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giovedì 31 ottobre 2024

Film 2317 - Under Paris

Intro: Secondo film del sabato sera casalingo salotto con proiettore. In realtà avevo in programma di recuperare un'altra pellicola, ma dato che non si scaricava, ho optato per l'opzione più semplice: Netflix.

Film 2317: "Under Paris" (2024) di Xavier Gens
Visto: dal proiettore
Lingua: francese
Compagnia: nessuno
In sintesi: ammetto che fossi un po' restio a scegliere questo film all'inizio: non solo si tratta di un prodotto di Netflix (si sa che i loro film sono terribili), ma per di più in francese, il che avrebbe comportato il dover seguire tramite sottotitoli. D'altro canto, però, adoro i film con squali assassini che sembrano intenzionati a voler decimare la razza umana, per cui alla fine mi sono deciso. E ho fatto bene.
Per quanto "Sous la Seine" non si certo "Lo squalo", devo comunque ammettere che la visione non mi sia per niente dispiaciuta. Mi ci è voluto un attimo per risintonizzare l'orecchio sul francese (parlano veramente veloci), ma una volta abituato non ho più avuto problemi, anche perché, diciamocelo pure, non è che la storia sia poi troppo complessa da seguire.
Non troppo complessa, comunque, non vuol dire semplice. Succedono un sacco di cose in questa storia, infatti, il che è abbastanza inusuale per un prodotto di questo genere. Di solito o il racconto non ha niente di nuovo da dire, oppure la trama è talmente farcita di elementi, che il risultato finale è un'accozzaglia informe difficile da digerire. Qui mi pare si sia trovato il giusto equilibrio.
La storia è assurda tanto quanto lo può sembrare ad una prima occhiata: uno squalo bianco che si "trasferisce" nella Senna per mettere al mondo una colonia di altri squali bianchi, il tutto per culminare in una frenesia di spuntini per pescioloni affamati durante una competizione di triathlon in previsioni delle Olimpiadi di Parigi 2024. Insomma, c'è proprio un po' di tutto in questo "Under Paris".
Per quanto, appunto, ampiamente ancorato all'universo dell'improbabile, il film riesce in ogni caso a presentare un mondo sufficientemente credibile e radicato nella realtà. La sempre ottima Bérénice Bejo - la stessa di "The Artist", ruolo per cui fu candidata all'Oscar come Miglior attrice non protagonista - sostiene alla grande il film, tra l'altro in compagnia di un Nassim Lyes davvero niente male. Gli effetti speciali non sono perfetti, ma funzionali e le scene d'azione sono ben girate, specialmente quelle nelle catacombe e della gara. Il finale deraglia un po' nell'assurdo e, ammetto, se non avessi letto il riassunto su Wikipedia avrei faticato a mettere insieme i pezzi del cosa sta succedendo e perché, ma a parte questo "Under Paris" funziona senza intoppi.
Una piacevole sorpresa di Halloween!
Cast: Bérénice Bejo, Nassim Lyes, Léa Léviant, Sandra Parfait, Aksel Ustun, Aurélia Petit, Anne Marivin.
Box Office: /
Vale o non vale: Il film mantiene le promesse: c'è uno squalo che divora tutti, ci sono ottime scene d'azione e il risultato finale è tanto assurdo quanto ben confezionato. Per gli amanti del genere, un titolo sicuramente da tenere in considerazione.
Premi: /
Parola chiave: Parthenogenesis.
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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 14 dicembre 2023

Film 2238 - Napoleon

Intro: Ultima serata con cugina, che non andava al cinema da molto tempo. Così ce l'ho portata io (a vedere il film che voleva lei, giustamente).

Film 2238: "Napoleon" (2023) di Ridley Scott
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: sulla carta, questo poteva essere uno dei film dell'anno: un cast pazzesco trainato da Joaquin Phoenix, la regia di Ridley Scott, la storia dell'ascesa al potere di nientemeno che Napoleone. Insomma, tutto sembrava lasciar sperare per il meglio. La verità è che, sebbene migliore del precedente "House of Gucci", Scott non ne azzecca una da un bel po' di tempo e questo "Napoleon" non fa eccezione.
Non che il prodotto finale sia inguardabile, ci mancherebbe, tecnicamente il film è impeccabile, però alcune problematiche sono evidenti. Innanzitutto 157 minuti di durata sono troppi e, allo stesso tempo, troppo pochi per raccontare tutte le vicende che questa storia vorrebbe trattare (si parte dalla ghigliottina di Maria Antonietta e si finisce all'esilio sull'isola di Sant'Elena). A mio avviso sarebbe stato meglio concentrarsi su un momento specifico - come ad esempio l'ascesa al potere e il periodo solamente dell'esilio - per raccontare con più efficace e in maniera più approfondita avvenimenti così complessi che hanno forgiato il corso della storia.
Inoltre, sarebbe stato più efficace scegliere un unico punto di vista per la storia e non due: o seguiamo Napoleone alla conquista del mondo, o seguiamo le sue vicende amorose. La sceneggiatura tenta di bilanciare entrambi questi fili narrativi, finendo per fare un disservizio a entrambi (e a Vanessa Kirby, qui un po' troppo periferica alla storia per i miei gusti o, comunque, quello che avrei voluto vedere).
Infine, ho trovato Joaquin Phoenix meno ispirato del solito in questo ruolo, come se sentisse il personaggio meno "suo". Ed è un peccato per due motivi: sia perché Joaquin Phoenix è un grande attore e da lui mi aspetto meraviglie, sia perché la mancata direzione narrativa, insieme a quella recitativa del suo protagonista, finiscono per influenzare il prodotto finale in una maniera che è difficile da ignorare.
Sebbene, come ho detto, "Napoleon" non sia un brutto film tutto sommato, di fatto manca però di incisività e un punto di vista che vada oltre quello dell'elencare fatti storici più o meno accurati. E, da un film costato tra i 130 e i 200 milioni di dollari, mi aspetto molto, ma molto di più. Ecco, forse riassumerei questa pellicola con un aggettivo: impersonale.
Cast: Joaquin Phoenix, Vanessa Kirby, Tahar Rahim, Rupert Everett, Ben Miles, Ludivine Sagnier, Sinéad Cusack.
Box Office: $172 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Non il più incisivo dei film di Scott che, diciamocelo, ha portato sullo schermo prodotti più interessanti. Tencicamente ben fatto e supportato da un buon cast di comprimari (Vanessa Kirby e un irriconoscibile Rupert Everett in testa), "Napoleon" elenca ma non racconta, si lascia vedere ma non lascia senza fiato.
Premi: /
Parola chiave: Patria.
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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 15 novembre 2023

Film 2216 - The Nun II

Intro: Continua la saga dell'horror in vista dell'imminente notte delle streghe.

Film 2216: "The Nun II" (2023) di Michael Chaves
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: già il primo "The Nun" non è che sia un capolavoro e certamente questo sequel non è migliore in termini di qualità, però per quello che vale, ammetto di non aver odiato questo secondo capitolo. Probabilmente anche perché, dopo la cocente delusione del primo film, per questa nuova uscita del franchise le aspettative erano decisamente molto, molto più basse.
La verità è che la saga di "The Nun" ha poco da dire in termini di storia e vive in buona sostanza delle atmosfere inquietanti che la pellicola è in grado di creare. Visivamente, infatti, il risultato finale è particolarmente ben riuscito, soprprendentemente interessante a volte (penso alla scena delle riviste che si sfogliano da sole), anche se ciò non basta a salvare una trama troppo sconnessa e generica, in particolar modo quando si tratta di approfondire l'antagonista, nonché personaggio princiale, del demone-suora. In questo secondo titolo, in particolare, si fatica a comprendere le modivazioni del personaggio, non vi è alcun approfondimento del suo passato - immagino che il tutto sia rimandato al primo film, o origin story in questo caso - che fornisca allo spettatore qualche indizio che vada oltre la mera assunzione che il demone sia malvagio e quindi tenti di uccidere chiunque (che poi non succede sempre, ma solo quando fa comodo alla trama, il che rende il tutto ancora più confuso). In aggiunta a questa generale superficialità, gli altri personaggi che compongono la storia (alcuni ripresi dal primo film) non hanno granché da dire in quanto, per la maggior parte del racconto, sono a servizio del sadico giochino che preme raccontare alla trama. Per capirsi, lo scopo di "The Nun II" non è tanto raccontare una storia, quanto spaventare il pubblico.
Detto ciò, ribadisco che non ho dedestato questo sequel e, anzi, mi sono sorpreso ad apprezzarlo molto più di quanto mi sarei immaginato. Semplicemente bisogna tenere presente che "The Nun II" è un horror che ha ragione di esistere nel contesto di quest 3 assunzioni: a) è il sequel di un franchise famoso e particolarmente lucrativo, b) è uscito in tempo per il periodo di Halloween e c) ha come unica vocazione quello del facile spavento.
Film 1673 - The Nun
Film 2216 - The Nun II
Cast: Taissa Farmiga, Jonas Bloquet, Storm Reid, Anna Popplewell, Bonnie Aarons, Patrick Wilson, Vera Farmiga.
Box Office: $268.1 milioni
Vale o non vale: Non imprescindibile, ma tutto sommato nemmeno terribile. Il finale non è all'altezza di tutta la premessa, però di per sé il film ha un'estetica coesa e spaventa quanto basta. In più, cameo finale con la possibile promessa di un ritorno dei coniugi Ed e Lorraine Warren (rispettivamente Patrick Wilson e Vera Farmiga).
Premi: /
Parola chiave: Occhi.
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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 30 giugno 2023

Film 2192 - Les trois mousquetaires: D'Artagnan

Intro: La mia collega francese voleva andare a vedere questo film al cinema a tutti i costi, così abbiamo deciso di andare (più o meno tutti) insieme a vederlo. Persino all'IMAX. E nonostante avevvi ancora gli incubi dopo aver visto quell'orrore di "I tre moschettieri" di Paul W. S. Anderson.

Film 2192: "Les trois mousquetaires: D'Artagnan" (2023) di Martin Bourboulon
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Petra, Rebecca, Aurore
In sintesi: sono andato a vedere questo film con veramente poche aspettative, un po' perché i film francesi solitamente non mi conquistano granché, un po' perché la storia è divisa in due parti e - lo ammetto - un po' anche perché non avevo granché voglia di passare 2 ore a leggere sottotitoli dopo una giornata di lavoro attaccato allo schermo di un computer. Con queste premesse, chiaramente, la visione di "Les trois mousquetaires: D'Artagnan" non paritva bene.
In realtà devo proprio dire che mi sono ricreduto in fretta. Il film ha un buon ritmo, gli attori bravi e nonostante qualche momento sopra alle righe - che ci sta, questo è più un prodotto cinematografico che spinge su azione e avventura che una ricostruzione fedele del romanzo di Dumas - e tutto sommato il risultato finale è di piacevole intrattenimento. Diciamo che, anche se non sono mai stato un fan dei tre moschettieri, questo prodotto riesce a combiare bene gli elementi moderni richiesti dall'esperienza cinematografica "action" insieme a quelli più storici richiesti dalla storia originale da cui è tratto. Poi mi rendo conto che non sia un titolo propriamente per tutti (per questo, credo, si sia tentato l'approccio più marcatamente moderno delle scene d'azione), però il risultato finale funziona e intrattiene a dovere.
Cast: François Civil, Vincent Cassel, Romain Duris, Pio Marmaï, Eva Green, Lyna Khoudri, Louis Garrel, Vicky Krieps, Thibault Vinçon.
Box Office: $30.4 milioni
Vale o non vale: Un'ottima alternativa alla strabordante dominazione americana dei titoli cinematografici a disposizione, "Les trois mousquetaires: D'Artagnan" non sarà stato tra le priorità cinematografiche da recuperare di molti, eppure è un ottimo
divertissement per una serata piacevole e all'insegna del disimpegno.
Premi: /
Parola chiave: Collana.
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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 4 dicembre 2022

Film 2149 - Mrs. Harris Goes to Paris

Intro: Volevo vederlo al cinema, ma, tra una cosa e l'altra, abbiamo finito per recuperarlo in streaming.

Film 2149: "Mrs. Harris Goes to Paris" (2022) di Anthony Fabian
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Ciarán
In sintesi: non esattamente quello che mi aspettavo in termini di trama, "Mrs. Harris Goes to Paris" è stata comunque una piacevole visione.
Delicato nei toni e nei modi, deliziosamente interpretato da una Lesley Manville che nel 2022 abbiamo trovato molto occupata (un paio di settimane fa è approdata su Netflix con "The Crown" dove interpreta la Principessa Margaret), questo film funziona bene e per certi versi ricorda pellicole già viste - cosa che capita specialmente quando si tratta di prodotti che affrontano il tema della moda come quello dominante della storia, vedi "The Devil Wears Prada" o "Cruella" - ma tutto sommato presenta elementi identificativi a sufficienza per fare di questo titolo un esempio a sé stante, piuttosto che l'ennesima fotocopia sul tema. Da questo punto di vista, la caratterizzazione del personaggio fatta da Lesley Manville e il fatto che la storia sia tratta dal libro omonimo degli anni '50 di Paul Gallico sicuramente qui fanno la differenza.
Tutto sommato un prodotto di qualità che trasuda anche una certa classe e sebbene i francesi non ci facciano sempre una bella figura - ah, "Emily in Paris"... - il risultato finale è certamente buono.
Cast: Lesley Manville, Isabelle Huppert, Lambert Wilson, Alba Baptista, Lucas Bravo, Ellen Thomas, Rose Williams, Jason Isaacs.
Box Office: $27.4 milioni
Vale o non vale: Un film delicato ed educato, recitato benissimo (anche se Isabelle Huppert qui viene sfruttata veramente poco e forse non nel modo più appropriato a renderle giustizia) anche se sicuramente non un prodotto per tutti. "Mrs. Harris Goes to Paris" è sicuramente old fashioned e con un tocco nostalgico, quindi non il titolo adatto a qualsiasi pubblico o serata. Per chi ha tempo, pazienza e interesse, sicuramente una pellicola che non mancherà di conquistare.
Premi: /
Parola chiave: Abito.
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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 13 maggio 2021

Film 1997 - Sentinelle

Intro: Secondo film scelto da Ferdia e completamente diverso dall'altro che ci ha richiesto di vedere.
Film 1997: "Sentinelle" (2021) di Julien Leclercq
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: non fosse stato per il modulo di Sceneggiatura non avrei mai scoperto l'esistenza di questa pellicola. E forse sarebbe stato meglio così.
Premesso che non sono particolarmente fan di Olga Kurylenko - che trovo mediocre in tutti i film in cui l'ho vista recitare - devo dire che in questo caso il problema non sia tanto lei (che è comunque parte del problema) quanto tutto l'insieme: storia, narrazione, interpretazioni. E' tutto tremendo. Forse si salvano le scene d'azione - che poi sono la base di quello che si voleva raccontare qui - ma non è sufficiente a rendere "Sentinelle" un film anche solo vagamente riuscito.
La verità è che questo prodotto si basa su cliché e stereotipi e non è capace di aggiungere niente al genere thriller/action in cui cerca disperatamente di collocarsi e il risultato finale è mediocre o privo di qualsivoglia ispirazione. Per capirci, sembra più un episodio televisivo di una brutta fiction che un film vero e proprio. Senza contare che la sceneggiatura non ha alcun senso e ci troviamo rimbalzati da un posto all'altro, da una scena ad un'altra senza che ci sia un vero e proprio filo logico. Per capirci, nel finale (spoiler) siamo improvvisamente catapultati da Nizza a Dubai senza alcun avviso e senza che ci sia un motivo sensato a legittimare il cambio di scenario, il tutto per "giustificare" una scena di neanche 5 minuti che non ha alcun senso se non quello di tentare di replicare goffamente l'effetto a sorpresa del/la protagonista che, infiltratosi nell'organizzazione/business di turno, finirà per uccidere il cattivo della storia sorprendendolo in qualche remoto angolo del pianeta dove si stava nascondendo. Qui il tutto è così random e mal gestito da risultare ridicolo.
Insomma, "Sentinelle" è semplicemente un brutto film che non ha alcun interesse a raccontare una storia, quanto semmai a mostrare sequenze d'azione sufficientemente sofisticate a giustificare l'etichetta di pellicola d'azione. Ciò non toglie che il risultato finale sia pessimo.
Cast: Olga Kurylenko, Marilyn Lima, Michel Nabokoff, Martin Swabey, Carole Weyers, Andrey Gorlenko.
Box Office: /
Vale o non vale: Banale, recitato male e incapace di presentare un qualsiasi elemento innovativo/interessante, "Sentinelle" è solo una gran perdita di tempo. Voglio dire, perfino il poster è tremendo! Cercate altrove.
Premi: /
Parola chiave: Vendetta.

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venerdì 5 marzo 2021

Film 1963 - Le jeu

Intro: Continuiamo con la lista di remake tratti dal fenomeno "Perfetti sconosciuti", questa volta passando per la Francia.
Film 1963: "Le jeu" (2018) di Fred Cavayé
Visto: dal computer portatile
Lingua: francese
Compagnia: nessuno
In sintesi: niente di particolare da dichiarare rispetto a questo rifacimento francese, molto, molto simile a quello italiano. Qui ci si focalizza di più sull'idea del gioco rispetto alle altre versioni e... per il resto rimane tutto più o meno uguale al film di Genovese.
Buono per il pubblico locale, anche se per chi ha visto l'originale questo film non aggiunge davvero molto altro rispetto al film da cui è tratto.
Cast: Bérénice Bejo, Suzanne Clément, Stéphane De Groodt, Vincent Elbaz, Grégory Gadebois, Doria Tillie, Roschdy Zem.
Box Office: $13.115.272
Vale o non vale: Semplicemente una versione in francese del film "Perfetti sconosciuti". Si può vedere, per carità, ma non aggiunge niente che non sia già mostrato nell'originale.
Premi: /
Parola chiave: Gioco.

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giovedì 4 aprile 2019

Film 1542 - Mr. Bean's Holiday

Intro: Giuro che è stata mia cugina ad insistere per vederlo! Mai avrei pensato di recensire questa pellicola: cosa non si fa per la famiglia...
Film 1542: "Mr. Bean's Holiday" (2007) di Steve Bendelack
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: una grandissima scemenza con rari momenti divertenti e un tripudio di gag snervanti e surreali. Mr. Bean è un personaggio che ho sempre trovato profondamente irritante, questa pellicola non ha cancellato questa mia convinzione.
Cast: Rowan Atkinson, Emma de Caunes, Max Baldry, Willem Dafoe, Karel Roden, Jean Rochefort, Preston Nyman, Lily Atkinson.
Box Office: $229.7 milioni
Vale o non vale: Assolutamente perdibile.
Premi: /
Parola chiave: Spiaggia.

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sabato 12 dicembre 2015

Film 1048 - By the Sea

Dopo "Lo stagista inaspettato" mi sono fondato direttamente in un'altra sala, fortunatamente senza pagare...
Film 1048: "By the Sea" (2015) di Angelina Jolie
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Uno dei peggiori film di questa stagione, ambizioso e pretenzioso ma privo di alcunché da raccontare, questo film scritto, diretto, prodotto e recitato da Angelina Jolie (qui anche) Pitt è stata una noia mortale da seguire.
Se da un lato le belle location sembrerebbero suggerire una buona ricerca qualitativa almeno a livello tecnico (fotografia, scenografia), in realtà man mano che scorre la pellicola ci si accorge del vuoto cosmico cui gira attorno questa storia. La delusione non è poca, è inutile nasconderlo, soprattutto perché si scomodano atmosfere retrò, temi importanti e scene di nudo che, in altri contesti più maturi e qualitativamente interessanti, avrebbero saputo aggiungere qualcosa alla storia. La realtà è che la Jolie sembra ma di fatto non ha nulla da raccontare e, così, decide di allungare la minestra riscaldatissima riempiendo la sua creatura di silenzi e primi piani intensissimi, per la verità rovinati da una sua magrezza tanto al limite da disturbare la visione.
in definitiva, a parte la noia, questo "By the Sea" non porta con sé null'altro.
Cast: Brad Pitt, Angelina Jolie, Mélanie Laurent, Melvil Poupaud, Niels Arestrup, Richard Bohringer.
Box Office: $1.9 milioni
Consigli: Evitabilissima pellicola finto impegnata che sul dramma di una coppia in crisi ricama una storia inconsistente e sciocca. La realtà è che in mezz'ora si poteva risolvere il racconto, senza la necessità di sbrodolare in 122 minuti di silenzi e paesaggi. I costumi sono orrendi, le tette di Angelina onnipresenti, Pitt è un finto scrittore maledetto, il doppiaggi italiano in francese è imbarazzante e, in generale, il risultato finale è soporifero. Un vero buco nell'acqua (10 milioni di dollari per produrlo), naturalmente da evitare.
Parola chiave: Buco nel muro.

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Bengi

mercoledì 15 luglio 2015

Film 951 - La famiglia Bélier

Perso al cinema, ma recuperato in streaming appena trovato.

Film 951: "La famiglia Bélier" (2014) di Eric Lartigau
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: La Francia sempre più in vena di esportazione non solo gastronomica, ecco il nuovo caso locale, tramutatosi certamente in mondiale (visto l'incasso). La storia della famiglia Bélier è particolare, non tanto perché vivono ancora in campagna, hanno una fattoria, allevano animali e vendono i loro prodotti al mercato; non tanto perché la figlia maggiore è un astro nascente della musica; non tanto perché il padre sarà il futuro sindaco cittadino; non tanto perché 3 dei suoi 4 membri sono sordi... Più che altro per tutti questi elementi insieme.
Ma dove sta la novità, ci si può chiedere. In fin dei conti sì, tutte queste singolarità insieme formano un'inusuale quadretto familiare, eppure in un momento storico in cui tutto sa di già visto, spiccare è pur sempre qualcosa di eccezionale. Qui l'impresa è riuscita più che altro per l'approccio, la sensazione positiva che tutto il film, tutta la storia si porta con sé. E allora sì, siamo sordi, siamo strani, siamo eccessivi e lunatici... E allora?
"La famille Bélier" è un bel caso di cinema commerciale con messaggio positivo e pure da esportazione. Si parla di diversità, di affermazione, di scelte di vita, di rispetto di se stessi e degli altri, di responsabilità e, naturalmente, di amore. Certi valori sanno già un po' di vecchio ultimamente, qualcosa che ha perso il suo significato. Ogni tanto è bello ricordarsi che stare insieme, essere amici, essere una famiglia, avere qualcuno che si aspetta qualcosa da noi è bello, non solo un ostacolo.br/> Ecco, personalmente mi è piaciuto questo della pellicola di Eric Lartigau, un misto di commedia, un pizzico di dramma e molta, molta vita di tutti i giorni. Non stiamo parlando di un capolavoro e dopo un po' ascoltare e riascoltare quella maledetta "Je vais t'aimer" (che si sente anche nel trailer) ti rende insofferente, per non parlare di un sottofondo continuamente chiassoso nella prima parte della pellicola, ma in generale devo proprio ammettere che la visione de "La famiglia Bélier" ha soddisfatto e compiaciuto le mie aspettative.
Ps. 6 candidature ai César 2015 (tra cui Miglior film, sceneggiatura e attori) e un premio vinto per la Miglior attrice esordiente Louane Emera. Per capirsi, stiamo parlando della stessa edizione che ha incoronato Kristen Stewart vincitrice nella categoria Miglior attrice non protagonista per "Clouds of Sils Maria".
Box Office: $82,566,570
Consigli: Se ultimamente le scelte commerciali del cinema francese vi hanno convinto (vedi "Non sposate le mie figlie!", "Giù al nord", "Tutta colpa del vulcano", "Quasi amici", "Per sfortuna che ci sei"), questo è assolutamente un altro titolo da non perdere. in ogni caso un bell'esempio di storia su diversità e quotidiano, amore e famiglia, responsabilità e scelte di vita, occasioni e talento. Non c'è male e, da non sottovalutare, ci si diverte pure (ma bisogna avere pazienza per la canzone portante...). In ogni caso da vedere, titoli di coda compresi!
Parola chiave: Radio France.

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venerdì 2 gennaio 2015

Film 846 - Magic in the Moonlight

E' inutile, quando esce un suo film sento sempre il desiderio di vederlo subito!

Film 846: "Magic in the Moonlight" (2014) di Woody Allen
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Stanley/Colin Firth, illusionista ingaggiato per smascherare la giovane sensitiva Sophie/Emma Stone, finirà per sgretolare le sue granitiche certezze su occulto, magia e chiaroveggenza, fino a quando non ritroverà fede nelle sue convinzioni e, a dirla tutta, pure l'amore.
Altro non si può dire sulla trama dell'ultima fatica di Woody Allen perché altrimenti si rischia di rovinare tutta la sorpresa. Si può dire, invece, che dopo l'evidente scivolone qualitativo del terribile "To Rome with Love", con questa storia il grande regista riesce di nuovo a produrre qualcosa di piacevole. Non un capolavoro e di certo non ispirato quanto "Midnight in Paris" o "Match Point" - chiaramente si parla dei suoi lavori recenti -, ma anche questo "Magic in the Moonlight" ha i suoi buoni momenti, nonché un cast piuttosto ricco e la capacità di stuzzicare la curiosità dello spettatore grazie all'idea dello smascherare la ragazza.
Emma Stone non è certo la Cate Blanchett di "Blue Jasmine", ma riesce nell'intento di piacere e risultare simpatica, a volte anatroccolo a volte cigno, in un bilanciato incastro di tenerezza, intrigo e fascino. Dall'altra parte Firth è l'ennesima versione alternativa di Allen stesso (ormai sempre più dietro la telecamera), scettico e cinico che crede solo in ciò che vede e ciò che sa, educato a porsi domande e mettere in discussione tutto, eppure aperto a praticare strade che non conosce. Sarà anche per questo - e per l'amore, ovvio - che riuscirà a mettere in discussione tutto ciò in cui crede in virtù delle apparenti doti di Sophie. Come sempre Allen è bravo a contrapporre il razionale e ciò che non lo è, a porsi un sacco di domande e a mettere lo spettatore nella condizione di fare lo stesso. Nonostante il risultato sia nella media, più che clamoroso, è comunque piacevole lasciarsi trasportare e condurre durante la visione.
In definitiva direi che "Magic in the Moonlight" è più che mai un titolo "alla Allen" come solo il regista ci ha abituato di questi tempi. Nonostante il contenuto cambi, la confezione è sempre la stessa e, bisogna dirlo, il rischio è che se non piace quella, tutto il resto verrà clamorosamente scartato a priori. Io gradisco questi esperimenti fuori dal tempo e questo modo di fare cinema, ma mi rendo conto che non possa essere così per tutti. Eppure a questa pellicola si può dare una possibilità.
Ps. Bisognerebbe denunciare chi ha modificato in quel modo il viso della Stone nella locandina.
Box Office: $32.3 milioni
Consigli: Belle location nel sud della Francia e bella fotografia, storia carina e giochino intrigante dello stanare il trucco dell'impostore. Gli elementi buoni ci sono, ma bisogna tenere presente prima di iniziare a vederlo che questo è un film scritto e diretto da Woody Allen e che, quindi, sarà esattamente conforme al suo stile recente. Ergo se piace siete a cavallo, ma se non gradite è meglio lasciar stare fin da subito.
Parola chiave: Razionalità.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 12 novembre 2014

Film 815 - Amore, cucina e curry

Dopo aver donato il sangue avevo la giornata libera. Così, dopo il pranzo con un'amica, sono andato al cinema di pomeriggio...
Film 815: "Amore, cucina e curry" (2014) di Lasse Hallström
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Molto curioso di vedere questa pellicola prodotta da Spielberg e Oprah Winfrey - e con protagonista nientemeno che la sempiterna Helen Mirren - il cui tema centrale è la cucina, come bene fa intendere il titolo italiano. La semplice banalità di quest'ultimo è, nella versione originale, più misterioso anche se certo non più complesso: "The Hundred-Foot Journey". Anche se qui si usa un termine più inerente al viaggio per simboleggiare il percorso dei vari protagonisti durante la storia, i 100 passi di cui si parla sono, si scoprirà, la distanza tra i due ristoranti che la cittadina francese di Saint-Antonin-Noble-Val vedrà rivaleggiare. Da una parte il classico locale di Madame Mallory, di fronte l'etnico ristorante indiano della famiglia del protagonista Hassan.
Inutile sottolineare il primo periodo caldissimo di guerra tra le due realtà, un vecchio vs nuovo che certamente non ha alcunché di sorprendente o innovativo in quando intere sceneggiature di film ci hanno sproloquiato sopra. Di fatto qui si calca bene l'ondata del già visto con la sola variante dell'ambito culinario. La questione, invece, si fa più interessante quando finalmente a differenze e diffidenze si fa spazio alla commistione culturale sia di valori che di ricette, quando finalmente le due realtà, dopo lo scontro a fuoco, alzano bandiera bianca e finiscono per conoscersi scoprendo letteralmente un mondo.
A questo punto non è che la trama operi una rivoluzione di contenuti rispetto al solito, però l'aspetto interessante per una produzione americana ad alto budget è, a questo punto, che si dia tanto spazio alla cultura indiana e che sia l'occidente a trarre insegnamenti dall'oriente. Inoltre, proprio quando ti aspetteresti la fine della storia, o quantomeno si arriva a quel punto in cui ti immaginavi sarebbe finita, la trama procede evitando di esaurirsi in quell'unico evento principale che si rincorreva dall'inizio del film.
"more, cucina e curry" è, quindi, meglio di come me lo immaginassi. Mi aspettavo una commediola iper stereotipata in cui la cucina sarebbe stata marginale e l'unica cosa importante sarebbe stato l'amore e così non è stato. Non in questi termini, almeno. Amore dei due protagonisti (e non solo), amore per la cucina e per il proprio lavoro, amore della propria cultura sono tutti temi compresenti a cui si riesce a dare giusto equilibrio e spazio, evitando una totale banalizzazione dei contenuti. Per un prodotto ad alta commercialità come questo la cosa è insolita. Ovviamente non stiamo parlando di un capolavoro, semplicemente ho trovato piacevole che, per una volta, si tentasse di scardinarsi leggermente dai canoni hollywoodiani. Credo che molto del merito vada anche alla regia di Lasse Hallström, un oche su piccoli paesini della francia, cucina e amore si è costruito una reputazione ("Chocolat"). A parte questo, comunque, qualche pecca ovviamente c'è. Innanzitutto Helen Mirren è tirata che non si guarda. Certi primi piani impietosi rivelano un'occhio sfuggente e una bocca recalcitrante; inoltre si sceglie di mostrare la ascesa alla popolarità e conseguente smarrimento del protagonista Hassan/Manish Dayal in maniera piuttosto banale e stereotipata (cambiano lo scenario, i vestiti e lo stile di vita, ma una volta che hai ottenuto tutto quello che avresti sempre desiderato, cos'è che capisci di aver sempre veramente voluto?). Inoltre mi sarei aspettato una rappresentazione del magico sud della Francia in maniera un po' più patinata, diciamo. Non caricata o saturata alla massima potenza, semplicemente che se ne offrisse allo spettatore un'immagine meno fittizia da sfondo computerizzato (e praticamente metà delle esterne nei pressi dei ristoranti hanno il cielo ritoccato) e più reale. A parte questo, comunque, il risultato finale di questa pellicola un po' commedia, un po' drammatica, un po' culinaria è buono e riesce nell'intento di distinguersi da altri prodotti più o meno simili rimanendo piacevolmente impresso nell'immaginario dello spettatore. La Mirren è sempre brava, ma Hassan/Dayal e Papa/Om Puri non si battono.
Ps. Le musiche sono del due volte premio Oscar (per "The Millionaire") A. R. Rahman.
Box Office: $85.7 milioni
Consigli: Tratto dal romanzo del 2010 di Richard C. Morais, questo film è una piacevole escursione nelle terre francesi con contaminazione indiana che ben si addice ad un momento di relax in cui si ricerchi qualcosa di delicato, curioso e con una buona dose di mix culturale. Sorvolando su una stereotipazione purtroppo necessaria in questi casi, si riesce comunque a sorridere e godere della piacevole storia che questa pellicola ha da offrire. Con il pericolo che a fine visione vi sia venuta fame...
Parola chiave: Stelle Michelin.

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Bengi

lunedì 11 novembre 2013

Film 612 - Caccia al ladro

Continuando a documentarmi sulla filmografia di un grande regista.

Film 612: "Caccia al ladro" (1955) di Alfred Hitchcock
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Mi sono interessato a questa pellicola quando mi sono documentato per uno dei post precedenti, "Il delitto perfetto", in cui due dei protagonisti compaiono anche qui, ovvero Grace Kelly e John Williams.
La storia di "To Catch a Thief" è ambientata in Costa Azzurra negli anni '50 e racconta la storia di un ex ladro che viene nuovamente accusato di furti di gioielli perché pare che tutte le prove dei nuovi crimini conducano inesorabilmente a lui. Cary "Gatto" Grant dovrà, quindi, provare la sua innocenza da sé dato che la polizia non gli crede e, anzi, vorrebbe arrestarlo. Durante lo svolgimento della vicenda, chiaramente, si inseriranno tutte quelle tappe necessarie a realizzare un bel racconto (sparatorie, inseguimenti, corse sui tetti e gite in macchina a tutta velocità oltre che, naturale, la storia d'amore da colpo di fulmine) e il finale rivelerà chi, in effetti, ha tentato di incastrare "Gatto" e perché.
Hitchcock racconta questa storia arrampicandosi sui comignoli e costeggiando il litorale francese, tra figure di gran classe ed ambienti carichi di sfarzo, all'insegna di un'illegalità che fa rima con impeccabilità. A dire il vero trovo Cary Grant un po' imbolsito per fare il ladro free climbing, ma come fa coppia bene lui con Grace Kelly pochi altri. La parte di quest'ultima è un po' come ce la possiamo aspettare, anche se qualche tentativo di sovrastare il carattere dominante del protagonista maschile ogni tanto affiora. Per il resto è una bellissima comprimaria le cui battute, solitamente, non vanno oltre la frase semplice.
Nel complesso "Caccia al ladro" è un buon film di intrattenimento (ma la colonna sonora è fastidiosa), raffinato e glam, che fa parte di quei film che da Hitchcock forse non ti aspetteresti: meno intrighi e un'atmosfera più pacata. Per certi versi mi ha ricordato "Topkapi".
3 nomination all'Oscar e una vittoria per la Miglior fotografia; partecipò anche al Festival di Venezia del 1955.
Consigli: Gli amanti del cinema di Alfred Hitchcock non possono far mancare alcun tassello al mosaico di pellicole che il regista ha girato. In più questo film ha il fascino del classico senza tempo, con grandi attori e una piacevole storia da raccontare. Leggero e di classe.
Parola chiave: Gioielli.

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Bengi

sabato 16 febbraio 2013

Film 507 - Les Misérables

Sempre più verso gli Oscar. Questa volta una pellicola che aspettavo con ansia!


Film 507: "Les Misérables" (2012) di Tom Hooper
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco, Leoo, Andrea
Pensieri: Miserabili solo di nome. Produzione sontuosa, cast da grandi occasioni, un incasso di $359,665,980 e qualcosa come 8 nomination agli Academy Awards di quest'anno. Non c'è male, per un solo film.
In effetti il nuovo lavoro di Tom Hooper dopo il successo de "Il discorso del re" è stato un azzardo non da poco, ma a mio avviso riuscito. Questo "Les Misérables", che porta sullo schermo il musical teatrale a sua volta ispirato all'opera letteraria di Victor Hugo, è un potente prodotto cinematografico, in parte anche innovativo, che riesce a trasmettere la grandezza dell'originale da cui proviene, ma è di minor impatto quando si considera il contesto storico. Di fatto, comunque, il plot si concentra sui personaggi e i loro percorsi di vita piuttosto che sugli aspetti storici di cornice alla vicenda, quindi posso capire la scelta. In aggiunta, trovo difficile pensare di concentrarsi su questioni politiche e sociali considerando la natura stessa di questo lavoro, ossia il musical. Non che sia impossibile cantare "di politica", ma di certo è più naturale pensare a testi intimisti o incentrati sui sentimenti dei determinati personaggi. In aggiunta, essendo tratto dallo spettacolo teatrale, non è che Hooper o gli sceneggiatori avessero troppa libertà di azione, volendo rimanere fedeli all'originale. Dico tutto questo perchè ho letto critiche legate alla troppa disinvoltura con cui sono lasciati in secondo piano gli avvenimenti storici.
Detto ciò, questo film mi è sostanzialmente piaciuto. Non ho avuto tentennamenti durante la visione, né ho accusato particolare fatica nel seguire i 158 minuti di proiezione della pellicola; anche se ammetto che qualche sbadiglio c'è stato.
E' chiaro che i rischi di un prodotto come questo sono molteplici: dialoghi ridotti all'osso (a questo proposito: aveva davvero senso doppiare le 3-4 battute totali del film? Lasciarlo in lingua originale con i sottotitoli non sarebbe stato più sensato?); numeri musicali lunghi che richiedono molta attenzione in quanto le strofe si sostituiscono ai dialoghi; la storia non è certo delle più allegre, le tematiche (quella religiosa in primis) per nulla superficiali. Ergo "Les Misérables" non è quello che comunemente si può definire un film di massa, nonostante l'evidente successo commerciale che ha avuto (ma i fan della pièce teatrale sono tanti). Quindi, che sia piaciuto o meno, bisogna dare atto a Hooper che, nonostante i rischi, ha saputo credere e dare vita ad un progetto di successo, ma per nulla scontato da questo punto di vista.
Certamente bisogna ringraziare la buona promozione del film da parte della Universal e la copiosa valanga di premi che sono seguiti alle varie interpretazioni, conseguenza del fatto che è stato fatto un buon lavoro di casting. Non dico ottimo solo perchè alcuni degli attori a mio avviso non hanno trovato la chiave per rendere magnetico o davvero interessante il loro personaggio (Eddie Redmayne, Samantha Barks e in certa misura anche Russell Crowe). Inutile sottolineare l'intensità di Anne Hathaway, probabilissima vincitrice dell'Oscar come non protagonista, e la sorprendete capacità di reggere un intero film sulle proprie spalle di Hugh Jackman (io tifo per lui il 24 febbraio!), vera rivelazione per le grandi platee dopo i numerosi blockbuster legati ad X-Men e affini.
Va detto, comunque, che 'Les Miz' - come lo abbreviano gli americani - non è "Moulin Rouge!" (entrambi ambientati in Francia, che caso!) e Tom Hooper non ha le stesse capacità di Baz Luhrmann. Chiaro che i prodotti sono differenti, nonostante il cuore musicale, ma la mano del regista, in questo caso, a mio avviso non è sempre funzionale, men che meno 'pulita'. Tanti, per esempio, i momenti in cui la visuale traballa a causa di qualche - suppongo - urto della macchina da presa contro qualcosa; capitano anche ombre dell'operatore sui volti degli attori. E, per una produzione di questo calibro, secondo me non è giustificabile. Mi rendo perfettamente conto dei limiti della mia affermazione, tenendo conto del fatto che le canzoni sono registrate live in presa diretta (e qui sta la novità), ma devo comunque ammettere che, nonostante siano dettagli, la cosa mi ha dato fastidio. Il film poi, soffre di una dimensione un po' statica della ripresa. Forse esperimenti un po' più dinamici avrebbero aiutato.
Mie personali riflessioni a parte, nel complesso trovo sia un buon esperimento di trasposizione da un contesto differente a un altro. I meccanismi narrativi funzionano e, nonostante la storia sia a tratti pesante (il continuo accanimento dei 'cattivi' suoi buoni', che però si riscatteranno o nel mondo di Dio o nel finale del film; il destino che continuamente sembra voler castrare la possibilità di una felicità anche solo minima; lo stoico comportamento compassionevole di Jean Valjean che alla lunga risulta un po' forzato), credo che il film comunque funzioni (lo dico senza aver letto il libro né aver visto lo spettacolo teatrale). Ho trovato l'idea di far cantare live sul set gli attori un'idea davvero geniale, che dona al tutto un maggiore senso di realtà e consente di verificare in toto le capacità recitative e canore degli attori. La versione di "I Dreamed a Dream" di Fantine/Hathaway è di una potenza straordinaria. La scelta di inquadrarle il volto durante tutta l'esecuzione del pezzo, poi, mi è sembrata davvero efficace. Molto dotata vocalmente anche Amanda Seyfried che, nonostante nel ruolo di Cosette sia poco incisiva, colpisce davvero in alcuni passaggi per la voce cristallina.
Per quanto riguarda l'aspetto tecnico, poi, ho molto apprezzato la scenografia, molto curata. I costumi non mi hanno particolarmente colpito, mentre gli effetti speciali non mi sono sembrati di grandissima qualità considerato il budget di 61 milioni di dollari. Ho detestato, invece, la famiglia Thénardier (composta da Sacha Baron Cohen, Helena Bonham Carter e Samantha Barks, che interpreta Éponine anche nella versione teatrale inglese) sia perchè trovo che i personaggi siano antipatici, sia perchè non amo Baron Cohen e ho trovato la Barks un po' inutile.
Tutto sommato, comunque, "Les Misérables" mi ha lasciato un ricordo positivo.
Consigli: Se andate al cinema per vedere Anne Hathaway sappiate subito che il suo ruolo è veramente, veramente breve considerato il totale del film. Vale comunque la pena di vedere "Les Misérables", a mio avviso. Sia perchè ormai al cinema passano talmente pochi musical che ogni volta che se ne produce uno è più o meno un evento, sia perchè la scelta di portare sullo schermo la voce 'sporca' degli attori che cantano sul set non solo è coraggiosa, ma sancisce la possibilità che, creato il precedente, d'ora in poi la cosa si possa ripetere. E vale la pena di valutare il fenomeno dai suoi inizi, specialmente se si è appassionati (di musical, ma anche solo di cinema).
Parola chiave: Moti rivoluzionari.

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Ric

mercoledì 18 aprile 2012

Film 390 - Quasi amici

Sfruttando un ingresso della 3, l'ultimo film prima del viaggio in Giappone!


Film 390: "Quasi amici" (2011) di Olivier Nakache, Eric Toledano
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Questa è una di quelle pellicole che ti senti quasi obbligato a dire che ti è piaciuta. Non perchè non sia un buon prodotto, ma siccome tutti ne hanno parlato benissimo, allora non si può dire con troppa convinzione che ti aspettavi un pelino di più.
In effetti il film è piacevole, ma mi è sembrato per tutto il tempo che fosse troppo facile ricevere consensi parlando dell'amicizia che nasce tra un bianco totalmente disabile e un nero della strada venuto su a sussidi di disoccupazione e famiglia con 100 fratelli da mantenere. Poi forse io sono cinico, però la sensazione che mi ha accompagnato durante la visione della pellicola è stata questa.
Per il resto "Intouchables" è il racconto della strana coppia Philippe/François Cluzet-Driss/Omar Sy (che ha vinto il César per questa sua interpretazione battendo il compagno di pellicola) e del loro personalissimo corso alla sopravvivenza - dell'anima - che comincia nel momento in cui Philippe assume il ragazzo come suo tuttofare essendo lui disabile permanente. Tra facili gag e momenti per pensare, il duo cresce tanto da portare il livello di conoscenza da puramente lavorativo a qualcosa di sempre più vicino ad un'amicizia. Che, per inciso, diventerà tale (di qui la mia perplessità al titolo italiano del film, peraltro totalmente fuori contesto da quello originale francese). Non mancherà la cornice amorosa e il momento di crescita finale a testimoniare che la vita può cambiare se ti metti d'impegno e - fortuna - incontri qualcuno di speciale.
Insomma, non è male, ma mi sembra sia davvero troppo teso all'approvazione totale di un pubblico che sicuramente gradisce le storie di grande impatto e una critica che, volente o nolente, parlandone male finirebbe un po' come a sparare sulla Croce Rossa. Non è un brutto film, assolutamente, e ha il grandissimo pregio di portare all'attenzione del grande pubblico il problema della disabilità cercando di evitare l'autocommiserazione (anche se si tende troppe volte a farlo notare. Io avrei lasciato che la cosa fosse più implicita). Dall'altra parte, però, protende troppo alla lacrima facile dello spettatore medio. E' comunque un film 'patinato' e manca di una certa poesia di fondo - quasi oserei dire un'anima - che elevi il progetto da prodotto di facile esportazione e fruizione, a qualcosa di più simile al racconto di una straordinaria storia di amicizia che vale in quanto tale e non perchè si parla bene di disabilità e lotta al razzismo sociale (e di classe). Insomma, sì o no? Ni. Je suis desolé.
Ps. Incassi record per questo film che è riuscito ad ottenere diversi primati (oltre che un incasso di 312.2 milioni di dollari): è il film del 2011 più visto oltre che il secondo più visto di tutti i tempi in Francia. Ed è la pellicola non in lingua inglese che ha incassato di più nel mondo, battendo il precedente record del film giapponese "La città incantata" (Oscar come Miglior film d'animazione del 2003).
Consigli: Essendo un po' il fenomeno cinematografico degli ultimi tempi, vale la pena di farsi una propria opinione andandolo a vedere. E' una pellicola ben realizzata dal punto di vista tecnico ed ha come valore aggiunto quello di spingere a riflettere se non addirittura dibattere riguardo alla condizione umana costretta nella quotidiana disabilità. E poi è tratto da una storia vera.
Parola chiave: Eleonore.

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Ric

martedì 24 gennaio 2012

Film 360 - Julie & Julia

LUNEDÌ 9 NOVEMBRE 2009 - MARTEDÌ 24 GENNAIO 2012
Ne è passato di tempo dall'inizio...


Film 360: "Julie & Julia" (2009) di Nora Ephron
Visto: dalla tv del Puffo
Lingua: italiano
Compagnia: Marco, Andrea Puffo, Andrea, Diego
Pensieri: Dopo la prima e unica visione del film "Julie & Julia" l'idea per un blog che, ad oggi, conta la sua 360esima recensione. Non sarò all'obiettivo di un film al giorno, ma di sicuro porto avanti un progetto che ha richiesto costanza e volontà: ne sono più che felice!
Rivedere, quindi, una pellicola che con tanto gusto (gnam!) mi ha regalato un'idea, un progetto e uno sfogo creativo, non poteva che essere un appuntamento necessario, soprattutto dopo aver acquistato il dvd!
Ecco, quindi, che rivedo la divina Meryl alle prese coi fornelli e la mia amata Amy a districarsi con 500 ricette con una dedizione da provetta chef. Un film pieno di spunti, ricco di uno spirito positivo che regala un sogno che trova il suo leitmotiv nella realizzazione di sé stessi tramite ciò che ci piace. Che sia imparare ricette autoctone 'proibite' agli stranieri o interfacciarsi con il mondo tramite i propri pensieri scritti, piace poter pensare che, nella vita, la speranza di fare ciò che ti piace (o ti va) sia sempre possibile, anche di questi tempi. Qui ancora più interessante perchè la vicenda è suddivisa in due incrociando le vite delle Julie e Julia del titolo.
Piacevole, delicato, creativo e incoraggiante, con una grande interpretazione di Meryl Streep (nomination all'Oscar), ancora una volta capace di calarsi in panni tanto lontani dalla sua personalità.
Tra i visi noti Stanley Tucci ("Amabili resti", "Easy Girl" e già con la Streep in "Il diavolo veste Prada"), Chris Messina ("Vicky Cristina Barcelona", "Lo stravagante mondo di Greenberg") e Jane Lynch ("Glee", "Paul", "Laureata... e adesso?").
"1 film al giorno... Julie & Julia"
Consigli: Per chi ama Meryl o Amy questo è sicuramente uno dei film da vedere. Una buona commedia, delicata e ben scritta da Nora Ephron e recitata con metodo. Una pellicola che si gusta volentieri!
Parola chiave: Ricette.

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Ric

martedì 2 febbraio 2010

Film 70 - Welcome

Dopo aver visto il trailer di questa pellicola, ho capito subito che avrei dovuto vederla!


Film 70: "Welcome" (2009) di Philippe Lioret
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Questo è il classico film che piacerebbe alla mia amica Alice. Anche lei è un'appassionata di cinema e di solito mi consiglia sempre ottimi film! Questa volta, però, voglio consigliarne io uno a lei.
"Welcome" parla in maniera molto semplice della capacità dell'uomo di amare sé stesso e gli altri. Sul sé stesso è facile, ma è sugli altri che scivola un po'. In questo caso particolare, poi, non ci siamo proprio. Bilal/Firat Ayverdi è un ragazzino curdo che, dalla Francia, vuole arrivare nel Regno Unito per ritrovare la sua innamorata. E' clandestino e tenta di passare una prima volta la frontiera in un camion, costretto ad indossare un sacchetto di plastica in testa al momento del controllo doganale per non far avvertire la sua presenza dai sofisticati marchingegni scova-clandestino: non resiste e beccano lui e tutti gli altri sul camion. Ma il ragazzo non si arrende e decide che nuoterà fino all'altro Stato. La piscina sarà la sua evasione e il contatto più vicino ad una realtà umanamente accettabile che avrà fino all'incontro con Simon/Vincent Lindon, istruttore di nuoto della piscina. Prima le lezioni di nuoto, poi un'amicizia che porterà a entrambi un sacco di guai.
Sì perchè se non fosse chiaro, il 'benvenuto' del titolo è decisamente ironico. Perfino Simon sulle prime non accetta il ragazzo. Già la vita da clandestino non è per niente facile, se poi aggiungiamo l'accanimento di una città, Calais, che ha tolleranza zero su chi tenti di espatriare senza permesso e una nazionalità d'origine che al giorno d'oggi è reputata pericolosa, penso che chiunque sarebbe scoraggiato! E invece Bilal è determinato a non cedere, ad affrontare la sua prova e tutto solo per amore. La tenerezza di un ragazzino come lui fa sciogliere il cuore anche a chi non ce l'ha, davvero!
Insomma, questo è davvero un bel film, perchè tocca tantissimi pulsantini delicati dell'analisi 'uomo' (razzismo, accettazione del diverso, famiglia, solitudine, disperazione, motivazione) e lo fa con leggerezza e delicatezza, senza toni accesi (e qui il merito va soprattutto ai due azzeccatissimi e pacatissimi protagonisti, in particolare Simon/Philippe Lioret che più stropiacciato non si può!) e senza voler dimostrare niente a nessuno. Non c'è buonismo, non c'è l'happy end e, grazie al cielo!, non ci si piange addosso. Si racconta una storia, punto.
Per chi ha voglia di non spegnere per forza il cervello dopo una lunga giornata, "Welcome" è un bellissimo film che vale davvero la pena di vedere e far vedere!
Consigli: Pronti, commossi, via!
Parola chiave: Mina.


Ric