Ormai ho capito che certe cose che vorrei vedere a Luigi non sono gradite. Per recuperarle dovevo solo capire quale fosse l'occasione perfetta...
Film 925: "Una settimana da Dio" (2003) di Tom Shadyac
Visto: dal portatile
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Era da un po' che volevo rivederlo, quasi non ricordavo più quale fosse la trama. L'occasione giusta si è presentata grazie alla quotidiana corsa serale, che mi ha concesso di vedere primo e secondo tempo durante due allenamenti: è stato piacevole distrarsi dalla fatica grazie a qualche risata e una storia rilassante.
Ho rivisto volentierissimo questo "Bruce Almighty" infatti, era esattamente quello che mi ci voleva, connubio di leggerezza e spensieratezza utilissimo a dimenticarsi che si sta correndo come pazzi sul tapis roulant, perfetto anche perché certe gag del film sono ormai diventate memorabili. Come dimenticare la scena di Bruce (Jim Carrey) che, investito dei poteri divini, cammina per la strada intonando fiero "I've got the power!" (dalla canzone "The Power" degli Snap!)? O quando insegna al suo cane a fare pipì... in bagno, direttamente nel water? O ancora quando sperimenta le sue nuove "abilità" separando la zuppa come fossero le acque del Mar Rosso? Insomma, di scene iconiche ce ne sono in quantità.
Il punto, poi, era proprio quello: ricordavo bene tutte quelle scene geniali, divertenti e irriverenti legate ai poteri divini di Bruce, ma di fatto non molto del resto della trama. Che, chiaramente, non ha niente di speciale e segue le necessità di portare sullo schermo il puro divertimento, la novità degli effetti speciali fatti come si deve e, non ultimo, le plastiche capacità espressive di Carrey, suo marchio di fabbrica grazie a una filmografia che per un po' ha puntato principalmente su quella specifica abilità. Poco male, "Una settimana da Dio" promette spasso ed è esattamente ciò che si ottiene.
Quindi direi che la scelta è stata azzeccata, questa commedia dal sapore divino è riuscita nuovamente a farmi sorridere e, devo ammettere, parte da un'idea interessante, anche se di fatto qui non sviluppata: cosa faremmo se fossimo investiti dei poteri di Dio stesso? Cosa diventeremmo, o chi, se disponessimo delle sue illimitate potenzialità? E' una bella domanda, da porsi magari a film finito. Qui non c'è troppo spazio per la riflessione interiore e le spicce lezioni di vita che il protagonista impara sono le solite che ogni pellicola per la distribuzione di massa inserisce quando si tratta di parlare di religione: ascoltare il prossimo, rispettare sé stessi e Dio, non essere egoisti, eccetera eccetera. Giustamente la sede per le interrogazioni spirituali non era questa e a parte riportare la pace nel mondo di Bruce, della sua fidanzata (Jennifer Aniston) e, sì, anche di Dio (Morgan Freeman), il film non si spinge oltre. Meglio così, stiamo parlando di una commedia e il risultato finale doveva essere proprio quello che la storia propone.
Ps. Cameo di Tony Bennett, oggi conosciuto anche dai più giovani grazie alla sua collaborazione musicale con Lady Gaga.
Box Office: $484.6 milioni
Consigli: Divertente, con un Jim Carrey in splendida forma, questo "Una settimana da Dio" ingrana la marcia giusta non appena compare in scena Dio. La rivalità tra Bruce e il perfettino Evan Baxter (Steve Carell) verrà sfruttata nel successivo e più debole sequel dal titolo "Un'impresa da Dio", anche se il suo personaggio dà il meglio di sé nella fantastica scena di lettera impazzita del goppo durante la diretta tv, anche quella già cult. Insomma, per farsi qualche risata spensierata, sia da soli che tra amici, di sicuro questo è un titolo da tenere in considerazione nonostante i 12 anni ormai passati dalla sua realizzazione. E' ancora in grado di far ridere, nonostante le scene viste e riviste. Quasi un classico del suo genere.
Parola chiave: La vita è un biscotto ma se piove si scioglie.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
giovedì 28 maggio 2015
Film 925 - Una settimana da Dio
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Una settimana da Dio
mercoledì 27 maggio 2015
Film 924 - The Boy Next Door
Lo aspettavo con ansia da quando ne avevo scoperto l'esistenza!
Film 924: "The Boy Next Door" (2015) di Rob Cohen
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Luigi
Pensieri: Ohi, il film è una gran boiata, ma si sapeva dal principio. Ecco perché, quindi, mi sono goduto al massimo "The Boy Next Door" con una Jennifer Lopez più in forma che mai, capace all'età di 43 anni (quando il film è stato girato) di concedersi un thriller erotico in cui è al centro dei desideri sessuali di un ragazzo che ha 18 anni meno di lei. E la cosa è credibile al di là del racconto.
Come quasi sempre nelle pellicole con protagonista "Jenny from the Block" la trama è un supplemento aggiuntivo che fa da cornice ad una serie di immagini in sequenza principalmente interessate a mostrare la bellezza della ghetto girl convertita a fashion icon e la sua capacità camaleontica (di indossare nuovi vestiti in ogni scena). Necessariamente qui ci sono meno abiti del solito e anche se viene meno l'appeal dell'icona di stile - ma nessun Metodo Stanislavskij si nasconde dietro l'imborghesimento di JLo per interpretare Claire -, l'approccio nude look con innesti sexy di lingerie ad hoc fa la sua porca figura. Letteralmente.
La nostra beniamina, tradita da un marito fedifrago dalle sembianze di un grosso grasso John Corbett (non greco), finirà per cedere alle lusinghe del giovanotto ripieno di muscoli e steroidi amico del figlio, concedendosi una notte di passione impossibile da dimenticare. Principalmente perché da quel momento il bel vicino (Ryan Guzman) comincerà a molestarla e minacciarla con l'intento di farle capire che sono fatti per stare insieme. Anche qui profusione a pioggia di cliché già visti, sentiti, immaginati, raccontati e/o vissuti, per cui sorvoliamo. Del resto che la trama fosse accessoria l'avevamo già detto. Quello che rimane di "The Boy Next Door", dunque, è un'insieme di situazioni che convolgono la nostra amata amica del Bronx che dovrà capire come cavarsi da questa a dir poco ambigua situazione, col rischio di gravi ripercusioni su di lei, suo figlio minorenne e sulla sua vita matrimoniale già a scatafascio. Quindi io mi chiedo come si possa non amare il livello di trash assoluto che questa pellicola raggiunge, il cui apice credo si concretizzi nell'impeto disperato della protagonista che, buttandosi sul suo pazzo innamorato, gli conficca l'EpiPen (autoiniettore di epinefrina) in un occhio in una scena che è di un truce spaventoso.
Insomma, io che coltivo con amore la passione per il cinema spazzatura ho veramente apprezzato questo ritorno in grande stile della capacissima JLo nel territorio per lei minatissimo del grande schermo: prevedo Razzies come stelle cadenti a San Lorenzo. Però mi sono divertito.
Ps. Ruolo minore della BFF per Kristin Chenoweth, una che di recitazione qualcosa ne capisce (1 Emmy, 1 Tony e pure 1 Grammy), ma che evidentemente ogni tanto pensa anche al vil denaro. Ma per apparire al fianco di JLo mi svenderei pure io.
Box Office: $50.2 milioni
Consigli: Francamente si tratta di un'operazione commerciale banale e fiacca, priva di validi motivi per esistere. Eppure, per il solo fatto di aver avuto il coraggio di affidare il ruolo princiaple a Jennifer Lopez, sentivo che dovessi dare a "The Boy Next Door" una chance. Ho fatto bene, me lo sono proprio gustato. E' perfetto per gli amanti del cinema becero e pure un po' sexy, per capirsi quel cinema che spoglia la bella attrice e le fa impersonare orgasmi davanti alla macchina da presa, ma poi per il resto della pellicola la veste con dolcevita e le fa interpretare pudiche professoresse liceali. Chiaro, bisogna essere ben disposti perché è evidente che si sta parlando di una cavolata bella e buona, ma se la si prende con lo spirito giusto si potrà passare una tranquilla ora e mezza spensierata e persino relativamente piccante. Altrimenti, se non apprezzate, meglio lasciar perdere.
Parola chiave: Stalking.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 924: "The Boy Next Door" (2015) di Rob Cohen
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Luigi
Pensieri: Ohi, il film è una gran boiata, ma si sapeva dal principio. Ecco perché, quindi, mi sono goduto al massimo "The Boy Next Door" con una Jennifer Lopez più in forma che mai, capace all'età di 43 anni (quando il film è stato girato) di concedersi un thriller erotico in cui è al centro dei desideri sessuali di un ragazzo che ha 18 anni meno di lei. E la cosa è credibile al di là del racconto.
Come quasi sempre nelle pellicole con protagonista "Jenny from the Block" la trama è un supplemento aggiuntivo che fa da cornice ad una serie di immagini in sequenza principalmente interessate a mostrare la bellezza della ghetto girl convertita a fashion icon e la sua capacità camaleontica (di indossare nuovi vestiti in ogni scena). Necessariamente qui ci sono meno abiti del solito e anche se viene meno l'appeal dell'icona di stile - ma nessun Metodo Stanislavskij si nasconde dietro l'imborghesimento di JLo per interpretare Claire -, l'approccio nude look con innesti sexy di lingerie ad hoc fa la sua porca figura. Letteralmente.
La nostra beniamina, tradita da un marito fedifrago dalle sembianze di un grosso grasso John Corbett (non greco), finirà per cedere alle lusinghe del giovanotto ripieno di muscoli e steroidi amico del figlio, concedendosi una notte di passione impossibile da dimenticare. Principalmente perché da quel momento il bel vicino (Ryan Guzman) comincerà a molestarla e minacciarla con l'intento di farle capire che sono fatti per stare insieme. Anche qui profusione a pioggia di cliché già visti, sentiti, immaginati, raccontati e/o vissuti, per cui sorvoliamo. Del resto che la trama fosse accessoria l'avevamo già detto. Quello che rimane di "The Boy Next Door", dunque, è un'insieme di situazioni che convolgono la nostra amata amica del Bronx che dovrà capire come cavarsi da questa a dir poco ambigua situazione, col rischio di gravi ripercusioni su di lei, suo figlio minorenne e sulla sua vita matrimoniale già a scatafascio. Quindi io mi chiedo come si possa non amare il livello di trash assoluto che questa pellicola raggiunge, il cui apice credo si concretizzi nell'impeto disperato della protagonista che, buttandosi sul suo pazzo innamorato, gli conficca l'EpiPen (autoiniettore di epinefrina) in un occhio in una scena che è di un truce spaventoso.
Insomma, io che coltivo con amore la passione per il cinema spazzatura ho veramente apprezzato questo ritorno in grande stile della capacissima JLo nel territorio per lei minatissimo del grande schermo: prevedo Razzies come stelle cadenti a San Lorenzo. Però mi sono divertito.
Ps. Ruolo minore della BFF per Kristin Chenoweth, una che di recitazione qualcosa ne capisce (1 Emmy, 1 Tony e pure 1 Grammy), ma che evidentemente ogni tanto pensa anche al vil denaro. Ma per apparire al fianco di JLo mi svenderei pure io.
Box Office: $50.2 milioni
Consigli: Francamente si tratta di un'operazione commerciale banale e fiacca, priva di validi motivi per esistere. Eppure, per il solo fatto di aver avuto il coraggio di affidare il ruolo princiaple a Jennifer Lopez, sentivo che dovessi dare a "The Boy Next Door" una chance. Ho fatto bene, me lo sono proprio gustato. E' perfetto per gli amanti del cinema becero e pure un po' sexy, per capirsi quel cinema che spoglia la bella attrice e le fa impersonare orgasmi davanti alla macchina da presa, ma poi per il resto della pellicola la veste con dolcevita e le fa interpretare pudiche professoresse liceali. Chiaro, bisogna essere ben disposti perché è evidente che si sta parlando di una cavolata bella e buona, ma se la si prende con lo spirito giusto si potrà passare una tranquilla ora e mezza spensierata e persino relativamente piccante. Altrimenti, se non apprezzate, meglio lasciar perdere.
Parola chiave: Stalking.
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martedì 26 maggio 2015
Film 923 - Under the Skin
La locandina mi aveva incuriosito già un annetto fa, anche se non avevo mai avuto occasione di recuperare il film. Poi, una sera, alla ricerca di qualcosa che andasse bene per una proiezione a notte fonda, mi sono ricordato di...
Film 923: "Under the Skin" (2013) di Jonathan Glazer
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi (quando non ha dormito)
Pensieri: Uno dei film più strani che abbia mai visto, inquietante, visivamente capace di creare scene evocative molto belle, con una colonna sonora fantastica e una Scarlett Johansson che è un misto tra "Lucy" e la russa Nicole Kidman di "Birthday Girl". Il risultato finale è forte e faticoso, intrigante e disturbante, in un mix di ho capito/credo di aver capito/non ho capito che più che un limite contribuisce a costruirne il fascino misterioso.
Anche se sono dovuto ricorrere alla spiegazione della trama che ne dà Wikipedia, sono comunque rimasto particolarmente impressionato da questa pellicola, un viaggio notturno a caccia di prede sessuali da parte dell'aliena protagonista. La sua missione è quella di sedurre i malcapitati e portarli a casa sua dove, in una specie di danza ipnotica dell'accoppiamento, questi rimangono vittima di una nera sostanza viscosa che li immerge e avvolge fino a quando di loro non rimane che la pelle. E guardare la scena in cui quest'ultima volteggia come sospesa nel vuoto è al contempo angosciante e intrigante.
Credo che sia proprio il binomio di fascino e seduzione perversa che "Under the Skin" riesce a creare a risultare quale suo punto di forza: essendo una storia molto lenta, parlata pochissimo e piuttosto cruda, tutto il compito di creare la giusta atmosfera è nelle mani di immagini e colonna sonora che, assieme, devono essere in grado di saper raccontare sia la foga della "caccia", sia il torbido dell'approccio sessuale. Per non parlare della scena finale dove finalmente la forma aliena viene svelata.
Pur essendomi trovato di fronte ad una storia, ad un prodotto totalmente differente da ciò che mi sarei aspettato, sono rimasto davvero colpito da questo film. E' strano, è fuori dai canoni commerciali - fosse stata una pellicola destinata a un pubblico più vasto il nudo integrale della Johansson sarebbe stato pubblicizzato in lungo e in largo - ed è poco parlato, tutte caratteristiche che mi rendo conto non siano congeniali ad un vasto pubblico di spettatori paganti. Eppure tutte le volte che la "danza dell'accoppiamento" cominciava io ero come ipnotizzato, incapace di distogliere lo sguardo: merito della colonna sonora di Mika Levi e delle atmosfere in grado di creare. Magico, eppure spaventoso.
Ps. L'uomo che guida la moto è interpretato dal pilota motociclistico professionista Jeremy McWilliams.
Box Office: $5.7 milioni
Consigli: Tratto dall'omonimo romanzo (in Italia dal titolo "Sotto la pelle") dello scrittore olandese Michel Faber, bisognerebbe vederne questa versione cinematografica diretta da Jonathan Glazer, quantomeno per ricordarsi che al di là del cinema maistream e delle produzioni italiane più o meno commerciali, c'è anche qualcosa di più atipico che magari può non piacere, ma ha i suoi pregi. Io qui cito le belle immagini, la creatività di certe idee sviluppate in maniera molto interessante e, lo ribadisco, le musiche di Mica Levi (tutte disponibili su Spotify: consiglio "Drift" e "Lonely Void"). Mi rendo conto che "Under the Skin" non sia un film facile per molte motivazioni (lentezza, scene cruente, sesso, nudità), ma differentemente da quanto di solito succede, il mio essere totalmente impreparato a quanto avrei visto è stato motivo di sorpresa in positivo. Ho apprezzato e seguito volentieri la storia (anche se bisogna dire che vedere questa pellicola a notte fonda, oltre a risultare disturbante, può anche avere il pericoloso effetto collaterale di stimolare sonnolenza). Ha un suo perché, bisognerebbe dargli una chance.
Parola chiave: Solitudine.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 923: "Under the Skin" (2013) di Jonathan Glazer
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi (quando non ha dormito)
Pensieri: Uno dei film più strani che abbia mai visto, inquietante, visivamente capace di creare scene evocative molto belle, con una colonna sonora fantastica e una Scarlett Johansson che è un misto tra "Lucy" e la russa Nicole Kidman di "Birthday Girl". Il risultato finale è forte e faticoso, intrigante e disturbante, in un mix di ho capito/credo di aver capito/non ho capito che più che un limite contribuisce a costruirne il fascino misterioso.
Anche se sono dovuto ricorrere alla spiegazione della trama che ne dà Wikipedia, sono comunque rimasto particolarmente impressionato da questa pellicola, un viaggio notturno a caccia di prede sessuali da parte dell'aliena protagonista. La sua missione è quella di sedurre i malcapitati e portarli a casa sua dove, in una specie di danza ipnotica dell'accoppiamento, questi rimangono vittima di una nera sostanza viscosa che li immerge e avvolge fino a quando di loro non rimane che la pelle. E guardare la scena in cui quest'ultima volteggia come sospesa nel vuoto è al contempo angosciante e intrigante.
Credo che sia proprio il binomio di fascino e seduzione perversa che "Under the Skin" riesce a creare a risultare quale suo punto di forza: essendo una storia molto lenta, parlata pochissimo e piuttosto cruda, tutto il compito di creare la giusta atmosfera è nelle mani di immagini e colonna sonora che, assieme, devono essere in grado di saper raccontare sia la foga della "caccia", sia il torbido dell'approccio sessuale. Per non parlare della scena finale dove finalmente la forma aliena viene svelata.
Pur essendomi trovato di fronte ad una storia, ad un prodotto totalmente differente da ciò che mi sarei aspettato, sono rimasto davvero colpito da questo film. E' strano, è fuori dai canoni commerciali - fosse stata una pellicola destinata a un pubblico più vasto il nudo integrale della Johansson sarebbe stato pubblicizzato in lungo e in largo - ed è poco parlato, tutte caratteristiche che mi rendo conto non siano congeniali ad un vasto pubblico di spettatori paganti. Eppure tutte le volte che la "danza dell'accoppiamento" cominciava io ero come ipnotizzato, incapace di distogliere lo sguardo: merito della colonna sonora di Mika Levi e delle atmosfere in grado di creare. Magico, eppure spaventoso.
Ps. L'uomo che guida la moto è interpretato dal pilota motociclistico professionista Jeremy McWilliams.
Box Office: $5.7 milioni
Consigli: Tratto dall'omonimo romanzo (in Italia dal titolo "Sotto la pelle") dello scrittore olandese Michel Faber, bisognerebbe vederne questa versione cinematografica diretta da Jonathan Glazer, quantomeno per ricordarsi che al di là del cinema maistream e delle produzioni italiane più o meno commerciali, c'è anche qualcosa di più atipico che magari può non piacere, ma ha i suoi pregi. Io qui cito le belle immagini, la creatività di certe idee sviluppate in maniera molto interessante e, lo ribadisco, le musiche di Mica Levi (tutte disponibili su Spotify: consiglio "Drift" e "Lonely Void"). Mi rendo conto che "Under the Skin" non sia un film facile per molte motivazioni (lentezza, scene cruente, sesso, nudità), ma differentemente da quanto di solito succede, il mio essere totalmente impreparato a quanto avrei visto è stato motivo di sorpresa in positivo. Ho apprezzato e seguito volentieri la storia (anche se bisogna dire che vedere questa pellicola a notte fonda, oltre a risultare disturbante, può anche avere il pericoloso effetto collaterale di stimolare sonnolenza). Ha un suo perché, bisognerebbe dargli una chance.
Parola chiave: Solitudine.
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lunedì 25 maggio 2015
Film 922 - #ScrivimiAncora
Nonostante l'imbarazzante titolo italiano, i due protagonisti li seguo volentieri e, ogni tanto, una commedia romantica ci sta.
Film 922: "#ScrivimiAncora" (2015) di Christian Ditter
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Una storia stupida e contorta, sciocca nell'insensatezza che propone: lui ama lei, lei ama lui, ma siccome non se lo dicono mai, succede che nel frattempo si fanno due vite parallele dall'adolescenza all'età adulta e poi all'improvviso capiscono che si amano e finalmente se lo dicono. Allora, o sono imbecilli o qualcuno crede che lo siamo noi che guardiamo.
Invece di farmi appassionare ad una storia d'amore non convenzionale, questo film è riuscito a farmi girare le palle come pochi altri titoli prima d'ora e nella mia mente lo paragono all'altrettanto insensato "One Day". Quindi, al di là del fatto che la coppia Lily Collins - Sam Claflin è carina e bella da vedere sullo schermo, in generale "Love, Rosie" non mi è piaciuto e mi è sembrato abbastanza una perdita di tempo. Immagino che a qualcuno queste storie alla 'ti amo, ma non te lo posso dire perché altrimenti lo scopriresti' possano anche piacere, ma su di me il tira e molla in cui nessuno sembra capire quello che è palese anche per i sassi non solo non ha alcun effetto, ma anzi mi tedia a morte. Next.
Box Office: $4,419,000 milioni
Consigli: Pellicola romantica tratta dal romanzo di Cecelia Ahern, questo "#ScrivimiAncora" è a mio avviso un esempio insipido di commedia romantica ai tempi dei social con, in più, l'aggravante di protagonisti incapaci di riconoscere l'evidenza. Se siete amanti delle contorte vicende amorose di chi è costantemente alla ricerca della scelta sentimentale sbagliata, ecco un esempio all'acqua di rose e molto, molto patinato di cosa voglia dire sprecare la propria vita alla ricerca dell'amore (quando ce lo avevi di fronte a casa). Noioso, irreale e nemmeno romantico.
Parola chiave: 18esimo compleanno.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 922: "#ScrivimiAncora" (2015) di Christian Ditter
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Una storia stupida e contorta, sciocca nell'insensatezza che propone: lui ama lei, lei ama lui, ma siccome non se lo dicono mai, succede che nel frattempo si fanno due vite parallele dall'adolescenza all'età adulta e poi all'improvviso capiscono che si amano e finalmente se lo dicono. Allora, o sono imbecilli o qualcuno crede che lo siamo noi che guardiamo.
Invece di farmi appassionare ad una storia d'amore non convenzionale, questo film è riuscito a farmi girare le palle come pochi altri titoli prima d'ora e nella mia mente lo paragono all'altrettanto insensato "One Day". Quindi, al di là del fatto che la coppia Lily Collins - Sam Claflin è carina e bella da vedere sullo schermo, in generale "Love, Rosie" non mi è piaciuto e mi è sembrato abbastanza una perdita di tempo. Immagino che a qualcuno queste storie alla 'ti amo, ma non te lo posso dire perché altrimenti lo scopriresti' possano anche piacere, ma su di me il tira e molla in cui nessuno sembra capire quello che è palese anche per i sassi non solo non ha alcun effetto, ma anzi mi tedia a morte. Next.
Box Office: $4,419,000 milioni
Consigli: Pellicola romantica tratta dal romanzo di Cecelia Ahern, questo "#ScrivimiAncora" è a mio avviso un esempio insipido di commedia romantica ai tempi dei social con, in più, l'aggravante di protagonisti incapaci di riconoscere l'evidenza. Se siete amanti delle contorte vicende amorose di chi è costantemente alla ricerca della scelta sentimentale sbagliata, ecco un esempio all'acqua di rose e molto, molto patinato di cosa voglia dire sprecare la propria vita alla ricerca dell'amore (quando ce lo avevi di fronte a casa). Noioso, irreale e nemmeno romantico.
Parola chiave: 18esimo compleanno.
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Bengi
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sabato 23 maggio 2015
Film 921 - Humandroid
Grande cast, intelligenza robotica, le promesse di uno sci-fi a tinte thriller: il titolo perfetto per un sabato sera al cinema!
Film 921: "Humandroid" (2015) di Neill Blomkamp
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Neill Blomkamp è già la terza volta che mi frega. Sembra promettere grandi film, storie di distopici, terribili futuri in cui le macchine sono intrinsecamente legate allo sviluppo dell'uomo e della società tutta, strumenti di potere o, addirittura, intelligenze artificiali in grado di contrapporsi alla viltà di chi le ha generate. Premesse del genere non sono sempre facili da mantenere in una storia, eppure Blomkamp - la cui brevissima filmografia cinematografica annovera 3 titoli che, a parte questo, sono "District 9" ed "Elysium" - ci prova tutte le volte e tutte le volte fallisce. In questo caso specifico, il fallimento è il classico buco nell'acqua.
"Chappie" - questo il titolo originale del film, nonché nome del protagonista robotico - è un bruttissimo titolo, volgare e chiassoso, francamente molto poco interessante e con poche idee da mostrare. Per non parlare del fatto che, con un cast composto da Dev Patel, Hugh Jackman e Sigourney Weaver, la storia si concentra sui due assurdi personaggi confezionati ad hoc per i frontman dei sudafricani Die Antwoord, Ninja (al secolo Watkin Tudor Jones) e Yo-Landi Visser. Dove inizialmente l'idea di concedere loro molto spazio all'interno della storia poteva sembrare interessante, col passare del tempo se ne comprende il gigantesco limite: oltre a non essere personaggi particolarmente interessanti (sono strani, atipici e meno conosciuti al grande pubblico), l'insieme di novità che portano si esaurisce ben presto a causa delll'evidente bidimensionalità dei loro personaggi-fotocopia dei rispettivi alter ego nel gruppo musicale.
Inoltre la storia, molto caotica, parte dall'interessante (anche se già vista) questione dell'intelligenza artificiale per andare a sbandare e perdersi all'interno di un sottogenere "gangsta" che cozza con ciò che ci si sarebbe aspettati dalla storia. Il che delude e rompe non poco le scatole. Peccato, perché se il film si fosse concentrato di più sul mostrare le evoluzioni mentali di Chappie, gli stadi del suo apprendimento (anche in negativo: l'idea di mostrare cosa accade al robot nelle mani dei tre criminali ha anche un suo perché) e le possibili conseguenze di dover "educare" un robot la cui capacità intellettiva è potenzialmente illimitata ma che al momento della sua creazione è plasmabile al pari della mente umana, forse il risultato finale non sarebbe stato così insoddisfacente, sconclusionato e brutto. Una gran perdita di tempo.
Box Office: $94.8 milioni
Consigli: La storia sembrerebbe promettere bene, ma prende un'inaspettata piega action che francamente non ci sta. Chiassoso, volgare, con uno Hugh Jackman sprecato e dal parrucchino imbarazzante (per non parlare del suo guardaroba), con un pessimo product placement (Vodafone, tutta intorno a te letteralmente) e un risultato finale insoddisfacente. Peccato, le carte in regola sembrava averle. Personalmente non lo rivedrei per nessun motivo, anche se mi rendo conto che il trailer sia capace di incuriosire e creare interesse, per cui se volete proprio vederlo fatelo, ma non dite che non vi avevo avvertito.
Parola chiave: Robot senziente.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 921: "Humandroid" (2015) di Neill Blomkamp
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Neill Blomkamp è già la terza volta che mi frega. Sembra promettere grandi film, storie di distopici, terribili futuri in cui le macchine sono intrinsecamente legate allo sviluppo dell'uomo e della società tutta, strumenti di potere o, addirittura, intelligenze artificiali in grado di contrapporsi alla viltà di chi le ha generate. Premesse del genere non sono sempre facili da mantenere in una storia, eppure Blomkamp - la cui brevissima filmografia cinematografica annovera 3 titoli che, a parte questo, sono "District 9" ed "Elysium" - ci prova tutte le volte e tutte le volte fallisce. In questo caso specifico, il fallimento è il classico buco nell'acqua.
"Chappie" - questo il titolo originale del film, nonché nome del protagonista robotico - è un bruttissimo titolo, volgare e chiassoso, francamente molto poco interessante e con poche idee da mostrare. Per non parlare del fatto che, con un cast composto da Dev Patel, Hugh Jackman e Sigourney Weaver, la storia si concentra sui due assurdi personaggi confezionati ad hoc per i frontman dei sudafricani Die Antwoord, Ninja (al secolo Watkin Tudor Jones) e Yo-Landi Visser. Dove inizialmente l'idea di concedere loro molto spazio all'interno della storia poteva sembrare interessante, col passare del tempo se ne comprende il gigantesco limite: oltre a non essere personaggi particolarmente interessanti (sono strani, atipici e meno conosciuti al grande pubblico), l'insieme di novità che portano si esaurisce ben presto a causa delll'evidente bidimensionalità dei loro personaggi-fotocopia dei rispettivi alter ego nel gruppo musicale.
Inoltre la storia, molto caotica, parte dall'interessante (anche se già vista) questione dell'intelligenza artificiale per andare a sbandare e perdersi all'interno di un sottogenere "gangsta" che cozza con ciò che ci si sarebbe aspettati dalla storia. Il che delude e rompe non poco le scatole. Peccato, perché se il film si fosse concentrato di più sul mostrare le evoluzioni mentali di Chappie, gli stadi del suo apprendimento (anche in negativo: l'idea di mostrare cosa accade al robot nelle mani dei tre criminali ha anche un suo perché) e le possibili conseguenze di dover "educare" un robot la cui capacità intellettiva è potenzialmente illimitata ma che al momento della sua creazione è plasmabile al pari della mente umana, forse il risultato finale non sarebbe stato così insoddisfacente, sconclusionato e brutto. Una gran perdita di tempo.
Box Office: $94.8 milioni
Consigli: La storia sembrerebbe promettere bene, ma prende un'inaspettata piega action che francamente non ci sta. Chiassoso, volgare, con uno Hugh Jackman sprecato e dal parrucchino imbarazzante (per non parlare del suo guardaroba), con un pessimo product placement (Vodafone, tutta intorno a te letteralmente) e un risultato finale insoddisfacente. Peccato, le carte in regola sembrava averle. Personalmente non lo rivedrei per nessun motivo, anche se mi rendo conto che il trailer sia capace di incuriosire e creare interesse, per cui se volete proprio vederlo fatelo, ma non dite che non vi avevo avvertito.
Parola chiave: Robot senziente.
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Yo-Landi Visser
Film 920 - Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day
Quando è uscito in America questo film ne ero rimasto incuriosito, ancora di più dopo aver visto il trailer...
Film 920: "Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day" (2014) di Miguel Arteta
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Luigi
Pensieri: Tratto dal libro per bambini scritto da Judith Viorst, questo film è una simpatica commedia per tutta la famiglia incentrata su Alexander Cooper/Ed Oxenbould, ragazzino 11enne che si sente un po' invisibile rispetto a tutti gli altri (numerosi) membri della sua famiglia. Papà (Steve Carell), mamma (Jennifer Garner), fratello e sorella maggiori (Dylan Minnette, Kerris Dorsey) e fratellino minore sono tutti, chi più chi meno, in un momento della loro vita importante, tutti vicini a una svolta o al raggiungimento di un grande obiettivo. Tutti, meno che Alexander. E' per questo che il ragazzo esprimerà come desiderio, allo scoccare della mezzanotte del suo dodicesimo compleanno, che finalmente anche agli altri membri della sua famiglia qualcosa vada storto così che anche loro si rendano conto di cosa voglia dire essere invisibili (o goffi, o sfortunati o, diciamolo pure, ridicoli).
Ecco, sostanzialmente, l'idea alla base di "Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day", titolo tutto sommato divertente e in grado di intrattenere senza annoiare nonostante un target palesemente dall'adolescenziale in giù (+ gli adulti accompagnatori). E' perfetto per lasciare soddisfatti più o meno tutti, visto che ha qualche buon momento comico, ci sono attori di fama mondiale, ma anche qualche starlette conosciuta tra i ragazzi (Bella Thorne) e il cameo rassicurante nientemeno che di Dick Van Dyke, c'è il lieto fine, la lezione da imparare, la "magia" del desiderio espresso soffiando la candelina sulla propria torta di compleanno. Insomma, questa pellicola shakera bene i suoi ingredienti principali e anche se di certo non passerà alla storia come miglior film, la visione rimane piacevole e per nulla faticosa.
Molto del merito, comunque, va riconosciuto al giovane Oxenbould, capace all'età di 12 anni di tenere le redini di questa commedia - certamente spalleggiato bene dal malleabile Steve Carell - nonostante una simpatia non innata. Jennifer Garner è sempre particolarmente ingessata e talvolta inadeguata, nonostante ormai siano anni che bazzica le commedie facili facili dove è pressoché impossibile doversi confrontare con il Metodo Stanislavskij. Ma nell'economia del film, tutto sommato, le sue inabilità passano in secondo piano.
Insomma, conferme a ciò che mi aspettavo, " Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day" mi ha lasciato sufficientemente soddisfatto. E' una commedia carina e non volgare.
Box Office: $100.7 milioni
Consigli: "Alexander e la terribile, orribile, abominevole ma veramente bruttissima giornata" (titolo italiano) è un film carino, perfetto per una serata davvero spensierata in cui l'unica fatica mentale accettabile è quella di seguire una storia elementare e divertirsi a riconoscere gli attori famosi nei vari camei (qui Megan Mullally da "Will & Grace", Jennifer Coolidge da "American Pie" e "La rivincita delle bionde" e "2 Broke Girls" e il già citato Dick Van Dyke da "Mary Poppins" (!) e "Un detective in corsia"). Insomma, il titolo ideale per evitare di affaticarsi e godersi in totale relax i veramente pochi 81 minuti di pellicola tra gag, canguri micidiali ed esami di guida a dir poco da incubo. Piacevole.
Parola chiave: Sfortuna.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 920: "Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day" (2014) di Miguel Arteta
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Luigi
Pensieri: Tratto dal libro per bambini scritto da Judith Viorst, questo film è una simpatica commedia per tutta la famiglia incentrata su Alexander Cooper/Ed Oxenbould, ragazzino 11enne che si sente un po' invisibile rispetto a tutti gli altri (numerosi) membri della sua famiglia. Papà (Steve Carell), mamma (Jennifer Garner), fratello e sorella maggiori (Dylan Minnette, Kerris Dorsey) e fratellino minore sono tutti, chi più chi meno, in un momento della loro vita importante, tutti vicini a una svolta o al raggiungimento di un grande obiettivo. Tutti, meno che Alexander. E' per questo che il ragazzo esprimerà come desiderio, allo scoccare della mezzanotte del suo dodicesimo compleanno, che finalmente anche agli altri membri della sua famiglia qualcosa vada storto così che anche loro si rendano conto di cosa voglia dire essere invisibili (o goffi, o sfortunati o, diciamolo pure, ridicoli).
Ecco, sostanzialmente, l'idea alla base di "Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day", titolo tutto sommato divertente e in grado di intrattenere senza annoiare nonostante un target palesemente dall'adolescenziale in giù (+ gli adulti accompagnatori). E' perfetto per lasciare soddisfatti più o meno tutti, visto che ha qualche buon momento comico, ci sono attori di fama mondiale, ma anche qualche starlette conosciuta tra i ragazzi (Bella Thorne) e il cameo rassicurante nientemeno che di Dick Van Dyke, c'è il lieto fine, la lezione da imparare, la "magia" del desiderio espresso soffiando la candelina sulla propria torta di compleanno. Insomma, questa pellicola shakera bene i suoi ingredienti principali e anche se di certo non passerà alla storia come miglior film, la visione rimane piacevole e per nulla faticosa.
Molto del merito, comunque, va riconosciuto al giovane Oxenbould, capace all'età di 12 anni di tenere le redini di questa commedia - certamente spalleggiato bene dal malleabile Steve Carell - nonostante una simpatia non innata. Jennifer Garner è sempre particolarmente ingessata e talvolta inadeguata, nonostante ormai siano anni che bazzica le commedie facili facili dove è pressoché impossibile doversi confrontare con il Metodo Stanislavskij. Ma nell'economia del film, tutto sommato, le sue inabilità passano in secondo piano.
Insomma, conferme a ciò che mi aspettavo, " Alexander and the Terrible, Horrible, No Good, Very Bad Day" mi ha lasciato sufficientemente soddisfatto. E' una commedia carina e non volgare.
Box Office: $100.7 milioni
Consigli: "Alexander e la terribile, orribile, abominevole ma veramente bruttissima giornata" (titolo italiano) è un film carino, perfetto per una serata davvero spensierata in cui l'unica fatica mentale accettabile è quella di seguire una storia elementare e divertirsi a riconoscere gli attori famosi nei vari camei (qui Megan Mullally da "Will & Grace", Jennifer Coolidge da "American Pie" e "La rivincita delle bionde" e "2 Broke Girls" e il già citato Dick Van Dyke da "Mary Poppins" (!) e "Un detective in corsia"). Insomma, il titolo ideale per evitare di affaticarsi e godersi in totale relax i veramente pochi 81 minuti di pellicola tra gag, canguri micidiali ed esami di guida a dir poco da incubo. Piacevole.
Parola chiave: Sfortuna.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
giovedì 21 maggio 2015
Film 919 - Pride
Aspettavo da un po' di recuperare questo film, incuriosito dalla storia che tratta, un episodio realmente accaduto nell'Inghilterra degli anni '80.
Film 919: "Pride" (2014) di Matthew Warchus
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Luigi
Pensieri: Francamente uno dei migliori titoli della scorsa stagione, questo "Pride" è riuscito a conquistare solamente una - e sottolineo una - nomination ai Golden Globes come Miglior film (che se è tra i migliori, qualcosina di valore in più ce l'avrà... Voglio dire, candidi Quvenzhané Wallis per "Annie" ed Helen Mirren per "Amore, cucina e curry" (!) e questa bella pellicola la lasci fuori da tutte le altre categorie? Mah...) oltre che qualcosina ai BAFTA inglesi, territorio d'origine di questa produzione.
"Pride" prende ispirazione da una storia vera, una bella vicenda che vede negli anni '80 attivisti gay e lesbiche raccogliere fondi per i minatori in sciopero contro le politiche dell'allora premier Margaret Thatcher: omosessuali e minatori, due categorie teoricamente agli antipodi, eppure capaci di unirsi - con le necessarie tempistiche di assestamento -, aiutarsi e sostenersi. Il racconto di questo quasi impensabile incontro è qui rappresentato con ironia e intelligenza, caricando certamente qualche aspetto per rendere la trama più godibile, ma il risultato finale è compatto e credibile.
Ho seguito con interesse questa storia, chiedendomi se mai in Italia un racconto del genere sarà anche solo pensabile. O, parimeti, se allo stato attuale delle cose la comunità LGBT italiana (di qualsiasi comune) si prenderebbe il disturbo di affiancare la propria "crociata" a quella di chi vive un medesimo disagio ma appartiene a un mondo totalmente differente. Diciamo che, anche solo per ciò che porta alla luce, questo film vale la pena di essere visto. Sia perché non rappresenta il mondo omosessuale come una macchietta, sia perché racconta una bella storia di collaborazione e amicizia, un episodio costruttivo in cui diversità e diffidenze sono aggirate grazie all'intelligenza di alcuni che sono in grado di far capire agli altri che la differenza è solo apparente.
Il messaggio - che passa forte e chiaro - riece ad essere percepito senza che la trama si prenda particolarmente la briga di esplicitarlo: il bello di questo progetto è proprio l'approccio normale con cui si presenta la vicenda, che avesse coinvolto casalinghe e fontanieri sarebbe stato lo stesso. La normalità con cui gli individui sono rappresentati è percepita dallo spettatore, che subisce l'eccezzionale solo nell'episodio dell'unione di due voci così apparentemente distanti (non sono i ragazzi di Lesbians and Gays Support the Miners parteciperanno agli scioperi dei minatori, ma questi ultimi prenderanno parte al Gay Pride di Londra del 1985).
Una bella storia che francamente mi ha colpito, un bel film in grado di rappresentare il fatto da cui trae ispirazione con dignità e coerenza, riuscendo a passare un messaggio che, anche se certamente caricato per necessità di trama, rappresenta comunque qualcosa che vale la pena di mostrare al grande pubblico per ricordare quanto, in fin dei conti, la diversità esiste solo in coloro che la vedono.
Ps. Gran cast: Bill Nighy, Imelda Staunton, Dominic West, Paddy Considine, Andrew Scott, George MacKay, Joseph Gilgun, Ben Schnetzer, Jessica Gunning (vera sorpresa di questa pellicola).
Box Office: $14.7 milioni
Consigli: Anche se è una commedia (e piuttosto divertente), questa storia tratta una serie di episodi non esattamente spensierati: lo sciopero dei minatori, la difficoltà delle loro famiglie, la lotta per i diritti dei gay, i sopprusi subiti, AIDS e omofobia... Insomma, a ben vedere i toni drammatici ci sono. Ma il buon piglio della sceneggiatura e le perfette scelte di cast riescono a far passare i messaggi anche con un sorriso, senza che questa pellicola risulti pesante o angosciante. Si tratta di un bel racconto di amicizia, una storia vera che ci ricorda quanto, a volte, le persone riescano a dimostrare che un limite lo si può superare se c'è l'intenzione di farlo. Bello, lo rivedrei subito.
Parola chiave: Diritti.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 919: "Pride" (2014) di Matthew Warchus
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Luigi
Pensieri: Francamente uno dei migliori titoli della scorsa stagione, questo "Pride" è riuscito a conquistare solamente una - e sottolineo una - nomination ai Golden Globes come Miglior film (che se è tra i migliori, qualcosina di valore in più ce l'avrà... Voglio dire, candidi Quvenzhané Wallis per "Annie" ed Helen Mirren per "Amore, cucina e curry" (!) e questa bella pellicola la lasci fuori da tutte le altre categorie? Mah...) oltre che qualcosina ai BAFTA inglesi, territorio d'origine di questa produzione.
"Pride" prende ispirazione da una storia vera, una bella vicenda che vede negli anni '80 attivisti gay e lesbiche raccogliere fondi per i minatori in sciopero contro le politiche dell'allora premier Margaret Thatcher: omosessuali e minatori, due categorie teoricamente agli antipodi, eppure capaci di unirsi - con le necessarie tempistiche di assestamento -, aiutarsi e sostenersi. Il racconto di questo quasi impensabile incontro è qui rappresentato con ironia e intelligenza, caricando certamente qualche aspetto per rendere la trama più godibile, ma il risultato finale è compatto e credibile.
Ho seguito con interesse questa storia, chiedendomi se mai in Italia un racconto del genere sarà anche solo pensabile. O, parimeti, se allo stato attuale delle cose la comunità LGBT italiana (di qualsiasi comune) si prenderebbe il disturbo di affiancare la propria "crociata" a quella di chi vive un medesimo disagio ma appartiene a un mondo totalmente differente. Diciamo che, anche solo per ciò che porta alla luce, questo film vale la pena di essere visto. Sia perché non rappresenta il mondo omosessuale come una macchietta, sia perché racconta una bella storia di collaborazione e amicizia, un episodio costruttivo in cui diversità e diffidenze sono aggirate grazie all'intelligenza di alcuni che sono in grado di far capire agli altri che la differenza è solo apparente.
Il messaggio - che passa forte e chiaro - riece ad essere percepito senza che la trama si prenda particolarmente la briga di esplicitarlo: il bello di questo progetto è proprio l'approccio normale con cui si presenta la vicenda, che avesse coinvolto casalinghe e fontanieri sarebbe stato lo stesso. La normalità con cui gli individui sono rappresentati è percepita dallo spettatore, che subisce l'eccezzionale solo nell'episodio dell'unione di due voci così apparentemente distanti (non sono i ragazzi di Lesbians and Gays Support the Miners parteciperanno agli scioperi dei minatori, ma questi ultimi prenderanno parte al Gay Pride di Londra del 1985).
Una bella storia che francamente mi ha colpito, un bel film in grado di rappresentare il fatto da cui trae ispirazione con dignità e coerenza, riuscendo a passare un messaggio che, anche se certamente caricato per necessità di trama, rappresenta comunque qualcosa che vale la pena di mostrare al grande pubblico per ricordare quanto, in fin dei conti, la diversità esiste solo in coloro che la vedono.
Ps. Gran cast: Bill Nighy, Imelda Staunton, Dominic West, Paddy Considine, Andrew Scott, George MacKay, Joseph Gilgun, Ben Schnetzer, Jessica Gunning (vera sorpresa di questa pellicola).
Box Office: $14.7 milioni
Consigli: Anche se è una commedia (e piuttosto divertente), questa storia tratta una serie di episodi non esattamente spensierati: lo sciopero dei minatori, la difficoltà delle loro famiglie, la lotta per i diritti dei gay, i sopprusi subiti, AIDS e omofobia... Insomma, a ben vedere i toni drammatici ci sono. Ma il buon piglio della sceneggiatura e le perfette scelte di cast riescono a far passare i messaggi anche con un sorriso, senza che questa pellicola risulti pesante o angosciante. Si tratta di un bel racconto di amicizia, una storia vera che ci ricorda quanto, a volte, le persone riescano a dimostrare che un limite lo si può superare se c'è l'intenzione di farlo. Bello, lo rivedrei subito.
Parola chiave: Diritti.
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martedì 19 maggio 2015
Film 918 - Dolphin Tale
Ultimo film prima di atterrare in Russia e attendere il definitivo ritorno in patria, la mia scelta è ricaduta su un titolo che avrei voluto vedere già tempo fa, ma che per errore avevo scambiato per un altro... #TokyoDays: film 7.
Film 918: "Dolphin Tale" (2011) di Charles Martin Smith
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Dopo aver scambiato "Qualcosa di straordinario" per questo "Dolphin Tale", rimetto le cose a posto scegliendolo come ultimo film da traversata intercontinentale. E dai, alla fine è stata una buona idea.
La storia è di quelle edificanti e d'ispirazione: un bambino riscopre la motivazione e la gioia di vivere grazie all'amicizia con il delfino femmina Winter, ritrovata agonizzante sulla spiaggia e salvata grazie all'aiuto di un team d'emergenza: la creatura marina perderà la coda e successivamente (anche lei) la voglia di vivere, riacquisita solo grazie alla vicinanza col ragazzino. Ma non è finita qui, perché per adattarsi alla nuova innaturale condizione, Winter finirà per modificare il suo modo di nuotare, compromettendo la spina dorsale con il rischio sempre più concreto di perdere la vita. Per salvare l'animale, Sawyer (Nathan Gamble) capisce che è necessaria una protesi, motivo per cui si rivolgerà al Dr. McCarthy (Morgan Freeman) nel tentativo di fornire a Winter un'ultima chance.
Ebbene, la dolce delfina non accetterà di buon grado l'implementazione ingegnosa del dottore, finendo per riufitare violentemente e per più volte una protesi che non riesce a sentire come "sua". Si finirà per scoprire il perché proprio nelle ore più disperate, dopo che un uragano avrà quasi distrutto la struttura presso cui l'animale è ospite, struttura già a rischio di chiusura per mancanza fondi... E nonostante la serie di sfighe da operazione lacrima-facile sia stata un po' caricata dalla sceneggiatura, la maggior parte di quanto mostrato trae ispirazione dalla storia vera di Winter e di coloro che l'hanno salvata presso il Clearwater Marine Hospital di Clearwater, Florida.
Insomma, tutto sommato questo film mi è piaciuto, è un intrattenimento carino e mostra una bella storia di amicizia e perseveranza, l'incontro di due mondi che si scoprono e di come ognuno sappia trarre dall'altro, giovandone. Poi si sa, queste scelte cinematografiche spingono tantissimo su sentimenti ed empatia, quindi io non ho nemmeno tentato di sottrarmi, a prescindere dal fatto che mi trovassi su un aereo pieno di gente assurda. La storia commuove, il film è ben confezionato e l'operazione salva il delfino riesce a smuovere anche l'animo più insensibile.
Box Office: $95.4 milioni
Consigli: I buoni incassi di questo film hanno spinto la produzione a un bis che nella fattispecie porta il titolo di "Dolphin Tale 2". L'incasso è stato più modesto, ma non credo che questo mi fermerà dal vederlo, prima o poi. Questo primo adattamento cinematografico - in italiano "L'incredibile storia di Winter il delfino" - è un buon titolo per famiglie, una storia con lieto fine, buoni sentimenti e perfino una morale. Per non parlare del fatto che è pure tratto da una storia vera! Insomma, "Dolphin Tale" è un esempio perfetto di film per il relax e il disimpegno di una serata tranquilla, che vedrà gli scossoni della vita sciacquati via dalla nuova, ipertecnologica coda della simpatica Winter.
Parola chiave: Save Winter Day.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 918: "Dolphin Tale" (2011) di Charles Martin Smith
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Dopo aver scambiato "Qualcosa di straordinario" per questo "Dolphin Tale", rimetto le cose a posto scegliendolo come ultimo film da traversata intercontinentale. E dai, alla fine è stata una buona idea.
La storia è di quelle edificanti e d'ispirazione: un bambino riscopre la motivazione e la gioia di vivere grazie all'amicizia con il delfino femmina Winter, ritrovata agonizzante sulla spiaggia e salvata grazie all'aiuto di un team d'emergenza: la creatura marina perderà la coda e successivamente (anche lei) la voglia di vivere, riacquisita solo grazie alla vicinanza col ragazzino. Ma non è finita qui, perché per adattarsi alla nuova innaturale condizione, Winter finirà per modificare il suo modo di nuotare, compromettendo la spina dorsale con il rischio sempre più concreto di perdere la vita. Per salvare l'animale, Sawyer (Nathan Gamble) capisce che è necessaria una protesi, motivo per cui si rivolgerà al Dr. McCarthy (Morgan Freeman) nel tentativo di fornire a Winter un'ultima chance.
Ebbene, la dolce delfina non accetterà di buon grado l'implementazione ingegnosa del dottore, finendo per riufitare violentemente e per più volte una protesi che non riesce a sentire come "sua". Si finirà per scoprire il perché proprio nelle ore più disperate, dopo che un uragano avrà quasi distrutto la struttura presso cui l'animale è ospite, struttura già a rischio di chiusura per mancanza fondi... E nonostante la serie di sfighe da operazione lacrima-facile sia stata un po' caricata dalla sceneggiatura, la maggior parte di quanto mostrato trae ispirazione dalla storia vera di Winter e di coloro che l'hanno salvata presso il Clearwater Marine Hospital di Clearwater, Florida.
Insomma, tutto sommato questo film mi è piaciuto, è un intrattenimento carino e mostra una bella storia di amicizia e perseveranza, l'incontro di due mondi che si scoprono e di come ognuno sappia trarre dall'altro, giovandone. Poi si sa, queste scelte cinematografiche spingono tantissimo su sentimenti ed empatia, quindi io non ho nemmeno tentato di sottrarmi, a prescindere dal fatto che mi trovassi su un aereo pieno di gente assurda. La storia commuove, il film è ben confezionato e l'operazione salva il delfino riesce a smuovere anche l'animo più insensibile.
Box Office: $95.4 milioni
Consigli: I buoni incassi di questo film hanno spinto la produzione a un bis che nella fattispecie porta il titolo di "Dolphin Tale 2". L'incasso è stato più modesto, ma non credo che questo mi fermerà dal vederlo, prima o poi. Questo primo adattamento cinematografico - in italiano "L'incredibile storia di Winter il delfino" - è un buon titolo per famiglie, una storia con lieto fine, buoni sentimenti e perfino una morale. Per non parlare del fatto che è pure tratto da una storia vera! Insomma, "Dolphin Tale" è un esempio perfetto di film per il relax e il disimpegno di una serata tranquilla, che vedrà gli scossoni della vita sciacquati via dalla nuova, ipertecnologica coda della simpatica Winter.
Parola chiave: Save Winter Day.
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lunedì 18 maggio 2015
Film 917 - The Last Samurai
Penultimo film prima dell'atterraggio a Mosca, una scelta voluta per salutare il Paese del Sol Levante. #TokyoDays: film 6.
Film 917: "The Last Samurai" (2003) di Edward Zwick
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese, giapponese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Poco furbescamente non sottotitolato in inglese, tutte le parti in giapponese mi sono rimaste oscure. E, a dispetto di quanto avessi ipotizzato a inizio visione, non sono state poche....
Al di là del divario linguistico invalicabile, ho comunque rivisto volentieri questo film, titolo emblema del mio addio al Giappone, un modo personale per salutare una terra che in effetti un po' di cuore me l'ha rubato. Quindi, carico anche di questo bagaglio sentimentale, ho scelto di vedere nuovamente "The Last Samurai" con il signor Cruise in gran spolvero, mai così tanto tutto d'un pezzo e ricolmo di valori positivi al massimo grado superlativo. La sua carriera all'epoca era ancora di quelle da invidiare, con titoli di indubbio successo, 3 Golden Globe vinti, 3 candidature all'Oscar e incassi stellari per le sue pellicole e il suo portafoglio. In quest'ottica anche "The Last Samurai" riflette lo stato di salute del suo protagonista, rigonfio di steroidi e buoni sentimenti, nobiltà d'animo e grandi azioni, per un mix finale che sa di americanata, ma non infastidisce più di tanto. Ecco, diciamo che Tom Cruise testimonial del Giappone mi fa un po' ridere, ma a questo titolo riconosco il merito di avermi fatto scoprire più di dieci anni fa Ken Watanabe, attore giapponese che tutt'ora seguo con interesse.
Insomma, a parte il finale veramente troppo teatrale, questo film ha i suoi buoni momenti e regala un po' di quella filosofia spiccia che sì è superficiale, ma ha un'evidente buona intenzione alla base. Cruise è credibile e riveste bene i panni dell'eroe a 360°, anche se spesso a rubargli la scena è proprio Watanabe, non a caso premiato con una canidatura all'Oscar per la sua interpretazione. Tutta la storia regge bene e la sceneggiatura riesce nel coinvolgere emotivamente lo spettatore, che non mancherà di parteggiare per i samurai e l'americano convertito Algren. Di certo non spensierato, ma un bel colossal.
Ps. Nel cast oltre a Cruise e Watanabe anche Timothy Spall, Billy Connolly, Tony Goldwyn, Hiroyuki Sanada, Koyuki.
Box Office: $456.8 milioni
Consigli: Prima di "Memorie di una geisha" l'America più commerciale aveva già tentato la "colonizzazione" dell'oriente con questo titolo che potremmo quasi vedere come una versione per uomini del più delicato titolo diretto da Rob Marshall. "The Last Samurai" ha una bella fotografia e presenta un'esotica curiosità per l'occhio dello spettatore occidentale grazie a bellissimi paesaggi e costumi tradizionali. Anche se la filosofia giapponese si perde in un miscuglio di valori più occidentali, questo film rimane un titolo commerciale di valore per chi desiderasse immergersi in maniera facile facile in un mondo così differente da quello che viviamo. E' intrigante e per certi versi emozionante, il che anche solo per questo vale una visione. Non è un capolavoro, ma le buone intenzioni sono evidenti.
Parola chiave: Seppuku.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 917: "The Last Samurai" (2003) di Edward Zwick
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese, giapponese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Poco furbescamente non sottotitolato in inglese, tutte le parti in giapponese mi sono rimaste oscure. E, a dispetto di quanto avessi ipotizzato a inizio visione, non sono state poche....
Al di là del divario linguistico invalicabile, ho comunque rivisto volentieri questo film, titolo emblema del mio addio al Giappone, un modo personale per salutare una terra che in effetti un po' di cuore me l'ha rubato. Quindi, carico anche di questo bagaglio sentimentale, ho scelto di vedere nuovamente "The Last Samurai" con il signor Cruise in gran spolvero, mai così tanto tutto d'un pezzo e ricolmo di valori positivi al massimo grado superlativo. La sua carriera all'epoca era ancora di quelle da invidiare, con titoli di indubbio successo, 3 Golden Globe vinti, 3 candidature all'Oscar e incassi stellari per le sue pellicole e il suo portafoglio. In quest'ottica anche "The Last Samurai" riflette lo stato di salute del suo protagonista, rigonfio di steroidi e buoni sentimenti, nobiltà d'animo e grandi azioni, per un mix finale che sa di americanata, ma non infastidisce più di tanto. Ecco, diciamo che Tom Cruise testimonial del Giappone mi fa un po' ridere, ma a questo titolo riconosco il merito di avermi fatto scoprire più di dieci anni fa Ken Watanabe, attore giapponese che tutt'ora seguo con interesse.
Insomma, a parte il finale veramente troppo teatrale, questo film ha i suoi buoni momenti e regala un po' di quella filosofia spiccia che sì è superficiale, ma ha un'evidente buona intenzione alla base. Cruise è credibile e riveste bene i panni dell'eroe a 360°, anche se spesso a rubargli la scena è proprio Watanabe, non a caso premiato con una canidatura all'Oscar per la sua interpretazione. Tutta la storia regge bene e la sceneggiatura riesce nel coinvolgere emotivamente lo spettatore, che non mancherà di parteggiare per i samurai e l'americano convertito Algren. Di certo non spensierato, ma un bel colossal.
Ps. Nel cast oltre a Cruise e Watanabe anche Timothy Spall, Billy Connolly, Tony Goldwyn, Hiroyuki Sanada, Koyuki.
Box Office: $456.8 milioni
Consigli: Prima di "Memorie di una geisha" l'America più commerciale aveva già tentato la "colonizzazione" dell'oriente con questo titolo che potremmo quasi vedere come una versione per uomini del più delicato titolo diretto da Rob Marshall. "The Last Samurai" ha una bella fotografia e presenta un'esotica curiosità per l'occhio dello spettatore occidentale grazie a bellissimi paesaggi e costumi tradizionali. Anche se la filosofia giapponese si perde in un miscuglio di valori più occidentali, questo film rimane un titolo commerciale di valore per chi desiderasse immergersi in maniera facile facile in un mondo così differente da quello che viviamo. E' intrigante e per certi versi emozionante, il che anche solo per questo vale una visione. Non è un capolavoro, ma le buone intenzioni sono evidenti.
Parola chiave: Seppuku.
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martedì 12 maggio 2015
Film 916 - Something Borrowed
Ok, la prima scelta del viaggio di ritorno non era stato malaccio, ma nemmeno un capolavoro. Ora, cosa potevo scegliere per migliorare la situazione se non una commedia romantica?! #TokyoDays: film 5.
Film 916: "Something Borrowed" (2011) di Luke Greenfield
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ed eccomi incappato in una delle commedie romantiche più brutte di sempre. Non mediocre, proprio brutta. Senza alcunché da dire, senza protagonisti interessanti, men che meno attori capaci di rendere quantomeno apprezzabile l'esperienza. La storia è intricata senza motivo, la protagonista tutta cuori e remore monacali di un'insostenibilità unica, al pari della sua migliore amica disinibita che è antipatica. Che poi mi viene spontaneo chiedermi come cavolo possano essere migliori amiche due così. Comunque si salva solo John Krasinski, l'unico ad avere un personaggio meno detestabile degli altri, l'unico a risultare saltuariamente simpatico.
Per il resto questa pellicola è una girandola nonsense: la suorina Rachel (Ginnifer Goodwin) è segretamente innamorata di Dex (Colin Egglesfield) che però è in procinto di sposarsi con la sua migliore amica Darcy (che spero non voglia essere l'ennesimo riferimento a Jane Austen), ma da ubriaca una sera ci finisce a letto. E cosa succede? Mette su una tresca con l'uomo che ha sempre amato, vivendoci la storia d'amore che ha sempre desiderato... tutto alle spalle di Darcy (Kate Hudson), la quale a sua volta si scoprirà fedifraga. In tutta questa girandola di baggianate, chiunque racconta bugie a chiunque e nessuno ha il coraggio di dire la verità lampante, non solo allo spettatore. Quest'ultimo deve, dunque, subirsi la mancanza di trovate interessanti da parte di una sceneggiatura che annaspa, impantanata nel gioco perverso che sembra non avere mai fine: peccato che tutto il mare di falsità e correlate situazioni imbarazzanti non faccia mai ridere. Una commedia romantica, oltre che essere sdolcinata e rassicurante, si suppone intenda anche intrattenere con qualche scena divertente, qualche trovata simpatica, qualche battuta. E "Something Borrowed" (letteralmente qualcosa di prestato, il titolo fa riferimento a ciò che si dice porti fortuna a una novella sposina insieme a qualcosa di blu, qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo) fallisce su tutta la linea. Non diverte, non ispira romanticismo, non coinvolge lo spettatore. Insomma, che ne parliamo ancora a fare?
Ps. Non paghi di aver prodotto un film del genere, pare che il sequel dal titolo "Something Blue" sia in cantiere.
Box Office: $60.1 milioni
Consigli: Un esempio di commedia romantica leggermente fuori tema. A farla da padrone è il tradimento, correlato da bugie e gravidanze la cui paternità è sconosciuta. Un prodotto atipico, il che non va necessariamente a braccetto con l'originalità. Oltre a risultare banale e scontato, questo film finisce per risultare inaspettatamente antipatico, anche perché nessuno dei suoi protagonisti riesce veramente a conquistare lo spettatore. Un'occasione sprecata, anche se devo dire che la maggior parte delle pellicole romantiche con protagonista Kate Hudson solitamente sono più brutte del normale. Il che mi porta a dire che, tra la miriade di scelte possibili vicine al genere (o generi) cui appartiene questo titolo, "Something Borrowed" non è la pellicola sbagliata.
Parola chiave: Giacca.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 916: "Something Borrowed" (2011) di Luke Greenfield
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ed eccomi incappato in una delle commedie romantiche più brutte di sempre. Non mediocre, proprio brutta. Senza alcunché da dire, senza protagonisti interessanti, men che meno attori capaci di rendere quantomeno apprezzabile l'esperienza. La storia è intricata senza motivo, la protagonista tutta cuori e remore monacali di un'insostenibilità unica, al pari della sua migliore amica disinibita che è antipatica. Che poi mi viene spontaneo chiedermi come cavolo possano essere migliori amiche due così. Comunque si salva solo John Krasinski, l'unico ad avere un personaggio meno detestabile degli altri, l'unico a risultare saltuariamente simpatico.
Per il resto questa pellicola è una girandola nonsense: la suorina Rachel (Ginnifer Goodwin) è segretamente innamorata di Dex (Colin Egglesfield) che però è in procinto di sposarsi con la sua migliore amica Darcy (che spero non voglia essere l'ennesimo riferimento a Jane Austen), ma da ubriaca una sera ci finisce a letto. E cosa succede? Mette su una tresca con l'uomo che ha sempre amato, vivendoci la storia d'amore che ha sempre desiderato... tutto alle spalle di Darcy (Kate Hudson), la quale a sua volta si scoprirà fedifraga. In tutta questa girandola di baggianate, chiunque racconta bugie a chiunque e nessuno ha il coraggio di dire la verità lampante, non solo allo spettatore. Quest'ultimo deve, dunque, subirsi la mancanza di trovate interessanti da parte di una sceneggiatura che annaspa, impantanata nel gioco perverso che sembra non avere mai fine: peccato che tutto il mare di falsità e correlate situazioni imbarazzanti non faccia mai ridere. Una commedia romantica, oltre che essere sdolcinata e rassicurante, si suppone intenda anche intrattenere con qualche scena divertente, qualche trovata simpatica, qualche battuta. E "Something Borrowed" (letteralmente qualcosa di prestato, il titolo fa riferimento a ciò che si dice porti fortuna a una novella sposina insieme a qualcosa di blu, qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo) fallisce su tutta la linea. Non diverte, non ispira romanticismo, non coinvolge lo spettatore. Insomma, che ne parliamo ancora a fare?
Ps. Non paghi di aver prodotto un film del genere, pare che il sequel dal titolo "Something Blue" sia in cantiere.
Box Office: $60.1 milioni
Consigli: Un esempio di commedia romantica leggermente fuori tema. A farla da padrone è il tradimento, correlato da bugie e gravidanze la cui paternità è sconosciuta. Un prodotto atipico, il che non va necessariamente a braccetto con l'originalità. Oltre a risultare banale e scontato, questo film finisce per risultare inaspettatamente antipatico, anche perché nessuno dei suoi protagonisti riesce veramente a conquistare lo spettatore. Un'occasione sprecata, anche se devo dire che la maggior parte delle pellicole romantiche con protagonista Kate Hudson solitamente sono più brutte del normale. Il che mi porta a dire che, tra la miriade di scelte possibili vicine al genere (o generi) cui appartiene questo titolo, "Something Borrowed" non è la pellicola sbagliata.
Parola chiave: Giacca.
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David di Donatello 2015: nomination e vincitori
Fresche di oggi, ecco le candidature della 59esima edizione dei David di Donatello. La cerimonia di premiazione si terrà il 12 giugno.
Anime nere
Hungry Hearts
Il giovane favoloso
Mia madre
Torneranno i prati
MIGLIORE REGISTA
Anime nere - Francesco MUNZI
Hungry Hearts - Saverio COSTANZO
Il giovane favoloso - Mario MARTONE
Mia madre - Nanni MORETTI
Torneranno i prati - Ermanno OLMI
MIGLIORE REGISTA ESORDIENTE
Banana - Andrea JUBLIN
Cloro - Lamberto SANFELICE
N-capace - Eleonora DANCO
Se Dio vuole - Edoardo FALCONE
Vergine giurata - Laura BISPURI
MIGLIORE SCENEGGIATURA
Anime nere - Francesco MUNZI, Fabrizio RUGGIRELLO, Maurizio BRAUCCI
Hungry Hearts - Saverio COSTANZO
Il giovane favoloso - Mario MARTONE, Ippolita DI MAJO
Noi e la Giulia - Edoardo LEO, Marco BONINI
Mia madre - Nanni MORETTI, Francesco PICCOLO, Valia SANTELLA
MIGLIORE PRODUTTORE
Anime nere - Cinemaundici e Babe Films, con Rai Cinema
Il giovane favoloso - Palomar, Rai Cinema
Il ragazzo invisibile - Nicola GIULIANO, Francesca CIMA, Carlotta CALORI per Indigo Film, con Rai Cinema
Le meraviglie - Carlo CRESTO-DINA
Mia madre - Nanni MORETTI per Sacher Film, Domenico PROCACCI per Fandango, con Rai Cinema
MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA
Hungry Hearts - Alba ROHRWACHER
Latin Lover - Virna LISI
Mia madre - Margherita BUY
Nessuno si salva da solo - Jasmine TRINCA
Scusate se esisto! - Paola CORTELLESI
Alba Rohrwacher sarebbe entrata in cinquina anche per il film Vergine Giurata, ma da Regolamento viene candidata solo per il film più votato.
MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA
Anime nere - Fabrizio FERRACANE
Il giovane favoloso - Elio GERMANO
Il nome del figlio - Alessandro GASSMANN
Nessuno si salva da solo - Riccardo SCAMARCIO
Se Dio vuole - Marco GIALLINI
MIGLIORE ATTRICE NON PROTAGONISTA
Anime nere - Barbora BOBULOVA
Il nome del figlio - Micaela RAMAZZOTTI
Il ragazzo invisibile - Valeria GOLINO
Mia madre - Giulia LAZZARINI
Noi e la Giulia - Anna FOGLIETTA
MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA
Il nome del figlio - Luigi LO CASCIO
Il ragazzo invisibile - Fabrizio BENTIVOGLIO
Mia madre - Nanni MORETTI
Noi e la Giulia - Claudio AMENDOLA
Noi e la Giulia - Carlo BUCCIROSSO
MIGLIORE AUTORE DELLA FOTOGRAFIA
Anime nere - Vladan RADOVIC
Hungry Hearts - Fabio CIANCHETTI
Il giovane favoloso - Renato BERTA
Il ragazzo invisibile - Italo PETRICCIONE
Torneranno i prati - Fabio OLMI
MIGLIORE MUSICISTA
Anime nere - Giuliano TAVIANI
Hungry Hearts - Nicola PIOVANI
Il giovane favoloso - Sascha RING (Apparat)
Il ragazzo invisibile - Ezio BOSSO, Federico DE ROBERTIS
Torneranno i prati - Paolo FRESU
MIGLIORE CANZONE ORIGINALE
Anime nere - “ANIME NERE”
Il ragazzo invisibile - “WRONG SKIN”
Nessuno si salva da solo - “ELIS”
Sei mai stata sulla luna? - “SEI MAI STATA SULLA LUNA?”
Take Five - “BONESEMPIO”
MIGLIORE SCENOGRAFO
Anime nere - Luca SERVINO
Il giovane favoloso - Giancarlo MUSELLI
Maraviglioso Boccaccio - Emita FRIGATO
Noi e la Giulia - Paki MEDURI
Torneranno i prati - Giuseppe PIRROTTA
MIGLIORE COSTUMISTA
Anime nere - Marina ROBERTI
Il giovane favoloso - Ursula PATZAK
Latin Lover - Alessandro LAI
Maraviglioso Boccaccio - Lina NERLI TAVIANI
Torneranno i prati - Andrea CAVALLETTO
MIGLIORE TRUCCATORE
Anime nere - Sonia MAIONE
Il giovane favoloso - Maurizio SILVI
Il ragazzo invisibile - Maurizio FAZZINI
Latin Lover - Ermanno SPERA
Mia madre - Enrico IACOPONI
MIGLIORE ACCONCIATORE
Anime nere - Rodolfo SIFARI
Ho ucciso Napoleone - Daniela TARTARI
Il giovane favoloso - Aldo SIGNORETTI, Alberta GIULIANI
Latin Lover - Alberta GIULIANI
Maraviglioso Boccaccio - Carlo BARUCCI
MIGLIORE MONTATORE
Anime nere - Cristiano TRAVAGLIOLI
Hungry Hearts - Francesca CALVELLI
Il giovane favoloso - Jacopo QUADRI
Italy in a Day - Massimo FIOCCHI, Chiara GRIZIOTTI
Mia madre - Clelio BENEVENTO
MIGLIOR FONICO DI PRESA DIRETTA
Anime nere - Stefano CAMPUS
Il nome del figlio - Remo UGOLINELLI
Il ragazzo invisibile - Gilberto MARTINELLI
Mia madre - Alessandro ZANON
Torneranno i prati - Francesco LIOTARD
Alessandro Zanon sarebbe entrato in cinquina anche per il film Il giovane favoloso, ma da Regolamento viene candidato solo per il film più votato.
MIGLIORI EFFETTI DIGITALI
Il giovane favoloso - Chromatica
Il ragazzo invisibile - Visualogie
La buca - Reset VFX
Noi e la Giulia - Reset VFX, Visualogie
Torneranno i prati - Rumblefish
Chromatica sarebbe entrata in cinquina anche per il film "La trattativa – stato mafia", ma da Regolamento viene candidata solo per il film più votato.
MIGLIOR DOCUMENTARIO DI LUNGOMETRAGGIO
BELLUSCONE. UNA STORIA SICILIANA - di Franco MARESCO
ENRICO LUCHERINI – NE HO FATTE DI TUTTI I COLORI - di Marco SPAGNOLI
IO STO CON LA SPOSA - di Antonio AUGUGLIARO, Gabriele DEL GRANDE, Khaled SOLIMAN AL NASSIRY
QUANDO C’ERA BERLINGUER - di Walter VELTRONI
SUL VULCANO - di Gianfranco PANNONE
MIGLIOR FILM DELL’UNIONE EUROPEA
ALABAMA MONROE – UNA STORIA D’AMORE - di Felix van GROENINGEN (Satine Film)
LA TEORIA DEL TUTTO - di James MARSH (Universal Pictures)
LOCKE - di Steven KNIGHT (Good Films)
PRIDE - di Matthew WARCHUS (Teodora Film)
STORIE PAZZESCHE - di Damián SZIFRON (Lucky Red)
MIGLIOR FILM STRANIERO
AMERICAN SNIPER - di Clint EASTWOOD (Warner Bros. Italia)
BIRDMAN - di Alejandro GONZÁLES IÑÁRRITU (20th Century Fox)
BOYHOOD - di Richard LINKLATER (Universal Pictures)
IL SALE DELLA TERRA - di Wim WENDERS (Officine UBU)
MOMMY - di Xavier DOLAN (Good Films)
MIGLIOR CORTOMETRAGGIO
DUE PIEDI SINISTRI - di Isabella Salvetti
L’ERRORE - di Brando De Sica
LA VALIGIA - di Pier Paolo Paganelli
SINUARIA - di Roberto Carta
THRILLER - di Giuseppe Marco Albano
DAVID GIOVANI
ANIME NERE - di Francesco Munzi
I NOSTRI RAGAZZI - di Ivano De Matteo
IL GIOVANE FAVOLOSO - di Mario Martone
IL RAGAZZO INVISIBILE - di Gabriele Salvatores
NOI E LA GIULIA - di Edoardo Leo
#HollywoodCiak
Bengi
David di Donatello 2015
MIGLIOR FILMAnime nere
Hungry Hearts
Il giovane favoloso
Mia madre
Torneranno i prati
MIGLIORE REGISTA
Anime nere - Francesco MUNZI
Hungry Hearts - Saverio COSTANZO
Il giovane favoloso - Mario MARTONE
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Noi e la Giulia - Carlo BUCCIROSSO
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Anime nere - Vladan RADOVIC
Hungry Hearts - Fabio CIANCHETTI
Il giovane favoloso - Renato BERTA
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Alessandro Zanon sarebbe entrato in cinquina anche per il film Il giovane favoloso, ma da Regolamento viene candidato solo per il film più votato.
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MIGLIOR DOCUMENTARIO DI LUNGOMETRAGGIO
BELLUSCONE. UNA STORIA SICILIANA - di Franco MARESCO
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LA TEORIA DEL TUTTO - di James MARSH (Universal Pictures)
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BIRDMAN - di Alejandro GONZÁLES IÑÁRRITU (20th Century Fox)
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Film 915 - Inkheart
Dopo le scelte non felicissime dell'andata, per il viaggio di ritorno ho preferito andare più sul sicuro, scelgiendo un film che avevo già visto anni fa al cinema con mio padre... #TokyoDays: film 4.
Film 915: "Inkheart" (2008) di Iain Softley
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ricordavo qualcosina di questa pellicola, principalmente legata al cast - ovvero che erano presenti Brendan Fraser quando ancora aveva i capelli e Helen Mirren -, le ambientazioni italiane (che scopro ora essere Balestrino, Albenga, Entracque and Laigueglia) e un pochino di trama. Di fatto è stato un po' come rivederlo daccapo.
La sensazione è di nuovo quella che avevo avuto al cinema, ovvero che questo "Inkheart" ecceda in artificialità: location ricreate, scenografie posticce e alcuni effetti speciali che lo sono solo sulla carta (che l'unicorso sia un cavallo bianco con un corno attaccato in fronte si vede lontano un miglio, come che il Minotauro sia un uomo con una pessima finta pelliccia addosso.
Il tentativo era quello di portare sul grande schermo la trasposizione del romanzo di Cornelia Funke che porta lo stesso titolo dell'adattamento cinematografico il cui risultato, diciamocelo pure francamente, non è un granché. Non tanto perché non ci si provi a fare qualcosa di carino - ma già il fatto che il tuo obiettivo sia il "carino" fa capire di cosa stiamo parlando -, ma perché il risultato è mediocre. La storia nulla di ché, Fraser è troppo di gomma, sua figlia Meggie (Eliza Bennett) non particolarmente simpatica e la zia (Mirren) sembra francamente bipolare, oscillando tra momenti di freddezza e chiusura a slanci materni a cui si aggiunge ogni tanto qualche prodezza da guerriera. Insomma, uno strano mix che fallisce nel tentativo di replicare quel bizzarro-divertente che alla fine in questo genere di pellicola può anche andar bene.
I cattivi, poi, lo sono all'acqua di rose, di quel genere che non finisce mai di parlare cosicché qualcuno arriva e lì sconfigge, sempre pronti a mettere in pratica la mossa vincente ma sempre troppo lenti per realizzarla di fatto. Ci sta, è una pellicola per ragazzi e l'intento non è certo quello splatter, però un briciolo di realismo in più (nell'approccio pratico) non sarebbe guastato.
Insomma, il risultato è così così. Parliamo di una pellicola di 7 anni fa: ora grazie a Dio anche i film per teenagers sono fatti come si deve.
Ps. Il cast è composto da: Brendan Fraser, Eliza Bennett, Paul Bettany, Helen Mirren, Rafi Gavron, Andy Serkis, Jim Broadbent e Sienna Guillory.
Box Office: $62,450,361
Consigli: Ho scelto di rivedere questa pellicola consapevolmente, ricercando un porto sicuro dove approdare la mia voglia di film, ormai a secco da due settimane. Dopo gli ultimi due clamorosi errori, ho preferito andare sul sicuro, un titolo non complesso, facile da capire anche senza sottotitoli e tendenzialmente di puro intrattenimento. Non è tra le migliori pellicole fantasy per famiglie, ma in mancanza d'altro fa il suo dovere. Non sarebbe la mia prima scelta se cercassi un titolo simile: oggi guarderei più che altro a "Hunger Games" o "Maze Runner - Il labirinto".
Parola chiave: Silver Tongues.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 915: "Inkheart" (2008) di Iain Softley
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ricordavo qualcosina di questa pellicola, principalmente legata al cast - ovvero che erano presenti Brendan Fraser quando ancora aveva i capelli e Helen Mirren -, le ambientazioni italiane (che scopro ora essere Balestrino, Albenga, Entracque and Laigueglia) e un pochino di trama. Di fatto è stato un po' come rivederlo daccapo.
La sensazione è di nuovo quella che avevo avuto al cinema, ovvero che questo "Inkheart" ecceda in artificialità: location ricreate, scenografie posticce e alcuni effetti speciali che lo sono solo sulla carta (che l'unicorso sia un cavallo bianco con un corno attaccato in fronte si vede lontano un miglio, come che il Minotauro sia un uomo con una pessima finta pelliccia addosso.
Il tentativo era quello di portare sul grande schermo la trasposizione del romanzo di Cornelia Funke che porta lo stesso titolo dell'adattamento cinematografico il cui risultato, diciamocelo pure francamente, non è un granché. Non tanto perché non ci si provi a fare qualcosa di carino - ma già il fatto che il tuo obiettivo sia il "carino" fa capire di cosa stiamo parlando -, ma perché il risultato è mediocre. La storia nulla di ché, Fraser è troppo di gomma, sua figlia Meggie (Eliza Bennett) non particolarmente simpatica e la zia (Mirren) sembra francamente bipolare, oscillando tra momenti di freddezza e chiusura a slanci materni a cui si aggiunge ogni tanto qualche prodezza da guerriera. Insomma, uno strano mix che fallisce nel tentativo di replicare quel bizzarro-divertente che alla fine in questo genere di pellicola può anche andar bene.
I cattivi, poi, lo sono all'acqua di rose, di quel genere che non finisce mai di parlare cosicché qualcuno arriva e lì sconfigge, sempre pronti a mettere in pratica la mossa vincente ma sempre troppo lenti per realizzarla di fatto. Ci sta, è una pellicola per ragazzi e l'intento non è certo quello splatter, però un briciolo di realismo in più (nell'approccio pratico) non sarebbe guastato.
Insomma, il risultato è così così. Parliamo di una pellicola di 7 anni fa: ora grazie a Dio anche i film per teenagers sono fatti come si deve.
Ps. Il cast è composto da: Brendan Fraser, Eliza Bennett, Paul Bettany, Helen Mirren, Rafi Gavron, Andy Serkis, Jim Broadbent e Sienna Guillory.
Box Office: $62,450,361
Consigli: Ho scelto di rivedere questa pellicola consapevolmente, ricercando un porto sicuro dove approdare la mia voglia di film, ormai a secco da due settimane. Dopo gli ultimi due clamorosi errori, ho preferito andare sul sicuro, un titolo non complesso, facile da capire anche senza sottotitoli e tendenzialmente di puro intrattenimento. Non è tra le migliori pellicole fantasy per famiglie, ma in mancanza d'altro fa il suo dovere. Non sarebbe la mia prima scelta se cercassi un titolo simile: oggi guarderei più che altro a "Hunger Games" o "Maze Runner - Il labirinto".
Parola chiave: Silver Tongues.
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venerdì 8 maggio 2015
Film 914 - Sin City: A Dame to Kill For
Approfittando di ancora qualche ora di volo prima di atterrare in quel di Tokyo, l'ultimo film del giro d'andata... #TokyoDays: film 3.
Film 914: "Sin City: A Dame to Kill For" (2014) di Frank Miller, Robert Rodriguez
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Avevo sentito cosacce su questo film, eppure ero rimasto con il pallino di doverlo recuperare, prima o poi: l'occasione si è presentata sull'aereo, dopo che l'orrore di "A.C.O.D." mi aveva francamente maldisposto. La scelta è ricaduta su questo titolo anche perché innanzitutto avevo rivisto appositamente il primo film per prepararmi al sequel, poi perché incuriosito dal ricchissimo cast, ancora più nutrito che nel precedente (Mickey Rourke, Jessica Alba, Josh Brolin, Joseph Gordon-Levitt, Rosario Dawson, Bruce Willis, Eva Green, Dennis Haysbert, Ray Liotta, Jaime King, Christopher Lloyd, Jamie Chung, Jeremy Piven, Christopher Meloni, Juno Temple). E qual è stato il risultato? Un'altra pellicola terribile.
Più che "Sin City" dovrebbero chiamarlo "Eva Green's Boobs", perché quello che si vede maggiormente sullo schermo è il petto dell'attrice. Niente da ridire, per carità, non fosse che nel mio caso specifico mi trovavo a guardare "Sin City: A Dame to Kill For" su un aereo con altre centinaia di persone, lato corridoio, all'ora della colazione... A parte ciò, rimane comunque il fatto che questo sequel è brutto, vuoto, carico di violenza fine a se stessa.
Dove "Sin City" aveva portato un'aria inaspettatamente nuova nel mondo del cinema - ma eravamo nel 2005! -, questo secondo episodio risulta semplicemente una fotocopia svuotata di contenuti, quasi un esercizio di stile per i registi, qualcosa da dare al pubblico che aveva apprezzato l'estetica d'insieme di questo prodotto sicuramente accattivante. Peccato che la nuova storia sia maledettamente intricata di personaggi (nessuno dei quali particolarmente interessante) e presenti una cattiva-tette-al-vento che più che risultare sensuale o provocante è percepita come antipatica doppiogiochista, pagando lo scotto di una trama che sa presentarla in maniera banalmente bidimensionale (anche i cattivi fino al midollo possono risultare maledettamente affascinanti se la sceneggiatura è scritta bene). Nemmeno la vendetta tardiva di Nancy/Jessica Alba suscita alcunché: ci mette due ore a decidersi e poi, come tutti coloro che decidono di voltare pagina, dimostrare qualcosa a se stessi, fare finalmente quello che va fatto, si tinge i capelli. E ci sta malissimo (il che per Jessica Alba è certamente una novità).
Insomma ora ho capito il perché del clamoroso flop al botteghino (il film è costato 65 milioni di dollari; il precedente ne era costato 25 in meno e ne aveva incassati $158.8 milioni), anche se non mi spiego come abbiano potuto pensare di riportare al cinema questo prodotto che aveva funzionato così bene - "300" è dell'anno dopo e sono molto simili nello stile estetico e narrativo - con tanto sciagurato ritardo, riproponendo una sbiadita copia dell'originale, con l'unico apporto evidente nell'ambito dell'aumento dei protagonisti e, forse speravano, con essi anche dell'appeal del film. Ma, nonostante le belle speranze e il numero spropositato di star accorse a farsi trascrivere sui titoli di coda, "Sin City: A Dame to Kill For" è un prodotto che non ha niente da dire, è volutamente violento e volgare, ma tanto vuoto da risultare fastidioso. Rimpiango quello stronzo psicopatico di Kevin.
Film 754 - Sin City
Box Office: $39.4 milioni
Consigli: Non dico che per i fan del franchise o del fumetto questo sia un titolo privo di valore - di qualunque natura esso sia -, semplicemente per tutti gli altri il ritorno al cinema di "Sin City" sarà sicuramente di poco interesse. Fastidiosamente volgare, tanto violento da risultare alla lunga difficile da sopportare, il film fallisce nel suo intento di intrattenere il pubblico solleticandone l'animo dark e pulp. Il risultato finale è fiacco e la bella estetica che tanto aveva colpito con il primo episodio, qui sembra essere l'unica ragione che ha riportato alla vita cinematografica il fumetto di Miller. Quindi sì, "A Dame to Kill For" si può vedere, soprattutto nell'ottica di completare il quadro d'insieme, ma no, non se ne rimane soddisfatti. E alla fine ti chiedi se non sarebbe stato meglio conservare il ricordo del primo, riuscito, "Sin City".
Parola chiave: Vendetta.
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#HollywoodCiak
Bengi
Film 914: "Sin City: A Dame to Kill For" (2014) di Frank Miller, Robert Rodriguez
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Avevo sentito cosacce su questo film, eppure ero rimasto con il pallino di doverlo recuperare, prima o poi: l'occasione si è presentata sull'aereo, dopo che l'orrore di "A.C.O.D." mi aveva francamente maldisposto. La scelta è ricaduta su questo titolo anche perché innanzitutto avevo rivisto appositamente il primo film per prepararmi al sequel, poi perché incuriosito dal ricchissimo cast, ancora più nutrito che nel precedente (Mickey Rourke, Jessica Alba, Josh Brolin, Joseph Gordon-Levitt, Rosario Dawson, Bruce Willis, Eva Green, Dennis Haysbert, Ray Liotta, Jaime King, Christopher Lloyd, Jamie Chung, Jeremy Piven, Christopher Meloni, Juno Temple). E qual è stato il risultato? Un'altra pellicola terribile.
Più che "Sin City" dovrebbero chiamarlo "Eva Green's Boobs", perché quello che si vede maggiormente sullo schermo è il petto dell'attrice. Niente da ridire, per carità, non fosse che nel mio caso specifico mi trovavo a guardare "Sin City: A Dame to Kill For" su un aereo con altre centinaia di persone, lato corridoio, all'ora della colazione... A parte ciò, rimane comunque il fatto che questo sequel è brutto, vuoto, carico di violenza fine a se stessa.
Dove "Sin City" aveva portato un'aria inaspettatamente nuova nel mondo del cinema - ma eravamo nel 2005! -, questo secondo episodio risulta semplicemente una fotocopia svuotata di contenuti, quasi un esercizio di stile per i registi, qualcosa da dare al pubblico che aveva apprezzato l'estetica d'insieme di questo prodotto sicuramente accattivante. Peccato che la nuova storia sia maledettamente intricata di personaggi (nessuno dei quali particolarmente interessante) e presenti una cattiva-tette-al-vento che più che risultare sensuale o provocante è percepita come antipatica doppiogiochista, pagando lo scotto di una trama che sa presentarla in maniera banalmente bidimensionale (anche i cattivi fino al midollo possono risultare maledettamente affascinanti se la sceneggiatura è scritta bene). Nemmeno la vendetta tardiva di Nancy/Jessica Alba suscita alcunché: ci mette due ore a decidersi e poi, come tutti coloro che decidono di voltare pagina, dimostrare qualcosa a se stessi, fare finalmente quello che va fatto, si tinge i capelli. E ci sta malissimo (il che per Jessica Alba è certamente una novità).
Insomma ora ho capito il perché del clamoroso flop al botteghino (il film è costato 65 milioni di dollari; il precedente ne era costato 25 in meno e ne aveva incassati $158.8 milioni), anche se non mi spiego come abbiano potuto pensare di riportare al cinema questo prodotto che aveva funzionato così bene - "300" è dell'anno dopo e sono molto simili nello stile estetico e narrativo - con tanto sciagurato ritardo, riproponendo una sbiadita copia dell'originale, con l'unico apporto evidente nell'ambito dell'aumento dei protagonisti e, forse speravano, con essi anche dell'appeal del film. Ma, nonostante le belle speranze e il numero spropositato di star accorse a farsi trascrivere sui titoli di coda, "Sin City: A Dame to Kill For" è un prodotto che non ha niente da dire, è volutamente violento e volgare, ma tanto vuoto da risultare fastidioso. Rimpiango quello stronzo psicopatico di Kevin.
Film 754 - Sin City
Box Office: $39.4 milioni
Consigli: Non dico che per i fan del franchise o del fumetto questo sia un titolo privo di valore - di qualunque natura esso sia -, semplicemente per tutti gli altri il ritorno al cinema di "Sin City" sarà sicuramente di poco interesse. Fastidiosamente volgare, tanto violento da risultare alla lunga difficile da sopportare, il film fallisce nel suo intento di intrattenere il pubblico solleticandone l'animo dark e pulp. Il risultato finale è fiacco e la bella estetica che tanto aveva colpito con il primo episodio, qui sembra essere l'unica ragione che ha riportato alla vita cinematografica il fumetto di Miller. Quindi sì, "A Dame to Kill For" si può vedere, soprattutto nell'ottica di completare il quadro d'insieme, ma no, non se ne rimane soddisfatti. E alla fine ti chiedi se non sarebbe stato meglio conservare il ricordo del primo, riuscito, "Sin City".
Parola chiave: Vendetta.
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giovedì 7 maggio 2015
Film 930 - Avengers: Age of Ultron
Il film forse più atteso della stagione, sicuro campione di incassi eppure atteso al varco per monitorarne ogni aspetto, dalla qualità al box-office ai record da infrangere. Non potevo aspettare o temporeggiare, il momento degli Avengers è adesso.
Film 930: "Avengers: Age of Ultron" (2015) di Joss Whedon
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi, Carla, Claudia
Pensieri: Gli Avengers 3 anni fa avevano convinto praticamente tutti ad andare a vederli al cinema, almeno per farsi un'idea di cosa volesse dire avere Thor, Capitan America, Hulk e Iron Man riuniti sullo stesso schermo (una figata, sinceramente). Questo secondo richiamo, vaccino contro il malessere da quotidianità, era scontato facesse faville al botteghino, ma non così scontato che avrebbe riportato gli stessi clamorosi successi del primo film ($1.518 miliardi). A due settimane dalla sua uscita pare evidente che anche questo secondo episodio riuscirà nella titanica impresa di conquistare miliardi e fare felici la Marvel e Stan Lee. Ma anche noi.
"Avengers: Age of Ultron" ha, appunto, meno di quel magico appeal che il primo "The Avengers" aveva, mancando il richiamo della novità e l'eccitazione da mix di personaggi (quello che proviamo ora per il connubio tra Batman e Superman, per dire). Ora che tutti i vari supereroi hanno trovato un loro spazio - sia nella storia che nel calendario Marvel, che come sappiamo prevede uscite a pioggia di pellicole tratte da fumetti da qui al 2020 -, la curiosità derivava più che altro da una serie di aspetti che per l'altro film erano più relativi: di cosa si parlerà? Come sarà il risultato finale? Sarà un degno successore, nonché una buona storia capace di valorizzare tutto ciò che su ognuno dei personaggi è già stato prodotto?
Perché diciamoci la verità, anche se "The Avengers" avesse fatto schifo, in tanti sarebbero accorsi comunque a vederlo anche solo per togliersi lo sfizio di cui si parlava all'inizio, mentre questa volta la scommessa era proprio riportare in sala tutti gli spettatori riuscendo nell'impresa di dare loro qualcosa non solo che valesse la pena di essere visto, ma anche migliore del precedente, sia a livello di storia che di realizzazione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, direi a caldo (il film l'ho visto ieri sera) che ci siamo, per quanto alcune questioni ancora mi rimbalzino in testa. In particolare: l'inizio del film mi è sembrato un po' lento, non riuscivo a capire bene dove si volesse andare a parare, nonostante il piacere di passare un po' di tempo in compagnia degli Avengers; poi la questione dei gemelli Wanda e Pietro, che dopo un inizio scoppiettante e carico di odio represso, cambiano idea in un batter d'occhio. Ok che, come dice la ragazza, Ultron non lascia loro molta scelta, ma allearsi con colui che hanno disprezzato dalla loro infanzia in poi, motivo scatenante per il quale si sono sottoposti a esperimenti e mutamenti genetici... Insomma, mi sembra un tantino avventato. Non impossibile, certo, ma forse una decisione da maturare con un minimo approfondimento in più. Poi capisco che la pellicola già dura 141 minuti e se si fossero dovevano aggiungere anche i turbamenti psicologici dei gemelli forse andavamo un pochino alla deriva. Tant'è, io mi sono comunque chiesto se non si sia un po' tirato via.
Per quanto riguarda il nemico Ultron, invece, devo dire che ho apprezzato. Cattivo è cattivo, sembra pure umanamente pazzo, nonostante sia un robot. Ecco, forse a volte è perfino troppo umano per essere un'intelligenza artificiale superiore. Sull'intelligenza artificiale direi che ci si stia sbizzarrendo alquanto ultimamente. "Humandroid", "Ex Machina", "Oblivion", "Interstellar", "Automata" sono tutti titoli che recentemente hanno messo l'A.I. al centro delle loro storie, dunque non mi stupisco che anche Joss Whedon ne abbia fatto cospicuo uso. Che poi, da profano delle storie originali, non so dire se Stan Lee avesse già spiattellato questa idea in qualche fumetto. In ogni caso Ultron è promosso, la sua realizzazione è buona, la sua presenza in scena spesso inquietante, tanto che pare la produzione prenda in prestito un linguaggio cinematografico più comune a quello dell'horror che dei blockbuster commerciali.
Relativamente la realizzazione, invece, direi che i $330.6 milioni spesi per produrre il film siano stati opportunamente spesi. Solo alcune scene mi sono sembrate sotto lo standard, concentrate principalmente nella scena iniziale di Sokovia con il barone Wolfgang von Strucker. Niente di grave, si tratta solo di una serie di sequenze velocissime in cui mi è parso tutto talmente veloce da palesarne la finzione. Il risultato finale non ne risente e, anzi, certe scene sono talmente spettacolari da risultare sbalorditive (vedi l'ultima in cui tutti i Vendicatori combattono insieme).
In generale, quindi, attesto la mia soddisfazione relativamente a "Avengers: Age of Ultron", blockbuster testosteronico che riesce però a piacere un po' a tutti, giocandosi i suoi assi nella manica in maniera intelligente, calibrando bene le dosi tra scazzottate e distruzione totale, comicità, colpi di scena, nerdismo spinto e perfino qualche rassicurante quadretto familiare convenzionale. Insomma, non manca nulla e anche se magari non ha esattamente un'attitudine filosofica, quantomeno riesce perfettamente nel suo intento primario: intrattenere lasciando soddisfatti. E, da non sottovalutare, pur essendo il secondo capitolo di una quadrilogia ("Avengers: Infinity War" uscirà diviso in due parti il 4 maggio 2018 e il 3 maggio 2019), non si ha mai la sensazione che si tratti di una storia-ponte funzionale solo a traghettare gli eventi ai prossimi episodi e spillarci qualche soldino in più. E' puro intrattenimento: bello da guardare e piacevole da seguire. Bel sequel. - The Avengers
Film 411 - The Avengers
Film 808 - The Avengers
Film 1568 - The Avengers
Film 930 - Avengers: Age of Ultron
Film 932 - Avengers: Age of Ultron
Film 1177 - Avengers: Age of Ultron
Film 1571 - Avengers: Age of Ultron
Film 1613 - Avengers: Infinity War
Film 1717 - Avengers: Infinity War
Film 1757 - Avengers: Endgame
Film 1792 - Avengers: Endgame
Film 2023 - Avengers: Endgame
- Captain America
Film 695 - Captain America - Il primo vendicatore
Film 1660 - Captain America: The First Avenger
Film 814 - Captain America: The Winter Soldier
Film 1156 - Captain America: Civil War
Film 1395 - Captain America: Civil War
- Thor
Film 268 - Thor
Film 1191 - Thor
Film 1659 - Thor
Film 631 - Thor: The Dark World
Film 1193 - Thor: The Dark World
Film 1447 - Thor: Ragnarok
- Iron Man
Film 543 - Iron Man 2
Film 676 - Iron Man 3
- Ant-Man
Film 1004 - Ant-Man
Film 1195 - Ant-Man
- Doctor Strange
Film 1250 - Doctor Strange
Film 1433 - Doctor Strange
- Spider-Man
Film 1394 - Spider-Man: Homecoming
Film 1653 - Spider-Man: Homecoming
Film 467 - The Amazing Spider-Man
Film 718 - The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro
- Black Panther
Film 1612 - Black Panther
Box Office: $677.1 milioni (ad oggi)
Consigli: I personaggi sono tanti, ma la storia riesce abbastanza bene a raccontarli in maniera non bidimensionale. E' vero che ci si concentra più su alcuni di loro (Iron Man, Capitan America e Vedova Nera), ma in generale il racconto è ben bilanciato. Il cast non è ricco, di più: Robert Downey Jr., Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Chris Evans, Scarlett Johansson, Jeremy Renner, Don Cheadle, Aaron Taylor-Johnson, Elizabeth Olsen, Paul Bettany, Cobie Smulders, Anthony Mackie, Hayley Atwell, Idris Elba, Stellan Skarsgård, James Spader, Samuel L. Jackson, Linda Cardellini, Claudia Kim, Thomas Kretschmann, Andy Serkis, Julie Delpy. Anche solo per il districarsi di tutti i loro personaggi all'interno della storia, Whedon dovrebbe essere apprezzato per esser riuscito a portare a compimento questa missione di sceneggiatura. Un plauso anche per aver compinato i vari universi dei singoli supereroi in un unico scenario generale che non li mortifica e ne conserva le caratteristiche identitarie. Il compito non era facile, considerate anche le aspettative un po' da tutte le parti. Il risultato finale è un secondo capitolo sugli Avengers solido e di grandissimo intrattenimento, con scene d'azione mozzafiato e un nemico robotico che parrebbe davvero invincibile. Insomma, "Avengers: Age of Ultron" è un titolo perfetto per chi ama i supereoi (tutti o anche uno solo della combricola), ma anche per chi apprezza i film d'azione o in generale i blockbuster americani. Perfetto per lasciarsi trasportare in una vera e propria avventura ai confini tra il nostro mondo e ancora non si sa quanti altri (vedi la scena finale dopo i titoli di coda!), per una serata carica di emozioni. Si esce dal cinema imitando le mosse di uno qualunque dei Vendicatori...
Parola chiave: Gemme dell'Infinito.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 930: "Avengers: Age of Ultron" (2015) di Joss Whedon
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi, Carla, Claudia
Pensieri: Gli Avengers 3 anni fa avevano convinto praticamente tutti ad andare a vederli al cinema, almeno per farsi un'idea di cosa volesse dire avere Thor, Capitan America, Hulk e Iron Man riuniti sullo stesso schermo (una figata, sinceramente). Questo secondo richiamo, vaccino contro il malessere da quotidianità, era scontato facesse faville al botteghino, ma non così scontato che avrebbe riportato gli stessi clamorosi successi del primo film ($1.518 miliardi). A due settimane dalla sua uscita pare evidente che anche questo secondo episodio riuscirà nella titanica impresa di conquistare miliardi e fare felici la Marvel e Stan Lee. Ma anche noi.
"Avengers: Age of Ultron" ha, appunto, meno di quel magico appeal che il primo "The Avengers" aveva, mancando il richiamo della novità e l'eccitazione da mix di personaggi (quello che proviamo ora per il connubio tra Batman e Superman, per dire). Ora che tutti i vari supereroi hanno trovato un loro spazio - sia nella storia che nel calendario Marvel, che come sappiamo prevede uscite a pioggia di pellicole tratte da fumetti da qui al 2020 -, la curiosità derivava più che altro da una serie di aspetti che per l'altro film erano più relativi: di cosa si parlerà? Come sarà il risultato finale? Sarà un degno successore, nonché una buona storia capace di valorizzare tutto ciò che su ognuno dei personaggi è già stato prodotto?
Perché diciamoci la verità, anche se "The Avengers" avesse fatto schifo, in tanti sarebbero accorsi comunque a vederlo anche solo per togliersi lo sfizio di cui si parlava all'inizio, mentre questa volta la scommessa era proprio riportare in sala tutti gli spettatori riuscendo nell'impresa di dare loro qualcosa non solo che valesse la pena di essere visto, ma anche migliore del precedente, sia a livello di storia che di realizzazione.
Per quanto riguarda il primo aspetto, direi a caldo (il film l'ho visto ieri sera) che ci siamo, per quanto alcune questioni ancora mi rimbalzino in testa. In particolare: l'inizio del film mi è sembrato un po' lento, non riuscivo a capire bene dove si volesse andare a parare, nonostante il piacere di passare un po' di tempo in compagnia degli Avengers; poi la questione dei gemelli Wanda e Pietro, che dopo un inizio scoppiettante e carico di odio represso, cambiano idea in un batter d'occhio. Ok che, come dice la ragazza, Ultron non lascia loro molta scelta, ma allearsi con colui che hanno disprezzato dalla loro infanzia in poi, motivo scatenante per il quale si sono sottoposti a esperimenti e mutamenti genetici... Insomma, mi sembra un tantino avventato. Non impossibile, certo, ma forse una decisione da maturare con un minimo approfondimento in più. Poi capisco che la pellicola già dura 141 minuti e se si fossero dovevano aggiungere anche i turbamenti psicologici dei gemelli forse andavamo un pochino alla deriva. Tant'è, io mi sono comunque chiesto se non si sia un po' tirato via.
Per quanto riguarda il nemico Ultron, invece, devo dire che ho apprezzato. Cattivo è cattivo, sembra pure umanamente pazzo, nonostante sia un robot. Ecco, forse a volte è perfino troppo umano per essere un'intelligenza artificiale superiore. Sull'intelligenza artificiale direi che ci si stia sbizzarrendo alquanto ultimamente. "Humandroid", "Ex Machina", "Oblivion", "Interstellar", "Automata" sono tutti titoli che recentemente hanno messo l'A.I. al centro delle loro storie, dunque non mi stupisco che anche Joss Whedon ne abbia fatto cospicuo uso. Che poi, da profano delle storie originali, non so dire se Stan Lee avesse già spiattellato questa idea in qualche fumetto. In ogni caso Ultron è promosso, la sua realizzazione è buona, la sua presenza in scena spesso inquietante, tanto che pare la produzione prenda in prestito un linguaggio cinematografico più comune a quello dell'horror che dei blockbuster commerciali.
Relativamente la realizzazione, invece, direi che i $330.6 milioni spesi per produrre il film siano stati opportunamente spesi. Solo alcune scene mi sono sembrate sotto lo standard, concentrate principalmente nella scena iniziale di Sokovia con il barone Wolfgang von Strucker. Niente di grave, si tratta solo di una serie di sequenze velocissime in cui mi è parso tutto talmente veloce da palesarne la finzione. Il risultato finale non ne risente e, anzi, certe scene sono talmente spettacolari da risultare sbalorditive (vedi l'ultima in cui tutti i Vendicatori combattono insieme).
In generale, quindi, attesto la mia soddisfazione relativamente a "Avengers: Age of Ultron", blockbuster testosteronico che riesce però a piacere un po' a tutti, giocandosi i suoi assi nella manica in maniera intelligente, calibrando bene le dosi tra scazzottate e distruzione totale, comicità, colpi di scena, nerdismo spinto e perfino qualche rassicurante quadretto familiare convenzionale. Insomma, non manca nulla e anche se magari non ha esattamente un'attitudine filosofica, quantomeno riesce perfettamente nel suo intento primario: intrattenere lasciando soddisfatti. E, da non sottovalutare, pur essendo il secondo capitolo di una quadrilogia ("Avengers: Infinity War" uscirà diviso in due parti il 4 maggio 2018 e il 3 maggio 2019), non si ha mai la sensazione che si tratti di una storia-ponte funzionale solo a traghettare gli eventi ai prossimi episodi e spillarci qualche soldino in più. E' puro intrattenimento: bello da guardare e piacevole da seguire. Bel sequel. - The Avengers
Film 411 - The Avengers
Film 808 - The Avengers
Film 1568 - The Avengers
Film 930 - Avengers: Age of Ultron
Film 932 - Avengers: Age of Ultron
Film 1177 - Avengers: Age of Ultron
Film 1571 - Avengers: Age of Ultron
Film 1613 - Avengers: Infinity War
Film 1717 - Avengers: Infinity War
Film 1757 - Avengers: Endgame
Film 1792 - Avengers: Endgame
Film 2023 - Avengers: Endgame
- Captain America
Film 695 - Captain America - Il primo vendicatore
Film 1660 - Captain America: The First Avenger
Film 814 - Captain America: The Winter Soldier
Film 1156 - Captain America: Civil War
Film 1395 - Captain America: Civil War
- Thor
Film 268 - Thor
Film 1191 - Thor
Film 1659 - Thor
Film 631 - Thor: The Dark World
Film 1193 - Thor: The Dark World
Film 1447 - Thor: Ragnarok
- Iron Man
Film 543 - Iron Man 2
Film 676 - Iron Man 3
- Ant-Man
Film 1004 - Ant-Man
Film 1195 - Ant-Man
- Doctor Strange
Film 1250 - Doctor Strange
Film 1433 - Doctor Strange
- Spider-Man
Film 1394 - Spider-Man: Homecoming
Film 1653 - Spider-Man: Homecoming
Film 467 - The Amazing Spider-Man
Film 718 - The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro
- Black Panther
Film 1612 - Black Panther
Box Office: $677.1 milioni (ad oggi)
Consigli: I personaggi sono tanti, ma la storia riesce abbastanza bene a raccontarli in maniera non bidimensionale. E' vero che ci si concentra più su alcuni di loro (Iron Man, Capitan America e Vedova Nera), ma in generale il racconto è ben bilanciato. Il cast non è ricco, di più: Robert Downey Jr., Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Chris Evans, Scarlett Johansson, Jeremy Renner, Don Cheadle, Aaron Taylor-Johnson, Elizabeth Olsen, Paul Bettany, Cobie Smulders, Anthony Mackie, Hayley Atwell, Idris Elba, Stellan Skarsgård, James Spader, Samuel L. Jackson, Linda Cardellini, Claudia Kim, Thomas Kretschmann, Andy Serkis, Julie Delpy. Anche solo per il districarsi di tutti i loro personaggi all'interno della storia, Whedon dovrebbe essere apprezzato per esser riuscito a portare a compimento questa missione di sceneggiatura. Un plauso anche per aver compinato i vari universi dei singoli supereroi in un unico scenario generale che non li mortifica e ne conserva le caratteristiche identitarie. Il compito non era facile, considerate anche le aspettative un po' da tutte le parti. Il risultato finale è un secondo capitolo sugli Avengers solido e di grandissimo intrattenimento, con scene d'azione mozzafiato e un nemico robotico che parrebbe davvero invincibile. Insomma, "Avengers: Age of Ultron" è un titolo perfetto per chi ama i supereoi (tutti o anche uno solo della combricola), ma anche per chi apprezza i film d'azione o in generale i blockbuster americani. Perfetto per lasciarsi trasportare in una vera e propria avventura ai confini tra il nostro mondo e ancora non si sa quanti altri (vedi la scena finale dopo i titoli di coda!), per una serata carica di emozioni. Si esce dal cinema imitando le mosse di uno qualunque dei Vendicatori...
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Robert Downey Jr.,
Samuel L. Jackson,
Scarlett Johansson
Film 913 - A.C.O.D.
Proseguendo con i film ad alta quota... #TokyoDays: film 2.
Film 913: "A.C.O.D." (2013) di Stu Zicherman
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Adam Scott lo seguo abbastanza piacevolmente dai tempi in cui faceva l'amico gay di JLo in "Quel mostro di suocera", ancora più volentieri da quando ha preso parte al cast di "Parks and Recreation" con la mia amata Amy Poehler, presente anche lei in questo film. Quindi, diciamo, che "A.C.O.D." (l'acronimo sta per Adult Children of Divorce, che più o meno vuole indicare il figlio ormai adulto di una coppia divorziata) sembrava sia riflettere i miei gusti in fatto di attori, sia fornirmi quel necessario svago da traversata oceanica di quasi 10 ore di volo. Errore.
Già perché anche senza comprendere alle perfezione tutte le battute - ma assicuro che ne ho capite un bel po' - questa pellicola è brutta. E non fa ridere, il che è peggio se consideriamo che è una commedia che vuole ironizzare sul divorzio.
Più che un film, a me è sembrato una gran accozzaglia di luoghi comuni presentati in salsa indie-film indipendente, il tutto per giustificare una tentata comicità senza freni su genitori pazzi che divorziano e relativo mondo parallelo di follia che contribuiscono a creare e una trama che si crede non convenzionale solo perché fa fare ai suoi personaggi cose pazze e dire cose ancora più senza senso. Non basta che tutti sembrino vivere in una dimensione parallela perché un prodotto si possa ritenere sufficientemente interessante o innovativo. Di divorzi, amori finiti, genitori che si lasciano, figli che ne rimangono segnati, terapie, riconciliazioni, famiglie strane o a pezzi ne abbiamo sentito parlare a iosa, il che già di per sé non aiuta a creare un prodotto nuovo, fresco. Qui ci si adagia sul già visto - pensavano non si sarebbe capito dopo i primi 10 minuti che i genitori di Carter li avremmo ritrovati di lì a poco a ricongiungersi biblicamente dopo anni di guerra tra ex? - e non si punta nemmeno su una comicità divertente, caratterizzando personaggi in maniera lunatica o tediosa (la finta psicologa Dr. Judith/Jane Lynch è qualcosa di insostenibile), il che porta il risultato finale a non essere nemmeno mediocre, ma proprio brutto. Ed è un vero peccato se pensiamo che si spreca un cast di attori come Scott, Poehler e Lynch ma anche Richard Jenkins, Catherine O'Hara, Clark Duke e Jessica Alba.
Insomma, considerate le aspettative che avevo (leggi commedia divertente e ironica con un bel cast e atmosfere irriverenti) questo "A.C.O.D." mi ha lasciato insoddisfatto. Anzi, non mi è proprio piaciuto per niente.
Ps. in Italia il film è uscito direttamente in dvd l'anno scorso con il titolo "A.C.O.D. - Adulti complessati originati da divorzio".
Box Office: $175,705
Consigli: Carter scopre dopo anni che la terapista che lo aveva aiutato a superare il divorzio dei suoi genitori durante l'infanzia non è in realtà un vero dottore, ma una scrittrice che, approfittando delle sue confessioni (e quelle di un altro gruppo di ragazzi nella stessa situazione), ne ha scritto un libro di successo. Questo aggiunto al fatto che il fratello minore sta per sposarsi e i loro genitori non riescono nemmeno a stare nella stessa stanza insieme per 5 minuti crea i presupposti per l'inizio di questa storia, promessa di commedia che dovrebbe ironizzare non solo sul divorzio, ma anche le assurdità che la vita porta con sé. Il film, però, non riesce nell'intento di divertire o intrattenere in maniera interessante, fatica ad imporre un'impronta personale, una visione dei vari argomenti che vada oltre il già visto e un costante e innaturale caos di fonda. E' una pellicola rumorosa e poco ispirata, un tentativo non riuscito. Vale la pena di vederlo? Io eviterei.
Parola chiave: Libro.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 913: "A.C.O.D." (2013) di Stu Zicherman
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Adam Scott lo seguo abbastanza piacevolmente dai tempi in cui faceva l'amico gay di JLo in "Quel mostro di suocera", ancora più volentieri da quando ha preso parte al cast di "Parks and Recreation" con la mia amata Amy Poehler, presente anche lei in questo film. Quindi, diciamo, che "A.C.O.D." (l'acronimo sta per Adult Children of Divorce, che più o meno vuole indicare il figlio ormai adulto di una coppia divorziata) sembrava sia riflettere i miei gusti in fatto di attori, sia fornirmi quel necessario svago da traversata oceanica di quasi 10 ore di volo. Errore.
Già perché anche senza comprendere alle perfezione tutte le battute - ma assicuro che ne ho capite un bel po' - questa pellicola è brutta. E non fa ridere, il che è peggio se consideriamo che è una commedia che vuole ironizzare sul divorzio.
Più che un film, a me è sembrato una gran accozzaglia di luoghi comuni presentati in salsa indie-film indipendente, il tutto per giustificare una tentata comicità senza freni su genitori pazzi che divorziano e relativo mondo parallelo di follia che contribuiscono a creare e una trama che si crede non convenzionale solo perché fa fare ai suoi personaggi cose pazze e dire cose ancora più senza senso. Non basta che tutti sembrino vivere in una dimensione parallela perché un prodotto si possa ritenere sufficientemente interessante o innovativo. Di divorzi, amori finiti, genitori che si lasciano, figli che ne rimangono segnati, terapie, riconciliazioni, famiglie strane o a pezzi ne abbiamo sentito parlare a iosa, il che già di per sé non aiuta a creare un prodotto nuovo, fresco. Qui ci si adagia sul già visto - pensavano non si sarebbe capito dopo i primi 10 minuti che i genitori di Carter li avremmo ritrovati di lì a poco a ricongiungersi biblicamente dopo anni di guerra tra ex? - e non si punta nemmeno su una comicità divertente, caratterizzando personaggi in maniera lunatica o tediosa (la finta psicologa Dr. Judith/Jane Lynch è qualcosa di insostenibile), il che porta il risultato finale a non essere nemmeno mediocre, ma proprio brutto. Ed è un vero peccato se pensiamo che si spreca un cast di attori come Scott, Poehler e Lynch ma anche Richard Jenkins, Catherine O'Hara, Clark Duke e Jessica Alba.
Insomma, considerate le aspettative che avevo (leggi commedia divertente e ironica con un bel cast e atmosfere irriverenti) questo "A.C.O.D." mi ha lasciato insoddisfatto. Anzi, non mi è proprio piaciuto per niente.
Ps. in Italia il film è uscito direttamente in dvd l'anno scorso con il titolo "A.C.O.D. - Adulti complessati originati da divorzio".
Box Office: $175,705
Consigli: Carter scopre dopo anni che la terapista che lo aveva aiutato a superare il divorzio dei suoi genitori durante l'infanzia non è in realtà un vero dottore, ma una scrittrice che, approfittando delle sue confessioni (e quelle di un altro gruppo di ragazzi nella stessa situazione), ne ha scritto un libro di successo. Questo aggiunto al fatto che il fratello minore sta per sposarsi e i loro genitori non riescono nemmeno a stare nella stessa stanza insieme per 5 minuti crea i presupposti per l'inizio di questa storia, promessa di commedia che dovrebbe ironizzare non solo sul divorzio, ma anche le assurdità che la vita porta con sé. Il film, però, non riesce nell'intento di divertire o intrattenere in maniera interessante, fatica ad imporre un'impronta personale, una visione dei vari argomenti che vada oltre il già visto e un costante e innaturale caos di fonda. E' una pellicola rumorosa e poco ispirata, un tentativo non riuscito. Vale la pena di vederlo? Io eviterei.
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martedì 5 maggio 2015
Film 912 - Godzilla
Primo di una lunga serie di film visti in volo alla volta del Giappone, come vuole la mia tradizione da traversata... #TokyoDays: film 1.
Film 912: "Godzilla" (2014) di Gareth Edwards
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ho cominciato da qualcosa di già visto più che altro perché, non avendo nemmeno i sottotitoli, volevo essere sicuro di capirci qualcosa. Anche perché la mia prima scelta, "This Is Where I Leave You", era talmente difficile da capire che ho dovuto abbandonare, optando per la semplicità diretta di un blockbuster... E ha funzionato!
Tra l'altro "Godzilla" lo avrei rivisto a breve comunque, aereo o meno (ho comprato il dvd appena tornato a casa...), ho solo colto l'occasione. La visione è stata un po' difficoltosa, tra una pausa cibo e bevande e l'altra, per non parlare delle difficoltà a regolare il volume, ma alla fine ce l'ho fatta. Il film mi ha soddisfatto come quando lo avevo visto al cinema e devo dire che mi è sembrato meno eternamente lungo della prima volta. Non che ne avessi sofferto, s'intende.
Ambientato tra Giappone e San Francisco (ma poi un po' in tutto il globo non appena compaiono i vari mostri), è stato buffo ritrovare nel film la destinazione (e uno degli attori-simbolo contemporanei) del mio viaggio: Ken Watanabe è il Dott. Ishiro Serizawa, lo scienziato che di fatto nella storia spiegherà a protagonista e pubblico di cosa stiamo effettivamente parlando (esplosioni nucleari, Godzilla e MUTO). Oltre a lui numerosi altri volti noti: Aaron Taylor-Johnson e Elizabeth Olsen (entrambi al cinema con "Avengers: Age of Ultron"), Bryan Cranston, Juliette Binoche, Sally Hawkins e David Strathairn. Un ottimo cast per ridare vita al preistorico mostro giapponese, un reboot hollywoodiano doveroso dopo il tremendo "Godzilla" di Roland Emmerich del 1998.
In generale ottimo risultato finale, effetti speciali (e sonori) strepitosi per una storia che si segue volentieri e funziona, che riesce a intrattenere il pubblico e - a quanto ho capito - piacere anche i fans dell'originale. Un buon lavoro.
Film 724 - Godzilla
Film 726 - Godzilla
Film 912 - Godzilla
Film 1413 - Godzilla
Film 1780 - Godzilla: King of the Monsters
Film 2000 - Godzilla vs. Kong
Film 2268 - Godzilla vs. Kong
Film 2277 - Godzilla x Kong: The New Empire
Box Office: $528.7 milioni
Consigli: Buone scene d'azione, effetti speciali a pioggia, un mostro inquietante e rumorosissimo che ha nemici intriganti quanto distruttivi. Questi gli ingredienti di "Godzilla", una scommessa più che un film, considerando cosa ne aveva fatto Hollywood del mostro giapponese neanche vent'anni fa. Ottimo risultato, un titolo commerciale ben realizzato, in grado di riaccendere la curiosità su un franchise destinato a tornare presto al cinema (il sequel nel 2018, ma anche un reboot da parte della giapponese Toho è previsto per l'anno prossimo).
Parola chiave: Energia nucleare.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 912: "Godzilla" (2014) di Gareth Edwards
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ho cominciato da qualcosa di già visto più che altro perché, non avendo nemmeno i sottotitoli, volevo essere sicuro di capirci qualcosa. Anche perché la mia prima scelta, "This Is Where I Leave You", era talmente difficile da capire che ho dovuto abbandonare, optando per la semplicità diretta di un blockbuster... E ha funzionato!
Tra l'altro "Godzilla" lo avrei rivisto a breve comunque, aereo o meno (ho comprato il dvd appena tornato a casa...), ho solo colto l'occasione. La visione è stata un po' difficoltosa, tra una pausa cibo e bevande e l'altra, per non parlare delle difficoltà a regolare il volume, ma alla fine ce l'ho fatta. Il film mi ha soddisfatto come quando lo avevo visto al cinema e devo dire che mi è sembrato meno eternamente lungo della prima volta. Non che ne avessi sofferto, s'intende.
Ambientato tra Giappone e San Francisco (ma poi un po' in tutto il globo non appena compaiono i vari mostri), è stato buffo ritrovare nel film la destinazione (e uno degli attori-simbolo contemporanei) del mio viaggio: Ken Watanabe è il Dott. Ishiro Serizawa, lo scienziato che di fatto nella storia spiegherà a protagonista e pubblico di cosa stiamo effettivamente parlando (esplosioni nucleari, Godzilla e MUTO). Oltre a lui numerosi altri volti noti: Aaron Taylor-Johnson e Elizabeth Olsen (entrambi al cinema con "Avengers: Age of Ultron"), Bryan Cranston, Juliette Binoche, Sally Hawkins e David Strathairn. Un ottimo cast per ridare vita al preistorico mostro giapponese, un reboot hollywoodiano doveroso dopo il tremendo "Godzilla" di Roland Emmerich del 1998.
In generale ottimo risultato finale, effetti speciali (e sonori) strepitosi per una storia che si segue volentieri e funziona, che riesce a intrattenere il pubblico e - a quanto ho capito - piacere anche i fans dell'originale. Un buon lavoro.
Film 724 - Godzilla
Film 726 - Godzilla
Film 912 - Godzilla
Film 1413 - Godzilla
Film 1780 - Godzilla: King of the Monsters
Film 2000 - Godzilla vs. Kong
Film 2268 - Godzilla vs. Kong
Film 2277 - Godzilla x Kong: The New Empire
Box Office: $528.7 milioni
Consigli: Buone scene d'azione, effetti speciali a pioggia, un mostro inquietante e rumorosissimo che ha nemici intriganti quanto distruttivi. Questi gli ingredienti di "Godzilla", una scommessa più che un film, considerando cosa ne aveva fatto Hollywood del mostro giapponese neanche vent'anni fa. Ottimo risultato, un titolo commerciale ben realizzato, in grado di riaccendere la curiosità su un franchise destinato a tornare presto al cinema (il sequel nel 2018, ma anche un reboot da parte della giapponese Toho è previsto per l'anno prossimo).
Parola chiave: Energia nucleare.
Trailer
#HollywoodCiak
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lunedì 4 maggio 2015
Film 911 - Insurgent
No, non potevamo assolutamente perdercelo!
Film 911: "Insurgent" (2015) di Robert Schwentke
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi, Vanina
Pensieri: Ultimo film visto prima di partire per il Giappone, questo "The Divergent Series: Insurgent" era, insieme a "Cenerentola", il titolo che non potevo perdere prima della vacanza!
Dopo aver aspettato un anno per questo secondo capitolo cinematografico della saga, finalmente l'atteso momento di andare a vederlo in sala, finalmente la curiosità di vedere come sarebbe continuata la storia, tutta l'ampia aspettativa si sarebbe un po' ridimensionata. E, diciamo, non sono rimasto insoddisfatto.
Per quanto ci siano alcune lacune, diciamo che tutto sommato questo film riesce sufficientemente a soddisfare le curiosità di un fan medio come me, uno che, per capirsi, vede volentieri le pellicole ma non legge i libri da cui sono tratte. Doverosa questa premessa dato che non potrei mai parlare di "Insurgent" in positivo o negativo riferendomi a un confronto con il libro cui si ispira (del quale, comunque, mi sono state dette pessime cose).
Questo secondo episodio tratto dalla saga scritta da Veronica Roth è, come era prevedibile, un titolo di "passaggio" che ci porta dal primo assaggio di "Divergent" al prossimo e conclusivo "Allagiant" (che sarà diviso in due parti). E' chiaro dunque che, partendo da un contesto già consolidato ed approdando ad un finale che è tale solo in termini relativi ai 119 minuti di pellicola, la storia lasci con la classica sensazione di incompiuto che è comune a tutti i secondi episodi di questo tipo di operazioni commerciali. Inoltre bisogna anche tenere presente che, a un anno di distanza dal primo e con il buon successo riscosso, con un incremento sostanziale del budget e la popolarità di Shailene Woodley, Ansel Elgort e Miles Teller in vertiginosa ascesa, il ritorno al cinema ha coinciso con una serie di accorgimenti e miglioramenti rispetto a ciò che non funzionava del precedente. Niente di veramente grave, ovviamente, ma era evidente che, differentemente da una saga come può essere quella di "Hunger Games", questo franchise risultasse puerile sotto molteplici aspetti (sceneggiatura, realizzazione, estetica, tematiche), problema non ancora del tutto risolto qui. A farla da padrone è ancora la storia d'amore tra i due protagonisti, preminente rispetto a tematiche più mature che sarebbero potute emergere grazie a certi snodi della storia (ribellione al potere centrale, rivoluzione, rapporto con i media, la circolazione delle informazioni e manipolazione della popolazione, formazione del carattere dei protagonisti di riflesso a tutto ciò che accade a loro intorno). In questo, infatti, anche "Insurgent" si rivela bloccato al livello basico che vuole questo film concentrarsi moltissimo sull'aspetto romantico e glam dell'amore ai tempi della guerra. Le tanto celebrate fazioni della precedente storia sfumano nello sfondo di eventi che vedono l'occhio della macchina da presa stringere sui due bellocci ma realistici Tris e Four (Shailene Woodley e Theo James), ormai vero fulcro di tutta la vicenda: per fare un esempio, che Tris sarà l'unica "eletta" capace di sbloccare la misteriosa scatola contente il messaggio degli antichi è chiaro fin da subito.
Ecco, quindi, che si palesa il vero limite di questa saga cinematografica, incapace di svincolarsi dall'aura teen-glam acquisita in principio nell'ottica di una maggiore presa sul pubblico che un approcio più maturo avrebbe garantito. Non è un caso, a mio avviso, che tra gli incassi di primo e secondo film la differenza sia minima, per di più in difetto per questo secondo titolo ("Divergent" $288.7 milioni contro $272.7 milioni di "Insurgent"). E' mancato, di fatto, l'obiettivo solitamente comune agli episodi successivi al primo di fidelizzare il pubblico appassionato e, soprattutto, aprirsi a nuovi possibili estimatori del franchise.
Forse perché un po' caotico nel presentare fatti e personaggi, "Insurgent" risulta un po' debole nonostante le novità che la trama propone (di cui la principale - dopo la scoperta del messaggio della misteriosa scatola - sta nel nuovo personaggio interpretato da Naomi Watts), pur riuscendo ad intrattenere adeguatamente il suo spettatore, principalmente grazie al grande apporto degli effetti speciali e dei colpi di scena della storia. Tutto sommato il risultato finale è sufficiente a soddisfare la richiesta ludica di chi guarda, presentando una certa dose di azione e componenti thriller, per quanto nell'insieme ci si sarebbe potuti aspettare qualcosa di più elaborato e consapevolmente costruito.
Film 694 - Divergent
Film 881 - Divergent
Film 1124 - Allegiant
Box Office: $272.7 milioni
Consigli: Chiaramente avrebbe senso approcciarsi a questo titolo con alle spalle l'esperienza del primo titolo, se non addirittura quella dei libri. Ciò nonostante la storia è più che facilmente comprensibile e di intrattenimento anche senza aver avuto contatti precedenti con la saga (anche la nostra amica Vanina non aveva mai sentito parlare prima di "Divergent" e si è goduta il film lo stesso). I fans della Roth non potranno che apprezzare questo nuovo incontro cinematografico con i loro beniamini, attesi nuovamente al cinema il prossimo 18 marzo ("Allegiant: Part 1") e 24 marzo 2017 ("Allegiant: Part 2"). La conclusione di questo franchise è ancora lontana, il che può far auspicare a un miglioramento qualitativo he ancora non si è verificato. "Insurgent", infatti, è un film carino che mixa elementi distopici a fantasy e thriller, ma non convince del tutto chi non è palesemente fan o è semplice spettatore. E' un titolo di intrattenimento valido per una serata spensierata, eppure ci si poteva impegnare di più. Vedremo se l'anno prossimo il messaggio sarà stato recepito.
Parola chiave: Morte apparente.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
Film 911: "Insurgent" (2015) di Robert Schwentke
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi, Vanina
Pensieri: Ultimo film visto prima di partire per il Giappone, questo "The Divergent Series: Insurgent" era, insieme a "Cenerentola", il titolo che non potevo perdere prima della vacanza!
Dopo aver aspettato un anno per questo secondo capitolo cinematografico della saga, finalmente l'atteso momento di andare a vederlo in sala, finalmente la curiosità di vedere come sarebbe continuata la storia, tutta l'ampia aspettativa si sarebbe un po' ridimensionata. E, diciamo, non sono rimasto insoddisfatto.
Per quanto ci siano alcune lacune, diciamo che tutto sommato questo film riesce sufficientemente a soddisfare le curiosità di un fan medio come me, uno che, per capirsi, vede volentieri le pellicole ma non legge i libri da cui sono tratte. Doverosa questa premessa dato che non potrei mai parlare di "Insurgent" in positivo o negativo riferendomi a un confronto con il libro cui si ispira (del quale, comunque, mi sono state dette pessime cose).
Questo secondo episodio tratto dalla saga scritta da Veronica Roth è, come era prevedibile, un titolo di "passaggio" che ci porta dal primo assaggio di "Divergent" al prossimo e conclusivo "Allagiant" (che sarà diviso in due parti). E' chiaro dunque che, partendo da un contesto già consolidato ed approdando ad un finale che è tale solo in termini relativi ai 119 minuti di pellicola, la storia lasci con la classica sensazione di incompiuto che è comune a tutti i secondi episodi di questo tipo di operazioni commerciali. Inoltre bisogna anche tenere presente che, a un anno di distanza dal primo e con il buon successo riscosso, con un incremento sostanziale del budget e la popolarità di Shailene Woodley, Ansel Elgort e Miles Teller in vertiginosa ascesa, il ritorno al cinema ha coinciso con una serie di accorgimenti e miglioramenti rispetto a ciò che non funzionava del precedente. Niente di veramente grave, ovviamente, ma era evidente che, differentemente da una saga come può essere quella di "Hunger Games", questo franchise risultasse puerile sotto molteplici aspetti (sceneggiatura, realizzazione, estetica, tematiche), problema non ancora del tutto risolto qui. A farla da padrone è ancora la storia d'amore tra i due protagonisti, preminente rispetto a tematiche più mature che sarebbero potute emergere grazie a certi snodi della storia (ribellione al potere centrale, rivoluzione, rapporto con i media, la circolazione delle informazioni e manipolazione della popolazione, formazione del carattere dei protagonisti di riflesso a tutto ciò che accade a loro intorno). In questo, infatti, anche "Insurgent" si rivela bloccato al livello basico che vuole questo film concentrarsi moltissimo sull'aspetto romantico e glam dell'amore ai tempi della guerra. Le tanto celebrate fazioni della precedente storia sfumano nello sfondo di eventi che vedono l'occhio della macchina da presa stringere sui due bellocci ma realistici Tris e Four (Shailene Woodley e Theo James), ormai vero fulcro di tutta la vicenda: per fare un esempio, che Tris sarà l'unica "eletta" capace di sbloccare la misteriosa scatola contente il messaggio degli antichi è chiaro fin da subito.
Ecco, quindi, che si palesa il vero limite di questa saga cinematografica, incapace di svincolarsi dall'aura teen-glam acquisita in principio nell'ottica di una maggiore presa sul pubblico che un approcio più maturo avrebbe garantito. Non è un caso, a mio avviso, che tra gli incassi di primo e secondo film la differenza sia minima, per di più in difetto per questo secondo titolo ("Divergent" $288.7 milioni contro $272.7 milioni di "Insurgent"). E' mancato, di fatto, l'obiettivo solitamente comune agli episodi successivi al primo di fidelizzare il pubblico appassionato e, soprattutto, aprirsi a nuovi possibili estimatori del franchise.
Forse perché un po' caotico nel presentare fatti e personaggi, "Insurgent" risulta un po' debole nonostante le novità che la trama propone (di cui la principale - dopo la scoperta del messaggio della misteriosa scatola - sta nel nuovo personaggio interpretato da Naomi Watts), pur riuscendo ad intrattenere adeguatamente il suo spettatore, principalmente grazie al grande apporto degli effetti speciali e dei colpi di scena della storia. Tutto sommato il risultato finale è sufficiente a soddisfare la richiesta ludica di chi guarda, presentando una certa dose di azione e componenti thriller, per quanto nell'insieme ci si sarebbe potuti aspettare qualcosa di più elaborato e consapevolmente costruito.
Film 694 - Divergent
Film 881 - Divergent
Film 1124 - Allegiant
Box Office: $272.7 milioni
Consigli: Chiaramente avrebbe senso approcciarsi a questo titolo con alle spalle l'esperienza del primo titolo, se non addirittura quella dei libri. Ciò nonostante la storia è più che facilmente comprensibile e di intrattenimento anche senza aver avuto contatti precedenti con la saga (anche la nostra amica Vanina non aveva mai sentito parlare prima di "Divergent" e si è goduta il film lo stesso). I fans della Roth non potranno che apprezzare questo nuovo incontro cinematografico con i loro beniamini, attesi nuovamente al cinema il prossimo 18 marzo ("Allegiant: Part 1") e 24 marzo 2017 ("Allegiant: Part 2"). La conclusione di questo franchise è ancora lontana, il che può far auspicare a un miglioramento qualitativo he ancora non si è verificato. "Insurgent", infatti, è un film carino che mixa elementi distopici a fantasy e thriller, ma non convince del tutto chi non è palesemente fan o è semplice spettatore. E' un titolo di intrattenimento valido per una serata spensierata, eppure ci si poteva impegnare di più. Vedremo se l'anno prossimo il messaggio sarà stato recepito.
Parola chiave: Morte apparente.
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