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venerdì 2 settembre 2022

Film 2130 - Nerve

Intro: L'avevo iniziato a vedere poco dopo l'uscita nelle sale, ma lo avevo abbandonato per mancanza di interesse. Poi l'altra sera con Ciarán cercavamo qualcosa di facile facile da vedere e, cercando su Netflix, l'ho ritrovato. E gli ho dato una seconda possibilità...

Film 2130: "Nerve" (2016) di Henry Joost, Ariel Schulman
Visto: dal computer portatile di Ciarán
Lingua: inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: col senno di poi, "Nerve" non è sicuramente peggio di tanti altri film che ho visto nella mia vita. Avrei potuto continuare a vivere sereno anche senza vederlo per intero? Sicuramente, ma considerato quante altre pellicole inutili ho comunque finito di vedere, non posso davvero dire che questo film si meritasse un trattamento differente.
Poi, per carità, l'ho trovato abbastanza inutile e non particolarmente innovatino nonostante proponga una storia dal piglio moderno e un po' provocatorio. La sensazione è che la provocazione stia tutta nella teoria, mentre nella pratica "Nerve" pare troppo preoccupato ad assicurarsi di mettere in scena tutti quei cliché che una parte di Hollywood pare proprio non riuscire a scrollarsi di dosso (voglio dire, nella prima mezz'ora di film ci becchiamo subito i due - bellissimi - protagonisti in mutande, nientemeno).
Insomma, questa pellicola lascia il tempo che trova, pur intrattenendo a sufficienza per la sua ora e mezza di durata.
Ps. Il film si basa sul romanzo omonimo di Jeanne Ryan.
Cast: Emma Roberts, Dave Franco, Juliette Lewis, Emily Meade, Miles Heizer, Kimiko Glenn, Machine Gun Kelly, Samira Wiley.
Box Office: $85.3 milioni
Vale o non vale: Si vede e si dimentica. Può andare bene per una serata a cervello spento, ma davvero niente di più.
Premi: /
Parola chiave: Prisoner.
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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 1 novembre 2017

Film 1429 - Enough

Titolo scelto un po' a caso tra quelli presenti nel catalogo Netflix (ok non è vero, non così a caso: quando ho visto che c'era, ho scelto di vederlo di proposito...).

Film 1429: "Enough" (2002) di Michael Apted
Visto: dall'iPad
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Si sa che JLo ha tanti talenti ma che tra questi di sicuro manca quello per la recitazione. Anche qui, soprattutto avendola seguita in lingua originale, posso dire che le buone intenzioni ci sono tutte, ma l'inadeguatezza per un ruolo più difficile e impegnato del solito si sente particolarmente.
I momenti drammatici sono quelli più complicati dove una contrita Jennifer sfodera una vocina che più stridula non si può e una serie di rughe d'espressione sulla fronte a suggerire il disagio del suo personaggio, eppure non si può fare a meno di notare l'innaturalezza e lo sforzo che la cantante/attrice è costretta a fare, pur ottenendo solamente un risultato mediocre.
Di certo non è aiutata dalla sceneggiatura, tanto mediocre quanto prevedibile, capace di salti temporali applicati con disarmante facilità, tralasciando troppo spesso approfondimenti importanti, primo fra tutti la questione della piccola figlia, per la maggior parte del tempo totalmente accondiscendente e apatica nei confronti di una situazione familiare allo sfascio e non poche volte pericolosa. JLo risolve in fretta: se la porta dietro per tutta l'America sena dirle o spiegarle nulla e affronta l'argomento solo quando il Dottor Carter di "ER" le tampona e sperona con la macchina per tentare di farle andare fuori strada. Mah...
Dunque una sorta di concorso di colpa tra un casting sfortunato e una storia non esattamente indimenticabile per un risultato finale che è banale, sì, ma non così tremendo come uno potrebbe aspettarsi. C'è ritmo e un certo pathos dal momento in cui cominciano le botte e bisogna ammettere che non si può fare a meno di domandarsi come farà o cosa architetterà JLo per scappare dalle grinfie del marito da sogno trasformatosi in incubo. Da questo punto di vista il film mi ha ricordato moltissimo alcuni prodotti simili basati su una protagonista che, sola ad affrontare il dramma, si rimbocca le maniche per salvarsi ed affrontare una situazione altrimenti potenzialmente mortale; penso a "La prossima vittima", "A letto con il nemico" o "Colpevole d'innocenza" o tanti altri ancora. Come tutti questi titoli, anche "Enough" sembra più interessato a rappresentare la violenza in maniera particolarmente cruda e dettagliata finendo per sacrificare quello che potrebbe essere invece l'aspetto più interessante della storia se approfondito, ovvero la componente psicologica. Forse ad Hollywood c'è meno tempo per pensare e tendenzialmente solo quello per reagire...
Ps. Candidato al Razzie per la peggior attrice protagonista (Lopez).
Cast: Jennifer Lopez, Billy Campbell, Juliette Lewis, Dan Futterman, Noah Wyle, Tessa Allen, Fred Ward, Bruce A. Young.
Box Office: $51,801,187
Consigli: Mi pare evidente che ci sia la volontà di presentare al pubblico una storia che abbia non solo un senso, ma anche una sorta di valore. Nonostante questo e il fatto che si tratti di un adattamento del bestseller "Black and Blue" di Anna Quindlen, bisogna ammettere che si sia davanti ad un prodotto mediocre, di puro intrattenimento e a tratti voyeuristica caratterizzazione tanto ci si prende del tempo per rappresentare le violenze domestiche. Detto ciò, tra tutto quello che ho visto fare a Jennifer Lopez, questa è certamente una non solo delle sue parti migliori, ma anche delle sue interpretazioni più decenti. Non so se possa essere di consolazione per qualcuno - o addirittura incuriosire -, in ogni caso un titolo assolutamente perdibile, eppure innocuo se scelto per una serata con qualche venatura thriller.
Parola chiave: Autodifesa.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 10 giugno 2016

Film 1153 - Jem e le Holograms

Alla ricerca di una distrazione senza impegno per la mia corsetta serale casalinga, la reminescenza dell'esistenza di questo titolo mi è parsa provvidenziale e funzionale al mio scopo.

Film 1153: "Jem e le Holograms" (2015) di Jon M. Chu
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ebbene sì, ogni tanto mi piace immergermi nel trash puro, ma del resto nel momento guardiamo-qualcosa-mentre-ci-alleniamo-sul-tapis-roulant non posso concentrarmi su prodotti eccessivamente complicati. E con questo titolo navigavo in acque tranquille.
Quello che più mi ha colpito di tutta questa operazione, comunque, non è tanto la piattezza del risultato finale, quanto la forza del rifiuto del pubblico nei confronti della riesumazione commerciale nostalgica. E' raro, infatti, che un tale disinteresse emerga tanto aggressivo, costringendo la casa di produzione a ritirare il prodotto dal cinema a sole due settimana dall'uscita in sala (la media per sala al weekend di debutto è stata di 36$...). Che "Jem and the Holograms" sia brutto è innegabile, ma non così tanto da spingere ad una débâcle tanto clamorosa. Voglio dire, film ben più tremendi sono comunque riusciti a cavarsela.
In ogni caso è inutile continuare: qui parliamo di un prodotto sciocco, ingenuo e vecchio che tenta ancora di farci credere che basti pubblicare un video "rubato" su YouTube per diventare famosi in tutto il globo (sì, forse 10 anni fa). Dunque una grandissima scemenza di film che non rende giustizia ad un cartone animato mitico e intramontabile del quale è meglio conservare un ricordo che prescinda dal suo derivato cinematografico. Un'occasione totalmente sprecata.
Ps. Il film è zeppo di camei di un certo livello. Compaiono Jimmy Fallon, Dwayne Johnson, Alicia Keys, Chris Pratt e, nella scena dopo i titoli di coda, nientemeno che Kesha nei panni dell'acerrima nemica di Jem, Pizzazz delle Misfits.
Cast: Aubrey Peeples, Stefanie Scott, Hayley Kiyoko, Aurora Perrineau, Juliette Lewis, Ryan Guzman, Molly Ringwald, Kesha, Jimmy Fallon, Dwayne Johnson, Alicia Keys, Chris Pratt.
Box Office: $2.3 milioni
Consigli: Jerrica Benton non trova il giusto riconoscimento in questo adattamento cinematografico del suo famoso gruppo Jem e le Holograms nonostante i tentativi di svecchiare la formula del fortunato cartone anni '80 per la platea attuale. Il mix di talent, raggiungimento involontario della fama e makeover da parte della casa discografica senza scrupoli, fa così tanto anni '90 a cavallo del 2000 che questa pellicola risulta non solo anacronistica per l'originale da cui deriva, ma anche alla disperata ricerca di un'identità che questo mix di elementi tirati in ballo non riesce a regalarle. Insomma, nel panorama contemporaneo in cui riesumare sembra l'imperativo imprescindibile, questa versione live-action di Jem e il suo gruppo canoro non solo non sfonda, ma non riesce nemmeno a rimanere impresso. Evitable.
Parola chiave: Robot (non avete letto male).

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 30 gennaio 2014

Film 661 - August: Osage County

Un nuovo ruolo difficile per una delle più grandi attrici di tutti i tempi. Imperdibile.

Film 661: "August: Osage County" (2013) di John Wells
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ho molto atteso questa pellicola e l'ovvio motivo era Meryl Streep, di nuovo in grado di guadagnarsi una nomination all'Oscar (la diciottesima della sua carriera), nel ruolo della matriarca spostata e sbroccata, in un film sulla famiglia la cui locandina è una rissa in salotto tra madre e figlia. Ovvero: non potevo chiedere di meglio.
Ho tre considerazioni a proposito di questo film (inutile dirlo, da vedere in inglese). La prima è che si capisce fin da subito che è tratto da una pièce teatrale (di Tracy Letts "August: Osage County", vincitrice del Premio Pulitzer). Pochissimi esterni, tutte le scene importanti girate in casa e, soprattutto, uno strabordare di dialoghi che ha il suo momento clou nella cena post funerale, con una Violet Weston incazzata nera e impasticcata come al solito. E' una scena durissima e talmente aggressiva in certi passaggi da essere faticosa, ma Meryl e, devo dire, Julia Roberts la gestiscono perfettamente.
La seconda considerazione riguarda il cast, con le due attrici appena citate in pole position. Non fosse per gli attori, infatti, "I segreti di Osage County" sarebbe semplicemente un esercizio di crudeltà gratuita, spesso volgare e fine a sé stessa. Invece non solo Meryl compone un ritratto disperato e maledettamente convincente, ma anche la Roberts le tiene testa in una maniera che non mi sarei aspettato. Tra l'altro ho molto gradito la versione in originale, che mi ha fatto riscoprire un'attrice che per moltissimo tempo ho snobbato, sicuramente anche a causa di un doppiaggio (e una doppiatrice onnipresente) non sempre funzionale. Ci si accorge della differenza tra l'interpretazione originale e quella dobbiata anche solo guardando il trailer in italiano, che tratta le situazioni trammatiche con toni quasi da commedia, come a voler stemperare una drammaticità troppo forte da digerire. Pessima scelta.
Tornando al cast, comunque, condivido appieno le due nomination all'Oscar per Meryl e Julia, entrambe in grandissima forma. Senza di loro il film non varrebbe quasi nulla, anche perché le parti restanti sono certamente meno articolate ed approfondite. Gli altri attori, comuque, sono Chris Cooper, Margo Martindale (grandissima), Ewan McGregor (sempre in gran forma), Dermot Mulroney (sempre inutile), Julianne Nicholson, Benedict Cumberbatch, Abigail Breslin e una fragilissima (ma finalmente ritrovata) Juliette Lewis. E' evidente che la scelta di un ottimo gruppo di interpreti è stata vincente per un prodotto così difficile da portare al cinema e che, si fossero scelti degli incapaci, sarebbe finito per risultare assolutamente ridicolo.
Il terzo e ultimo punto, invece, riguarda "August: Osage County" in generale. Mi aspettavo delle grandi interpretazioni ed effettivamente ci sono alcune ottime interpreti. Però, come capita con certi prodotti simili a questo, il tutto finisce un po' lì. Non è che il film sia brutto, solo non è una di quelle storie che funzionano anche solo grazie alla trama: ci vogliono soprattutto dei buoni protagonisti, altrimenti il risultato non è soddisfacente. E allora, quando le due ore di pellicola sono finite, mi sono chiesto: rivedrei questa pellicola? Sinceramente no. Sia perché tratta dei temi pesanti e c'è una crudeltà di fondo nel personaggio di Violet che è difficile da sopportare per due ore, figuriamoci per altre due; sia perché di fatto la storia non mi ha particolarmente preso.
Insomma, ho gradito l'ottima scelta del cast e gli intensi momenti di confronto familiare esasperati da pillole, traumi, lutti, infelicità, depressione e rancore. Da tutto questo, però, mi aspettavo qualcosina di più, forse addirittura di più dinamico e meno statico (poltrona-tavolo-sedia-tavolo-letto-poltrona). Ottima Julia Roberts senza trucco né filtri, grande Meryl Streep, di un'intensità sconcertante.
Ps. Il film esce oggi nelle sale italiane. Nel mondo, fino ad ora, ha incassato $38,448,511 a fronte di una spesa di 20 milioni.

[EDIT]: Un mio ulteriore pensiero a proposito di questo film nella recensione per "IL MURO mag": “I SEGRETI DI OSANGE COUNTY”: MERYL STREEP E JULIA ROBERTS, UNA COPPIA DA OSCAR

Consigli: Credo che, per i fan della Streep, sia tappa obbligata, come per quelli della Roberts, che potranno vedere la loro eroina finalmente in panni recitativi degni di nota.
La pellicola in sé è un prodotto difficile e non sempre digeribile con serenità, sia perché le tematiche sono forti, sia perché linguaggio e atteggiamenti richiedono una certa apertura mentale. Certamente intenso da questo punto di vista, il risultato finale è positivo, però, solo grazie a un cast particolarmente affiatato. Per certi aspetti mi ha ricordato "Lo zoo di vetro" di Tennessee Williams.
Parola chiave: Suicidio.

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Bengi

domenica 2 dicembre 2012

Film 486 - Cape Fear - Il promontorio della paura

Di recente il compleanno del mitico Martin Scorsese su cui, per l'occasione, mi ero documentato. E questa pellicola, tra le tante, spiccava come esempio di sperimentazione (di un genere filmico poco frequentato dal regista) tra i più riusciti.


Film 486: "Cape Fear - Il promontorio della paura" (1991) di Martin Scorsese
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Guardo "Cape Fear - Il promontorio della paura" e non capisco. Non capisco dove stia il capolavoro di un maestro, per essere più chiari. E' passata poco più di una settimana da quando l'ho visto, eppure ancora non riesco ad avere un'idea chiara in mente, a non pensare semplicemente che non mi è piaciuto.
Scopro questa mattina, invece, che "Cape Fear" è un remake di un film del '62 dallo stesso titolo, diretto da J. Lee Thompson con Gregory Peck, Robert Mitchum, Martin Balsam e Polly Bergen. A parte quest'ultima, tutti e tre gli altri attori sono presenti anche in questo film, declassati a comparse in favore di attori più consoni ad attirare il pubblico di inizio anni '90: Robert De Niro, Nick Nolte, Jessica Lange e una giovanissima Juliette Lewis (le due signore hanno ricevuto perfino una nomination all'Oscar per la loro interpretazione qui).
Detto - e nonostante - questo, il mio atteggiamento nei confronti del film in questione rimane comunque di perplessità. Di per sé non ha nulla di particolarmente fatto male, ma non ha nemmeno nulla, a mio avviso, che possa far gridare al miracolo cinematografico. Sono perfettamente conscio che 20 anni di distanza sono un gap notevole da affrontare come audience, ma nonostante la mia miglior predisposizione, sono comunque rimasto deluso dal risultato.
Partirei dal titolo, in cui ritrovo la parola 'paura': per cosa dovrei spaventarmi? Non c'è un momento di terrore nemmeno a pagarlo. Lo strampalato vestiario di Max Cady/De Niro - che mi dispiace dirlo, ma recita sempre uguale - mi ha costantemente distratto dalla possibilità di seguire seriamente i passaggi di tensione. Al contrario della paura, infatti, spesso mi è sembrato che la recitazione fosse troppo esasperata, quasi caricaturale, tanto da far perdere la sensazione di pathos che, invece, mi aspettavo di trovare come costante.
Ho trovato, poi, poco funzionale far intraprendere la strada di sgualdrina alla piccola Danielle/Juliette Lewis perchè più che la troietta eccitata dal commettere qualcosa che finalmente va contro il volere dei genitori, finisce per risultare qualcosa di ridicolo e a tratti infelice da rappresentare. Quasi mette a disagio. In questa situazione, però, ammetto che la Lewis se l'è cavata alla grande (ma scommetto che in lingua originale avrebbe reso ancora meglio la sua interpretazione).
Per il resto Nolte come passivo uomo di casa trovo sia fallimentare, mentre la Lange, per quanto abbia una mitica carriera alle spalle (due Oscar e pellicole come "Il postino suona sempre due volte", "Blue Sky", il "King Kong" del '76 e, chiaramente, "American Horror Story"), molte volte mi sembra venga sopravvalutata.
Tutto sommato "Cape Fear - Il promontorio della paura" mi è sembrato un film con ragione di esistere magari 20anni fa, ma che ha perso una parte di appeal con il passare del tempo. Vuoi perchè i generi thriller, horror, splatter o di tensione si sono omogeneizzati in un calderone ormai difficile da distinguere, vuoi perchè alla resa dei conti ultimamente De Niro si è dimostrato un attore fotocopia di sé stesso o forse ancora perchè c'è una componente recitativa che un tempo poteva risultare plausibile mentre oggi è talmente calcata da risultare buffa, di fatto questo prodotto cinematografico del mitico Scorsese non mi ha convinto e, anzi, deluso. "Shutter Island" è stato un gioiellino di sorpresa che, paragonato a questo, non sembra nemmeno provenga dalla mano dello stesso regista.
Consigli: Bella l'ambientazione del North Carolina dove il fiume Cape Fear bagna delle terre che mi hanno spesso ricordato una palude. Brutta la scena finale in barca con le rapide più finte del mondo. Sinceramente un po' trash il finale.
Tutto sommato è un pezzo di storia di un cineasta come Scorsese e sono felice di averlo visto. Ma non posso dire che sia uno dei suoi film che preferisco. Si fa guardare, ma io non l'ho amato.
Parola chiave: Vendetta.

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Ric

lunedì 2 maggio 2011

Film 248 - Parto col folle

Non sapevo cosa aspettarmi...


Film 248: "Parto col folle" (2010) di Todd Phillips
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Stefano
Pensieri: Una volta letta la filmografia del regista Todd Phillips ("Road Trip", "Starsky & Hutch", "Una notte da leoni") si inquadra perfettamente un film come questo. Prima si sapere, effettivamente, le perplessità sono molte. Dovrebbe far ridere? Presenta interessanti o originali trovate comiche? O stilistiche? Sono io che non capisco?
Questo "Due Date" (titolo originale) è, osservato dalla giusta angolazione (leggere tralasciando che a me non fa ridere), l'esempio perfetto di quella che è la commedia americana contemporanea: più fisica, sbroccata e ambigua, volgare, figlia della sfiga dei suoi protagonisti e spesso politicamente scorretta.
In Italia la formula funziona meno (lo dicono gli incassi: un film come "Una notte da leoni" che ha pronto un sequel dopo l'incasso straordinario di $461,613,371 a fronte di una spesa di $35 milioni, da noi ha incassato solo €3.780.345), sicuramente penalizzata dalla traduzione che sfavorisce l'ironia più diretta del parlato originale. Di fatto posso dire che a me questo genere di pellicole piace poco.
Ethan Chase/Galifianakis è antipatico e insopportabile, diva al limite dell'omosessualità svampita tollerabile. I camei di Michelle Monaghan e Jamie Foxx (due attori che personalmente non reggo) sono talmente inutili che avrebbero potuti essere interpretati da chiunque.
Si salvano Robert Downey Jr. che, con la sua faccia da schiaffi è il nuovo George Clooney, elegante e posato, redivivo e ricco di charme anche sporco di sabbia. Simpatica Juliette Lewis che si capisce poco se reciti o si ispiri alla sua vita reale. Ma nel complesso è decisamente perfetta per la parte.
La piega on the road pare tipica di questo regista (tra l'altro sceneggiatore di "Borat - Studio culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan"), ma non aiuta in questo caso a dare alla storia quel qualcosa in più. Nel complesso è un film che si lascia guardare (bella fotografia!), ma non strappa più di qualche sorriso.
Consigli: Se piace il genere sarà sicuramente una visione da non perdere.
Parola chiave: Barattolo di caffé.

Trailer

Ric