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lunedì 29 luglio 2024

Film 2301 - The Miracle Club

Intro: Weekend casalingo (tanto pioveva, sai che novità) all'insegna di non uno, non due, ma bensì tre film. Ecco il secondo.

Film 2301: "The Miracle Club" (2023) di Thaddeus O'Sullivan
Visto: dalla tv
Lingua: inglese
Compagnia: Michael
In sintesi: genuinamente contento di recuperare finalmente questa pellicola che mi ero perso al cinema, devo ammettere che sono rimasto un po' deluso.
Da quello che avevo visto nel trailer, mi era parso di capire che si trattasse di un altro tipo di prodotto, più vicino al genere della commedia, uno di quei titoli british che fanno dello humor il proprio marchio di fabbrica o comunque l'elemento che contraddistingue il prodotto finale da quelli simili precedenti.
Invece, "The Miracle Club" è una pellicola drammatica con annessa morale buonista religiosa. Premesso che, ovviamente, non si tratti esattamente del mio genere, va detto che il salvabile del film sia l'ottimo cast - Laura Linney, Kathy Bates e Maggie Smith in primis, ovvero il motivo principale per cui volevo vedere questo film - in una performance generale che supera certamente la qualità della storia (anche se l'accento irlandese di Kathy Bates non è esattamente riuscito). Insomma, non fosse per il calibro dei propri attori, "The Miracle Club" potrebbe benissimo essere un prodotto per la tv.
Cast: Laura Linney, Kathy Bates, Maggie Smith, Stephen Rea, Agnes O'Casey, Mark O'Halloran, Brenda Fricker.
Box Office: $5.8 milioni
Vale o non vale: Per i fan delle grandi attrici coinvolte, forse può valere la pena dare un'occhiata. Per tutti gli altri, a meno che non interessati alla componente religiosa (il film è ambientato in Irlanda, quindi figuriamoci se non si tirava in ballo la religione), si può tranquillamente lasciare stare.
Premi: /
Parola chiave: Lourdes.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 27 marzo 2020

Film 1852 - Richard Jewell

Intro: Ammetto che non ci fossero, per me, troppe attività ludiche in quel di Ushuaia. Una di queste è stata sicuramente l'andare al cinema nel multiplex alle porte della città argentina, un appuntamento settimanale che mi ha tenuto non poca compagnia nell'arco dei tre mesi che ho passato in Terra del Fuoco. Un pomeriggio ho proposto alla mia amica Claudia di accompagnarmici, avendo trovato il titolo perfetto per accontentare entrambi, io fan di Clint Eastwood e lei appassionata di pellicole basate su storie vere.
Film 1852: "Richard Jewell" (2019) di Clint Eastwood
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Claudia
In sintesi: sembra che Eastwood ultimamente si stia concentrando sulla figura dell'eroe, analizzandola da vari punti di vista. C'è stato l'eroe patriottico con il fucile in mano di "American Sniper", quello che previene una catastrofe grazie a nervi freddi e lucidità di "Sully" e quello rappresentato qui, eroe e martire di una vicenda che ha a dir poco dell'incredibile.
La storia di "Richard Jewell" è surreale e difficile da digerire ed Eastwood la presenta senza esclusione di colpi, anche se i toni sono sempre pacati e, per certi versi, gentili. Saranno il contegno e la dedizione di Jewell o la sua incredibile capacità di piegarsi al destino - che sembra volerlo vedere fallire a tutti i costi - pur non rinunciando mai ai suoi valori e alla sua etica, di fatto questa pellicola potenzialmente tragica per toni e narrazione è, in realtà, estremamente pacata. Devo dire che, da un certo punto di vista, l'approccio al racconto mi ha ricordato molto quello dello stesso "Sully" o di "Gran Torino" o ancora del più recente "The Mule", tutte storie che sarebbero potute essere state raccontate in tonalità ben più drammatiche e sensazionalistiche e, invece, scelgono un approccio più moderato, non gridato, il tutto per un risultato finale che, forse proprio per questo, è ancora più potente. Magari "Richard Jewell" avrebbe necessitato di un minimo di pepe in più - se così si può dire -, di una spinta adrenalinica che infuocasse anche il pubblico meno affezionato alle opere più recenti del grandissimo Eastwood. Personalmente ho trovato questo prodotto efficace e ben realizzato, anche se il risultato al box-office è stato estremamente deludente ($45 milioni solo per produrre la pellicola), con uno degli esordi al botteghino americano più disastrosi di sempre. D'altronde, stritolato tra una marea di sequel e una data di uscita (13 dicembre) che richiama un pubblico attratto più dallo svago che dall'impegno, il film ha finito per perdere di visibilità. Ed è un peccato, perché si tratta di un buon prodotto che non manca di far riflettere - specialmente sul ruolo rivestito dai media nella società odierna - e mettere a fuoco una storia vera che, altrimenti, per molti sarebbe rimasta sconosciuta. Buon cast e ottime performance di Paul Walter Hauser, qui nel ruolo di protagonista, e una Kathy Bates che ci ricorda ancora una volta perché sia una tra le migliori attrici in circolazione.
Cast: Paul Walter Hauser, Sam Rockwell, Kathy Bates, Jon Hamm, Olivia Wilde, Nina Arianda, Ian Gomez.
Box Office: $43.6 milioni
Vale o non vale: Chi ama i recenti lavori di Eastwood dovrebbe rimanere soddisfatto anche da questo nuovo titolo, un buon prodotto di qualità capace di interessare lo spettatore e lasciarlo con non poco su cui riflettere a fine visione. Non un film per ogni occasione, ma sicuramente una scelta da considerare quando si sia alla ricerca di una pellicola non solo ben fatta e interessante, ma capace anche di proporre allo spettatore spunti di riflessione e perché no, anche per un'autoanalisi. Lo consiglio.
Premi: Candidato all'Oscar e al Golden Globe per la Miglior attrice non protagonista.
Parola chiave: Media.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 23 novembre 2017

Film 1442 - The Blind Side

Non riuscivo a dormire e così ho deciso di cominciare un nuovo film sempre garantito dal mio amatissimo Netflix. Dopo il terribile horror, però, sono voluto andare sul sicuro.

Film 1442: "The Blind Side" (2009) di John Lee Hancock
Visto: dalla tv di Christian
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Era da un po' che non lo rivedevo e mi ha fatto piacere recuperare questa pellicola, una delle poche storie a sfondo sportivo che mi aggrada. La forte presenza della protagonista Sandra Bullock aiuta certamente ad aumentare la mia simpatia per "The Blind Side", senza contare il fatto che si tratta di una storia vera oltre che edificante, ovvero una serie di elementi che insieme trovo piuttosto attraenti per quanto mi riguarda. Poi, per carità, non si tratta di un prodotto perfetto - certo non il migliore del suo anno - ma sicuramente il risultato finale è funzionale al racconto e offre una grande chance alla Bullock che, come sappiamo, non se l'è fatta scappare.
Ps. Candidato a 2 premi Oscar per Miglior film e Migliore attrice protagonista, ha vinto per quest'ultima.
Film 83 - The Blind Side
Film 299 - The Blind Side
Cast: Sandra Bullock, Tim McGraw, Quinton Aaron, Jae Head, Lily Collins, Ray McKinnon, Kathy Bates, Kim Dickens.
Box Office: $309.2 milioni
Consigli: Storia edificante, percorso di formazione di un giovane ragazzo di colore sballottato da una vita fatta di abbandoni, povertà e solitudine, il film racconta come la vocazione per lo sport e la visione della sua futura mamma adottiva riescano nel concreto ad offrirgli un futuro e una famiglia. Questi i punti cardine di "The Blind Side", un titolo sportivo che, nella sua imperfezione, ha una serie di buoni momenti capaci di rendere il risultato finale godibile e soddisfacente. Non un prodotto per tutti (non a caso in Italia il film è uscito direttamente in home video).
Parola chiave: Famiglia.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 30 agosto 2016

Film 1202 - The Boss

Più che altro voleva vederlo Poe, ma a una commedia non dico comunque mai di no.

Film 1202: "The Boss" (2016) di Ben Falcone
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Dopo l'orrido "Tammy", ripieno di volgarità ed estremamente chiassoso, Melissa McCarthy e il marito Ben Falcone si ritrovano per sfornare un altro successo commerciale, pur più contenuto (il film ha esordito primo al box-office americano).
Questa volta tramutatasi in Orietta Berti, la McCarthy impersona l'imprenditrice e guru Michelle Darnell che, accusata di insider trading e incarcerata, uscita si troverà senza amici e costretta a ricominciare da 0, partendo addirittura dal divano dell'ex dipendente Claire (Kristen Bell).
Pur rimanendo una grande boiata, devo ammettere che alla fine "The Boss" non è così male come mi sarei aspettato. Certo, la chiave di tutto sta nel prenderlo esattamente per quello che è e non aspettarsi nulla di più se non la solita commedia americana volgarotta, molto fisica e che punta tutto sempre sulle solite cose. Non c'è nulla di nuovo in questa pellicola se non l'acconciatura alla "finché la barca va" della protagonista, per il resto tutto procede esattamente come deve andare. Il che non è necessariamente un male, se è ciò che di cui si aveva bisogno.
Cast: Melissa McCarthy, Kristen Bell, Kathy Bates, Tyler Labine, Peter Dinklage, Kristen Schaal, Annie Mumolo, Margo Martindale, T-Pain, Ben Falcone.
Box Office: $78.6 milioni
Consigli: Sciocchino, volgare, comico. Alla fine è anche divertente, se non si hanno troppe pretese.
Parola chiave: Biscotti.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 27 marzo 2015

Film 896 - Tammy

Una commedia, finalmente una cavolata che faccia ridere....!(?)

Film 896: "Tammy" (2014) di Ben Falcone
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Commedia che già in America al momento dell'esordio aveva fatto discutere, questa "Tammy" è una pellicola strana che fatica a far ridere e più che altro lascia perplessi. Il personaggio principale interpretato da Melissa McCarthy è antipatico e chiassoso, si fatica ad entrare in empatia con lei e nonostante certe evidenti sfortune, comunque non si fa mai il tifo per la donna. Francamente è più divertente il gruppo di lesbiche al party alla fine del film.
Già meglio la nonna, Pearl, che grazie a un'irriverente Susan Sarandon salva un po' la baracca. Come per Tammy, però, anche l'anziana è troppo forzatamente al limite, insensatamente sovversiva e, appunto, se funziona è solo grazie all'attrice che la interpreta. Il duo insieme non è così esplosivo come mi ero immaginato e tutto il film inevitabilmente ne risente.
La storia, scritta dalla McCarthy e il marito Ben Falcone (anche alla regia) è un chiassoso e caotico pseudo on the road - neanche lontanamente vicino al famosissimo "Thelma & Louise" - un mix disomogeneo e a mio avviso poco riuscito che vorrebbe riproporre l'ormai classico personaggio interpretato dalla McCarthy ormai visto e rivisto ("Le amiche della sposa", "Io sono tu", "Corpi da reato") in chiave ancora più estrema e spregiudicata. Il risultato finale non funziona e non resta molto di Tammy a parte qualche insensata sciocchezza e un gran mal di testa, nonostante nel finale le cose vagamente migliorino e, soprattutto, la pazza protagonista ritrovi un minimo di equilibrio (e perfino un uomo che vede il bello che c'è in lei).
Insomma no, "Tammy" è stato un brutto esempio d commedia sbroccata, uno spreco dell'ottimo cast e certamente delle potenzialità della coppia McCarthy - Falcone che si giocano un esordio cinematografico con questo debolissimo titolo certamente inferiore alle aspettative.
Box Office: $100.4 milioni
Consigli: Cast niente male Melissa McCarthy, Susan Sarandon, Allison Janney, Gary Cole, Mark Duplass, Toni Collette, Sandra Oh, Nat Faxon, Dan Aykroyd, Kathy Bates, Toni Collette, Sandra Oh) per questo non certo eccezionale progetto. "Tammy" è una commedia strampalata fatta di molti momenti comici talmente esasperati da non risultare sempre vincenti. Se si apprezzano le precedenti performance della McCarthy allora questo titolo non potrà non piacere, ma per gli altri potrebbe essere un rumoroso viaggio di 97, lunghissimi minuti. Diciamo che per una serata in cui proprio non si ha voglia di sforzarsi (nemmeno a ridere), questo film potrebbe andare bene. Per il resto... cestinare.
Parola chiave: Cascate del Niagara.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 29 gennaio 2015

Film 867 - Ultimatum alla Terra

Sempre stato curioso di vederlo, ma non c'era mai stata occasione...

Film 867: "Ultimatum alla Terra" (2008) di Scott Derrickson
Visto: dal computer di Luigi
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Per essere un film lentissimo in cui non succede nulla e i cui effetti speciali sono terribili, direi che questo "The Day the Earth Stood Still" (titolo originale) versione 2008 è stato piuttosto fortunato al box office.
Probabilmente anche questo aspetto del successo così clamoroso al botteghino mi aveva lasciato la curiosità di capire cosa ci fosse di buono qui, per non parlare del fatto che le due protagoniste femminili sono Jennifer Connelly e Kathy Bates, due attrici che seguo sempre con interesse. Peccato che questo insieme di (teoricamente) buoni segnali sia stato solo ingannevole, dato che davvero questa pellicola è qualcosa di inquadrabile. Premesso che - e non mi era mai capitato - l'ho dovuto vedere a più riprese perché ciclicamente ogni 20 minuti circa prendevo sonno dalla noia, anche volendo concedere a questo film il beneficio del dubbio relativamente alla possibilità che vedere tutti di fila i 104 minuti di pellicola possa salvare qualcosa, rimane palese che qui manchi del tutto qualcosa da dire. C'è l'attacco alieno, ma l'alieno poi molla tutto perché intuisce che nell'uomo (distruttore del suo pianeta) dopotutto c'è qualcosa di buono. Ora, diciamocelo: sul serio?
Insomma, dopo tutta una premessa di distruzione, morte, sconforto per l'attacco imminente, paura per i cittadini del pianeta, ecco che tutto si risolve perché il nostro alieno ambasciatore di sventura Klaatu/Keanu Reeves capisce che l'essere umano è in definitiva capace di umanità. A me sembra tutto un po' ridicolo, soprattutto perché lo stesso Klaatu era già stato messo in avviso di questa nostra peculiarità da un suo simile infiltrato per anni sulla Terra, quindi niente di nuovo sotto il sole. E, aggiungo, dopo tutto sto pippone di minacce di distruzione che sembra un piano intergalattico per debellare il male sulla Terra, basta il volere di un unico alieno per decidere di chiudere baracca e burattini e tornarsene a casa. Mah...
Curioso, invece, che Jennifer Connelly sia nuovamente implicata in una storia in cui sia centrale il salvare una coppia di ogni razza animale terrestre per permetterne la sopravvivenza: a 6 anni da questa pellicola, l'anno scorso l'abbiamo infatti vista in "Noah" in cui il diluvio universale era parte centrale della trama.
Comunque, per concludere, direi che "Ultimatum alla Terra" è un brutto remake, privo di qualcosa di originale da dire, noioso, senza suspense e molto lento. Keanu Reeves è un alieno perfetto: non invecchia mai.
Box Office: $233,093,859
Consigli: Francamente un titolo di cui si può fare a meno, nonché un remake assolutamente evitabile. Il buon cast (Keanu Reeves, Jennifer Connelly, Jaden Smith, Kathy Bates, Jon Hamm, John Cleese, Kyle Chandler) è sprecato per una storia senza appeal, molto lenta e che si fatica a seguire per mancanza di spunti interessanti o momenti adrenalinici. L'invasione aliena promessa è solo un miraggio e qualche effettuccio speciale e il gigantesco umanoide apparentemente invincibile dal nome che sembra un rutto GORT (Generatore Organico Robo-Tecnologico) non posso salvare una storia che non ha nulla da dire nell'epoca in cui viene concepita e portata all'attenzione del pubblico. Peccato, un'occasione persa.
Parola chiave: Sfera.

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Bengi

venerdì 4 maggio 2012

Film 401 - Titanic 3D

Non lo avevo mai visto al cinema, ma solo in VHS un'ora alla volta per tre serate di fila con mamma... Bei tempi.


Film 401: "Titanic 3D" (1997) di James Cameron
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea, Licia
Pensieri: Caspita, potente questo "Titanic"! E perchè gli effetti speciali sono davvero ben realizzati e perchè, a livello di emozioni, non si fa proprio mancare nulla!
Inutile riassumere la trama del film più conosciuto di tutti i tempi (anche più di "Via col vento"?), di sicuro credo che una buona fetta della popolazione mondiale abbia speso, almeno una volta nella vita, tre ore del suo tempo per dedicarle a questo kolossal moderno sulla tragedia del transatlantico più grande mai costruito. Tragedia che James Cameron riesce a proporre (era il '97) in maniera così visivamente potente che il 3D è solo un vezzo degli anni 2000.
Eppure vale la pena andare al cinema e farsi circondare da un mare piatto, ma gelido, che si rivela trappola mortale per un numero troppo alto di vittime. Vale la pena non tanto per quello spirito voyeuristico che un po' ci contraddistingue, ma perchè il prodotto finale - nei limiti di un'operazione commerciale patinata e hollywoodiana - ha influenzato e cambiato buona parte del cinema americano di oggi. Il pubblico PUO' subirsi 194 minuti di pellicola; funziona ancora benissimo il giochino dell'immedesimazione nei protagonisti da parte di chi guarda; l'effetto nostalgia non è per forza una caratteristica negativa o penalizzante; la colonna sonora strappalacrime vince ancora anche dopo "Guardia del corpo"; attori sconosciuti possono reggere da protagonisti una pellicola se si punta anche sulle loro capacità recitative. Creare miti è ancora possibile, questo "Titanic" ne è la prova vivente.
Da novizio ho accettato volentieri la sfida che 14 anni fa non avevo raccolto e ho cercato volutamente di non perdermi la visione, questa volta. Ho apprezzato, sì, ho guardato con interesse avvicinandomi ad un fenomeno che, evidentemente, ha tutte le carte per essere definito tale. No, non sarà mai tra i miei film preferiti e dubito comprerò mai il dvd, ma capisco perchè - anche a distanza di molto tempo - questa pellicola riscuota ancora così tanto successo. Per chiunque abbia mai amato un'altra persona o per chi è facile immedesimarsi nei panni altrui, l'esperienza sul transatlantico sarà tanto forte da portare, anche, alle lacrime. L'orrore del disastro, la pena per chi ha davvero vissuto 100 anni fa l'esperienza dell'affondamento, il magone per una storia che finisce tra gli abissi dell'oceano sono temi forti capaci di scuotere anche i più freddi o scettici.
Capisco, dall'altra parte, che, per via della lunghezza o dell'eccessivo sbilanciamento della trama in favore di una relazione tanto fresca quanto intensa, qualcuno possa considerare questo prodotto lontano dai suoi gusti. Non si avvicina nemmeno ai miei per una serie di motivi (un certo 'accanimento' o propensione, se così vogliamo dire, nei confronti della tragedia a tutti i costi è genericamente fuori dai miei canoni), ma ammetto che in questo caso mi sono lasciato trasportare volentieri dalla narrazione.
In definitiva è stata un'ottima occasione per avvicinarmi a un film che, per anni, mi è stato piuttosto indifferente. Invece, bisogna dirlo, è stato ottimo trampolino di lancio per due attori che, al momento, sono tra i più importanti nomi della Hollywood che conta: Leo & Kate. Se non bastasse questo, o gli effetti speciali d'avanguardia per l'epoca a portarvi al cinema (forse un'altra volta), allora lasciatevi quantomeno tentare dall'idea - da noi concretamente messa in atto - di cantare a squarciagola la potentissima "My Heart Will Go On", cantata dal rachitico usignolo canadese Céline Dion, durante i titoli di coda. Gli altri spettatori, sicuramente, apprezzeranno.
Ps. Curiosità: unico nella storia del cinema, Bernard Hill (il capitano della nave), recita in 2 delle sole 3 pellicole a vincere 11 Academy Awards nella storia del prestigioso premio, il record di Oscar vinti da un unico film in una sola edizione. Chapeau.
Consigli: 11 Oscar e $2,160,555,715 di incasso (aggiornato alla 'performance' del 3D). Direi che tutto ciò parla da sé.
Parola chiave: Cuore dell'Oceano.

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Ric

domenica 5 febbraio 2012

Film 363 - Midnight in Paris

Ultimo film del 2011!


Film 363: "Midnight in Paris" (2011) di Woody Allen
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Nonostante certe critiche per la banalità della resa del messaggio - goditi il presente e non sognare il passato perchè ti dimentichi di assaporare il tuo attimo - devo dire e con forza ribadire che "Midnight in Paris" è il mio personalissimo colpo di fulmine del 2011. Allen è un narratore che mi piace (tra i suoi film che ho visto: "Io & Annie", "Hannah e le sue sorelle", "Celebrity", "La maledizione dello scorpione di giada", "Hollywood Ending", "Anything Else", "Match Point", "Scoop", "Vicky Cristina Barcelona" e "Basta che funzioni") e molti dei suoi temi soliti - domande sulla vita e il suo senso, meccanica del destino, critica alla classe sociale medio-alta, relazioni di coppia - sono presenti anche in questo suo ultimo prodotto, tra i più commerciali da lui mai realizzati.
Cambio di cornice con, per sfondo, la Tour Eiffel, questa pellicola è una storia d'amore per tante cose che non sono la donna della coppia in questione (Wilson/McAdams): c'è l'amore per la città, per la cultura, per le piccole cose della vita, per la creatività e per la bellezza globale che circonda chiunque di noi.
E' un film che lascia tendenzialmente ottimisti, nonostante le domande esistenziali del protagonista Gil e il suo snervante basso profilo, la famiglia americana di Inez tanto saldamente e ostinatamente legata al 'logo' USA e al disincanto che il messaggio del film stesso produce: non ha senso il guardarsi indietro nostalgico se ci dimentichiamo di vivere il nostro presente.
Buono (e bello) il cast molto glam e internazionale, tra cui alcuni premi Oscar: Owen Wilson e Rachel McAdams (già citati), poi ancora Michael Sheen, Kathy Bates, Marion Cotillard e Adrien Brody. Spicca, non tanto per l'elevata qualità artistica dell'interpretazione, la partecipazione alla pellicola di Mme. Carla Bruni con una particina tanto chiacchierata da destare molta curiosità. Fa un po' ridere, lo ammetto, non tanto perchè l'espressività sia pessima, ma perchè l'auto-doppiaggio in italiano con finto accento francese cade in una spirale dell'assurdo che mal gioca a favore dell'artista (no, le virgolette non voglio metterle) ormai italo-francese. La parte, comunque, è molto piccola e non fondamentale. Rimane comunque l'unica italiana ad aver preso parte al film.
Insomma, per finire posso dire che ho ampiamente gradito e trovo più che meritate le 4 nomination all'Oscar che il film porta alla prossima cerimonia di premiazione del 26 febbraio. Non credo vincerà nulla tra Miglior film, regia, sceneggiatura e scenografia, ma rimane il fatto che, almeno per una volta, l'Academy si è ricordata che il Woody Allen contemporaneo esiste ed è ancora capace di raccontare il suo punto di vista.
Consigli: Bello e piacevole, ben girato e con una 'magica' storia da raccontare. Da vedere non solo perchè di un grande regista, ma perchè racconta con passione l'amore per una città, analizza puntualmente certi aspetti umani del quotidiano e ricostruisce in maniera affascinante un pezzetto di passato capace di lasciare senza fiato.
Parola chiave: Romanzo.

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Ric

giovedì 2 febbraio 2012

Film 362 - Midnight in Paris

Serata al cinema: penultimo appuntamento in sala del 2011, ma primo per un'altra 'voce' che lascerò misteriosa...


Film 362: "Midnight in Paris" (2011) di Woody Allen
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco (Mi)
Pensieri: L’ultimo film di Woody Allen è il suo più commercialmente vendibile degli ultimi tempi. Una trama seducente, un cast davvero molto conosciuto (Owen Wilson, Rachel McAdams, Marion Cotillard, Kathy Bates, Michael Sheen, Adrien Brody, Carla Bruni, Alison Pill, Tom Hiddleston, Léa Seydoux) e la città pro amore per eccellenza. No, non era scontato che il film riuscisse a conquistare il mercato, specialmente per le basse performance al box office di Allen, eppure un certo magico appeal si avvertiva già durante la promozione del film.
Oltre all’incasso più alto di sempre in America per un prodotto alleniano - in tutto il mondo siamo a quota $148.289.110 -, il film vanta le recentissime 4 nomination all’Oscar per Miglior film, regia, sceneggiatura e scenografia. Un ritorno in grande stile per Allen, che non si vedeva accreditare una nomination alla regia dal 1995 per “Pallottole su Broadway” (l’ultima nomination è del 2006 per la sceneggiatura di “Match Point”). Ma passiamo a questa pellicola.
Personalmente gli ultimi lavori del regista mi sono genericamente piaciuti, ma questo - insieme a “Match Point” - li supera tutti.
Si capisce lo spirito del film già del prologo della pellicola: immagini accompagnate da piacevole musica di sottofondo raccontano Parigi in maniera discreta, ma impongono allo spettatore la bellezza (molto ripulita) della città. E’ già amore.
Allen, poi, inserisce i personaggi - lui, Wilson, è il classico timidello sfigato e saltuariamente balbuziente presente in ogni opera alleniana; lei, McAdams, è la classica americana che vede il bello solo in ciò che è del suo Paese (o nello shopping, ovviamente): i genitori di lei saranno anche peggio - e fa iniziare una storia che si snoda a braccetto con la magia.
E così a chi guarda è regalato un tuffo nel passato ricchissimo e ben ricostruito, divertente e sorprendente, carico di eccessi e grandi personalità. Gli anni ‘20 parigini, così tanto amati dal protagonista, diventano - senza un particolare motivo - per lui accessibili e fonte di meraviglia ed ispirazione.
Si susseguono nomi che hanno fatto la storia: Cole Porter, Zelda Fitzgerald, F. Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, Gertrude Stein, Picasso, Dalí, Luis Buñuel, Matisse, Gauguin, Degas e, forse, pure qualcun'altro... Un ricco carnet di nomi per un'unica pellicola girata, per di più, ai giorni nostri!
Piace, insomma. Piace perchè non è un gioco a vantarsi o una mera digressione culturale, non c'è alcun fare spocchioso nella narrazione. Semplicemente passano stupore e ammirazione di un appassionato (Wilson/Allen) che conosce e viene in contatto con esattamente ciò che ama.
Dall'altra parte, però, qualche contestazione. Parto dai pareri che ho riscontrato.
Forse una pellicola troppo semplicistica, quasi una favoletta - con ovvio lieto fine - che racconta la magia dell'impossibile che, pur essendone consapevoli, affascina l'occhio e colpisce facile il cuore. Parigi sotto la pioggia è iper-romantica e la fidanzata americana ha solo paura di non bagnarsi la zeppa e la minigonna. Allora non è che la classe altoborghese americana (un certo alto tenore di vita c'è sempre nei film di Woody) è rappresentata in maniera troppo veloce, quasi relegata ai cliché che questa stessa ammette di avere? Non è forse troppo facile ricordare a tutti - specialmente gli europei - che per loro è buono solo il cibo americano, bello solo il paesaggio americano, sensato solo il modo di vivere made in USA?
Io penso che, sicuramente, siano ragionamenti giusti e, in effetti, la critica alleniana tanto evidente a volte si appiglia troppo ad un'immagine negativamente stereotipata. Eppure non posso fare a meno di trovarmi d'accordo con Allen. Sarò veloce e superficiale anche io?
Insomma, personalmente difendo questo film, è sicuramente uno dei più interessanti e piacevoli che la stagione 2011 mi ha proposto, con un bel cast e una sceneggiatura ben scritta nonostante l'inaspettato elemento magia. Ho amato la lunghissima scena (senza tagli di montaggio) davanti alla Reggia di Versailles, infinita carrellata in cui la cinepresa segue il cammino dei protagonisti e la conversazione che nasce tra le due coppie; oltre ad essere una tecnica che mi sembra molto cara al regista, trovo che renda alla perfezione la naturalezza con cui scaturisce il dialogo tra le persone. Nessuna finzione, solo parole e interpretazione degli attori. Il dialogo è un flusso e, ad imitarlo, la telecamera segue in orizzontale il lento procedere dei suoi soggetti. Molto bello.
Infine gli Oscar. Dubito che il film porti a casa qualcosa di diverso dalla sceneggiatura - plausibilmente il premio più alla portata tra le quattro nomination -, ma non credo sia comunque probabile che "Midnight in Paris" vinca qualcosa. Comunque, farò il tifo per questa pellicola che ho apprezzato davvero tanto.
Consigli: Non ragionate mentre seguite la trama. Lasciatevi trasportare dalla narrazione e tutto sarà ancora più gratificante!
Parola chiave: Mezzanotte.

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Ric

mercoledì 21 settembre 2011

Film 299 - The Blind Side

Ultima pellicola prima della numero 300!


Film 299: "The Blind Side" (2009) di John Lee Hancock
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Rivedere questo film è stato piacevole. E' carino, ispirante, curato nella realizzazione e ha una protagonista solida e autoritaria come piace a me.
Sandra Bullock Oscar come migliore attrice è un po' una decisione coraggiosa (anche solo considerando una delle quattro rivali: Meryl Streep per "Julie & Julia"), ma in fin dei conti non posso dire di non averla amata in questo ruolo. E poi, al contrario della Roberts (un'altra che l'Oscar un pò l'ha rubato), Sandra mi è simpatica.
Tralasciando il resoconto sulla storia - di cui ho già parlato - posso dire che la pellicola, a mio parere, è ben riuscita. In italiano ho finalmente compreso i termini prettamente sportivi legati al football e, stranamente, l'energica carica della granitica Leigh Anne Tuohy/Bullock non perde il suo smalto con il doppiaggio in italiano.
Personalmente lo consiglio, in quanto è uno di quei film che ogni tanto, quando ho bisogno di una spinta al morale, mi piace rivedere (il dvd, infatti, l'ho comprato!).
Film 83 - The Blind Side
Film 1442 - The Blind Side
Consigli: Può essere una buona visione anche se non si è appassionati dello sport. Al di là della storia (vera), il film vale particolarmente per il ruolo ben riuscito della Bullock.
Parola chiave: Istruzione.

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Bengi

giovedì 23 giugno 2011

Film 269 - Misery non deve morire

Cena del martedì a base di insalata e... terrore!


Film 269: "Misery non deve morire" (1990) di Rob Reiner
Visto: dalla tv del Puffo
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea Puffo, Andrea, Diego, Marco, Michele P.
Pensieri: Questo film ha 20 anni e fa più paura dei tanti horror che ci propinano ultimamente. Sarebbe mica il caso di porsi qualche domanda?
Certo, Kathy Bates è un mostro di bravura in questo ruolo, fa venire i brividi al solo entrare in scena. Sarà per il contrasto con l'immagine pacata all'inizio della pellicola, per i vestiti da morigerata zitella di provincia o per la cottarella da scolaretta nei confronti del maturo scrittore Paul Sheldon/James Caan, di fatto col progredire della storia si tramuta in una psicopatica coi fiocchi. E, in effetti, non è facile trovare attori di tale impatto orrifico ultimamente. L'Oscar come migliore attrice è, a mio avviso, uno tra i più meritati di sempre.
Ma questo film detiene anche un altro 'primato': è l'unico tra quelli tratti dai libri di Stephen King ad essersi aggiudicato un Oscar, nonostante numerose nomination a film come "Le ali della libertà" (7, tra cui miglior film), "Il miglio verde" (4, tra cui miglior film) o "Carrie, lo sguardo di Satana" (2).
Insomma, tornando a "Misery" (questo è il titolo originale), si può dire, nel complesso, che sia un film ben confezionato e riuscitissimo nel suo genere. Claustrofobico e teso come non mai, vive di un crescendo di pathos che incolla lo spettatore alla sedia. Ce la farà il povero Paul a fuggire dalle grinfie di Annie Wilkes/Bates nonostante la sua momentanea disabilità motoria? Sopravviverà al pressing psicologico del ritiro forzato con, come unica compagnia, una macchina da scrivere e il suo personaggio letterario più famoso, Misery, appunto?
La pellicola non è certo recente, ma non è carino svelare il finale e lascerò, quindi, il piacere a chi vorrà di godersi ogni appassionante attimo di questo thriller con venature molto horror che parte, sì, lentamente, ma ingrana sul finale con una marcia in più.
Stupisce, tra l'altro, che, nonostante l'isolamento forzato e quindi la mancanza di un numero variegato di personaggi, non si soffra per niente il tête-à-tête - decisamente non romantico - tra i due personaggi principali. Di contorno, infatti, troviamo solo lo sceriffo Buster/Richard Farnsworth ("Una storia vera"), sua moglie Virginia/Frances Sternhagen ("Julie & Julia", "Sex and the City", "E.R. - medici in prima linea") e la sempre affascinante Lauren Bacall ("Assassinio sull'Orient Express", "Il grande sonno").
Consigli: Divano, luce spenta e solitudine. Magari pioggia fuori. E' il modo migliore di vedere questo film!
Parola chiave: Misery Chastaine.

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Ric

mercoledì 8 settembre 2010

Film 133 - Revolutionary Road

Tornato alla mia più tradizionale vocazione americana, scelgo un film che volevo vedere da un po' per una serie di motivi. Primo fra tutti? Kate Winslet.


Film 133: "Revolutionary Road" (2008) di Sam Mendes
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Non sempre l'amore basta a salvare la vita di coppia dalle insidie della vita quotidiana. Banale, direte voi.
Un po', ma è il fulcro e la ragion d'essere del film del Sig. Mendes, ex Mr. Winslet (sono separati da poco), che riprende il racconto dallo stesso titolo dello scrittore Richard Yates e ne confeziona una pellicola molto curata e raffinata in cui la celeberrima coppia del "Titanic" tenta il bis maturo per dimostrare che la loro barca in effetti non è ancora affondata. Niente di più vero, tra l'altro, confermato anche da i due Golden Globes vinti dalla Winslet nell'edizione 2009 - quindi per la stagione cinematografica 2008 - di cui uno proprio per questo film (ma l'Oscar è arrivato per "The Reader") e dai recenti successi al botteghino di DiCaprio, prima con "Shutter Island" di Scorsere e adesso con "Inception" di Nolan.
Insieme i due belli (ma è la Winslet quella che la spunta in bellezza, questa volta) formano una coppia di attori degni di nota e spessore, capaci di rendere con estremo realismo la drammaticità che un racconto come questo richiede. Ottimo anche il contorno attoriale, con Kathy Bates (vi dice niente? Già, "Titanic" anche lei!) e il nominato all'Oscar, per questo ruolo, Michael Shannon qui in versione pazzoide.
Qual è, quindi, il deficit principale del film? E la causa del suo successo molto sotto le aspettative? Beh, come sempre accade, dopo 11 anni le cose non sono più le stesse, i fans hanno guardato oltre e chi urlava e scalpitava per il DiCaprio adolescente, ora forse è meno interssato a vederlo collocato in un sobborgo residenziale anni '50 che si deprime per il lavoro poco soddisfacente e la gabbia in cui si è auto rinchiuso. Insomma, il confronto con un colosso (per quanto discutibile) come il "Titanic" (11 Oscar e, fino a quest'anno, record assoluto di incassi di tutta la storia del cinema) risulta difficile perfino agli attori stessi che lo interpretarono nel lontano '97. Le storie sono imparagonabili, i temi e i toni pure. Ma, nonostante questo, si è puntato buona parte della campagna promozionale sulla 'reunion' dei due attori che, a suo tempo, furono capaci di creare una magia che ad oggi è difficile ricreare.
Valorizzare la pellicola per altri motivi sarebbe stato probabilmente mossa meno commerciale, ma più interessante. Meno gossip da red carpet e più prestigio a recitazione e storia avrebbe sicuramente giovato.
Il film è bello, difficile, toccante in certi punti. Non è IL capolavoro di Mendes (pare che sia ''American Beauty''), ma dimostra di saper dirigere bene i suoi attori, cosa non da poco. Sottovalutarlo per la scelta di averlo pubblicizzato come dopo-Titanic sarebbe un errore. Ps. Bellissimi fotografia e costumi. 3 nominations agli Oscar 2009: attore non protagonista, costumi e scenografia.
Consigli: Una bella sfida, non sempre totalmente riuscita, ma avvincente e interessante. Drammatico e non semplicissimo da digerire, soprattutto ai nostri giorni in cui siamo abituati ad un certo livello di emancipazione oltre che ad assecondare i nostri desideri costi quel che costi.
Parola chiave: Aborto.


Ric

sabato 10 aprile 2010

Film 101 - Appuntamento con l'amore

Per chi avesse passato un San Valentino orrendo, faticoso (come il mio a fare l'inventario) o semplicemente insoddisfacente, ecco la soluzione ricca di glucosio che ci propongono dall'America!


Film 101: "Appuntamento con l'amore" (2010) di Garry Marshall
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Un film sull'amore può essere un film che vive di tecnica? O di grandi nomi? Oppure, rigirando la domanda: di cose si nutre un film sull'amore?
Questo "Appuntamento con l'amore", di rosa, battute smielose e baci ce ne mette in quantità e, nonostante il tutto ben condito da attoroni che pretendono di essere star, non riesce a rimanere impresso per il suo lato romantico. Per quanto io sia fan della commedia, lo sono un po' meno di quella romantica, specialmente perchè ultimamente si spacciano tante pellicole americane come 'commedie' quando raramente il genere si addice davvero al particolare film.
Inoltre, in questo caso specifico, la regina indiscussa della commedia romantica c'è, ma non si vede. Julia Roberts che parte ha? Una che, se non fosse che a) è lei e che b) si riscatta nel finale, non sarebbe stato necessario inserire nel copione. Io non amo Julia, chi segue il blog lo sa, ma negli anni '90 era sinonimo di piacevole divertissement mentre qui è confinata in un angolo, quasi non avesse voglia di impegnarsi troppo o volesse effettivamente passare il testimone alla nipote Emma. Ma, a mio parere, non è a Emma Roberts che andrà effettivamente lo scettro di futura regina della commedia sdolcinata. Ho due proposte per il futuro e una di queste è presente nel film di Marshall: Anne Hathaway. L'altra è Katherine Heigl, ma lei ha altri film in uscita e vedremo se effettivamente saprà farsi valere.
Comunque, come spesso accade per film corali in cui è il nome dell'attore che conta e non la sceneggiatura (inutile parlare di interpretazione in questi casi), il risultato è molto confuso e poco riuscito. Qui siamo mooooooooolto confusi, ma alla fine non è neanche così male considerando che è sempre la solita minestra riscaldata. Una grande pecca, forse, sono le innumerevoli storie che si incrociano. Carina quella degli anziani, bruttina quella degli adolescenti (ma arrapati per forza??), orrenda quella della portavoce dello sportivo gay.
Come si capisce anche solo da questo accenno neanche troppo approfondito, le categorie umane ci sono tutte, tanto per non voler lasciar fuori neanche uno degli spettatori che in sala lo hanno visto. In America, effettivamente, ha spopolato, da noi meno, sicuramente svantaggiato dalla collocazione fuori San Valentino che, invece, per gli USA è stata necessaria se non fondamentale (il titolo originale è "Valentine's Day").
In sostanza direi: assolutamente indifferente, da vedere o non vedere a seconda dell'umore o del gradimento di genere. Non vi sconvolgerà, non vi peggiorerà la giornata.
Ps. Il cast, oltre che essere particolarmente corposo, ha quasi esclusivamente nomi conosciutissimi: Jessica Alba, Kathy Bates, Jessica Biel, Bradley Cooper, Eric Dane, Patrick Dempsey, Héctor Elizondo, Jamie Foxx, Jennifer Garner, Topher Grace, Anne Hathaway, Ashton Kutcher, Queen Latifah, Taylor Lautner, George Lopez, Shirley MacLaine, Emma Roberts, Julia Roberts, Taylor Swift, Carter Jenkins e Joe Mantegna.
Consigli: Da guardare con davanti un bel po' di patatine o pop corn. C'è bisogno di salato per un film così dolce!
Parola chiave: S. Valentino.




Ric

lunedì 1 marzo 2010

Film 83 - The Blind Side

In fase pre-Oscar, lunedì scorso io e Ale ci siamo dati alla documentazione per le nostre previsioni della serata del 7 marzo!


Film 83: "The Blind Side" (2009) di John Lee Hancock
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Ale
Pensieri: Tutti si domandano: ma come ha fatto Sandra Bullock a ricevere una nomination all'Oscar quando, fino a ieri, non riusciva nemmeno a recitare in un film che non fosse incentrato nelle dinamiche di coppia in versione simpatica? Ebbene, la risposta pare ci sia e, ovviamente, è proprio in questo film. Leigh Anne Tuohy deve essere evidentemente la sorella ricca e cotonata di Erin Brockovich, perchè altrimenti non si spiega tanta attenzione da parte delle giurie dei premi americani.
Sì, lo so bene anche io che un Oscar non equivale alla bravura, ma ormai soprattutto ad una manovra commerciale, comunque rimane ancora strano per me pensare a Sandra "Speed" Bullock come ad una delle possibili prossime vincitrici. Tra l'altro la concorrenza nella sua categoria non è delle più agguerrite, quindi si potrebbe anche pronosticare in suo favore (non a caso il riferimento ad Erin Brockovich...).
In ogni caso, sia quel che sia, il film non è male. Parla di football, quindi se mi è piaciuto vuol dire che dev'essere proprio carino... Da sottolineare, tra l'altro, la realtà della storia, ispirata alla vita del campione di football Michael Oher dei Baltimore Ravens.
Si inizia dal basso, dalla tristezza e desolazione della vita di un ragazzo senza casa e famiglia, lasciato vivere allo sbando dalla madre che di lui se ne frega fin dall'infanzia. Poi, pian pian, si risale, anzi, si scala letteralmente una vetta altissima da raggiungere, ossia l'affermazione sociale, il riscatto e il successo oltre che, ovviamente, l'amore di una vera famiglia. Le palle quadrate di Sandra Bullock/Leigh Anne Tuohy spronano un ragazzo dal quoziente intellettivo più basso della media, a diventare qualcuno nonostante le evidenti difficoltà iniziali.
Cosa deduciamo, in sintesi, noi spettatori? Beh, innanzitutto che per essere davvero qualcuno e sfondare devi avere qualcosa di speciale che ti caratterizzi. Oher è una muraglia cinese, tiene testa a qualunque altro giocatore e per questo è il migliore nel suo genere. Come copre i punti ciechi lui, nessun'altro.
Poi fa comodo un supporto. Qualcuno che veda in te il tuo potenziale e ti sproni a realizzarlo. Come? (Altra deduzione) Meglio se con un bel po' di soldi. C'è poco da fare: se non fanno la felicità, ti levano comunque un sacco di problemi! Se il gigante Oher fosse capitato a casa della zia Brockovich, sto gran cavolo che mi diventava un affermato football player! Al massimo faceva il babysitter dei nipotini...
E, per concludere, le palle quadrate fanno la differenza. Sempre.
Insomma, per finire direi che il film non è malvagio, ma porta in visione una realtà sì sfortunata, ma maledettamente fortunata alla fine. Con tutto il rispetto per queste persone che, nella vita vera, hanno saputo accogliere a braccia aperte uno sconosciuto non ben identificato, ci terrei solo a far notare che con i miliardi in banca di poveracci dalla strada ne raccogli anche 10mila... Chiusa la parentesi cinica, aggiungo che Sandra non se la cava male, ma sicuramente ha sorpreso una buona interpretazione quando l'abitudine vuole che la mediocrità la faccia da padrone. Basta questo per un Oscar?
Film 299 - The Blind Side
Film 1442 - The Blind Side
Consigli: Guardatelo sottotitolato, altrimenti tutti i termini tecnici del football vi manderanno in confusione!
Parola chiave: Ole Miss.

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sabato 26 dicembre 2009

Film 42 - Pomodori verdi fritti - Alla fermata del treno

Questo è stato il mio primo film di questo Natale. Ale è via e mi ha lasciato in eredità qualcosa come una quindicina di film da vedere che gli avevo richiesto più o meno recentemente. Più qualche suo personale consiglio. E sono partito da lì...


Film 42: "Pomodori verdi fritti - Alla fermata del treno" (1991) di Jon Avnet
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: E' un film interessante, ma non mi aspettavo una cosa del genere. Innanzitutto credevo che questo film fosse quel "Fiori d'acciaio" con Sally Field e Julia Roberts di cui avevo visto qualche spezzone da bambino. No, in realtà qui ci sono Kathy Bates, Jessica Tandy e la Mary-Louise Parker di "Weeds", un altro bel gruppo di signore del cinema o della tv made in US.
Kathy Bates è la causa scatenante della storia, una signora di mezza età (come dice lei, troppo giovane per essere vecchia e troppo vecchia per essere giovane) che, in visita a una parente acquisita in una casa di cura per anziani, si appassiona alla storia della vita di Ninny Threadgoode/Jessica Tandy (la stupenda vecchietta di "A spasso con Daisy") e delle sue amicizie. In realtà Ninny non sarà la protagonista dei flashback, ma racconterà quale spettatrice degli eventi accaduti agli inizi del '900 nel sud dell'America, la storia (d'amore) di Idgie Threadgoode e Ruth Jamison, due donne che prima non si capiranno, poi saranno amiche e infine amanti (ma questo nel film non si vede).
Cosa c'è di speciale in questa pellicola? Alcune cose in effetti. La prima è Jessica Tandy, favolosa attrice (all'epoca) 82enne, che ha più grinta di tutte le altre messe insieme. Quello che mi piace di questa signora è la voglia di vivere, di raccontare e raccontarsi, di trovare l'amicizia e coltivare le proprie passioni. E' fragile, ma fortissima e vorresti che molte più parti del film fossero con lei!
Un altro aspetto positivo è Kathy Bates. Mi è sempre stata simpatica come donna, ha un viso rotondo che mi mette allegria e, in questo ruolo, è perfetta per interpretare la fragilità di una donna schiacciata dalla realtà familiare e casalinga infelice, che si rifugia nel cibo e nelle faccende domestiche per affogare i dispiaceri di una vita coniugale praticamente inesistente. Nemmeno i corsi per la sopravvivenza del matrimonio a cui prende parte riescono ad aiutarla, ma del resto vedersi la vagina in uno specchio non sempre è funzionale alla serenità matrimoniale...
Kathy saprà ascoltare Jessica con sempre maggiore interesse e, grazie alla storia di emancipazione, coraggio e amicizia delle due ragazze innamorate, saprà prendere di petto la sua vita e reagire all'inerzia e alla pacatezza che la contraddistinguevano all'inizio.
In questo doppio percorso di formazione (sia di Kathy che delle due ragazze di inizio '900) che è questo film, ho apprezzato tantissimo anche un'altra cosa: l'andare oltre il pregiudizio. Sarà che è Natale e sono assuefatto dalla bontà, comunque Kathy e Jessica diventano subito amiche, non c'è mai una parola cattiva riferita alle persone anziane, né preconcetti sulle loro capacità mentali o fisiche. Oppure, nei flashback, oltre alla buona integrazione delle persone di colore nel villaggio (ma il Ku Klux Klan arriva anche qui) non fa troppo rumore la storia tra le due donne, anche se nella pellicola è solo di forte amicizia.
Ma ci sono delle cose che non mi sono molto piaciute. Per esempio la coppia di attrici Mary-Louise Parker/Ruth e Mary Stuart Masterson/Idgie, entrambe a mio avviso piuttosto inutili a livello recitativo. La Parker l'ho seguita in "Weeds", dove, al contrario di qui, è molto brava. In questa pellicola, invece, è più brava a tenere aperta la bocca come un pesce lesso che altro. L'espressività di un bradipo è più significativa. Mentre la Masterson mi è stata antipatica fin dal principio e poi non l'ho trovata così adatta per il ruolo di maschiaccio (arruffarle i capelli o non truccarla non fa di lei una lesbica a tutti i costi).
E poi spendiamo due parole sincere sugli abiti di Kathy Bates: se nella prima parte - quella della frustrazione - doveva essere un po' sfigatella, speravo che col proseguire dello svecchiamento psicologico saremmo mooooooolto migliorati sul fronte spalline. E invece?! Niente! Stampe a fiori a tutto spiano, pantaloni a pinocchietto (ma qualcuno ha visto i polpacci di Kathy, prima di commissionare gli abiti?!) coordinati alle scarpe; visierina rossa da contabile anni '30 coordinata con il cardigan rosso; fronzoli di pizzo che colano da colletti collegiali non esattamente adatti alla figura imponente della protagonista. Sicuramente questa vivacità dona colore, ma un carnevale perenne non è forse la scelta più azzeccata.
Comunque, a parte la questione estetica, aggiungo un collegamento. Oltre a quello che già avevo scritto prima, con il film "Fiori d'acciaio", questa pellicola potrebbe ricordare un po' le sedute 'in chiacchiera' di "Forrest Gump" (e anche lì c'era Sally Field!), anche se gli interlocutori sono sempre gli stessi.
Insomma, il film si fa guardare e apprezzare ed è stata un'ottima compagnia natalizia!
Consigli: Riempitevi di buoni sentimenti e preparatevi ad ascoltare.
Parola chiave: Towanda!



#HollywoodCiak
Bengi