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mercoledì 30 ottobre 2024

Film 2316 - Salem's Lot

Intro: Sabato sono rimasto a casa e, siccome le mie coinquiline non c'erano, ho deciso di vedermi 2 horror in salotto con il proiettore. Un'idea fantastica!

Film 2316: "Salem's Lot" (2024) di Gary Dauberman
Visto: dal proiettore
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: qui in Irlanda il film è passato al cinema, ma non sono riuscito a vederlo, così l'ho recuperato in streaming. Non avevo la minima idea di cosa parlasse, tanto che non sapevo nemmeno il titolo e ho faticato a trovarlo online (la mia ricerca su Google è stata "film horror Salem"...). Siccome ricordavo il nome della città citato nel titolo, ero anche abbastabza sicuro che la storia fosse ambientata a Salem, Massachusetts e, dato che tra un paio di settimane sarò proprio a Salem, ho pensato che questa coincidenza fosse motivo sufficiente per recuperare questo titolo.
Diciamocelo subito: "Salem's Lot" non è ambientato a Salem. Lo ammetto, lì per lì sono rimasto un po' deluso perché a quel punto voleva dire che non si trattasse di una storia su streghe e persecuzioni, un po' quello che in realtà volevo (o mi aspettavo di) vedere. Ancora più sorprendente per me che mi aspettavo magie e pozioni, è stato scoprire che si trattasse di un film sui vampiri!
Passato lo shock iniziale, ulteriormente incrementato dallo scoprire che questa storia fosse tratta dal secondo romanzo nientemeno che di Stephen King, devo dire che questa pellicola mi ha soddisfatto. L'atmosfera è creata alla perfezione, buoni gli effetti speciali e la colonna sonora riesce a creare tensione e suspense senza mai esagerare o appesantire i toni; ottima la fotografia, davvero in grado di costruire un universo esteticamente coeso e particolarmente affascinante, nonché misterioso.
La cosa che forse più mi ha colpito di questo "Salem's Lot" è che il racconto non parte per niente bene: il primo atto è frettoloso e quelli che sembrano i protagonisti, di fatto o muoiono o vengono trasformati. C'è una gran confusione e tutta quella serie di fatti che andrà a costituire le basi della storia si svolge con una rapidità lascia disorientati.
Una volta stabilito che ci sono i vampiri - nessuno sembra particolarmente urbato dalla notizia, nel senso che tutti lo prendono come un dato di fatto quasi assodato, il che mi ha fatto quasi sorridere - la storia ingrana e mette a segno un colpo dopo l'altro: nessuno è al sicuro, l'antagonista è misterioso e terrificante (anche grazie al fatto che non ci viene spiegato chi sia e perché faccia quello che sta facendo), la città si sta trasformando in un covo di vampiri e i pochi rimasti non hanno molto tempo per capire come risolvere la situazione. Quando tutto sembra perduto, poi, una buonissima scena finale ambientata in un drive-in regala l'ultima corsa contro il tempo che conclude a dovere il racconto.
Onestamente, non sapendo cosa aspettarmi una volta capito che avevo completamente frainteso le premesse del film, e una volta superato l'impaccio inziale, devo dire che "Salem's Lot" è stato un'inaspettata buona scelta.
Cast: Lewis Pullman, Makenzie Leigh, Alfre Woodard, John Benjamin Hickey, Bill Camp, Jordan Preston Carter, Nicholas Crovetti, Spencer Treat Clark, William Sadler, Pilou Asbæk.
Box Office: $851,156 (solo UK e Irlanda)
Vale o non vale: Fa sufficientemente paura (soprattutto se, come me, lo vedete in casa da soli, completamente al buio), è ben girato e con una visione estetica che serve bene il racconto. I personaggi sono abbastanza intercambiabili, eppure il risultato finale funziona.
Premi: /
Parola chiave: Sacrifice.
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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 22 settembre 2021

Film 1821 - Doctor Sleep

Intro: Continuiamo con il filone 'film ispirati ad un libro di Stephen King', questa volta comodamente seduti al cinema.

Film 1821: "Doctor Sleep" (2019) di Mike Flanagan
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Eric
In sintesi: a 39 anni di distanza dall'uscita del primo film, esce nelle sale il sequel di cui probabilmente nessuno aveva bisogno.
Premesso che 152 minuti di pellicola sono veramente troppi, il film ha di base grandi problemi di ritmo e la storia all'inizio fatica ad ingranare. Poi, per carità, una volta che il racconto entra nel vivo il tutto prende anche una piega soprannaturale interessante, ma ci vuole troppo, troppo tempo perché ci si arrivi. Senza contare che il racconto di per sé sia un filino complicato.
Non so se il problema stia nei secondi capitoli delle storie di King (vedi anche il secondo "It") o se qui sia proprio colpa della sceneggiatura o di un timing tutto sbagliato, di fatto questo "Doctor Sleep" sa un po' di inutile sequel che tenta di capitalizzare sulle spalle del ben più famoso primo capitolo che, va detto, in questo caso vive di un'aura particolare. "The Shining" ha, infatti, guadagnato nel tempo la nomea di film di culto sia par l'indimenticata performance di Jack Nicholson che per le numerose scene cult che caratterizzano la pellicola di Kubrick.
Qui, invece, siamo di fronte ad un titolo senza brio che, pur cavalcando l'onda nostalgica del primo film, non riesce a regalare allo spettatore niente di particolarmente significativo o degno di attenzione.
Insomma, questo sequel di "The Shining" poteva anche rimanere un sogno irrealizzato nel cassetto.
Film 1820 - The Shining
Film 1821 - Doctor Sleep
Cast: Ewan McGregor, Rebecca Ferguson, Kyliegh Curran, Cliff Curtis, Carl Lumbly, Zahn McClarnon, Bruce Greenwood, Jacob Tremblay, Henry Thomas.
Box Office: $72.3 milioni
Vale o non vale: Meno efficace del primo film, "Doctor Sleep" un po' addormenta, un po' fatica ad ingranare nonostante un buon cast (capitanato da Ewan McGregor e Rebecca Ferguson) e l'aggancio non da poco con "The Shining". Poi, per carità, si lascia guardare, ma ci sono horror decisamente più efficaci.
Premi: /
Parola chiave: Steam.

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#HollywoodCiak
Bengi

Film 1820 - The Shining

Intro: Da un film ispirato ad un libro di Stephen King ad un altro con, in mezzo, una quarantina d'anni di distanza.

Film 1820: "The Shining" (1980) di Stanley Kubrick
Visto: dalla tv di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Eric
In sintesi: non è che avessi tutta questa smania di rivedere "The Shining", un film che avevo visto tanti anni fa e non mi aveva particolarmente colpito. La scelta è stata dettatat dal fatto che saremmo andati a vedere il sequel, "Doctor Sleep", il giorno dopo al cinema, per cui Eric doveva recuperare il titolo originale.
Ammetto che nemmeno questa volta ho subito il fascino di questo film cult che, per carità, funziona, ma rimane troppo lento e bizzarro per i miei gusti. Poi, per carità, con questa seconda visione ho compreso (o ricordato) meglio la trama e collegato con più attenzione il riferimento del titolo alla storia, ma a parte questo non posso dire di essere rimasto rapito dl film di Kubrick.
Ciò detto, innegabile che "The Shining" sia stato capace negli anni di riproporsi come titolo di culto, specialmente considerate le numerose scene indelibili rimaste nell'immaginario collettivo, una tra tutte quella dell'ascensore che "perde" sangue.
Film 1820 - The Shining
Film 1821 - Doctor Sleep
Cast: Jack Nicholson, Shelley Duvall, Scatman Crothers, Danny Lloyd.
Box Office: $47 milioni
Vale o non vale: Un horror sicuramente diverso rispetto ai canoni di oggi, anche se imperdibile per ogni cinefilo che si rispetti. Il film può piacere o meno, ma tantissimi elementi di questo titolo sono iconici.
Premi: Candidato al David di Donatello per il Migliore Produttore Straniero. Due nomination ai Razzie per la Peggior attrice protagonista (Shelley Duvall) e la Peggior regia (Stanley Kubrick).
Parola chiave: 237.

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#HollywoodCiak
Bengi

sabato 4 luglio 2020

Film 1743 - Pet Sematary

Intro: Ero abbastanza incuriosito da questa pellicola e non volevo perdermi l'occasione di vederla al cinema. Ovviamente ho dovuto aspettare per la giornata degli sconti (e meglio così visto quanto mi è piaciuta...).
Film 1743: "Pet Sematary" (2019) di Kevin Kölsch, Dennis Widmyer
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Hugh
In sintesi: mah. Come spesso accade con i film tratti dai libri di Stephen King, tante aspettative per nulla.
Onestamente avevo letto buone cose rispetto a questa pellicola, senza contare che il successo al botteghino mi aveva portato a pensare che potesse esserci una certa dose di qualità; dunque mi aspettavo un prodotto horror sufficientemente di spavento, intrigante e con qualcosa da dire vista anche la premessa originale.
Nello specifico, appunto, il film parte anche bene: nuova famiglia si trasferisce in piccola città, il gatto di famiglia muore, il padre scopre tramite un compaesano "particolare" che c'è un cimitero degli animali dove questi resuscitano e, quando la figlia muore, il padre disperato pensa bene di andarla a seppellire nel luogo miracoloso per poter avere nuovamente la bambina con sé. Inutile dire che andrà tutto in malora.
Al di là della prevedibilità di tutta una serie di elementi, ero comunque interessato a capire come la trama sarebbe evoluta, dove sarebbe andata a parare per evitare quelle ovvietà che, anche senza essere Stephen King, ci si sarebbe potuti aspettare accadessero. Di fatto, però, "Pet Sematary" fallisce nel consegnare allo spettatore una storia originale che vada oltre l'idea centrale di tutta l'operazione, ovvero il cimitero soprannaturale. Mi pare che ci sia stata tutta una buona operazione di marketing attorno a questo prodotto, sfruttando sapientemente il recente successo di "It", spingendo una certa immagine cool di questo film attraverso poster e fan art e riuscendo a veicolare l'idea che questo fosse l'ennesimo imperdibile prodotto di paura firmato dal grande autore horror. Ora non voglio dire che "Pet Sematary" sia terribile, questo no, però sicuramente manca di qualcosa da raccontare che non sappia di prevedibile o già visto. Ed è un po' un peccato.
Cast: Jason Clarke, Amy Seimetz, John Lithgow, Jeté Laurence.
Box Office: $113.1 milioni
Vale o non vale: E' il secondo adattamento tratto dal libro omonimo di Stephen King e, non avendolo visto né avendo letto il libro, fatico a contestualizzare il background da cui proviene questo prodotto. Rispetto a quello che ho visto, osso dire che "Pet Sematary" non mi ha entusiasmato, anche se rimane un'alternativa che si può tenere in considerazione se si apprezza l'opera di King e ciò che cinema e televisione ne traggono da essa o se si è alla ricerca di qualcosa sufficientemente horror e di totale disimpegno.
Premi: /
Parola chiave: Festa di compleanno.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 26 giugno 2020

Film 1730 - The DUFF

Intro: Alla ricerca di qualcosa per spegnere il cervello, ho pensato di rivedere questa pellicola.
Film 1730: "The DUFF" (2015) di Ari Sandel
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: ho voluto rivedere questo film perché me lo ricordavo simpatico e perché, dopo aver cominciato a vedere "Good Girls" (che consiglio vivamente), mi era venuta voglia di vedere qualcosa che vedesse Mae Whitman un po' più protagonista. Che io sappia, purtroppo non ci sono molti esempi a portata di mano, motivo per cui la scelta più semplice mi è sembrata quella di recuperare in lingua "The DUFF" che, tutto sommato, rappresenta una commedia facile facile perfetta per un momento di disimpegno. C'è di meglio? Sì, ma questo non vuol dire che non valga la pena recuperarlo per farsi due risate.
Film 1007 - L'A.S.S.O. nella manica
Film 1730 - The DUFF
Cast: Mae Whitman, Robbie Amell, Bella Thorne, Bianca Santos, Skyler Samuels, Romany Malco, Ken Jeong, Allison Janney.
Box Office: $43.5 milioni
Vale o non vale: Basato sul principio che in ogni gruppo di adolescenti si trova il/la ragazz* meno attraente che funge da ruota di scorta, "The DUFF" si scardina dalla sua idea di base in maniera facile e sicuramente già vista, ma beneficia della bravissima Whitman che regala una performance brillante e in parte. Il tutto per un prodotto perfettamente semplice e immediato per questo inizio di calura estiva al sapore di quarantena.
Premi: /
Parola chiave: Labels.

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lunedì 8 luglio 2019

Film 1622 - Dear John

Intro: Continuando sulla scia dell'amore, guardiamo un film che non avrei mai pensato di vedere.
Film 1622: "Dear John" (2010) di Lasse Hallström
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: amore a prima vista, guerra, sguardi melanconici alla luna, lettere, non credo si potessero aggiungere altri elementi strappalacrime per indirizzare ancora di più al romanticismo questa ennesima pellicola tratta da uno dei libri scritti da Nicholas Sparks. Non sono un suo fan, quindi fatico onestamente a trovare qualcosa di positivo a proposito di questo "Dear John". Nemmeno Channing Tatum riesce a fare la sua magia tanto l'hanno ripulito e addomesticato. Noioso.
Cast: Channing Tatum, Amanda Seyfried, Henry Thomas, Richard Jenkins, Luke Benward, Scott Porter, D.J. Cotrona.
Box Office: $114.9 milioni
Vale o non vale: Per i fan di Sparks e le sue storie d'amore che funzionano solo quando lette in un libro o raccontate al cinema. Poi ci si ricorda che la vita vera è altro e di "Dear John" ci si dimentica in un attimo.
Premi: /
Parola chiave: 11 Settembre.

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venerdì 16 novembre 2018

Film 1522 - The French Lieutenant's Woman

Intro: I always wanted to see this movie and it was about time I saved some time to just do it.
Film 1522: "The French Lieutenant's Woman" (1981), Karel Reisz
Watched: my laptop
Language: English
Watched with: no one
Briefly: "The French Lieutenant's Woman" was not what I expected it to be. I got myself mislead by a title which refers to France & army, but in the end that's not what the movie is about. Two love stories, two different settings for a plot that is divided between the struggling relationship involving the gentleman palaeontologist Charles Smithson and the enigmatic Sarah Woodruff and the actors who play them in a modern filming of the story. Meryl Streep and Jeremy Irons are romantically involved in both stories in a parallelism that drives you exactly where you expect it to lead you, except that everything just turns and what would have been impossible in the Victorian period drama story happens and what you thought to be inevitable in the real life story fades away. Sometimes a plot can still surprise you;
I find the Victorian period settings quite intriguing, with a special note on costumes (by Tom Rand) and hairstyling (for Streep bold and explosive hair). The comparison between the two plot timelines' style are obvious and well handled not in an ordinary way;
Streep and Irons are great actors and perfect for their double roles here: I was really fascinated by Streep performances, she can really be whomever she wants;
I find this art imitating art subplot really fascinating. A movie that depicts the making of a movie means to witness the process of that medium analyzing itself through its own tools, which is always compelling and worth studying.

Cast: Meryl Streep, Jeremy Irons, David Warner, Hilton McRae, Peter Vaughan, Liz Smith, Penelope Wilton.
Box Office: $26,890,068
Worth watching?: Not always perfect, but well acted and narratively intriguing. The parallelism between the two stories is the core of the plot which will surprise you in the end. Worth watching, a real Meryl Streep's fans cult.
Awards: Nominated for 5 Academy Awards (including Best Actress in a Leading Role and Best Writing, Screenplay Based on Material from Another Medium); 3 Golden Globes nomination and 1 win (Best Actress in a Motion Picture - Drama); 11 BAFTAs nomination and 3 wins (Best Actress, Best Sound and Best Score).
Key word: Film.

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giovedì 4 ottobre 2018

Film 1516 - Wonder

Intro: I was curious to see this movie, an unexpected huge box office hit that I didn't know anything about until it hit the theatres.
Film 1516: "Wonder" (2017), Stephen Chbosky
Watched: my laptop
Language: English
Watched with: Fre
Briefly: a nice movie with an heartwarming story, "Wonder" works well thanks to its cast. Jacob Tremblay is a talented young actor (he's Brie Larson kid in "Room") able to lead this project on his own shoulders; Julia Roberts and Owen Wilson are an unexpectedly well matched married couple on the screen and, of course, they know how to act;
apart from the acting point of view, this picture is filled with feel-good vibes and good intentions, even though you can tell from the start where the plot is gonna lead you. You know that the poor kid with the facial deformity (Treacher Collins syndrome) will struggle at school, as you already know that at the end he will find he's way through the pain. He'll be always different, but he'll manage to make friends and survive his first school year. So, as I was saying, "Wonder" tells you a great story, even an empowering one, but fails to deliver something new to watch.
Cast: Julia Roberts, Owen Wilson, Jacob Tremblay, Mandy Patinkin, Daveed Diggs, Izabela Vidovic.
Box Office: $305.9 milion
Worth watching?: The perfect choice if you're looking for a decent movie with a feel-good vibes heart. It is based on the 2012 novel of the same name by R. J. Palacio.
Awards: Nominated for 1 Academy Award (Best Achievement in Makeup and Hairstyling) and 1 BAFTA Award (Best Make Up/Hair).
Key word: Friendship.

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giovedì 26 aprile 2018

Film 1490 - The Mountain Between Us

Intro: Un film su un disastro aereo con Kate Winslet, ovvero la promessa di un disaster movie di qualità. Io ero già sicuro lo avrei amato.
Film 1490: "The Mountain Between Us" (2017) di Hany Abu-Assad
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: “The Mountain Between Us” è tutto ciò che non promette. Non è un disaster movie, non è un thriller, non è un bel film. Ad essere onesti è un brutto, brutto film scritto male e tratto da un romanzo che ha una storia tanto assurda e banale allo stesso tempo da far venire la pelle d’oca. Siamo ridotti a portare questo sullo schermo?;
dal momento in cui Kate ed Idris Elba si incontrano possiamo già scommettere su loro amore pronto a sbocciare. Dal momento in cui precipitano sappiamo già che sopravviveranno. Dal momento in cui la storia si tramuta in una pellicola romantica capiamo che la storia sta per diventare una cagata. Tutte e tre le “profezie” si avverano immancabilmente; serviva far precipitare un aereo per far innamorare due sconosciuti? Serviva fargli rischiare la morte per assideramento per renderli consapevoli della necessità di una scossa nella loro vita? Non credo e, se questo è il risultato, penso si potesse proprio evitare di buttare giù la sceneggiatura. Nel 2018 come si fa a prendere sul serio questa storia? Che, inoltre, manca di romanticismo e, anzi, risulta più spesso ridicola che sentimentale.
Cast: Idris Elba, Kate Winslet, Beau Bridges, Dermot Mulroney.
Box Office: $62.8 milioni
Vale o non vale: assolutamente perdibile. Brutto, con delle battute tremende e un cast totalmente sprecato. Peccato, davvero.
Premi: /
Parola chiave: Cane.

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Bengi

martedì 17 gennaio 2017

Film 1283 - Love & Friendship

Spacciato per una delle sorprese di stagione, con critiche entusiaste e caldeggianti la visione, mi sono approcciato a questa pellicola pieno di austeniane speranze...

Film 1283: "Love & Friendship" (2016) di Whit Stillman
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Lo dico subito, che ci leviamo il pensiero: "Love & Friendship" non mi è piaciuto. Mi aspettavo un film diverso, una storia diversa e probabilmente anche toni leggermente diversi e quello che ho trovato è stata tutta un'altra cosa. Probabilmente impreparato alle difficoltà tecniche di seguire senza intoppi un inglese fluentemente rapido e infastidito dal non aver trovato ciò che avrei voluto, di fatto mi sono disilluso in fretta rispetto a questo progetto.
Certamente Kate Beckinsale è stata una piacevole sorpresa e una dimostrazione alquanto inusuale del fatto che anche lei, ogni tanto, ce la possa fare. Troppo spesso bloccata in film inutili, parti sempre uguali o per nulla rilevanti, bisogna darle credito che qui, invece, sia alla fine riuscita a trovare una dimensione che le appartenga e le renda giustizia. Diversamente, ho trovato Chloë Sevigny fuori contesto, stridente in confronto alle altre interpretazioni, un po' a causa di una voce e una pronuncia strane che mi hanno lasciato perplesso ogni volta che l'attrice era in scena. Diciamo che, dove gli altri erano credibili, il suo recitare era particolarmente evidente.
Comunque, per quanto riguarda la storia - tratta da "Lady Susan" di Jane Austen -, "Love & Friendship" non mi ha impressionato e, anzi, le macchinazioni e i colpi di scena mi sono sembrati abbastanza piatti rispetto a ciò che sembrava prospettarsi all'inizio; del personaggio di Susan, la protagonista, avrei preferito una meno dichiarata ostilità e quella accortezza che, solitamente, è dote richiesta ai protagonisti di questo tipo di storie, oltre che di società. Qui è tutto così alla luce del sole che mi è parso a tratti surreale.
In ogni caso, a parte i bei costumi e scenografie naturalmente azzeccate, oltre che una presentazione dei personaggi della storia molto particolare, interessante e quasi giocosa che mi ha sorpreso in positivo, devo dire che non sono rimasto impressionato da questo titolo e, anzi, tutto sommato c'è stata anche una certa delusione.
Cast: Kate Beckinsale, Xavier Samuel, Emma Greenwell, Morfydd Clark, Jemma Redgrave, Tom Bennett, James Fleet, Justin Edwards, Jenn Murray, Stephen Fry, Chloë Sevigny.
Box Office: $19.6 milioni
Consigli: Pellicola in costume, tratta da un romanzo epistolare della famosissima Austen, con promesse di intrighi, amori segreti e pettegolezzi, un piccolo budget (3 milioni di $) e un risultato finale francamente non sufficiente. Non conoscendo l'opera letteraria da cui è tratto non so dire se quanto visto qui riporti fedelmente lo spirito del romanzo o se, semplicemente, la pellicola sia quel che è perché ne tradisce l'essenza, di fatto il risultato finale non è davvero niente di che. Si può vedere, ma tra tutto ciò che ho visto tratto dai lavori dell'autrice, questo non è certamente uno di quelli che mi sentirei di consigliare.
Parola chiave: Matrimonio.

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giovedì 11 agosto 2016

Film 1187 - The Fundamentals of Caring

Incuriosito dalla proposta di Netflix e dalla possibilità di veder recitare Selena Gomez in inglese, mi sono lasciato convincere a vedere questa pellicola.

Film 1187: "The Fundamentals of Caring" (2016) di Rob Burnett
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Direi che ci troviamo di fronte ad un titolo sufficientemente efficace, pur non straordinario. Buoni protagonisti e qualche momento interessante, ma di fatto la storia fallisce nel suo intento di consegnare allo spettatore qualcosa di nuovo o memorabile. C'è l'on the road, il riscatto, l'amicizia, la disabilità, il sapere guardare dentro le persone invece che basarsi solo sul loro aspetto, i primi amori, l'ironia di chi ha solo quell'arma per difendersi, la crescita e il gruppo di strampalati, tutto in un mix che, sì, funziona, ma devo dire che fa meno scintille di quanto mi aspettassi.
Ben Benjamin (Rudd) dà una svolta alla sua triste e insignificante vita e decide di iscriversi ad un corso per diventare un caregiver (assistente, badante) e finisce per ottenere il suo primo lavoro presso la famiglia di Trevor (Craig Roberts), adolescente affetto da distrofia muscolare. L'umorismo e il carattere del ragazzo sono peculiari e molto personali, il che porterà a battute politicamente scorrettissime e a una serie di strambe situazioni che, in realtà, porteranno il duo ad un livello di conoscenza molto personale ed intimo e, in ultima istanza, ad una vera e propria amicizia poi suggellata dall'esperienza on the road, durante la quale si aggiungeranno le due protagoniste femminili (delle quali la Gomez fa la ragazzina indipendente ed emancipata). La missione iniziale è raggiungere il buco più profondo del mondo che, curiosamente, è lo stesso presente anche nella stupende serie tv "Stranger Things" sempre di Netflix.
Coincidenze a parte, "The Fundamentals of Caring" è un titolo forse non necessario, ma sicuramente funzionale ad una piattaforma che propone, oltre che a telefilm, anche film di propria produzione (e non). Così facendo, anche storie che probabilmente faticherebbero a trovare una distribuzione nei circuiti cinematografici e comunque non totalizzerebbero grandi incassi, possono vedere la luce; sicuramente la pellicola in questione può essere inclusa in questo gruppo. Si segue volentieri e ha il pregio di concentrarsi anche su argomenti e questioni scomode, ma sicuramente non presenta quella carica, quella personalità o "magia" che le permetterebbe di distinguersi dall'enorme vastità di film simili prodotti fino ad oggi.
Ps. Tratto dal romanzo "The Revised Fundamentals of Caregiving" di Jonathan Evison.
Cast: Paul Rudd, Craig Roberts, Selena Gomez, Megan Ferguson, Jennifer Ehle, Frederick Weller, Bobby Cannavale.
Box Office: /
Consigli: Sinceramente non penso lo rivedrei, anche se non mi sono pentito della scelta. Carino e con qualche buon momento, anche se non in grado di fare la differenza. In ogni caso si può guardare, tenendo presente che, nonostante l'ironia a volte tagliente, è pur sempre una storia che tratta di malattia, disabilità, difficoltà, traumi personali e ci recita Selena gomez. Insomma, non per tutti, non per tutte le occasioni.
Parola chiave: World's deepest pit.

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sabato 30 aprile 2016

Film 1125 - The Dressmaker

Appena uscito in Italia, ho visto questo film un mesetto fa perché non riuscivo a trattenermi dalla curiosità!
Film 1125: "The Dressmaker" (2015) di Jocelyn Moorhouse
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Poe
Pensieri: Ammetto che mi aspettassi un prodotto più sciocchino, forse quasi più una commedia all'americana. Invece "The Dressmaker", che pure è simpatico e suscita qualche risata, non disdegna momenti anche molto drammatici, oltre che una certa cattiveria di fondo, il che mi ha sorpreso.
Tutto comincia con la bellissima Tilly Dunnage (Kate Winslet) che torna nel suo sperduto paesino natale australiano dopo essersi girata il mondo grazie al suo lavoro e al suo talento: la nostra protagonista è donna di stile e gusto capace di creare abiti da red carpet e di valorizzare la fisicità praticamente di chiunque. Ovviamente il suo ritorno a Dungatar creerà non poco scompiglio, sia perché la donna si presenterà ai suoi concittadini in abiti cui certamente loro non sono abituati, sia perché il suo andarsene via era legato ad un fatto del passato che aveva scosso la comunità, che aveva finito per odiarla.
Queste, a grandi linee, le premesse di una trama in grado di regalare non poche sorprese. Principalmente perché fin dall'inizio la sensazione è che di questa pellicola se ne voglia trarre un prodotto principalmente comico, uno di quelli cui siamo solitamente abituati, ma in realtà si tratta di qualcosa di meno convenzionale che si rifà a canoni leggermente diversi da quelli più (ab)usati. Anche solo per questo "The Dressmaker" si guadagna non pochi punti. In aggiunta a ciò, va detto che la Winslet è la solita ottima scelta in grado di valorizzare una pellicola con la sua capacità e bravura e qui anche con una bellezza spiazzante. Insieme a lei, altri aspetti positivi sono assolutamente i non protagonisti: la madre pazza Molly (Judy Davis) e il poliziotto en travesti Farrat (Hugo Weaving, che qui ripercorre i vecchi fasti di quel gioiellino che è "Priscilla - La regina del deserto"), insieme al sempre ben piazzato Liam Hemsworth nella parte dell'amore della protagonista.
In generale, quindi, un titolo riuscito, sorpresa piacevole e meno convenzionale di quanto non ci si potrebbe aspettare all'inizio. Sarà l'animo australiano della produzione, sarà il materiale da cui è tratto - dal romanzo di Rosalie Ham - o la semplice presenza magnetica di una Winslet in gran forma, di fatto "The Dressmaker" riesce nell'impresa di piacere e coinvolgere sufficientemente lo spettatore che, neanche a dirlo, per tutta la durata del film tiferà per l'emarginata Tilly. Insomma, un ottimo lavoro.
Ps. Vincitore di 4 AACTA Awards - gli Oscar australiani - su 13 nomination totali: Miglior attrice protagonista (Winslet) e Migliori attori non protagonisti (Davis e Weaving), Migliori costumi.
Cast: Kate Winslet, Judy Davis, Liam Hemsworth, Hugo Weaving, Sarah Snook, Kerry Fox, Rebecca Gibney, Julia Blake, Gyton Grantley, James Mackay.
Box Office: $18.34 milioni
Consigli: Un titolo carino da tenere in considerazione, soprattutto ora che è appena uscito al cinema da noi. Gran bei costumi, una Winslet che porta sulle sue spalle tutta la produzione - e ci riesce divinamente -, un cast veramente ben assortito, con due piacevoli ritrovamenti: Hugo Weaving e una grandissima Judy Davis. La storia non sarà sempre tutta lustrini e scollature pericolose, il che potrebbe stupire chi da "The Dressmaker" si aspetta solo qualche passerella e un mondo di battute, però il risultato finale è piacevole e meno 'a catena di montaggio' del solito, per cui correte al cinema e date una chance a questo film!
Parola chiave: Stewart Pettyman.

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mercoledì 30 marzo 2016

Film 1109 - Room

Ultimo titolo da Oscar che volevo recuperare!
Film 1109: "Room" (2015) di Lenny Abrahamson
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Poe
Pensieri: Ogni anno succede. Vedo quel film di cui la critica ha parlato benissimo, quella pellicola pronta a portarsi a casa Oscar e riconoscimenti e... rimango puntualmente deluso. Così lo dico, senza girarci troppo intorno: a me "Room" non ha sconvolto, Bree Larson non mi è sembrata inarrivabile e, in definitiva, il film non mi ha convinto.
Ora che finalmente posso liberarmi di questo peso - avendo visto "Room" il giorno stesso degli Oscar è un mese che attendevo di scrivere questa recensione -, mi sento un po' meglio. Ci ho riflettuto a lungo, ci ho pensato e ripensato. Per non perdermi proprio niente della pellicola l'ho anche vista in inglese. Eppure niente, non è scoccato l'idillio. Sì, la Larson è brava, il giovanissimo Jacob Tremblay particolarmente portato, ma mi ha aspettavo qualcos'altro, forse addirittura di più. Ecco perché cerco di evitare il più possibile di documentarmi sui vari titoli prima di vederli, il rischio di guastarmi la visione è sempre dietro l'angolo.
Chiaramente in questo caso era difficile schivare lo spoiler, salvaguardarsi dall'approfondimento: negli ultimi mesi il film e il suo cast sono stati sotto la lente d'ingrandimento hollywoodiana e non solo (ad oggi il film è a quota 116 candidature sparpagliate per le premiazioni e i festival di tutto il mondo), il che ha necessariamente portato a un'avvicinamento a storia e protagonisti, voluto o meno che fosse. Ed ecco perché le mie aspettative erano altre.
Da quello che avevo capito, dall'idea che mi ero fatto, pensavo che "Room" fosse più una sorta di thriller incentrato sul perché mai una donna e suo figlio avessero deciso di vivere isolati all'interno di una stanza. Magari lei era pazza. Magari al di fuori vi era uno scenario postapocalittico. Magari...
E invece la storia raccontata qui è molto diversa, è un pugno nello stomaco e, però, un colpo assestato solo a metà. Il dramma della prigionia è molto ben rappresentato, pur rimanendo all'interno di quelli che saranno sì e no 10 m²; la storia non soffre di una claustrofobia che sarebbe stata plausibile: la brava mamma di Jack è stata in grado di rendere quella prigione quasi confortevole, nonostante tutto. Una volta fuori, la storia cambia temi e, naturalmente, scenari e quella magia e chimica tra i due protagonisti si perde leggermente in favore di una scoperta del mondo da parte di Jack e della scoperta da parte del mondo dei due poveri reclusi. In questa parte, in particolare, ho sentito di più la mancanza di connessione con la vicenda, forse gelata dal mio spezzare la visione di "Room" in due parti. In ogni caso ho gradito maggiormente l'inizio.
Insomma, è chiaramente un'opinione personale viziata da una serie di aspettative e circostanze, in ogni caso "Room" non mi ha tra i suoi sostenitori, come era stato qualche anno fa con "Silver Linings Playbook". Vedremo se la carriera della Larson prenderà definitivamente il volo dopo il successo legato a questa produzione - come era successo alla Lawrence - o se l'exploit ottenuto rimarrà legato a qualche anno di strascichi e nient'altro. In bocca al lupo!
Ps. Candidato a 4 Oscar, tra cui Miglior film, "Room" ha vinto nella categoria Miglior attrice protagonista. Brie Larson per questo ruolo ha vinto anche un Golden Globe e un BAFTA.
Cast: Brie Larson, Jacob Tremblay, Joan Allen, Sean Bridgers, William H. Macy, Justin Mader, Amanda Brugel, Tom McCamus.
Box Office: $35.4 milioni
Consigli: Considerato che ha vinto così tanti premi per la sua attrice protagonista e che ha raccolto così tanti commenti positivi tra la critica di tutto il mondo, vale certamente la pena di dare una chance a questa pellicola, consci che si tratta di un viaggio non facile da intraprendere. Può piacere, ma non è per tutti.
Parola chiave: Old Nick.

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lunedì 7 marzo 2016

Film 1096 - Casa Howard

Trovato un film scaricato non so più neanche quanti anni fa, alla fine mi sono deciso a dargli una possibilità.
Film 1096: "Casa Howard" (1992) di James Ivory
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Erano anni che aspettavo di vedere questa pellicola, curiosissimo di scoprire di cosa parlasse. Ecco perché, a conti fatti, "Howards End" è stata una cocente delusione.
Non so, forse mi aspettavo qualcosa più alla "Ragione e sentimento" o in generale qualcosa di più dinamico, coinvolgente e invece quello che ho trovato qui è quasi un dipinto, ben fatto ed esteticamente di qualità, eppure statico. Per la maggior parte del tempo sembra che non succeda nulla e che nulla succederà. L'antipatia della maggior parte dei personaggi rende questo viaggio cinematografico pensante e le buone premesse riversate sul gruppo dei fratelli Schlegel (in particolare le sorelle interpretate da Emma Thompson e Helena Bonham Carter) scemano abbastanza in fretta.
Probabilmente il mio errore è stato aspettarmi qualcosa, specialmente proiettando il mio orizzonte di aspettative nei confronti di un prodotto cinematografico che ritenevo simile: di fatto mi sono dato la zappa sui piedi.
Il mio proposito di recuperare, subito dopo questo questo, il film dell'anno successivo "Quel che resta del giorno" è stato bloccato da questa visione. La stessa regia di Ivory, la presenza degli stessi Anthony Hopkins ed Emma Thompson, la penna della stessa sceneggiatrice (Ruth Prawer Jhabvala) sono tutti elementi-fotocopia che mi hanno momentaneamente scoraggiato. Probabilmente prima o poi lo vedrò, questa volta con il pregiudizio legato a "Casa Howard" che, magari, mi influenzerà positivamente. Staremo a vedere.
Ps. Candidato a 9 premi Oscar, ne ha vinti 3: Miglior attrice protagonista (Thompson), sceneggiatura e scenografia.
Cast: Emma Thompson, Helena Bonham Carter, Anthony Hopkins, Vanessa Redgrave, Joseph Bennett, Prunella Scales, Adrian Ross Magenty, Jo Kendall, James Wilby, Jemma Redgrave.
Box Office: $25,966,555
Consigli: Per carità, è evidente che si tratti di una pellicola esteticamente ben fatta, ma la mancanza di pathos, l'infelice rappresentazione di certi personaggi, la staticità della maggior parte delle 2h e 20min di visione rende il tutto abbastanza pesante. E' ovvio, dunque, che chiunque fosse interessato a vedere questo film vi si deve approcciare in modo consapevole: tratto da un romanzo del 1910 sulle convenzioni sociali e i codici di condotta morale dell'Età edoardiana inglese, non si tratta certo di un prodotto "contemporaneo" (ma no, non assomiglia a "Downton Abbey" neanche da lontano). Lo si scelga, dunque, se si è interessati, appassionati, incuriositi. Gli altri lascino stare.
Parola chiave: Testamento.

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Bengi

lunedì 22 febbraio 2016

Film 1099 - Carol

In streaming non trovavo il link, al cinema è passato quasi inosservato, eppure dovevo recuperare questa pellicola a tutti i costi.
Film 1099: "Carol" (2015) di Todd Haynes
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: "Carol" mi è piaciuto, ma forse era un po' scontato che sarebbe stato così. C'è Cate Blanchett, una che da sola ti fa tutto il film, c'è una storia d'amore, c'è quella stessa Rooney Mara che ha vinto a Cannes come Miglior attrice, c'è Todd Haynes, ci sono gli anni '50 e i costumi di Sandy Powell. Un mix di elementi positivi che, insieme, portano a un risultato finale di gran classe, esteticamente bellissimo, recitato alla perfezione. Mi tengo un 'ma', che lascio per dopo.
Credo che si possa già dire che, riserva per i costumi a parte, "Carol" sarà certamente uno dei film snobbati agli Oscar di questa domenica. Fino ad ora, nonostante una pioggia di candidature a praticamente qualunque manifestazione, il film non è riuscito a portarsi a casa nulla dalle nomination che contano. La Blanchett è troppo fresca dell'incetta di premi fatta giusto un paio di anni fa per "Blue Jasmine" mentre Mara ha avversarie più agguerrite di lei (vedi Kate Winslet e Alicia Vikander, mia personale favorita), per cui le categorie attoriali sono assolutamente da escludere. Saranno giusto le voci tecniche a poter dare qualche speranza, nella fattispecie la Powell - quest'anno in gara anche contro se stessa - e forse la fotografia di Edward Lachman. Per il resto la vedo molto, molto dura.
Di fatto "Carol" è una di quelle pellicole belle e ben fatte che, però, ha sempre un competitor più forte. Il grande favorito "The Revenant" svetta su tutti ed oscura le possibilità delle altre produzioni, eppure ci sono titoli molto più interessanti, come "Spotlight" e "Mad Max", che potrebbero veramente farla da padrone piuttosto che l'ultima fatica di Iñárritu. In ogni caso, per il nostro "Carol", le speranze sono poche.
A prescindere da premi e vittorie, quello che rimane del film di Haynes è, in primis, una pacatezza ed educazione che oggi sono totalmente fuori dal nostro tempo. Il dramma si consuma bruciante, sconvolge vite e situazioni, eppure si fatica a perdere la calma e l'unico momento di drammaticità (leggi pistola), rimane un caso isolato di straziante dolore e tradimento che giustifica uno sconvolgimento emotivo tanto teatrale. Per il resto sono le parole a fare la differenza, a costruire quell'impalcatura che sorreggerà l'intreccio sentimentale delle due protagoniste e, di riflesso, dei loro sfortunati corteggiatori. In poche parole: cosa poteva significare, a inizio anni '50, essere lesbica? Amare, desiderare persone del proprio sesso, pur non potendolo dichiarare, dovendolo declassare a pulsione deviata, malattia da curare, orrore da reprimere e nascondere, in funzione di una facciata pubblica che fosse quanto più rispettabile e decorosa possibile. L'amore gay - che ancora oggi fatica a trovare quell'inclusione nella normalità da parte dell'opinione pubblica - è un amore proibito, da consumarsi entro le mura di una fortezza sicura, lontano da sguardi indiscreti o pericolosi. E allora, al di fuori dei luoghi sicuri, sono le parole a mantenere vive le emozioni delle persone, a costruire il non detto che, insieme ai piccoli gesti - una mano su una spalla, un sorriso - lasciano alle persone la sensazione che l'amore che stanno provando sia vivo, reale e presente, non solo un attimo di nascosta felicità. In questo, "Carol" è un racconto particolarmente efficace, in grado di focalizzarsi su tutti quegli aspetti che caratterizzano e riempiono di valore la storia roamntica fra la giovane Therese Belivet e Carol Aird.
Quello di cui ho sentito la mancanza, invece, è una connessione genuina con la storia per la maggior parte del tempo. C'è stata, poi, ma solo nel finale, nel momento in cui Carol cede sull'affidamento e, di fronte al marito e agli avvocati, svela se stessa e le sue debolezze e paure regalandoci una Blanchett fino a quel momento privata di una vera e propria scena madre. E' lì che, finalmente, ho sentito quel brivido, ho provato quella sua stessa paura di perdere, la stanchezza e la pesantezza della lotta senza fine, la comprensione finale della verità, ovvero che lei e la sua condizione non sarebbero cambiate, al pari dei tempi in cui vive. Haynes finalmente lascia all'attrice tutta la scena e non la spezza con il montaggio, puntandole la camera addosso quasi a denudarla, lasciandola in pasto allo spettatore che, alla fine, ne coglie appieno la fragilità sino a quel momento resa inafferrabile da una costruzione del personaggio molto estetica e glamour, eppure spesso impenetrabile oltre la superficie.
E' appunto questo il 'ma' di cui parlavo all'inizio: le bellissime immagini, le grandi performance attoriali delle protagoniste, costumi e scenografie concorrono tutti a delineare un "Carol" esteticamente perfetto e magnifico da guardare, ma difficile da seguire. Mi spiego meglio: se la regia insiste molto su dettagli e primi piani, quello che fa il montaggio - per assecondare tutte queste particolarità - è di fatto spezzare la narrazione che di conseguenza si priva di lunghi momenti di approfondimento sulle sue protagoniste. La Blanchett meritava la scena dell'udienza per la custodia perché altrimenti la sua Carol sarebbe stata semplicemente una donna forte che si confronta con il suo destino e fa ciò che deve fare per difendere se stessa e l'amore che la lega alla figlia. Rooney Mara, che è la vera protagonista della storia, ha più momenti di intimità per il suo personaggio, ma la debolezza e insicurezza di quest'ultimo finisce per tramutarsi più in una sorta di freddezza per la maggior parte del tempo. Il finale saprà riscattare entrambe.
Dunque, per concludere, "Carol" è un buon esempio di cinema bello da vedere, intrigante e interessante, che regala al pubblico una storia d'amore struggente, complicata e che ricerca una normalità difficilmente pensabile per l'epoca. Siamo ormai quasi più abituati alle storie d'amore gay al maschile, per cui ritengo sia utile ricordarci ogni tanto che gay non sono solo gli uomini, che l'amore "omo" è anche quello tra donne. La storia è raccontata bene - anche perché per una buona parte del primo tempo non c'è molto da raccontare -, le due protagoniste sono perfette, tecnicamente il film è inappuntabile. Avrei calcato meno col montaggio, ma questa è un'opinione personale.
Cast: Cate Blanchett, Rooney Mara, Sarah Paulson, Kyle Chandler, Jake Lacy, John Magaro, Cory Michael Smith.
Box Office: $31.7 milioni
Consigli: Tra i film degli Oscar che volevo vedere, questo era certamente uno dei più attesi. Non ha tradito le mie aspettative e ho apprezzato la storia, drammatica e certamente non per tutte le occasioni. L'amore lesbo è un amore normale e questo è un bellissimo messaggio che ora più che mai non è scontato in un paese come l'Italia. Per cui scegliere di vedere "Carol" non è solo scegliere di vedere un bel film, ma anche ricordare a se stessi che il sentimento prescinde dalle categorie, da ciò che è comunemente prestabilito o imposto. Tenerlo a mente fa sempre bene, vederlo così normalmente rappresentato sullo schermo da speranza.
Parola chiave: Waterloo.

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mercoledì 3 febbraio 2016

Film 1089 - Brooklyn

Devo ammettere che ero già rimasto incuriosito da questo titolo qualche mese fa quando ne avevo visto la locandina fresca di uscita, catturato dallo stile retrò e dal titolo accattivante ma del tutto indecifrabile. La scelta di lasciare del tutto sconosciuta la trama è rimasta valida fino a sabato, quando ho finalmente deciso di recuperare il film.
Film 1089: "Brooklyn" (2015) di John Crowley
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Pellicola delicata, dolce, di grande sentimento, "Brooklyn" è stata un'altra delle piacevoli sorprese di questa stagione, un'altra ottima scelta da parte degli Academy Awards.
Cast giovanissimo, sceneggiatura di Nick Hornby dal romanzo di Colm Tóibín e una storia tratta dal passato che può far riferimento a una miriade di altre storie veramente accadute: cosa succede quando, partendo per cercar fortuna in un altro paese, ti proietti concretamente verso il tuo futuro, ma lasci tutti quelli che ami a casa?
Nel concreto, questa storia parla di Eilis, giovane irlandese che espatria in America, di preciso a Brooklyn, alla ricerca di una vita più fortunata. Nuovo lavoro presso un grande magazzino, all'inizio cominciare è dura: si fa sentire da subito la nostalgia di casa, nuovi amici non ce ne sono e la solitudine gioca brutti scherzi. La sua fortuna saranno il corso serale di contabilità e l'incontro con Tony, idraulico di origine italiana che le daranno, finalmente, un senso e uno scopo nella nuova vita che si è creata.
I problemi - che naturalmente sempre ci sono - arriveranno anche in America e costringeranno Eilis a fare ritorno in Irlanda dove, neanche a dirlo, conoscerà il perfetto ragazzo irlandese adatto a lei e che la farà vacillare: il matrimonio con Tony, sposato in segreto prima di partire, riuscirà a resistere dopo settimane di lontananza e la piacevole e confortante aria di casa?
Al di là della storia che non vive certo di originalità, mi hanno conquistato i toni pacati, educati e signorili di questa pellicola, esplicitati sullo schermo da una Saoirse Ronan che sfodera una classe e una grazia che non mi sarei aspettato. Non so se sia per l'abbigliamento o perché proprio la storia lo richiedesse, in ogni caso l'attrice ventunenne sembra più una giovane signora che la ragazzina che di fatto è e la cosa mi ha particolarmente coplito (in positivo). L'atmosfera generale priva di quell'aggressività tipica del cinema odierno - fatto di rumori assordanti, personaggi isterici, violenti o sopra le righe - mi ha permesso di seguire il film non solo in maniera piacevole, ma anche molto coinvolta. Chi sceglierà Eilis? Rimarrà in America o tornerà in Irlanda?
Questo "Brooklyn", uscito dal Sundance dell'anno scorso, è stato davvero una bella sorpresa, prodotto di altri tempi in grado di incantare e coinvolgere lo spettatore grazie a una narrazione efficace, un'ottima protagonista, una fotografia perfetta e dei costumi belli, non eccessivi e di grande classe (tutti aspetti he avrei considerato per le candidature all'Oscar). Insomma, uno dei recenti film che mi ha lasciato più soddisfatto.
Cast: Saoirse Ronan, Emory Cohen, Domhnall Gleeson, Jim Broadbent, Julie Walters, Fiona Glascott, Nora-Jane Noone, Jessica Paré.
Box Office: $40 milioni
Consigli: Insieme a "Spotlight" la pellicola in lizza per il Miglior film agli Oscar 2016 che preferisco, "Brooklyn" è un esempio di come si possa raccontare qualcosa di bello e interessante senza il bisogno di strafare. Esteticamente molto bello, emotivamente coinvolgente, scritto bene e recitato perfettamente dalla Ronan, un titolo che mi ha davvero colpito e lasciato un piacevolissimo ricordo. Per gli amanti degli anni '50, delle storie d'amore o delle ricostruzioni storiche un must-see.
Parola chiave: Miss Kelly.

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sabato 9 gennaio 2016

Film 1081 - The Revenant

Per la prima recensione del 2016 faccio un salto in avanti e anticipo una pellicola che ho appena finito di vedere. Insieme ad altre due che la precedono e che ho visto nei giorni scorsi, è una delle candidate favorite alla stagione dei premi di quest'anno e che, a mio avviso, potrebbe essere l'Oscar come Miglior attore per Leonardo DiCaprio. Finalmente.
Film 1081: "The Revenant" (2015) di Alejandro G. Iñárritu
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Come dicevo nell'introduzione, "The Revenant" è uno dei film legati all'imminente stagione di premi (che comincia proprio domani con i Golden Globes) che ho visto più di recente. Insieme a "The Big Short" e "Il ponte delle spie" fa parte di quel gruppo di film che sto cercando di recuperare in modo da arrivare preparato agli Oscar di fine febbraio. Più degli altri due, però, questo mi ha colpito, motivo per il quale sto anticipando la recensione per averne un ricordo che sia fresco. Eccoci, quindi.
Più che un film, un corso di sopravvivenza. Più che una storia, un pugno nello stomaco. "The Revenant" è il titolo di Iñárritu che avrei voluto vedere l'anno scorso, un'avventura che mi ha sorpreso molto di più che il tanto acclamato "Birdman". Quest'ultimo, pur meritevole di lode, ha mancato comunque di interessarmi pienamente, mentre qui tutto si può fare tranne che distrarsi. Violentissimo, crudo, in un certo senso cattivo e maledettamente freddo, il racconto di vendetta che si ispira alla vera storia di Hugh Glass (che Wikipedia descrive come frontiersman, fur trapper, and explorer) è un magnetico diario che sfoglia pagine della storia americana tra paesaggi mozzafiato e la disperata necessità di sopravvivere.
Vero e proprio scontro tra razze, culture e uomini, lo scenario dipinto qui è desolante e spaventoso tanto quanto i boschi in cui siamo costretti ad inoltrarci senza la dovuta preparazione. Già perché fin dalla prima, interminabile scena, Iñárritu non ci risparmia nulla: scalpi, frecce, sparatorie, sgozzamenti, agguati, accoltellamenti, il tutto per una rappresentazione tanto realistica che, a pensarci, fa venire la pelle d'oca. Il drammatico incontro con l'orso sarà qualcosa di straziante, ma niente paragonato al confronto finale fra i due antagonisti, stremati dal freddo e dal dolore eppure incessantemente decisi a braccarsi l'un l'altro.
Per quanto non possa dire che questo sia il mio personale miglior film dell'anno, non posso negare di aver subito il magnetismo di "The Revenant". Molto del merito - se non la maggior parte - va ad un grandissimo DiCaprio: non lo dico tanto per dire, la sua immersione nella parte è totale e evidente, il suo talento non si può discutere perché è sotto gli occhi di chi guarda. Dolorante, ferito non solo nella carne, abbattuto eppure inarrestabile, il suo Glass è uno di quegli uomini che, motivati da una causa, non molleranno fino al suo raggiungimento. E' solo così che l'uomo sopravvive ad una serie surreale di eventi sfortunati di cui mamma orsa è solo l'inizio.
Da questo particolare punto di vista, la storia raccontata qui mi ha ricordato quella di un'altra pellicola votata al martirio del suo protagonista: "Unbroken". Anche lì dopo mille soprusi, violenze, sfortune e vere e proprie torture, lo spettatore si trova disarmato di fronte all'accanimento della vita che, quando vuole, riesce veramente ad essere bastarda (anche il film della Jolie è tratto da fatti accaduti realmente). "The Revenant", inevitabilmente, mi ha riportato alla mente anche altri ricordi legati a pellicole del passato, come "Il Grinta" dei Coen (o il prossimo "The Hateful Eight" di Tarantino) o "Into the Wild". E, voluto o no, la totale assenza di tagli del montaggio (qui solo nella prima parte), ha fatto da ponte col precedente "Birdman", al quale il regista ha regalato una finta assenza di intervento del montaggio. Il confronto fra i due ultimi titoli del regista messicano è quindi inevitabile e anche se il soggetto è totalmente diverso, non si può fare a meno di chiedersi durante la visione quale dei due la spunterà. Personalmente scelgo "The Revenant", che ho trovato narrativamente molto forte e visivamente potentissimo. Sarà il fascino della terra sconosciuta e desolata, la grande performance di DiCaprio, una buona dose di oniricità, la naturalezza di una regia che sembra voler scomparire, eppure rimane sempre ben presente (come quando il fiato di Glass appanna lo schermo o quanto il sangue di Fitzgerald (Tom Hardy) macchia la videocamera a sancire la presenza del vetro). Tutti insieme questi elementi - a cui aggiungo una speciale menzione per Hardy, veramente bravo a proporre un accento così marcatamente yankee per lui che è inglese di Londra - producono un risultato finale compatto e solido, un film che non manca di lasciare il proprio segno e per il quale mi auguro DiCaprio ottenga finalmente il suo meritato riconoscimento. Ha dormito nudo nella carcassa di un cavallo... Cosa deve fare di più?
Film 1569 - The Revenant
Cast: Leonardo DiCaprio, Tom Hardy, Will Poulter, Domhnall Gleeson, Lukas Haas, Forrest Goodluck, Paul Anderson, Kristoffer Joner, Melaw Nakehk'o.
Box Office: $16 milioni ad oggi (la pellicola è uscita ieri in tutta America dopo una distribuzione limitata cominciata il giorno di Natale)
Consigli: 4 candidature ai Golden Globes (Miglior film drammatico, regia, attore protagonista e colonna sonora del grandissimo Ryuichi Sakamoto) e 8 ai BAFTA, a cui sicuramente si aggiungeranno quelle degli Oscar (spero anche per Hardy), "The Revenant" è il film con cui il Miglior regista del mondo in carica ritorna al cinema per raccontare la sua nuova storia. Tratto dalla vita dell'esploratore e uomo di frontiera Hugh Glass, e più precisamente dal libro di Michael Punke, questo film è un viaggio serrato e violento in una sorta di terra di nessuno nella quale, per sopravvivere, bisogna uccidere il proprio vicino. Niente infiocchettature o abbellimenti, qui si va dritti al punto: o si sa come sopravvivere o si muore. Lo stesso, per trasposizione, vale per lo spettatore che, se vuole uscire sano e salvo da questa narrazione, deve essere certo di avere stomaco forte e un'imperitura convinzione che, alla fine, anche qualcosa di buono potrebbe succedere. O no?
Parola chiave: Vendetta.

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domenica 29 novembre 2015

Film 1039 - Città di carta

Molto, molto interessato a vedere questo film, ho dovuto recuperarlo in streaming dato che lo avevo perso al cinema.

Film 1039: "Città di carta" (2015) di Jake Schreier
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: "Colpa delle stelle" è stato bello, ma molto duro da digerire. "Città di carta" è tutta un'altra storia che, lo ammetto, mi è piaciuta.
Anche questa pellicola tratta dal romanzo di John Green, la mia paura è che potesse verificarsi una sorta di operazione fotocopia grazie al successo dell'anno scorso della storia con Shailene Woodley anche considerata la presenza di Nat Wolff in entrambi i film, l'idea young adults-glam che si respira in entrambi i casi e, naturalmente, per via dell'autore in comune. La realtà è che sono due titoli completamente diversi e a parte le piccole connessioni di cui prima, il risultato è diverso e piacevole in entrambi i casi.
Innanzitutto in "Paper Towns" nessuno è malato o muore, semplicemente la protagonista Margo (Cara Delevingne) ad un certo punto sparisce e il povero Quentin (Wolff), innamorato di lei fin da bambino, finirà per andare a cercarla dopo aver trovato una serie di indizi che ritiene lo condurranno da lei. Il fulcro della vicenda è quindi la ricerca di Margo che di fatto segue l'avventura di una notte che cambierà la vita dei due ragazzi: lei perché, dopo essersi vendicata dei suoi amici e del suo ex fidanzato fedifrago, sparirà nel nulla; lui perché finalmente si concede di vivere un po'. Il risultato finale sarà una raccolta di indizi e un viaggio on the road per Quentin e i suoi amici nerd che regalerà a tutti il ricordo di un'avventura indimenticabile prima di salutarsi in vista dell'università.
Un percorso di formazione, dunque, mascherato da spy story - molto alla leggera -, eppure pur non risultando totalmente efficace, "Città di carta" riesce a far appassionare il suo spettatore man mano che la storia evolve, proponendo non solo un'avventura anche divertente, ma dei personaggi piacevoli e simpatici, sufficientemente veri e onesti da risultare credibili. In questo Wolff dimostra certamente il suo valore, mentre la Delevingne ha una parte più maliziosa che, sì, le si addice, ma richiede inevitabilmente meno talento per essere rappresentata. Su di lei, dunque, mi riservo di vedere altro per capire se abbia davvero qualcosa da dire o sia il classico esempio di personalità famosa per un motivo che finisce a tentare altre strade più o meno artistiche fino a quando la fama regge. Vedremo.
In definitiva, comunque, "Paper Towns" è un buon esempio di cinema per - come vuole la catalogazione anglofona - giovani adulti e riesce nell'intento di mantenere le aspettative legate alla misteriosa figura di Margo. Il finale è decisamente più inaspettato del normale per un prodotto mirato a un tale target, il che mi ha sorpreso in positivo, soprattutto perché si muovono motivazioni sensate e ponderate legate alla ricerca di se stessi e l'affermazione della propria personalità in opposizione alle imposizioni sociali e alle precostituite categorie umane. Questo, pur semplificato all'interno della trama e probabilmente utilizzato quale strumento per elevare i toni della storia da semplice film per ragazzi a pellicola sufficientemente impegnata, rimane un punto a favore della storia che riconosce quanto sia importante capire prima chi si è per poter decidere quali scelte fare o percorsi seguire nella vita. Poi, certamente, il tutto rimane un'operazione commerciale mirata a creare una sorta di seguito alle fortune di "Colpa delle stelle", ma devo dire che tutto sommato la storia che racconta "Città di carta" non mi ha deluso.
Ps. Ma poi cosa sono queste città di carta del titolo? Errori volontari degli autori delle mappe, sotto forma di nomi di città inventati, che servono a tutelare dalla violazione di copyright delle stesse.
Cast: Nat Wolff, Cara Delevingne, Halston Sage, Austin Abrams, Justice Smith, Jaz Sinclair, Cara Buono, Ansel Elgort (cameo).
Box Office: $85.5 milioni
Consigli: Colonna sonora pazzesca che mi è entrata subito in testa, bella fotografia, un protagonista dal viso dolce e l'aspetto da peluche arruffato, una modella come ragazza scomparsa e un romanzo dallo stesso autore di "Colpa delle stelle": insomma, qualche elemento valido per vedere questa pellicola c'è sicuramente. Il risultato finale è buono, la storia si segue bene e volentieri e il finale è meno scontato di quanto non si potrebbe pensare. In una domenica pomeriggio di quasi inverno come questa, una chance a "Città di carta" si può tranquillamente dare.
Parola chiave: Agloe.

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venerdì 16 ottobre 2015

Film 1017 - Child 44 - Il bambino n. 44

Proprinato a Luigi a tradimento una domenica mattina, forse non è stata la scelta più adatta da accompagnare al brunch...

Film 1017: "Sinister" (2015) di Daniel Espinosa
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Un po' uno spreco di cast, trama e budget (50 milioni di dollari) questo "Child 44" finisce per essere un interminabile lungaggine che carbura solo nel finale.
Credo il grande errore qui sia di voler essere forzatamente thriller, drammone di denuncia, film storico e adattamento cinematografico di un romanzo (di Tom Rob Smith) di successo. Il mix di buoni propositi e false speranze porta questa pellicola ad un nulla di fatto mortale per una storia di 137 minuti non stop su Unione Sovietica, comunismo, omicidi di bambini, Stato-padrone, violenza e soprusi di massa e chi più ne ha più ne metta. I toni drammatici sono pesantissimi e per la maggior parte della trama pare che la violenza gratuita, lo sconforto morale, l'annientamento del singolo siano gli unici elementi presenti e che, invece, i 44 ragazzini del titolo, i cui omicidi sono così ampiamente pubblicizzati nel trailer, non trovino spazio nella narrazione. Il che è un peccato, perché la contestualizzazione storica - necessaria e dovuta - è un conto, ma l'accanimento eccessivo non giova a nessuno, men che meno allo spettatore. Si arriva, dunque, al finale tanto agognato e ci si chiede se metà delle vicende raccontate non potessero essere sforbiciate e lasciate per un'eventuale versione estesa da home video. Un po' dispiace, perché i presupposti per un prodotto di qualità c'erano, non fosse altro che per il cast: Tom Hardy, Gary Oldman, Noomi Rapace Vincent Cassel per citare i più conosciuti. Il risultato finale è piatto, incapace di suscitare in chi guarda quelle emozioni che una trama del genere sembrerebbe portare necessariamente con sé e il tutto si conclude in un prodotto angosciante, ma non ispirato, che richiede fatica e uno sforzo di fede in vista di un finale che, invece, non ripaga le aspettative. Un'occasione buttata.
Cast: Tom Hardy, Gary Oldman, Noomi Rapace, Joel Kinnaman, Jason Clarke, Vincent Cassel, Paddy Considine, Charles Dance.
Box Office: $3.3 milioni
Consigli: Francamente non è un titolo che si possa decidere di vedere a cuor leggere. Il tema storico già di per sé appesantisce, senza contare che qui il tutto è gravato da una cupa atmosfera oppressiva e dispotica, un regime della paura che quando sgarri ti mette in fila contro un muro e spara. Di base "Child 44 - Il bambino n. 44" non è un film da buttare, semplicemente non è il film che poteva essere e questo è una perdita di tempo, oltre che uno spreco. Se si è fan di uno degli attori - grande Hardy - o del romanzo da cui è tratto, può aver senso tentare la visione. Gli altri che non abbiano un valdo motivo non ci provino neanche.
Parola chiave: Ferrovia.

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lunedì 5 ottobre 2015

Film 1007 - L'A.S.S.O. nella manica

Ero già curioso di vederlo quando era uscito negli USA, per cui ho aspettato fino a che non è uscito anche da noi.

Film 1007: "L'A.S.S.O. nella manica" (2015) di Ari Sandel
Visto: dal computer di Luigi
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Commediola carina che fa molto spesso il verso a "Mean Girls", questo "The DUFF" beneficia di un'intrigante idea di partenza e della buona performance di Mae Whitman nei panni della simpatica Bianca.
Come vuole la regola del piacersi, quando la prima caratteristica ad essere riportata è la simpatia vuol dire che c'è qualche mancanza sul piano estetico. Ora, anche se la Whitman non è certo una top model, non si può proprio dire che non sia carina, nonostante qui cerchino di imbruttirla leggermente, soprattutto con il vestiario. Niente in confronto alla Cristiana Capotondi di "Come tu mi vuoi", per capirci. Quindi prendiamo atto che lei nel film sarebbe l'A.S.S.O. - ovvero l'amica sfigata strategicamente oscena - anche se in concreto non è davvero così.
A parte questa differenza tra forma e sostanza, l'acronimo da già l'idea di dove porti la storia: ogni gruppo di amiche avrebbe quella che fa da jolly, ovvero sfigura facendo risaltare le altre e, non abbastanza, fa da filtro tra loro e il resto della comunità (specialmente maschile). Pur mancando un approfondimento sociologico che sarebbe stato anche interessante, rimane piacevole la fruizione dei 101 minuti di pellicola principalmente per i toni abbastanza spensierati che mixano, appunto, "Mean Girls" e ricordano vagamente "Easy A". Il mix non è esplosivo come per le altre due commedie a tema teen, ma "L'A.S.S.O. nella manica" si ritaglia il suo spazio tra i titoli senza pretese dell'estate e regala anche qualche risata.
Ps. La sceneggiatura si basa sul romanzo omonimo in inglese scritto da Kody Keplinger.
Film 1007 - L'A.S.S.O. nella manica
Film 1730 - The DUFF
Cast: Mae Whitman, Bella Thorne, Robbie Amell, Skyler Samuels, Ken Jeong, Allison Janney, Nick Eversman.
Box Office: $43,528,634
Consigli: Piacevole e senza pretese, una commedia piuttosto contemporanea che parla ancora di popolarità liceale ed accettazione nella variante pseudo sociale attraverso la figura in acronimo (in inglese è "Designated Ugly Fat Friend"). E' una pellicola carina che si lascia ben guardare e pur non riuscendo a spiccare come altre che l'hanno preceduta, riesce comunque a lasciare soddisfatti e sufficientemente intrattenuti. Per cui una buona scelta per un momento che richiede assoluto disimpegno.
Parola chiave: Video.

Trailer
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Bengi