Gli Oscar sono sempre più vicini e cerco di mettermi in pari con i film che mi mancano da vedere delle varie categorie in gara.
Film 676: "Iron Man 3" (2013) di Shane Black
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Passata la crisi di mezza età, che doveva sottintendere un periodo di profonda maturazione del personaggio, e successivamente agli eventi intercorsi durante "The Avengers", anche Tony Stark ha assunto un atteggiamento più adulto e adesso ama la sua Pepper Potts e ci convive. Nonostante l'idillio amoroso, Tony è ancora profondamente scosso dagli avvenimenti di New York (leggi Avengers) e si ritrova, come un qualunque comune mortale, a dover affrontare sé stesso, gli attacchi di panico e la presa di coscienza dell'esistenza degli alieni.
Premesso che, a mio avviso, uno che salva ripetutamente la terra e si è inventato tute metalliche che gli permettono di volare e sparare, per non menzionare il fatto che è in vita grazie a delle radiazioni provenienti da schegge incastrate nel suo petto, non dovrebbe di fatto sentire troppo opprimente la minaccia aliena, rimane il fatto che questo "Iron Man 3" è effettivamente molto più riuscito del precedente. Sia perché ha un ritmo più incalzante, sia perché la storia è più interessante. Al trio ormai consolidato Robert Downey Jr.-Gwyneth Paltrow-Don Cheadle si aggiungono qui Guy Pearce nei panni del cattivo, il prezzemolino Ben Kingsley e Rebecca Hall.
Il risultato finale è un film che è puro blockbuster, finanziato da un budget di 200 milioni di dollari che permettono di usufruire di un apparato di effetti speciali che è qualcosa di sbalorditivo. La scena della distruzione del nido d'amore Stark è qualcosa di impressionante.
Gli intenti intrattenitivi vengono, quindi, ampiamente adempiuti e, anzi, sorprendentemente la saga si conclude con un epilogo che non mi aspettavo. Conferisce un senso di chiusura alla storia abbastanza efficace. Rimane il fatto che, per quanto mi riguarda, tra i vari personaggi Marvel Iron Man non riesce particolarmente a prendermi e ho seguito con una certa indifferenza le sue avventure.
Ps. Come gli altri due film del franchise - e anche "The Avengers" - il film è candidato agli Oscar 2014 nella categoria Migliori effetti speciali. Il favorito della categoria, però, è "Gravity".
- The Avengers
Film 411 - The Avengers
Film 808 - The Avengers
Film 1568 - The Avengers
Film 930 - Avengers: Age of Ultron
Film 932 - Avengers: Age of Ultron
Film 1177 - Avengers: Age of Ultron
Film 1571 - Avengers: Age of Ultron
Film 1613 - Avengers: Infinity War
Film 1757 - Avengers: Endgame
- Captain America
Film 695 - Captain America - Il primo vendicatore
Film 1660 - Captain America: The First Avenger
Film 814 - Captain America: The Winter Soldier
Film 1156 - Captain America: Civil War
Film 1395 - Captain America: Civil War
- Thor
Film 268 - Thor
Film 1191 - Thor
Film 1659 - Thor
Film 631 - Thor: The Dark World
Film 1193 - Thor: The Dark World
Film 1447 - Thor: Ragnarok
- Iron Man
Film 543 - Iron Man 2
Film 676 - Iron Man 3
- Ant-Man
Film 1004 - Ant-Man
Film 1195 - Ant-Man
- Doctor Strange
Film 1250 - Doctor Strange
Film 1433 - Doctor Strange
- Spider-Man
Film 1394 - Spider-Man: Homecoming
Film 1653 - Spider-Man: Homecoming
Film 467 - The Amazing Spider-Man
Film 718 - The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro
- Black Panther
Film 1612 - Black Panther
Box Office: $1,215,439,994
Consigli: E' certamente un ottimo esempio di pellicola commerciale che punta tutto su un buon intrattenimento fatto di azione, avventura, effetti speciali e una storia che oscilla sempre tra il divertente e il divertito. Robert Downey Jr. è un maestro nell'interpretare questo tipo di personaggi e bisogna ammettere che è un piacere guardarlo in azione. Azione che, questa volta, coinvolgerà anche la priva di qualsivoglia elasticità Gwyneth Paltrow.
Parola chiave: Mandarino.
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Bengi
giovedì 27 febbraio 2014
Film 676 - Iron Man 3
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mercoledì 26 febbraio 2014
Film 675 - Lone Survivor
L'altra sera ho abbandonato l'idea di vedere "12 Years a Slave" perché ero troppo stanco e avevo bisogno di qualcosa di un po' più digeribile e facilmente assimilibile, motivo per il quale sono arrivato a questo film (dato che non volevo comunque vedere qualcosa che non fosse candidato agli Oscar di quest'anno).
Film 675: "Lone Survivor" (2013) di Peter Berg
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Essendo incentrato sulla guerra e non avendo altri indizi a riguardo, ho accettato "Lone Survivor" come valido sostituto per una cena in solitaria che fosse svagante e poco impegnativa. Errore.
A differenza di altri titoli per i quali la guerra era solo pretesto di sparatorie, inseguimento, bombardamenti e protagonisti giovani e atletici cui affibbiare battutine simpatiche, questo film è un prodotto tendenzialmente impegnato che si prefigge di raccontare la triste storia vera di una squadra di Navy SEAL che rimane vittima di un agguato da parte dei talebani in Afghanistan. Insomma, non esattamente la combo di azione e adrenalina che mi aspettavo.
Inoltre, per quanto la storia sia toccante e comunque abbia senso raccontarla, ho trovato la trasposizione cinematografica non particolarmente interessante, coinvolgente o innovativa. Giusto il finale presenta una serie di elementi narrativi inaspettati che colpiscono davvero lo spettatore, ma per il resto pellicola un po' priva di spessore o appeal.
I quattro protagonisti Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsch e Ben Foster sono un gruppo di attori capace e in grado di fare team e il risultato sullo schermo si vede, come si vede l'enorme differenza di età tra di loro (da ignorante mi sono chiesto se i 43 anni di Wahlberg non siano un po' troppi per immaginare di mandarlo in missione sul campo). I 121 minuti di pellicola sono praticamente tutti sulle loro spalle e bisogna dire che sono in grado di dare un buon livello di plausibilità ai loro personaggi.
In definitiva direi che "Lone Survivor" non è per nulla quello che mi aspettavo e, anzi, punta a un realismo e a una veridicità dei fatti che non immaginavo di trovare (per mia disinformazione). Il risultato finale, però, non mi ha convinto del tutto e ho apprezzato solamente l'ultima parte della storia.
Ps. Il film è candidato a due premi Oscar: Miglior missaggio sonoro e Miglior montaggio sonoro.
Box Office: $132,334,480 (ad oggi)
Consigli: E' una pellicola sulla guerra in Afghanistan e tratta eventi veri ripresi dalla testimonianza dell'ex-Navy SEAL Marcus Luttrell nel romanzo autobiografico "Lone Survivor: The Eyewitness Account of Operation Redwing and the Lost Heroes of Seal Team 10". Non è una storia facile da assimilare, né una pellicola visivamente priva di scene forti. Mark Wahlberg, come sempre, è nella parte dell'eroe.
Parola chiave: Ahmad Shah.
Trailer
Bengi
Film 675: "Lone Survivor" (2013) di Peter Berg
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Essendo incentrato sulla guerra e non avendo altri indizi a riguardo, ho accettato "Lone Survivor" come valido sostituto per una cena in solitaria che fosse svagante e poco impegnativa. Errore.
A differenza di altri titoli per i quali la guerra era solo pretesto di sparatorie, inseguimento, bombardamenti e protagonisti giovani e atletici cui affibbiare battutine simpatiche, questo film è un prodotto tendenzialmente impegnato che si prefigge di raccontare la triste storia vera di una squadra di Navy SEAL che rimane vittima di un agguato da parte dei talebani in Afghanistan. Insomma, non esattamente la combo di azione e adrenalina che mi aspettavo.
Inoltre, per quanto la storia sia toccante e comunque abbia senso raccontarla, ho trovato la trasposizione cinematografica non particolarmente interessante, coinvolgente o innovativa. Giusto il finale presenta una serie di elementi narrativi inaspettati che colpiscono davvero lo spettatore, ma per il resto pellicola un po' priva di spessore o appeal.
I quattro protagonisti Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsch e Ben Foster sono un gruppo di attori capace e in grado di fare team e il risultato sullo schermo si vede, come si vede l'enorme differenza di età tra di loro (da ignorante mi sono chiesto se i 43 anni di Wahlberg non siano un po' troppi per immaginare di mandarlo in missione sul campo). I 121 minuti di pellicola sono praticamente tutti sulle loro spalle e bisogna dire che sono in grado di dare un buon livello di plausibilità ai loro personaggi.
In definitiva direi che "Lone Survivor" non è per nulla quello che mi aspettavo e, anzi, punta a un realismo e a una veridicità dei fatti che non immaginavo di trovare (per mia disinformazione). Il risultato finale, però, non mi ha convinto del tutto e ho apprezzato solamente l'ultima parte della storia.
Ps. Il film è candidato a due premi Oscar: Miglior missaggio sonoro e Miglior montaggio sonoro.
Box Office: $132,334,480 (ad oggi)
Consigli: E' una pellicola sulla guerra in Afghanistan e tratta eventi veri ripresi dalla testimonianza dell'ex-Navy SEAL Marcus Luttrell nel romanzo autobiografico "Lone Survivor: The Eyewitness Account of Operation Redwing and the Lost Heroes of Seal Team 10". Non è una storia facile da assimilare, né una pellicola visivamente priva di scene forti. Mark Wahlberg, come sempre, è nella parte dell'eroe.
Parola chiave: Ahmad Shah.
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Bengi
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lunedì 24 febbraio 2014
Film 674 - Monuments Men
La 3 ci riporta al cinema, questa volta con un prodotto decisamente superiore per qualità agli ultimi che lo hanno preceduto.
Film 674: "Monuments Men" (2014) di George Clooney
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi, Erika
Pensieri: "Un plotone dell'esercito americano, composto da critici ed esperti d'arte, direttori di musei ed elementi simili, durante la seconda guerra mondiale ha il compito di cercare e recuperare le opere d'arte trafugate nei paesi occupati dai nazisti per salvarle dall'ordine di distruggerle di Adolf Hitler e restituirle ai legittimi proprietari." - da Wikipedia. 'Elementi simili' a parte, quoto ogni parola.
Il nuovo film da regista (e attore. E sceneggiatore. E produttore) di George Clooney presenta il nobile intento di portare alla luce la bella storia di amore e sacrificio per l'arte, senza, però, suscitarne un vero e proprio trasporto. La combricola di esperti dell'arte trasformati in militanti dell'esercito è simpatica, ma non trascinante e l'umorismo di fondo della sceneggiatura spesso è un po' troppo sommerso per arrivare al pubblico generalista (per intenderci, durante la visione, nella mia sala c'erano ragazzi che si tiravano i pop-corn e ridacchiavano criticando la lentezza della pellicola, priva del brivido della guerra che si aspettavano).
Maleducazione da aspettative fuorvianti a parte, "The Monuments Men" rimane una pellicola ben girata e interpretata, che presenta un cast di tutto rispetto tra cui 4 premi Oscar (Clooney, Matt Damon, Cate Blanchett e Jean Dujardin), 2 candidati all'Oscar (Bill Murray, Bob Balaban), il vincitore del Golden Globe John Goodman e il candidato al Golden Globe Hugh Bonneville. Insomma, qualche valido motivo per andare a vederlo al cinema c'è.
Non bastasse questo, bisogna dire che la storia è sinceramente interessante e, per coloro che fossero appassionati di storia o di arte, la sceneggiatura offre certamente numerosi punti di interesse. Questo prodotto cinematografico, infatti, è tratto dall'opera omonima di Robert M. Edsel, a sua volta basata sui fatti realmente accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Quindi il risultato finale è meno riuscito di quanto sperassi prima di vedere il film, ma ha certo i suoi pregi. L'inizio è un po' lento e forse qualche parte si sarebbe potuta accorciare, ma comunque quando si entra nel vivo dei vari intrecci narrativi la storia ingrana la marcia giusta e il tutto procede senza intoppi fino alla fine.
Ps. Cameo del compositore parigino Alexandre Desplat qui anche autore della colonna sonora. Desplat, a quota sei candidature, è in lizza anche quest'anno per l'Oscar alla Miglior colonna sonora del film "Philomena".
Box Office: $84,450,000 (ad oggi)
Consigli: Carino ed interessante Ha certamente i suoi pregi, primo fra tutti quello di portare il messaggio dell'importanza dell'arte nella cultura di ogni popolo. Va detto, però, che è un film di guerra non sulla guerra o, per precisione, non su come la guerra viene oggi rappresentata nei film (azione, sparatorie, esplosioni, rumore, rumore, rumore). Il risultato finale è comunque positivo, soprattutto grazie al buon cast.
Parola chiave: Opere d'arte.
Trailer
Bengi
Film 674: "Monuments Men" (2014) di George Clooney
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi, Erika
Pensieri: "Un plotone dell'esercito americano, composto da critici ed esperti d'arte, direttori di musei ed elementi simili, durante la seconda guerra mondiale ha il compito di cercare e recuperare le opere d'arte trafugate nei paesi occupati dai nazisti per salvarle dall'ordine di distruggerle di Adolf Hitler e restituirle ai legittimi proprietari." - da Wikipedia. 'Elementi simili' a parte, quoto ogni parola.
Il nuovo film da regista (e attore. E sceneggiatore. E produttore) di George Clooney presenta il nobile intento di portare alla luce la bella storia di amore e sacrificio per l'arte, senza, però, suscitarne un vero e proprio trasporto. La combricola di esperti dell'arte trasformati in militanti dell'esercito è simpatica, ma non trascinante e l'umorismo di fondo della sceneggiatura spesso è un po' troppo sommerso per arrivare al pubblico generalista (per intenderci, durante la visione, nella mia sala c'erano ragazzi che si tiravano i pop-corn e ridacchiavano criticando la lentezza della pellicola, priva del brivido della guerra che si aspettavano).
Maleducazione da aspettative fuorvianti a parte, "The Monuments Men" rimane una pellicola ben girata e interpretata, che presenta un cast di tutto rispetto tra cui 4 premi Oscar (Clooney, Matt Damon, Cate Blanchett e Jean Dujardin), 2 candidati all'Oscar (Bill Murray, Bob Balaban), il vincitore del Golden Globe John Goodman e il candidato al Golden Globe Hugh Bonneville. Insomma, qualche valido motivo per andare a vederlo al cinema c'è.
Non bastasse questo, bisogna dire che la storia è sinceramente interessante e, per coloro che fossero appassionati di storia o di arte, la sceneggiatura offre certamente numerosi punti di interesse. Questo prodotto cinematografico, infatti, è tratto dall'opera omonima di Robert M. Edsel, a sua volta basata sui fatti realmente accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Quindi il risultato finale è meno riuscito di quanto sperassi prima di vedere il film, ma ha certo i suoi pregi. L'inizio è un po' lento e forse qualche parte si sarebbe potuta accorciare, ma comunque quando si entra nel vivo dei vari intrecci narrativi la storia ingrana la marcia giusta e il tutto procede senza intoppi fino alla fine.
Ps. Cameo del compositore parigino Alexandre Desplat qui anche autore della colonna sonora. Desplat, a quota sei candidature, è in lizza anche quest'anno per l'Oscar alla Miglior colonna sonora del film "Philomena".
Box Office: $84,450,000 (ad oggi)
Consigli: Carino ed interessante Ha certamente i suoi pregi, primo fra tutti quello di portare il messaggio dell'importanza dell'arte nella cultura di ogni popolo. Va detto, però, che è un film di guerra non sulla guerra o, per precisione, non su come la guerra viene oggi rappresentata nei film (azione, sparatorie, esplosioni, rumore, rumore, rumore). Il risultato finale è comunque positivo, soprattutto grazie al buon cast.
Parola chiave: Opere d'arte.
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venerdì 21 febbraio 2014
Film 673 - Lo sconosciuto del lago
Weekend relax in compagnia del cinema francese parte 2.
Film 673: "Lo sconosciuto del lago" (2013) di Alain Guiraudie
Visto: dal computer di casa
Lingua: francese
Compagnia: Luigi
Pensieri: "L'inconnu du lac" è stata la rivelazione queer dell'ultimo festival di Cannes, con ovazioni e consensi entuasiasti da ogni fronte. La critica lo ha incoronato capolavoro contemporaneo del cinema e no, chiaramente, non potevo esimermi dal vederlo. Il mio scetticismo in questi casi è sempre compagno di visione, in quanto fatico a credere nei capolavori assoluti, soprattuto quando proclamati con tale osannazione e rapidità. Mi ha stranito, poi, un così grande successo considerati i due aspetti fondamentali di questa pellicola: parla di gay che si incontrano ad un lago per, di fatto, fare cruising e, per più della metà del tempo, i protagonisti sono nudi. E, diciamocelo fin da ora, se nel mondo cartoon piovevano polpette, qui piovono piselli.
In tutta onestà questo sconosciuto mi ha abbastanza annoiato. Non succede granché e quel poco che succede - tra erotismo e omicidi - era perfettamente riassumibile in qualcosa di veloce come una mezzora. Invece la pellicola dura 100 minuti, tra auto che parcheggiano, vento tra le fronde, dorati riflessi solari sull'acqua, qualche omicidio e tantissima ricerca di sesso. Che, alla lunga, è un po' fine a sé stessa.
Insomma, non mi aspettavo di rimanere folgorato da uno strabordante susseguirsi di eventi carismatici e narrativamente parlando pregni di significati metaoforici, però, ecco, questo film non mi ha esattamente sconvolto come le promesse di trailer e critici mi avrebbero fatto pensare. E' un prodotto estremamente di nicchia e di difficile incasellamento, che oscilla pericolosamente tra il soft-porno voyeristico e la crime-story perversa, con la parte debole innamorata della parte forte della coppia nonostante tutto (ovvero un ominicio visto commettere a inizio film).
In tutta onestà la sensazione che ho avuto è quella che si sia inserito l'omicidio solo come pretesto per portare avanti una storia altrimenti senza qualcosa da dire che non fosse stato legato all'immaginario erotico omosessuale. E, diciamocelo, non c'è niente che un porno - più o meno spinto - non possa raccontare altrettanto sufficientemente.
In ultima analisi, quindi, "Lo sconosciuto del lago" è un film che non è un film, ovvero racconta una realtà certo non familiare a tutti, eppure portata sullo schermo solo con intento provocatorio e non di denuncia: il nudo c'è non perché sia interessante (o si sia interessati) a capire il comportamento umano che spinge le persone ad imboscarsi, ma è solamente accessorio per la provocazione, poiché la trama tratta marginalmente l'aspetto del cercare 'refrigerio' tra le fresche frasche.
Quindi no, questa pellicola non mi ha convinto e, anzi, l'ho trovata un po' pesante alla lunga, proprio per questa sua natura incosnsistente e inconcludente (specialmente il finale). L'aspetto che invece ho trovato più interessante è l'amicizia tra Franck/Pierre Deladonchamps e Henri/Patrick d'Assumçao - che mi sarebbe piaciuto veder trattare anche fuori dal contesto lacustre, ma che invece è sacrificata in favore della love story tra il primo e lo sconosciuto baffuto Michel/Christophe Paou.
Ps. 8 candidature ai César 2014 tra cui Miglior film. A Cannes 2013 il film, in gara nella sezione "Un certain regard", ha vinto i premi la Queer Palm e il Prix de la mise en scène conferito ad Alain Guiraudie.
Box Office: € 118,590 (Francia), $ 148,325 (USA)
Consigli: A tratti thriller erotico, a tratti omaggio alla pace dei sensi ed elogio della natura, questa pellicola è un excursus sull'imbosco alla ricerca di un onanismo becero e francamente desolante. Se rifletta o meno la realtà dei fatti io non lo so, ma di certo è il racconto di una realtà che mi ha messo un po' di tristezza. Mio limite, per carità, ma rimango dell'idea che si possa andare al lago per godersi la giornata piuttosto che per godere tra i cespugli.
Parola chiave: Sesso.
Trailer
Bengi
Film 673: "Lo sconosciuto del lago" (2013) di Alain Guiraudie
Visto: dal computer di casa
Lingua: francese
Compagnia: Luigi
Pensieri: "L'inconnu du lac" è stata la rivelazione queer dell'ultimo festival di Cannes, con ovazioni e consensi entuasiasti da ogni fronte. La critica lo ha incoronato capolavoro contemporaneo del cinema e no, chiaramente, non potevo esimermi dal vederlo. Il mio scetticismo in questi casi è sempre compagno di visione, in quanto fatico a credere nei capolavori assoluti, soprattuto quando proclamati con tale osannazione e rapidità. Mi ha stranito, poi, un così grande successo considerati i due aspetti fondamentali di questa pellicola: parla di gay che si incontrano ad un lago per, di fatto, fare cruising e, per più della metà del tempo, i protagonisti sono nudi. E, diciamocelo fin da ora, se nel mondo cartoon piovevano polpette, qui piovono piselli.
In tutta onestà questo sconosciuto mi ha abbastanza annoiato. Non succede granché e quel poco che succede - tra erotismo e omicidi - era perfettamente riassumibile in qualcosa di veloce come una mezzora. Invece la pellicola dura 100 minuti, tra auto che parcheggiano, vento tra le fronde, dorati riflessi solari sull'acqua, qualche omicidio e tantissima ricerca di sesso. Che, alla lunga, è un po' fine a sé stessa.
Insomma, non mi aspettavo di rimanere folgorato da uno strabordante susseguirsi di eventi carismatici e narrativamente parlando pregni di significati metaoforici, però, ecco, questo film non mi ha esattamente sconvolto come le promesse di trailer e critici mi avrebbero fatto pensare. E' un prodotto estremamente di nicchia e di difficile incasellamento, che oscilla pericolosamente tra il soft-porno voyeristico e la crime-story perversa, con la parte debole innamorata della parte forte della coppia nonostante tutto (ovvero un ominicio visto commettere a inizio film).
In tutta onestà la sensazione che ho avuto è quella che si sia inserito l'omicidio solo come pretesto per portare avanti una storia altrimenti senza qualcosa da dire che non fosse stato legato all'immaginario erotico omosessuale. E, diciamocelo, non c'è niente che un porno - più o meno spinto - non possa raccontare altrettanto sufficientemente.
In ultima analisi, quindi, "Lo sconosciuto del lago" è un film che non è un film, ovvero racconta una realtà certo non familiare a tutti, eppure portata sullo schermo solo con intento provocatorio e non di denuncia: il nudo c'è non perché sia interessante (o si sia interessati) a capire il comportamento umano che spinge le persone ad imboscarsi, ma è solamente accessorio per la provocazione, poiché la trama tratta marginalmente l'aspetto del cercare 'refrigerio' tra le fresche frasche.
Quindi no, questa pellicola non mi ha convinto e, anzi, l'ho trovata un po' pesante alla lunga, proprio per questa sua natura incosnsistente e inconcludente (specialmente il finale). L'aspetto che invece ho trovato più interessante è l'amicizia tra Franck/Pierre Deladonchamps e Henri/Patrick d'Assumçao - che mi sarebbe piaciuto veder trattare anche fuori dal contesto lacustre, ma che invece è sacrificata in favore della love story tra il primo e lo sconosciuto baffuto Michel/Christophe Paou.
Ps. 8 candidature ai César 2014 tra cui Miglior film. A Cannes 2013 il film, in gara nella sezione "Un certain regard", ha vinto i premi la Queer Palm e il Prix de la mise en scène conferito ad Alain Guiraudie.
Box Office: € 118,590 (Francia), $ 148,325 (USA)
Consigli: A tratti thriller erotico, a tratti omaggio alla pace dei sensi ed elogio della natura, questa pellicola è un excursus sull'imbosco alla ricerca di un onanismo becero e francamente desolante. Se rifletta o meno la realtà dei fatti io non lo so, ma di certo è il racconto di una realtà che mi ha messo un po' di tristezza. Mio limite, per carità, ma rimango dell'idea che si possa andare al lago per godersi la giornata piuttosto che per godere tra i cespugli.
Parola chiave: Sesso.
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giovedì 20 febbraio 2014
Film 672 - Tutto sua madre
Weekend relax in compagnia del cinema francese parte 1.
Film 672: "Tutto sua madre" (2013) di Guillaume Gallienne
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Questo film è davvero una bella sorpresa. E' scritto diretto e interpretato da Guillaume Gallienne, basato su una sua opera teatrale che a sua volta si basa su alcuni aspetti della sua vita qui approfonditi: rapporto con la madre, sessualità, donne.
Ciò che rende particolare questo prodotto francese è innanzitutto il fatto che Gallienne interpreta sia il suo alterego narrativo che la parte della madre, con un'attitudine e una bravura veramente affascinanti. Camaleontico è dir poco. Poi la storia è trattata con una certa ironia molto spiritosa che spazia spesso tra il grottesco e l'autoumiliazione, ma sempre con un certo stile, se così si può dire. Insomma, nonostante situazioni evidentemente deliranti, c'è sempre un'aplomb di fondo che controbilancia perfettamente tutta la storia.
Storia che, neanche a dirlo, riguarda la ricerca di se stessi e l'affermazioen del proprio io a prescindere da ciò che pensano e giudicano gli altri. I risvolti, oltre che comici, saranno inaspettatamente sorprendenti.
Ho molto apprezzato l'anima assolutamente non convenzionale di questo prodotto, capace di differenziarsi dal resto che c'è in circolazione sia per le più lampanti scelte di cast (anche Diane Kruger in un cameo), sia per un racconto che fa della visione personalissima della vita di Gallienne strumento per colpire lo spettatore con, finalmente, qualcosa di nuovo.
Ps. Il film è attualmente candidato a 10 premi César tra cui Miglior film, regia, sceneggiatura e attore protagonista oltre che Miglior opera prima. Al Festival di Cannes 2013, nella selezione "Quinzaine des réalisateurs", il film si è aggiudicato l'Art Cinema Award e il Prix SACD.
Film 1158 - Tutto sua madre
Box Office: € 2,564,982 (Francia)
Consigli: "Les garçons et Guillaume, à table!" è divertente, ben scritto e recitato e sorprendente per numerosi aspetti. Vale veramente la pena di dargli una chance.
Parola chiave: Omosessualità.
Trailer
Bengi
Film 672: "Tutto sua madre" (2013) di Guillaume Gallienne
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Questo film è davvero una bella sorpresa. E' scritto diretto e interpretato da Guillaume Gallienne, basato su una sua opera teatrale che a sua volta si basa su alcuni aspetti della sua vita qui approfonditi: rapporto con la madre, sessualità, donne.
Ciò che rende particolare questo prodotto francese è innanzitutto il fatto che Gallienne interpreta sia il suo alterego narrativo che la parte della madre, con un'attitudine e una bravura veramente affascinanti. Camaleontico è dir poco. Poi la storia è trattata con una certa ironia molto spiritosa che spazia spesso tra il grottesco e l'autoumiliazione, ma sempre con un certo stile, se così si può dire. Insomma, nonostante situazioni evidentemente deliranti, c'è sempre un'aplomb di fondo che controbilancia perfettamente tutta la storia.
Storia che, neanche a dirlo, riguarda la ricerca di se stessi e l'affermazioen del proprio io a prescindere da ciò che pensano e giudicano gli altri. I risvolti, oltre che comici, saranno inaspettatamente sorprendenti.
Ho molto apprezzato l'anima assolutamente non convenzionale di questo prodotto, capace di differenziarsi dal resto che c'è in circolazione sia per le più lampanti scelte di cast (anche Diane Kruger in un cameo), sia per un racconto che fa della visione personalissima della vita di Gallienne strumento per colpire lo spettatore con, finalmente, qualcosa di nuovo.
Ps. Il film è attualmente candidato a 10 premi César tra cui Miglior film, regia, sceneggiatura e attore protagonista oltre che Miglior opera prima. Al Festival di Cannes 2013, nella selezione "Quinzaine des réalisateurs", il film si è aggiudicato l'Art Cinema Award e il Prix SACD.
Film 1158 - Tutto sua madre
Box Office: € 2,564,982 (Francia)
Consigli: "Les garçons et Guillaume, à table!" è divertente, ben scritto e recitato e sorprendente per numerosi aspetti. Vale veramente la pena di dargli una chance.
Parola chiave: Omosessualità.
Trailer
Bengi
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martedì 18 febbraio 2014
Film 671 - Via col vento
Seratina all'insegna del cinema classico in compagnia del film forse più famoso di tutti i i tempi.
Film 671: "Via col vento" (1939) di Victor Fleming (George Cukor, Sam Wood)
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Dite ciò che volete, pensate quello che vi pare, la mia personalissima verità è che "Via col vento" è un ca-po-la-vo-ro e sempre rimarrà tale. Bellissimo, lunghissimo, epicissimo, straziantissimo, curatissimo e tutto ciò che finisce in -issimo. Ergo uno dei colossal cult della storia del cinema mondiale.
Le vicende di Rossella O'Hara e del suo percorso di formazione verso la maturità sono uno step che chiunque ami la settima arte non può esimersi dall'affrontare, perché è semplicemente una delle pietre miliari della cultura popolare dei nostri tempi, prodotto che, a 75 anni dalla sua apparizione, è ancora in grado di suscitare emozioni ed interesse.
Il duo Vivien Leigh-Clark Gable è diventato simbolo dell'amore tormentato e tortuoso, mortificato dall'attrazione per un altro e diviso dalla Guerra Civile americana, qui così dettagliatamente rappresentata. Il sud perderà e con lui i sudisti, costretti a far la fame sulle macerie di quella che una volta era il fiore della loro società. Il cuore di Rossella, incapace di battere che per l'insipido Ashley, sarà indurito dalla perdita di tutto, a partire dall'innocenza. Testarda e vizia lo rimarrà.
Il quadro che Margaret Mitchell incornicia nel suo primo ed unico romanzo pubblicato in vita è così riportato sullo schermo disponendo di una durata impensabile per un film oggi, ovvero 238 minuti di puro evento cinematografico: le tre fasi principali della vita di Rossella (agio sociale nella prima parte, perdita di tutto a causa della guerra nella seconda e lotta per riconquistare dignità e soldi nella terza) sono minuziosamente narrate dalla sceneggiatura, che non risparmia un dettaglio che sia uno allo spettatore. Chi ama i colossal in costume non potrà che apprezzare.
Affetto nostalgico e cultura popolare a parte, comunque, "Gone with the Wind" va ricordato anche per numerosi altri aspetti che coinvolgono l'innovazione tecnologica e primati. Innanzitutto la ricostruzione di set, costumi, accongiature; poi l'uso degli effetti speciali (le scene dell'incendio della città di Atlanta sono impressionati e all'avanguardia); da non sottovalutare, l'uso del colore (che ha fruttato a William Cameron Menzies un premio speciale da parte degli Academy Awards per il suo contributo).
Il film si è aggiudicato 8 Oscar tra cui Miglior film, regia e sceneggiatura e ha conquistato anche la statuetta per la Miglior attrice non protagonista Hattie McDaniel, prima afroamiericana a vincere il premio. Quest'ultima batterà la sua compagna di set Olivia de Havilland (Tokyo, 1° luglio 1913), unica attrice di questo film ad essere oggi ancora in vita.
I costi di produzione furono i più alti mai sostenuti a quel tempo - successivamente battuti da "Ben-Hur" - con un budget totale di 3.85 milioni di dollari spesi. Con l'incasso aggiustato tenendo conto dell'inflazione, "Via col vento" è la pellicola che ha incassato di più in tutta la storia del cinema, portandosi a casa qualcosa come 3,301,400,000 di dollari.
Insomma, se una storia d'amore tormentata, un fato altalenante, una gerra civile, una produzione colossale, un cast indimenticabile, un susseguirsi infinito di scene oggi cult, l'incasso cinematografico più alto di tutti i tempi, 8 Oscar e forse il titolo più famoso del cinema non riescono a convincervi, davvero non vi meritate di vedere "Via col vento". Che è, lo ribadisco ancora per l'ultima volta, un capolavoro assoluto. Da vedere e rivedere.
Film 1554 - Gone with the Wind
Box Office: $390 milioni
Consigli: E' uno dei titoli imperdibili che bisogna assolutamente aver visto almeno una volta nella vita. Inoltre è veramente un piacere vedere recitare Vivien Leigh, attrice dotata di un'immensa capacità e profondità (vedere "Un tram che si chiama Desiderio" per credere). Rappresenta quello che una volta era considerato un evento cinematografico ed è in grado di mantere questo status alla perfezione anche oggi. Fantastico.
Parola chiave: "Francamente me ne infischio".
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 671: "Via col vento" (1939) di Victor Fleming (George Cukor, Sam Wood)
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Dite ciò che volete, pensate quello che vi pare, la mia personalissima verità è che "Via col vento" è un ca-po-la-vo-ro e sempre rimarrà tale. Bellissimo, lunghissimo, epicissimo, straziantissimo, curatissimo e tutto ciò che finisce in -issimo. Ergo uno dei colossal cult della storia del cinema mondiale.
Le vicende di Rossella O'Hara e del suo percorso di formazione verso la maturità sono uno step che chiunque ami la settima arte non può esimersi dall'affrontare, perché è semplicemente una delle pietre miliari della cultura popolare dei nostri tempi, prodotto che, a 75 anni dalla sua apparizione, è ancora in grado di suscitare emozioni ed interesse.
Il duo Vivien Leigh-Clark Gable è diventato simbolo dell'amore tormentato e tortuoso, mortificato dall'attrazione per un altro e diviso dalla Guerra Civile americana, qui così dettagliatamente rappresentata. Il sud perderà e con lui i sudisti, costretti a far la fame sulle macerie di quella che una volta era il fiore della loro società. Il cuore di Rossella, incapace di battere che per l'insipido Ashley, sarà indurito dalla perdita di tutto, a partire dall'innocenza. Testarda e vizia lo rimarrà.
Il quadro che Margaret Mitchell incornicia nel suo primo ed unico romanzo pubblicato in vita è così riportato sullo schermo disponendo di una durata impensabile per un film oggi, ovvero 238 minuti di puro evento cinematografico: le tre fasi principali della vita di Rossella (agio sociale nella prima parte, perdita di tutto a causa della guerra nella seconda e lotta per riconquistare dignità e soldi nella terza) sono minuziosamente narrate dalla sceneggiatura, che non risparmia un dettaglio che sia uno allo spettatore. Chi ama i colossal in costume non potrà che apprezzare.
Affetto nostalgico e cultura popolare a parte, comunque, "Gone with the Wind" va ricordato anche per numerosi altri aspetti che coinvolgono l'innovazione tecnologica e primati. Innanzitutto la ricostruzione di set, costumi, accongiature; poi l'uso degli effetti speciali (le scene dell'incendio della città di Atlanta sono impressionati e all'avanguardia); da non sottovalutare, l'uso del colore (che ha fruttato a William Cameron Menzies un premio speciale da parte degli Academy Awards per il suo contributo).
Il film si è aggiudicato 8 Oscar tra cui Miglior film, regia e sceneggiatura e ha conquistato anche la statuetta per la Miglior attrice non protagonista Hattie McDaniel, prima afroamiericana a vincere il premio. Quest'ultima batterà la sua compagna di set Olivia de Havilland (Tokyo, 1° luglio 1913), unica attrice di questo film ad essere oggi ancora in vita.
I costi di produzione furono i più alti mai sostenuti a quel tempo - successivamente battuti da "Ben-Hur" - con un budget totale di 3.85 milioni di dollari spesi. Con l'incasso aggiustato tenendo conto dell'inflazione, "Via col vento" è la pellicola che ha incassato di più in tutta la storia del cinema, portandosi a casa qualcosa come 3,301,400,000 di dollari.
Insomma, se una storia d'amore tormentata, un fato altalenante, una gerra civile, una produzione colossale, un cast indimenticabile, un susseguirsi infinito di scene oggi cult, l'incasso cinematografico più alto di tutti i tempi, 8 Oscar e forse il titolo più famoso del cinema non riescono a convincervi, davvero non vi meritate di vedere "Via col vento". Che è, lo ribadisco ancora per l'ultima volta, un capolavoro assoluto. Da vedere e rivedere.
Film 1554 - Gone with the Wind
Box Office: $390 milioni
Consigli: E' uno dei titoli imperdibili che bisogna assolutamente aver visto almeno una volta nella vita. Inoltre è veramente un piacere vedere recitare Vivien Leigh, attrice dotata di un'immensa capacità e profondità (vedere "Un tram che si chiama Desiderio" per credere). Rappresenta quello che una volta era considerato un evento cinematografico ed è in grado di mantere questo status alla perfezione anche oggi. Fantastico.
Parola chiave: "Francamente me ne infischio".
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lunedì 17 febbraio 2014
Film 670 - Hercules - La leggenda ha inizio
Il cinema gratis della 3 sembrerebbe una benedizione in questo periodo squattrinato. Eppure, visti i film in convenzione, non si direbbe proprio.
Film 670: "Hercules - La leggenda ha inizio" (2014) di Renny Harlin
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Erika, Luigi
Pensieri: Scoprendo solo ora che Gaia Weiss, la protagonista femminile di questo film, ha esordito sul grande schermo grazie all'immagino imperdibile "Bianca come il latte, rossa come il sangue" con Luca Argentero, capisco molte cose a proposito di "Hercules - La leggenda ha inizio".
Altro protagonista insieme a lei nei panni di solo muscolo umano è Kellan Lutz, famoso più che altro per aver preso parte a tutta l'imperdibile saga di "Twilight" e ad altre produzioni pseudo mitologiche come "Immortals", il cui apporto recitativo a questo ennesimo Hercules è pari a quello di Kristen Stewart nella sopracitata saga.
Purtroppo o per fortuna - per loro - l'orrore legato a questo franchise non è imputabile solo all'imbarazzante duo protagonista (che suscita le stesse emozioni dei dolori di stomaco successivi alla digestione di cibo avariato), ma è proprio un insieme di fattori totalmente negativi a decretare lo stato di shock nello spettatore ignaro di approcciarsi a siffatta boiata.
Gli effetti speciali sono degni di una barzelletta; la trama è qualcosa di inesistente e costantemente caratterizzata da buchi narrativi; il risultato finale è un prodotto ridicolo se si pensa che per produrlo sono serviti 70 milioni di dollari (palesemente irrecuperabili). Si scopiazza tutto e malissimo: non c'è lo stile personalissimo di "300", né il phatos de "Il gladiatore" e nemmeno la ludica spensieratezza delle avventure di "Scontro tra titani", nonostante le evidenti maldestre scopiazzature da ognuna di queste pellicole.
Un vero disastro.
Box Office: $35,025,559
Consigli: Non vale la pena di vederlo nemmeno con l'ingresso gratuito. Sciocco, mal recitato, brutto e privo di una benché minima impronta di originalità.
Parola chiave: Zeus.
Trailer
Bengi
Film 670: "Hercules - La leggenda ha inizio" (2014) di Renny Harlin
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Erika, Luigi
Pensieri: Scoprendo solo ora che Gaia Weiss, la protagonista femminile di questo film, ha esordito sul grande schermo grazie all'immagino imperdibile "Bianca come il latte, rossa come il sangue" con Luca Argentero, capisco molte cose a proposito di "Hercules - La leggenda ha inizio".
Altro protagonista insieme a lei nei panni di solo muscolo umano è Kellan Lutz, famoso più che altro per aver preso parte a tutta l'imperdibile saga di "Twilight" e ad altre produzioni pseudo mitologiche come "Immortals", il cui apporto recitativo a questo ennesimo Hercules è pari a quello di Kristen Stewart nella sopracitata saga.
Purtroppo o per fortuna - per loro - l'orrore legato a questo franchise non è imputabile solo all'imbarazzante duo protagonista (che suscita le stesse emozioni dei dolori di stomaco successivi alla digestione di cibo avariato), ma è proprio un insieme di fattori totalmente negativi a decretare lo stato di shock nello spettatore ignaro di approcciarsi a siffatta boiata.
Gli effetti speciali sono degni di una barzelletta; la trama è qualcosa di inesistente e costantemente caratterizzata da buchi narrativi; il risultato finale è un prodotto ridicolo se si pensa che per produrlo sono serviti 70 milioni di dollari (palesemente irrecuperabili). Si scopiazza tutto e malissimo: non c'è lo stile personalissimo di "300", né il phatos de "Il gladiatore" e nemmeno la ludica spensieratezza delle avventure di "Scontro tra titani", nonostante le evidenti maldestre scopiazzature da ognuna di queste pellicole.
Un vero disastro.
Box Office: $35,025,559
Consigli: Non vale la pena di vederlo nemmeno con l'ingresso gratuito. Sciocco, mal recitato, brutto e privo di una benché minima impronta di originalità.
Parola chiave: Zeus.
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domenica 16 febbraio 2014
BAFTAs 2014: streaming e vincitori
Guarda lo streaming della diretta tv dei BAFTA Awards 2014 qui
Watch the ceremony of 2014 BAFTA Awards live telecast here
And here are tonight's nomination list.
Best Film
Nominees:
12 anni schiavo (2013)
American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Gravity (2013)
Philomena (2013)
Alexander Korda Award for Outstanding British Film of the Year
Nominees:
Gravity (2013)
Mandela: Long Walk to Freedom (2013)
Philomena (2013)
Rush (2013/I)
Saving Mr. Banks (2013)
The Selfish Giant (2013)
Best Actor
Nominees:
Christian Bale for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Bruce Dern for Nebraska (2013)
Leonardo DiCaprio for The Wolf of Wall Street (2013)
Chiwetel Ejiofor for 12 anni schiavo (2013)
Tom Hanks for Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Best Actress
Nominees:
Amy Adams for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Sandra Bullock for Gravity (2013)
Cate Blanchett for Blue Jasmine (2013)
Judi Dench for Philomena (2013)
Emma Thompson for Saving Mr. Banks (2013)
Best Supporting Actor
Nominees:
Barkhad Abdi for Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Daniel Brühl for Rush (2013/I)
Bradley Cooper for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Matt Damon for Dietro i candelabri (2013) (TV)
Michael Fassbender for 12 anni schiavo (2013)
Best Supporting Actress
Nominees:
Sally Hawkins for Blue Jasmine (2013)
Jennifer Lawrence for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Julia Roberts for I segreti di Osage County (2013)
Lupita Nyong'o for 12 anni schiavo (2013)
Oprah Winfrey for Lee Daniels' The Butler (2013/I)
David Lean Award for Achievement in Direction
Nominees:
Alfonso Cuarón for Gravity (2013)
Paul Greengrass for Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Steve McQueen for 12 anni schiavo (2013)
David O. Russell for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Martin Scorsese for The Wolf of Wall Street (2013)
Best Screenplay (Original)
Nominees:
American Hustle - L'apparenza inganna (2013): Eric Singer, David O. Russell
Blue Jasmine (2013): Woody Allen
Gravity (2013): Alfonso Cuarón
A proposito di Davis (2013): Joel Coen, Ethan Coen
Nebraska (2013): Bob Nelson
Best Screenplay (Adapted)
Nominees:
Dietro i candelabri (2013) (TV): Richard LaGravenese
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013): Billy Ray
Philomena (2013): Steve Coogan, Jeff Pope
12 anni schiavo (2013): John Ridley
The Wolf of Wall Street (2013): Terence Winter
Best Cinematography
Nominees:
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013): Barry Ackroyd
Gravity (2013): Emmanuel Lubezki
A proposito di Davis (2013): Bruno Delbonnel
Nebraska (2013): Phedon Papamichael
12 anni schiavo (2013): Sean Bobbitt
Best Editing
Nominees:
12 anni schiavo (2013): Joe Walker
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013): Christopher Rouse
Gravity (2013): Mark Sanger
Rush (2013/I): Daniel P. Hanley, Mike Hill
The Wolf of Wall Street (2013): Thelma Schoonmaker
Best Production Design
Nominees:
American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Dietro i candelabri (2013) (TV)
Gravity (2013)
Il grande Gatsby (2013)
12 anni schiavo (2013)
Best Costume Design
Nominees:
American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Dietro i candelabri (2013) (TV)
Il grande Gatsby (2013)
The Invisible Woman (2013)
Saving Mr. Banks (2013)
Original Music
Nominees:
Storia di una ladra di libri (2013): John Williams
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013): Henry Jackman
Gravity (2013): Steven Price
Saving Mr. Banks (2013): Thomas Newman
12 anni schiavo (2013): Hans Zimmer
Best Make Up/Hair
Nominees:
American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Dietro i candelabri (2013) (TV)
Il grande Gatsby (2013)
Lee Daniels' The Butler (2013/I)
Lo Hobbit - La desolazione di Smaug (2013)
Best Sound
Nominees:
Tutto è perduto (2013)
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Gravity (2013)
A proposito di Davis (2013)
Rush (2013/I)
Best Achievement in Special Visual Effects
Nominees:
Gravity (2013)
Lo Hobbit - La desolazione di Smaug (2013)
Iron Man 3 (2013)
Pacific Rim (2013)
Into Darkness - Star Trek (2013)
Best Film not in the English Language
Nominees:
L'atto di uccidere (2012): Joshua Oppenheimer, Signe Byrge Sørensen
La vita di Adele (2013): Abdellatif Kechiche, Brahim Chioua, Vincent Maraval
La grande bellezza (2013): Paolo Sorrentino, Francesca Cima, Nicola Giuliano
Metro Manila (2013): Sean Ellis, Mathilde Charpentier
La bicicletta verde (2012): Haifaa Al-Mansour, Roman Paul, Gerhard Meixner
Best Animated Feature Film
Nominees:
Cattivissimo me 2 (2013)
Monsters University (2013)
Frozen - Il regno di ghiaccio (2013/I)
Best Documentary
Nominees:
L'atto di uccidere (2012)
The Armstrong Lie (2013)
Blackfish (2013)
Tim's Vermeer (2013)
We Steal Secrets: The Story of WikiLeaks (2013)
EE Rising Star Award
Nominees:
Dane DeHaan
George MacKay
Lupita Nyong'o
Will Poulter
Léa Seydoux
Outstanding Debut by a British Writer, Director or Producer
Nominees:
Saving Mr. Banks (2013): Kelly Marcel
Good Vibrations (2012): Colin Carberry, Glenn Patterson
Kieran Evans: Kelly + Victor
For Those in Peril (2013): Paul Wright, Polly Stokes
Shell (2012/I): Scott Graham
Best Short Animation
Nominees:
Everything I Can See From Here (2013): Bjorn-Erik Aschim, Sam Taylor, Friederike Nicolaus
I Am Tom Moody (2012): Ainslie Henderson
Sleeping with the Fishes (2013/II): Yousif Al-Khalifa, Sarah Woolner, James Walker
Best Short Film
Nominees:
Island Queen (2012): Ben Mallaby, Nat Luurtsema
Keeping Up with the Joneses (2013): Michael Pearce, Selina Lim, Megan Rubens
Orbit Ever After (2013): Jamie Magnus Stone, Chee-Lan Chan, Len Rowles
Room 8 (2013): James W. Griffiths, Sophie Venner
Sea View (2013): Anna Duffield, Jane Linfoot
Watch the ceremony of 2014 BAFTA Awards live telecast here
And here are tonight's nomination list.
67th British Academy Film Awards
Best Film
Nominees:
12 anni schiavo (2013)
American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Gravity (2013)
Philomena (2013)
Alexander Korda Award for Outstanding British Film of the Year
Nominees:
Gravity (2013)
Mandela: Long Walk to Freedom (2013)
Philomena (2013)
Rush (2013/I)
Saving Mr. Banks (2013)
The Selfish Giant (2013)
Best Actor
Nominees:
Christian Bale for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Bruce Dern for Nebraska (2013)
Leonardo DiCaprio for The Wolf of Wall Street (2013)
Chiwetel Ejiofor for 12 anni schiavo (2013)
Tom Hanks for Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Best Actress
Nominees:
Amy Adams for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Sandra Bullock for Gravity (2013)
Cate Blanchett for Blue Jasmine (2013)
Judi Dench for Philomena (2013)
Emma Thompson for Saving Mr. Banks (2013)
Best Supporting Actor
Nominees:
Barkhad Abdi for Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Daniel Brühl for Rush (2013/I)
Bradley Cooper for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Matt Damon for Dietro i candelabri (2013) (TV)
Michael Fassbender for 12 anni schiavo (2013)
Best Supporting Actress
Nominees:
Sally Hawkins for Blue Jasmine (2013)
Jennifer Lawrence for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Julia Roberts for I segreti di Osage County (2013)
Lupita Nyong'o for 12 anni schiavo (2013)
Oprah Winfrey for Lee Daniels' The Butler (2013/I)
David Lean Award for Achievement in Direction
Nominees:
Alfonso Cuarón for Gravity (2013)
Paul Greengrass for Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Steve McQueen for 12 anni schiavo (2013)
David O. Russell for American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Martin Scorsese for The Wolf of Wall Street (2013)
Best Screenplay (Original)
Nominees:
American Hustle - L'apparenza inganna (2013): Eric Singer, David O. Russell
Blue Jasmine (2013): Woody Allen
Gravity (2013): Alfonso Cuarón
A proposito di Davis (2013): Joel Coen, Ethan Coen
Nebraska (2013): Bob Nelson
Best Screenplay (Adapted)
Nominees:
Dietro i candelabri (2013) (TV): Richard LaGravenese
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013): Billy Ray
Philomena (2013): Steve Coogan, Jeff Pope
12 anni schiavo (2013): John Ridley
The Wolf of Wall Street (2013): Terence Winter
Best Cinematography
Nominees:
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013): Barry Ackroyd
Gravity (2013): Emmanuel Lubezki
A proposito di Davis (2013): Bruno Delbonnel
Nebraska (2013): Phedon Papamichael
12 anni schiavo (2013): Sean Bobbitt
Best Editing
Nominees:
12 anni schiavo (2013): Joe Walker
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013): Christopher Rouse
Gravity (2013): Mark Sanger
Rush (2013/I): Daniel P. Hanley, Mike Hill
The Wolf of Wall Street (2013): Thelma Schoonmaker
Best Production Design
Nominees:
American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Dietro i candelabri (2013) (TV)
Gravity (2013)
Il grande Gatsby (2013)
12 anni schiavo (2013)
Best Costume Design
Nominees:
American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Dietro i candelabri (2013) (TV)
Il grande Gatsby (2013)
The Invisible Woman (2013)
Saving Mr. Banks (2013)
Original Music
Nominees:
Storia di una ladra di libri (2013): John Williams
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013): Henry Jackman
Gravity (2013): Steven Price
Saving Mr. Banks (2013): Thomas Newman
12 anni schiavo (2013): Hans Zimmer
Best Make Up/Hair
Nominees:
American Hustle - L'apparenza inganna (2013)
Dietro i candelabri (2013) (TV)
Il grande Gatsby (2013)
Lee Daniels' The Butler (2013/I)
Lo Hobbit - La desolazione di Smaug (2013)
Best Sound
Nominees:
Tutto è perduto (2013)
Captain Phillips - Attacco in mare aperto (2013)
Gravity (2013)
A proposito di Davis (2013)
Rush (2013/I)
Best Achievement in Special Visual Effects
Nominees:
Gravity (2013)
Lo Hobbit - La desolazione di Smaug (2013)
Iron Man 3 (2013)
Pacific Rim (2013)
Into Darkness - Star Trek (2013)
Best Film not in the English Language
Nominees:
L'atto di uccidere (2012): Joshua Oppenheimer, Signe Byrge Sørensen
La vita di Adele (2013): Abdellatif Kechiche, Brahim Chioua, Vincent Maraval
La grande bellezza (2013): Paolo Sorrentino, Francesca Cima, Nicola Giuliano
Metro Manila (2013): Sean Ellis, Mathilde Charpentier
La bicicletta verde (2012): Haifaa Al-Mansour, Roman Paul, Gerhard Meixner
Best Animated Feature Film
Nominees:
Cattivissimo me 2 (2013)
Monsters University (2013)
Frozen - Il regno di ghiaccio (2013/I)
Best Documentary
Nominees:
L'atto di uccidere (2012)
The Armstrong Lie (2013)
Blackfish (2013)
Tim's Vermeer (2013)
We Steal Secrets: The Story of WikiLeaks (2013)
EE Rising Star Award
Nominees:
Dane DeHaan
George MacKay
Lupita Nyong'o
Will Poulter
Léa Seydoux
Outstanding Debut by a British Writer, Director or Producer
Nominees:
Saving Mr. Banks (2013): Kelly Marcel
Good Vibrations (2012): Colin Carberry, Glenn Patterson
Kieran Evans: Kelly + Victor
For Those in Peril (2013): Paul Wright, Polly Stokes
Shell (2012/I): Scott Graham
Best Short Animation
Nominees:
Everything I Can See From Here (2013): Bjorn-Erik Aschim, Sam Taylor, Friederike Nicolaus
I Am Tom Moody (2012): Ainslie Henderson
Sleeping with the Fishes (2013/II): Yousif Al-Khalifa, Sarah Woolner, James Walker
Best Short Film
Nominees:
Island Queen (2012): Ben Mallaby, Nat Luurtsema
Keeping Up with the Joneses (2013): Michael Pearce, Selina Lim, Megan Rubens
Orbit Ever After (2013): Jamie Magnus Stone, Chee-Lan Chan, Len Rowles
Room 8 (2013): James W. Griffiths, Sophie Venner
Sea View (2013): Anna Duffield, Jane Linfoot
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venerdì 14 febbraio 2014
Film 669 - Philomena
Sempre più vicini agli Oscar, continuo la visione delle pellicole in nomination con molta curiosità e interesse.
Film 669: "Philomena" (2013) di Stephen Frears
Visto: dal computer di Luigi
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno (Luigi dormiva)
Pensieri: Judi Dench è assolutamente una delle migliori attrici in circolazione, in grado di passare dalla Regina Elisabetta I, alla M della maggior parte dei Bond fino a questo "Philomena" con grazia, verosimiglianza e soprattutto talento. Meriterebbe molto di più che quel misero Oscar per la sua rapidissima partecipazione a "Shakespeare in Love", ma è già qualcosa che le abbiano conferito questo premio, non sempre garantito agli outsiders come lei.
Anche per questa pellicola, naturale, la Dench ottiene una candidatura - la settima della sua carriera - e porta a casa numerosissime ottime critiche per la sua interpretazione della vera e ancora viva Philomena Lee e della triste storia che ha dovuto subire. La Lee, infatti, si è vista portare via suo figlio dalle suore del convento di Roscrea presso cui era ospitata insieme ad altre ragazze madri. Dopo un paio d'anni in cui il bambino è rimasto presso la struttura, è poi stato portato via da una famiglia americana. Si scoprirà, attraverso le indagini di Martin Sixsmith (interpretato da Steve Coogan, anche sceneggiatore), incaricato da Philomena di scrivere la sua storia, che le suore non solo impedivano alle madri di stare con i figli e poi li facevano adottare da altre famiglie, ma li vendevano a tutti gli effetti. E, nel momento in cui madre o figlio tornavano al convento per chiedere informazioni o notizie del parente, queste tenevano i due separati per nascondere, naturalmente, la verità dietro le adozioni.
La ferocia dimostrata dalle sorelle, teoricamente depositarie di una misericordia che si supporrebbe illuminante, credo sia l'aspetto più devastante da affrontare qui. La gentilezza, l'umiltà e la semplicità di Philomena sono qualcosa che riscatta il genere umano quando compie tali barbarie, ma, nell'ambiente che più di tutti dovrebbe essere consacrato al perdono e alla comprensione, rimane il fatto che si commettesse l'atrocità di separare la madre dal proprio bambino per questione di soldi. E ritengo sia una vergogna impossibile da cancellare. La protagonista di questa triste storia, ingenua ma profondamente buona, sarà la vera luce di Roscrea, in grado di dimostrare alle sorelle - in particolare a suor Hildegarde - cosa voglia dire perdonare. Dico dimostrare e non insegnare poiché trovo improbabile che le religiose abbiano realmente appreso qualcosa dalla gentilezza di Philomena.
Personali riflessioni a parte, rimane una pellicola che racconta fatti realmente - e recentemente, purtroppo - accaduti, lasciando tristezza e sconforto per l'azione di un gruppo di persone incapaci di concepire esistenze differenti dalla loro concezione di rettitudine se non attraverso punizione e mortificazione. Il percorso dell'anziana protagonista, fatto di paure, dubbi e ripensamenti, è ben narrato e la personalità dei due protagonisti, così agli antipodi, è resa benissimo sia attraverso la sceneggiatura che attraverso la capacità di Dench e Coogan. Anche se non posso dire che la pellicola in sé mi abbia tanto entusiasmato da ritenere meriti l'Oscar come Miglior film (le altre candidature sono per Miglior attrice protagonista, sceneggiatura e colonna sonora), la storia che racconta è stata in grado di farmi riflettere, riportando alla mente altri durissimi esempi cinematografici sull'argomento (un esempio su tutti: "Magdalene").
Box Office: $70,008,348
Consigli: E' una bellicola incentrata su temi fortissimi e difficilissimi da digerire. Man mano che la storia procede e le vicende raccontate si fanno sempre più amare non sarà facile rimanere saldi a una qualche sorta di fede, come invece sarà in grado di fare Philomena.
Ottime interpretazioni di Judi Dench, Steve Coogan, bellissima colonna sonora di Alexandre Desplat, autore ormai dall'inconfondibile elegantissmo stile.
Parola chiave: Anthony.
Trailer
Bengi
Film 669: "Philomena" (2013) di Stephen Frears
Visto: dal computer di Luigi
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno (Luigi dormiva)
Pensieri: Judi Dench è assolutamente una delle migliori attrici in circolazione, in grado di passare dalla Regina Elisabetta I, alla M della maggior parte dei Bond fino a questo "Philomena" con grazia, verosimiglianza e soprattutto talento. Meriterebbe molto di più che quel misero Oscar per la sua rapidissima partecipazione a "Shakespeare in Love", ma è già qualcosa che le abbiano conferito questo premio, non sempre garantito agli outsiders come lei.
Anche per questa pellicola, naturale, la Dench ottiene una candidatura - la settima della sua carriera - e porta a casa numerosissime ottime critiche per la sua interpretazione della vera e ancora viva Philomena Lee e della triste storia che ha dovuto subire. La Lee, infatti, si è vista portare via suo figlio dalle suore del convento di Roscrea presso cui era ospitata insieme ad altre ragazze madri. Dopo un paio d'anni in cui il bambino è rimasto presso la struttura, è poi stato portato via da una famiglia americana. Si scoprirà, attraverso le indagini di Martin Sixsmith (interpretato da Steve Coogan, anche sceneggiatore), incaricato da Philomena di scrivere la sua storia, che le suore non solo impedivano alle madri di stare con i figli e poi li facevano adottare da altre famiglie, ma li vendevano a tutti gli effetti. E, nel momento in cui madre o figlio tornavano al convento per chiedere informazioni o notizie del parente, queste tenevano i due separati per nascondere, naturalmente, la verità dietro le adozioni.
La ferocia dimostrata dalle sorelle, teoricamente depositarie di una misericordia che si supporrebbe illuminante, credo sia l'aspetto più devastante da affrontare qui. La gentilezza, l'umiltà e la semplicità di Philomena sono qualcosa che riscatta il genere umano quando compie tali barbarie, ma, nell'ambiente che più di tutti dovrebbe essere consacrato al perdono e alla comprensione, rimane il fatto che si commettesse l'atrocità di separare la madre dal proprio bambino per questione di soldi. E ritengo sia una vergogna impossibile da cancellare. La protagonista di questa triste storia, ingenua ma profondamente buona, sarà la vera luce di Roscrea, in grado di dimostrare alle sorelle - in particolare a suor Hildegarde - cosa voglia dire perdonare. Dico dimostrare e non insegnare poiché trovo improbabile che le religiose abbiano realmente appreso qualcosa dalla gentilezza di Philomena.
Personali riflessioni a parte, rimane una pellicola che racconta fatti realmente - e recentemente, purtroppo - accaduti, lasciando tristezza e sconforto per l'azione di un gruppo di persone incapaci di concepire esistenze differenti dalla loro concezione di rettitudine se non attraverso punizione e mortificazione. Il percorso dell'anziana protagonista, fatto di paure, dubbi e ripensamenti, è ben narrato e la personalità dei due protagonisti, così agli antipodi, è resa benissimo sia attraverso la sceneggiatura che attraverso la capacità di Dench e Coogan. Anche se non posso dire che la pellicola in sé mi abbia tanto entusiasmato da ritenere meriti l'Oscar come Miglior film (le altre candidature sono per Miglior attrice protagonista, sceneggiatura e colonna sonora), la storia che racconta è stata in grado di farmi riflettere, riportando alla mente altri durissimi esempi cinematografici sull'argomento (un esempio su tutti: "Magdalene").
Box Office: $70,008,348
Consigli: E' una bellicola incentrata su temi fortissimi e difficilissimi da digerire. Man mano che la storia procede e le vicende raccontate si fanno sempre più amare non sarà facile rimanere saldi a una qualche sorta di fede, come invece sarà in grado di fare Philomena.
Ottime interpretazioni di Judi Dench, Steve Coogan, bellissima colonna sonora di Alexandre Desplat, autore ormai dall'inconfondibile elegantissmo stile.
Parola chiave: Anthony.
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lunedì 10 febbraio 2014
Film 668 - I dieci comandamenti
Questi sì che sono i film che si devono vedere almeno una volta nella vita! E colossal sia!
Film 668: "I dieci comandamenti" (1956) di Cecil B. DeMille
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Un carrozzone delle meraviglie ricolmo di sfarzo, gioiellini tecnologici, set faraonici (letteralmente), grandissime stelle del cinema (Charlton Heston, Yul Brynner, Anne Baxter), una storia tratta dal libro più venduto di tutti i tempi, grandi pretese di verità, stereotipi a non finire, elementi kitsch, amori, disavventure, conversioni, verdognoli gas mortali, schiavitù, emancipazione, persecuzione, falsi idoli e tavole di pietra scritte dal fuoco. C'è tutto quello che si possa desiderare in questo prodotto cinematografico, sforzo sovrumano di produzione per il pubblico generalista che, all'epoca, non ha tardato a ricompensare l'immenso lavoro di Cecil B. DeMille.
220 minuti di film sono qualcosa di apparentemente inaffrontabile per l'uomo moderno, eppure una volta si portava nelle sale la gente anche con titoli come questo, riuscendo nell'impresa di incassare tanto e lasciar pienamente soddisfatto il pubblico.
Visto con occhi moderni "I dieci comandamenti" è una pellicola ingenua che si basa troppo su una caratterizzazione dei personaggi legata a fede, miti o leggende ed inevitabilmente da questo punto di vista l'approccio è fallimentare. Mi rendo conto, però, che sia sciocco guardare un film di 58 anni fa utilizzando lo stesso metro di giudizio utilizzato per le pellicole contemporanee, quindi mi limito a dire che, per quanto riguarda l'aspetto tecnico, qui si parla di capolavoro. Effetti speciali per l'epoca grandiosi, maestosi, da noi addirittura impensabili anche solo fino a un ventennio (uhm... decennio?) fa. La necessità di trattare la storia di Mosè dagli albori implica una serie di passaggi pseudo storici che impongono un avanzato uso della tecnologia e, in questo, gli americani sono imbattibili.
Per quanto riguarda la trama, invece, bisogna innanzitutto considerare che non tutti possono necessariamente condividere questa visione così filocattolica delle origini del mondo, quindi va tutto preso con le pinze. Chiaramente, nell'ottica di una disillusione totale nei confronti dell'approccio religioso, tutto quanto è qui raccontato rappresenta nulla più che una storia come un'altra, basata su fantascientifici avvenimenti che hanno dell'incredibile. In alternativa, volendo crederci, la ricostruzione è dettagliata, ma rimane molto superficialmente legata a una serie di visioni della vita che si esprimono attraverso una caratterizzazione piuttosto banale di ogni personaggio. Solo per dire, Mosè è assolutamente buono, assolutamente giusto, assolutamente fedele alla parola di Dio, assolutamente fedele al suo credo, assolutamente determinato a salvare il suo popolo di origine. Con tutta questa tendenza all'assoluto si fatica ad intravedere un barlume di veridicità anche solo parziale.
Ciò detto, rimane che "The Ten Commandments" sia un film assolutamente da vedere almeno una volta nella vita poiché, assieme ad altri titoli cult, rappresenta anche lui a suo modo un'eccellenza umana nel consacrare la creatività all'arte. Può non piacere, in definitiva, ma non si può dire che questo film non abbia in qualche modo influito o influenzato la storia del cinema commerciale moderno.
Ps. 7 nomination all'Oscar - tra cui quella per Miglior film - e una statuetta vinta per i Migliori effetti speciali.
Box Office: $122.7 millioni (l'incasso mondiale, aggiustato tenendo conto dell'inflazione, ammonta a qualcosa come $2,098,600,000)
Consigli: Inevitabilmente è necessario avere molto da dedicare alla visione del film. Sarebbe meglio avere compagnia, perché un po' di commento durante la visione non solo è divertente e piacevole, ma aiuta anche a superare i momenti più lenti o meno interessanti. La trasformazione di Charlton Heston da giovane principe d'Egitto ad allampanato speaker della voce di Dio è tra lo stereotipo dell'uomo saggio e il kitsch, ma l'attore in ogni caso non ne perde in fascino. Anne Baxter da amare dal primo all'ultimo minuto. Lei, ma anche i suoi magnifici outfit fascianti in stile peplum, che hanno senso nell'Egitto faraonico come una t-shirt alla corte del Re Sole.
Parola chiave: Vero Dio.
Trailer
Bengi
Film 668: "I dieci comandamenti" (1956) di Cecil B. DeMille
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Un carrozzone delle meraviglie ricolmo di sfarzo, gioiellini tecnologici, set faraonici (letteralmente), grandissime stelle del cinema (Charlton Heston, Yul Brynner, Anne Baxter), una storia tratta dal libro più venduto di tutti i tempi, grandi pretese di verità, stereotipi a non finire, elementi kitsch, amori, disavventure, conversioni, verdognoli gas mortali, schiavitù, emancipazione, persecuzione, falsi idoli e tavole di pietra scritte dal fuoco. C'è tutto quello che si possa desiderare in questo prodotto cinematografico, sforzo sovrumano di produzione per il pubblico generalista che, all'epoca, non ha tardato a ricompensare l'immenso lavoro di Cecil B. DeMille.
220 minuti di film sono qualcosa di apparentemente inaffrontabile per l'uomo moderno, eppure una volta si portava nelle sale la gente anche con titoli come questo, riuscendo nell'impresa di incassare tanto e lasciar pienamente soddisfatto il pubblico.
Visto con occhi moderni "I dieci comandamenti" è una pellicola ingenua che si basa troppo su una caratterizzazione dei personaggi legata a fede, miti o leggende ed inevitabilmente da questo punto di vista l'approccio è fallimentare. Mi rendo conto, però, che sia sciocco guardare un film di 58 anni fa utilizzando lo stesso metro di giudizio utilizzato per le pellicole contemporanee, quindi mi limito a dire che, per quanto riguarda l'aspetto tecnico, qui si parla di capolavoro. Effetti speciali per l'epoca grandiosi, maestosi, da noi addirittura impensabili anche solo fino a un ventennio (uhm... decennio?) fa. La necessità di trattare la storia di Mosè dagli albori implica una serie di passaggi pseudo storici che impongono un avanzato uso della tecnologia e, in questo, gli americani sono imbattibili.
Per quanto riguarda la trama, invece, bisogna innanzitutto considerare che non tutti possono necessariamente condividere questa visione così filocattolica delle origini del mondo, quindi va tutto preso con le pinze. Chiaramente, nell'ottica di una disillusione totale nei confronti dell'approccio religioso, tutto quanto è qui raccontato rappresenta nulla più che una storia come un'altra, basata su fantascientifici avvenimenti che hanno dell'incredibile. In alternativa, volendo crederci, la ricostruzione è dettagliata, ma rimane molto superficialmente legata a una serie di visioni della vita che si esprimono attraverso una caratterizzazione piuttosto banale di ogni personaggio. Solo per dire, Mosè è assolutamente buono, assolutamente giusto, assolutamente fedele alla parola di Dio, assolutamente fedele al suo credo, assolutamente determinato a salvare il suo popolo di origine. Con tutta questa tendenza all'assoluto si fatica ad intravedere un barlume di veridicità anche solo parziale.
Ciò detto, rimane che "The Ten Commandments" sia un film assolutamente da vedere almeno una volta nella vita poiché, assieme ad altri titoli cult, rappresenta anche lui a suo modo un'eccellenza umana nel consacrare la creatività all'arte. Può non piacere, in definitiva, ma non si può dire che questo film non abbia in qualche modo influito o influenzato la storia del cinema commerciale moderno.
Ps. 7 nomination all'Oscar - tra cui quella per Miglior film - e una statuetta vinta per i Migliori effetti speciali.
Box Office: $122.7 millioni (l'incasso mondiale, aggiustato tenendo conto dell'inflazione, ammonta a qualcosa come $2,098,600,000)
Consigli: Inevitabilmente è necessario avere molto da dedicare alla visione del film. Sarebbe meglio avere compagnia, perché un po' di commento durante la visione non solo è divertente e piacevole, ma aiuta anche a superare i momenti più lenti o meno interessanti. La trasformazione di Charlton Heston da giovane principe d'Egitto ad allampanato speaker della voce di Dio è tra lo stereotipo dell'uomo saggio e il kitsch, ma l'attore in ogni caso non ne perde in fascino. Anne Baxter da amare dal primo all'ultimo minuto. Lei, ma anche i suoi magnifici outfit fascianti in stile peplum, che hanno senso nell'Egitto faraonico come una t-shirt alla corte del Re Sole.
Parola chiave: Vero Dio.
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sabato 8 febbraio 2014
Film 667 - Dallas Buyers Club
Ero sinceramente molto scettico e impreparato rispetto a questo film.
Film 667: "Dallas Buyers Club" (2013) di Jean-Marc Vallée
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Ma che bella, bella sorpresa che è "Dallas Buyers Club"! Entra prepotentemente nella lista dei migliori film della scorsa stagione cinematografica e, devo ammetterlo, è una cosa assolutamente inaspettata!
Matthew McConaughey e Jared Leto trasformano completamente i loro corpi per dar vita a Ron Woodroof e Rayon, improbabili leali amici, entrambi con l'AIDS ed entrambi disperatamente alla ricerca di qualcosa (o qualcuno) che possa curarli. Il destino li farà incontrare quando Ron, incallito cawboy da rodeo dedito a ogni sorta di vizio, dovrà accettare la sua malattia da "finocchio" che lo porterà ad essere un emarginato dipendente da farmaci. Il Messico, grazie a prescrizioni illegali in America, lo farà stare meglio e tornato in patria comincerà un business illegale di farmaci assieme proprio al travestito Rayon. Entrambi sono accomunati da disperazione, emarginazione sociale, una certa dose di tendenza all'autodistruzione e, inevitabilmente, un limite temporale che solo la malattia può influenzare.
Da queste premesse - molto vaghe, perché non voglio veramente rovinare nulla del film a chi volesse vederlo - nasce "Dallas Buyers Club", una pellicola che tratta il tema dell'AIDS dal punto di vista del texano medio anni '80 tutto omofobia ed imposizione dello status di macho. L'amicizia con Rayon sarà tra le cose più paradossali che Ron dovrà affrontare, ma, accettando la sfida, dimostrerà di essere molto di più di uno stereotipo della paura e dell'ignoranza. Quando non si ha niente da perdere si gioca con più audacia.
Una pellicola che mi ha sorpreso e inizialmente non particolarmente coinvolto, tra rodei, cose a tre e tanta di quella cocaina che pareva nevicasse. La svolta inaspettata della trama ha subito destato il mio interesse e non ho più smesso di staccare gli occhi dallo schermo. Le scheletriche trasformazioni dei due attori mi hanno spaventato ed impressionato, riuscendo a farmi realmente immaginare come dovesse essere in quegli anni lottare contro una malattia assoluta e totalmente debilitante con una serie di ciechi tentativi per tentare di sopravviverle. Doloroso e durissimo in certe scene, eppure perfettamente equilibrato nel mostrare ciò che andava mostrato. Credo si possa dire che "Dallas Buyers Club" sia forte e delicato allo stesso tempo.
Non pensavo lo avrei detto, ma a questo punto vedo Matthew McConaughey spingere prepotentemente via Leonardo DiCaprio dal podio dell'Oscar, sia per la difficoltà del ruolo - e la sincerità spiazzante con cui è rappresentato - sia per la trasformazione fisica che ha certamente richiesto un enorme sacrificio. Lo stesso vale per Jared Leto che, però, non ha altri rivali tanto forti nella sua categoria di non protagonisti. Sono molto contento di aver visto questo film perché adesso so che, vincessero entrambi, sarebbe un riconoscimento del tutto meritato.
Ps. Due Golden Globes come Miglior attore protagonista e Miglior attore non protagonista. Agli Academy Awards, invece, il film ha ricevuto 6 nomination tra cui, oltre quelle per i due attori, quella per Miglior film e sceneggiatura originale.
[EDIT]: Un mio ulteriore pensiero a proposito di questo film nella recensione per "IL MURO mag": DALLAS BUYERS CLUB, LA DELICATEZZA DI UN PUGNO NELLO STOMACO
Box Office: $22,586,000
Consigli: Temi forti (AIDS e omofobia sono solo due dei macrotemi) e grandi interpretazioni per una pellicola ben realizzata che spiazza ma piace. Non sarà facile da digerire, eppure credo che la visione valga il tentativo. E' una storia vera.
Parola chiave: AZT.
Trailer
Bengi
Film 667: "Dallas Buyers Club" (2013) di Jean-Marc Vallée
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Ma che bella, bella sorpresa che è "Dallas Buyers Club"! Entra prepotentemente nella lista dei migliori film della scorsa stagione cinematografica e, devo ammetterlo, è una cosa assolutamente inaspettata!
Matthew McConaughey e Jared Leto trasformano completamente i loro corpi per dar vita a Ron Woodroof e Rayon, improbabili leali amici, entrambi con l'AIDS ed entrambi disperatamente alla ricerca di qualcosa (o qualcuno) che possa curarli. Il destino li farà incontrare quando Ron, incallito cawboy da rodeo dedito a ogni sorta di vizio, dovrà accettare la sua malattia da "finocchio" che lo porterà ad essere un emarginato dipendente da farmaci. Il Messico, grazie a prescrizioni illegali in America, lo farà stare meglio e tornato in patria comincerà un business illegale di farmaci assieme proprio al travestito Rayon. Entrambi sono accomunati da disperazione, emarginazione sociale, una certa dose di tendenza all'autodistruzione e, inevitabilmente, un limite temporale che solo la malattia può influenzare.
Da queste premesse - molto vaghe, perché non voglio veramente rovinare nulla del film a chi volesse vederlo - nasce "Dallas Buyers Club", una pellicola che tratta il tema dell'AIDS dal punto di vista del texano medio anni '80 tutto omofobia ed imposizione dello status di macho. L'amicizia con Rayon sarà tra le cose più paradossali che Ron dovrà affrontare, ma, accettando la sfida, dimostrerà di essere molto di più di uno stereotipo della paura e dell'ignoranza. Quando non si ha niente da perdere si gioca con più audacia.
Una pellicola che mi ha sorpreso e inizialmente non particolarmente coinvolto, tra rodei, cose a tre e tanta di quella cocaina che pareva nevicasse. La svolta inaspettata della trama ha subito destato il mio interesse e non ho più smesso di staccare gli occhi dallo schermo. Le scheletriche trasformazioni dei due attori mi hanno spaventato ed impressionato, riuscendo a farmi realmente immaginare come dovesse essere in quegli anni lottare contro una malattia assoluta e totalmente debilitante con una serie di ciechi tentativi per tentare di sopravviverle. Doloroso e durissimo in certe scene, eppure perfettamente equilibrato nel mostrare ciò che andava mostrato. Credo si possa dire che "Dallas Buyers Club" sia forte e delicato allo stesso tempo.
Non pensavo lo avrei detto, ma a questo punto vedo Matthew McConaughey spingere prepotentemente via Leonardo DiCaprio dal podio dell'Oscar, sia per la difficoltà del ruolo - e la sincerità spiazzante con cui è rappresentato - sia per la trasformazione fisica che ha certamente richiesto un enorme sacrificio. Lo stesso vale per Jared Leto che, però, non ha altri rivali tanto forti nella sua categoria di non protagonisti. Sono molto contento di aver visto questo film perché adesso so che, vincessero entrambi, sarebbe un riconoscimento del tutto meritato.
Ps. Due Golden Globes come Miglior attore protagonista e Miglior attore non protagonista. Agli Academy Awards, invece, il film ha ricevuto 6 nomination tra cui, oltre quelle per i due attori, quella per Miglior film e sceneggiatura originale.
[EDIT]: Un mio ulteriore pensiero a proposito di questo film nella recensione per "IL MURO mag": DALLAS BUYERS CLUB, LA DELICATEZZA DI UN PUGNO NELLO STOMACO
Box Office: $22,586,000
Consigli: Temi forti (AIDS e omofobia sono solo due dei macrotemi) e grandi interpretazioni per una pellicola ben realizzata che spiazza ma piace. Non sarà facile da digerire, eppure credo che la visione valga il tentativo. E' una storia vera.
Parola chiave: AZT.
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venerdì 7 febbraio 2014
Film 666 - Matricole Dentro o Fuori
Amo Tina Fey, non potevo perdermi questo suo ritorno al cinema.
Film 666: "Matricole Dentro o Fuori" (2013) di Paul Weitz
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Classica commedia americana dove due nerd per eccellenza come Tina Fey e Paul Rudd se la devono vedere con le ammissioni al college universitario. Lei perché verifica le domande di Princeton, lui perché ha messo in piedi una scuola superiore abbastanza fuori dal comune che più che un liceo sembra una fattoria. Il collegamento tra i due sarà un ragazzino, Jeremiah (Nat Wolff), genietto tra il disadattato e l'autodidatta che John (Rudd) ritiene potrebbe essere il figlio che Portia (la Fey) ha dato in adozione tanto tempo prima. Da questo input si svilupperà tutta la storia, fatta di momentacci strani, situazioni irreali e qualche passaggio divertente. Fino, neanche a dirlo, all'amore.
Quindi i macrotemi toccati da questo "Admission" sono principalmente le relazioni amorose, il lavoro e l'importanza di essere i migliori in quello che si fa (e metterci la passione), i valori fondamentali della vita che passano nel fare - al momento giusto - la cosa giustissima. Non che mi aspettassi un capolavoro assoluto, ma sì, siamo sempre lì.
La vera "novità" di questo prodotto commerciale estremamente filoamericano è quella di presentare un mondo, quello dell'ammissione al college, che francamente non conoscevo. In America fallire il percorso di scelta dell'università può essere un grande momento di mistico sconforto, ergo è possibile pensare addirittura di farci un film. Interessanti le dinamiche sociali che ci stanno dietro, anche se francamente tutta quest'ansia da prestazione a neanche vent'anni di vita mi sembra tendenzialmente pura follia.
Ciò detto, il film è anche più carino della totale inutilità che mi aspettavo. Fey e Rudd sono una bella coppia sullo schermo e la loro goffaggine isterico-sfigata è qualcosa che riesce sempre a catturare il mio favore per loro (più per lei). La grande scuola che è il "Saturday Night Live" riesce ancora a sfornare talenti che noi in Italia nemmeno ci sogniamo.
Insomma, "Matricole Dentro o Fuori" ha il grande disonore di portare un titolo italiano che fa spavento - considerato che il titolo originale "Admission" è perfettamente comprensibile a chiunque -, ma preso per quello che è, risulta essere gradevole e anche talvolta divertente. Ovvero un perfetto prodotto commerciale un pelino sopra la media per certi aspetti (attori e varianti della trama) che tiene compagnia e diverte lo spettatore.
Box Office: $18,007,317
Consigli: Tina Fey e Paul Rudd reggono bene le sorti di una pellicola carina e spensierata a proposito di scuola e scelte di vita. Aiutano a completare un quadro di semi-follia Michael Sheen e una sempre grandissima Lily Tomlin che è un piacere ritrovare in un ruolo comico, disinibito e certo fuori dal comune standard di genitore. Il tutto è divertente e si può guardare tranquillamente in una serata di svago e leggerezza.
Parola chiave: Princeton.
Trailer
Bengi
Film 666: "Matricole Dentro o Fuori" (2013) di Paul Weitz
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Classica commedia americana dove due nerd per eccellenza come Tina Fey e Paul Rudd se la devono vedere con le ammissioni al college universitario. Lei perché verifica le domande di Princeton, lui perché ha messo in piedi una scuola superiore abbastanza fuori dal comune che più che un liceo sembra una fattoria. Il collegamento tra i due sarà un ragazzino, Jeremiah (Nat Wolff), genietto tra il disadattato e l'autodidatta che John (Rudd) ritiene potrebbe essere il figlio che Portia (la Fey) ha dato in adozione tanto tempo prima. Da questo input si svilupperà tutta la storia, fatta di momentacci strani, situazioni irreali e qualche passaggio divertente. Fino, neanche a dirlo, all'amore.
Quindi i macrotemi toccati da questo "Admission" sono principalmente le relazioni amorose, il lavoro e l'importanza di essere i migliori in quello che si fa (e metterci la passione), i valori fondamentali della vita che passano nel fare - al momento giusto - la cosa giustissima. Non che mi aspettassi un capolavoro assoluto, ma sì, siamo sempre lì.
La vera "novità" di questo prodotto commerciale estremamente filoamericano è quella di presentare un mondo, quello dell'ammissione al college, che francamente non conoscevo. In America fallire il percorso di scelta dell'università può essere un grande momento di mistico sconforto, ergo è possibile pensare addirittura di farci un film. Interessanti le dinamiche sociali che ci stanno dietro, anche se francamente tutta quest'ansia da prestazione a neanche vent'anni di vita mi sembra tendenzialmente pura follia.
Ciò detto, il film è anche più carino della totale inutilità che mi aspettavo. Fey e Rudd sono una bella coppia sullo schermo e la loro goffaggine isterico-sfigata è qualcosa che riesce sempre a catturare il mio favore per loro (più per lei). La grande scuola che è il "Saturday Night Live" riesce ancora a sfornare talenti che noi in Italia nemmeno ci sogniamo.
Insomma, "Matricole Dentro o Fuori" ha il grande disonore di portare un titolo italiano che fa spavento - considerato che il titolo originale "Admission" è perfettamente comprensibile a chiunque -, ma preso per quello che è, risulta essere gradevole e anche talvolta divertente. Ovvero un perfetto prodotto commerciale un pelino sopra la media per certi aspetti (attori e varianti della trama) che tiene compagnia e diverte lo spettatore.
Box Office: $18,007,317
Consigli: Tina Fey e Paul Rudd reggono bene le sorti di una pellicola carina e spensierata a proposito di scuola e scelte di vita. Aiutano a completare un quadro di semi-follia Michael Sheen e una sempre grandissima Lily Tomlin che è un piacere ritrovare in un ruolo comico, disinibito e certo fuori dal comune standard di genitore. Il tutto è divertente e si può guardare tranquillamente in una serata di svago e leggerezza.
Parola chiave: Princeton.
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giovedì 6 febbraio 2014
Berlinale 2014 - 64th Berlin International Film Festival
Inizia oggi il 64esimo Festival internazionale del cinema di Berlino con l'anteprima mondiale della nuova pellicola di Wes Anderson, l'attesissimo "The Grand Budapest Hotel".
Una parata all star sul red-carpet inaugurale sarà consentita proprio da questa pellicola che, tra i suoi protagonisti, annovera attori del calibro di Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Jude Law, Harvey Keitel, Bill Murray, Edward Norton, Saoirse Ronan, Léa Seydoux, Jason Schwartzman, Tilda Swinton, Tom Wilkinson e Owen Wilson. La lista è bella lunga. Per gli interessati, streaming live direttamente da red-carpet e press conference di tutte le pellicole presentate nelle 10 giornate al link in giallo.
La manifestazione, che comincerà alle 19:30 di oggi, proseguirà fino al 16 febbraio e incoronerà, oltre il film che vincerà l'Orso d'Oro 2014, anche i vincitori nelle categorie Panorama e Berlinale Special Galas (in cui "American Hustle" di David O. Russell è in competizione); saranno inoltre offerte le anteprime fuori concorso delle pellicole "Monuments Men" di George Clooney, "Nymphomaniac" di Lars von Trier e "La bella e la bestia" di Christophe Gans. L'Orso d'Oro alla carriera quest'anno andrà al regista inglese Ken Loach.
La giuria è composta da James Schamus (Presidente di giuria), Barbara Broccoli, Trine Dyrholm, Mitra Farahani, Greta Gerwig, Michel Gondry, Tony Leung, e Christoph Waltz mentre i film in concorso per l'Orso d'Oro sono (nell'ordine titolo in inglese, titolo originale, regista e Paese d'origine della pellicola):
"'71" ('71) - di Yann Demange, United Kingdom
"Life of Riley" (Aimer, boire et chanter) - di Alain Resnais, France
"Aloft" (Aloft) - di Claudia Llosa, Spain, Canada, France
"Die geliebten Schwestern" (Die geliebten Schwestern) - di Dominik Graf, Germany
"Stratos" (Μικρό Ψάρι Mikro psari) - di Yannis Economides, Greece, Germany, Cyprus
"The Grand Budapest Hotel" (The Grand Budapest Hotel) - di Wes Anderson, United Kingdom, Germany
[EDIT] Vince il 64esimo Festival Internazionale del Cinema di Berlino "Black Coal, Thin Ice" (Cina) di Diao Yinan.
"Black Coal, Thin Ice" (白日焰火 Bai Ri Yan Huo) - di Diao Yinan, China
"Boyhood" (Boyhood) - di Richard Linklater, United States
"The Little House" (小さいおうち Chiisai Ouchi) - di Yoji Yamada, Japan
"History of Fear" (Historia del Miedo) - di Benjamín Naishtat, Argentina, Uruguay, Germany, France
"Jack" (Jack) - di Edward Berger, Germany
"In Order of Disappearance" (Kraftidioten) - di Hans Petter Moland, Norway
"Stations of the Cross" (Kreuzweg) - di Dietrich Brüggemann, Germany
"The Third Side of the River" (La tercera orilla) - di Celina Murga, Argentina, Germany, Netherlands
"Two Men in Town" (La voie de l‘ennemi) - di Rachid Bouchareb, France, Algeria, United States, Belgium
"Macondo" (Macondo) - di Sudabeh Mortezai, Austria
"Praia do Futuro" ( Praia do Futuro) - di Karim Aïnouz, Brazil, Germany
"Blind Massage" (推拿 Tui Na) - di Lou Ye, China, France
"No Man's Land" (無人區 Wu Ren Qu) - di Ning Hao, China
"Inbetween Worlds" (Zwischen Welten) - di Feo Aladag, Germany
Bengi
Una parata all star sul red-carpet inaugurale sarà consentita proprio da questa pellicola che, tra i suoi protagonisti, annovera attori del calibro di Ralph Fiennes, F. Murray Abraham, Mathieu Amalric, Adrien Brody, Willem Dafoe, Jeff Goldblum, Jude Law, Harvey Keitel, Bill Murray, Edward Norton, Saoirse Ronan, Léa Seydoux, Jason Schwartzman, Tilda Swinton, Tom Wilkinson e Owen Wilson. La lista è bella lunga. Per gli interessati, streaming live direttamente da red-carpet e press conference di tutte le pellicole presentate nelle 10 giornate al link in giallo.
La manifestazione, che comincerà alle 19:30 di oggi, proseguirà fino al 16 febbraio e incoronerà, oltre il film che vincerà l'Orso d'Oro 2014, anche i vincitori nelle categorie Panorama e Berlinale Special Galas (in cui "American Hustle" di David O. Russell è in competizione); saranno inoltre offerte le anteprime fuori concorso delle pellicole "Monuments Men" di George Clooney, "Nymphomaniac" di Lars von Trier e "La bella e la bestia" di Christophe Gans. L'Orso d'Oro alla carriera quest'anno andrà al regista inglese Ken Loach.
La giuria è composta da James Schamus (Presidente di giuria), Barbara Broccoli, Trine Dyrholm, Mitra Farahani, Greta Gerwig, Michel Gondry, Tony Leung, e Christoph Waltz mentre i film in concorso per l'Orso d'Oro sono (nell'ordine titolo in inglese, titolo originale, regista e Paese d'origine della pellicola):
64th Berlin International Film Festival
"'71" ('71) - di Yann Demange, United Kingdom
"Life of Riley" (Aimer, boire et chanter) - di Alain Resnais, France
"Aloft" (Aloft) - di Claudia Llosa, Spain, Canada, France
"Die geliebten Schwestern" (Die geliebten Schwestern) - di Dominik Graf, Germany
"Stratos" (Μικρό Ψάρι Mikro psari) - di Yannis Economides, Greece, Germany, Cyprus
"The Grand Budapest Hotel" (The Grand Budapest Hotel) - di Wes Anderson, United Kingdom, Germany
[EDIT] Vince il 64esimo Festival Internazionale del Cinema di Berlino "Black Coal, Thin Ice" (Cina) di Diao Yinan.
"Black Coal, Thin Ice" (白日焰火 Bai Ri Yan Huo) - di Diao Yinan, China
"Boyhood" (Boyhood) - di Richard Linklater, United States
"The Little House" (小さいおうち Chiisai Ouchi) - di Yoji Yamada, Japan
"History of Fear" (Historia del Miedo) - di Benjamín Naishtat, Argentina, Uruguay, Germany, France
"Jack" (Jack) - di Edward Berger, Germany
"In Order of Disappearance" (Kraftidioten) - di Hans Petter Moland, Norway
"Stations of the Cross" (Kreuzweg) - di Dietrich Brüggemann, Germany
"The Third Side of the River" (La tercera orilla) - di Celina Murga, Argentina, Germany, Netherlands
"Two Men in Town" (La voie de l‘ennemi) - di Rachid Bouchareb, France, Algeria, United States, Belgium
"Macondo" (Macondo) - di Sudabeh Mortezai, Austria
"Praia do Futuro" ( Praia do Futuro) - di Karim Aïnouz, Brazil, Germany
"Blind Massage" (推拿 Tui Na) - di Lou Ye, China, France
"No Man's Land" (無人區 Wu Ren Qu) - di Ning Hao, China
"Inbetween Worlds" (Zwischen Welten) - di Feo Aladag, Germany
Bengi
mercoledì 5 febbraio 2014
Film 665 - Ender's Game
Ero curiosissimo di vedere questo film da quando è uscito al cinema qualche mese fa guadagnandosi la posizione #1 al botteghino americano con uno degli esordi più bassi di sempre per un blockbuster ($27.017.351).
Film 665: "Ender's Game" (2013) di Gavin Hood
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Contando le nomination all'Oscar di tutti gli attori protagonisti escluso Asa Butterfield si calcolano qualcosa come 9 candidature e un premio vinto (da Ben Kingsley). Quindi diciamo che la scelta per quanto riguarda il cast sembrerebbe oculata. Infatti non si può certo dire che gli attori difettino di capacità (anche se certi eccessivi trasporti di Abigail Breslin sembrerebbero più adatti a "Un posto al sole") né che si sia risparmiato sugli effetti speciali (110 milioni di dollari investiti nel progetto). Eppure qualcosa non ha funzionato perché la pellicola di fatto non ha incontrato il successo che si sperava fruttasse.
Per quanto mi riguarda le note a sfavore sono un po' per l'anonimo Butterfield che non ha un gran carisma e rappresenta, qui, una rivincita del nerd tira-pugni che proprio non gli si addice e la mancanza di ritmo del film. Per essere una pellicola di fantascienza che tratta di attacchi alieni, astronavi, spazio, allenamenti su basi spaziali, giochi di ruolo e di squadra, sparatorie e compagnia bella, il risultato finale di questo "Ender's Game" è piuttosto piatto poiché non ingrana mai la marcia dell'azione.
La trama in sé, considerati tutti gli elementi elencati sopra, ha anche un certo appeal e desta una curiosità legata alla possibilità di un nuovo franchise di fantascienza che porti sul grande schermo una saga di libri famosa, incentrata su ragazzini a cui sono affidate responsabilità da adulti e che coinvolge lo spettatore tanto da fargli desiderare un secondo capitolo che prosegua la storia. E, invece, qui non succede. Anzi, si arriva al finale - che pure è un po' a sorpresa - con una certa lentezza che non aiuta, anche a causa di tutto il training che Ender Wiggin deve sopportare, riportato con abbondanza di particolari e mettendo, di fatto, tutta una serie di step di differentissimo valore narrativo sullo stesso piano. Per dire: sì, abbiamo capito che la Scuola di Guerra è durissima, tostissima, difficilissima, cazzutissima, ecc ecc. A maggior ragione, sforbiciare un po' di quelle scene che legittimino quest'ultimo concetto avrebbe certamente velocizzato la storia verso il vero fulcro narrativo (che invece arriva solo nel finale) senza togliere allo spettatore la capacità di recepire il messaggio. Chiaramente, nell'ottica di trasporre tutta la saga di Orson Scott Card, questo zelo narrativo è funzionale ad una precisione che non scontenti i fan e, di fatto, riempa bene 114 minuti di pellicola altrimenti facilmente riducibili anche a 90.
Anche l'eccessiva certezza da parte del Colonnello Graff di quanto Ender sia speciale alla lunga stanca, soprattutto perché si sa già che l'intuizione finirà per rivelarsi veritiera, quindi è inutile calcare troppo la mano.
In definitiva "Ender's Game" non è un brutto prodotto commerciale, anche se certamente difetta (soprattutto) della questione lentezza. Un po' di 'movimento' in più avrebbe alleggerito la storia - ma chiaramente dovendo rimanere fedeli al libro "Il gioco di Ender" più di tante libertà non si potevano prendere -, di sicuro qualcosa si poteva saltare. Sono apprezzabili gli effetti speciali e, volendo scavare un po' sotto la superficie patinata hollywoodiana, si può anche tentare un approccio con sé stessi alla domanda: è giusto che i bambini siano parte attiva della guerra solo perché questa incombe?
Non è una domanda da poco ed il film non dà assolutamente una risposta, ma l'interrogativo rimane interessante.
Box Office: $112,231,473
Consigli: Si può assolutamente vedere senza alcun ripensamento. La storia nel complesso ha un suo perché, anche se dubito che, considerato lo scarsissimo incasso, riusciremo a vedere il secondo capitolo sul grande schermo che sarebbe tratto da "Il riscatto di Ender".
Parola chiave: Mazer Rackham.
Trailer
Bengi
Film 665: "Ender's Game" (2013) di Gavin Hood
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Contando le nomination all'Oscar di tutti gli attori protagonisti escluso Asa Butterfield si calcolano qualcosa come 9 candidature e un premio vinto (da Ben Kingsley). Quindi diciamo che la scelta per quanto riguarda il cast sembrerebbe oculata. Infatti non si può certo dire che gli attori difettino di capacità (anche se certi eccessivi trasporti di Abigail Breslin sembrerebbero più adatti a "Un posto al sole") né che si sia risparmiato sugli effetti speciali (110 milioni di dollari investiti nel progetto). Eppure qualcosa non ha funzionato perché la pellicola di fatto non ha incontrato il successo che si sperava fruttasse.
Per quanto mi riguarda le note a sfavore sono un po' per l'anonimo Butterfield che non ha un gran carisma e rappresenta, qui, una rivincita del nerd tira-pugni che proprio non gli si addice e la mancanza di ritmo del film. Per essere una pellicola di fantascienza che tratta di attacchi alieni, astronavi, spazio, allenamenti su basi spaziali, giochi di ruolo e di squadra, sparatorie e compagnia bella, il risultato finale di questo "Ender's Game" è piuttosto piatto poiché non ingrana mai la marcia dell'azione.
La trama in sé, considerati tutti gli elementi elencati sopra, ha anche un certo appeal e desta una curiosità legata alla possibilità di un nuovo franchise di fantascienza che porti sul grande schermo una saga di libri famosa, incentrata su ragazzini a cui sono affidate responsabilità da adulti e che coinvolge lo spettatore tanto da fargli desiderare un secondo capitolo che prosegua la storia. E, invece, qui non succede. Anzi, si arriva al finale - che pure è un po' a sorpresa - con una certa lentezza che non aiuta, anche a causa di tutto il training che Ender Wiggin deve sopportare, riportato con abbondanza di particolari e mettendo, di fatto, tutta una serie di step di differentissimo valore narrativo sullo stesso piano. Per dire: sì, abbiamo capito che la Scuola di Guerra è durissima, tostissima, difficilissima, cazzutissima, ecc ecc. A maggior ragione, sforbiciare un po' di quelle scene che legittimino quest'ultimo concetto avrebbe certamente velocizzato la storia verso il vero fulcro narrativo (che invece arriva solo nel finale) senza togliere allo spettatore la capacità di recepire il messaggio. Chiaramente, nell'ottica di trasporre tutta la saga di Orson Scott Card, questo zelo narrativo è funzionale ad una precisione che non scontenti i fan e, di fatto, riempa bene 114 minuti di pellicola altrimenti facilmente riducibili anche a 90.
Anche l'eccessiva certezza da parte del Colonnello Graff di quanto Ender sia speciale alla lunga stanca, soprattutto perché si sa già che l'intuizione finirà per rivelarsi veritiera, quindi è inutile calcare troppo la mano.
In definitiva "Ender's Game" non è un brutto prodotto commerciale, anche se certamente difetta (soprattutto) della questione lentezza. Un po' di 'movimento' in più avrebbe alleggerito la storia - ma chiaramente dovendo rimanere fedeli al libro "Il gioco di Ender" più di tante libertà non si potevano prendere -, di sicuro qualcosa si poteva saltare. Sono apprezzabili gli effetti speciali e, volendo scavare un po' sotto la superficie patinata hollywoodiana, si può anche tentare un approccio con sé stessi alla domanda: è giusto che i bambini siano parte attiva della guerra solo perché questa incombe?
Non è una domanda da poco ed il film non dà assolutamente una risposta, ma l'interrogativo rimane interessante.
Box Office: $112,231,473
Consigli: Si può assolutamente vedere senza alcun ripensamento. La storia nel complesso ha un suo perché, anche se dubito che, considerato lo scarsissimo incasso, riusciremo a vedere il secondo capitolo sul grande schermo che sarebbe tratto da "Il riscatto di Ender".
Parola chiave: Mazer Rackham.
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martedì 4 febbraio 2014
Film 664 - Elizabeth: The Golden Age
Mi era tornata voglia di vederlo soprattutto perché di recente ho letto "Maria Stuart" di Friedrich Schiller e in moltissimi momenti mi sono venuti alla mente passaggi di questa pellicola.
Film 664: "Elizabeth: The Golden Age" (2007) di Shekhar Kapur
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: La Maria Stuarda di Schiller è molto diversa da quella che Samantha Morton rappresenta qui e mi piaceva l'idea di un paragone che fosse quanto più preciso possibile grazie ad un ricordo ancora fresco dell'opera teatrale. Marie a parte, comunque, la grandissima Cate Blanchett - alla sua sesta nomination quest'anno e in odore di secondo Oscar per "Blue Jasmine" - si distingue sempre per la qualità del suo mestiere ed oscura ampiamente chi le sta intorno. Non lo dico perché è la mia preferita in assoluto, ma perché è impossibile dire altrimenti. Una grandissima interprete che riesce a rivestire praticamente qualunque tipo di ruolo: è un grande dono che rende piacevolissimo seguire i passi della sua carriera.
Questo film, in particolare, è sempre bello da rivedere per numerosi motivi: sia perché è il seguito dell'altro, bellissimo, "Elizabeth", sia per l'interpretazione della sua protagonista, ma anche per una numerosa serie di aspetti solo apparentemente collaterali. Innanzitutto la storia è molto interessante e segue le vicende politiche di due nazioni rivali che non solo si contendono spazi territoriali, ma anche quelli religiosi (cattolici vs protestanti); poi la ricostruzione dell'estetica del tempo è molto curata grazie ai bellissimi costumi di Alexandra Byrne (Oscar per questo film), i set di Richard Roberts e la fotografia di Remi Adefarasin, veramente affascinante. La ricerca dell'immagine è molto ben costruita e si vede chiaramente che vi è un'ideale estetico prestabilito che segue tutta la realizzazione della pellicola. L'ottimo accompagnamento musicale di Craig Armstrong e A.R. Rahman (lo stesso di "The Millionaire") fa il resto.
Nell'insieme mi rendo conto che questo sequel a 9 anni di distanza dal primo sia più debole del suo predecessore - vi è una minor razionalità e l'attenzione è molto spesso rivolta più che altro agli aspetti sentimentali -, ma ritengo sia comunque un buon prodotto di classe e gusto, oltre che in grado di rendere giustizia ad un grande personaggio storico (chiaro, le inesattezze ci sono anche qui). Sempre bello da rivedere.
Ps. $74,237,563 di incasso mondiale.
Film 59 - Elizabeth: The Golden Age
Film 279 - Elizabeth: The Golden Age
Consigli: Interessante, ben recitato e con una cura dell'immagine meticolosa e particolarmente riuscita. Cate Blanchett è sempre un piacere da guardare,
Parola chiave: Invincibile Armata.
Trailer
Bengi
Film 664: "Elizabeth: The Golden Age" (2007) di Shekhar Kapur
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: La Maria Stuarda di Schiller è molto diversa da quella che Samantha Morton rappresenta qui e mi piaceva l'idea di un paragone che fosse quanto più preciso possibile grazie ad un ricordo ancora fresco dell'opera teatrale. Marie a parte, comunque, la grandissima Cate Blanchett - alla sua sesta nomination quest'anno e in odore di secondo Oscar per "Blue Jasmine" - si distingue sempre per la qualità del suo mestiere ed oscura ampiamente chi le sta intorno. Non lo dico perché è la mia preferita in assoluto, ma perché è impossibile dire altrimenti. Una grandissima interprete che riesce a rivestire praticamente qualunque tipo di ruolo: è un grande dono che rende piacevolissimo seguire i passi della sua carriera.
Questo film, in particolare, è sempre bello da rivedere per numerosi motivi: sia perché è il seguito dell'altro, bellissimo, "Elizabeth", sia per l'interpretazione della sua protagonista, ma anche per una numerosa serie di aspetti solo apparentemente collaterali. Innanzitutto la storia è molto interessante e segue le vicende politiche di due nazioni rivali che non solo si contendono spazi territoriali, ma anche quelli religiosi (cattolici vs protestanti); poi la ricostruzione dell'estetica del tempo è molto curata grazie ai bellissimi costumi di Alexandra Byrne (Oscar per questo film), i set di Richard Roberts e la fotografia di Remi Adefarasin, veramente affascinante. La ricerca dell'immagine è molto ben costruita e si vede chiaramente che vi è un'ideale estetico prestabilito che segue tutta la realizzazione della pellicola. L'ottimo accompagnamento musicale di Craig Armstrong e A.R. Rahman (lo stesso di "The Millionaire") fa il resto.
Nell'insieme mi rendo conto che questo sequel a 9 anni di distanza dal primo sia più debole del suo predecessore - vi è una minor razionalità e l'attenzione è molto spesso rivolta più che altro agli aspetti sentimentali -, ma ritengo sia comunque un buon prodotto di classe e gusto, oltre che in grado di rendere giustizia ad un grande personaggio storico (chiaro, le inesattezze ci sono anche qui). Sempre bello da rivedere.
Ps. $74,237,563 di incasso mondiale.
Film 59 - Elizabeth: The Golden Age
Film 279 - Elizabeth: The Golden Age
Consigli: Interessante, ben recitato e con una cura dell'immagine meticolosa e particolarmente riuscita. Cate Blanchett è sempre un piacere da guardare,
Parola chiave: Invincibile Armata.
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lunedì 3 febbraio 2014
Film 663 - Aiuto vampiro
Non che avessi programmato di rivederlo, ma in tv in seconda serata questo era l'unico titolo appetibile...
Film 663: "Aiuto vampiro" (2013) di Paul Weitz
Visto: dalla tv
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Questo primo "Aiuto Vampiro" tratto dalla "Cirque du Freak Trilogy" di Darren Shan non è esattamente esaltante come ti potresti aspettare dal primo episodio di quella che potrebbe diventare una saga remunerativa e divertente. Nonostante il budget da blockbuster (di serie B, ma pur sempre un alto budget) di 40 milioni di dollari, il film e la storia non decollano mai e il risultato è un prodotto carino e spensierato, ma incapace di sollevare interesse nei confronti del progetto.
La storia va a rilento e sembra non succeda mai veramente nulla di che, ci sono troppi personaggi troppo poco approfonditi e manca il ritmo. Il film, nonostante i due protagonisti ragazzini Chris Massoglia (inespressivo) e Josh Hutcherson (già promettente), è tutto sulle capaci spalle di John C. Reilly che dimostra ancora una volta di essere un attore versatile e capace di adattarsi a disparati ruoli in disparati generi (qui è un vampiro). E' solo grazie a lui se si arriva alla fine senza morire di noia. Il resto dei protagonisti - tra i più famosi cito solo Salma Hayek, Willem Dafoe, Ken Watanabe e Jane Krakowski - ha parti troppo piccole o caricaturali per risultare incisivo e, inoltre, i freak del titolo sono tali solo perché portano un elemento di disomogeneità rispetto ai soliti prodotti commerciali cui siamo abituati, non tanto perché ci sia un interesse ad analizzare la loro condizione di emarginati o perché si sia interessati ad analizzare la loro comunità o il loro modo di affrontare un'imposta diversità. Quindi, come forse ci si poteva aspettare, i freak sono accessorio di una storia principale che li include solo inizialmente in uno spettacolo teoricamente raccapricciante, ma che più che far paura, mette in piazza una specie di spettacolino del diverso come fonte di stupore e disgusto che, sinceramente, non è granché (anche perché i freak presentano caratteristiche sovraumane e sovrannaturali piuttosto che dei veri e propri 'scherzi di natura').
Insomma, "Cirque du Freak: The Vampire's Assistant" non ha alcun appeal e alla lunga non funziona granché poiché ha una trama che si concentra su troppi aspetti collaterali e fallisce nel momento in cui deve centrare il bersaglio dei temi principali della storia, mancando di brio, senso del ritmo e scene d'azione che si possano definire tali.
Ps. L'incasso mondiale non è stato in grado di coprire nemmeno le spese di produzione: $39,102,650 al box office.
Film 119 - Aiuto vampiro
Consigli: E' un incrocio tra film di serie B: da una parte quelli su vampiri + licantropi + creature misteriose alla "Shadowhunters - Città di ossa", dall'altra quelli con un gruppo di ragazzini da addestrare in una scuola per 'diversamente dotati' alla "Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il mare dei mostri". Anche se questa pellicola è precedente, però, il risultato è inferiore rispetto agli esempi.
Parola chiave: «Il circo dei freak è in città, solo per una notte».
Trailer
Bengi
Film 663: "Aiuto vampiro" (2013) di Paul Weitz
Visto: dalla tv
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Questo primo "Aiuto Vampiro" tratto dalla "Cirque du Freak Trilogy" di Darren Shan non è esattamente esaltante come ti potresti aspettare dal primo episodio di quella che potrebbe diventare una saga remunerativa e divertente. Nonostante il budget da blockbuster (di serie B, ma pur sempre un alto budget) di 40 milioni di dollari, il film e la storia non decollano mai e il risultato è un prodotto carino e spensierato, ma incapace di sollevare interesse nei confronti del progetto.
La storia va a rilento e sembra non succeda mai veramente nulla di che, ci sono troppi personaggi troppo poco approfonditi e manca il ritmo. Il film, nonostante i due protagonisti ragazzini Chris Massoglia (inespressivo) e Josh Hutcherson (già promettente), è tutto sulle capaci spalle di John C. Reilly che dimostra ancora una volta di essere un attore versatile e capace di adattarsi a disparati ruoli in disparati generi (qui è un vampiro). E' solo grazie a lui se si arriva alla fine senza morire di noia. Il resto dei protagonisti - tra i più famosi cito solo Salma Hayek, Willem Dafoe, Ken Watanabe e Jane Krakowski - ha parti troppo piccole o caricaturali per risultare incisivo e, inoltre, i freak del titolo sono tali solo perché portano un elemento di disomogeneità rispetto ai soliti prodotti commerciali cui siamo abituati, non tanto perché ci sia un interesse ad analizzare la loro condizione di emarginati o perché si sia interessati ad analizzare la loro comunità o il loro modo di affrontare un'imposta diversità. Quindi, come forse ci si poteva aspettare, i freak sono accessorio di una storia principale che li include solo inizialmente in uno spettacolo teoricamente raccapricciante, ma che più che far paura, mette in piazza una specie di spettacolino del diverso come fonte di stupore e disgusto che, sinceramente, non è granché (anche perché i freak presentano caratteristiche sovraumane e sovrannaturali piuttosto che dei veri e propri 'scherzi di natura').
Insomma, "Cirque du Freak: The Vampire's Assistant" non ha alcun appeal e alla lunga non funziona granché poiché ha una trama che si concentra su troppi aspetti collaterali e fallisce nel momento in cui deve centrare il bersaglio dei temi principali della storia, mancando di brio, senso del ritmo e scene d'azione che si possano definire tali.
Ps. L'incasso mondiale non è stato in grado di coprire nemmeno le spese di produzione: $39,102,650 al box office.
Film 119 - Aiuto vampiro
Consigli: E' un incrocio tra film di serie B: da una parte quelli su vampiri + licantropi + creature misteriose alla "Shadowhunters - Città di ossa", dall'altra quelli con un gruppo di ragazzini da addestrare in una scuola per 'diversamente dotati' alla "Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il mare dei mostri". Anche se questa pellicola è precedente, però, il risultato è inferiore rispetto agli esempi.
Parola chiave: «Il circo dei freak è in città, solo per una notte».
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