciuto, ma ha ampiamente fatto svolto il suo ruolo commerciale: 37 milioni di dollari per produrlo, $392.616.625 di incasso mondiale.
Film 538 - Twilight
Film 1998 - Twilight
Film 547 - The Twilight Saga: New Moon
Film 555 - The Twilight Saga: Eclipse
Film 560 - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 1
Film 562 - The Twilight Saga: Breaking Dawn - Parte 2
Consigli: E' una fiaba (circa) gotico-romantica, con uno sprazzo di azione e veramente poche espressioni di Kristen Stewart. Il genere vampiro declinato in rosa deve piacere fin dall'inizio, altrimenti l'alchimia con questo prodotto cinematografico non ci sarà. Farà impazzire, invece, chi gradisce le implicazioni sentimentali con annesse pene amorose e sconvolgimenti adolescenziali (per es. quando Bella dirà al padre che lo detesta e se ne andrà di casa per andarsene a stare da sola. Se io a 17anni avessi detto così ai miei, probabilmente ora non sarei qui a raccontarlo, quindi a me è sembrato un passaggio narrativo assurdo. Evidentemente per altre persone è plausibile un simile comportamento da parte di una minorenne introversa e simpatica come una tegolata in fronte).
Ps. Attenzione alla fluente chioma di Jacob/Taylor Lautner: è qualcosa da cui non riuscirete più a togliere lo sguardo.
Parola chiave: Morso.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Etichette:
amore,
Anna Kendrick,
box office,
Cam Gigandet,
Catherine Hardwicke,
Edward Cullen,
Kellan Lutz,
Kristen Stewart,
Nikki Reed,
Robert Pattinson,
Stephenie Meyer,
Taylor Lautner,
The Host,
triangolo amoroso,
twilight
martedì 23 aprile 2013
Film 537 - G.I. Joe - La nascita dei Cobra
Nella stessa sera, dopo "Obsessed - Passione fatale", decido di continuare il mio personale percorso Razzie Awards con un'altra pellicola che andò forte all'edizione 2010. E, scopro per caso documentandomi, che la pellicola in questione rubò ad Ali Larter proprio di "Obsessed" il titolo di Peggior attrice non protagonista grazie alla performance di Sienna Miller. Son soddisfazioni...
Film 537: "G.I. Joe - La nascita dei Cobra" (2009) di Stephen Sommers
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Fondamentalmente ho voluto vedere questo film perchè ne avevo sentito parlare sempre piuttosto male (nonostante i presupposti commerciali e il budget altissimo di 175milioni di dollari) e perchè è appena uscito il sequel. Ora, come è possibile pensare di produrre un secondo episodio se, in teoria, il primo è andato così male? Era quello che volevo scoprire, anche perchè il secondo ("G.I. Joe - La vendetta") in realtà non sta andando male.
Visto i presupposti di pessima qualità e di trama e di recitazione, devo proprio dire che non mi aspettavo altro che schifezze da questo "G.I. Joe: The Rise of Cobra". In effetti il prodotto è debole, ovvero scritto maluccio e realizzato maluccio: insieme non fanno un bel risultato. A differenza di altri prodotti tratti da gioccattoli Hasbro, l'avventura dei G.I. Joe è confusa e mal organizzata, con un cast di attori (Channing Tatum, Christopher Eccleston, Joseph Gordon-Levitt, Sienna Miller, Rachel Nichols, Jonathan Pryce, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Marlon Wayans e Dennis Quaid) che recita alla meno peggio, diciamo. Per essere gentili.
Sinceramente, ho trovato ben peggiore della Miller la recitazione della Nichols che, nonostante il ruolo importante di Scarlett, è coinvolgente tanto quanto un tappeto. Ravviva un po' l'atmosfera Marlon Wayans (quello dei primi due " Scary Movie", per capirci), nonostante le buffonate che gli fanno fare: ha battute pessime, ma almeno stempera un'atmosfera pretenziosa, ma più che altro spesso ridicola.
Perchè se spesso quello che si vorrebbe mostrare allo spettatore è qualcosa di molto simile ad "Iron Man" o "Transformers", il risultato, invece, non ci si avvicina nemmeno. Lo si potrebbe definire più un tentativo un po' ingenuo che un effettivo risultato sensato e riuscito. Volendo sorvolare su una sceneggiatura complicatamente assurda - ci sono troppi personaggi, poi! -, il fattore su cui dovrebbe basarsi una pellicola del genere, ovvero gli effetti speciali, è così mal realizzato che non aiuta nemmeno a mascherare (e abbellire) tutto ciò che di per sé non funziona del prodotto. Questa mancanza di accuratezza estetica la si può intuire già dalla locandina del film, dove una che vive della propria immagine come Sienna Miller, è stata talmente modificata male da non essere né riconoscibile né bella... E ce ne vuole.
Quindi, nonostante il mio animo sempre ben disposto verso questo genere action/adrenalina/sparatorie/tutto distrutto/effetti speciali, non posso dire che "G.I. Joe - La nascita dei Cobra" abbia mantenuto le promesse di divertimento frivolo, sì, ma ben realizzato che sinceramente mi aspettavo.
Ps. $302,469,017 di incasso mondiale.
Consigli: A chi piacciono i film chiassosi di azione con un mucchio di effetti speciali può anche piacere. E' godibile e, per carità, fa passare la serata, ma non è nulla di paragonabile agli ultimi Batman, Spider-man o altro/i super eroe/i
Parola chiave: Presidente degli Stati Uniti.
Trailer
Bengi
Film 537: "G.I. Joe - La nascita dei Cobra" (2009) di Stephen Sommers
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Fondamentalmente ho voluto vedere questo film perchè ne avevo sentito parlare sempre piuttosto male (nonostante i presupposti commerciali e il budget altissimo di 175milioni di dollari) e perchè è appena uscito il sequel. Ora, come è possibile pensare di produrre un secondo episodio se, in teoria, il primo è andato così male? Era quello che volevo scoprire, anche perchè il secondo ("G.I. Joe - La vendetta") in realtà non sta andando male.
Visto i presupposti di pessima qualità e di trama e di recitazione, devo proprio dire che non mi aspettavo altro che schifezze da questo "G.I. Joe: The Rise of Cobra". In effetti il prodotto è debole, ovvero scritto maluccio e realizzato maluccio: insieme non fanno un bel risultato. A differenza di altri prodotti tratti da gioccattoli Hasbro, l'avventura dei G.I. Joe è confusa e mal organizzata, con un cast di attori (Channing Tatum, Christopher Eccleston, Joseph Gordon-Levitt, Sienna Miller, Rachel Nichols, Jonathan Pryce, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Marlon Wayans e Dennis Quaid) che recita alla meno peggio, diciamo. Per essere gentili.
Sinceramente, ho trovato ben peggiore della Miller la recitazione della Nichols che, nonostante il ruolo importante di Scarlett, è coinvolgente tanto quanto un tappeto. Ravviva un po' l'atmosfera Marlon Wayans (quello dei primi due " Scary Movie", per capirci), nonostante le buffonate che gli fanno fare: ha battute pessime, ma almeno stempera un'atmosfera pretenziosa, ma più che altro spesso ridicola.
Perchè se spesso quello che si vorrebbe mostrare allo spettatore è qualcosa di molto simile ad "Iron Man" o "Transformers", il risultato, invece, non ci si avvicina nemmeno. Lo si potrebbe definire più un tentativo un po' ingenuo che un effettivo risultato sensato e riuscito. Volendo sorvolare su una sceneggiatura complicatamente assurda - ci sono troppi personaggi, poi! -, il fattore su cui dovrebbe basarsi una pellicola del genere, ovvero gli effetti speciali, è così mal realizzato che non aiuta nemmeno a mascherare (e abbellire) tutto ciò che di per sé non funziona del prodotto. Questa mancanza di accuratezza estetica la si può intuire già dalla locandina del film, dove una che vive della propria immagine come Sienna Miller, è stata talmente modificata male da non essere né riconoscibile né bella... E ce ne vuole.
Quindi, nonostante il mio animo sempre ben disposto verso questo genere action/adrenalina/sparatorie/tutto distrutto/effetti speciali, non posso dire che "G.I. Joe - La nascita dei Cobra" abbia mantenuto le promesse di divertimento frivolo, sì, ma ben realizzato che sinceramente mi aspettavo.
Ps. $302,469,017 di incasso mondiale.
Consigli: A chi piacciono i film chiassosi di azione con un mucchio di effetti speciali può anche piacere. E' godibile e, per carità, fa passare la serata, ma non è nulla di paragonabile agli ultimi Batman, Spider-man o altro/i super eroe/i
Parola chiave: Presidente degli Stati Uniti.
Trailer
Bengi
Etichette:
Byung-hun Lee,
Channing Tatum,
Dennis Quaid,
G.I. Joe,
G.I. Joe - La nascita dei Cobra,
G.I. Joe - La vendetta,
G.I. Joe: The Rise of Cobra,
Hasbro,
Joseph Gordon-Levitt,
Marlon Wayans,
Razzie,
SIenna Miller
venerdì 19 aprile 2013
Film 536 - Obsessed - Passione fatale
Leoo me ne aveva parlato e io, in realtà, ero sempre stato curioso di vederlo. Sia perché c'è Beyoncé, sia perché è stata una pellicola molto importante... ai Razzie Awards!
Film 536: "Obsessed - Passione fatale" (2009) di Steve Shill
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessunoo
Pensieri: E' un capolavoro. Di trash, ma comunque un capolavoro. Presa questa come verità assoluta, si può parlare di "Obsessed" senza falsità: è una mera operazione commerciale spilla soldi in cui una cantante bella e dotata si autopromuove attrice per estendere il suo dominio anche a quei territori cui il suo talento teoricamente non la porterebbe.
In effetti va detto che, in questo triangolo amoroso, il personaggio più inutile è proprio quello di Beyoncé che, inoltre, è anche la peggiore a livello recitativo, incapace di scollarsi di dosso quel ruolo di pacchiana donna del ghetto con marcatissimo accento black. I suoi dialoghi da mamma-casalinga futura giustiziera della notte sono qualcosa di imbarazzante e penso che il picco del ridicolo si tocchi quando Sharon/Beyoncé e Lisa/Ali Larter se le stanno dando di brutto e la prima, tra un cazzotto e una testata, risponde pure al telefono per assicurare al maritino Idris Elba (oggetto della contesa) che farà il c**o alla bella-bionda-pazza-assatanata che ha tentato di rubarle il consorte. E se non è ghetto questo, non so cosa lo sia.
Si capisce subito, quindi, perchè vedere questo "Obsessed - Passione fatale" mi abbia tanto divertito. E' talmente assurdo e pacchiano, che finisce per piacerti in qualche modo.
La storia ruota attorno alla semplicissima premessa iniziale - donna si innamora di uomo già sposato e diventa stalker fuori controllo - che viene tirata avanti per tutti i 108minuti di pellicola. E si parte subito in quarta: il film comincia con Lisa che conosce per caso in ascensore Derek (Elba) e scatta subito qualcosa. Nel giro delle due scene successive lo spettatore la vedrà documentarsi sulla vita dell'uomo e in men che non si dica sarà approccio esplicito dove lui, però, non ci sta. E fa bene, considerando che a casa lo attende la signora del ghetto.
L'approfondimento psicologico è banale e unicamente funzionale a portare avanti il racconto, i dialoghi scontatissimi e certi episodi fuori da ogni logica. In particolare si inquadra bene in quest'ottica nonsense il personaggio della detective Reese (interpretata dal premio Oscar Christine Lahti) che si può definire come l'investigatrice più idiota della storia del cinema. Vederla così fiera delle conclusioni che ha tratto - palesemente sbagliate - è certamente uno show divertente, ma fa capire la bassezza (per non dire demenzialità) che sta dietro questa sceneggiatura.
Lo scontro finale donna-a-donna ha il suo perchè, lo ammetto, e anche se Beyoncé non rinuncia alle sue telefonate durante la scazzottata, adrenaliza, azione e pathos sono abbastanza ben combinate. Agghiacciante, invece, l'ultimo fotogramma scelto prima di sfumare in nero. Non posso aggiungere altro per non svelare poi tutto il finale, ma vedere per credere.
Insomma, come dicevo all'inizio, siamo nel puro trash. Un filmetto scontato, stereotipato e recitato così così (sia Beyoncé che la Larter hanno ricevuto la nomination ai Razzie), ma si lascia guardare. E ci scappano pure delle risate...
Consigli: Assolutamente nulla di che. Può essere visto per farsi una risata o per farsi un'idea di cosa vuol dire autoprodursi in qualcosa che non si è (ancora) in grado di fare. Beyoncé, mi spiace, qui ha fallito e questo film sarà sempre qui a dimostrarlo. Però tutto sommato è abbastanza assurdo da intrattenere per una serata.
Parola chiave: Stalker.
Trailer
Bengi
Film 536: "Obsessed - Passione fatale" (2009) di Steve Shill
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessunoo
Pensieri: E' un capolavoro. Di trash, ma comunque un capolavoro. Presa questa come verità assoluta, si può parlare di "Obsessed" senza falsità: è una mera operazione commerciale spilla soldi in cui una cantante bella e dotata si autopromuove attrice per estendere il suo dominio anche a quei territori cui il suo talento teoricamente non la porterebbe.
In effetti va detto che, in questo triangolo amoroso, il personaggio più inutile è proprio quello di Beyoncé che, inoltre, è anche la peggiore a livello recitativo, incapace di scollarsi di dosso quel ruolo di pacchiana donna del ghetto con marcatissimo accento black. I suoi dialoghi da mamma-casalinga futura giustiziera della notte sono qualcosa di imbarazzante e penso che il picco del ridicolo si tocchi quando Sharon/Beyoncé e Lisa/Ali Larter se le stanno dando di brutto e la prima, tra un cazzotto e una testata, risponde pure al telefono per assicurare al maritino Idris Elba (oggetto della contesa) che farà il c**o alla bella-bionda-pazza-assatanata che ha tentato di rubarle il consorte. E se non è ghetto questo, non so cosa lo sia.
Si capisce subito, quindi, perchè vedere questo "Obsessed - Passione fatale" mi abbia tanto divertito. E' talmente assurdo e pacchiano, che finisce per piacerti in qualche modo.
La storia ruota attorno alla semplicissima premessa iniziale - donna si innamora di uomo già sposato e diventa stalker fuori controllo - che viene tirata avanti per tutti i 108minuti di pellicola. E si parte subito in quarta: il film comincia con Lisa che conosce per caso in ascensore Derek (Elba) e scatta subito qualcosa. Nel giro delle due scene successive lo spettatore la vedrà documentarsi sulla vita dell'uomo e in men che non si dica sarà approccio esplicito dove lui, però, non ci sta. E fa bene, considerando che a casa lo attende la signora del ghetto.
L'approfondimento psicologico è banale e unicamente funzionale a portare avanti il racconto, i dialoghi scontatissimi e certi episodi fuori da ogni logica. In particolare si inquadra bene in quest'ottica nonsense il personaggio della detective Reese (interpretata dal premio Oscar Christine Lahti) che si può definire come l'investigatrice più idiota della storia del cinema. Vederla così fiera delle conclusioni che ha tratto - palesemente sbagliate - è certamente uno show divertente, ma fa capire la bassezza (per non dire demenzialità) che sta dietro questa sceneggiatura.
Lo scontro finale donna-a-donna ha il suo perchè, lo ammetto, e anche se Beyoncé non rinuncia alle sue telefonate durante la scazzottata, adrenaliza, azione e pathos sono abbastanza ben combinate. Agghiacciante, invece, l'ultimo fotogramma scelto prima di sfumare in nero. Non posso aggiungere altro per non svelare poi tutto il finale, ma vedere per credere.
Insomma, come dicevo all'inizio, siamo nel puro trash. Un filmetto scontato, stereotipato e recitato così così (sia Beyoncé che la Larter hanno ricevuto la nomination ai Razzie), ma si lascia guardare. E ci scappano pure delle risate...
Consigli: Assolutamente nulla di che. Può essere visto per farsi una risata o per farsi un'idea di cosa vuol dire autoprodursi in qualcosa che non si è (ancora) in grado di fare. Beyoncé, mi spiace, qui ha fallito e questo film sarà sempre qui a dimostrarlo. Però tutto sommato è abbastanza assurdo da intrattenere per una serata.
Parola chiave: Stalker.
Trailer
Bengi
Etichette:
Ali Larter,
amore,
Beyoncé,
Beyoncé Knowles,
Christine Lahti,
famiglia,
Idris Elba,
Jerry O'Connell,
Obsessed,
Obsessed - Passione fatale,
ossessione,
pazzia,
Razzie,
relazione,
sesso,
stalker,
triangolo amoroso
giovedì 18 aprile 2013
Film 535 - The Host
La 3 regalava questo ingresso e, sinceramente, ero proprio curioso di vedere cosa proponesse questa storia di cui avevo tanto sentito chiacchierare...
Film 535: "The Host" (2013) di Andrew Niccol
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: C'erano molte aspettative rispetto a questa pellicola, ufficialmente il post-Twilight della creatrice della saga Stephenie Meyer. Si cercava per lei, infatti, un nuovo tormentone milionario, una nuova scusa per mettere in cantiere altri 5trilioni di pellicole ispirate ai suoi libri. E "The Host" era il primo e sperimentale tentativo di fare il bis dopo il successo dei vampiri.
Questa volta la Meyer cambia macroargomento e dai canini affilati ma vegetariani, passiamo agli alieni invasori di corpi, ma con un anima. Il contorno, però, non cambia e rimane sempre la stessa precedente situazione amorosa del triangolo. Anche se formalmente Melanie/Saoirse Ronan è abitata dall'alieno Wanda, di fatto il corpo è uno solo, combattuto tra l'amore dei due belli della pellicola, il figlio di Jeremy Irons, Max (già visto nell'altro teen-horror "Cappuccetto rosso sangue"), e Jake Abel. Entrambi sono innamorati della/e protagonista/e, rispettivamente dell'umana Melanie e dell'aliena Wanda (al di fuori del corpo umano che ospita, ha l'aspetto di un neurone luminoso glitterato).
Di fatto, quindi, l'autrice della storia non sceglie di cambiare moltissimo le sue tematiche di interesse, ma le maschera solamente in altre forme per vedere se un fresh new start possa essere possibile. E diciamocelo, se questo è il risultato, la risposta è no.
L'infinita lentezza di questo film è già un grave difetto, ma evidentemente (ho visto solo il primo dei numerosi "Twilight", anche se ho in progetto di documentarmi) chi si dispone a vedere uno dei prodotti collaterali della Meyer scende a patti con questa mancanza volentieri, probabilmente ricercando una storia d'amore impossibile ed eterna, piuttosto che un buon ritmo e una buona sceneggiatura. Quindi va detto fin da subito che, oltre a non esserci originalità, non ci sono nemmeno grandi contenuti. L'approfondimento dei personaggi è al limite della sufficienza e anche se il duetto mentale tra la voce interiore di Melanie e quella di Wanda sembrerebbe legittimare un approfondimento psicologico necessariamente più maturo, serio e ricercato, in realtà la resa di questo aspetto è banalizzata e semplificata in maniera a tratti imbarazzante. Anche perchè, nonostante il dramma dell'essere 'spodestati' dal proprio corpo e la razza umana che viene soggiogata dall'alieno e la ribellione degli ultimi umani superstiti... Alla fine l'unica cosa su cui si concentra/no la/e protagonista/e sono i due ragazzi del cuore.
E, nel momento in cui tutta l'attenzione del film si sposta su questo argomento, capisci che "The Host" è un fallimento.
Mi rendo perfettamente conto che il pubblico cui mirasse il prodotto in questione fosse principalmente interessato alla love story, però io - da profano - ho trovato il tutto di una piatta banalità tanto sempliciotta che nemmeno sono riuscito a godermi l'insieme. Non c'è divertimento, non c'è malizia, né intrighi, la rivoluzione è trattata come cornice e le implicazioni mentali e sociali dell'essere abitati da un alieno non sono nemmeno prese in considerazione. Tutto ciò che viene proposto qui sono ambientazioni futuristiche e conseguenti gadget, relazioni stereotipate e una caccia all'uomo (o donna, in questo caso) all'acqua di rose. La storia, infatti, punta tutto sul nuovo triangolo Ronan-Irons-Abel, ma nessuno dei tre (forse giusto il secondo) ha l'appeal necessario a suscitare anche solo qualche interesse per il loro disagio amoroso. Saoirse Ronan si è scelta la non facile situazione di resuscitare le speranze della Meyer di una nuova Kristen Stewart dalle uova d'oro, senza però essere in grando di mantenere alcuna aspettativa, piatta e quasi annoiata in alcuni tratti, probabilmente a causa della stessa sceneggiatura...
Per farla breve, "The Host" poteva essere una pellicola carina visto i presupposti cool e patinati e la pubblicità collaterale grazie alla maternità della Meyer, eppure fallisce completamente il suo scopo, risultando noioso è per niente interessante. Giusto Diane Kruger regala un po' di movimento ad una trama che, altrimenti, è piatta e buonista.
Ps. 40 milioni di dollari per produrlo, ma insufficienti $45,420,419 di incasso mondiale.
Consigli: A questo punto suppongo sia meglio approfondire la questione "Twilight" perchè o Mrs. Meyer è una miracolata o davvero quella storia è migliore. Perchè se cercate qualcosa di banale, già visto, ma in salsa futuro allora "The Host" fa per voi; altrimenti lasciate stare.
Parola chiave: Viandante.
Trailer
Bengi
Film 535: "The Host" (2013) di Andrew Niccol
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: C'erano molte aspettative rispetto a questa pellicola, ufficialmente il post-Twilight della creatrice della saga Stephenie Meyer. Si cercava per lei, infatti, un nuovo tormentone milionario, una nuova scusa per mettere in cantiere altri 5trilioni di pellicole ispirate ai suoi libri. E "The Host" era il primo e sperimentale tentativo di fare il bis dopo il successo dei vampiri.
Questa volta la Meyer cambia macroargomento e dai canini affilati ma vegetariani, passiamo agli alieni invasori di corpi, ma con un anima. Il contorno, però, non cambia e rimane sempre la stessa precedente situazione amorosa del triangolo. Anche se formalmente Melanie/Saoirse Ronan è abitata dall'alieno Wanda, di fatto il corpo è uno solo, combattuto tra l'amore dei due belli della pellicola, il figlio di Jeremy Irons, Max (già visto nell'altro teen-horror "Cappuccetto rosso sangue"), e Jake Abel. Entrambi sono innamorati della/e protagonista/e, rispettivamente dell'umana Melanie e dell'aliena Wanda (al di fuori del corpo umano che ospita, ha l'aspetto di un neurone luminoso glitterato).
Di fatto, quindi, l'autrice della storia non sceglie di cambiare moltissimo le sue tematiche di interesse, ma le maschera solamente in altre forme per vedere se un fresh new start possa essere possibile. E diciamocelo, se questo è il risultato, la risposta è no.
L'infinita lentezza di questo film è già un grave difetto, ma evidentemente (ho visto solo il primo dei numerosi "Twilight", anche se ho in progetto di documentarmi) chi si dispone a vedere uno dei prodotti collaterali della Meyer scende a patti con questa mancanza volentieri, probabilmente ricercando una storia d'amore impossibile ed eterna, piuttosto che un buon ritmo e una buona sceneggiatura. Quindi va detto fin da subito che, oltre a non esserci originalità, non ci sono nemmeno grandi contenuti. L'approfondimento dei personaggi è al limite della sufficienza e anche se il duetto mentale tra la voce interiore di Melanie e quella di Wanda sembrerebbe legittimare un approfondimento psicologico necessariamente più maturo, serio e ricercato, in realtà la resa di questo aspetto è banalizzata e semplificata in maniera a tratti imbarazzante. Anche perchè, nonostante il dramma dell'essere 'spodestati' dal proprio corpo e la razza umana che viene soggiogata dall'alieno e la ribellione degli ultimi umani superstiti... Alla fine l'unica cosa su cui si concentra/no la/e protagonista/e sono i due ragazzi del cuore.
E, nel momento in cui tutta l'attenzione del film si sposta su questo argomento, capisci che "The Host" è un fallimento.
Mi rendo perfettamente conto che il pubblico cui mirasse il prodotto in questione fosse principalmente interessato alla love story, però io - da profano - ho trovato il tutto di una piatta banalità tanto sempliciotta che nemmeno sono riuscito a godermi l'insieme. Non c'è divertimento, non c'è malizia, né intrighi, la rivoluzione è trattata come cornice e le implicazioni mentali e sociali dell'essere abitati da un alieno non sono nemmeno prese in considerazione. Tutto ciò che viene proposto qui sono ambientazioni futuristiche e conseguenti gadget, relazioni stereotipate e una caccia all'uomo (o donna, in questo caso) all'acqua di rose. La storia, infatti, punta tutto sul nuovo triangolo Ronan-Irons-Abel, ma nessuno dei tre (forse giusto il secondo) ha l'appeal necessario a suscitare anche solo qualche interesse per il loro disagio amoroso. Saoirse Ronan si è scelta la non facile situazione di resuscitare le speranze della Meyer di una nuova Kristen Stewart dalle uova d'oro, senza però essere in grando di mantenere alcuna aspettativa, piatta e quasi annoiata in alcuni tratti, probabilmente a causa della stessa sceneggiatura...
Per farla breve, "The Host" poteva essere una pellicola carina visto i presupposti cool e patinati e la pubblicità collaterale grazie alla maternità della Meyer, eppure fallisce completamente il suo scopo, risultando noioso è per niente interessante. Giusto Diane Kruger regala un po' di movimento ad una trama che, altrimenti, è piatta e buonista.
Ps. 40 milioni di dollari per produrlo, ma insufficienti $45,420,419 di incasso mondiale.
Consigli: A questo punto suppongo sia meglio approfondire la questione "Twilight" perchè o Mrs. Meyer è una miracolata o davvero quella storia è migliore. Perchè se cercate qualcosa di banale, già visto, ma in salsa futuro allora "The Host" fa per voi; altrimenti lasciate stare.
Parola chiave: Viandante.
Trailer
Bengi
Etichette:
alieni,
box office,
Diane Kruger,
Emily Browning,
fantasy,
Frances Fisher,
Jake Abel,
L'ospite,
Max Irons,
Saoirse Ronan,
Stephenie Meyer,
The Host,
tratto da un libro,
triangolo amoroso,
twilight,
William Hurt
mercoledì 17 aprile 2013
Film 533 - 2012
E' inutile, il dvd ormai ce l'ho e ogni tanto lo riguardo...
Film 533: "2012" (2009) di Roland Emmerich
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Tanto non c'è niente da fare, a me questo film piace.
Gli effetti speciali sono fatti benissimo, azione, pathos, dramma e avventura giocano tutti a favore della storia che, futuristica, catastrofica e big bluff, funziona alla grande. Niente di sofisticato, ma l'intrattenimento qui è ad alto livello.
Stereotipato quanto basta da rendere ogni Nazione presa in considerazione dalla pellicola abbastanza simile alla situazione interna di quel Paese al momento dell'uscita del film, noi italiani ci facciamo una così pessima figura che, in effetti, è imbarazzante confrontarsi con l'immagine che passa di noi attraverso i media e come questa sia ormai radicata. Quindi la pellicola è, sì, costruita un po' in maniera superficiale rispetto alla caratterizzazione di ogni personaggio e al Paese di appartenenza, però non si sa bene per quale motivo l'Italia sia stata maggiormente sbeffeggiata a dispetto di tutte le altre Nazioni che finiscono per fare una bella figura (come Russia e Germania).
A parte questo - e specificato che a me l'ironia di fondo non ha offeso, dato che ciò che abbiamo è ciò che esattamente ci meritiamo - "2012" è un bombardamento di adrenalina, sempre a preme sull'acceleratore dell'azione frenetica, caotica e di grande impatto visivo. Così crosta terrestre che si spacca, vulcani che eruttano, terremoti, tsunami e tutto ciò che di più pericoloso sulla terra vi può venire in mente, qui c'è. E non fate l'errore di pensare cosa sarebbe potuto accadervi se, in quel 21 dicembre appena passato, i Maya avessero davvero avuto ragione... Ps. $769,679,473 di incasso mondiale e un budget di 200milioni per produrlo: colossale!
Film 20 - 2012
Film 197 - 2012
Film 533 - 2012
Film 2015 - 2012
Consigli: Dolby surrond a manetta, pop-corn e qualche amico che condivide la passione per il genere sci-fy! Per chi piace è una bomba!
Parola chiave: Arche.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 533: "2012" (2009) di Roland Emmerich
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Tanto non c'è niente da fare, a me questo film piace.
Gli effetti speciali sono fatti benissimo, azione, pathos, dramma e avventura giocano tutti a favore della storia che, futuristica, catastrofica e big bluff, funziona alla grande. Niente di sofisticato, ma l'intrattenimento qui è ad alto livello.
Stereotipato quanto basta da rendere ogni Nazione presa in considerazione dalla pellicola abbastanza simile alla situazione interna di quel Paese al momento dell'uscita del film, noi italiani ci facciamo una così pessima figura che, in effetti, è imbarazzante confrontarsi con l'immagine che passa di noi attraverso i media e come questa sia ormai radicata. Quindi la pellicola è, sì, costruita un po' in maniera superficiale rispetto alla caratterizzazione di ogni personaggio e al Paese di appartenenza, però non si sa bene per quale motivo l'Italia sia stata maggiormente sbeffeggiata a dispetto di tutte le altre Nazioni che finiscono per fare una bella figura (come Russia e Germania).
A parte questo - e specificato che a me l'ironia di fondo non ha offeso, dato che ciò che abbiamo è ciò che esattamente ci meritiamo - "2012" è un bombardamento di adrenalina, sempre a preme sull'acceleratore dell'azione frenetica, caotica e di grande impatto visivo. Così crosta terrestre che si spacca, vulcani che eruttano, terremoti, tsunami e tutto ciò che di più pericoloso sulla terra vi può venire in mente, qui c'è. E non fate l'errore di pensare cosa sarebbe potuto accadervi se, in quel 21 dicembre appena passato, i Maya avessero davvero avuto ragione... Ps. $769,679,473 di incasso mondiale e un budget di 200milioni per produrlo: colossale!
Film 20 - 2012
Film 197 - 2012
Film 533 - 2012
Film 2015 - 2012
Consigli: Dolby surrond a manetta, pop-corn e qualche amico che condivide la passione per il genere sci-fy! Per chi piace è una bomba!
Parola chiave: Arche.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Etichette:
2012,
Amanda Peet,
box office,
catastrofe,
Chiwetel Ejiofor,
Danny Glover,
effetti speciali,
John Cusack,
kolossal,
Maya,
Oliver Platt,
profezia,
roland emmerich,
sci-fi,
Thandiwe Newton,
tsunami,
Woody Harrelson
martedì 16 aprile 2013
Film 534 - Sparkle - La luce del successo
Ultimo film in cui compare Whitney: imperdibile, solo per lei.
Film 534: "Sparkle - La luce del successo" (2012) di Salim Akil
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Storia di una corista protagonista. Ora, senza nulla togliere a questa pellicola (guardabile), possiamo dire in tutta sincerità che c'è fin troppo "Dreamgirls" in questo "Sparkle"?
Considerato quanto lo stesso "Dreamgirls" fosse anche fin troppo vicino alla storia delle Destiny's Child di cui Beyoncé fa-e-non-fa-quando-le-pare-parte, qui anche se la Knowles non c'è, il collegamento - seppure involontario suppongo - è ancora più forte: una lead singer affascinante e magnetica che oscura le sorelle coriste (di cui una talmente bidimensionale che era impossibile non fare un paragone con l'ultima ad arrivare nelle Destiny's, Michelle Williams) e si becca per una buona parte del film tutte le attenzioni di pubblico e media. Vi suona familiare?
Chiunque abbia un minimo di familiarità sia con la storia del gruppo di origine di Beyoncé Knowles e socie, sia con la storia della pellicola del 2006, noterà o avrà certamente notato che le somiglianze ci sono, volute o meno. Quindi, di partenza, la cosa mi ha infastidito.
Ma non è finita qui, perchè tra le due pellicole c'è anche la stessa idea di fondo: raccontare la storia delle Supremes di Diana Ross. In questa, l'ispirazione è tratta dal precedente "Sparkle" del 1976, in "Dreamgirls", invece, ispirandosi all'omonimo musical di Broadway.
Tralasciando il fatto che essendoci ben due prodotti cinematografici identici, il bisogno di realizzare la storia della ragazzina timida-ma-con-talento Sparkle non c'era, il film è godibile, anche se davvero nulla di che. Inoffensivo e, ripeto, anche guardabile, ma di fatto non avrebbe ottenuto nemmeno le poche attenzioni che ha avuto a seguito della scomparsa della Houston. Quest'ultima, poi, ha un ruolo, per la maggior parte della storia, non ben comprensibile. Vuole bene alle sue figlie, ma le tratta da recluse, è tanto autoritaria e sicura delle sue idee da risultare cieca di fronte all'evidenza, tanto dura da essere antipatica; poi, nel finale, un amore di mamma. Ora, quello che non ho capito non è il tentativo di costruzione del personaggio (a mio avviso fallito), ma il perchè di tanto accanimento: c'era bisogno di rendere Emma in maniera tanto negativa all'inizio, se poi nel finale si vira drasticamente per un cambiamento mal supportato da motivazioni tanto banali e prevedibili?
Va detto, comunque, che in generale nessuno dei personaggi è immune da stereotipazioni o banalizzazioni di sentimenti, sogni, ecc, con un approfondimento psicologico generale solo genericamente abbozzato. L'idea che mi ha dato tutto l'insieme è che ci fosse più interesse nel rendere al pubblico un'idea patinata e cool, con una cura maggiore per le canzoni e l'aspetto estetico. I costumi sono belli, come lo è la fotografia e la ricostruzione delle scenografie; le canzoni così così.
Di fatto ciò che più mi ha convinto di "Sparkle - La luce del successo" è la parte di Sister (tralasciamo il discorso nomi propri perchè ci sarebbe da picchiare Joel Schumacher), interpretato da una davvero magnetica Carmen Ejogo. L'attrice riesce a focalizzare tutta l'attenzione su di sé, rubando di fatto la ribalta alla più insignificante Jordin Sparks - un'altra ex reduce di American Idol, come la Jennifer Hudson di "Dreamgirls"... Ma guarda un po' - che, anche se nel finale torna ad essere protagonista, giustificando così il titolo del film che porta il nome del suo personaggio, rimane in ogni caso fregata dal ruolo più interessante di sorella bella e maledetta della Ejogo.
Whitney Houston è gonfia in viso e paffutella nelle guance, anche se sembrava effettivamente tornata in forma, Mike Epps ha un ruolo antipatico, ma riesce a renderlo bene e appare perfino un bruttissimo CeeLo Green con annesso tupé imbarazzante.
Insomma, si guarda, si ricorda Whtiney, ma per il resto si poteva fare un meglio.
Ps. $24,397,469 di incasso Americano a fronte di 14 milioni spesi per produrlo.
Consigli: Se si amano i film di genere musicale può essere un'alternativa a un'eventuale intossicazione da troppe visioni di "Dreamgirls", per rimanere sullo stesso tema. In generale non brilla di originalità, ma non è certo una pellicola orrenda. Forse un po' stucchevole.
Parola chiave: Motown.
Trailer
Bengi
Film 534: "Sparkle - La luce del successo" (2012) di Salim Akil
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Storia di una corista protagonista. Ora, senza nulla togliere a questa pellicola (guardabile), possiamo dire in tutta sincerità che c'è fin troppo "Dreamgirls" in questo "Sparkle"?
Considerato quanto lo stesso "Dreamgirls" fosse anche fin troppo vicino alla storia delle Destiny's Child di cui Beyoncé fa-e-non-fa-quando-le-pare-parte, qui anche se la Knowles non c'è, il collegamento - seppure involontario suppongo - è ancora più forte: una lead singer affascinante e magnetica che oscura le sorelle coriste (di cui una talmente bidimensionale che era impossibile non fare un paragone con l'ultima ad arrivare nelle Destiny's, Michelle Williams) e si becca per una buona parte del film tutte le attenzioni di pubblico e media. Vi suona familiare?
Chiunque abbia un minimo di familiarità sia con la storia del gruppo di origine di Beyoncé Knowles e socie, sia con la storia della pellicola del 2006, noterà o avrà certamente notato che le somiglianze ci sono, volute o meno. Quindi, di partenza, la cosa mi ha infastidito.
Ma non è finita qui, perchè tra le due pellicole c'è anche la stessa idea di fondo: raccontare la storia delle Supremes di Diana Ross. In questa, l'ispirazione è tratta dal precedente "Sparkle" del 1976, in "Dreamgirls", invece, ispirandosi all'omonimo musical di Broadway.
Tralasciando il fatto che essendoci ben due prodotti cinematografici identici, il bisogno di realizzare la storia della ragazzina timida-ma-con-talento Sparkle non c'era, il film è godibile, anche se davvero nulla di che. Inoffensivo e, ripeto, anche guardabile, ma di fatto non avrebbe ottenuto nemmeno le poche attenzioni che ha avuto a seguito della scomparsa della Houston. Quest'ultima, poi, ha un ruolo, per la maggior parte della storia, non ben comprensibile. Vuole bene alle sue figlie, ma le tratta da recluse, è tanto autoritaria e sicura delle sue idee da risultare cieca di fronte all'evidenza, tanto dura da essere antipatica; poi, nel finale, un amore di mamma. Ora, quello che non ho capito non è il tentativo di costruzione del personaggio (a mio avviso fallito), ma il perchè di tanto accanimento: c'era bisogno di rendere Emma in maniera tanto negativa all'inizio, se poi nel finale si vira drasticamente per un cambiamento mal supportato da motivazioni tanto banali e prevedibili?
Va detto, comunque, che in generale nessuno dei personaggi è immune da stereotipazioni o banalizzazioni di sentimenti, sogni, ecc, con un approfondimento psicologico generale solo genericamente abbozzato. L'idea che mi ha dato tutto l'insieme è che ci fosse più interesse nel rendere al pubblico un'idea patinata e cool, con una cura maggiore per le canzoni e l'aspetto estetico. I costumi sono belli, come lo è la fotografia e la ricostruzione delle scenografie; le canzoni così così.
Di fatto ciò che più mi ha convinto di "Sparkle - La luce del successo" è la parte di Sister (tralasciamo il discorso nomi propri perchè ci sarebbe da picchiare Joel Schumacher), interpretato da una davvero magnetica Carmen Ejogo. L'attrice riesce a focalizzare tutta l'attenzione su di sé, rubando di fatto la ribalta alla più insignificante Jordin Sparks - un'altra ex reduce di American Idol, come la Jennifer Hudson di "Dreamgirls"... Ma guarda un po' - che, anche se nel finale torna ad essere protagonista, giustificando così il titolo del film che porta il nome del suo personaggio, rimane in ogni caso fregata dal ruolo più interessante di sorella bella e maledetta della Ejogo.
Whitney Houston è gonfia in viso e paffutella nelle guance, anche se sembrava effettivamente tornata in forma, Mike Epps ha un ruolo antipatico, ma riesce a renderlo bene e appare perfino un bruttissimo CeeLo Green con annesso tupé imbarazzante.
Insomma, si guarda, si ricorda Whtiney, ma per il resto si poteva fare un meglio.
Ps. $24,397,469 di incasso Americano a fronte di 14 milioni spesi per produrlo.
Consigli: Se si amano i film di genere musicale può essere un'alternativa a un'eventuale intossicazione da troppe visioni di "Dreamgirls", per rimanere sullo stesso tema. In generale non brilla di originalità, ma non è certo una pellicola orrenda. Forse un po' stucchevole.
Parola chiave: Motown.
Trailer
Bengi
Etichette:
Beyoncé,
Carmen Ejogo,
CeeLo Green,
Columbia Records,
Destiny's Child,
Dreamgirls,
gruppo musicale,
Joel Schumacher,
Jordin Sparks,
Motown,
musical,
remake,
Sparkle,
Sparkle - La luce del successo,
Whitney Houston
lunedì 15 aprile 2013
Film 531 - Le idi di marzo
Sempre stato curioso di vederlo. Ecco l'occasione giusta: le feste pasquali!
Film 531: "Le idi di marzo" (2011) di George Clooney
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Sapevo solo che parlasse di politica, che sullo schermo lo scontro era fra Ryan Gosling e George Clooney e che non a tutti fosse piaciuto. Non molto, insomma, per essere una delle pellicole più chiacchierate di un paio di stagioni fa.
Già, perchè Mr. Gosling con "Le idi di marzo" e "Crazy, Stupid, Love." nel 2011-12 ha fatto veramente il botto, esplodendo a livello mediatico quale sex-symbol e attore capace di misurarsi in ruoli difficili o divertenti, spigliati o drammatici. Insomma, adesso anche Ryan tutto può.
A differenza di Ryan Reynolds, il cui effetto exploit si è rovinato a causa di un "Lanterna verde" piuttosto moscio, questo Ryan è riuscito a costruire l'immagine di bello e, soprattutto bravo, che si sposa perfettamente con l'immagine pubblica di George Clooney, da anni considerato uno che, oltre ad essere affascinante, è anche piuttosto capace di fare il suo mestiere (o mestieri, visto che da attore si è perfettamente calato nei panni di sceneggiatore e regista). La premessa per "Le idi di marzo", insomma, era allettante, ma non era l'unico fattore in ballo.
Alcuni commenti al film, infatti, mi erano arrivati tiepidi, se non addirittura freddini. Sembrava che le aspettative rispetto all'ultima fatica di Clooney fossero state disattese. L'approccio al film, quindi, era duplice curiosità: mi sarebbe piaciuto o alla fine sarei rimasto deluso anche io?
Ad essere totalmente onesti, "The Ides of March" non mi ha per nulla lasciato insoddisfatto, nonostante il mio approccio 'guardingo'. L'atmosfera apparentemente pacata è limpida sarà smascherata dalla trama in maniera interessante e intelligente, lasciando lo spazio, per il resto della pellicola, ad una tensione generale impalpabile ma sempre maledettamente presente. E la domanda sarà sempre: il Governatore Mike Morris è o non è colpevole?
L'intrigo, il potere, i compromessi e le verità delle persone sono tutti temi che mi appassionano sempre in un film, quindi man mano che la storia si evolveva ero sempre più interessato a capire come si sarebbe venuto a risolvere il tutto. L'idealismo iniziale, i valori della politica e l'etica delle persone sono tutte tematiche che finiranno per dover scontrarsi con i meccanismi umani più scotati e deludenti: carriera, arrivismo, tornaconto personale e, chiaramente, la gestione del potere. Anche i più 'puri' dovranno sporcarsi le mani, scendere a patti con i propri errori e sacrificare qualcosa in funzione di un obiettivo più grande: che sia la carriera politica, che sia il tenersi il proprio lavoro o prendersi una sonora rivincita.
La 'caduta agli Inferi' di Stephen Meyers/Gosling è ben architettata e pensata e la sceneggitura composta di meccanismi narrativi su più livelli, viene lentamente districata durante i 100 minuti di pellicola, con un crescendo nel finale proprio quando sarebbe sembrato tutto finito per Meyers. Il gioco d'astuzia, bilanciato da buone idee e bei dialoghi, funziona bene e lascia certamente soddisfatti. E' il prezzo richiesto al personaggio che, invece, lascia un po' di amaro in bocca.
Il percorso di del giovane e motivato Stephen, quindi, regge bene le sorti di una storia in cui fanno capolino una serie di altri personaggi ognuno con qualcosa da nascondere, il Governatore in primis. Il suo segreto - che ha un nome: Molly Stearns/Evan Rachel Wood - sarà il fulcro di tutta la vicenda, cui ruoteranno attorno una serie di avvenimenti che saranno necessariamente influenzati dal misterioso segreto (che, per carità, non è nulla di nuovo).
Sebbene i temi presentati non siano di originalità assoluta, il mix rende bene e, sullo schermo, tutto funziona a dovere: ci sono tensione e pathos, una buona sceneggiatura e un cast veramente all'altezza (oltre ai già citati sono presenti anche i premi Oscar Marisa Tomei e Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti e Jeffrey Wright). Insomma, sono rimasto soddisfatto da queste 'idi'. E George Clooney sa quello che fa.
Ps. Una nomination all'Oscar per la sceneggiatura, 4 ai Golden Globes (film drammatico, regia, attore protagonista e sceneggiatura) e $75,993,061 di incasso mondiale.
Consigli: Cast ricco e capace, bella fotografia e colonna sonora (di Alexandre Desplat), trama interessante e ben sviluppata (basata sull'opera teatrale "Farragut North" di Beau Willimon. Vale la pena di dargli un'opportunità se il genere politico con intrighi, giochi di potere e corruzione vi appassiona.
Parola chiave: Biglietto d'addio.
Trailer
Bengi
Film 531: "Le idi di marzo" (2011) di George Clooney
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Sapevo solo che parlasse di politica, che sullo schermo lo scontro era fra Ryan Gosling e George Clooney e che non a tutti fosse piaciuto. Non molto, insomma, per essere una delle pellicole più chiacchierate di un paio di stagioni fa.
Già, perchè Mr. Gosling con "Le idi di marzo" e "Crazy, Stupid, Love." nel 2011-12 ha fatto veramente il botto, esplodendo a livello mediatico quale sex-symbol e attore capace di misurarsi in ruoli difficili o divertenti, spigliati o drammatici. Insomma, adesso anche Ryan tutto può.
A differenza di Ryan Reynolds, il cui effetto exploit si è rovinato a causa di un "Lanterna verde" piuttosto moscio, questo Ryan è riuscito a costruire l'immagine di bello e, soprattutto bravo, che si sposa perfettamente con l'immagine pubblica di George Clooney, da anni considerato uno che, oltre ad essere affascinante, è anche piuttosto capace di fare il suo mestiere (o mestieri, visto che da attore si è perfettamente calato nei panni di sceneggiatore e regista). La premessa per "Le idi di marzo", insomma, era allettante, ma non era l'unico fattore in ballo.
Alcuni commenti al film, infatti, mi erano arrivati tiepidi, se non addirittura freddini. Sembrava che le aspettative rispetto all'ultima fatica di Clooney fossero state disattese. L'approccio al film, quindi, era duplice curiosità: mi sarebbe piaciuto o alla fine sarei rimasto deluso anche io?
Ad essere totalmente onesti, "The Ides of March" non mi ha per nulla lasciato insoddisfatto, nonostante il mio approccio 'guardingo'. L'atmosfera apparentemente pacata è limpida sarà smascherata dalla trama in maniera interessante e intelligente, lasciando lo spazio, per il resto della pellicola, ad una tensione generale impalpabile ma sempre maledettamente presente. E la domanda sarà sempre: il Governatore Mike Morris è o non è colpevole?
L'intrigo, il potere, i compromessi e le verità delle persone sono tutti temi che mi appassionano sempre in un film, quindi man mano che la storia si evolveva ero sempre più interessato a capire come si sarebbe venuto a risolvere il tutto. L'idealismo iniziale, i valori della politica e l'etica delle persone sono tutte tematiche che finiranno per dover scontrarsi con i meccanismi umani più scotati e deludenti: carriera, arrivismo, tornaconto personale e, chiaramente, la gestione del potere. Anche i più 'puri' dovranno sporcarsi le mani, scendere a patti con i propri errori e sacrificare qualcosa in funzione di un obiettivo più grande: che sia la carriera politica, che sia il tenersi il proprio lavoro o prendersi una sonora rivincita.
La 'caduta agli Inferi' di Stephen Meyers/Gosling è ben architettata e pensata e la sceneggitura composta di meccanismi narrativi su più livelli, viene lentamente districata durante i 100 minuti di pellicola, con un crescendo nel finale proprio quando sarebbe sembrato tutto finito per Meyers. Il gioco d'astuzia, bilanciato da buone idee e bei dialoghi, funziona bene e lascia certamente soddisfatti. E' il prezzo richiesto al personaggio che, invece, lascia un po' di amaro in bocca.
Il percorso di del giovane e motivato Stephen, quindi, regge bene le sorti di una storia in cui fanno capolino una serie di altri personaggi ognuno con qualcosa da nascondere, il Governatore in primis. Il suo segreto - che ha un nome: Molly Stearns/Evan Rachel Wood - sarà il fulcro di tutta la vicenda, cui ruoteranno attorno una serie di avvenimenti che saranno necessariamente influenzati dal misterioso segreto (che, per carità, non è nulla di nuovo).
Sebbene i temi presentati non siano di originalità assoluta, il mix rende bene e, sullo schermo, tutto funziona a dovere: ci sono tensione e pathos, una buona sceneggiatura e un cast veramente all'altezza (oltre ai già citati sono presenti anche i premi Oscar Marisa Tomei e Philip Seymour Hoffman, Paul Giamatti e Jeffrey Wright). Insomma, sono rimasto soddisfatto da queste 'idi'. E George Clooney sa quello che fa.
Ps. Una nomination all'Oscar per la sceneggiatura, 4 ai Golden Globes (film drammatico, regia, attore protagonista e sceneggiatura) e $75,993,061 di incasso mondiale.
Consigli: Cast ricco e capace, bella fotografia e colonna sonora (di Alexandre Desplat), trama interessante e ben sviluppata (basata sull'opera teatrale "Farragut North" di Beau Willimon. Vale la pena di dargli un'opportunità se il genere politico con intrighi, giochi di potere e corruzione vi appassiona.
Parola chiave: Biglietto d'addio.
Trailer
Bengi
Etichette:
aborto,
Alexandre Desplat,
Beau Willimon,
Evan Rachel Wood,
George Clooney,
Golden Globes,
Le idi di Marzo,
Marisa Tomei,
oscar,
Philip Seymour Hoffman,
politica,
potere,
Ryan Gosling,
sesso,
The Ides of March
martedì 9 aprile 2013
Film 530 - Easy Girl
Rivedere questo film mi piace sempre. Mi mette di buon umore.
Film 530: "Easy Girl" (2010) di Will Gluck
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco (Mi)
Pensieri: E siamo alla visione numero 3. Questa volta mi ha colpito in maniera più incisiva il riferimento ai film cult anni '80 (ora che mi sono fatto un po' le ossa anche io, posso apprezzare!), alle pellicole generazionali e romantiche che influenzano il finale di questo "Easy Girl".
Emma Stone è sempre una forza nel ruolo sexy in ascesa di Olive, abbastanza normale per risultare quel tanto insignificante che basta per rendere più eclatante la trasformazione 'dirty' della ragazza, spinta a diventare la sgualdrina del suo liceo a causa di pettegolezzi che ha messo in giro lei stessa. Un circolo vizioso di bugie e finti aneddoti sessuali che Olive racconterà, prima, per nascondere le sue inesperienze con i ragazzi, poi per aiutare tutti i nerd e gli emarginati che potranno conquistare un po' di "rispetto sociale" per aver finalmente fatto qualcosa con una bella ragazza. Peccato che, per la ragazza in questione, si comprometta irrimediabilmente la reputazione. L'amore, che sembra tardare ad arrivare, riuscirà chiaramente a salvare la protagonista che, per fare piazza pulita di tutti i pettegolezzi, finirà per tenere un video-diario on line che raccoglierà migliai di curiosi ed ex... clienti!
Questo "Easy A" riesce a rimanere una pellicola spiritosa e divertente nonostante sia la terza volta che la guardo. Trovo alcune gag davvero geniali, come l'idea di base che dà vita al film (la A. sta per la lettera rossa appuntata al petto dell'adultera del libro "La lettera scarlatta") e gli attori decisamente adatti ai loro ruoli. La Stone porta sulle spalle tutta la pellicola in maniera fantastica e risulta sempre convincente nella parte. Al suo fianco ci sono Amanda Bynes, Thomas Haden Church, Patricia Clarkson, Cam Gigandet, Lisa Kudrow, Malcolm McDowell, Stanley Tucci e Penn Badgley.
Ps. Realizzato con 8 milioni di dollari, ne ha incassati $74,952,305 in tutto il mondo. Ed Emma Stone si è pure guadagnata una nomination ai Golden Globes.
Film 190 - Easy A
Film 241 - Easy A
Film 530 - Easy Girl
Film 1046 - Easy Girl
Film 1557 - Easy Girl
Film 1994 - Easy A
Consigli: Commedia spensierata con qualche idea originale, per una serata senza impegno ma comunque divertente. Uno dei migliori film della Stone.
Parola chiave: Reputazione.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 530: "Easy Girl" (2010) di Will Gluck
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco (Mi)
Pensieri: E siamo alla visione numero 3. Questa volta mi ha colpito in maniera più incisiva il riferimento ai film cult anni '80 (ora che mi sono fatto un po' le ossa anche io, posso apprezzare!), alle pellicole generazionali e romantiche che influenzano il finale di questo "Easy Girl".
Emma Stone è sempre una forza nel ruolo sexy in ascesa di Olive, abbastanza normale per risultare quel tanto insignificante che basta per rendere più eclatante la trasformazione 'dirty' della ragazza, spinta a diventare la sgualdrina del suo liceo a causa di pettegolezzi che ha messo in giro lei stessa. Un circolo vizioso di bugie e finti aneddoti sessuali che Olive racconterà, prima, per nascondere le sue inesperienze con i ragazzi, poi per aiutare tutti i nerd e gli emarginati che potranno conquistare un po' di "rispetto sociale" per aver finalmente fatto qualcosa con una bella ragazza. Peccato che, per la ragazza in questione, si comprometta irrimediabilmente la reputazione. L'amore, che sembra tardare ad arrivare, riuscirà chiaramente a salvare la protagonista che, per fare piazza pulita di tutti i pettegolezzi, finirà per tenere un video-diario on line che raccoglierà migliai di curiosi ed ex... clienti!
Questo "Easy A" riesce a rimanere una pellicola spiritosa e divertente nonostante sia la terza volta che la guardo. Trovo alcune gag davvero geniali, come l'idea di base che dà vita al film (la A. sta per la lettera rossa appuntata al petto dell'adultera del libro "La lettera scarlatta") e gli attori decisamente adatti ai loro ruoli. La Stone porta sulle spalle tutta la pellicola in maniera fantastica e risulta sempre convincente nella parte. Al suo fianco ci sono Amanda Bynes, Thomas Haden Church, Patricia Clarkson, Cam Gigandet, Lisa Kudrow, Malcolm McDowell, Stanley Tucci e Penn Badgley.
Ps. Realizzato con 8 milioni di dollari, ne ha incassati $74,952,305 in tutto il mondo. Ed Emma Stone si è pure guadagnata una nomination ai Golden Globes.
Film 190 - Easy A
Film 241 - Easy A
Film 530 - Easy Girl
Film 1046 - Easy Girl
Film 1557 - Easy Girl
Film 1994 - Easy A
Consigli: Commedia spensierata con qualche idea originale, per una serata senza impegno ma comunque divertente. Uno dei migliori film della Stone.
Parola chiave: Reputazione.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Etichette:
Amanda Bynes,
box office,
Cam Gigandet,
Easy A,
Easy Girl,
Emma Stone,
Golden Globes,
La lettera scarlatta,
liceo,
Malcolm McDowell,
Patricia Clarkson,
Penn Badgley,
reputazione,
sesso,
Stanley Tucci,
verginità
Film 529 - L'uomo con i pugni di ferro
Volevamo vedere "Spring Breakers - Una vacanza da sballo" con l'ingresso della 3, ma il film era già sparito dalle sale convenzionate. Introvabile anche in streaming, ci siamo direzionati su un'altra pellicola che prometteva di soddisfare le nostre esigenze... diciamo trash!
Film 529: "L'uomo con i pugni di ferro" (2012) di RZA
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Erika
Pensieri: Scritto da RZA, diretto da RZA, interpretato da RZA e con le musiche di RZA: della serie che o il Sig. RZA è stato bandito dal mondo del cinema che conta e quindi ha deciso di far tutto da solo e bypassare il problema di trovare i finanziamenti per un progetto in cui lavorare (o essere scelto per un ruolo) oppure c'è della gran creatività da canalizzare in più forme. Chissà per quale delle due opzioni propendo.
"The Man with the Iron Fists", comunque, è un film carino che combina bene i suoi elementi, tutti caricati all'ennesima potenza. Un mix di film d'azione, splatter, orientale e kung fu, western che, bisogna dirlo, (preso per quello che è) è piuttosto divertente. Chiassose scene di lotta tra schizzi di sangue palesemente computerizzati (molto "300"), svolazzanti combattimenti acrobatici (molto "La tigre e il dragone" e "La foresta dei pugnali volanti"), atmosfere alla Tarantino (molto "Kill Bill - Volume 1" e "Django Unchained"), un misterioso inglese paffuto che non fallisce mai un colpo - che sia in combattimento o tra le lenzuola - ed è eroe silenzioso tutto d'un pezzo (molto alla Chuck Norris o Steven Seagal). Insomma siamo di fronte ad un prodotto cinematografico capace di rubare elementi già più e più volte utilizzati, ripresi o copiati sul grande schermo, ma che qui funzionano bene. C'è ritmo, c'è azione, ci sono le battute ad effetto e quelle per far divertire, c'è il sesso, la vendetta, il riscatto e la libertà: insomma, gli elementi di questa sceneggiatura sono stati ben imbastiti.
Chiaramente deve piacere il genere, perchè vedersi svolazzare per lo schermo un occhio staccato dal bulbo oculare con un pugno non è esattamente quello che si chiama cinema che fa pensare. Non ci sono pretese d'introspezione, né un approfondimento dei personaggi che vada oltre i sopracitati esempi di riferimento, che permettono, se vogliamo, di colmare le lacune di sceneggiatura attraverso il ricordo dei film a cui questo si ispira o fa riferimento. Come non vedere, infatti, nella figura del protagonista nero ed esiliato Blacksmith il Django di Tarantino? Se poi ci aggiungiamo che la città cinese in cui vive si chiama Jungle Village, diciamo che quantomeno il suono lo ricorda. La presenza, poi, di Lucy Liu nei panni della maîtresse Madam Blossom (nonché capa del bordello cittadino e, si scoprirà, delle Black Widows) rimanda fortemente alla sua presenza in "Kill Bill - Volume 1" dove finirà per fare la stessa fine.
La presenza di Russell Crowe negli ormai larghissimi panni dell'inglese paffuto, arrapato e spietato, è quel tocco kitsch che contribuisce a donare alla pellicola il titolo di cult di serie B. Anche se in effetti il budget di 20milioni di dollari per produrlo suggerisce una buona copertura monetaria alle spalle (produce Eli Roth, regista di "Hostel", e non Tarantino come è ben evidenziato nella locandina italiana...), ma il film non ha esattamente sbancato, riuscendo solamente a ricoprire i costi di produzione, per ora. In Italia, tra l'altro, la pellicola uscirà il 9 maggio (e non so come mai si trovi già in streaming la versione doppiata).
Detto ciò, ribadisco che a me "L'uomo con i pugni di ferro" ha piuttosto divertito col suo concentrato di assurdità esasperate e battutacce trash. E' divertente e privo di pretese, funziona perfettamente se si ama il genere in questione. Manca, forse, un po' di carisma nel protagonista (sì, proprio RZA), che sembra sempre sia sul punto di vendicare-qualcuno-uccidendo-tutti-i-presenti misto sono-strafatto-di-droga. Meno sguardi torvi e pseudo recitativo-impegnati e più vitalità! Grandissima, invece, Lucy Liu e, devo ammettere, ho apprezzato anche la recitazione della pancia di Russell Crowe (ovvero non mi è dispiaciuto in questa pellicola). Bella fotografia e curati i costumi.
Consigli: Si può vedere, specialmente se piacere il genere Tarantino o il cinema orientale. E, chiaramente, le pellicole di serie B.
Parola chiave: Oro.
Trailer
Bengi
Film 529: "L'uomo con i pugni di ferro" (2012) di RZA
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Erika
Pensieri: Scritto da RZA, diretto da RZA, interpretato da RZA e con le musiche di RZA: della serie che o il Sig. RZA è stato bandito dal mondo del cinema che conta e quindi ha deciso di far tutto da solo e bypassare il problema di trovare i finanziamenti per un progetto in cui lavorare (o essere scelto per un ruolo) oppure c'è della gran creatività da canalizzare in più forme. Chissà per quale delle due opzioni propendo.
"The Man with the Iron Fists", comunque, è un film carino che combina bene i suoi elementi, tutti caricati all'ennesima potenza. Un mix di film d'azione, splatter, orientale e kung fu, western che, bisogna dirlo, (preso per quello che è) è piuttosto divertente. Chiassose scene di lotta tra schizzi di sangue palesemente computerizzati (molto "300"), svolazzanti combattimenti acrobatici (molto "La tigre e il dragone" e "La foresta dei pugnali volanti"), atmosfere alla Tarantino (molto "Kill Bill - Volume 1" e "Django Unchained"), un misterioso inglese paffuto che non fallisce mai un colpo - che sia in combattimento o tra le lenzuola - ed è eroe silenzioso tutto d'un pezzo (molto alla Chuck Norris o Steven Seagal). Insomma siamo di fronte ad un prodotto cinematografico capace di rubare elementi già più e più volte utilizzati, ripresi o copiati sul grande schermo, ma che qui funzionano bene. C'è ritmo, c'è azione, ci sono le battute ad effetto e quelle per far divertire, c'è il sesso, la vendetta, il riscatto e la libertà: insomma, gli elementi di questa sceneggiatura sono stati ben imbastiti.
Chiaramente deve piacere il genere, perchè vedersi svolazzare per lo schermo un occhio staccato dal bulbo oculare con un pugno non è esattamente quello che si chiama cinema che fa pensare. Non ci sono pretese d'introspezione, né un approfondimento dei personaggi che vada oltre i sopracitati esempi di riferimento, che permettono, se vogliamo, di colmare le lacune di sceneggiatura attraverso il ricordo dei film a cui questo si ispira o fa riferimento. Come non vedere, infatti, nella figura del protagonista nero ed esiliato Blacksmith il Django di Tarantino? Se poi ci aggiungiamo che la città cinese in cui vive si chiama Jungle Village, diciamo che quantomeno il suono lo ricorda. La presenza, poi, di Lucy Liu nei panni della maîtresse Madam Blossom (nonché capa del bordello cittadino e, si scoprirà, delle Black Widows) rimanda fortemente alla sua presenza in "Kill Bill - Volume 1" dove finirà per fare la stessa fine.
La presenza di Russell Crowe negli ormai larghissimi panni dell'inglese paffuto, arrapato e spietato, è quel tocco kitsch che contribuisce a donare alla pellicola il titolo di cult di serie B. Anche se in effetti il budget di 20milioni di dollari per produrlo suggerisce una buona copertura monetaria alle spalle (produce Eli Roth, regista di "Hostel", e non Tarantino come è ben evidenziato nella locandina italiana...), ma il film non ha esattamente sbancato, riuscendo solamente a ricoprire i costi di produzione, per ora. In Italia, tra l'altro, la pellicola uscirà il 9 maggio (e non so come mai si trovi già in streaming la versione doppiata).
Detto ciò, ribadisco che a me "L'uomo con i pugni di ferro" ha piuttosto divertito col suo concentrato di assurdità esasperate e battutacce trash. E' divertente e privo di pretese, funziona perfettamente se si ama il genere in questione. Manca, forse, un po' di carisma nel protagonista (sì, proprio RZA), che sembra sempre sia sul punto di vendicare-qualcuno-uccidendo-tutti-i-presenti misto sono-strafatto-di-droga. Meno sguardi torvi e pseudo recitativo-impegnati e più vitalità! Grandissima, invece, Lucy Liu e, devo ammettere, ho apprezzato anche la recitazione della pancia di Russell Crowe (ovvero non mi è dispiaciuto in questa pellicola). Bella fotografia e curati i costumi.
Consigli: Si può vedere, specialmente se piacere il genere Tarantino o il cinema orientale. E, chiaramente, le pellicole di serie B.
Parola chiave: Oro.
Trailer
Bengi
Etichette:
bordello,
Byron Mann,
Cina,
Cung Le,
David Bautista,
Eli Roth,
fabbro,
Jamie Chung,
L'uomo con i pugni di ferro,
Lucy Liu,
Rick Yune,
Russell Crowe,
RZA,
sesso,
The Man with the Iron Fists
Film 528 - Shakespeare in Love
Imprevista visione di una pellicola ormai diventata un classico del suo genere: la trasmettevano in tv e, con Leoo, ci siamo incantati a guardarla. Non tanto per il film in sé (forse), ma più per la stanchezza dell'intera giornata passata a girovagare per Cremona.
Film 528: "Shakespeare in Love" (1998) di John Madden
Visto: dalla tv dell'albergo
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Non mi è mai stato chiaro perchè "Shakespeare in Love" abbia ottenuto tanto successo. Non è un film orrendo, ma non è nemmeno quel capolavoro che i 7 premi Oscar vinti e le 13 nomination totali sembrerebbero suggerire. Gwyneth Paltrow porta a casa una delle statuette più regalate di sempre, con un ruolo che ho sempre trovato piuttosto insipido, battendo Cate Blanchett e Meryl Streep. Facciamoci qualche domanda.
Il film in generale non si può certamente dire che sia brutto, ma mi sembra ci si sia troppo lanciati in premiazioni ed elogi, quando nella realtà è una pellicola normale, senza infamia e senza lode, che però non può rappresentare l'eccellenza dell'anno 1999 a mio parere.
Ciò detto, trovo sempre pungente e arguta l'interpretazione di Judi Dench nei panni di Elisabetta I (Oscar come non protagonista) e divertente Imelda Staunton nel ruolo della balia premurosa e pacioccona. Fastidiosa, invece, la voce del doppiatore italiano di Shakespeare/Joseph Fiennes che riesce sempre a rovinarmi i film in cui la trovo.
Di contorno, una serie di volti molto noti del cinema americano e non: Colin Firth, Ben Affleck, Rupert Everett, Tom Wilkinson e il sempre bravo Geoffrey Rush (ma il suo personaggio non mi piace).
In generale, quindi, mi rendo perfettamente conto che questo "Shakespeare in Love" non ha nulla di male che non sia il non essere meritevole (ai miei occhi) di tutti gli elogi ricevuti. Ma, a parte questo giudizio personale, sono conscio del fatto che è un film carino, con dei bei costumi e delle belle scenografie, capace di portare lo spettatore in un'epoca affascinante che ha coinvolto l'Inghilterra. Ps. $289,317,794 di incasso mondiale e il successo planetario per la Paltrow.
Film 280 - Shakespeare in Love
Consigli: Carino e piacevole da guardare, ma non è un capolavoro. Rimane un piacevole modo per passare la serata in compagnia, oltre che per cercare di capire come Gwyneth sia riuscita a portarsi a casa l'Oscar come Miglior attrice protagonista a soli 27 anni.
Parola chiave: Mele renette.
Trailer
Bengi
Film 528: "Shakespeare in Love" (1998) di John Madden
Visto: dalla tv dell'albergo
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Non mi è mai stato chiaro perchè "Shakespeare in Love" abbia ottenuto tanto successo. Non è un film orrendo, ma non è nemmeno quel capolavoro che i 7 premi Oscar vinti e le 13 nomination totali sembrerebbero suggerire. Gwyneth Paltrow porta a casa una delle statuette più regalate di sempre, con un ruolo che ho sempre trovato piuttosto insipido, battendo Cate Blanchett e Meryl Streep. Facciamoci qualche domanda.
Il film in generale non si può certamente dire che sia brutto, ma mi sembra ci si sia troppo lanciati in premiazioni ed elogi, quando nella realtà è una pellicola normale, senza infamia e senza lode, che però non può rappresentare l'eccellenza dell'anno 1999 a mio parere.
Ciò detto, trovo sempre pungente e arguta l'interpretazione di Judi Dench nei panni di Elisabetta I (Oscar come non protagonista) e divertente Imelda Staunton nel ruolo della balia premurosa e pacioccona. Fastidiosa, invece, la voce del doppiatore italiano di Shakespeare/Joseph Fiennes che riesce sempre a rovinarmi i film in cui la trovo.
Di contorno, una serie di volti molto noti del cinema americano e non: Colin Firth, Ben Affleck, Rupert Everett, Tom Wilkinson e il sempre bravo Geoffrey Rush (ma il suo personaggio non mi piace).
In generale, quindi, mi rendo perfettamente conto che questo "Shakespeare in Love" non ha nulla di male che non sia il non essere meritevole (ai miei occhi) di tutti gli elogi ricevuti. Ma, a parte questo giudizio personale, sono conscio del fatto che è un film carino, con dei bei costumi e delle belle scenografie, capace di portare lo spettatore in un'epoca affascinante che ha coinvolto l'Inghilterra. Ps. $289,317,794 di incasso mondiale e il successo planetario per la Paltrow.
Film 280 - Shakespeare in Love
Consigli: Carino e piacevole da guardare, ma non è un capolavoro. Rimane un piacevole modo per passare la serata in compagnia, oltre che per cercare di capire come Gwyneth sia riuscita a portarsi a casa l'Oscar come Miglior attrice protagonista a soli 27 anni.
Parola chiave: Mele renette.
Trailer
Bengi
Etichette:
amore,
Ben Affleck,
Colin Firth,
Cremona,
Geoffrey Rush,
Gwyneth Paltrow,
John Madden,
Joseph Fiennes,
oscar,
Romeo e Giulietta,
Rupert Everett,
Shakespeare in Love,
teatro,
Tom Wilkinson,
William Shakespeare
Film 527 - Pitch Perfect
Quinto ed ultimo appuntamento con Leoo malaticcio. Migliorato di salute, ci lanciamo su una pellicola che mi incuriosiva da quando è uscita. Sulla scia di "Glee"...
Film 527: "Pitch Perfect" (2012) di Jason Moore
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: Scopro ora che la pellicola arriverà in Italia con il titolo veramente geniale di "Voices"...
Senza commentare passo oltre, perchè il film è carino e divertente, con canzoni azzeccate e vero ritmo (sia musicale che narrativo). Mi ha proposto esattamente quello che mi aspettavo, il che mi ha soddisfatto non poco: una commedia americana un po' teen, po' chick flick che strizza anche l'occhio a tutti coloro che hanno amato o amano la serie tv "Glee" e che apprezzano, quindi, i numeri musicali eseguiti da cori con o senza strumentazione. Nel caso particolare del film le ragazze cantano a cappella.
L'incipit della pellicola, tra l'altro, è veramente molto simile all'inizio di "Glee": dove nella serie tv Finn Hudson veniva scoperto negli spogliatoi a cantare sotto la doccia dal prof. Schuester che lo vuole nel suo coro, qui Beca/Anna Kendrick viene scelta durante la 'sua' doccia dalla futura compagna di coro Chloe/Brittany Snow.
L'obiettivo delle Bellas è quello di battere il coro maschile della loro stessa scuola, da anni capace di stracciarle grazie alle capacità del suo lead singer Bumper. Tra vomitate sul palco, duri allenamenti e, ci mancherebbe mancasse, un percorso di formazione che porta tutte le ragazze delle Bellas a diventare un vero gruppo (anche di amiche), la pellicola passa che è un piacere.
Chiaramente chi non apprezza i numeri musicali è meglio che lasci perdere fin da subito. Idem per chi non apprezza molto la musica contemporanea (anche se le Bellas per un bel po' canteranno una canzone non esattamente degli ultimi anni...). Apprezzabili i riferimenti ai film cult generazionali degli anni '80 come "Breakfast Club", un particolare di connotazione che da questa pellicola proprio non mi aspettavo.
Ironico e senza pretese, segue le storie delle sue eterogenee protagoniste riuscendo a caratterizzare simpaticamente ognuna di loro, rimanendo, sì, su un profilo superficiale, ma che riesce a rimanere senza sembrare particolarmente banale. Il punto di forza della pellicola credo proprio sia il bel gruppetto che formerà il coro, dove ognuna delle facenti parte aggiungerà qualcosa di estremamente personale al gruppo. Risaltano per simpatia la stralunata Rebel Wilson e la silenziosissima Hana Mae Lee, sorprende per la voce la Kendrick (candidata all'Oscar per "Tra le nuvole"), mentre Anna Camp l'abbiamo vista in "The Help".
Insomma, secondo me è proprio un filmetto carino e divertente.
Ps. 17 milioni di dollari per produrlo e un incasso che, ad oggi, è pari a $112,092,852. Inoltre la colonna sonora del film è andata molto bene negli USA, arrivando alla #3 della Billboard 200 vendendo 621,569 copie.
Film 527 - Pitch Perfect
Film 947 - Pitch Perfect 2
Film 948 - Pitch Perfect
Film 1008 - Pitch Perfect 2
Film 1561 - Pitch Perfect 3
Consigli: Senza pretese e spensierato, "Pitch Perfect" è il perfetto esempio di pellicola adatta a passare una bella serata in compagnia! E le canzoni sono riuscite.
Parola chiave: Treblemakers.
Trailer
Bengi
Film 527: "Pitch Perfect" (2012) di Jason Moore
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: Scopro ora che la pellicola arriverà in Italia con il titolo veramente geniale di "Voices"...
Senza commentare passo oltre, perchè il film è carino e divertente, con canzoni azzeccate e vero ritmo (sia musicale che narrativo). Mi ha proposto esattamente quello che mi aspettavo, il che mi ha soddisfatto non poco: una commedia americana un po' teen, po' chick flick che strizza anche l'occhio a tutti coloro che hanno amato o amano la serie tv "Glee" e che apprezzano, quindi, i numeri musicali eseguiti da cori con o senza strumentazione. Nel caso particolare del film le ragazze cantano a cappella.
L'incipit della pellicola, tra l'altro, è veramente molto simile all'inizio di "Glee": dove nella serie tv Finn Hudson veniva scoperto negli spogliatoi a cantare sotto la doccia dal prof. Schuester che lo vuole nel suo coro, qui Beca/Anna Kendrick viene scelta durante la 'sua' doccia dalla futura compagna di coro Chloe/Brittany Snow.
L'obiettivo delle Bellas è quello di battere il coro maschile della loro stessa scuola, da anni capace di stracciarle grazie alle capacità del suo lead singer Bumper. Tra vomitate sul palco, duri allenamenti e, ci mancherebbe mancasse, un percorso di formazione che porta tutte le ragazze delle Bellas a diventare un vero gruppo (anche di amiche), la pellicola passa che è un piacere.
Chiaramente chi non apprezza i numeri musicali è meglio che lasci perdere fin da subito. Idem per chi non apprezza molto la musica contemporanea (anche se le Bellas per un bel po' canteranno una canzone non esattamente degli ultimi anni...). Apprezzabili i riferimenti ai film cult generazionali degli anni '80 come "Breakfast Club", un particolare di connotazione che da questa pellicola proprio non mi aspettavo.
Ironico e senza pretese, segue le storie delle sue eterogenee protagoniste riuscendo a caratterizzare simpaticamente ognuna di loro, rimanendo, sì, su un profilo superficiale, ma che riesce a rimanere senza sembrare particolarmente banale. Il punto di forza della pellicola credo proprio sia il bel gruppetto che formerà il coro, dove ognuna delle facenti parte aggiungerà qualcosa di estremamente personale al gruppo. Risaltano per simpatia la stralunata Rebel Wilson e la silenziosissima Hana Mae Lee, sorprende per la voce la Kendrick (candidata all'Oscar per "Tra le nuvole"), mentre Anna Camp l'abbiamo vista in "The Help".
Insomma, secondo me è proprio un filmetto carino e divertente.
Ps. 17 milioni di dollari per produrlo e un incasso che, ad oggi, è pari a $112,092,852. Inoltre la colonna sonora del film è andata molto bene negli USA, arrivando alla #3 della Billboard 200 vendendo 621,569 copie.
Film 527 - Pitch Perfect
Film 947 - Pitch Perfect 2
Film 948 - Pitch Perfect
Film 1008 - Pitch Perfect 2
Film 1561 - Pitch Perfect 3
Consigli: Senza pretese e spensierato, "Pitch Perfect" è il perfetto esempio di pellicola adatta a passare una bella serata in compagnia! E le canzoni sono riuscite.
Parola chiave: Treblemakers.
Trailer
Bengi
Etichette:
acappella,
Anna Camp,
Anna Kendrick,
Barden Bellas,
box office,
Brittany Snow,
canto,
canto corale,
chick flick,
colonna sonora,
Elizabeth Banks,
Glee,
Pitch Perfect,
Rebel Wilson,
Skylar Astin,
Treblemakers,
Voices
venerdì 5 aprile 2013
Film 526 - The Help
Quarto appuntamento con la malattia di Leoo. Non che andassimo verso la guarigione, ma è il penultimo film visto insieme. Così abbiamo scelto il dvd di una pellicola di cui sono fan. E di cui ogni tanto parlo...
Film 526: "The Help" (2011) di Tate Taylor
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: La terza volta è quella buona. La prima volta che ho visto "The Help", infatti, era nel periodo pre Oscar dell'anno scorso e la qualità del file che avevo trovato era veramente pessima. Poi, qualche tempo dopo, ho rivisto il film in aereo, di ritorno dal Giappone. Qualità accettabile, ma schermo piccolino piccolino. Finalmente questa volta sono riuscito a gustarmelo in alta definizione, dal mio pc con un audio chiaro e definito: tutta un'altra cosa.
Non che "The Help" sia una di quelle pellicole che necessiti di grandi apparecchiature per essere seguita, però di certo l'immagine pulita e l'audio chiaro aiutano a seguire questa bella storia di riscatto, emancipazione e crescita.
E' un film buonista, per carità, incentrato su buoni sentimenti, seconde possibilità e il diktat del fare la cosa giusta, però personalmente non riesco a stancarmi di questo prodotto. Adoro il personaggio di Jessica Chastain - la svampita Celia Foote, tenera e vulnerabile, silenziosa nel promuovere cambiamenti, ma una delle poche che lo fa veramente e di cuore -, che trovo costruito sapientemente dall'attrice e che, a mio avviso, perde un po' con il doppiaggio italiano che ne accentua una 'stupidità' in eccessive moine nel parlato.
Inutile ribadire, comunque, quanto questo film riesca tutte le volte a piacermi. La storia ha nella parte finale proprio quel riscatto che non mi stanco mai di rivedere e, seppure rimanga l'amaro in bocca per certi aspetti, il ricordo generale che mi rimane dopo la visione è di piacevole soddisfazione. Non è perfetto, per carità, ma vive della buona recitazione delle sue protagoniste. E, secondo me, non è né poco, né scontato.
Ps. Gran cast: Emma Stone, Viola Davis, Bryce Dallas Howard, Octavia Spencer, Allison Janney, Jessica Chastain, Ahna O'Reilly, Chris Lowell, Cicely Tyson, Mike Vogel, Sissy Spacek, Anna Camp, LaChanze, Mary Steenburgen, Leslie Jordan, David Oyelowo e Dana Ivey.
Film 386 - The Help
Film 395 - The Help
Film 526 - The Help
Film 1631 - The Help
Consigli: Piacevole, garbato, simpatico, ma anche capace di far ragionare. Richiede un minimo di impegno, ma di quelli che si sopportano volentieri perchè alla fine ne è valsa la pena.
Brave le protagoniste Emma Stone, Viola Davis, Octavia Spencer, Jessica Chastain, Bryce Dallas Howard, Allison Janney, Anna Camp che, insieme, sono state capaci di ricreare un gruppo affiatato sullo schermo e veramente credibile. Oscar alla Spencer come Miglior attrice non protagonista e $211,608,112 di incasso mondiale.
Parola chiave: Libro.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 526: "The Help" (2011) di Tate Taylor
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: La terza volta è quella buona. La prima volta che ho visto "The Help", infatti, era nel periodo pre Oscar dell'anno scorso e la qualità del file che avevo trovato era veramente pessima. Poi, qualche tempo dopo, ho rivisto il film in aereo, di ritorno dal Giappone. Qualità accettabile, ma schermo piccolino piccolino. Finalmente questa volta sono riuscito a gustarmelo in alta definizione, dal mio pc con un audio chiaro e definito: tutta un'altra cosa.
Non che "The Help" sia una di quelle pellicole che necessiti di grandi apparecchiature per essere seguita, però di certo l'immagine pulita e l'audio chiaro aiutano a seguire questa bella storia di riscatto, emancipazione e crescita.
E' un film buonista, per carità, incentrato su buoni sentimenti, seconde possibilità e il diktat del fare la cosa giusta, però personalmente non riesco a stancarmi di questo prodotto. Adoro il personaggio di Jessica Chastain - la svampita Celia Foote, tenera e vulnerabile, silenziosa nel promuovere cambiamenti, ma una delle poche che lo fa veramente e di cuore -, che trovo costruito sapientemente dall'attrice e che, a mio avviso, perde un po' con il doppiaggio italiano che ne accentua una 'stupidità' in eccessive moine nel parlato.
Inutile ribadire, comunque, quanto questo film riesca tutte le volte a piacermi. La storia ha nella parte finale proprio quel riscatto che non mi stanco mai di rivedere e, seppure rimanga l'amaro in bocca per certi aspetti, il ricordo generale che mi rimane dopo la visione è di piacevole soddisfazione. Non è perfetto, per carità, ma vive della buona recitazione delle sue protagoniste. E, secondo me, non è né poco, né scontato.
Ps. Gran cast: Emma Stone, Viola Davis, Bryce Dallas Howard, Octavia Spencer, Allison Janney, Jessica Chastain, Ahna O'Reilly, Chris Lowell, Cicely Tyson, Mike Vogel, Sissy Spacek, Anna Camp, LaChanze, Mary Steenburgen, Leslie Jordan, David Oyelowo e Dana Ivey.
Film 386 - The Help
Film 395 - The Help
Film 526 - The Help
Film 1631 - The Help
Consigli: Piacevole, garbato, simpatico, ma anche capace di far ragionare. Richiede un minimo di impegno, ma di quelli che si sopportano volentieri perchè alla fine ne è valsa la pena.
Brave le protagoniste Emma Stone, Viola Davis, Octavia Spencer, Jessica Chastain, Bryce Dallas Howard, Allison Janney, Anna Camp che, insieme, sono state capaci di ricreare un gruppo affiatato sullo schermo e veramente credibile. Oscar alla Spencer come Miglior attrice non protagonista e $211,608,112 di incasso mondiale.
Parola chiave: Libro.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Etichette:
Allison Janney,
Anna Camp,
Bryce Dallas Howard,
diritti civili,
discriminazione,
domestica,
emancipazione,
Emma Stone,
Jessica Chastain,
Octavia Spencer,
oscar,
razzismo,
The Help,
tratto da un libro,
Viola Davis
Film 525 - Vita di Pi
Terzo appuntamento cinematografico con Leoo malato a casa. Torniamo a concentrarci sugli Oscar!
Film 525: "Vita di Pi" (2012) di Ang Lee
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: Visivamente è veramente bello, curato, affascinante, coinvolgente e dettagliatissimo. Funziona grazie a colori vividi, un sonoro che rende giustizia a qualunque cosa sia mostrata sullo schermo. Il tutto genera un mix che è veramente un'esperienza da provare.
Il viaggio di Pi Patel/Suraj Sharma è un percorso di crescita che diventa di vita dal momento in cui la nave su cui sta viaggiando affonda e una parte della sua famiglia con lei. Rimarrà, infatti, solo sulla scialuppa di salvataggio (che sarà la sua nuova casa) assieme a nientemeno che una iena, un orango, una zebra e una tigre del Bengala. Cosa c'entra la famiglia? Si capirà solo nel finale.
Il racconto è certamente avventuroso e affascinante, con il doppio risvolto di magia e mistero affiancato alla ricerca di risposte razionali per collocare in qualcosa di conosciuto le esperienze che Pi (Piscine Molitor Patel) racconta di aver vissuto, ma che nel concreto non si capisce come possano essersi verificate.
La convivenza forzata di Pi e della tigre è certamente il cardine del racconto, che mette al centro della vicenda lo scontrarsi del protagonista con sé stesso, sperduto in mezzo a chissà quale oceano, a dover fare i conti con la solitudine, le nuove necessità legate alla sua condizione e un percorso di formazione che scopriremo nel finale essere stato un lavoro sul proprio io davvero sconvolgente.
Da questo punto di vista "Life of Pi" mi ha soddisfatto, mi è piaciuto e ha saputo dare le risposte che cercavo durante la visione della pellicola. Questo, combinato alla preziosa ricerca estetica e all'occhio sensibile di Ang Lee (che qui vince il suo secondo Oscar alla regia dopo "I segreti di Brokeback Mountain"), mi sono sembrati i veri punti di forza del prodotto.
Guardando, però, oltre l'estetica e la riuscita della trama (tratta dal libro omonimo di Yann Martel), non posso dire di esserne rimasto affascinato. "Vita di Pi" è, sì, un bel film, ma probabilmente mi è stato rovinato dai numerosi elogi della critica. Non perchè non mi sia piaciuto o sia brutto o non si meriti i riconoscimenti e i complimenti che ha ricevuto, ma perchè tutto ciò ha creato in me un'elevata aspettativa, quasi la certezza di una folgorazione istantanea e magica che, invece, non è avvenuta. Non c'è stato pieno coinvolgimento, non sento la voglia di rivedere questo prodotto.
Precisazione personale a parte, ribadisco che il film ha pregi innegabili. 127 minuti di pellicola quasi mai pesanti; tantissime scene a due dove solo un personaggio è dotato di parola che, eppure, funzionano benissimo; colori vividi e scene spettacolari; il carisma semplice e puro del protagonista Suraj Sharma che regge un'intera pellicola sulle sue spalle nonostante sia al suo esordio come attore.
Scene top sicuramente quelle della balena, dei pesci volanti e, neanche a dirlo, il momento di addio tra Pi e la tigre. Resa impetuosa e inarrestabile la tempesta che travolge la nave giapponese su cui Pi sta viaggiando con la famiglia.
Insomma, oggettivamente non gli manca niente, me ne rendo conto. Eppure non me ne sono innamorato.
Ps. 120 milioni di dollari per produrlo e un incasso mondiale di $604,384,111. Ange Lee vince anche questa scommessa. Mitico.
Consigli: 4 premi Oscar (regia, fotografia, colonna sonora ed effetti speciali), 1 Golden Globe e un incasso stratosferico (aiutato anche dal 3D): "Vita di Pi" è sicuramente un esperimento artistico di Ang Lee di grande effetto, merito delle capacità del regista di rendere i suoi film sempre visivamente molto potenti, associando le immagini ad una storia che valga la pena di essere raccontata. E' una pellicola che non lascerà delusi. Magari non se ne rimane profondamente innamorati, ma è una full immersion in mondi lontani, avventure fantastiche e colori carichi di vita. Sicuramente si trova un proprio personale motivo perchè la visione ne sia valsa la pena.
Parola chiave: Richard Parker.
Trailer
Bengi
Film 525: "Vita di Pi" (2012) di Ang Lee
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: Visivamente è veramente bello, curato, affascinante, coinvolgente e dettagliatissimo. Funziona grazie a colori vividi, un sonoro che rende giustizia a qualunque cosa sia mostrata sullo schermo. Il tutto genera un mix che è veramente un'esperienza da provare.
Il viaggio di Pi Patel/Suraj Sharma è un percorso di crescita che diventa di vita dal momento in cui la nave su cui sta viaggiando affonda e una parte della sua famiglia con lei. Rimarrà, infatti, solo sulla scialuppa di salvataggio (che sarà la sua nuova casa) assieme a nientemeno che una iena, un orango, una zebra e una tigre del Bengala. Cosa c'entra la famiglia? Si capirà solo nel finale.
Il racconto è certamente avventuroso e affascinante, con il doppio risvolto di magia e mistero affiancato alla ricerca di risposte razionali per collocare in qualcosa di conosciuto le esperienze che Pi (Piscine Molitor Patel) racconta di aver vissuto, ma che nel concreto non si capisce come possano essersi verificate.
La convivenza forzata di Pi e della tigre è certamente il cardine del racconto, che mette al centro della vicenda lo scontrarsi del protagonista con sé stesso, sperduto in mezzo a chissà quale oceano, a dover fare i conti con la solitudine, le nuove necessità legate alla sua condizione e un percorso di formazione che scopriremo nel finale essere stato un lavoro sul proprio io davvero sconvolgente.
Da questo punto di vista "Life of Pi" mi ha soddisfatto, mi è piaciuto e ha saputo dare le risposte che cercavo durante la visione della pellicola. Questo, combinato alla preziosa ricerca estetica e all'occhio sensibile di Ang Lee (che qui vince il suo secondo Oscar alla regia dopo "I segreti di Brokeback Mountain"), mi sono sembrati i veri punti di forza del prodotto.
Guardando, però, oltre l'estetica e la riuscita della trama (tratta dal libro omonimo di Yann Martel), non posso dire di esserne rimasto affascinato. "Vita di Pi" è, sì, un bel film, ma probabilmente mi è stato rovinato dai numerosi elogi della critica. Non perchè non mi sia piaciuto o sia brutto o non si meriti i riconoscimenti e i complimenti che ha ricevuto, ma perchè tutto ciò ha creato in me un'elevata aspettativa, quasi la certezza di una folgorazione istantanea e magica che, invece, non è avvenuta. Non c'è stato pieno coinvolgimento, non sento la voglia di rivedere questo prodotto.
Precisazione personale a parte, ribadisco che il film ha pregi innegabili. 127 minuti di pellicola quasi mai pesanti; tantissime scene a due dove solo un personaggio è dotato di parola che, eppure, funzionano benissimo; colori vividi e scene spettacolari; il carisma semplice e puro del protagonista Suraj Sharma che regge un'intera pellicola sulle sue spalle nonostante sia al suo esordio come attore.
Scene top sicuramente quelle della balena, dei pesci volanti e, neanche a dirlo, il momento di addio tra Pi e la tigre. Resa impetuosa e inarrestabile la tempesta che travolge la nave giapponese su cui Pi sta viaggiando con la famiglia.
Insomma, oggettivamente non gli manca niente, me ne rendo conto. Eppure non me ne sono innamorato.
Ps. 120 milioni di dollari per produrlo e un incasso mondiale di $604,384,111. Ange Lee vince anche questa scommessa. Mitico.
Consigli: 4 premi Oscar (regia, fotografia, colonna sonora ed effetti speciali), 1 Golden Globe e un incasso stratosferico (aiutato anche dal 3D): "Vita di Pi" è sicuramente un esperimento artistico di Ang Lee di grande effetto, merito delle capacità del regista di rendere i suoi film sempre visivamente molto potenti, associando le immagini ad una storia che valga la pena di essere raccontata. E' una pellicola che non lascerà delusi. Magari non se ne rimane profondamente innamorati, ma è una full immersion in mondi lontani, avventure fantastiche e colori carichi di vita. Sicuramente si trova un proprio personale motivo perchè la visione ne sia valsa la pena.
Parola chiave: Richard Parker.
Trailer
Bengi
Etichette:
Ang Lee,
avventura,
Gérard Depardieu,
Golden Globes,
Irrfan Khan,
Life of Pi,
Mychael Danna,
oscar,
Piscine Molitor Patel,
Rafe Spall,
Richard Parker,
Suraj Sharma,
tigre del Bengala,
Vita di Pi,
Yann Martel
Film 524 - Upside Down
Secondo appuntamento casalingo con Leoo.
Film 524: "Upside Down" (2012) di Juan Solanas
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: "Upside Down" non mi ha particolarmente convinto, mi è anzi sembrato pretenzioso, ma senza le carte in regola per sfondare veramente. C'è sempre la sensazione che manchi qualcosa, che ci sia quel momento in cui rimani veramente rapito dal film. La storia è sì affascinante, ma non coinvolgente. Le location sono d'effetto, ma fredde e molto 'digitali'. L'amore dei due protagonisti è grande - di quelli che rischio tutto ciò che ho per te -, ma non mi ha mai smosso nulla che non fosse la sensazione di già visto.
Nonostante la cornice affascinante dei due mondi sovrapposti e contrari, niente di originale è davvero collocato nell'intreccio narrativo. Si brucia d'amore come ci si brucia a stare nel mondo opposto a cui non si appartiene, eppure guardando non c'è un solo momento in cui il film coinvolga davvero in maniera genuina. Più che un'operazione a grosso budget mi è sembrato il tentativo un po' ingenuo di intraprendere la via del kolossal fantasy senza saperlo davvero gestire, componendo i pezzi di una storia ritagliando qua e là da ciò che già è stato scritto, narrato e fatto vedere: cambia solo la prospettiva. E allora bisognava giocarsi meglio questi due personaggi (Eden/Kirsten Dunst e Adam/Jim Sturgess, lascio a voi i commenti sull'imbarazzante scelta di questi nomi), parlare di una storia d'amore meno scontata, meno banale. Lei ha perso la memoria e lui fa di tutto per fargliela tornare; anche se non potrebbe perchè appartengono a mondi diversi da cui, in teoria, sono esclusi reciprocamente se non per quelle poche ore che precedono il loro andare a fuoco. Se non è chiaro, ecco i principi fisici che regolano il doppio mondo di "Upside Down":
1) Tutta la materia è attratta dal centro di gravità del pianeta da cui proviene, non l'altro.
2) In virtù della prima regola, il peso di un oggetto può essere controbilanciato con la materia del mondo opposto ("materia inversa").
3) Dopo un variabile, ma solitamente breve, lasso di tempo, la materia a contatto con quella inversa dà origine alla combustione.
Dunque la cornice è anche interessante, ma poi il fulcro della vicenda è trito e privo di idee veramente originali.
In generale non è comunque una pellicola inguardabile - io, però, in qualche punto breve mi sono appisolato - e immagino che abbia un suo pubblico (qui si parla di fantasy, altri mondi possibili, romance, drama e anche etica sotto certi aspetti, nonché qualche slancio di critica sociale all'acqua di rose - nel mondo di sotto sono tutti poveri e lavorano per quelli benestanti, belli e puliti del mondo di sopra -), ma non posso sinceramente dire che il film mi abbia soddisfatto. Lo sguardo magnetico da post-stupefacenti della Dunst ha sempre qualcosa che mi attrae e in effetti rende molto bene accompagnato ai tramonti sempre luminosi e patinati sullo sfondo, ma questo non può valere un'intero prodotto cinematografico. Peccato, le premesse - e un po' di pretese - c'erano.
Ps. Box office disastroso: 50 milioni di dollari per produrlo, $8,001,380 di incasso. Mondiale.
Consigli: Ci sono pellicole della Dunst più interessanti e riuscite ("Melancholia", per esempio), anche se l'attrice ultimamente non sta azzeccando grandi successi ("The Wedding Party", orrendo). Questa ha un incipit interessante, ma per il resto non è nulla che non si sia già visto in altre 100 storie.
Parola chiave: Crema cosmetica.
Trailer
Bengi
Film 524: "Upside Down" (2012) di Juan Solanas
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: "Upside Down" non mi ha particolarmente convinto, mi è anzi sembrato pretenzioso, ma senza le carte in regola per sfondare veramente. C'è sempre la sensazione che manchi qualcosa, che ci sia quel momento in cui rimani veramente rapito dal film. La storia è sì affascinante, ma non coinvolgente. Le location sono d'effetto, ma fredde e molto 'digitali'. L'amore dei due protagonisti è grande - di quelli che rischio tutto ciò che ho per te -, ma non mi ha mai smosso nulla che non fosse la sensazione di già visto.
Nonostante la cornice affascinante dei due mondi sovrapposti e contrari, niente di originale è davvero collocato nell'intreccio narrativo. Si brucia d'amore come ci si brucia a stare nel mondo opposto a cui non si appartiene, eppure guardando non c'è un solo momento in cui il film coinvolga davvero in maniera genuina. Più che un'operazione a grosso budget mi è sembrato il tentativo un po' ingenuo di intraprendere la via del kolossal fantasy senza saperlo davvero gestire, componendo i pezzi di una storia ritagliando qua e là da ciò che già è stato scritto, narrato e fatto vedere: cambia solo la prospettiva. E allora bisognava giocarsi meglio questi due personaggi (Eden/Kirsten Dunst e Adam/Jim Sturgess, lascio a voi i commenti sull'imbarazzante scelta di questi nomi), parlare di una storia d'amore meno scontata, meno banale. Lei ha perso la memoria e lui fa di tutto per fargliela tornare; anche se non potrebbe perchè appartengono a mondi diversi da cui, in teoria, sono esclusi reciprocamente se non per quelle poche ore che precedono il loro andare a fuoco. Se non è chiaro, ecco i principi fisici che regolano il doppio mondo di "Upside Down":
1) Tutta la materia è attratta dal centro di gravità del pianeta da cui proviene, non l'altro.
2) In virtù della prima regola, il peso di un oggetto può essere controbilanciato con la materia del mondo opposto ("materia inversa").
3) Dopo un variabile, ma solitamente breve, lasso di tempo, la materia a contatto con quella inversa dà origine alla combustione.
Dunque la cornice è anche interessante, ma poi il fulcro della vicenda è trito e privo di idee veramente originali.
In generale non è comunque una pellicola inguardabile - io, però, in qualche punto breve mi sono appisolato - e immagino che abbia un suo pubblico (qui si parla di fantasy, altri mondi possibili, romance, drama e anche etica sotto certi aspetti, nonché qualche slancio di critica sociale all'acqua di rose - nel mondo di sotto sono tutti poveri e lavorano per quelli benestanti, belli e puliti del mondo di sopra -), ma non posso sinceramente dire che il film mi abbia soddisfatto. Lo sguardo magnetico da post-stupefacenti della Dunst ha sempre qualcosa che mi attrae e in effetti rende molto bene accompagnato ai tramonti sempre luminosi e patinati sullo sfondo, ma questo non può valere un'intero prodotto cinematografico. Peccato, le premesse - e un po' di pretese - c'erano.
Ps. Box office disastroso: 50 milioni di dollari per produrlo, $8,001,380 di incasso. Mondiale.
Consigli: Ci sono pellicole della Dunst più interessanti e riuscite ("Melancholia", per esempio), anche se l'attrice ultimamente non sta azzeccando grandi successi ("The Wedding Party", orrendo). Questa ha un incipit interessante, ma per il resto non è nulla che non si sia già visto in altre 100 storie.
Parola chiave: Crema cosmetica.
Trailer
Bengi
Etichette:
amnesia,
amore,
box office,
dramma,
effetti speciali,
face-lifts,
fantascienza,
fantasy,
fisica,
gravità,
Jim Sturgess,
Kirsten Dunst,
lifting,
Melancholia,
mondo,
romance,
sci-fy,
scienza,
Timothy Spall,
Upside Down
Iscriviti a:
Post (Atom)