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venerdì 25 ottobre 2024

Film 2313 - Final Destination

Intro: Halloween si avvicina e continuo a cercare di fare vedere un po' di Horror a Michael. Questa volta sono andato sul sicuro, scegliendo una delle pellicole di paura che preferisco (e ricordo ancora quando la vidi al cinema col mio papà).

Film 2313: "Final Destination" (2000) di James Wong
Visto: dalla tv
Lingua: inglese
Compagnia: Michael
In sintesi: l'avrò visto almeno una decina di volte, eppure non mi stanca mai. Sì, è una boiata e non ha certo ridefinito i canoni del cinema moderno, ma "Final Destination" è uno dei miei 'comfort movies', un titolo su cui ogni tanto torno quando ho bisogno di un horror facile facile, ma godibile.
E poi ho sempre avuto un debole per i disaster movies e qui la premessa (per quanto solo sognata) c'è tutta.
Film 427 - Final Destination
Film 2312 - Final Destination
Film 430 - Final Destination 5
Film 2383 - Final Destination: Bloodlines
Cast: Devon Sawa, Ali Larter, Kerr Smith, Seann William Scott, Kristen Cloke, Chad E. Donella, Brendan Fehr, Amanda Detmer, Tony Todd.
Box Office: $112.9 milioni
Vale o non vale: Fa paura? Mica tanto, però nel suo genere è spassoso. Potrebbe sembrare datato, ma porta bene i suoi 24 anni.
Premi: /
Parola chiave: Aereo.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 29 luglio 2024

Film 2301 - The Miracle Club

Intro: Weekend casalingo (tanto pioveva, sai che novità) all'insegna di non uno, non due, ma bensì tre film. Ecco il secondo.

Film 2301: "The Miracle Club" (2023) di Thaddeus O'Sullivan
Visto: dalla tv
Lingua: inglese
Compagnia: Michael
In sintesi: genuinamente contento di recuperare finalmente questa pellicola che mi ero perso al cinema, devo ammettere che sono rimasto un po' deluso.
Da quello che avevo visto nel trailer, mi era parso di capire che si trattasse di un altro tipo di prodotto, più vicino al genere della commedia, uno di quei titoli british che fanno dello humor il proprio marchio di fabbrica o comunque l'elemento che contraddistingue il prodotto finale da quelli simili precedenti.
Invece, "The Miracle Club" è una pellicola drammatica con annessa morale buonista religiosa. Premesso che, ovviamente, non si tratti esattamente del mio genere, va detto che il salvabile del film sia l'ottimo cast - Laura Linney, Kathy Bates e Maggie Smith in primis, ovvero il motivo principale per cui volevo vedere questo film - in una performance generale che supera certamente la qualità della storia (anche se l'accento irlandese di Kathy Bates non è esattamente riuscito). Insomma, non fosse per il calibro dei propri attori, "The Miracle Club" potrebbe benissimo essere un prodotto per la tv.
Cast: Laura Linney, Kathy Bates, Maggie Smith, Stephen Rea, Agnes O'Casey, Mark O'Halloran, Brenda Fricker.
Box Office: $5.8 milioni
Vale o non vale: Per i fan delle grandi attrici coinvolte, forse può valere la pena dare un'occhiata. Per tutti gli altri, a meno che non interessati alla componente religiosa (il film è ambientato in Irlanda, quindi figuriamoci se non si tirava in ballo la religione), si può tranquillamente lasciare stare.
Premi: /
Parola chiave: Lourdes.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 24 novembre 2023

Film 2221 - Crossroads

Intro: Interrotto il lungo momento dell'horror, mi sono lasciato coinvolgere dalla Britney-mania alla vigilia dell'imperdibile debutto in libreria di "The Woman in Me" che, per l'occasione, ha trainato al cinema il ritorno del debutto attoriale della principessa del pop. Siccome non pensavo che il film sarebbe stato distribuito anche qui a Dublino, ho scelto di rivedere il film in casa, scoprendo poi che, effettivamente, la pellicola è passata anche dalle sale irlandesi...

Film 2221: "Crossroads" (2002) di Tamra Davis
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: avevo visto questo film una sola volta (non al cinema) e ricordo mi avesse lasciato piuttosto deluso, quindi mi sono approcciato a questa seconda visione con una certa diffidenza.
La verità è che "Crossroads", preso per quello che è - ovvero un prodotto figlio del suo tempo, nonché un film senza un finale, o quantomeno il finale più insoddisfacente della storia - è un titolo decente e se paragonato ad altri tentativi di star della musica di affacciarsi al mondo del cinema (vedi "Glitter" con Mariah Carey).
Ci tengo a sottolineare, poi, che a differenza di quanto a gran voce professato dalla critica, Britney Spears non è affatto terribile a recitare e, anzi, mi ha più volte sorpreso. Considerato che la trama non rifugge tematiche impegnative come l'abbandono di un genitore e la gravidanza di una minorenne (additata da tutti come la poco di buono), sono rimasto colpito dalla scelta di Spears di cimentarsi con del materiale che non le richiedesse semplicemente di recitare la parte della giovane e ingenua ragazza di provincia dall'immenso talento che qualcuno inevitabilmente finirà per scoprire. Per quanto anche questa tematiche siano presenti qui, la verità è che sono solo in parte il focus della storia, che invece si concentra più volentieri sui temi dell'amicizia, dell'emancipazione femminile e del credere nel proprio talento per forgiare il proprio destino.
Poi, va detto, il film è incapace di quella profondità emotiva necessaria a portare veramente alla luca questi temi così importanti, però rimane lodevole che l'esordio cinematografico di quella che già all'epoca era un'icona della musica pop si sia manifestato in un film on the road così volutamente diverso rispetto ai tanti altri tentativi delle dive della musica che hanno provato questa strada (la Carey, appunto, ma anche Christina Aguilera e Whitney Houston).
Ribadisco, il risultato finale è tutt'altro che perfetto: il finale, incapace di mantenere le aspettative, finisce per risultare sottotono rispetto al resto della pellicola, la regia è inesperta e la trama in alcuni passaggi è troppo frettolosa e, a volte, palesemente a servizio di quell'immagine di candore e innocenza imposta alla Spears dal suo managment, però tutto sommato "Crossroads" non è quel disastro cinematografico che alla critica è piaciuto descrivere ai tempi dell'uscita nelle sale. Anche perché, con gli occhi di oggi, questo film è a tutti gli effetti un gioiellino di cultura pop: non solo Britney in veste di attrice, ma Shonda Rhimes ("Grey's Anatomy", "Scandal", "How to Get Away with Murder", "Bridgerton") alla sceneggiatura, Zoe Saldaña ("Avatar", "Star Trek", "Guardians of the Galaxy", "Avengers"), Taryn Manning ("Orange Is the New Black") e Kim Cattrall ("Sex and the City", "Big Trouble in Little China", "Mannequin", "Queer as Folk", "Glamorous") tra le protagoniste e nientemeno che Dido tra gli autori della canzone portante della colonna sonora del film, "I'm Not a Girl, Not Yet a Woman".
Cast: Britney Spears, Anson Mount, Zoe Saldaña, Taryn Manning, Justin Long, Kim Cattrall, Dan Aykroyd.
Box Office: $61.1 milioni
Vale o non vale: Sicuramente non un titolo da recuperare a tutti i costi, ma i fan della Spears dovrebbero apprezzare anche a distanza di 20 anni.
Premi: 2 nomination agli MTV Movie & TV Awards per Miglior attrice esordiente e Miglior abbigliamento per la Spears. Nominato a 8 ai Razzie tra cui per Peggior film, regia, sceneggiatura e canzone originale ("Overprotected"), il film ha vinto per la Peggior attrice protagonista (Spears) e la Peggior canzone originale ("I'm Not a Girl, Not Yet a Woman").
Parola chiave: Audition.
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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 10 ottobre 2023

Film 2204 - Joy Ride

Intro: Dopo aver letto critiche molto positive sul progetto, ero curioso di recuperare questa commedia. E sera, alla prima occasione, me la sono vista.

Film 2204: "Joy Ride" (2023) di Adele Lim
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: non che questa pellicola non sia divertente, per carità, però come al solito leggere prima le critiche un po' guasta l'effetto sorpresa e, devo ammettere, da "Joy Ride" mi aspettavo qualcosa di più.
Invece, per un motivo o per un altro, il film ne ricorda tanti altri che abbiamo già visto - in particolare "Girls Trip" - e la sensazione è che, a parte per qualche battuta spinta e il contesto culturale differente rispetto ad altri prodotti simili, di fatto questa non sia altro che la stessa storia raccontata in maniera leggermente diversa.
Tutto sommato, comunque, il risultato finale è godibile e anche se i personaggi non sono particolarmente innovativi - la parte di Lolo (Sherry Cola) 5 anni fa sarebbe andata ad Awkwafina - è stato comunque un piacere ritrovare Stephanie Hsuin dopo il gigantesco successo di "Everything Everywhere All at Once" e la nomination all'Oscar (e il ruolo in "American Born Chinese").
Cast: Ashley Park, Sherry Cola, Stephanie Hsu, Sabrina Wu, Ronny Chieng, Annie Mumolo, Daniel Dae Kim, Baron Davis.
Box Office: $15.2 milioni
Vale o non vale: Carico e sufficientemente caotico da risultare simpatico. Interessante la cornice asiatica che dà un tocco più personale ad una trama che, altrimenti, avrebbe finito per propinare la stessa solfa per l'ennesima volta (il viaggio alla ricerca di sé e della madre che abbandona lo ha fatto anche Britney Spears in "Crossroads"...). Buono per una serata a cervello spento.
Premi: /
Parola chiave: Madre biologica.
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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 4 dicembre 2022

Film 2149 - Mrs. Harris Goes to Paris

Intro: Volevo vederlo al cinema, ma, tra una cosa e l'altra, abbiamo finito per recuperarlo in streaming.

Film 2149: "Mrs. Harris Goes to Paris" (2022) di Anthony Fabian
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: non esattamente quello che mi aspettavo in termini di trama, "Mrs. Harris Goes to Paris" è stata comunque una piacevole visione.
Delicato nei toni e nei modi, deliziosamente interpretato da una Lesley Manville che nel 2022 abbiamo trovato molto occupata (un paio di settimane fa è approdata su Netflix con "The Crown" dove interpreta la Principessa Margaret), questo film funziona bene e per certi versi ricorda pellicole già viste - cosa che capita specialmente quando si tratta di prodotti che affrontano il tema della moda come quello dominante della storia, vedi "The Devil Wears Prada" o "Cruella" - ma tutto sommato presenta elementi identificativi a sufficienza per fare di questo titolo un esempio a sé stante, piuttosto che l'ennesima fotocopia sul tema. Da questo punto di vista, la caratterizzazione del personaggio fatta da Lesley Manville e il fatto che la storia sia tratta dal libro omonimo degli anni '50 di Paul Gallico sicuramente qui fanno la differenza.
Tutto sommato un prodotto di qualità che trasuda anche una certa classe e sebbene i francesi non ci facciano sempre una bella figura - ah, "Emily in Paris"... - il risultato finale è certamente buono.
Cast: Lesley Manville, Isabelle Huppert, Lambert Wilson, Alba Baptista, Lucas Bravo, Ellen Thomas, Rose Williams, Jason Isaacs.
Box Office: $27.4 milioni
Vale o non vale: Un film delicato ed educato, recitato benissimo (anche se Isabelle Huppert qui viene sfruttata veramente poco e forse non nel modo più appropriato a renderle giustizia) anche se sicuramente non un prodotto per tutti. "Mrs. Harris Goes to Paris" è sicuramente old fashioned e con un tocco nostalgico, quindi non il titolo adatto a qualsiasi pubblico o serata. Per chi ha tempo, pazienza e interesse, sicuramente una pellicola che non mancherà di conquistare.
Premi: /
Parola chiave: Abito.
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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 13 dicembre 2021

Film 2067 - Matthias et Maxime

Intro: Ho visto questo film non tanto perché fossi interessao a recuperarlo, quanto perché è uno dei titoli preferiti dalla persona che, per un po' (o per un attimo), ha riportato un inaspettato sapore romantico nella mia vita. Anche se per poco.

Film 2067: "Matthias et Maxime" (2019) di Xavier Dolan
Visto: dal computer portatile
Lingua: francese, inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: per alcuni aspetti c'è una parte di questa storia con cui sono riuscito a connettermi facilmente (l'omosessualità, il viaggio in cerca di fortuna in Australia), anche se devo dire che per una serie di motivi "Matthias et Maxime" è stato meno d'impatto di quanto mi aspettassi.
Sì, il film è bello e ben recitato ma, innanzitutto, non è "Mommy". E lo so che è difficile fare paragoni e che le storie sono differenti (ma la figura della madre è chiave anche qui), eppure quel primo, scioccante incontro con il mondo di Xavier Dolan rimane ad oggi imbattuto.
Poi il gap della lingua mi ha costretto ad una concentrazione doppia e a l contempo non funzionale, desideroso di seguire le scene (in francese), al contempo necessitando di leggere i sottotitoli (in inglese)... per poi processare tutto in italiano. Insomma, un po' un caos.
Altro elemento non d'aiuto il fatto che, per necessità, la visione è stata spezzata in due, il che ha smorzato pathos e ritmo della narrazione.
Un ultimo fattore, non lo negherò, lo ha rivestito la presenza di Ciarán che, pur non avendomi distratto, ha giocato certamente una parte rilevante. Sono sicuro che sia capitato a tutti di essere un po' distratti da altri pensieri e prime volte che si guarda un film con la persona che ti piace.
Tutto considerato, comunque, "Matthias et Maxime" esplora con sufficiente profondità il rapporto tra i due protagonisti del titolo, amici d'infazia e forse amanti, etero dichiarati eppure capaci di complici sguardi, il tutto incorniciato da una sorta di corsa contro il tempo - Maxime (Dolan) sta per trasferirsi in Australia) -, fragilità e insicurezze - Matthias (D'Almeida Freitas) è sempre in bilico tra il vorrei e il non dovrei, tanto combattuto e schiacciato dal peso del giudizio altrui che rischia di compromettere l'amicizia, se non addirittura l'amore, con l'amico - e abusi che portano dietro cicatrici (la madre di Maxime è alcolizzata).
Insomma, c'è sicuramente tanta carne al fuoco e anche se a volte mi è parso che il film fosse più una sorta di esercizio di stile o un prodotto di Dolan per se stesso e/o i suoi fan, il risultato finale è comunque di qualità e per certi versi d'impatto, considerato che non si possa fare a meno di chiedersi cosa ne sarà di Matthias e Maxime una volta che l'Australia diventerà realtà.
Cast: Gabriel D'Almeida Freitas, Xavier Dolan, Pier-Luc Funk, Samuel Gauthier, Antoine Pilon, Adib Alkhalidey, Anne Dorval, Micheline Bernard, Marilyn Castonguay, Catherine Brunet, Harris Dickinson.
Box Office: $1.8 milioni
Vale o non vale: Non una pellicola per tutti (o tutte le occasioni), ma sicuramente un prodotto per i fan del regista canadese che, anche qui, fa la sua magia (e sicuramente di più che con i suoi titoli fuori patria). L'omosessualità è qui solo un elemento secondario, mentre è l'amicizia a farne da padrone, per una sorta di studio sui rapporti umani, le convenzioni sociali e le aspettative che sentiamo derivarci dagli altri o da certe situazioni in cui ci troviamo. Come dicevo non per tutti, ma non per questo meno di valore.
Premi: In concorso Cannes 2019 per la Palma d'oro e la Queer Palm.
Parola chiave: Lettera di raccomandazione.

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Bengi

mercoledì 8 dicembre 2021

Film 2064 - Blood Red Sky

Intro: Non sapevo neanche dell'esistenza di questa pellicola fino a quando non è salatato fuori che fosse uno tra i titoli Netflix più visti di quest'anno. Non potevo non dare un a possibilità...

Film 2064: "Blood Red Sky" (2021) di Peter Thorwarth
Visto: dal computer portatile
Lingua: tedesco, inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: all'inizio sembra che questo film voglia approcciare il tema vampiresco da una prospettiva (per una volta) differente, quasi matura, raccontando la storia delle difficoltà che questa mamma contagiata dal virus mutante vampiro deve affrontare nella speranza di poter guarire e poter condurre una vita normale assieme al figlio. Poi il tutto prende la solita piega horror/slasher/violenta e ciao ai buoni propositi.
In una sorta di mix tra "Flightplan" e "World War Z", "Blood Red Sky" non prende mai veramente quota, diversamente dall'ambientazione in cui racconta la sua storia. Indeciso si pigiare sull'acceleratore dell'orrore o mantenere quel vago accenno di creatività iniziale portata in campo dalla premessa della storia, la pellicola finisce per risultare l'ennesimo titolo Netflix che non pagheresti mai per vedere al cinema e al contempo ti anestetizza il cervello abbastanza da farti passare una serata qulunque. Niente di più.
Cast: Peri Baumeister, Roland Møller, Chidi Ajufo, Alexander Scheer, Graham McTavish, Dominic Purcell.
Box Office: /
Vale o non vale: Certo non un capolavoro, comunque si lascia guardare e va detto che l'interpretazione disperata di Peri Baumeister regala qualcosa alla sfortunata protagonista (e a noi che seguiamo la storia), ma niente più di questo.
Premi: /
Parola chiave: Terroristi.

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martedì 26 ottobre 2021

Film 2048 - Io, lui, lei e l'asino

Intro: Tornato in Italia per tre settimane tra la fine di agosto e settembre, ricomincio a lavorare per qualche tempo al mio amato Cinema Galliera. Questa la prima pellicola - di cui non avevo mai sentito parlare prima - che ho recuperato comodamente seduto in poltrona e rigorosamente munito di mascherina.

Film 2048: "Io, lui, lei e l'asino" (2020) di Caroline Vignal
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
In sintesi: basato sul percorso descritto nell'opera di Robert Louis Stevenson, "Travels with a Donkey in the Cévennes", questo film racconta in maniera simpatica la storia di una maestra (Laure Calamy) che ha una storia clandestina con il papà (Benjamin Lavernhe) di una delle sue alunne e decide di seguirlo durante la vacanza che l'uomo farà insieme alla sua famiglia che la moglie ha organizzato all'ultimo minuto. Particolare - non da poco - di questa avventura nelle campagne francesi? Il viaggio si farà sulle spalle di un asino.
La commedia di Vignal è piacevole quanto basta a far passare una buona oretta e mezza in compagnia della strana coppia maestra-asino che, bisogna ammettere, funziona piuttosto bene sullo schermo. Il personaggio principale (umano) inizialmente si fa fatica ad apprezzare per una serie di nevrosi e ingenuità che rendono difficile per lo spettatore i tentativi di provare empatia per una così cieca testardaggine e illusione sentimentale. Man mano che la storia procede, però, bisogna ammettere che Antoinette riesce a farsi scoprire più profondamente - anche grazie alla contrapposizione con il padre/amante, un brutto personaggio che non si fatica a disprezzare - per cui non si potrà fare a meno di tifare per lei. Non tanto sulla sfera amorosa (disastrosa), quanto per il suo percorso di formazione che procede di pari passo ai chilometri di viaggio macinati. E, strano a dirsi, all'"aiuto" del quadrupede.
Insomma, "Io, lui, lei e l'asino" non è un capolavoro del cinema moderno francese, ma è certamente un racconto piacevole di una piccola avventura on the road che ha un sapore molto intimo e personale e che dà valore alla riscoperta di sé e al trovare la propria forza per affrontare le sfide della vita (qui in particolare quelle amorose). Personalmente non mi sarei aspettato un tale numero di candidature ai César, ma abbiamo visto prodotti ben peggiori trovare anche maggior riscontro.
Ps. Io licenzierei chiunque della distribuzione italiana abbia deciso di approvare un titolo così imbarazzante, anche considerato che il "lui" cui si fa riferimento ha un ruolo minore all'interno della storia e nel secondo tempo non è nemmeno presente. Detto ciò, il titolo originale è "Antoinette dans les Cévennes".
Cast: Laure Calamy, Benjamin Lavernhe, Olivia Côte, Marc Fraize, Jean-Pierre Martins.
Box Office: $6.3 milioni
Vale o non vale: Simpatico piccolo film francese che, non si sa bene come, riesce a rendere un asino protagonista di tutta la vicenda. Forse il concentrarsi più sulle tappe del viaggio che sull'aspetto amoroso avrebbe aiutato a "vendere" allo spettatore più un'esperienza che una storia, ma tutto sommato "Antoinette dans les Cévennes" lascia soddisfatti.
Premi: Candidato a 8 César 2021 tra cui Miglior film, sceneggiatura, attore non protagonista (Lavernhe) e montaggio, il film ha vinto per la Miglior attrice protagonista (Calamy). In concorso a Cannes 2020.
Parola chiave: Patrick.

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Bengi

giovedì 14 ottobre 2021

Film 1840 - Wild

Intro: Ero curioso di vedere questo film, ma non ne avevo mai avuto l'occasione. E forse è stato meglio così, perché l'ho recuperato con, alle spalle, anni di viaggi e avventure.

Film 1840: "Wild" (2014) di Jean-Marc Vallée
Visto: dalla tv di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Eric
In sintesi: squadra che vince non si cambi(er)a('). In che senso? Beh, di qui a 2 anni Witherspoon produrrà e reciterà in "Big Little Lies" con, al suo fianco, Laura Dern e Jean-Marc Vallée alla regia. Insomma, questa pellicola era soltanto l'inizio.
Devo dire che "Wild" mi è piaciuto, più che altro perché non è stato niente di quello che mi aspettavo. E' totalmente avventuroso e racconta senza troppi fronzoli la storia personale - e vera, tra l'altro - di Cheryl Strayed che molla tutto e si mette a percorrere 1,800 dei 4260km della Pacific Crest Trail. Il tutto a scopo terapeutico (superare il divorzio) e riscoprire se stessa.
Le premesse sembrerebbero moltissimo quelle di "Eat Pray Love" e, invece, l'approccio è - fortuna! - assolutamente differente. Niente glam, niente flirt romantici, niente filosofia di facile consumo e, al contrario, una rappresentazione credibile e consapevole delle fatiche che un tipo di avventura del genere richiede. Specialmente a un'escursionista inesperta come Cheryl.
Spesso crudo, esteticamente coeso (a tratti ricorda "Nomadland") e con una Reese Witherspoon che ci mette tutta se stessa, questo "Wild" è stato una vera sorpresa. Forse non avrei candidato Laura Dern all'Oscar, ma questa è un'altra storia.
Cast: Reese Witherspoon, Laura Dern, Thomas Sadoski, Michiel Huisman, Gaby Hoffmann.
Box Office: $52.5 milioni
Vale o non vale: Più simile a titoli come "127 Hours" (Danny Boyle), "Into the Wild" (Sean Penn) o al recentissimo "Nomadland" (Chloé Zhao) che al glam mainstream di "Eat Pray Love" di Ryan Murphy, "Wild" racconta con lucidità le fatiche fisiche e mentali della sua protagonista senza mancare di regalare allo spettatore non poche, magnifiche vedute.
Premi: Candidato a 2 Oscar per la Migliore attrice protagonista (Witherspoon) e la Miglior attirce non protagonista (Dern). Reese Witherspoon è stata candidata anche al BAFTA e al Golden Globe nella stessa categoria.
Parola chiave: PCT.

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Bengi

venerdì 28 maggio 2021

Film 2011 - Nomadland

Intro: Un mese fa, a ridosso degli Oscar, sono riuscito a recuperare con Bizzy il titolo da battere per la statuetta più ambita: quella per Miglior film.

Film 2011
: "Nomadland" (2020) di Chloé Zhao
Visto: dall'iMac
Lingua: inglese
Compagnia: Bizzy
In sintesi: considerato il successo di critica di questa pellicola e che Chloé Zhao e il film hanno praticamente vinto ogni premio che conta dell'industria cinematografica, ammetto che le aspettative fossero elevatissime. Aspettative assolutamente rispettate.
"Nomadland" è un bellissimo film, potente nel suo essere delicato e assolutamente fedele a se stesso dall'inizio alla fine. Cigliegina sulla torta la presenza di Frances McDormand - qui anche produttrice insieme alla Zhao - che regala un'altra magnifica interpretazione nel ruolo di Fern, una donna che, dopo aver perso tutto durante la recessione economica, decide di vendere praticamente tutto ciò che possiede per acquistare un van in cui vivere e viaggiare alla ricerca di lavori stagionali in giro per l'America. Inno al nomadismo moderno, la storia racconta senza alcun dogmatismo il punto di vista di chi fa questa scelta di vita.
Considerata la mia esperienza australiana di squattrinato backpacker alla ricerca di lavoro, ammetto che questa pellicola ha riportato alla mente tantissimi ricordi legati al mio anno speso on the road, alle tante notti passate nella mia sgangherata Kia Sportage insieme a mia cugina e alle tantissime persone che abbiamo conosciuto durante il cammino. Persone che, come Fern, hanno deciso di lasciare tutto e rimettersi in gioco abbracciando un sistema di valori che al giorno d'oggi non tutti riescono a comprendere.
Questo, in particolare è ciò che ho apprezzato di più di "Nomadland": spiega senza cridare, senza imporre il proprio punto di vista le scelte di un gruppo di persone che, per scelta o predisposizione personale, decidono di impacchettare la loro vita e mettersi in viaggio, non necessariamente alla ricerca di qualcosa o di fortuna. Del resto non è forse il viaggio stesso la parte migliore del raggiungere qualsiasi destinazione?
Cast: Frances McDormand, David Strathairn, Linda May, Charlene Swankie, Bob Wells.
Box Office: $14.4 milioni
Vale o non vale: Visivamente molto bello, interessante per la storia che racconta, "Nomadland" è sicuramente un titolo che vale la pena di recuperare. Senza contare che l'interpretazione di Frances McDormand è - come sempre, del resto - qualcosa di fenomenale. Buon viaggio.
Premi: Vincitore di 3 Oscar per Miglior film, regia e attrice protagonista (McDormand) su 6 nomination (sceneggiatura non originale, montaggio e fotografia); 2 Golden Globe vinti (film, regia) su 4 nomination (sceneggiatura, attrice protagonista) e 4 BAFTA vinti (film, regia, attrice protagonista e fotografia) su 7 categorie (sceneggiatura non originale, montaggio e sonoro). Leone d'Oro a Venezia 2020 per il Miglior film.
Parola chiave: Vanguard.

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Bengi

lunedì 19 aprile 2021

Film 1985 - News of the World

Intro: Appena ho visto comparire questa pellicola su Netflix ho deciso di vederla. Il che, senza volerlo, è stato utile perché un paio di settimane dopo il prof di Sceneggiatura ci ha chiesto di recuperare questo titolo per la consueta discussione settimanale in classe.
Film 1985: "News of the World" (1989) di Paul Greengrass
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese, Kiowa
Compagnia: nessuno
In sintesi: devo ammettere che, pur non essendo un grande fan del genere western, ho molto gradito la visione di questo "News of the World", un prodotto di qualità che vive di due egregi pratoginisti che portano sulle loro spalle tutta la storia (tratta dall'omonimo romanzo di Paulette Jiles).
In particolare, credo che Tom Hanks dimostri qui e per l'ennesima volta la sua versatilità di attore, capace di risultare credibile in qualsiasi contesto lo si faccia recitare. In altri termini, credo sia uno di questi pochi attori capaci sempre di regalare quel qualcosa in più al film di cui sono protagonisti per il semplice fatto della loro presenza e bravura. Con questo non voglio dire che Hanks sia sempre all'altezza delle aspettative - il suo "Larry Crowne" è assolutmente dimenticabile e certi copioni che sceglie lasciano sicuramente perplessi, per esempio "Inferno", "The Circle" o "Cloud Atlas" - ma credo gli vada riconosciuta quella star quality che non tutti, nemmeno certi colleghi di Hollywood, hanno.
Qui in buona compagnia, Hanks si ritrova affiancato dalla 12enne tedesca Helena Zengel che, bisogna ammettere, fa uno spettacolare lavoro nei panni Johanna, ragazzina rapita da infante da un gruppo di nativi americani e poi cresciuta secondo i loro costumi che, al momento in cui viene trovata dal capitano Jefferson Kyle Kidd (Hanks), non sa parlare inglese e cerca in tutti i modi di ritornare dalla sua tribù. Il viaggio che i due intraprenderanno sarà alla volta della vera famiglia di Johanna - o quello che ne è rimasto - per riconsegnare la giovane alla sua vecchia vita anche se, sul cammino, i due protagonisti dovranno affrontare una serie di difficoltà che li porteranno a costruire un legame speciale che, ammetto, è stato un piacere veder rappresentato in questa storia.
Come sempre, qualche appunto che ho trascritto per il corso:

Captain Kidd is the protagonist. At the beginning of this story he is mainly focused on his job (reading newspapers from town to town), which requires him to travel a lot and eventually put him on Johanna's path. 
Becuse of their meeting, his main goal switches as he now wants/has to bring the girl back to her family. When that goal is fulfilled, Kidd's goal changes again, as he decides to go back home and deal with his wife's death. This one is probably a broader story arc that the screenplay wants to explore from the very beginning and the encounter with Johanna is instrumental in pointing him to going back home.
Once he dealt with his past, he's free to move forward and embrace his new goal, which is to go back, free Johanna from her family and start a new life together as a sort of family of thier own. Because of this ending, we can say that Kidd's overall main goal was to make peace with his past and being able to move forward.
The main obstacles presented during the story are: the former Confederate soldiers that want to buy Johanna; people who try to kill or put them in danger during the story; Johanna's surviving family members; in a sense, Kidd himself, as initially he's not pleased he has to bring the girl back to her family.

Cast: Tom Hanks, Helena Zengel, Michael Covino, Fred Hechinger, Neil Sandilands, Thomas Francis Murphy, Ray McKinnon, Mare Winningham, Elizabeth Marvel.
Box Office: $12.6 milioni
Vale o non vale: Non una pellicola per tutte le occasioni, ma sicuramente un prodotto solito che dovrebbe lasciare i fan dei western (in chiave moderna) soddisfatti quanto gli ammiratori di Hanks. Il film ha varie anime e, per molteplici ragioni, ricorda altre pellicole simili ("The Missing", "Appaloosa", "Il Grinta" e tanti altri), anche se la presenza della brava Helena Zengel qui fa la differenza. Da vedere.
Premi: Candidato a 4 Oscar e 4 BAFTA per Miglior sonoro, fotografia, colonna sonora e scenografie. Candidato a 2 Golden Globe per la Miglior attrice non protagonista (Zengel) e Miglior colonna sonora.
Parola chiave: Viaggio.

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sabato 21 novembre 2020

Film 1948 - Poetic Justice

Intro: Continuiamo a nuotare nelle acque del passato con un film di cui non avevo mai sentito parlare. Grazie iMDB!
Film 1948: "Poetic Justice" (1993) di John Singleton
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: pensavo si trattasse più di un titolo simile a "Dangerous Minds" e, invece, "Poetic Justice" è tutto tranne che una storia su scuola, studenti o un'insegnante ispirata.
Janet Jackson è, infatti, una parrucchiera in lutto dopo che ha assistito all'omicidio del fidanzato. Dopo un lunghissimo periodo di vedovanza dal quale parrebbe non riuscire ad uscire, nel giro (letterale) di due giorni troverà in Tupac ragione sufficiente per abbandonare la tristezza e ricominciare a vivere. Come darle torto, del resto.
"Poetic Justice" si presenta con un suo linguaggio interno molto particolare, non esattamente qualcosa a cui sono abituato, per cui ho faticato a dare un senso all'operazione nel suo complesso. Certi elementi da commedia o da storia romantica sono presenti, poi però vengono inseriti contesti socio-economici non approfonditi e un background di vissuto personale che viene dimenticato nel momento in cui incomincia il viaggio dei quattro protagonisti. Per citare un unico esempio: la figlia di Lucky (Tupac) è componente accessorio del personaggio del padre, sappiamo che c'è all'inizio del film, poi nessuno la cita più fino al termine del racconto, momento in cui riappare per assistere ad un bacio infarcito di moltissima passione (lingua) tra il padre e una perfetta sconosciuta che la bambina non ha mai visto prima... L'ho trovata una scelta narrativa quantomeno bizzarra.
Insomma, per quanto mi sia goduto la presenza di una giovane Regina King quale party girl del ghetto con unghie smaltate lunghe un chilometro (che verrà picchiata dal fidanzato mentre Lucky non ci pensa nemmeno un secondo ad intervenire perché non sono affari suoi), non posso dire che questa pellicola mi abbia lasciato nemmeno lontanamente soddisfatto. Tupac è un piacere da guardare e c'è qualcosa nella giovane Jackson che lascia affascinanti, ma il film nel complesso non consegna al pubblico una storia degna delle aspettative. Quello che fa e che, invece, bisogna riconoscerle, è l'aver raccontato una storia d'amore (in termini hollywoodiani, per quanto indipendenti) mettendo al centro del racconto solo personaggi afroamericani. Che negli anni '90 non era certo scontato.
Cast: Janet Jackson, Tupac Shakur, Tyra Ferrell, Regina King, Joe Torry, Tyra Ferrell, Rose Weaver, Billy Zane, Lori Petty, Clifton Collins Jr..
Box Office: $27 milioni
Vale o non vale: Tupac è una sorpresa (ma quelle unghie sporche che schifo!) e Janet se la cava. La storia non è davvero niente di che e anzi perfino troppo implausibile, ma le poesie fanno il loro dovere. Unico momento cult: la carrellata di "fuck you" più lunga che abbia mai visto!
Premi: Candidato all'Oscar e al Golden Globe per la Miglior canzone originale ("Again" cantata da Janet Jackson). Il film ha ricevuto anche 2 nomination ai Razzie, vincendo quello per Peggior star emergente (Jackson, candidata anche come Peggior attrice).
Parola chiave: Posta.
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venerdì 21 agosto 2020

Film 1911 - Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin

Intro: Si continua con la visione al Galliera dei film per la prossima stagione: questa volta ho scelto io.
Film 1911: "Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin" (2019) di Werner Herzog
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Marta, Mattia
In sintesi: il trailer mi aveva catturato per due motivi fondamentali: il film parla della Patagonia, in ordine temporale la parte finale dei miei 2 anni e mezzo di viaggio (ho vissuto 3 mesi ad Ushuaia, la città più a sud del mondo), e, a sorpresa, del popolo indigeno argentino dei Selk'nam, di cui mi sono tatuato sulla caviglia la figura di un indigeno vestito secondo i costumi locali.
Nonostante non sapessi nulla di Bruce Chatwin e della sua opera, è chiaro che questo documentario mi abbia attirato dal primo istante, incuriosendomi non poco rispetto alla storia di un viaggio, una vita e un'amicizia di cui mi pareva ci fosse molto su cui parlare.
La realtà è che "Nomad: In the Footsteps of Bruce Chatwin" è un prodotto che se la canta e se la suona da solo, con Herzog - qui anche cantilenante narratore - che pensa più che altro a mettere in scena le fasi dell'amicizia che lo ha stretto a Chatwin in una glorificazione totale che, anche se affonda le sue considerazioni in fatti concreti, finisce inevitabilmente per risultare di parte e a tratti noiosa. Perché Chatwin era un grande scrittore, un uomo affascinato dalle molteplici sfaccettature dell'esistenza umana, eppure Herzog perde troppo tempo a rintracciare un percorso iniziale che rimane spesso vago e difficilmente comprensibile a chi non conosca già l'oggetto dell'analisi, finendo per lasciare lo spettatore medio ancora più confuso e stordito. Insomma, c'è troppa carne al fuoco e anche se la pellicola dura nemmeno un'ora e mezza, la sensazione che si ha a fine visione è quella di aver assistito ad uno spettacolo eterno che si è protratto per tappe eterogenee (Galles, Australia, Cile, Argentina, Africa) e difficili da interconnettere.
Sicuramente la forza di questo film sta nel dare visibilità a un personaggio degno di nota, ma il problema a mio avviso è che le buone intenzioni si perdono nel mix caotico di auto-citazioni, simbolismi, rimandi dati per scontato e un senso generale di mancanza di un baricentro di una storia che propone diverse angolature per l'analisi del suo oggetto di studio, ma fatica a decidere quale sia il suo leitmotiv: è il viaggio in Patagonia? E' l'opera artistic di Chatwin? E' l'amicizia con Herzog? E' l'interesse mistico? E' l'ultimo periodo di vita dell'autore, segnato dalla malattia dell'HIV? Non si capisce. E la divisione in 8 capitoli (troppi!) non aiuta a dare un senso di unità, nonostante l'evidente omaggio/rimando alla struttura di un'opera letteraria.
Insomma, per quanto abbia apprezzato il rivedere sullo schermo parti del mio viaggio (Australia, Argentina, Cile) e abbia fatto la conoscenza di un autore prima di allora a me sconosciuto, non posso dire che "Nomad" mi abbia aiutato a delineare un'opinione precisa e ben strutturata sulla figura di Bruce Chatwin. Forse meglio leggere il suo libro "In Patagonia" per cominciare a farsi una propria idea.
Cast: Werner Herzog, Bruce Chatwin, Karin Eberhard, Nicholas Shakespeare, Elizabeth Chatwin.
Box Office: /
Vale o non vale: Sicuramente gli amanti del cinema di Herzog e gli estimatori di Chatwin apprezzeranno, anche se credo che chi non conosca nessuno dei due autori faticherà a farsi un'idea concreta sullo scrittore. "Nomad" è più che altro un documentario di sensazioni e misticismo che approfondisce poco i temi centrali dell'opera del suo oggetto di studio e si concentra molto sull'idea di ripercorrere parti del viaggio di Chatwin e nel rendere omaggio a un'amicizia. In questo senso credo che, appunto, la pellicola sia più che altro un atto d'amore e, per questo, perda un po' di vista quell'oggettività necessaria a far da sfondo ad un progetto di questo tipo. Non fa certo male vederlo, ma non è un film per tutti.
Premi: /
Parola chiave: Songlines.

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lunedì 29 luglio 2019

Film 1633 - Please Stand By

Intro: Onestamente l'unica cosa che mi attirava di questo film era la locandina con il saluto di Spock...
Film 1633: "Please Stand By" (2017) di Ben Lewin
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: capisco l'intento ammirevole, ma il risultato finale è asciutto. Dakota Fanning non convince del tutto, Alice Eve è sempre incapace e non capisco bene cosa ci faccia Toni Collette qui, in ogni caso "Please Stand By" affronta l'argomento autismo con un approccio piuttosto limitante e fallisce l'esplorazione delle sue molteplici sfaccettature nel momento in cui Wendy (Fanning) comincia il suo viaggio in solitaria.
Cast: Dakota Fanning, Toni Collette, Alice Eve, Patton Oswalt, Marla Gibbs, Jessica Rothe, Tony Revolori.
Box Office: $404,356
Vale o non vale: Assolutamente dimenticabile.
Premi: /
Parola chiave: Copione.

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lunedì 20 maggio 2019

Film 1589 - Father Figures

Intro: Continua la lista di film orrendi...
Film 1589: "Father Figures" (2017) di Lawrence Sher
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: non ricordavo nemmeno di averlo visto. Credo che questo riassuma alla perfezione cosa io possa pensare di "Father Figures".
Cast: Owen Wilson, Ed Helms, J. K. Simmons, Katt Williams, Terry Bradshaw, Ving Rhames, Harry Shearer, June Squibb, Christopher Walken, Glenn Close.
Box Office: $25.6 milioni
Vale o non vale: In questo film ci sono 2 premi Oscar e altri 3 candidati all'Oscar. Che cast sprecato. Tra tutte le commedie stupide che ho visto, di certo questa non funziona.
Premi: /
Parola chiave: Viaggio.

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giovedì 26 ottobre 2017

Film 1426 - Kon-Tiki

Di nuovo in ostello, di nuovo mi affido a Netflix per trovare compagnia durante una serata qualsiasi in quel di Adelaide.

Film 1426: "Kon-Tiki" (2012) di Joachim Rønning, Espen Sandberg
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Produzione interessante, un film sulla storica impresa che portò Thor Heyerdahl a partire dal Perù per arrivare in Polinesia tramite uno speciale tipo di imbarcazione (tanto simile ad un'enorme zattera) perfettamente somigliante a quella che plausibilmente fu usata in epoca precolombiana dalle antiche popolazioni del Sud America per attraversare il pacifico. Lo scopo era quello di dimostrare alla comunità scientifica dell'epoca - siamo negli anni '40 - che la teorica di Heyerdahl non solo fosse plausibile, ma anche concretamente praticabile. A tale scopo lo scienziato, insieme ad un equipaggio di altri quattro avventurieri, si imbarcò per 101 giorni di viaggio decidendo di dare credito alla teoria, mettendo a repentaglio la propria vita, nell'incertezza del successo della spedizione: a parte qualche modernità, infatti, i cinque intrapresero il viaggio rispettando le condizioni della traversata originale. Dei veri e propri esploratori.
"Kon-Tiki" racconta una storia di grande coraggio, una vera e propria avventura moderna che celebra la scoperta e il credere nelle proprie idee, oltre che la sfrontataggine di un certo tipo di genialità. Heyerdahl diventa un eroe, quasi un profeta, ma finché l'impresa non sarà compiuta sembrerà principalmente un pazzo visionario, al pari di chi decide di seguirlo ciecamente. Il tempo e la dedizione al progetto dimostreranno che l'audacia di certe convinzioni richiederà anche una buona dose di follia.
L'impresa raccontata qui è particolarmente interessante e coinvolgente e mette lo spettatore in condizione di immedesimarsi e diventare, di fatto, un altro membro dell'equipaggio. Non mancano i momenti drammatici dovuti alle condizioni estreme della missione, ma ogni sacrificio richiesto sarà ricompensato dalla grandezza della scoperta derivata dal successo dell'impresa. La pellicola è ben realizzata, presenta una bella fotografia ed effetti speciali piuttosto realistici; tutti i protagonisti sono in parte e credibili.
Insomma il risultato finale è molto buono, anche se un po' più patinato di quanto mi sarei aspettato da un prodotto su una storia del genere. In ogni caso una produzione europea che non ha niente da invidiare alle più commerciali americane, anzi è spesso di livello superiore. Una bella sorpresa.
Ps. Candidato all'Oscar e al Golden Globe come Miglior film straniero, ha perso contro "Amour" di Michael Haneke.
Cast: Pål Sverre Hagen, Anders Baasmo Christiansen, Tobias Santelmann, Gustaf Skarsgård, Odd-Magnus Williamson, Jakob Oftebro, Agnes Kittelsen.
Box Office: $22.8 milioni
Consigli: Sinceramente l'ho trovato un prodotto ben fatto e dalla storia particolarmente intrigante. Ero molto catturato dall'idea di dare alla storia che già mi aveva rapito durante il mio viaggio ad Oslo - sono stato al Kon-Tiki Museum di Bygdøy dove, tra l'altro, è conservato l'Oscar originale del 1952 al Miglior documentario per la pellicola omonima di Olle Nordemar - una consistenza più reale, per cui dal mio punto di vista recuperare questa pellicola aveva ancora più senso. Non è esattamente un titolo da ogni occasione, per quanto di fiction rimane un prodotto che racconta un fatto realmente accaduto e, probabilmente, ci deve essere l'interesse a saperne di più. In ogni caso, a mio avviso, "Kon-Tiki" è da recuperare.
Parola chiave: Oceano.

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venerdì 28 aprile 2017

Film 1349 - The Most Beautiful Day - Il giorno più bello

Lo abbiamo dato per due settimane al cinema con cui collaboro e, dato che la mia responsabile me ne aveva parlato benissimo, l'ho recuperato appena ho avuto un pomeriggio libero!

Film 1349: "The Most Beautiful Day - Il giorno più bello" (2016) di Florian David Fitz
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Me lo aspettavo più comico a dire il vero; non che non si rida, ma avevo delle aspettative piuttosto precise sul fatto che mi sarei fatto grosse risate. In realtà il film riesce a bilanciare momenti divertenti a momenti surreali ad altri, ancora, francamente tristi. Del resto è giusto così dato che si tratta a tutti gli effetti del racconto di due vicende non certo allegre legate a malattia, solitudine e incertezza riguardo a un domani che non è per niente certo.
Belli e bravi i protagonisti Florian David Fitz (anche regista e sceneggiatore) e Matthias Schweighöfer, una coppia simpatica e spontanea che si mette in gioco e, da sola, porta a casa il risultato. Se il film funziona è principalmente grazie alla chimica che li lega, quella bromance che è un po' fratellanza e un po' giocare con il sex appeal di due bei giovani che non sembrano terminali nemmeno per sbaglio.
Ci sta, del resto, la storia ha già il pregio di portare l'attenzione su una condizione tremendamente delicata, non ci si poteva aspettare che un'aspirante commedia si spendesse in toni troppo realistici o rischiasse di incupire il pubblico più del necessario.
Ecco, forse aspettarsi una storia spensierata su due malati terminali è un'utopia, quindi penso si possa dire che il risultato finale è un buon esempio di cinema europeo capace ed efficace, abbastanza divertente, sicuramente coinvolgente. Casting perfetto, location suggestive, storia che ricorda un pochino "Non è mai troppo tardi", colonna sonora furbetta e risultato finale piacevole. Sicuramente la sorpresa (commerciale) tedesca che non ti aspetti.
Cast: Florian David Fitz, Matthias Schweighöfer, Alexandra Maria Lara, Karl Friedrich, Robert Nickisch, Rainer Bock.
Box Office: $14,164,505 (Germania)
Consigli: Vero e proprio on the road, questo "Der geilste Tag" è una buon film tedesco che regala un paio d'ore piacevoli tra situazioni comiche e riflessioni sulla condizione dei malati terminali. Il mix di elementi sembrerebbe cozzare, eppure la storia funziona e intrattiene a dovere grazie soprattutto ai due protagonisti dalle caratteristiche opposte e la loro improbabile amicizia. Spesso divertente, in grado di far riflettere, sufficientemente patinato (da garantire l'esportazione) questo film va bene per una serata che unisca un po' di sano divertimento e qualche spunto su cui fermarsi un attimo a riflettere.
Parola chiave: Narcolessia.

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giovedì 26 giugno 2014

Film 733 - Tutta colpa del vulcano

Un film per accompagnare una serata casalinga!

Film 733: "Tutta colpa del vulcano" (2013) di Alexandre Coffre
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Commedia divertente e spensierata, carica di situazioni comiche che beneficiano di un ottimo duo di attori in grado di sostenere l'intera pellicola sulle loro spalle. Pellicola che, diciamocelo, per una volta beneficia di un titolo, sì, banale, ma almeno pronunciabile: l'originale è "Eyjafjallajökull" (il nome del vulcano in questione). Valérie Bonneton e Dany Boon sono una coppia affiatatissima sullo schermo e riescono nell'impresa di risultare simpaticissimi e odiosi allo stesso tempo, a seconda del (travagliato) momento che il loro personaggio sta vivendo. Valérie e Alain, ex sposi ora divorziatissimi, si ritroveranno in viaggio insieme verso il matrimonio della figlia in Grecia, costretti dal vulcano ad abbandonare ogni speranza di raggiungere la destinazione in aereo. Comincerà, così, una roccambolesca avventura on the road tra bisticci, litigi, tentativi di fregarsi a vicenda e personaggi surreali il culmine dei quali sarà uno santone che viaggia su una roulotte che in realtà è una chiesa.
Simpatico, davvero ben realizzato e con i giusti tempi comici. Una produzione europea che non ha nulla da invidiare a quelle americane e un Dany Boon sempre più lanciato a livello internazionale. Dopo "Giù al nord", "Niente da dichiarare?", "Un piano perfetto" e "Supercondriaco", infatti, l'attore comincia ad essere punto di riferimento dell'attuale commedia francese, in grado di essere non solo esportata all'estero, ma anche copiata (vedi "Benvenuti al sud")!
Box Office: 1.787.433 € (Francia) + 391.132 € (ad oggi in Italia)
Consigli: Molto carino e anche divertente. Finale meno scontato del previsto, ottima coppia di attori, gag riuscite e risultato finale buono. E' un esempio di commedia che vale la pena di vedere. Per una serata spensierata e piacevole.
Parola chiave: Matrimonio.

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mercoledì 9 maggio 2012

Film 406 - Sex and the City 2

E - che coincidenza! - proprio nel giorno del compleanno di John Corbett, che qui interpreta Aidan, l'ex promesso sposo di Carrie, e che a quanto pare condivide la data di nascita con un'altra attrice di questo fortunato serial tv (Candice Bergen), la recensione del secondo capitolo cinematografico di...

Film 406: "Sex and the City 2" (2010) di Michael Patrick King
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Più brutto del primo, ma comunque godibile. Manca brio e magia, c'è solo glam e battutine prevedibili. Ma chi ama la serie gode comunque.
Film 122 - Sex and the City
Film 221 - Sex and the City
Film 405 - Sex and the City
Film 1072 - Sex and the City
Film 2161 - Sex and the City Film 121 - Sex and the City 2
Film 205 - Sex and the City 2
Film 253 - Sex and the City 2
Film 406 - Sex and the City 2
Film 1377 - Sex and the City 2
Consigli: Anche questo è un divertimento all'acqua di rose, ma comunque piacevole per chi è fan. Per gli altri Carrie potrebbe risultare, oltre che rugosa, anche un po' insopportabilmente nevrotico-cervellotica.
Parola chiave: Abu Dhabi.

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martedì 17 aprile 2012

Film 381 - Nuovomondo

Una pellicola che guardo sempre volentieri.


Film 381: "Nuovomondo" (2006) di Emanuele Crialese
Visto: dal computer di di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Nel 2006 a Venezia Crialese con "Nuovomondo" vince tutto tranne che il Leone d'Oro. Ai David di Donatello si porta a casa 3 premi (costumi, scenografia, effetti speciali), ma nessuno di quelli importanti. Lo propongono come candidato italiano per il Miglior film straniero agli Oscar, ma non entra in cinquina.
Nel 2011, sempre Crialese, questa volta con "Terraferma", a Venezia vince molto, ma niente Leone d'Oro. Ai David di Donatello riceve 3 nomination (film, regia, attrice protagonista) e agli Oscar viene nuovamente scelto come rappresentante italiano per la categoria film straniero, ma anche in questa occasione non viene scelto.
Ora vorrei trarre delle facili conclusioni. Innanzitutto a Crialese piace coniare per le sue pellicole nuove parole composte da due separate. E, lo si deduce anche solo dai trailer, c'è uno stretto legame con il mare in entrambe. Lo trovo curioso. Poi, evidentemente, è un autore che in Italia piace, ma a cui non si da il pieno appoggio. Il che non è funzionale ad un supporto a livello internazionale tale da giustificare un richiamo di pubblico. Se tutti, da noi, dicessero che è un film che
va visto, allora forse anche all'estero si prenderebbero la briga di riconoscerci qualcosa. Ma non tocchiamo un tema sconfinato come questo. Direttamente collegato a quanto appena detto, poi, un fatto bizzarro. Crialese risulta sempre la seconda scelta del nostro Paese quale candidato rappresentante italiano agli Oscar. Fu così con "La sconosciuta" di Tornatore (che aveva battuto la pellicola in oggetto ai David nelle categorie principali tra cui Miglior film) e che venne proposto come 'rappresentante' per l'anno successivo a "Nuovomondo" ed è stato così quest'anno quando, impossibilitati per motivi di regolamento a scegliere "This Must Be the Place" (negli USA il film non sarebbe uscito in tempo nelle sale per risultare idoneo a competere) si è finito per proporre "Terraferma".
"The Golden Door", come è stato ribattezzato il film a livello internazionale, è uno di quei rari casi in cui il cinema italiano riesce ad emergere per qualità e capacità oltre che per un certo tono visionario e creativo e, nonostante questo, non viene comunque universalmente osannato. Non perchè serva per forza che la critica si compatti tutta e lotti per un prodotto di qualità, ma perchè, per una volta, sarebbe bello udire un unico coro di voci che, invece di commentare facile il tono idiota di un qualunque prodotto medio nostrano (cito alcune perle: "Femmine contro maschi", "Ex", "Natale in crociera", "Benvenuti al nord", "Com'è bello far l'amore"), esalta un film che vale la pena di essere visto per diversi motivi.
La trama è, innanzitutto, interessante e tocca una realtà storica che nel nostro Paese ha coinvolto numerose famiglie: l'emigrazione verso il paradiso USA. Poi il cast, a partire dai bravissimi Vincenzo Amato e Charlotte Gainsbourg (una nomination anche a lei per qualche premio non la si poteva dare, dato che recita pure in italiano? Quando si dice un'occasione persa...) che da prova di essere davvero azzeccato per i ruoli richiesti dalla pellicola. Infine un'attenzione per i particolari che, generalmente, non appartiene al nostro cinema.
Bellissima, per esempio, la scena in cui, finalmente lasciatisi Ellis Island alle spalle, i protagonisti riemergono da un mare di candida acqua bianca, quasi a voler suggerire l'inizio di un futuro ancora tutto da scrivere, pulito e pieno di possibilità che aspettano solo di essere colte. Un bagno che pulisce l'anima, insomma, da tutto ciò che è stato prima. Visivamente potentissimo oltre che piuttosto poetico.
Molto belle, ancora, le allucinazioni degli ortaggi giganti che suggestionano Salvatore - e non solo lui - nell'attesa di mettersi in viaggio verso l'America. Le foto dei soldi che crescono sugli alberi, poi, fanno il resto. Molto curato, insomma, l'universo di contorno alla storia, funzionale a raccontare una psicologia dei personaggi approfondita e resa attraverso meccanismi efficaci, con un linguaggio visivo semplice ma azzeccato.
In una specie di Titanic per sfollati, dunque, si sviluppa la vicenda di una famiglia che impacchetta sogni e speranze di un'esistenza migliore e lascia la terra natia (una Sicilia che più rurale non si può) per imbarcarsi nella scommessa più grande della loro vita. Si lega a loro la vicenda di Lucy Reed che finirà per rimanere più coinvolta del previsto.
Al di là della vicenda umana in sé, comunque, incuriosisce la ricostruzione meticolosa delle ispezioni ad Ellis Island in cui i nuovi arrivati venivano sottoposti a controlli sull'igiene e le funzioni mentali. Successivo step quello del matrimonio 'forzato', nel senso che chi non aveva un consorte locale pronto all'arrivo negli Stati Uniti, veniva presto imbarcato nuovamente per essere rimpatriato.
I destini di tanti si incrociano in un unico lunghissimo momento, tra speranza e paura, curiosità e aspettative, ma non tutti saranno così fortunati da poter varcare il tanto agognato cancello per il paradiso.
Consigli: Cinema italiano da esportazione, cast internazionale, storia di qualità. Se non basta questo a convincervi, lasciatevi almeno tentare dalle verdure giganti o... gli alberi dei soldi!
Parola chiave: Matrimonio.
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