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giovedì 22 agosto 2024

Film 2228 - Mighty Morphin Power Rangers: Once & Always

Intro: Da bambino ero un fan sfegatato, per cui non c'erano dubbi che avrei recuperato questo film nel momento in cui Netflix lo avrebbe reso disbonibile!

Film 2228: "Mighty Morphin Power Rangers: Once & Always" (2023) di Charlie Haskell
Visto: dal computer
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: operazione nostalgia, ma anche (quasi) operazione tenerezza, perché questo "Mighty Morphin Power Rangers: Once & Always" è è tutt'altro che un film riuscito, ma va a toccare le corde giuste de quei fan che, da piccoli, si sono innamorati dei Power Rangers (me incluso).
Va detto, si vede che Netflix ha tentato il più possibile di fare la sua solita magia (leggi soldi): la fotografia è pulita, i set e le scenografie ben fatti, i costumi più sgargianti che mai e persino una certa dose di effetti speciali da minimo sindacale che rendono omaggio a quelli del telefilm originale (leggi a basso costo). Insomma, tecnicamente l'upgrade si vede.
Quello che manca, però, è una storia solida e una recitazione meno lobotomizzata, anche se devo ammettere che non mi aspettassi niente di diverso. La serie tv è divertente e sufficientemente spensierata, mentre qui si devono elaborare questioni umani ben più complesse, in particolare il lutto conseguente alla morte di due dei protagonisti originali. E, va detto, non tutti gli attori (ri)chiamati qui sono all'altezza.
Tutto sommato, comunque, un tuffo nel passato che personalmente ho gradito, in linea con le mie aspettative e dignitoso rispetto all'eredità culturale lasciata dai mitici Power Rangers.
Film 1032 - Power Rangers - Il film
Film 1344 - Power Rangers
Film 2228 - Mighty Morphin Power Rangers: Once & Always
Cast: David Yost, Walter Emanuel Jones, Steve Cardenas, Catherine Sutherland, Charlie Kersh, Johnny Yong Bosch, Karan Ashley, Richard Steven Horvitz, Barbara Goodson, Ryan Cooper, Daniel Watterson.
Box Office: /
Vale o non vale: Solo per i fan della serie originale o i successivi spin-off.
Premi: /
Parola chiave: Triny.
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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 28 marzo 2024

Film 2263 - Steel Magnolias

Intro: Questo il film preferito di Jayce che, siccome non rivedevo da anni, ho acconsentito a guardare (per la prima volta in inglese).

Film 2263: "Steel Magnolias" (1989) di Herbert Ross
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Jayce
In sintesi: mi ha fatto piacere rivedere questo film di cui, devo dire, ricordavo poco e niente. Più strano ancora, però, è stato guardarlo in versione originale, con qualche difficoltà dettata dal marcato accento del sud di tutti i protagonisti.
A parte questo, comunque, un buonissimo prodotto figlio del suo tempo che, nonostante allo sguardo dello spettatore moderno potrebbe sembrare non avere niente di nuovo da dire, in realtà funziona ancora molto bene.
Film 310 - Fiori d'acciaio
Film 2263 - Steel Magnolias
Cast: Sally Field, Dolly Parton, Shirley MacLaine, Daryl Hannah, Olympia Dukakis, Julia Roberts, Tom Skerritt, Dylan McDermott, Kevin J. O'Connor, Sam Shepard.
Box Office: $96.8 milioni
Vale o non vale: Film corale dal cast pazzesco, una buona dose di comicità miscelata ad un'anima drammatica che colpisce specialmente dalla seconda metà della storia. Non leggero, ma ha i suoi buoni momenti.
Premi: Candidato all'Oscar per la Miglior attrice non protagonista (Julia Roberts). 2 nomination ai Golden Globe per Miglior attrice protagonista drammatica (Sally Field) e attrice non protagonista (Roberts); 1 candidatura ai BAFTA per la Miglior attrice non protagonista (Shirley MacLaine).
Parola chiave: Gravidanza.
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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 8 marzo 2024

Film 2258 - The Iron Claw

Intro: Visto le ottime recensioni ottenute dal film, ero davvero curioso di recuperarlo prima che lo togliessero dalla programmazione.

Film 2258: "The Iron Claw" (2023) di Sean Durkin
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Niamh
In sintesi: non fosse che è una storia vera, certe parti di "The Iron Claw" sembrano troppo assurde per essere vere. Al di là di questo, comunque, si tratta di uno dei migliori film che ho visto di recente.
Fortissimo a livello narrativo, supportato da una serie di performance di altissimo calibro (Zac Efron in testa, derubato di una nomination all'Oscar) e da una regia capace e in grado di comprendere le necessità legate a un prodotto che non solo si concentra sullo sport, ma su uno in particolare così coreografico e scenografato, il film di Sean Durkin funziona dall'inizio alla fine e racconta con tatto ma senza mai tirarsi indietro le gioie e, soprattutto, i dolori di una famiglia di wrestler, i Von Erich, che immola se stessa in nome della gloria legata ad uno sport che, dal di fuori, sembra tutto lustrini ed eccessi, ma quando osservato più da vicino si dimostra estremamente competitivo e pericoloso.
Una serie di sogni di gloria interrotti, una famiglia devastata, ma anche il racconto di cosa significhi trovare se stessi e ricominciare. "The Iron Claw" è, neanche a dirlo, un pugno nello stomaco, ma una di quelle pellicole che lascia qualcosa allo spettatore.
Cast: Zac Efron, Jeremy Allen White, Harris Dickinson, Maura Tierney, Stanley Simons, Holt McCallany, Michael Harney, Lily James.
Box Office: $41.9 milioni
Vale o non vale: Potente, ben girato e confezionato, con un cast di altissimo livello, "The Iron Claw" è uno dei gioiellini della passata stagione che avrebbe meritato molta più attenzione. Un ottimo film (il cui unico tallone d'achille sono le parrucche tremende).
Premi: /
Parola chiave: NWA Worlds Heavyweight Championship.
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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 20 febbraio 2024

Film 2250 - All of Us Strangers

Intro: Molto, molto curioso di recuperare questo film dopo aver visto il trailer prima di "Poor Things", sono andato al cinema con grandi aspettative e, sopratutto, alla ricerca di una storia d'amore a tinte gay.

Film 2250: "All of Us Strangers" (2023) di Andrew Haigh
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Paul
In sintesi: non penso si possa definire "All of Us Strangers" come una vera e propria storia d'amore gay. Gli elementi ci sono, ma non a sufficienza per annoverare questo titolo nella sola categoria LGBTQ. E per me, lo ammetto, questo è il primo problema del film.
Pubblicizzando la storia per qualcosa che non è, di fatto il trailer svia lo spettatore rispetto quello che sarà il vero focus del racconto: la famiglia di Adam (Andrew Scott). Ovviamente non c'è nessun problema che la storia si concentri su un dramma familiare piuttosto che uno amoroso, il punto è che il film pareva promettere qualcos'altro.
Da aggiungere alla problematica appena elencata, il fatto che si finirà per sbarcare *SPOILER* nel soprannaturale - che non mi aspettavo e non cercavo per un prodotto del genere, sinceramente - per un finale che mi ha generato una tremenda confusione in testa in termini di cosa fosse reale, cosa immaginato dal protagonista, cosa si fosse realmente verificato. Questo non sarebbe necessariamente problematico, non fosse che la rivelazione poco prima dei titoli di coda è scioccante e mette in discussione tutta una serie di fili narrativi che davvero ci si interroga se non sia stato quasi tutto un sogno. E se lo è stato, anche se solo in parte, allora si sminuisce in parte il valore della storia che si racconta qui. Aggiungo, poi, che l'ultima scena mi ha lasciato veramente perplesso.
Insomma, è evidente che cercassi e mi aspettassi altro da "All of Us Strangers", una pellicola con cui ho faticato a trovare una connessione che andasse oltre la bravura innegabile di Andrew Scott (che avrebbe meritato una nomination all'Oscar). Scott e Mescal come coppia da grande schermo funzionano alla grande e sarebbe stato interessare vedere più di loro insieme. Il dramma familiare ha un che di interessante nell'approccio particolare che sceglie la trama - ispirata al romanzo "Strangers" di Taichi Yamada - anche se ammetto che alla lunga dopo un po' avrei preferito si tornasse a concentrarsi sulla relazione amorosa.
Il film ha evidentemente un valore artistico, è ben girato e recitato benissimo, per cui non vorrei si pensasse che si tratti di un brutto prodotto. Semplicemente non ha soddisfatto le mie aspettative.
Cast: Andrew Scott, Paul Mescal, Jamie Bell, Claire Foy.
Box Office: $12.9 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: E' un film triste, meglio essere preparati. La storia non soddisferà tutti, confonde in molti passaggi.
Premi: Candidato al Golden Globe per il Miglior attore protagnista drammatico (Scott). 6 nomination ai BAFTA per Miglior regia, sceneggiatura non originale, attore non protagonista (Mescal), attrice non protagonista (Foy), casting e film britannico dell'anno.
Parola chiave: Genitori.
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#HollywoodCiak
Bengi

sabato 29 aprile 2023

Film 2182 - 65

Intro: Molto incuriosito dal trailer, sono corso al cinema a recuperare questo film non appena ho potuto!

Film 2182: "65" (2023) di Scott Beck, Bryan Woods
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: l'idea di mischiare navicelle spaziali e dinosauri? Potenzialmente intrigante, anche se quella di alieni e cowboy non aveva funzionato tanto bene in passato... Eppure sulla carta questa pellicola sembrava un potenziale successo. Dove sta il problema, quindi?
La verità è che "65", oltre all'idea alla base della trama non va. Adam Driver si schianta sulla Terra e, pur provenendo da lfuturo, per qualche motivo finisce nel passato all'epoca dei dinosauri. E proprio qui sta il problema: tutto quanto detto finora lo sappiamo già perché ce lo dice il poster. Ergo, no effetto sorpresa rispetto ad uno dei colpi di scena della trama che avrebbe potuto fare la differenza in termini di lasciare lo spettatore sorpreso e piacevolmente colpito. Capisco che si debba trovare il modo per invogliare gli spettatori a vedere il film, ma non era davvero necessario rivelare che si trattasse praticamente di un viaggio nel tempo all'epoca dei dinosauri. Quindi sì, abbiamo un problema non da poco sin dal principio.
Avendo praticamente sprecato uno dei possibili twist della sceneggiatura, mi sarei aspettato che la storia facesse di tutto pur di stupirmi con altre sorprese e momenti epici, soprattutto considerato che si fa la fatica di scomodare i dinosauri (in un momento storico in cui un film tremendo come "Jurassic World Dominion" è riuscito ad incassare oltre 1 miliardo di dollari al box-office mondiale). Invece "65" sceglie di relegarli nello sfondo e concentrarsi sul rapporto tra i due protagonisti della pellicola: non ci sarebbe niente di male, non fosse che la storia di fatto finisce per rinnegare quegli elementi usati per attirare al cinema gli spettatori (tutta la componente sci-fi) per focalizzarsi sul rapporto tra Mills, il capitano con i sensi di colpa per la figlia morta che non è riuscito a salvare (Adam Driver), e Koa (Ariana Greenblatt), la bambina che non sa di aver perso i genitori e spera di poterli riabbracciare con l'aiuto di Mills, con cui però non può comunicare poiché i due non parlano le rispettive lingue.
Ribadisco, non ci sarebbe niente di male sul dare spazio prevalentemente alla storia e percorso di crescita dei due protagonisti, non fosse che non è la storia per cui ho pagato il biglietto. Io voglio vedere i dinosauri e voglio vedere come uno piovuto dal futuro, con armi e tecnologie a disposizione che non mi posso neanche immaginare, si confronta con il pericolo primordiale di un animale gigantesco che ti considera la sua cena. Fine. Tutto il resto non mi interessa, se non marginalmente. E non per superficialità o mancanza di tatto, ma semplicemente perché "65" mi ha convinto che fosse la storia di un sopravvissuto che non sa di trovarsi sul nostro pianeta nel periodo Cretaceo e deve confrontarsi con situazioni estreme per sopravvivere. Benissimo darmi un po' di contesto in termini di motivazione del personaggio e del suo percorso personale all'interno della storia, ma questo è un film di fantascienza che si immagina un mondo in cui un umano nel futuro, per un motivo o per un altro, deve fare i conti coi dinosauri: se avessi voluto vedere una pellicola su un padre disperato per la morte della figlia e pieno di rimorso perché quando è venuta a mancare lui non c'era e che ora cerca di alleviare dolore e senso di colpa aiutando la povera orfana a sopravvivere... allora a) non mi servivano i dinosauri e b) avrei guardato un altro film.
Quindi no, "65" non fa centro. E' un prodotto che non sa cosa vuole vendere o che tenta - senza riuscirci - di essere troppe cose alla volta. E nonostante Adam Driver sia ovviamente in grado di portare tutta la baracca sulle sue spalle, il risultato finale è mediocre a dir molto. Peccato.
Ps. Il fatto che Koa passi dal non sapere una parola di inglese a capire Mills nel giro di qualche giorno, considerato poi che lui si riveli assoltamente incapace (in-ca-pa-ce) a spiegarsi tramite gesti o disegni, è una semplificazione della trama che mi ha alquanto irritato.
Cast: Adam Driver, Ariana Greenblatt.
Box Office: $56.2 milioni
Vale o non vale: Cercate un film di fantascienza? Un film sui dinosauri? Un film che combini insieme elementi narrativi inaspettati e, sulla carta, impossibili da mischiare? Ottimo, evitate "65".
Scelte perfette per la ricerca di cui sopra sono, nell'rodine: "Alien", "Jurassic Park" e "Godzilla vs. Kong".
Premi: /
Parola chiave: Bacche.
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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 27 aprile 2023

Film 2181 - Searching

Intro: Solo dopo aver visto "Missing" ho realizzato che il film fosse il sequel di questa pellicola uscita nel 2018. E, una volta realizzata la connessione, tutto ha avuto subito più senso.

Film 2181: "Searching" (2018) di Aneesh Chaganty
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: 5 anni prima di "Missing", c'è stato "Searching" che, evidentemente, ha funzionato bene considerato che hanno pensato di fare un copia-incolla totale per il sequel (del resto questo film è costato $880,000 e ne ha incassati più di 75 milioni...).
Anche visto una seconda volta - e, soprattutto in questo caso, dopo aver visto il sequel - "Searching" funziona bene e regala ottimi momenti thriller e di suspence. Ammetto, però, che il secondo film del franchise è addirittura meglio di questo primo (che ha un colpo di scena finale meno soddisfacente).
Tutto sommato un buon film.
Film 1704 - Searching
Film 2181 - Searching
Film 2180 - Missing
Cast: John Cho, Debra Messing, Michelle La, Sara Sohn, Joseph Lee, Steven Michael Eich.
Box Office: $75.6 milioni
Vale o non vale: Se è piaciuto "Missing", sicuramente piacerà anche questo film (sono praticamente identici, eppure perfettamente distinguibili l'uno dall'altro). Colpi di scena a gogo e un ottimo John Cho protagonista, con una Debra Messing in un ruolo per lei inusuale.
Premi: /
Parola chiave: Lagoo.
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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 15 marzo 2023

Film 2170 - The Whale

Intro: Non sapevo bene cosa aspettarmi da questo film, ma tutti parlavano in maniera entusiasta della performance del protagonista (e probabilmente un Oscar), per cui ho deciso di recuperarlo.

Film 2170: "The Whale" (2022) di Darren Aronofsky
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: non sono necessariamente un fan dei film tratti da opere teatrali, né di quelle storie che vogliono raccontare a tutti i costi il dramma esistenziale di qualcuno. Da questo punto di vista, "The Whale" non si risparmia.
Il protagonista, Charlie (Brendan Fraser) è in fin di vita, recluso e obeso, depresso, sconfitto da un'esistenza che gli ha tolo l'amore della sua vita e lo ha privato, di conseguenza, della voglia di continuare a lottare. Si è rifugiato nel cibo e nel lavoro, che conduce da casa, isolato e nascosto da quegli sguardi altrui che lo metterebbero a disagio. La sua è una vita fatta di poche cose, a malapena riesce a muoversi autonomamente, e la sua unica consolazione parrebbe venire dal cibo e la compagnia dell'infermiera Liz (Hong Chau, vista di recente in "The Menu").
Chiaramente, viste le premesse e l'origine teatrale dell'opera, la storia si svolge interamente nell'appartamento di Charlie, un luogo a tratti naccessibile per il suo protagonista e che noi, come spettatori, scopriamo a poco a poco e man mano che il racconto procede fra racconti e ricordi di ciò che un tempo era la vita felice di Charlie. L'atmosfera cupa - l'appartamento è poco illuminato, dalla finestra vediamo che per la maggior parte del tempo piove - e, in generale, la consapevolezza della morte imminente del protagonista fanno sì che il film prenda una connotazione di pesantezza, un'irrequietudine che si percepisce per tutta la durata del racconto. Ad aggiungere ulteriore senso di malessere ci pensano i vari personaggi e la figlia (sadie Sink) di Charlie in primis.
A tratti ho avuto la sensazione che la storia cercasse volontariamente di infierire sul un protagonista già a terra, quasi un accanimento narrativo che alla lunga stanca e fa sentire impotenti. Mi rendo conto che probabilmente l'intento fosse proprio questo, che raccontare l'ultimo mmomento di riscatto di questo personaggio avesse senso nel momento in cui lo si mettesse di fronte a tutte quelle questioni in sospeso della sua vita che aveva lasciato per troppo tempo da parte, ma allo spettatore, che è unicamente testimone passivo di tutta la vicenda, è richiesto un enorme sforzo emotivo che non necessariamente viene ripagato nel finale.
Personalmente ho trovato "The Whale" - o, meglio, la storia da cui è tratto - un tantino fine a se stesso, un indulgere volontario in un mare di dolore, dialoghi violenti e momenti di disagio soffocante, il tutto per un risultato finale che mi ha lasciato un po' perplesso. Cosa mi sono portato dietro di questa storia e dei suoi protagonisti? Cosa ci vuole raccontare la trama e su cosa ci vuole far riflettere?
Non so, il dramma per il dramma non mi è mai piaciuto e, per quanto certi temi affrontati qui possano far riflette o scaturire discussioni a posteriori, rimane il fatto che, magnifiche interpretazioni a parte, mi è rimasto un po' il dubbio di cosa farmene di un film come questo. Come per tante altre pellicole che lo hanno preceduto, mi è parso che "The Whale" fosse più un mezzo per un fine (premi, festival, Oscar) che un'opera genuinamente capace di emoziare e suscitare un dibattito. Probabilmente, per quanto mi riguarda, questo è anche un momento personale in cui fatico a digerire il genere drammatico puro o gli esercizi di stile un po' fine a se stessi, per cui ho davvero faticato a farmi coinvolgere. Non lo rivedrei.
Cast: Brendan Fraser, Sadie Sink, Hong Chau, Ty Simpkins, Samantha Morton.
Box Office: $36.6 milioni
Vale o non vale: Le interpretazioni la fanno da padrone (al di là di quelle nominate all'Oscar di Freaser e Chau, ho davvero apprezzato quella di Samantha Morton che qui e in "She Said" ha dimostrato ancora una volta di essere una grande attrice) in un film che, di fatto, funziona grazie all'ottimo cast. Un prodotto non facile da digerire e sicuramente non per tutti. Dopo anni di oblio, qui Brendan Fraser ritorna - giustamente - al centro del discorso "cinema" e, questa volta, per un ruolo diametralmente opposto a quelli cui ci aveva abituato.
Premi: Candidato a 3 premi Oscar, ha vinto per il Miglior attore protagonista (Fraser) e il trucco. 4 nomination ai BAFTA per Miglior attore, attrice non protagonista (Chau), sceneggiatura non originale e trucco. Nominato al Golden Globe per il Miglior attore drammatico.
Parola chiave: Essay.
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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 22 marzo 2021

Film 1972 - Pieces of a Woman

Intro: Molto interessato a recuperre questa pellicola, ne ho approfittato non appena ho potuto e, soprattutto, non appena sono stato nel mood giusto. Perché diciamocelo... questo non è certo un film per tutte le occasioni.
Film 1972: "Pieces of a Woman" (2020) di Kornél Mundruczó
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: ho una particolare fascinazione per Vanessa Kirby, ancora non so esattamente per quale motivo. Sarà che la sua interpretazione in "The Crown" mi aveva colpito, sarà che qualcosa di lei mi intriga, di fatto sono rimasto molto colpito dalla sua vittoria a Venezia come Miglior attrice, il che mi ha definitivamente spinto a vedere il film di Mundruczó. E devo dire che non ho sbaglio.
In "Pieces of a Woman" - da non confondere con "Promising Young Woman" - Kirby è una protagonista straordinaria e la sua intensa interpretazione è semplicemente magnifica e anche se il tono fortemente drammatico del film "appesantisce" un po' l'idea d'insieme di tutto il progetto, non si può negare che Kirby ne esca indiscussa vincitrice. Insieme a lei uno Shia LaBeouf che sembra un po' replicare il se stesso degli ultimi tempi e una Ellen Burstyn in grandissima forma, qui negli intensi panni di una donna forte e prevaricatrice, per non dire spesso manipolatrice.
In generale, comunque, questo film si può suddividere in due grandi momenti: il pre e post parto. (Spoiler!) Martha (Kirby) dà alla luce, con non poche complicazioni, la sua bambina in casa insieme al compagno (LaBeouf) e un'ostetrica (Parker) e non appena le difficoltà sembrano essersi risolte, la neonata muore. Da questo momento in poi la storia analizzerà la lenta agonia della coppia - in cui spesso si intrometterà la madre di Martha (Burstyn) - che faticherà a rimettere insieme i pezzi di un'unione che pare non avere più senso. Nel mezzo ci sono il processo contro l'ostetrica, tradimenti, pressioni sociali e la necessità di trovare il proprio modo per scendere a patti con la trategia.
In questo, in particolare, la pellicola di Mundruczó riesce con intelligenza a rappresentare la difficoltà, il disorientamento e il senso di vuoto che accompagna i vari personaggi e, in particolare, Martha. Ognuno dei protagonisti ha il suo modo di affrontare la tragedia e tutti dovranno trovare il compromesso tra ciò che vorrebbero/di cui hanno bisogno e quello che gli altri si aspettano da loro. Da questo punto di vista, in particolare, la sceneggiatura di Kata Wéber è molto interessante e a mio avviso ben sviluppata. E, mi sento di aggiungere, a livello visivo la prima parte della storia è raccontata con una potenza narrativa pazzesca che ipnotizza lo spettatore. La tensione è palpabile e non si può distogliere lo sguardo.
Insomma, personalmente ho gradito "Pieces of a Woman", un dramma ben costruito che, anche se non si avventura in percorsi narrativamente innovativi, riesce comunque a consegnare una storia ben descritta e dettagliata e a fare un uso egregio del suo cast, con particolare riferimento alla bravissima Kirby. Che, in un mondo perfetto, meriterebbe un Oscar (insieme a Carey Mulligan), ma nella realtà si dovrà accontentare della sua nomination.
Cast: Vanessa Kirby, Shia LaBeouf, Molly Parker, Sarah Snook, Iliza Shlesinger, Benny Safdie, Jimmie Fails, Ellen Burstyn.
Box Office: /
Vale o non vale: Dramma ben fatto e recitato alla perfezione, "Pieces of a Woman" è un titolo che piacerà a chi apprezza le pellicole drammatiche non urlate, quelle che si prendono il tempo necessario per affrontare a dovere la componente emotiva della storia. In questo caso, poi, la scena di apertura è semplicemente un tour de force emotivo. Vedere per credere.
Il cast è perfetto e, devo dire, lo scontro famigliare/generazionale tra Vanessa Kirby e Ellen Burstyn in questa storia aggiunge quel qualcosa in più al risultato finale che rende il tutto ancora più interessante da seguire. Poi, sia chiaro, non è un film per tutti.
Premi: Vanessa Kirby, candidata a Oscar, Golden Globe e BAFTA come Miglior attrice protagonista, ha vinto la Coppa Volpi come Miglior attrice a Venezia 77.
Parola chiave: Apple.

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sabato 10 ottobre 2020

Film 1932 - Flightplan

Intro: Dopo anni che non lo rivedevo, ammetto che mi fosse tornata un po' la voglia. Qualche mese fa durante la quarantena avevo provato, ma lo streaming mi aveva messo a disposizione solo una versione doppiata in russo che certamente non faceva per me. Poi, l'altra sera, ho scoperto che senza neanche saperlo avevo il film sul mio hard-drive, scaricato chissà quanto tempo fa. Una benedizione!
Film 1932: "Flightplan" (2005) di Robert Schwentke
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: al di là della mia fascinazione per le pellicole ambientate sugli aerei o per i disaster movies (non è questo il caso però), devo dire che trovo "Flightplan" un thriller ben realizzato e solido nel suo insieme, tutto considerato. Jodie Foster - con il suo fortissimo accento yankee - è un'ottima protagonista che regge alla perfezione tutto il film sulle proprie spalle, riuscendo a primeggiare anche in un genere come quello proposto qui che, oltre all'azione e il mistero, propone anche una leggera virata psicologica a fare da contorno al tutto. Per me sempre un mix ben assortito e soddisfacente.
Onestamente non ho mai compreso perché questa pellicola non abbia ottenuto più successo o non venga tenuta più in considerazione, considerato che tantissimo cinema-spazzatura ha ottenuto apprezzamenti ben maggiori o vive di un fan-base che lo venera, mentre "Flightplan" fa onestamente il suo e anche con un certo impegno, devo dire, ma non ha mai raggiunto quel grado di considerazione da renderlo popolare. Eppure la suspense non manca, l'azione nemmeno e la questione del mistero - dov'è finita la piccola Julia, imbarcata sull'aereo con la mamma e poi sparita durante il volo? E soprattutto: Julia è mai davvero esistita? - non manca di regalare allo spettatore momenti di genuino intrattenimento che fanno di questo film una buona americanata commerciale. Di quelle che lo sai che faranno affidamento su elementi eccezionali ed eccentrici e punteranno molto (se non tutto) sull'utilizzo di effetti speciali e colpi di scena irrealistici, ma che alla fine non puoi fare a meno di apprezzare per la buona dose di intrattenimento senza pretese che sanno regalare. Ecco, per me "Flightplan" è proprio questo, una certezza dal punto di vista dell'intrattenimento: so che se anche l'ho già visto cento volte non smette mai di lasciarmi soddisfatto.
Film 180 - Flightplan - Mistero in volo
Film 1932 - Flightplan
Cast: Jodie Foster, Peter Sarsgaard, Erika Christensen, Sean Bean, Kate Beahan, Greta Scacchi, John Benjamin Hickey, Matt Bomer, Marlene Lawston, Michael Irby, Assaf Cohen.
Box Office: $223.4 milioni
Vale o non vale: A mio avviso uno dei titoli commerciali più sottovalutati dell'ultimo periodo. C'è azione, c'è mistero e c'è una grande protagonista. Poi certo, parliamoci chiaro, il film funziona in misura alle aspettative che si ha e qui non stiamo certo parlando di un capolavoro. Però se si tratta di cercare un titolo di disimpegno capace di intrattenere per un paio d'ore e regalare anche qualche mumento di suspense connesso ad una trama intrigante, allora avete trovato quello che stavate cercando.
Premi: /
Parola chiave: Finestrino.

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mercoledì 9 settembre 2020

Film 1919 - The Farewell

Intro: Altro film che ero curiosissimo di recuperare viste le buonissime recensioni e un ruolo da protagonista per Awkwafina che ha attirato molto la mia curiosità.
Film 1919: "The Farewell" (2019) di Lulu Wang
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese, mandarino
Compagnia: Andrea
In sintesi: non mi sento di definire questa pellicola una commedia, per quanto pare che commedia drammatica sia la descrizione più comune. E' vero, Awkwafina riesce perfettamente a bilanciare una comicità tagliente con le tematiche spesso complesse e/o drammatiche della sceneggiatura di Lulu Wang, però da qui a ridere ne passa.
Più che altro si può definire per noi (occidentali?) surreale l'idea alla base di "The Farewell" perché per molti versi lontana da come concepiamo i diritti del malato e della persona in generale. Il presupposto è questo: la nonna di Billi - una giovane adulta cinese immigrata in America con i genitori - abita in Cina e sta per morire. Nessuno della famiglia ha intenzione di dirglielo per non costringere la donna a vivere in sofferenza i suoi ultimi giorni. Per questo motivo a) nessuno vuole che Billi vada a trovare la nonna insieme agli altri parenti a Changchun perché la ragazza non sa tenere un segreto e b) la famiglia organizza un matrimonio così da distrarre l'anziana.
E' evidente che ci sia molta carne al fuoco, la storia si confronta con tantissime tematiche anche molto attuali, prima fra tutte quella dell'immigrazione e cosa significhi per le persone che lasciano il proprio paese per un altro, quali implicazioni ci siano. Divisa a metà fra due culture opposte, Billi - ma anche i suoi genitori - fatica a mettere insieme i pezzi di una vita che sembrerebbe non aver ingranato e il viaggio in Cina non farà che mettere ancora di più in luce questo senso di vuoto. L'imminente perdita della nonna non fa che acuire il sentimento di mancanza, tanto che la ragazza si ripropone di rimanere al fianco dell'anziana fino alla fine.
Al contempo Nai Nai (Zhao Shu-zhen) non dimostra alcun segno di cedimento e, anzi, più arzilla che mai si prepara all'organizzazione di un matrimonio che pare più una copertura che un vero atto d'amore. Il tutto in un mix familiare che coinvolge un numeroso gruppo di persone che non si sedeva assieme a tavola da tempo. Non mancano tensioni e incomprensioni, pur sempre addolcite dalle circostanze.
Insomma, "The Farewell" è un bel prodotto che ha molto da raccontare e lo fa con un tono pacato, eppure estremamente incisivo. La performance di Awkwafina è perfetta e regge buona parte della storia, accompagnando i momenti spensierati a quelli più drammatici con estrema vitalità e carisma. Davvero un'ottima prova di attrice. Nell'insieme, quindi, un buon risultato finale per un titolo della passata stagione che ha qualcosa da dire.
Cast: Awkwafina, Tzi Ma, Zhao Shu-zhen, Diana Lin, Lu Hong, Jiang Yongbo, Chen Han, Aoi Mizuhara.
Box Office: $22.5 milioni
Vale o non vale: L'ho trovato piacevole e interessante dall'inizio alla fine. Mette a confronto molteplici culture e come le persone ci si rapportino. Descrive dinamiche familiari che potrebbero appartenere a qualunque famiglia, per cui è abbastanza facile immedesimarsi. Racconta una storia meno convenzionale di quanto non si penserebbe all'inizio, grazie anche ad un finale che, pur non gridato, risulta in un colpo di scena inaspettato. Insomma, "The Farewell" funziona su tutta la linea ed è certamente un piccolo film indipendente a cui dare una chance.
Premi: Candidato al Golden Globe per Miglior film straniero, Awkwafina ha vinto quello per la Miglior attrice protagonista musical o commedia (WTF?!). Candidato al BAFTA per il Miglior film straniero.
Parola chiave: Uccellino.

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martedì 8 settembre 2020

Film 1918 - For the Boys

Intro: Pellicola che avevo sempre voluto recuperare, ne ho approfittato un tranquillo pomeriggio di agosto bolognese.
Film 1918: "For the Boys" (1991) di Mark Rydell
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Andrea
In sintesi: trovo che il talento di Bette Midler avrebbe dovuto attirare molti più consensi in termini di premi, per cui sono sempre stato interessato a recuperare la carriera dell'attrice, qui alla sua seconda e per ora ultima nomination all'Oscar. Non posso dire che "For the Boys" mi sia piaciuto, è un film troppo lungo (2 ore e 18 minuti) e si perde per troppo tempo in dettagli che appesantiscono la storia nel suo insieme, ma è innegabile che si tratti di un prodotto perfetto per mettere in mostra le doti artistiche della diva, qui in versione 'intrattenimento per le truppe'.
Schiacciato tra tre flashback temporali ai tempi della guerra - Seconda guerra mondiale, guerra di Corea e guerra del Vietnam - e contornato da un presente che è l'escamotage per raccontare le gesta della protagonista Dixie Leonard, "For the Boys" fatica ad ingranare a causa di ritmi eccessivamente lenti e, mi permetto di dire, una storia a cui si fatica troppo spesso ad appassionarsi. Il tutto per un risultato finale che, anche se storicamente attento a fornire il più possibile un quadro veritiero alla storia - che è di fatto un finto biopic -, ingrana solamente verso la fine del racconto, affaticando la visione. Non un titolo malvagio, ma sicuramente mi aspettavo qualcosa di più dinamico e spassoso.
Cast: Bette Midler, James Caan, George Segal, Patrick O'Neal, Christopher Rydell, Arye Gross.
Box Office: $23.2 milioni
Vale o non vale: Non è né un film di guerra, né un patinato prodotto hollywoodiano, per cui chiunque sia alla ricerca di questi tipi di pellicola è meglio che guardi altrove. I fans della Midler apprezzeranno sicuramente, qui unica vera protagonista di tutta la vicenda. Un titolo da recuperare solo se veramente motivati.
Premi: Candidato all'Oscar per la Miglior attrice protagonista (Midler). 1 vittoria ai Golden Globes (Miglior attrice protagonista) su 2 nomination (Miglior colonna sonora).
Parola chiave: Truppe.

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domenica 6 settembre 2020

Film 1915 - Hereditary

Intro: Lo avevo cominciato l'anno scorso ad Auckland, ma causa sonno lo avevo abbandonato. Da allora ho pensato varie volte di recuperarlo, senza mai trovare la determinazione vera per farlo. Ci voleva Andrea.
Film 1915: "Hereditary" (2018) di Ari Aster
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Andrea
In sintesi: nel tempo, in tantissimi mi hanno parlato bene di questa pellicola, per cui inutile dire che le aspettative fossero piuttosto elevate. A conti fatti mi aspettavo qualcosa di più eclatante nel suo insieme, anche se riflettendo poi con più calma sulla trama, mi sono accorto che in effetti la grande forza della storia di Ari Aster stia negli strati che la compongono.
"Hereditary" comincia in un modo, prosegue in un altro e, una volta terminato, si rivela essere qualcosa ancora di diverso, il che per un prodotto cinematografico - specialmente horror - pare essere un piccolo miracolo. Il punto della questione, però, sta nello stare molto attenti a tutti i dettagli forniti: perdetevene uno e faticherete a mettere insieme i pezzi.
Molti di questi elementi sta nei dialoghi più che nelle immagini, per cui nonostante una certa dose di sano spavento intrattenitivo, sono i dialoghi a farla da padrone, cucendo una trama che vive di esperienze passate, ricordi e traumi raccontati dalla sempre perfetta Toni Collette, anche qui in grado di regalare una magnifica interpretazione. Accanto a lei colpisce particolarmente la presenza di Milly Shapiro, magneticamente inquietante nel ruolo della figlia.
Nell'insieme "Hereditary" è un film che non ti aspetti e si avvicina molto ai canoni di quel "Midsommar" che ha scosso le poltrone estive della scorsa stagione, più che altro sul piano delle tematiche e del ritratto disturbato del gruppo (che diventa setta) che da un punto di vista estetico. In generale questo film non mi è dispiaciuto, anche se non ricade prettamente in quella categoria horror che preferisco di più quando sono alla ricerca di una serata più spaventosa che psicologicamente inquietante. Comunque un titolo interessante e molto, molto ben girato.
Cast: Toni Collette, Alex Wolff, Milly Shapiro, Ann Dowd, Gabriel Byrne.
Box Office: $80.2 milioni
Vale o non vale: Una prodotto horror interessante e disturbante, con non poche scene forti a lasciare lo spettatore di sasso. Nel complesso, però, meno prodotto aderente al genere di appartenenza e più interessato alle sfumature psicologiche. Da vedere.
Premi: Candidato agli MTV Movie + TV Award nella categoria Most Frightened Performance (Alex Wolff).
Parola chiave: Lutto.

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Bengi

mercoledì 19 agosto 2020

Film 1910 - Corpus Christi

Intro: Estate 2020, la quarantena è finita circa (in Italia...), ma la pandemia no. Il Cinema Galliera è chiuso da febbraio, ergo nessuna proiezione pubblica da circa 6 mesi, ma siccome lo spettacolo deve andare avanti, lo staff si ritrova a porte chiuse a visionare i titoli per la prossima stagione. Tra questi, il primo è un film polacco che si promette molto interessante.
Film 1910: "Corpus Christi" (2019) di Jan Komasa
Visto: al cinema
Lingua: polacco
Compagnia: Marta, Mattia
In sintesi: del cinema made in Poland non so praticamente niente, per cui mi sono approcciato a questa pellicola con estrema curiosità. Visto il contesto, quasi un atto di fede. E devo dire che "Boże Ciało" non solo non mi ha deluso ma, anzi, mi ha convinto appieno.
Forte di un'idea pazzesca alla base della storia - ex galeotto dalla ritrovata fede cattolica si spaccia per il nuovo prete di un paesino della campagna rurale polacca finendo per costringerne gli abitanti a fare i conti con una tragedia avvenuta anni prima -, questa pellicola riesce a catturare per tutta la sua durata grazie al mix esplosivo di sceneggiatura e performance del suo protagonista (Bartosz Bielenia).
"Corpus Christi" è un prodotto potentissimo sia per gli aspetti trattati che per la ferocia delle sue immagini spesso evocative (il finale è una bomba), tanto che si parte da subito mettendo in parallelo religione e violenza, portando man mano in superficie tutta una serie di ipocrisie riconducibili inizialmente alla realtà della prigione, per poi allargarsi e coinvolgere la comunità del villaggio, il suo protagonista, la diocesi. Daniel (Bielenia), che sogna di diventare prete ma si vede respinto dalla curia a causa del suo passato criminale, paradossalmente sarà proprio colui che riuscirà a far scendere a patti la comunità cittadina con il suo passato attraverso un approccio non convenzionale e certamente talvolta bizzarro, eppure efficace. Senza contare che, nonostante la dottrina cristiana predichi il perdono e professi atti di misericordia, la comunità religiosa viene qui ritratta come conservatrice e pigra, fallimentare nel dare conforto proprio a coloro che ne avrebbero più bisogno. Emblematico che il vicario della chiesa cittadina lasci Daniel da solo a gestire gli obblighi religiosi in quanto si debba assentare per un periodo a causa della sua dipendenza dall'alcol...
Insomma, per quanto "Corpus Christi" non sia un film sulla religione né sulla galera, sicuramente la sua storia non risparmia critiche a entrambe, pur facendolo sempre senza sensazionalismi o alla ricerca di una morale. Daniel è il protagonista, con i suoi pregi e i suoi difetti, le sue cicatrici, il suo desiderio di migliorarsi, appartenere a una comunità, a qualcosa di "altro" che lo distacchi da quell'unica decifrazione di sé che il mondo attorno a lui parrebbe concedergli. Daniel è attirato dalla purezza del sentimento cattolico, dalla sacralità dei suoi riti, eppure come ogni essere umano deve fare i conti con il terreno, gli impulsi e le scelte cui la vita ci mette di fronte. Ed è proprio qui che la pellicola di Jan Komasa funziona alla perfezione, mettendo in evidenza le difficoltà del predicare bene, l'arcaicità di certi meccanismi, l'omertà, la fatica assoluta del perdono e alla violenza di certe esistenze. Un insieme di tematiche eterogeneo e pulsante che ci ricorda quanto, in fin dei conti, tutto ciò che conta sia di fatto sopravvivere.
Cast: Bartosz Bielenia, Aleksandra Konieczna, Eliza Rycembel, Leszek Lichota, Łukasz Simlat, Tomasz Ziętek, Barbara Kurzaj, Zdzisław Wardejn.
Box Office: $8.6 milioni
Vale o non vale: Sicuramente non una storia facile, ma decisamente un film da vedere.
Premi: Candidato all'Oscar come Miglior film straniero.
Parola chiave: Tabellone.

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mercoledì 3 febbraio 2016

Film 1089 - Brooklyn

Devo ammettere che ero già rimasto incuriosito da questo titolo qualche mese fa quando ne avevo visto la locandina fresca di uscita, catturato dallo stile retrò e dal titolo accattivante ma del tutto indecifrabile. La scelta di lasciare del tutto sconosciuta la trama è rimasta valida fino a sabato, quando ho finalmente deciso di recuperare il film.
Film 1089: "Brooklyn" (2015) di John Crowley
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Pellicola delicata, dolce, di grande sentimento, "Brooklyn" è stata un'altra delle piacevoli sorprese di questa stagione, un'altra ottima scelta da parte degli Academy Awards.
Cast giovanissimo, sceneggiatura di Nick Hornby dal romanzo di Colm Tóibín e una storia tratta dal passato che può far riferimento a una miriade di altre storie veramente accadute: cosa succede quando, partendo per cercar fortuna in un altro paese, ti proietti concretamente verso il tuo futuro, ma lasci tutti quelli che ami a casa?
Nel concreto, questa storia parla di Eilis, giovane irlandese che espatria in America, di preciso a Brooklyn, alla ricerca di una vita più fortunata. Nuovo lavoro presso un grande magazzino, all'inizio cominciare è dura: si fa sentire da subito la nostalgia di casa, nuovi amici non ce ne sono e la solitudine gioca brutti scherzi. La sua fortuna saranno il corso serale di contabilità e l'incontro con Tony, idraulico di origine italiana che le daranno, finalmente, un senso e uno scopo nella nuova vita che si è creata.
I problemi - che naturalmente sempre ci sono - arriveranno anche in America e costringeranno Eilis a fare ritorno in Irlanda dove, neanche a dirlo, conoscerà il perfetto ragazzo irlandese adatto a lei e che la farà vacillare: il matrimonio con Tony, sposato in segreto prima di partire, riuscirà a resistere dopo settimane di lontananza e la piacevole e confortante aria di casa?
Al di là della storia che non vive certo di originalità, mi hanno conquistato i toni pacati, educati e signorili di questa pellicola, esplicitati sullo schermo da una Saoirse Ronan che sfodera una classe e una grazia che non mi sarei aspettato. Non so se sia per l'abbigliamento o perché proprio la storia lo richiedesse, in ogni caso l'attrice ventunenne sembra più una giovane signora che la ragazzina che di fatto è e la cosa mi ha particolarmente coplito (in positivo). L'atmosfera generale priva di quell'aggressività tipica del cinema odierno - fatto di rumori assordanti, personaggi isterici, violenti o sopra le righe - mi ha permesso di seguire il film non solo in maniera piacevole, ma anche molto coinvolta. Chi sceglierà Eilis? Rimarrà in America o tornerà in Irlanda?
Questo "Brooklyn", uscito dal Sundance dell'anno scorso, è stato davvero una bella sorpresa, prodotto di altri tempi in grado di incantare e coinvolgere lo spettatore grazie a una narrazione efficace, un'ottima protagonista, una fotografia perfetta e dei costumi belli, non eccessivi e di grande classe (tutti aspetti he avrei considerato per le candidature all'Oscar). Insomma, uno dei recenti film che mi ha lasciato più soddisfatto.
Cast: Saoirse Ronan, Emory Cohen, Domhnall Gleeson, Jim Broadbent, Julie Walters, Fiona Glascott, Nora-Jane Noone, Jessica Paré.
Box Office: $40 milioni
Consigli: Insieme a "Spotlight" la pellicola in lizza per il Miglior film agli Oscar 2016 che preferisco, "Brooklyn" è un esempio di come si possa raccontare qualcosa di bello e interessante senza il bisogno di strafare. Esteticamente molto bello, emotivamente coinvolgente, scritto bene e recitato perfettamente dalla Ronan, un titolo che mi ha davvero colpito e lasciato un piacevolissimo ricordo. Per gli amanti degli anni '50, delle storie d'amore o delle ricostruzioni storiche un must-see.
Parola chiave: Miss Kelly.

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venerdì 14 agosto 2015

Film 976 - Babadook

Visto il trailer in numerosi passaggi al cinema, eravamo tutti piuttosto curiosi di capire come potesse essere questa pellicola...

Film 976: "Babadook" (2014) di Jennifer Kent
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Erika, Lu
Pensieri: Una cocente delusione. E lo sottolineo: cocente!
Un trailer che lascia intendere una buona atmosfera, una locandina che elogia una storia apparentemente da brividi e una stagione - quella estiva - che in mancanza d'altro tende per la maggior parte all'horror, buono o cattivo che sia. Questo è cattivo.
Non perché manchi di atmosfere suggestive o non abbia veri momenti di paura, ma perché a) per la maggior parte della durata del film non succede proprio nulla e b) perché durante tutto questo nulla l'unica cosa che non manca mai sono le urla del maledettissimo bambino. Che diventa insopportabile, tanto da sperare che Babadook se lo prenda e porti via per sempre.
Raramente ho trovato una pellicola così fastidiosa da seguire, tanto da lasciarmi non solo insoddisfatto, ma anche con il mal di testa. Peccato, perché la performance Essie Davis, di cui avevamo praticamente perso le tracce dopo "La ragazza con l'orecchino di perla", è buona e l'attrice australiana dimostra di essere una protagonista valida, in grado di gestire da sola tutti i 93 minuti di pellicola. Ma "Babadook" è un titolo che non fa centro, un lento fracassatore di timpani dal finale strano e gli effetti speciali troppo deboli per riuscire a mostrare quel tanto che basterebbe in più per renderlo almeno una bella esperienza di paura. Perché dopo che ti sei subito un'ora di schiamazzi, grida, assurdità di un bambino odioso, speri davvero che almeno il racconto riuscirà là dove la caratterizzazione dei personaggi ha fallito, ovvero lascirti soddisfatto. E, invece, nemmeno il confronto con la tanto temuta ombra-possiedi-corpi regala un buon momento horror.
"Babadook" è una storia troppo basata sulle suggestioni e il riempimento di momenti vuoti tramite escamotage narrativi - sì, ok caratterizzare i 2/3 personaggi della vicenda, però non è che possiamo passare metà del tempo a vagliare le possibili implicazioni psicologiche di qualunque cosa accada... -, cosicché il risultato finale risulta essere un nulla di fatto, un già visto continuo che presenta un elemento di novità solo nel finale, che forse è l'aspetto più inquietante di tutta la vicenda. Ecco, da lì si poteva cominciare ad esplorare le possibili implicazioni di - e qui spoiler- vivere con un'ombra mostruosa nello scantinato, nutrendola e permettendole di scorazare libera per la stanza, dopo che ha provato ad uccidere te e tuo figlio...
Insomma, "The Babadook" è un po' come un soufflè cucinato dal sottoscritto: carico di speranze, ma in definitiva sgonfio dopo iniziali premesse positive.
Box Office: $6.95 milioni
Consigli: Francamente la delusione è stata tale che non lo rivedrei neanche per sbaglio. Caotico, rumoroso, con effetti speciali non sempre all'altezza. Potendo scegliere, meglio guardare qualcos'altro. Di horror più efficaci ce ne sono, eccome.
Parola chiave: Compleanno.

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martedì 30 giugno 2015

Film 945 - The Intruders

Cercando un film per la cena, ci siamo imbattuti in questo titolo che prometteva intrattenimento facile facile. Aria di gran boiata in vista? Eccome!

Film 945: "The Intruders" (2015) di Adam Massey
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Licia
Pensieri: Horror sciapo senza un'idea che sia una, "The Intruders" è certamente tra i film più brutti, banali e malfatti che abbia mai visto.
La colpa è certamente di una sceneggiatura banale e incapace di personalizzare la storia, concentrata a prodursi in imbarazzanti sottotrame per distrarre lo spettatore dalla spaventosissima verità dietro tutte quelle porte che sbattono da sole. Il risultato, invece, non fa altro che palesare l'incapacità dello sceneggiatore e la natura prettamente lucrosa di questa operazione. O, almeno, il suo tentativo.
Nel cast qualche volto conosciuto: Miranda Cosgrove, Donal Logue, Austin Butler, Tom Sizemore.
Risultato finale da dimenticare.
Box Office: /
Consigli: Questo film non è nemmeno buono per essere direttamente distribuito in dvd talmente è brutto e insignificante, un vero passo falso per la carriera della Cosgrove. Che sì, non avrà all'attivo ancora niente di particolarmente rilevante a parte "STchool of Rock", ma certo anche scegliendo questa robaccia non si aiuta. Un titolo assolutamente da evitare, sciocco e privo di idee.
Parola chiave: Banalità.

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giovedì 4 giugno 2015

Film 929 - House of Versace

Un personaggio iconico, una casa di moda e la biografia di una famiglia italiana tra le più conosciute al mondo.

Film 929: "House of Versace" (2013) di Sara Sugarman
Visto: dal portatile di Luigi
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: A prescindere dalla veridicità di questa storia, "House of Versace" è una delle cose più trash e brutte che abbia mai visto. Ricolmo di cliché e banalità, situazioni irreali e tentativi malriusciti di rappresentare l'Italia, questo prodotto televisivo di Lifetime (che non ha nemmeno una pagina su Wikipedia, e questo la dice già lunga) è pacchiano e volgare, nel senso che presenta la vicenda in maniera sciocca e superficiale, calcando la mano sulle vicende drammatiche che hanno coinvolto la famiglia Versace, sdoganando un'associazione glam tra cocaina e mondo della moda, lanciando al pubblico una versione di Donatella Versace che è tanto sciocca quanto inverosimile.
Non fosse che non ci si aspetta altro da un prodotto del genere, il cui presupposto scadente e trash è plausibilmente il principlae appeal, verrebe da dire che "House of Versace" merita lo stesso oblio mediatico che Wikipedia gli ha riservato fra le sue pagine; ciononostante, noi impavidi ammiratori dello scadente ci siamo ugualmente imbarcanti in questa bizzarra versione della vita di eccessi e successi della casa di moda Versace e in particolare della sua seconda paladina, Donatella Versace.
Da anni col volto martoriato, alle soglie dell'anoressia, con rumors di droga che rincorrono quelli del fallimento prima e ora quelli della rinascita: questo film per la tv parla principalmente di questo, ma lo fa disinteressandosi completamente all'approccio veritiero/verosimile in favore di una narrazione patinata e bidimensionale che privilegia la sfilata di moda e le serate in discoteca, l'aspetto mistico della connessione fra omicidio di Gianni e svenimento di Donatella e le sue sfuriate da ragazza del ghetto di Reggio Calabria. Ora, al di là del fatto che non mi posso certo definire un esperto biografo della Sig.ra Versace, rimango piuttosto scettico di fronte ad una sua versione imprenditoriale così spiccata e creativa da richiederle l'uso della cocaina per massimizzare la produzione o quando la dipingono come la madre perfetta la cui unica priorità è la felicità della figlia o, ancora, quando me la rappresentano come l'amazzone del sesso sfrenato con il marito Paul Beck. Poi per carità, rimango aperto alle smentite.
In aggiunta a questo circo di follia modaiola e disastri da bancarotta, inserisco anche la piacevole parentesi di zia Lucia, classica signora di mezza età italiana ricoperta di botox e dallo sguardo talmente tirato da risultare felino. Non so nemmeno se nella realtà la signora esista, ma mi ha divertito vedere come gli americani se ne infischino piacevolmente di ogni cosa e piazzino parti e attori a casaccio a formare quella che diventa una rappresentazione culturale non solo stereotipata, ma anche inverosimile e ridicola. Non dico che zia Lucia debba necessariamente essere sovrappeso, vestire di nero e passare la giornata ai fornelli, però certamente non avrei scelto Raquel Welch per impersonare un'italiana calabrese che si riunisce alla famiglia come aiuto domestico e supporto psicologico...
Insomma, "House of Versace" è un disastro sotto molteplici fronti e nonostante di solito il trash non mi dispiaccia, questa produzione non mi ha nemmeno particolarmente divertito. Sì, Gina Gershon ha qualcosa che ricorda la Versace e certamente l'iconica immagine di Donatella favorisce la rappresentazione per somiglianza, anche se si fatica a capire se sia la Gershon con le sua capacità a colmare il gap tra il personaggio e la persona o se non sia il "personaggio Donatella" a rendere plausibile l'interpretazione fatta dalla Gershon. Direi che si rimandano vicendevolmente (ma la vesione in inglese fa giustizia all'attrice).
In definitiva, un brutto prodotto televisivo, banale e piatto.
Box Office: /
Consigli: La famiglia Versace si è ampiamente spesa contro il quadro dipinto da questa produzione americana. Non fatico a capirne i motivi e, al di là degli eccessi e fallimenti raccontati, credo che la cosa contro cui opporsi con più veemenza dovrebbe essere la rappresentazione incolore, sciocca e incapace di esaltare il talento di colei che si prende in causa. Credo che nessuno vorrebbe mai essere il soggetto di un prodotto biografico che risulti piatto e mediocre, cosa che qui si verifica. Ed è certamente questo il punto debole di tutta l'operazione, buona giusto per intrattenere lo spettatore medio per 85 minuti scarsi tra banalità e pseudo giochi di potere, intrighi familiare che colmano in un buonismo scontato e una rappresentazione dei valori della vita che può avere forse un 15enne. "House of Versace" è un titolo debole, un prodotto di consumo che gioca con il fascino di personaggi potenti e conosciuti, per di più condendo il tutto con accenni fashion e una (pre)supposta creatività geniale. E' come guardare un ipotetico lungometraggio di "Beautiful", non fosse che stiamo parlando di persone in carne e ossa e una storia che qui si spaccia come vera. Insomma, da evitare.
Parola chiave: Prêt-à-porter.

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martedì 18 novembre 2014

Film 819 - The Judge

Un cast molto interessante e un titolo aperto che lasciava ben sperare... Potevo, forse, perdermelo?

Film 819: "The Judge" (2014) di David Dobkin
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Ammetto che il mio interesse per questa pellicola è derivato principalmente dal fatto che, visto il red carpet all'ultimo Toronto Film Festival, mi avesse incuriosito lo strano duo Downey Jr.-Duvall con annessa Vera Farmiga per un titolo che suggeriva giuria, tribunale e un possibile genere thriller per cui non potevo chiedere di meglio. Alla prima occasione, quindi, subito al cinema!
La vera paura che mi ha assalito, però, è stata quella di non riconoscere praticamente niente di quello che mi aspettavo nella prima parte del film. Downey Jr. è, sì, un avvocato e Duvall è, sì, un giudice, ma per il resto si parlava di lutto, dinamiche famigliari arrugginite e precarie e il solito confronto-scontro tra grande città e realtà paesana che è tanto cara e presenta nella filmografia americana. Insomma, la prima mezzora-quaranta minuti mi ero un po' spaventato. Non volevo un dragone familiare alla "August: Osage County", per capirsi.
Passato l'inizio, però, con un introduzione minuziosa ma un po' lenta, la storia prende la piega da me sperata e il tutto si fa discretamente interessante. Dove prima c'era solo un durissimo padre incazzato nero con il figlio con cui a malapena parla, ora c'è una persona anziana che è in un enorme guaio - pare che abbia investito un tizio per la strada - e suo malgrado dovrà farsi aiutare dal figlio avvocato con cui a stento parla per difendersi nello stesso tribunale in cui ha lavorato per una vita come giudice. Ecco, questo è il vero succo della storia.
Per quanto abbia gradito la piega giudiziaria presa dal film, mi sono dovuto scontrare con il disgusto per la figura paterna interpretata da Duvall - che, tranquilli!, avrà modo di spiegare le sue motivazioni, figuriamoci... - e la cosa non è stata per nulla facile. Un uomo duro e chiuso con il figlio - che, tranquilli!, ha le sue colpe ma potrà redimerle... - ma che con gli altri è affettuoso e disponibile, un uomo retto, fiero e testardo che, dopo un po', stufa lo spettatore che non ne capisce le motivazioni. Questo aspetto disorientante della storia è forse un po' troppo calcato e rischia di distrarre chi guarda dalla questione giudiziaria che certo sarebbe più interessante, considerato che il giudice pare proprio abbia investito la persona (ex galeotto che aveva fatto precedentemente incarcerare), ma non si ricorda di averlo fatto.
Le vicende, nel finale, regalano allo spettatore quello che stava cercando, mitigando l'aspetto familiare in favore di meccanismi processuali che metteranno in scena la macchina della giustizia in piena fase di lavorazione. Molto del merito in questo caso va proprio a Downey Jr. - che mica un po' Tony Stark e un po' Sherlock Holmes in panni civili -, ma anche a Billy Bob Thornton, avvocato dell'accusa serio e concentrato, promessa di una lotta senza esclusione di colpi alla sbarra che, nonostante l'aspetto pulito e di certo non aggressivo, riesce nell'intento di mettere in pratica le minacce che promette.
Insomma, mi pare si possa suddividere questa storia in due parti ben distinte, quella sulla famiglia Palmer e quella relativa al processo giudiziario per il giudice Joseph Palmer. Diciamo che, per quanto "The Judge" sia un film che funzioni, il vero problema di fondo è che le due storie che lo costituiscono non riescono mai bene a fondersi in una. La sensazione è sempre quella che, di scena in scena, sia possibile distinguere a quale delle due porzioni di storia si stia assistendo, limitando così l'effetto di omogeneità che un film dovrebbe avere. Questo 'dualismo' è presente in tutta la vicenda, essendo che la storia oppone la figura patriarcale a quella del figlio, la verità alla menzogna, la famiglia all'individuo e, al di fuori, la metropoli alla cittadina di periferia. Insomma, molti degli elementi principali della storia sembrano suggerire questa impostazione.
In generale, comunque, ho gradito questa pellicola e l'ho trovata abbastanza interessante e piacevole da seguire. E' abbastanza conforme alle mie aspettative e i miei gusti in fatto di titoli di genere thriller con numerosi elementi giuridici e qualche verità nascosta da riportare a galla, quindi ho apprezzato il lavoro fatto qui. Al di fuori delle mie preferenze personali, mi rendo conto che questo sia un prodotto non esattamente commerciale di massa (per quanto i 50 milioni di dollari di budget parrebbero suggerirlo) e che ci sia qualche carenza narrativa - come per esempio una certa stereotipazione generale -, però credo si possa dire serenamente che vedere "The Judge" può piacere ed intrattenere lo spettatore per 141 minuti anche interessanti.
Film 1064 - The Judge
Box Office: $73.4 milioni
Consigli: Robert Downey Jr. e Robert Duvall veri protagonisti di questo film sono un padre e un figlio agli opposti che, a prima vista, parrebbero non riuscire a sopportarsi. La storia li costringerà a doversi confrontare, fino a risalire la china dei loro problemi arrivando al confronto. Nel mezzo ci sono una serie di personaggi-spalla piuttosto famosi (Vera Farmiga, Vincent D'Onofrio, Jeremy Strong, Dax Shepard, Billy Bob Thornton, Leighton Meester), una vicenda giudiziaria pesante, un lutto e una serie di verità che verranno a galla. Insomma, sulla carta una storia che promette bene. Di fatto bisogna tenere in considerazione che la narrazione è un po' lenta e prima che il processo cominci l'orologio segnerà lo scorrere di non poco tempo. Presi in considerazione questi aspetti, secondo me vale la pena di dare una chance a questo film, sia per vedere Downey Jr. in un contesto alternativo al blockbuster, sia per apprezzare un grande attore come Duvall alle prese con una nuova sfida cinematografica. Non è un film leggero, ma ha certi buoni elementi intriganti e interessanti, oltre che un buon cast e due ottimi protagonisti.
Parola chiave: Incidente.

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Bengi

mercoledì 22 ottobre 2014

Film 799 - Colpa delle stelle

Attendevo veramente tanto di vedere questa pellicola, molto curioso soprattutto visto l'enorme successo in patria sia al botteghino che di critica. Shailene Woodley: è nata una stella (gemella con Jennifer Lawrence)?

Film 799: "Colpa delle stelle" (2014) di Josh Boone
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: "The Fault in Our Stars" è la storia d'amore di due adolescenti malati di cancro che, nonostante le avversità, affrontano la loro vita a testa alta.
Anche senza aver visto il film si capisce fin da subito che ciò che la pellicola mostrerà sarà non solo molto triste, ma anche molto toccante. Ed è effettivamente così! Il racconto è una montagna russa di emozioni che spazia dalle buone battute, alle sorprese romantiche, alla matura consapevolezza di sé e la straziante verità della malattia. Il senso di frustrazione e impotenza, la bella personalità dei due protagonisti e il sogno di un amore vero, forte, completo e che completa sono tutti elementi di cui la trama è impregnata e che affronterà durante i 126 minuti di tour emotivo in cui lo spettatore è coinvolto.
Shailene Woodley e Ansel Elgort sono due bei giovani normali in cui non si fatica ad identificarsi, due ragazzi malati, ma che affrontano le stesse tappe adolescenziali di chiunque di noi, con l'aggravante di un timer velocissimo che corre sopra le loro esistenze. Entrambi consapevoli della loro condinzione, decidono comunque di lasciarsi avvolgere dall'amore che sorprendentemente li ha trovati e uniti, affrontando insieme un percorso di dolcezza e dolore che, inutile dirlo, avrà un epilogo straziante.
Insomma, questo "Colpa delle stelle" sembrerebbe facilmente incasellabile in quella categoria che è il film drammatico-romantico per ragazzine adolescenti, eppure è troppo riduttivo liquidarlo così. Innanzitutto perché l'approccio narrativo è molto più maturo del solito, ben costruito nel presentare i personaggi, approfondendo le dinamiche famigliari e sociali senza mai evitare il confronto diretto con le tematiche scomode che le premesse di questa storia portano necessariamente. Poi perché la realizzazione è molto meno scontata di un qualsiasi prodotto commerciale facile facile composto da amore adolescenziale + dramma apparentemente irrisolvibile + lieto fine che spazza via ogni preoccupazione. Qui, diversamente, si è barattata la tranquillità della buona notizia standard dell'happy ending con qualcosa di più vero, anche se doloroso, che rende l'esperienza di quasto film più interessante in quanto più plausibile e vera.
In questo credo risieda uno dei segreti del successo di "Colpa delle stelle", insieme al fatto che è tratto da un best seller (di John Green), racconta una straziante storia romantica e i suoi protagonisti sono tutti piuttosto popolari al momento: Nat Wolff appena visto in "Matricole Dentro o Fuori", "Palo Alto" e "Comportamenti molto... cattivi"; Ansel Elgort (che ha all'attivo solo 4 film e un in produzione!) cavalca un'onda fortunata: è presente in "Lo sguardo di Satana - Carrie", il nuovo film di Jason Reitman "Men, Women & Children" e nella nuova saga per teenagers che ha lanciato la sua compagna di set Shailene Woodley (che ha già una nomination ai Golden Globe all'attivo per "Paradiso amaro"), ovvero "Divergent" e il prossimo "Insurgent". I 3 ragazzi, insomma, sono stati scelti sapientemente sia a livello di richiamo per il pubblico sia considerando che non sono niente male a recitare.
Per concludere direi che "The Fault in Our Stars" è un buon titolo drammatico e, sottolineerei, non solo per teenagers. La scelta di come presentare la malattia e il modo in cui i protagonisti la vivono non è certamente originale, eppure in questa storia c'è qualcosa di magnetico e molto personale, una scintilla che si avverte fin dall'inizio della narrazione e che certamente ha contribuito a rendere questo prodotto così di successo da risultare già un cult del suo genere. Sia Hazel o sia Shailene poco importa, perché il risultato è molto superiore a qualsiasi prodotto simile e finisce inevitabilmente per catturare attenzione e cuore dello spettatore. Forte, duro, romantico eppure da rivedere al più presto.
Box Office: $303,285,269
Consigli: E' una storia d'amore, è su due adolescenti e parla di malattia terminale. Non è allegra, eppure il film è in grado anche di divertire. Che il dramma sia dietro l'angolo lo sanno anche i muri e si aspetta, temendolo, il momento in cui comincerà la discesa. E questa storia sa come colpire. Il finale è molto triste e ti fa pensare, inevitabilmente, a quanto ti strappa il cuore dal petto veder morire una persona che ami. Non ci sono parole che confortino né situazioni che distraggano da un dolore così totale da lasciarti senza fiato. E così sarà anche per i protagonisti di questa storia dolceamara, ma che vale la pena vedere. Io lo consiglio, perché è un bel film, perché non gioca a far pena allo spettatore e perché non si tradisce con l'evolversi della trama. Bisogna essere preparati, eppure ogni tanto di queste storie ce n'è bisogno. Shailene Woodley e Ansel Elgort sono una coppia di attori molto promettenti.
Parola chiave: "Un'Imperiale Afflizione".

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Bengi

lunedì 20 ottobre 2014

Film 796 - Premonition

In un momento di riscoperta della carriera di Sandra Bullock, ho recuperato questo film...

Film 796: "Premonition" (2007) di Mennan Yapo
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Ma perché Amber Valletta fa sempre l'amante? Dopo l'inutile come back dell'anno scorso in "Revenge", scopro che anche qui la poveretta è costretta ad interpretare la rovina lenzuola matrimoniali altrui, per di più in una pellicola dalla totale mancanza di rilevanza.

Proprio come dice il titolo di questo film, anche io ho avuto una premonizione prima di guardarlo, ovvero che sarebbe stata una grande cagata. Neanche a dirlo, ho previsto giusto, anche se ho dovuto ridimensionare il mio pessimismo: è solo una cagata.
Sandra Bullock deve ringraziare la sua buona stella se è ancora un'attrice affermata e si è pure portata a casa un Oscar, perché se uno decidesse di approcciarsi alla sua filmografia partendo da questo titolo - o dal troppo tristemente simile "La casa sul lago del tempo" - non potrebbe far altro che pensare che l'attrice scelga solo copioni scritti da adolescenti depressi e privi di una coscienza cinematografica capaci di realizzare una sceneggiatura credibile quanto le labbra di Valeria Marini.
Al di là del fatto che si tratti di un prodotto fantasy misto drama, rimane il fatto che sia un po' nonsense, temporalmente intricato e, sicuramente, in almeno un passaggio, sbagliato (la bambina si taglia la faccia coi vetri della finestra, ma nel flashback iniziale, quando il fatto dovrebbe già essere accaduto, ha la faccia normale). Quindi non rimane che chiedersi il perché di tanto 'sbattimento' narrativo, quando il risultato sia così mediocre. Gli innumerevoli flashback che potrebbero per alcuni essere motivo di interesse in quanto trama "complessissima", in realtà ingarbugliano solamente la comprensione di una storia che pare non trovare alcuna spiegazione fino a quando, a 20 minuti dalla fine, il tutto viene banalmente liquidato tramite una trovata che affonda le radici in qualche banalità finto cristiana. No, non ci siamo. Questo modesto sforzo non basta a giustificare 96 minuti di pellicola tutti "Oh mio dio cosa sta succedendo?", "Non me lo riesco a spiegare", "Non posso accettarlo", e via discorrendo. Tra l'altro la trovata fedifraga di cui parlavo all'inizio è totalmente inutile, un pretesto incolore per dare del pepe ad una storia che, altrimenti, non va mai oltre un lento sbadiglio. Solo nel finale, quando il camion s'incarica di riportare in vita "Final Destination", ci si riprende un attimo dal torpore (ma di per sé la scena è imbarazzante epr com'è scritta). Sandra, abbandona per sempre queste scelte cinematografiche pro bonifico e orientati su qualcosa di meno scontato. Grazie da uno che - nonostante tutto - ti apprezza.
Box Office: $84,146,832
Consigli: Pellicola banale e priva di brio che tenta di giustificare la sua esistenza attraverso un espediente paranormale che in realtà è una scemata pseudo cristiana che di fatto spiega senza spiegare. Se vi basta come scusa per abbandonarvi sul divano in compagnia di una Sandra Bullock ancora senza Oscar, allora il gioco è fatto. Se, invece, preferite qualcosa di un attimo più elaborato, pensato o anche solo scritto meglio... Beh, lasciate perdere "Premonition".
Parola chiave: Settimana.

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Bengi