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giovedì 1 febbraio 2024

Film 2246 - C'è ancora domani

Intro: Finalmente ripreso dal weekend casalingo a causa della febbre, con cuggy decidiamo di andare a recuperare il film italiano dell'anno per capire se, effettivamente, meritasse tutt le magnifiche critiche che si è aggiuticato o se, invece, fosse solo tanto rumore per nulla.

Film 2246: "C'è ancora domani" (2023) di Paola Cortellesi
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Fre
In sintesi: probabilmente il film più bello del 2023 che ho visto.
Non sapevo bene cosa aspettarmi da "C'è ancora domani" perché, prima di vederlo, ne avevo solamente sentito parlare o letto recensioni e/o articoli, specialmente riguardo alla sorprendente performance al box-office nostrano. Con una "presentazione" tanto impressionante, sono arrivato al cinema con non pochi dubbi rispetto a quanto avrei genuinamente apprezzato questa pellicola.
Dalla prima scena, con quello schiaffo così inaspettato, il film della Cortellesi (qui al suo esordio da regista) mi ha da subito coinvolto: la storia di Delia è presentata con crudo realismo alternato a momenti di inaspettata comicità, in un crescendo di emozioni che, verso il finale, incolla letteralmente alla sedia. Mi ha colpito in particolare quest'ultimo aspetto, perché era da molto tempo che la storia di un film non mi appassionasse in questo modo, a maggior ragione un prodotto di questo genere che punta tutto sul piano emotivo e, dunque, si gioca l'interesse e coinvolgimento dello spettatore tutto su un piano personale e non oggettivo. Per capirci, questo non è un thriller in cui certi elementi della trama implicano necessariamente quale sia la posta in gioco e, di conseguenza, le sensazioni percepite da chi guarda saranno per ciascuno differenti sulla base della propria esperienza, empatia e interesse nei confronti di quello che sta guardando. In questo senso trovo che "C'è ancora domani" faccia un lavoro eccezionale e metta sapientemente in scena, uno dopo l'altro, gli elementi centrali alla storia che, pian piano, finiscono per delineare un quadro chiaro ed efficace, fornendo allo spettatore tutti gli strumenti necessari a comprendere il punto di vista della protagonista e degli altri personaggi principali. Il che contribuisce ad enfatizzare ulteriormente il percorso di Delia e a far comprendere perché a) per lei sia così importante non mancare all'appuntamento segreto e b) quanto ancora più significativi siano i sacrifici che è disposta a fare e impressionanti la sua capacità di subire tutti quegli abusi in nome della causa in cui silenziosamente crede.
Ammetto che il finale mi abbia particolarmente spiazzato e, umanamente, ho faticato ad accettare che dopo tutto l'investimento emotivo nei confronti della storia di Delia, la storia venga conclusa con un colpo di scena così inaspettato e diametralmente opposto alle aspettative maturate durante la visione. Detto ciò, capisco il motivo di una scelta del genere e, anzi, trovo ammirevole come la sceneggiatura riesca a confeionare un finale tanto coerente nonostante la necessità di dover nascondere per tutto il tempo il vero senso finale della storia.
Insomma, "C'è ancora domani" è un gran bel film, ben realizzato e recitato particolarmente bene (cosa rara per un film italiano), lascia molto su cui riflettere e regala uno spaccato spiazzante senza mai far leva sulla pietà, per un risultato finale sorprendente e appassionante. Paola Cortellesi, per tanti motivi, ha fatto un piccolo miracolo.
Cast: Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Francesco Centorame, Vinicio Marchioni.
Box Office: $38,883,607
Vale o non vale: Per i pochi che ancora in Italia non lo abbiano ancora visto, correte al cinema. Un titolo imperdibile, una storia che va vista e che ci ricorda, oggi come non mai, quanto sia importante parlare nel nostro paese di violenza sulle donne e diritti, nonché interrogarsi sul tipo di società cui facciamo parte, cosa sia necessario cambiare, cosa vogliamo cambiare. Per alcuni un film è solo un film, ma a volte le discussioni e il mettersi in discussione parte anche dagli spunti più inaspettati.
Premi: Premio speciale della giuria e menzione speciale come miglior opera prima alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Parola chiave: Lettera.
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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 25 luglio 2022

Film 2118 - Diverso da chi?

Intro: Volevo introdurre Ciarán a una serie di titoli italiani a tematica LGBTQ+ sapendo che lui apprezza il genere, ma non ha grande familiarità con il nostro cinema a tinte arcobaleno.
Premesso che è una fatica pazzesca ritrovare certe pellicole e, ancora peggio, rintracciarne i sottotioli (per non parlare del fatto che la maggior parte non si sincronizza con l'audio originale), questa è la prima (e per ora unica) pellicola che abbiamo visto.

Film 2118: "Diverso da chi?" (2009) di Umberto Carteni
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Ciarán
In sintesi: non che sia un capolavoro e per certi aspetti questi 13 anni dalla sua uscita in sala si sentono tutti, però "Diverso da chi?" rimane un prodotto sufficientemente fresco e innovativo - seppure commerciale - rispetto a tematiche ancora troppo spesso ignorate dal cinema nostrano.
Si parla di diverse espressioni di genitorialità, famiglie arcobaleno, pari diritti, genitori single, il tutto condito in salsa politica che, per quanto leggera, lancia comunque qualche spunto di riflessione.
Quindi sì, non un titolo imprescindibile della filmografia italiana, eppure un prodotto che non farebbe male guardare, riguardare e far vedere. Perché, per quanto imperfetto, insegna comunque qualcosa e il rispetto degli altri e delle loro scelte di vita. E che la politica, oggi come allora, dovrebbe tenere il passo e assumersi le responsabilità delle persone che rappresenta (o dice di rappresentare).
Film 284 - Diverso da chi?
Film 2118 - Diverso da chi?
Cast: Luca Argentero, Claudia Gerini, Filippo Nigro, Francesco Pannofino, Giuseppe Cederna, Antonio Catania.
Box Office: $4,637,782
Vale o non vale: La recitazione di Argentero a volte è difficile da prendere seriamente, ma la combo Claudia Gerini + Filippo Nigro funziona bene e riequilibra il film in termini recitativi. Tra tematiche di un certo peso e un finale che ancora mi lascia un po' perplesso (ma almeno avvia un dialogo o propone una discussione), "Diverso da chi?" è in ogni caso sufficientemente godibile anche e piacevole da rivedere.
Premi: Candidato a 4 David di Donatello per il Migliore Regista Esordiente, Miglior attore (Argentero), attrice (Gerini) e attore non protagonista (Nigro).
Parola chiave: Famiglia.
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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 8 novembre 2019

Film 1674 - 120 battements par minute

Intro: In Italia non sono mancate le polemiche a causa della scarsissima partecipazione in sala del pubblico, soprattutto quello della comunità LGBTQ+, teoricamente la più interessata a supportare e rendere popolare una pellicola portabandiera di quell'ideologia e quel senso di lotta ancora oggi così importante all'interno del gruppo (specialmente nel nostro Paese). Onestamente non credo che il supporto della propria causa passi necessariamente per il pagamento di un ticket, ciò detto ci si sarebbe sicuramente aspettati un'accoglienza più calorosa.
Ovviamente ero interessato a farmi un'idea personale rispetto a questo film, anche per capire se la carenza di pubblico in sala potesse essere direttamente legata alla qualità del prodotto.
Film 1674: "120 battements par minute" (2017) di Robin Campillo
Visto: dal computer portatile
Lingua: francese, sottotitoli in inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: il mio francese è arrugginito come non mai, ma non avevo voglia di vedere questa pellicola tradotta; i sottotitoli in inglese sono stati molto d'aiuto, anche se a tratti - specialmente all'inizio - mi è servito tempo per assestarmi sul triangolo da ascolto in francese ma leggo in inglese e cerco di tradurre in italiano. Difficoltà tecniche a parte, "BPM (Beats per Minute)" mi è molto piaciuto: fa riflettere, fa commuovere e mette in evidenza l'ancora oggi rilevante problematica della questione dell'AIDS;
i fatti qui riportati si svolgono in una Parigi dei primi anni '90, raccontano la piaga della malattia e il conseguente stigma di chi la contrae, nonché la lotta degli attivisti e l'indifferenza di coloro che - credendosi immuni o superiori - preferiscono far finta che il problema non esista. Ma non solo, perché c'è la bella storia d'amore tra Sean e Nathan (Nahuel Pérez Biscayart, Arnaud Valois), nonché viene messa in luce l'importanza del confronto e attivismo della e nella comunità LGBTQ+; il tutto mostrato con garbo, evitando vittimismi o stereotipazioni. Insomma, "120 battements par minute" ha qualcosa da dire e lo dice bene.
Cast: Nahuel Pérez Biscayart, Arnaud Valois, Adèle Haenel, Antoine Reinartz, Felix Maritaud, Médhi Touré, Aloïse Sauvage, Simon Bourgade, Catherine Vinatier.
Box Office: $7.7 milioni
Vale o non vale: Simile per tematiche ed elementi della storia a quel "The Normal Heart" di Ryan Murphy, questo film analizza e racconta la scena Parigina della comunità omosessuale esposta alla piaga della malattia e l'indifferenza - per non dire intolleranza - generale. Fa male ricordarsi cosa si sia dovuto passare per ottenere il riconoscimento alla normalità e all'accettazione, nonché pensare a quante persone abbiano perso la vita durante questo percorso ancora in essere. 

"120 battements par minute" è un bel film da vedere, ricordandosi che per vincere le battaglie, i combattimenti richiedono enormi sacrifici.
Premi: Vincitore del Grand Prix e Queer Palm al Festival di Cannes 2017; 12 nomination ai César e 6 premi vinti per Miglior film, sceneggiatura, attore non protagonista (Reinartz), attore esordiente (Biscayart), colonna sonora e montaggio.
Parola chiave: AIDS.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 5 maggio 2016

Film 1131 - Norma Rae

Ne avevo sempre sentito parlare per un motivo o per un altro, ma non lo avevo mai visto. Così una sera a cena ho deciso di recuperarlo.
Film 1131: "Norma Rae" (1979) di Martin Ritt
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ho sempre pensato che i film degli anni '70, a prescindere dalla tematica, siano tutti maledettamente lunghi. Questa non è necessariamente una caratteristica negativa, quanto più un dato di fatto: per arrivare al dunque bisogna aspettare e non poco. Ad alimentare questa mia considerazione è arrivato casualmente "Norma Rae", pellicola interessante sulla costituzione del sindacato in una fabbrica di tessuti dell'Alabama, che prima di arrivare al nocciolo della questione spende tantissimo tempo nella contestualizzazione, a volte perdendo un po' di vista il centro dell'obiettivo: in questo senso mi ha molto colpito constatare che la prima parte della storia - per me a tratti interminabile - sia riassunta su Wikipedia inglese nel giro di tre semplici righe.
Ovviamente il contorno ha il suo valore e aiuta nel costruire le personalità dei vari personaggi e certamente il linguaggio cinematografico degli anni '70 non è lo stesso nostro contemporaneo, in ogni caso sono sicuro che qualche sforbiciata narrativa qua e là potesse essere operata.
Al di là di ciò, comunque, "Norma Rae" è un titolo che non solo è riuscito a incuriosirmi sin dall'inizio, ma anche a lasciarmi ampiamente soddisfatto. Probabilmente il motivo principale risiede nella presenza della mitica Sally Field, qui al suo primo Oscar, che da sola porta avanti la storia della protagonista mettendoci passione, impegno e talento, riuscendo a caratterizzare un personaggio non facile (nel senso che rendere indimenticabile una donna ordinaria, fondamentalmente ignorante, che come unici scopi nella vita ha i figli e il lavoro in fabbrica non è esattamente impresa che possa riuscire a tutti). Inoltre mi hanno sempre coinvolto le storie legate ai diritti civili o alle rivendicazioni di quei diritti fondamentali che oggi diamo per scontati ma che una volta andavano conquistati con la lotta, il sacrificio e l'impegno personale. In questo senso la pellicola di Ritt è esaustiva e ben argomentata, e riusce a rappresentare in maniera chiara ed efficace i passaggi che Norma, sulla base dei consigli del sindacalista Reuben (Ron Leibman), mette in pratica per sensibilizzare non solo i suoi datori di lavoro, ma in primo luogo i suoi diffidenti colleghi. Memorabile la scena in cui la donna, salita su un macchinario al centro della fabbrica, esibirà un cartello con scritto "Union", sindacato, davanti a tutti gli altri lavoratori che, finalmente, abbracceranno la protesta e uno ad uno spegneranno le apparecchiature lasciando, così, la rumorossissima fabbrica nel completo silenzio.
Ecco, dunque: Norma Rae non ha convinto solo i suoi colleghi, ma ha certamente convinto anche me.
Ps. Candidato a 4 Oscar, tra cui Miglior film, ha vinto per la Miglior attrice e la Miglior canzone originale ("It Goes Like It Goes" cantata da Jennifer Warnes). Sally Field, inoltre, ha vinto a Cannes come Miglior attrice.
Cast: Sally Field, Beau Bridges, Ron Leibman, Pat Hingle, Barbara Baxley, Gail Strickland, Morgan Paull.
Box Office: $22,228,000
Consigli: Tratto dalla storia vera di Crystal Lee Sutton - riportata nel libro "Crystal Lee, a Woman of Inheritance" da Henry P. Leifermann -, il film è un po' fuori dai canoni attuali di montaggio e recitazione (la morte del padre in fabbrica è imbarazzante), ma si fa comunque apprezzare per la genuinità dell'intento e la forza del suo personaggio princiaple. Un tema interessante, una giovane attrice capace per un risultato finale che vale la pena di recuperare.
Parola chiave: Sindacato.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 21 maggio 2015

Film 919 - Pride

Aspettavo da un po' di recuperare questo film, incuriosito dalla storia che tratta, un episodio realmente accaduto nell'Inghilterra degli anni '80.

Film 919: "Pride" (2014) di Matthew Warchus
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Luigi
Pensieri: Francamente uno dei migliori titoli della scorsa stagione, questo "Pride" è riuscito a conquistare solamente una - e sottolineo una - nomination ai Golden Globes come Miglior film (che se è tra i migliori, qualcosina di valore in più ce l'avrà... Voglio dire, candidi Quvenzhané Wallis per "Annie" ed Helen Mirren per "Amore, cucina e curry" (!) e questa bella pellicola la lasci fuori da tutte le altre categorie? Mah...) oltre che qualcosina ai BAFTA inglesi, territorio d'origine di questa produzione.
"Pride" prende ispirazione da una storia vera, una bella vicenda che vede negli anni '80 attivisti gay e lesbiche raccogliere fondi per i minatori in sciopero contro le politiche dell'allora premier Margaret Thatcher: omosessuali e minatori, due categorie teoricamente agli antipodi, eppure capaci di unirsi - con le necessarie tempistiche di assestamento -, aiutarsi e sostenersi. Il racconto di questo quasi impensabile incontro è qui rappresentato con ironia e intelligenza, caricando certamente qualche aspetto per rendere la trama più godibile, ma il risultato finale è compatto e credibile.
Ho seguito con interesse questa storia, chiedendomi se mai in Italia un racconto del genere sarà anche solo pensabile. O, parimeti, se allo stato attuale delle cose la comunità LGBT italiana (di qualsiasi comune) si prenderebbe il disturbo di affiancare la propria "crociata" a quella di chi vive un medesimo disagio ma appartiene a un mondo totalmente differente. Diciamo che, anche solo per ciò che porta alla luce, questo film vale la pena di essere visto. Sia perché non rappresenta il mondo omosessuale come una macchietta, sia perché racconta una bella storia di collaborazione e amicizia, un episodio costruttivo in cui diversità e diffidenze sono aggirate grazie all'intelligenza di alcuni che sono in grado di far capire agli altri che la differenza è solo apparente.
Il messaggio - che passa forte e chiaro - riece ad essere percepito senza che la trama si prenda particolarmente la briga di esplicitarlo: il bello di questo progetto è proprio l'approccio normale con cui si presenta la vicenda, che avesse coinvolto casalinghe e fontanieri sarebbe stato lo stesso. La normalità con cui gli individui sono rappresentati è percepita dallo spettatore, che subisce l'eccezzionale solo nell'episodio dell'unione di due voci così apparentemente distanti (non sono i ragazzi di Lesbians and Gays Support the Miners parteciperanno agli scioperi dei minatori, ma questi ultimi prenderanno parte al Gay Pride di Londra del 1985).
Una bella storia che francamente mi ha colpito, un bel film in grado di rappresentare il fatto da cui trae ispirazione con dignità e coerenza, riuscendo a passare un messaggio che, anche se certamente caricato per necessità di trama, rappresenta comunque qualcosa che vale la pena di mostrare al grande pubblico per ricordare quanto, in fin dei conti, la diversità esiste solo in coloro che la vedono.
Ps. Gran cast: Bill Nighy, Imelda Staunton, Dominic West, Paddy Considine, Andrew Scott, George MacKay, Joseph Gilgun, Ben Schnetzer, Jessica Gunning (vera sorpresa di questa pellicola).
Box Office: $14.7 milioni
Consigli: Anche se è una commedia (e piuttosto divertente), questa storia tratta una serie di episodi non esattamente spensierati: lo sciopero dei minatori, la difficoltà delle loro famiglie, la lotta per i diritti dei gay, i sopprusi subiti, AIDS e omofobia... Insomma, a ben vedere i toni drammatici ci sono. Ma il buon piglio della sceneggiatura e le perfette scelte di cast riescono a far passare i messaggi anche con un sorriso, senza che questa pellicola risulti pesante o angosciante. Si tratta di un bel racconto di amicizia, una storia vera che ci ricorda quanto, a volte, le persone riescano a dimostrare che un limite lo si può superare se c'è l'intenzione di farlo. Bello, lo rivedrei subito.
Parola chiave: Diritti.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 25 settembre 2013

Film 587 - Passione sinistra

Non amo nessuno dei 4 protagonisti e sono sempre titubante riguardo il cinema italiano. Però il trailer, devo dirlo, era accattivante...


Film 587: "Passione sinistra" (2013) di Marco Ponti
Visto: dal computer di Luigi
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Diciamo che tutto sommato il film non è nulla di più che un prodotto carino e di facilissimo consumo. Quando in Italia si affronta il tema politico (al giorno d'oggi) nella commedia lo si fa rimanendo molto furbescamente in superficie, evitando di andare oltre quella critica popolare facilmente condivisibile e, soprattutto, vendibile. In questo senso la vocazione politica di "Passione sinistra" è unicamente di cornice per dar linfa ad una favoletta che, altrimenti, sarebbe solo la fotocopia di uno qualsiasi degli altri prodotti simili già visti in precedenza.
La mossa vincente di questa pellicola è certamente quella di aver scelto un buon cast - anche se la Lodovini non mi piace -, andando sul sicuro con Geppi Cucciari, usando bene l'animo stronzo di Alessandro Preziosi e regalando la parte perfetta ad Eva Riccobono che, nei panni di attrice, non saprei immaginare in altro contesto se non quello della svampita scema e anoressica. Con questo insieme di buoni comprimari, la nota dolente è proprio l'insopportabile personaggio di Nina/Lodovini, piena di sé e spocchia, un insieme di equità, no global, lotta per i diritti, giustizia uguale per tutti (e per questo sono figa) che alla lunga è qualcosa di insostenibile. Si addolcirà grazie all'inevitabile amore con Giulio/Preziosi e, a maggior ragione, cadrà ancora di più in un insopportabile cliché della donna dagli idieali di sinistra che si innamora dell'uomo di destra, ci si scontra, si mette in discussione e trova la vera sé stessa abbandonando buona parte del suo essere stata così radicale.
Insomma, per quanto per una parte di film "Passione sinistra" cerchi di mascherare la sua vera natura dietro la facciata di vago impegno sociale con una denuncia politica all'acqua di rose, man mano che si affronta la narrazione ci si accorge che il tema politico è solo il pretesto per presentare la storia di una coppia che si scontra su quali parti prendere, ma a letto fa scintille. Della serie: l'amore abbatte ogni barriera. Già sentito?
Ps. Cameo di Marco Travaglio che non risulta simpatico nemmeno 'recitando' sé stesso.
Consigli: Niente di più che una commedia infarcita di cliché su amore, relazioni e politica contemporanea. E' un film carino da guardare una sera e in compagnia e da soli, dato che non impegna la mente e ha qualche battuta divertente. Nell'insieme della spensieratezza senza secondi fini funziona. Ma la denuncia politica è un'altra cosa.
Parola chiave: Partito politico.

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Bengi

giovedì 21 luglio 2011

Film 284 - Diverso da chi?

Al ritorno dall’Europride romano, che vedeva come protagonista secondaria la Sig.ra Gerini, ho sentito il pungente bisogno di trovarmi nuovamente faccia a faccia con questa pellicola italiana più sperimentale del solito (o così parrebbe).


Film 284: "Diverso da chi?" (2009) di Umberto Riccioni Carteni
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Eccomi, così, subito ad assecondare il bisogno, alla ricerca del motivo che mi aveva fatto tornare in mente il film. Che fosse per Argentero o perché non ricordavo bene la trama, di fatto questo film mi è sembrato ancora più indifferente della prima volta. Buone le premesse, per carità, ma oltre allo sfondo politico che potrebbe mettere un po’ di pepe, la pellicola cede al rassicurante richiamo eterosessuale e, nel secondo tempo, prende una piega surreale che delude chi si aspettava davvero qualcosa di innovativo sul panorama nostrano alquanto stantio.
Peccato, l’occasione per dare uno scossone all’Italia bigotta poteva essere colta con maggior coraggio e non, invece, tentando di accattivarsi entrambe le fette di pubblico (etero e gay per intendersi). Questa è la classica politica del 'va bene per tutti', ma è talmente presa alla lettera che a tratti infastidice.
Bene, comunque, la Gerini che è sempre una brava attrice del cinema contemporaneo italiano. Capace, anche, Filippo Nigro che risulta più che adeguato nel ruolo del compagno geloso.
Inutile dire, invece, che certe lacune attoriali di Argentero facciano accapponare la pelle. E’ migliorato, ma non si può dire che sia capace. Ma se ce l’ha fatta Monica Bellucci, possiamo certamente affermare che la fortuna è con i belli.
Insomma, alla fine si fa guardare, ma si poteva osare molto di più.
Ps. Quattro nomination ai David di Donatello: tre agli attori e uno per l’esordio alla regia di Umberto Riccioni Carteni.
Film 284 - Diverso da chi?
Film 2118 - Diverso da chi?
Consigli: L'incipit interessante può essere fonte preziosa di dibattito. Ma, se sperate nel film, il finale vi deluderà con una semplificazione da rimanere basiti.
Parola chiave: Gay&famiglia.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi