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martedì 30 aprile 2024

Film 2269 - Imaginary

Intro: Quando al cinema passano un horror nuovo, noi ci fiondiamo immediatamente.

Film 2269: "Imaginary" (2024) di Jeff Wadlow
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Niamh
In sintesi: mi ero anche dimenticato di averlo visto.
Sicuramente il film più brutto che abbia visto fino ad ora quest'anno, molto probabilmente una delle pellicole più brutte e stupide di sempre.
Effetti speciali tremendi, produzione traballante e dal budget evidentemente limitato, protagonisti incapaci di recitare, il tutto per una storia che non ha il minimo senso (specialmente quando spiega chi sia il "cattivo" di turno, in questo caso l'amico immaginario e il perché sia così pericoloso... mamma mia che cagata!) e si gioca l'unico colpo di scena in maniera talmente idiotica da risultare comica.
Insomma, un disastro su tutta la linea.
Cast: DeWanda Wise, Tom Payne, Taegen Burns, Pyper Braun, Matthew Sato, Veronica Falcón, Betty Buckley.
Box Office: $39 milioni
Vale o non vale: Tremendo.
Premi: /
Parola chiave: Never Ever.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 20 febbraio 2024

Film 2250 - All of Us Strangers

Intro: Molto, molto curioso di recuperare questo film dopo aver visto il trailer prima di "Poor Things", sono andato al cinema con grandi aspettative e, sopratutto, alla ricerca di una storia d'amore a tinte gay.

Film 2250: "All of Us Strangers" (2023) di Andrew Haigh
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Paul
In sintesi: non penso si possa definire "All of Us Strangers" come una vera e propria storia d'amore gay. Gli elementi ci sono, ma non a sufficienza per annoverare questo titolo nella sola categoria LGBTQ. E per me, lo ammetto, questo è il primo problema del film.
Pubblicizzando la storia per qualcosa che non è, di fatto il trailer svia lo spettatore rispetto quello che sarà il vero focus del racconto: la famiglia di Adam (Andrew Scott). Ovviamente non c'è nessun problema che la storia si concentri su un dramma familiare piuttosto che uno amoroso, il punto è che il film pareva promettere qualcos'altro.
Da aggiungere alla problematica appena elencata, il fatto che si finirà per sbarcare *SPOILER* nel soprannaturale - che non mi aspettavo e non cercavo per un prodotto del genere, sinceramente - per un finale che mi ha generato una tremenda confusione in testa in termini di cosa fosse reale, cosa immaginato dal protagonista, cosa si fosse realmente verificato. Questo non sarebbe necessariamente problematico, non fosse che la rivelazione poco prima dei titoli di coda è scioccante e mette in discussione tutta una serie di fili narrativi che davvero ci si interroga se non sia stato quasi tutto un sogno. E se lo è stato, anche se solo in parte, allora si sminuisce in parte il valore della storia che si racconta qui. Aggiungo, poi, che l'ultima scena mi ha lasciato veramente perplesso.
Insomma, è evidente che cercassi e mi aspettassi altro da "All of Us Strangers", una pellicola con cui ho faticato a trovare una connessione che andasse oltre la bravura innegabile di Andrew Scott (che avrebbe meritato una nomination all'Oscar). Scott e Mescal come coppia da grande schermo funzionano alla grande e sarebbe stato interessare vedere più di loro insieme. Il dramma familiare ha un che di interessante nell'approccio particolare che sceglie la trama - ispirata al romanzo "Strangers" di Taichi Yamada - anche se ammetto che alla lunga dopo un po' avrei preferito si tornasse a concentrarsi sulla relazione amorosa.
Il film ha evidentemente un valore artistico, è ben girato e recitato benissimo, per cui non vorrei si pensasse che si tratti di un brutto prodotto. Semplicemente non ha soddisfatto le mie aspettative.
Cast: Andrew Scott, Paul Mescal, Jamie Bell, Claire Foy.
Box Office: $12.9 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: E' un film triste, meglio essere preparati. La storia non soddisferà tutti, confonde in molti passaggi.
Premi: Candidato al Golden Globe per il Miglior attore protagnista drammatico (Scott). 6 nomination ai BAFTA per Miglior regia, sceneggiatura non originale, attore non protagonista (Mescal), attrice non protagonista (Foy), casting e film britannico dell'anno.
Parola chiave: Genitori.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 31 marzo 2020

Film 1855 - Judy

Intro: Ero elettrizzato all'idea di vedere finalmente questa pellicola, apparentemente il ritorno in grande stile di una delle attrici che seguo sempre con grande interesse, Renée Zellweger.
Film 1855: "Judy" (2019) di Rupert Goold
Visto: dalla tv di Eric
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: non so dire esattamente cosa mi affascini di Renée Zellweger, ma tutte le volte che esce un suo film ho voglia di vederlo. La realtà è che molti dei prodotti in cui la si trova sono delle gigantesche boiate (vedi "New in Town", "Case 39", "Bridget Jones: The Edge of Reason"), però per anni ha riscontrato un enorme successo di pubblico e critica - ah, quell'Oscar per "Cold Mountain"... - e con questa pellicola è di fatto tornata in auge dopo un decennio decisamente appannato nel quale si è inserito anche un lungo periodo di assenza dalle scene.
E' con grande interesse, quindi, che mi sono avvicinato a questo "Judy", non solo perché della Garland so effettivamente poco, ma anche perché sembrava rappresentare una rinascita qualitativa della sua protagonista e, in effetti, devo dire che le aspettative non sono state disattese. Per carità, non siamo di fronte ad un prodotto perfetto, ma fortunatamente tutti gli elementi presentati si mescolano bene insieme, per un risultato finale che lascia soddisfatti.
Credo ci sia una certa fragilità della Zellweger che si sposa bene con il personaggio che qui interpreta, una necessità di piacere ed averne la conferma che mi pare di aver riscontrato in non poche sue interviste, senza contare che, come Judy, anche Renée ritrova la popolarità dopo un periodo di oblio.
Insomma, checché ne dicano le malelingue - che volevano la scelta dell'Academy di conferire a questo film il premio per la Migliore attrice una scelta troppo facile, quasi banale - trovo che questo sia un prodotto soddisfacente e a tratti interessante, per quanto siano evidenti certi limiti della sceneggiatura rispetto all'approfondimento dei personaggi secondari, troppo spesso bidimensionali. Riscattano tutta l'operazione la grande performance della Zellweger, l'intramontabile fascino dietro al personaggio della Garland e una pazzesca colonna sonora composta da grandi classici (per il film tutti interpretati dal vivo).
Ps. Curiosità: Renée Zellweger è solo la quarta attrice su 92 edizioni degli Oscar ad aver vinto il premio come Miglior attrice protagonista dopo aver già vinto quello come non protagonista. Prima di lei solo Meryl Streep, Jessica Lange e Cate Blanchett.
In generale, comunque, sono 7 le attrici che hanno vinto in entrambe le categorie: Ingrid Bergman, Maggie Smith, Helen Hayes, Streep, Lange, Blanchett e Zellweger.
Cast: Renée Zellweger, Finn Wittrock, Jessie Buckley, Rufus Sewell, Michael Gambon.
Box Office: $42.1 milioni
Vale o non vale: Per i fan delle due dive che questo film porta alla ribalta, sicuramente una ghiotta occasione. In generale non è un film per tutti, ci sono molti momenti musicali, si tratta di un biopic, si affrontano burrascosi momenti personali attraverso gli occhi di una bambina prima e un'adulta poi che dalla vita non ha avuto tutto quel glamour e quella felicità che la facciata pubblica voleva far pensare. Per me un film non perfetto, ma di valore (anche per quella strizzatina d'occhio al LGBTQI+ factor che non guasta mai).
Premi: Candidato all'Oscar per il Miglior trucco e vincitore di quello per la Migliore attrice protagonista. Renée Zellweger per questo ruolo ha vinto anche il Golden Globe e il BAFTA. Ai British Academy Film Awards il film era candidato anche per i costumi e il trucco.
Parola chiave: Show.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 13 marzo 2017

Film 1322 - Lion - La strada verso casa

Continua la corsa al recupero dei titoli da Oscar, questa volta al cinema dopo un piacevole aperitivo in centro.

Film 1322: "Lion - La strada verso casa" (2016) di Garth Davis
Visto: al cinema
Lingua: italiano, hindi
Compagnia: Poe
Pensieri: Tra quelli in corsa per il Miglior film, "Lion" è stato la mia personale sorpresa. Non tanto per il prodotto in sé, quanto in origine proprio per il fatto di trovarlo presente in così tante categorie fra cui, appunto, quella principale. Francamente mai mi sarei aspettato di trovare questa pellicola, dopo il già ragguardevole traguardo di 4 candidature ai Golden Globes, così tanto presa in considerazione dall'Academy. Il che, naturalmente, è stato decisivo quando si è trattato di recuperarla o meno.
Sulla scia dell'entusiasmo americano, quindi, la mia chance al film di Garth Davis, qui alla sua prima esperienza nel lungometraggio. Il che di per sé è già ragguardevole, visto il risultato ottenuto, per quanto "Lion", vuoi o non vuoi, ricordi moltissimo "The Millionaire": le storie sono molto differenti, ma la presenza in entrambi di Dev Patel, la storia di smarrimento e povertà, l'India, il protagonista bambino, sono tutti elementi che accomunano le due storie e le avvicinano non poco. Con la differenza che qui si tratta di fatti realmente accaduti e raccontati nel libro di memorie "La lunga strada per tornare a casa" di Saroo Brierley.
Credo che, del prodotto finale, sia proprio la storia il cuore di tutto. Tecnicamente il film funziona, gli attori sono bravi, ma è con il racconto che lo spettatore si relaziona davvero, perché ha dell'incredibile. Il piccolo Saroo un giorno prega il fratello maggiore di portarlo con sé alla ricerca del carbone che la sua famiglia scambia con viveri, ma il bambino, troppo stanco per sostenere viaggio e giornata di lavoro, viene lasciato alla stazione di Khandwa da Guddu che gli promette di tornarlo a prendere qualche ora più tardi a lavoro finito. Il bambino, risvegliatosi da solo su una panchina tra un binario e l'altro, si sente smarrito e, per il freddo, si rifugia all'interno di un treno vuoto dove si addormenta. Al suo risveglio scoprirà di essere in viaggio verso una città a lui ignota (Calcutta), incapace di spiegare da dove provenga, chi sia la sua famiglia e come fare per rintracciarli.
Questa è la premessa di "Lion - La strada verso casa", pellicola non sempre facile, eppure a lieto fine. Forse la scelta di di tante candidature da parte dei membri degli Oscar sta anche nel tentativo di segnare una sorta di nuova direzione, di riconoscere il valore di storie ad altro tasso di "rilevanza sociale"; certamente il risultato finale non mi ha sconvolto. Non quanto le parrucche cui è stata costretta Nicole Kidman.
In generale si tratta di un buon prodotto, perfetto per la commercializzazione su ampia scala - il box-office parla da solo, il film è costato 12 milioni - grazie non solo ad una valanga di premi e candidature, ma anche un appeal che vive di un dolcissimo protagonista bambino (vedi gif sotto), il richiamo della storia vera potenzialmente tragica ma finita bene, il valore della vita e la bontà delle persone. Le sfide impossibili vinte piacciono a tanti e questo è un ottimo esempio di storia che racconta riscatto, ricerca di se stessi, amore. In mezzo c'è molto dolore e lo sconvolgente ritratto di una povertà per noi inimmaginabile, eppure il chiudere il cerchio con la possibilità di un happy ending addirittura proposto attraverso le immagini originali, lascia quella piacevole sensazione di "tutto bene" che smorza non poco il dolore e l'ansia per quanto mostrato dalla storia fino a quel momento. Forse è qui che sta il problema di "Lion", una chiave troppo evidentemente ottimistica e costruttiva, quasi uno spot pro-qualcosa (adozione, umanità, impegno sociale) che si traduce in una sorta di "tanto sappiamo che finirà tutto bene" che rovina l'atmosfera e influenza l'opinione generale. Ricordo distintamente un paio di cose della mia visione del film: la Kidman è brava, ma non poi così tanto da giustificare nomination attoriali e il film funziona, ma non è riuscito a commuovermi.
Ps. 6 candidature all'Oscar (Miglior film, sceneggiatura non originale, attore non protagonista, attrice non protagonista, colonna sonora, fotografia), 4 ai Golden Globes e 5 ai BAFTA, di cui 2 vinti per il Miglior attore non protagonista (Patel) e sceneggiatura non originale.

via GIPHY

Film 1322 - Lion - La strada verso casa
Film 1662 - Lion
Cast: Sunny Pawar, Dev Patel, Rooney Mara, David Wenham, Nicole Kidman, Priyanka Bose, Deepti Naval.
Box Office: $114.4 milioni
Consigli: Pellicola dai toni edificanti, percorso di formazione di un uomo alla ricerca di sé, delle proprie origini e della propria famiglia, "Lion" è prodotto che riesce a parlare di tutte quelle sensazioni che vuole suscitare, pur non riuscendo del tutto a veicolarle efficacemente. Non un film per ogni occasione, meglio sceglierlo consapevoli che saranno due lunghe ore lontano da casa.
Parola chiave: Ginestlay.

Se ti interessa/ti è piaciuto

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Bengi

venerdì 20 novembre 2015

Film 1031 - Inside Out

Tanto, tanto curioso di vedere questo film, per mille buonissimi motivi!

Film 1031: "Inside Out" (2015) di Pete Docter
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Erika
Pensieri: Francamente non sapevo cosa aspettarmi da questo film. Sia perché come al solito si grida al capolavoro Pixar preventivamente (e anche un po' acriticamente), sia perché avevo sentito di pareri entusiasti quando insoddisfatti. Dunque vedere "Inside Out", anche in previsione della pioggia di premi che si beccherà nel 2016, mi pareva il minimo sindacale.
Due considerazioni in proposito, dopo aver detto quanto segue: mi è piaciuto. Principalmente perché tratta una serie di aspetti della mente, dell'apprendimento e della comunicazione che ho dovuto studiare e quindi mi ha sorpreso piacevolmente ritrovarli qui; ma - perché c'è un ma - questa pellicola non mi sembra troppo improntata sulla generale categoria del film per ragazzi. E' un cartoon molto, molto adulto per tematiche e approccio.
L'idea di esplorare la mente e il suo lavoro, semplificandone la rappresentazione tramite i protagonisti di questa storia, è assolutamente riuscita e per quanto sia necessaria una semplificazione o una facilitazione tramite le immagini, mi pare che il risultato finale sia assolutamente positivo. Manca, tuttavia, l'aspetto fiaba che probabilmente molti si aspettavano da un film d'animazione. No, quella non c'è, perché più che altro la storia di "Inside Out" è un'avventura vera e propria.
Scesi a patti con tutto questo, secondo me la nuova collaborazione Disney - Pixar dovrebbe piacere: è un prodotto certamente sopra la media, intelligente e ben strutturato, con una storia tanto peculiare da rimanere inevitabilmente impressa nella mente (ovvio!) dello spettatore al pari dei simpatici protagonisti Gioia, Disgusto, Paura, Rabbia e Tristezza (nell'originale rispettivamente Amy Poehler, Mindy Kaling, Bill Hader, Lewis Black e Phyllis Smith). Io ne sono rimasto soddisfatto, ma ribadisco che non sapevo cosa aspettarmi, ero pronto anche ad una possibile cocente delusione.
Forse non è uno di quei cartoon che rivedrei subito o che mi ha colpito perché ha solleticato ricordi della mia infanzia, però non posso davvero dire che l'idea e il suo sviluppo qui non mi siano rimasti impressi e piaciuti. Il risultato finale è molto coerente e ben articolato, l'arco temporale di un anno è gestito in maniera costruttiva e senza prendere scorciatoie che snaturino la complessità degli argomenti trattati. La mente umana è complessa, geniale, imprevedibile, in costante crescita e mutamento: l'argomento non era dei più facili. Spegnendo un attimo la richiesta di favolette ad oltranza, forse per quest'anno possiamo pensare di accontentarci di una storia più reale del solito, più concreta e quotidiana, anche se non per questo meno magica.
Film 1031 - Inside Out
Film 1328 - Inside Out
Film 2296 - Inside Out 2
Cast: Amy Poehler, Phyllis Smith, Bill Hader, Lewis Black, Mindy Kaling, Richard Kind, Kaitlyn Dias, Diane Lane, Kyle MacLachlan, Frank Oz.
Box Office: $851.3 milioni
Consigli: Più distante dagli altri prodotti che lo hanno preceduto, "Inside Out" non è per questo meno bello. Semplicemente è un'altra cosa. E' un viaggio dentro se stessi, uno specchio su cui riflettere e del quale appassionarsi, tanto è accattivante la realizzazione. La vita non può essere solo gioia, i punti fermi di un individuo non possono non evolvere nel tempo e cambiare non è necessariamente un male: succede e basta. L'approccio adulto, ma non spaventoso che si adotta qui è un toccasana per i giovani che, di fronte all'inconsapevolezza di ciò che sta accadendo loro, potrebbero trovare in questa pellicola anche un modo semplice per rapportarsi alla loro condizione. Dico potrebbero perché il tono qui è certamente molto adulto, ma ciò non toglie che vedere "Inside Out" male non faccia. E' carino, coloratissimo, per molti versi geniale e più profondo del solito, per non dire che, una volta tanto, siamo di fronte ad un prodotto per nulla scontato
Parola chiave: Ricordi Base.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 6 novembre 2012

Film 476 - Ted

Ultimo spettacolo dell'ultimo giorno di programmazione. E, all'uscita, perfino il poster del film regalato.
Ed è subito Ted-mania.


Film 476: "Ted" (2012) di Seth MacFarlane
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Mery, Francesco
Pensieri: In effetti la curiosità c'era. Come trasformare la favola del bambino che esprime il classico desiderio natalizio (che poi si avvera) in qualcosa che perdura fino all'età adulta? Già perché qui il bambino in questione (John Bennett/Mark Wahlberg) desidera avere un amichetto per la vita, un compagno fedele che possa condividere con lui l'esperienza della crescita. E a chi affida questo fondamentale sogno? All'orso di peluche che i suoi genitori gli hanno appena regalato per Natale.
A mio avviso l'incipit è già di per sé interessante. Era quindi doveroso cercare di capire come Seth MacFarlane (qui regista, sceneggiatore e doppiatore dell'orsetto, nonché creatore de "I Griffin") avrebbe proseguito con la trama.
Ne è venuto fuori che Ted e John sono una coppia comica sb(r)occata e fuori di testa, un duo esplosivo che funziona davvero nonostante il binomio adulto-ragazzino/orsetto di peluche potrebbe non sembrare dei più entusiasmanti.
E invece questa pellicola è divertente e solo apparentemente frivola, con una serie di critiche anche percepibili (John eterno ragazzo che non si decide mai a prendere sul serio la propria vita e relazione; la natura morbosa di certi rapporti di amicizia; i contenuti scadenti di certi prodotti televisivi/musicali/cinematografici; la sovraesposizione mediatica che regala fama inconsistente e non duratura;...) e uno svolgimento che, ne sono sicuro, il pubblico giovane apprezzerà senza riserve.
Dall'altra parte, però, devo ammettere che sono rimasto piuttosto sorpreso dall'abbondanza di volgarità: che sia una specie di contrappasso? Al pupazzo solitamente associato a un'immagine di dolcezza e tenerezza si affida, invece, un carattere privo di pudore e spesso legato a situazioni inappropriate. La scena del sapone alla cassa del supermercato, diciamo, si poteva evitare.
Detto ciò, preso dunque come assodato che "Ted" non può essere una pellicola per palati raffinati, ci si può godere lo spassoso orsetto far scintille con la coppia Wahlberg-Mila Kunis (di una bellezza folgorante) per 106minuti di spassoso e disimpegnato divertimento.
Penso di poter dire che sia una delle commedie sbroccate più piacevoli che abbia visto quest'anno assieme a "Le amiche della sposa". Ogni tanto un po' di spassosa volgarità ci sta!
Ps. Tra i volti noti anche Joel McHale ("The Informant!", "(S)ex list", "Un anno da leoni"), Giovanni Ribisi ("Avatar", "Ritorno a Cold Mountain"), Tom Skerritt ("Alien", "Top Gun", "Brothers & Sisters") e la cantante Norah Jones ("Un bacio romantico").
Consigli: Spasso e divertente, pieno di volgarità (va detto) e vietato ai minori, eppure uno dei successi commerciali più grandi dell'anno con $496,165,740 di incasso mondiale. "Ted" può piacere o può infastidire, m è bene porni con un'attitudine ben disposta a scurrilità e gag surreali. Preso nel verso giusto - nessuno si offenda! - è davvero carino. Che ci piova una nomination all'Oscar per la sceneggiatura, come è successo l'annoscorso per “Bridesmaids”?
Parola chiave: Desiderio.

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BB

giovedì 12 gennaio 2012

Film 355 - Gli Aristogatti

Altro giro altro regalo. Ancora malato e ancora film. Questa volta si passa all'animazione...


Film 355: "Gli Aristogatti" (1970) di Wolfgang Reitherman
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Non sono mai impazzito per "Gli Aristogatti", per questo ho deciso di rivedere il film, per capire se i miei ricordi di bambino mi stessero tradendo e se, in realtà, li snobbassi senza un reale motivo. Con una visione più adulta, però, devo dire che il mio parere non è favorevolmente mutato.
Niente di negativo, per carità!, semplicemente non posso dire che "The AristoCats" (il titolo originale è proprio carino!) sia tra i miei film d'animazione preferiti. L'ho rivisto e, probabilmente non lo rivedrò più. Romeo e Duchessa sono personaggi di poco appeal sul sottoscritto - io poi non amo i gatti, va detto -, la trama banale e le musiche niente di speciale. Un cartone Disney è sempre un cartone Disney (questo è il 20esimo classico, il primo dopo la morte di Walt Disney), quindi rimane profondamente legato a ricordi preziosi, ma no, non faccio parte della banda pro Aristogatti.
Ho amato, però, le due oche inglesi, Miss Adelina Bla Bla e Miss Guendalina Bla Bla. In effetti il film vale soprattutto per loro! Magnifiche.
Consigli: I classici Disney sono sempre un'ottima compagnia. Questo in particolare non mi fa impazzire, ma rivederlo mi ha fatto comunque piacere. Diciamo che riporta all'infanzia. Ottimo, insomma, per un 'viaggio nel tempo'.
Parola chiave: Eredità.

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Ric

venerdì 25 novembre 2011

Film 330 - Nuovo Cinema Paradiso

Un classico che mi mancava.


Film 330: "Nuovo Cinema Paradiso" (1988) di Giuseppe Tornatore
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Alcuni sanno del mio profondo scetticismo riguardo al cinema italiano. Non mi convinco facilmente ad intraprendere la visione di una pellicola nostrana se non quando ho validi motivi che mi spingano a farlo.
"Nuovo Cinema Paradiso" è uno di quei film di cui senti parlare fin da bambino, di cui forse hai visto qualche spezzone ma non te ne ricordi, di cui sai che l'Italia va fiera per il generale consenso internazionale che la pellicola ha ottenuto (l'apogeo: Oscar come Miglior film straniero nel 1989). Nonostante tutto, lo ammetto, mi sono approcciato a questo film con diffidenza e scetticismo.
Ebbene, devo dire che - nonostante alcuni aspetti tecnici a volte un po' 'artigianali' (per esempio, il trucco per invecchiare le persone, al giorno d'oggi, risulta obsoleto) - ho apprezzato infinitamente il film, che ha toccato il mio lato romantico oggi più che mai bisognoso di attenzioni.
Se devo pensare, infatti, al primo aggettivo da associare a "Nuovo Cinema Paradiso" che mi viene in mente devo proprio dire 'romantico'. L'amore tra due persone, l'amicizia vera, la famiglia (di un profondissimo sud), l'affetto per le persone e, soprattutto, una folle dichiarazione d'amore per il cinema! Baci, baci e ancora baci in una carrellata di passione censurata da un simpatico parroco che al minimo segno d'affetto richiede il taglio della scena dalla pellicola. Sarà la rivolta della passione (castissima) a chiudere una storia che, nonostante la sua semplicità, non lascerà indifferenti.
Sogni e passioni si incrociano nel racconto della vita di Salvatore, detto Totò, e di chi per primo lo avvicinerà al mondo del cinema, Alfredo/Philippe Noiret. Sarà colpo di fulmine (per il cinema) e l'inizio di un'amicizia forte e profonda (con Alfredo). In mezzo infanzia, adolescenza, amori, ricordi, lutti e un paesino da cui si scappa per non fare mai più ritorno. O quasi.
Consigli: Colonna sonora di Morricone davvero d'effetto, accompagna le scene in maniera magistrale. Non può che essere un valore aggiunto ad un film che, credo, valga la pena di essere visto.
Parola chiave: Funerale.

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Ric

giovedì 3 dicembre 2009

Film 25 - Amami se hai coraggio

Oggi pensavo di non fare in tempo a pubblicare il nuovo post prima di sera e invece, al solito, al CNR mi hanno dato buca e mi sono ritrovato con il pomeriggio libero. Per quanto mi faccia piacere non dover subire il gelo cittadino in piena faccia da ciclista convinto, mi scoccia un po' questo atteggiamento che è molto comune nell'ambiente.
Quindi, sbattendomene molto filosoficamente (solo una domanda: capa, ma quando cazzo mi paghi?!), mi godrò il tempo libero inaspettato scrivendo del nuovo film visto tra ieri sera e oggi.


Film 25: "Amami se hai coraggio" (2003) di Yann Samuell
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Questo film mi è stato consigliato da Marco, che mi ha sfidato a non commuovermi per questa storia d'amore che parte dai banchi di scuola elementare e continua per la vita. Non mi sono commosso, alla fine è un film troppo francese per piacermi al 100%. Ha delle trovate interessanti e innovative, una bella proposta grafica che interagisce con la storia e questo mi ha molto esaltato. Mi ha ricordato subito il tv show "Pushing Daisies", quello col protagonista che può resuscitare i morti con un tocco. Gli effetti speciali palesemente tali (colori sgargianti, scenografie bidimensionalmente fittizie, immagini da libro pop-up) conferiscono alla storia quell'effetto giocoso da mondo infantile che rendono perfettamente l'atmosfera iniziale in cui Julien e Sophie si conoscono. Tutto è una sfida, per loro, un gioco che, man mano che si va avanti, diventa sempre più pericoloso. E qui parte la nota dolente. Ci sono situazioni talmente assurde da infastidire chi guarda. Io, perlomeno, non ne potevo più di vedere i due ragazzi che, ormai adulti, si rincorrono sapendo di amarsi ma essendo troppo orgogliosi per ammetterlo. Dovrebbe esserci poesia in tutto questo? Non lo so, personalmente avrei preferito meno autolesionismo gratuito e più vita. Vita vera intendo. Loro coinvolgono altre persone nella loro personale esperienza giocosa, mettono in gioco i sentimenti altrui, sempre sapendo che l'unico grande amore è il compagno di giochi d'infanzia. E vanno avanti così finchè non rischiano la morte (ma poi decidono di seppellirsi vivi nel cemento per lasciar immutato e duraturo il loro sentimento). Cioè, parliamone. Mi guardo un'ora e mezzo di tira e molla per poi vedervi seppelliti vivi?! Sti francesi mi lasciano sempre perplesso.
Però, sia chiaro, non posso dire che questo film sia brutto, nel complesso mi è piaciuto. Solo che non trovo efficace (da riversare su chi guarda) tutto il dolore e la sofferenza che i due protagonisti si scaricano addosso invece di amarsi e basta. Ovviamente se si fossero amati convenzionalmente dal primo istante sarebbe stata una storia normalissima e allora non avrebbe avuto alcun senso il film. Però trovo, come dicevo prima, che si sia un po' esagerato nell'estremizzare questa love story. Se tiri troppo la corda poi rischi che si spezzi. Qui è uguale. E' tanto il desiderio di raccontare una storia d'amore non convenzionale, estrema, oltre ogni limite, che ci si dimentica che c'è sempre uno spettatore dall'altra parte. Un qualcuno che guarda e che, dopo un po', potrebbe anche stufarsi. Essendo un film europeo, non ha le stesse tempistiche della commedia romantica USA, quindi è sicuramente un territorio da esplorare, per quanto mi riguarda. E sono aperto all'esperienza. Ma ho amato molto di più storie (francesi) d'amore non convenzionale come "Una lunga domenica di passioni", "Il favoloso mondo di Amélie" o "Louise-Michel". Qui c'è qualcosa che manca (ma non si poteva andare oltre la passione animale?) e qualcosa di troppo (ma non si poteva andare molto oltre la passione animale?!?!). Forse l'amore, quello vero, avrebbe dovuto farla più da padrone, giocare un ruolo più attivo e meno scontato. E' vero che questi due si amano, ma è anche vero che sono talmente testardi che non sanno dimostrarselo. E questa non è una grave pecca?
In sostanza direi che è un film che ho visto volentieri (seppur con i dubbi che mi sono rimasti) e che, senza Marco, non avrei mai guardato. E sarebbe stato un peccato, perchè mi sarei perso un film con Marion Cotillard, premio Oscar 2008 come miglior attrice per "La vie en rose", attrice sempre più protagonista e gradita del cinema di oggi. E' brava, non bellissima, ma estremamente affascinante. E molto francese (ha sempre le ballerine ai piedi nel film). Curioso che la canzone portante di "Amami se hai coraggio" sia proprio 'La vie en rose' della Piaf (sì, ancora quella canzone!), persona e personaggio con cui la Cotillard ha vinto il maggior riconoscimento mondiale per il cinema. Finisco con una nota finale negativa: i parenti di entrambi i ragazzi sono veramente antipatici. E gratuitamente. Perchè?
Consigli: E' un ottimo modo per approfondire la carriera di Marion Cotillard, un film piacevole e interessante sotto alcuni aspetti. Meglio guardarlo in coppia. Una dove C'E' amore.
Parola chiave: Giochi?




Ric