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venerdì 11 ottobre 2024

Film 2311 - Ecce bombo

Intro: Non mi capita spesso di andare al cinema in Italia, men che meno di andare a vedere un vecchio film in un cinema da poco restaurato. Così, quando la mia amica Alessandra mi ha proposto di andare a vedere una vecchia pellicola di Nanni Moretti al Modernissimo di Bologna, ho accettato al volo.

Film 2310: "Ecce bombo" (1978) di Nanni Moretti
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Alessandra, Pippo
In sintesi: forse quello che mi è piaciuto di più di questa esperienza cinematografica è stata la cornice architettonica del Modernissimo, restaurato ad opera d'arte. Per chiunque ne abbia l'opportunità, un'occasione da non perdere.
Per il resto, devo ammettere che "Ecce bombo" non sia un prodotto che faccia per me: trama difficile da seguire - ne ho dovuto leggere il riassunto su Wikipedia per capire meglio le sfumature di certe parti che non avevo capito - e una particolare modalità recitativa monotono, insieme a un montaggio asettico, hanno reso la visione difficile e a tratti soporifera (non è stato saggio andare a fare aperitivo prima della visione, tra l'altro cominciata alle 10 di sera passate).
Insomma, nonostante tutte le mie buone intenzioni, per me "Ecce bombo" è un no.
Cast: Nanni Moretti, Fabio Traversa, Luisa Rossi, Glauco Mauri, Lina Sastri, Piero Galletti, Susanna Javicoli.
Box Office: /
Vale o non vale: I fan di Moretti della prima ora apprezzeranno. Per lo spettatore medio o chi non sia abituato con questo tipo di pellicole, una visione confusa e difficile da seguire.
Premi: In concorso a Cannes 1978.
Parola chiave: Autocoscienza.
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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 21 maggio 2024

Film 2275 - Immaculate

Intro: E quando c'è un nuovo horror che fai, non lo vai a vedere?

Film 2275: "Immaculate" (2024) di Michael Mohan
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Niamh
In sintesi: per una buona parte della storia il film riesce a mantenere l'atmosfera giusta, giocandosi classici momenti dell'horror - tra spaventi e palpitazioni - in combinazione a qualche elemento misterioso e quasi thriller nel presentare un'immacolata concezione 2.0.
Mi ha person un po' nel finale perché, tra fanatismo religioso ed esperimenti scientifici, era veramente difficile non sfociare nel camp. Sydney Sweeney, però, non molla mai la presa e regala una performance ispirata che trascina tutto il film.
Forse l'elemento che più conferisce ad "Immaculate" un tono di originalità è la mancanza del classico rimaneggiare hollywoodiano: la fotografia è bella ma non patinata, i costumi sfarzosi in forte conotrasto al convento decadente, vi è quasi una mancanza totale di quel glam cui anche gli horror ormai ci hanno abituato. L'atmosfera è quasi rustica, si parla moltissimo italiano e, tutto sommato, pare quasi ci sia un elemento (visivo) di realisticità.
Non perfetto, ma con qualche passaggio che lo contraddistingue da altri prodotti similari.
Cast: Sydney Sweeney, Álvaro Morte, Benedetta Porcaroli, Dora Romano, Giorgio Colangeli, Giuseppe Lo Piccolo, Simona Tabasco.
Box Office: $23.6 milioni
Vale o non vale: Per certi versi intrigante e risucito, si perde un po' nel finale cercando troppo evidentemente di rientrare in quel diktat narrativo dell'horror soprannaturale che ultimamente Hollywood produce. Non c'è niente di male, per carità, semplicemente stona un po' con la prima parte della storia che, invece, costruisce bene un mondo misterioso fatto di ombre e stranezze a cui inizialmente si fatica a dare senso. A un certo punto ci si arriva da soli a capire cosa stia succedendo, il che toglie un po' quall'allure di mistero fino a quel momento ben costruita. Brava Sydney Sweeney che dimostra, ancora una volta, di saper portare da sola tutto un film sulle proprie spalle. In un ruolo piccolino c'è anche Simona Tabasco, vista (e nominata a un Emmy) di recente in "The White Lotus".
Premi: /
Parola chiave: DNA.
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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 1 febbraio 2024

Film 2246 - C'è ancora domani

Intro: Finalmente ripreso dal weekend casalingo a causa della febbre, con cuggy decidiamo di andare a recuperare il film italiano dell'anno per capire se, effettivamente, meritasse tutt le magnifiche critiche che si è aggiuticato o se, invece, fosse solo tanto rumore per nulla.

Film 2246: "C'è ancora domani" (2023) di Paola Cortellesi
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Fre
In sintesi: probabilmente il film più bello del 2023 che ho visto.
Non sapevo bene cosa aspettarmi da "C'è ancora domani" perché, prima di vederlo, ne avevo solamente sentito parlare o letto recensioni e/o articoli, specialmente riguardo alla sorprendente performance al box-office nostrano. Con una "presentazione" tanto impressionante, sono arrivato al cinema con non pochi dubbi rispetto a quanto avrei genuinamente apprezzato questa pellicola.
Dalla prima scena, con quello schiaffo così inaspettato, il film della Cortellesi (qui al suo esordio da regista) mi ha da subito coinvolto: la storia di Delia è presentata con crudo realismo alternato a momenti di inaspettata comicità, in un crescendo di emozioni che, verso il finale, incolla letteralmente alla sedia. Mi ha colpito in particolare quest'ultimo aspetto, perché era da molto tempo che la storia di un film non mi appassionasse in questo modo, a maggior ragione un prodotto di questo genere che punta tutto sul piano emotivo e, dunque, si gioca l'interesse e coinvolgimento dello spettatore tutto su un piano personale e non oggettivo. Per capirci, questo non è un thriller in cui certi elementi della trama implicano necessariamente quale sia la posta in gioco e, di conseguenza, le sensazioni percepite da chi guarda saranno per ciascuno differenti sulla base della propria esperienza, empatia e interesse nei confronti di quello che sta guardando. In questo senso trovo che "C'è ancora domani" faccia un lavoro eccezionale e metta sapientemente in scena, uno dopo l'altro, gli elementi centrali alla storia che, pian piano, finiscono per delineare un quadro chiaro ed efficace, fornendo allo spettatore tutti gli strumenti necessari a comprendere il punto di vista della protagonista e degli altri personaggi principali. Il che contribuisce ad enfatizzare ulteriormente il percorso di Delia e a far comprendere perché a) per lei sia così importante non mancare all'appuntamento segreto e b) quanto ancora più significativi siano i sacrifici che è disposta a fare e impressionanti la sua capacità di subire tutti quegli abusi in nome della causa in cui silenziosamente crede.
Ammetto che il finale mi abbia particolarmente spiazzato e, umanamente, ho faticato ad accettare che dopo tutto l'investimento emotivo nei confronti della storia di Delia, la storia venga conclusa con un colpo di scena così inaspettato e diametralmente opposto alle aspettative maturate durante la visione. Detto ciò, capisco il motivo di una scelta del genere e, anzi, trovo ammirevole come la sceneggiatura riesca a confeionare un finale tanto coerente nonostante la necessità di dover nascondere per tutto il tempo il vero senso finale della storia.
Insomma, "C'è ancora domani" è un gran bel film, ben realizzato e recitato particolarmente bene (cosa rara per un film italiano), lascia molto su cui riflettere e regala uno spaccato spiazzante senza mai far leva sulla pietà, per un risultato finale sorprendente e appassionante. Paola Cortellesi, per tanti motivi, ha fatto un piccolo miracolo.
Cast: Paola Cortellesi, Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli, Francesco Centorame, Vinicio Marchioni.
Box Office: $38,883,607
Vale o non vale: Per i pochi che ancora in Italia non lo abbiano ancora visto, correte al cinema. Un titolo imperdibile, una storia che va vista e che ci ricorda, oggi come non mai, quanto sia importante parlare nel nostro paese di violenza sulle donne e diritti, nonché interrogarsi sul tipo di società cui facciamo parte, cosa sia necessario cambiare, cosa vogliamo cambiare. Per alcuni un film è solo un film, ma a volte le discussioni e il mettersi in discussione parte anche dagli spunti più inaspettati.
Premi: Premio speciale della giuria e menzione speciale come miglior opera prima alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Parola chiave: Lettera.
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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 13 luglio 2021

Film 2030 - Luca

Intro: Tornato dall'Italia a secco totale da film e serie tv - riposato e ristorato da amici, famiglia e cibo e maledettamente appiccicato ad ogni superficie per il caldo - decido che il mio primo film in settimane sarà proprio il titolo di questa stagione che più mi ricorda casa.

Film 2030: "Luca" (2021) di Enrico Casarosa
Visto: dall'iMac
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: so che è già stato ampiamente smentito, ma più ci penso e più mi ritrovo anche io a pensare che ci sia una vaga somiglianza sentimentale con quel "Call Me By Your Name" di Guadagnino. Nessuna gay romance qui, ci mancerebbe (Disney in ansia al solo pensiero), eppure l'estate italiana, la stretta amicizia che sfocia in gelosia, la spensieratezza giovanile... Insomma, intenzionale o meno, i toni da 'bromance' e la storia che strizza l'occhio all'idea dell'amica terza incomoda, finiscono per rimandare a certe atmosfere rainbow che caricano la storia di ulteriori significati. Almeno negli occhi di certi spettatori.
La verità è che "Luca" è un film sull'amicizia e sui sogni e, naturalmente, sulla capacità dei giovani di saper immaginare un futuro per se stessi diverso da quello delle generazioni precedenti. Insomma, una storia che punta ad ispirare e non solo a colpire per le meraviglie estetiche.
Anche se il film mi è piaciuto, va comunque detto che "Luca" non sia per niente un titolo impegnativo. Il tema del precedente "Soul" - la morte e cosa ci sia nell'al di là - era decisamente più serio, quale che sia l'approccio scelto per raccontarne la storia. Qui siamo assolutamente su altri livelli (di leggerezza), il sogno dei due protagonisti maschili è quello di possedere una moto, quello della protagonista femminile è di vincere una competizione sportiva. Fine. Si mangiano chili di pasta (solo al pesto, non mi è ben chiaro perché), si va a pesca o in bicicletta e, nel mentre, ci si nasconde dalla famiglia di Luca (Jacob Tremblay), un giovane mostro marino alla ricerca di indipendenza e libertà di scegliere quale sia la sua strada.
Come già avvenuto in passato, siamo di fronte al titolo Disney-Pixar più leggero, quello che accompagna l'estate sponsorizzando spensieratezza e divertimento, ma sul quale le due case di produzione - che poi in realtà è solo una - puntano meno in termini di Oscar e compagnia varia (è stato così con "Onward" o "The Good Dinosaur" per esempio). Ci sta e va bene così, anche perché non ci si può aspettare di portare al cinema sempre e solo capolavori.
"Luca" è un film molto carino e divertente, esteticamente bello e curato, emotivamente appagante. Di sicuro non è il miglior prodotto sfornato dalla Pixar, ma è un perfetto esempio di titolo estivo per tutta la famiglia. E per quest'anno - specialmente quest'anno - va bene così.
Cast: Jacob Tremblay, Jack Dylan Grazer, Emma Berman, Saverio Raimondo, Maya Rudolph, Marco Barricelli, Jim Gaffigan, Marina Massironi, Sacha Baron Cohen.
Box Office: $21 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Piacevole, bello da vedere, simpatico e, inevitabilmente, tanto italiano quanto lo possa essere il prodotto di una produzione americana, "Luca" è un titolo perfetto per un momento di leggerezza e spensieratezza tra colori sgargianti, atmosfere familiari e qualche cliché. Insomma, guardatelo e spegnete il cervello per qualche ora. Silenzio Bruno!
Premi: /
Parola chiave: Vespa.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 2 dicembre 2019

Film 1686 - Call Me by Your Name

Intro: Dovevo decisamente rivederlo.
Film 1686: "Call Me by Your Name" (2017) di Luca Guadagnino
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Jenny
In sintesi: lo volevo rivedere principalmente perché la prima volta - erroneamente - mi aspettavo "Brokeback Mountain", per cui in parte avevo aspettative irrealistiche. La realtà è che "Call Me by Your Name" è un bel film ben fatto, che dà voce a un ragazzino alle prime esperienze con il sesso e la sessualità, in un Paese durante un certo momento storico non esattamente progressista.
Personalmente ho sentito, di nuovo, una forte connessione con il protagonista Elio (Chalamet) e la sua storia amorosa giovanile, un primo impatto con l'omosessualità che sa molto di qualcosa che vuoi e vorresti abbracciare, ma che risulta al contempo proibita e irraggiungibile. Come la love story con lo studente straniero Oliver (Hammer), un sogno che, seppur si realizzi, rimane comunque tale. Non a caso il finale è struggente, come lo sono i primi amori che ci colgono alla sprovvista.
Film 1530 - Call Me by Your Name
Film 1686 - Call Me by Your Name
Film 2262 - Call Me by Your Name
Cast: Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois.
Box Office: $41.9 milioni
Vale o non vale: Il libro da cui è tratto è bellissimo e il film ne è una ben fatta trasposizione. I sentimenti e la profondità ci sono, la colonna sonora è spettacolare, Timothée Chalamet fa innamorare, Armie Hammer fa sognare. Poi io un nudo femminile non ce lo avrei messo (o lo avrei bilanciato con un maschile), detto questo, da vedere.
Premi: Candidato a 4 premi Oscar, tra cui Miglior film e attore protagonista (Chalamet), ha vinto per la Miglior sceneggiatura; il film ha vinto anche il BAFTA nella stessa categoria. 3 nomination ai Golden Globes (film, attore protagonista, attore non protagonista) e 2 ai Grammy (Best Compilation Soundtrack for Visual Media e Best Song Written for Visual Media). 2 David di Donatello vinti per Migliro sceneggiatura e canzone originale su 12 nomination (tra cui Miglior film e regia, ma niente per gli attori).
Parola chiave: Pesca.

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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 13 marzo 2019

Film 1530 - Call Me by Your Name

Intro: Continuiamo il nostro percorso di preparazione alla notte degli Oscar con uno dei film che più ho atteso di vedere, carico di speranze ed aspettative.
Film 1530: "Call Me by Your Name" (2017) di Luca Guadagnino
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: Un film che ho trovato imperfetto e bellissimo. Non subito, a dire il vero, ho maturato questa consapevolezza col tempo, la lettura dell'omonimo libro di Aciman da cui è tratto e una successiva seconda visione. Il punto, per me, è che "Call Me by Your Name" è plausibile. Mi ricorda le mie prime storie, le delusioni, l'inconsapevolezza giovanile, il desiderio. Io sono stato Elio e anche se a volte ha fatto male, è stato al contempo una bellissima scoperta di me stesso. Questa storia racconta il primo viaggio di un ragazzo che viene a contatto con una parte di sé che non si aspettava di trovare. Lo spettatore vive con lui quest'esperienza e, forse, non fatica a farla sua. Del resto chi non è mai stato innamorato, chi non si è mai ritrovato in una storia destinata a finire nonostante il sentimento reale e martellante? Quella certa dose di ossessione mescolata ad amore ed irrazionalità, con il martellante scandire di un tempo che passa a prescindere da quanto si vorrebbe poter fermarlo, quel momento magico ed irripetibile che solo certe circostanze della vita riescono a creare. In "Call Me by Your Name" si trovano tutti questi elementi combinati insieme, portati in vita da una bellissima storia, una sceneggiatura consapevole, un gruppo di attori perfetti;
Chalamet davvero bravo, un'interpretazione sensibile e molto umana, assolutamente veritiera e plausibile. Non è stato difficile immedesimarsi nel suo Elio, così apparentemente imperscrutabile e sicuro di sé, eppure fragile e, giustamente, acerbo. Un personaggio costruito in tanti piccoli significativi gesti, sfumature, modi di atteggiarsi che lo rendono incredibilmente vero, quasi un amico che si conosce da tanto tempo. Colpisce la sua vulnerabilità, vorresti abbracciarlo, consigliarlo, rassicurarlo e fargli sapere che non è sempre così dura;
belle figure maschili, personaggi riusciti e magnificamente interpretati, per un'idea d'insieme che lascia un bel ricordo oltre che la speranza di più famiglie capaci di guidare e consigliare, oltre che dimostrare amore;
belle musiche, davvero in grado di trasportare il film. La regia di Guadagnino a volte mi è parsa troppo statica, forse a riflettere un'immobilità estiva tipica del paesino italiano anni '80. Avrei preferito che si rianimasse un po' con lo svilupparsi della storia d'amore fra Elio e Oliver, ma rimane spesso incastrato tra le viuzze di paese o la natura in cui il film è immerso;
"Call Me by Your Name" è una bella pellicola davvero ben realizzata. La sceneggiatura è scritta in maniera impeccabile e si rende (nuovamente) giustizia ad una storia d'amore omosessuale senza stereotiparne contorni e dinamiche. L'attrazione capita tra due persone, quali siano i loro gusti sessuali ci interessa poco. E il riassunto di quanto sia speciale quello che ci viene raccontato qui sta nelle dolci parole del padre di Elio;
è un film molto fisico, corporeo. I due protagonisti si mettono a nudo e, per farlo, ci mostrano anche i loro corpi, raccontano la storia attraverso la loro pelle scoperta. Il che mi è parso di capire sia anche un tratto distintivo dei titoli di Guadagnino che, inoltre, pare solito richiedere ai "suoi" attori e rispettivi personaggi l'utilizzo di moltissime lingue diverse fra cui l'italiano (che sembra immancabile). E' un modo di contaminare e caratterizzare le storie che mi piace molto e dà alle sue pellicole un sapore meno scontato o artificiale o prodotto in serie. La pronuncia è sbavata, imperfetta e la storia sembra più vera.
Film 1530 - Call Me by Your Name
Film 1686 - Call Me by Your Name
Film 2262 - Call Me by Your Name
Cast: Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois.
Box Office: $41.9 milioni
Vale o non vale: Insieme a "Three Billboards Outside Ebbing, Missouri" la pellicola della stagione 2017 che ho preferito. Onesto, verosimile, umano, "Call Me by Your Name" vive di due magnifici interpreti, una figura paterna invidiabile, una colonna sonora magnifica e quegli scorci estivi dell'Italia di paese che ti riportano indietro nel tempo. Un tuffo negli anni '80 nostalgico e romantico, una storia d'amore sensibile, un film da cui imparare qualcosa. Vi serve altro per convincervi a vederlo?
Premi: Candidato a 4 premi Oscar, tra cui Miglior film e attore protagonista (Chalamet), ha vinto per la Miglior sceneggiatura (James Ivory che, ad 89 anni, diventa la persona più vecchia ad aver vinto un Academy Award); Ivory ha vinto anche il BAFTA nella stessa categoria. 3 nomination ai Golden Globes (film, attore protagonista, attore non protagonista) e 2 ai Grammys (colonna sonora e canzone scritta per un medium visivo). Recentemente il film è stato candidato a 12 David di Donatello, tra cui Miglior film, regia e sceneggiatura (la cerimonia si terrà il 27 marzo).
Parola chiave: Massaggio alla spalla.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 19 giugno 2018

Film 1499 - The Italian Job

Intro: Dopo il piacere dell’horror, abbiamo optato per qualcosa di più giocoso e dinamico. Un po’ d’azione, insomma.
Film 1499: "The Italian Job" (2003) di F. Gary Gray
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: simpatico e ancora godibile, di “The Italian Job” ricordavo principalmente che lo fossi andato a vedere al cinema con i miei. Non un granché insomma (ed è per questo che non mi dispiace rivedere i film due volte, tanto a distanza di tempo finisco per non ricordarmeli più). La storia del colpaccio a chi ha fregato la banda del colpo grosso originale funziona ed Edward Norton come cattivo ci sta bene. Wahlberg e Theron sono in una fase della carriera in cui erano ancora più famosi per l’aspetto che per la bravura, motivo per cui il loro match sullo schermo è buono, anche se a mio avviso non indimenticabile;
gran parte della storia si svolge a Venezia, la qual cosa ci ha lasciato con una leggera voglia di Italia. A parte questo, è innegabile che molto del fascino di questo film risieda nella location e nell’incredibile lavoro di effetti speciali che ha reso Venezia una location plausibile per l’avventurosa storia. Visitando la città mai ti aspetteresti di poter vedere un motoscafo schiantarsi o una gondola ribaltarsi, figuriamoci vedere una cassaforte catapultata in mare riuscire ad essere ritrovata sott’acqua (che qui è pulita, nella realtà immagino un tantino meno trasparente). In aggiunta, non sono pochi i momenti divertenti causati dall’improbabile pronuncia delle comparse italiane;
tutto sommato un’avventura piacevole, un film carino che colpisce per le scene d’azione e ricorda tanti altri titoli simili incentrati su rapine e colpi impossibili dove, però, c’è meno marketing spinto della Mini.
Cast: Mark Wahlberg, Charlize Theron, Edward Norton, Jason Statham, Seth Green, Mos Def, Donald Sutherland.
Box Office: $176.1 milioni
Vale o non vale: per essere un prodotto di qualche anno fa non ha per nulla perso il suo smalto. Veloce, frenetico e impossibile – come vuole il genere – “The Italian Job” combina bene i suoi elementi e lascia lo spettatore sicuramente divertito.
Premi: /
Parola chiave: Oro.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 15 novembre 2016

Film 1238 - Benvenuto Presidente!

Serata casalinga a Copenaghen a base di cena self-made e un'inusuale scelta suggerita da Netflix che, nonostante lo stampo anglofono, presentava un unico titolo tutto italiano (e Poe aveva voglia di una serata del tutto... comprensibile!).

Film 1238: "Benvenuto Presidente!" (2016) di Riccardo Milani
Visto: dalla tv di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Intento pseudonobile per un risultato così così.
Si ride un pochino e ci si rattrista per una rappresentazione satirica della politica italiana che è anche credibile allo stesso tempo, ma nel complesso il film non riesce a concretizzare efficacemente il messaggio che intende veicolare, riuscendo solamente in parte a risvegliare un senso civico e patriottico troppo spesso messo in secondo piano da una serie di gag sciocchine e risvolti romantici ritenuti doverosi. In realtà della storia d'amore dell'ingenuo Peppino con la rigida Janis non frega granché a nessuno, ma del resto la retorica da commedia pare richiedere anche il sacrificio amoroso dei due protagonisti, per cui sottrarci alle inevitabili scivolate romantiche di una storia che si concentra su una trama inusualmente "politicizzata" sembra essere il prezzo da pagare necessariamente. Ci si fosse concessi una storia meno romantica e più sociale, un'analisi della politica italiana di oggi, anche in chiave satirica, avrebbe certamente colto più nel segno e lasciato in chi guarda certamente qualcosa su cui riflettere che vada oltre la critica facile e il populismo spinto. "Benvenuto Presidente!" baratta questa occasione scegliendo per il facile percorso comico che nulla aggiunge e nulla toglie al genere in versione nostrana e pur vantando il merito di (quantomeno) sollevare la question), il risultato finale non è nulla più che la classica commediola racimola incasso che si fa vedere tanto facilmente quanto si fa dimenticare.
Cast: Claudio Bisio, Kasia Smutniak, Beppe Fiorello, Omero Antonutti, Remo Girone, Cesare Bocci, Massimo Popolizio, Piera Degli Esposti; (cameo) Pupi Avati, Lina Wertmüller, Steve Della Casa, Gianni Rondolino.
Box Office: € 8.508.324
Consigli: Cosa succede quando si da in mano la presidenza della Repubblica a un cittadino ordinario nonché benemerito sconosciuto? Niente, semplicemente una piccola rivoluzione. Questo il pretesto della commedia facile facile "Benvenuto Presidente!" che sembrerebbe partire bene andando a toccare certi nervi scoperti della situazione politica italiana, ma finisce per ricadere nelle sue stesse trappole (oltre che nei cliché del romanticismo cinematografico del genere). Nessun particolare intento innovativo muove questa storia, si cavalca l'onda del populismo e si finisce con l'happy ending richiesto dal disimpegno di una serata al cinema. Niente di più.
Parola chiave: Repubblica italiana.

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Bengi

mercoledì 3 luglio 2013

Film 563 - Viva l'Italia

E continuiamo sulla scia del cinema italiano, che ultimamente frequento più spesso.

Film 563: "Viva l'Italia" (2012) di Massimiliano Bruno
Visto: dal computer di Marco
Lingua: italiano
Compagnia: Marco (Mi)
Pensieri: Massimiliano Bruno, dopo "Nessuno mi può giudicare", riconvoca Raoul Bova e Rocco Papaleo per questa sua seconda fatica registica e, al posto della Cortellesi, sceglie Ambra per l'ennesimo ruolo femminile scanzonato e brillante. La cornice, però, questa volta è completamente diversa, ispirandosi ad una politica italiana della peggior specie in un ritratto a prima vista esasperato, ma in fin dei conti non molto diverso dalla situazione reale. Il che rattrista e non poco.
Al di là della trama anche divertente a tratti, posto che è necessario incassare il colpo facendo autocritica in silenzio, l'anima fortemente 'impegnata' di questa pellicola funziona solo in parte, un po' perchè a volte forzata e quasi imposta - come se si volesse necessariamente giocare la carta della commedia, sì, ma che fa anche pensare -, un po' perchè la risoluzione finale della trama non mi ha convinto del tutto (la presa di posizione molto polemica poi scema).
Da una parte pare che la critica al mondo politico e, collateralmente, della gestione nazionale sembra affrontata di petto e con una certa consapevolezza, ma poi si finisce per cadere nello stesso gioco che ha generato l'input narrativo e mi sembra che, almeno nella gestione della storia di Valerio/Alessandro Gassman, si faccia autogoal.
Il film denuncia raccomandazioni (Susanna/Ambra Angiolini), mancata meritocrazia (Riccardo/Raoul Bova), incompetenza ai vertici (Gassman) e una politica di false promesse e falsi valori (Michele Spagnolo/Michele Placido) per buona parte dei suoi 100 minuti di durata, ma di fatto scioglie il suo intreccio liquidando le avversità in un modo che, a mio parere, non è accettabile dopo tanto criticare: il ricatto. E' vero che questo è applicabile poichè c'è chi si è messo nella posizione di farsi ricattare, ma non ritengo sia coerente, nel finale, cancellare l'incompetenza di Valerio rappresentandolo non come una persona degna di essere al vertice della sua azienda, ma solo l'ennesimo furbetto davvero degno dell'eredità del padre Michele.
Allo stesso tempo la questione del reparto dove lavora Riccardo, ormai allo sbando per la mancanza di fondi e la noncuranza del primario, che viene letteralmente restaurato nel giro di una notte (con il paninaro locale riparatore di lavatrici che aggiusta macchinari medici come se fosse una Whirlpool qualunque), è di una semplificazione imbarazzante, conclusione indegna di una parte di trama che fa ridere tanto è assurda.
Il personaggio di Placido, poi, come ogni bravo politico che si rispetti, finirà in tv a fare le sue scuse - davvero convinte, però - cercando il contatto con quella gioventù che necessita di essere risvegliata da un torpore di disillusione e sfiducia (che gente come lui ha causato) per destare nuova consapevolezza di cittadini che si battono per i propri diritti e, soprattutto, il proprio futuro.
In quest'ottica la predica finale dell'ex politico corrotto tramutato neoredento (ma non per sua volontà, solo a causa di una malattia che lo porta a non essere più in grado di filtrare il pensiero che diventa parola) è certamente sensata, ma finisce per assomigliare più a una mossa "paracula" perchè di fatto, come si diceva, il film stesso sceglie poi di pubblicizzare un mezzo poco nobile per esplicitare le nuove consapevolezze del personaggio di Gassman (ovvero che nella vita ci vogliono 'le palle' per ottenere ciò che si vuole).
A parte questo, comunque, "Viva l'Italia" è un perfetto prodotto commerciale nostrano, migliore di molti altri che ci propinano, sia chiaro, ma di fatto ancora troppo legato alla paura di essere considerato solo come commedia leggera e che sente, quindi, la necessità di autodefinirsi impegnata.
Il personaggio più riuscito è quello di Ambra, divertente e agghiacciante allo stesso tempo, specchio di una parte di società contemporanea (ma di fatto ognuno dei 3 figli di Spagnolo lo sono) che, però, avrà gli strumenti e l'aiuto necessari al riscatto e alla rinascita. Bova, invece, resta sempre invischiato nel cliché del bello-buono-e-bravo che lui interpreta, a volte, con passione da fiction tv. Quando fa altro, però, nessuno lo considera. Placido, infine, è un capo famiglia stronzo-ma-poi-sensibile che smaschererà i suoi stessi trucchetti non tanto per necessità, quanto perchè obbligato dalla sua malattia 'rivelatrice'.
Gli ingredienti per un film divertente ci sono, anche se di fatto ci si perde un po' per strada nel finale (morale e lieto fine sempre e comunque).
Ps. Due nomination ai David di Donatello (una per Ambra come Miglior attrice non protagonista) e più di 5.000.000€ di incasso al nostro botteghino.

Consigli: Nonostante la mia solita diffidenza rispetto al cinema italiano e, come già detto, una certa superficialità ingenua in alcune scelte narrative, "Viva l'Italia" è una buona opzione nell'ottica del divertimento spensierato per una sera in compagnia. La critica alla nostra politica odierna fa male all'inizio e bisogna comunque farci i conti durante la visione.
Parola chiave: Raccomandazione.

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Bengi

venerdì 1 giugno 2012

Film 413 - To Rome with Love

Dopo "Midnight in Paris" torna Allen in trasferta. Questa volta in Italia.


Film 413: "To Rome with Love" (2012) di Woody Allen
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Erika
Pensieri: Vorrei cominciare dicendo che, visti i primi 10 minuti di film, mi sembrava di guardare un episodio de "I Cesaroni" diretto dai Vanzina. E io non ho mai visto un episodio de "I Cesaroni". Non si metteva bene.
"To Rome with Love", mi spiace dirlo, è un generico nonsense. Quattro storie che non si incrociano mai raccontano le vicende di amore, fama e genericamente vita di personaggi bidimensionali tanto macchiette quanto privi di ogni realisticità. O Roma ad Allen ispira follia e semplicità (di quella grezza), oppure c'è una mancanza di approfondimento. La critica di Verdone ("La sua Roma non mi fa ridere, anzi, mi fa piangere. E' un brutto film girato da qualcuno che non ha capito niente della città. Una pellicola da cartolina da tabaccai") è parzialmente azzeccata. Fermo restando che Allen non si tocca, pare vero che il regista non abbia colto appieno lo spirito della città, se non addirittura di un popolo.
Privo del romanticismo e della magia del precedente "Midnight in Paris", qui ci si trova di fronte a personaggi burini, una trama banale e noiosa, una mancanza di idee. L'uomo che diventa famoso per essere famoso (la critica è evidente, ma non è mascherata e risulta quindi fastidiosa e buttata lì tanto per), il cantante lirico capace di esibirsi solo quando è sotto la doccia (questa è la trovata che ho ritenuto più idiota e inutile), la prostituta scambiata per moglie a causa di un equivoco (però, che novità)... Insomma, non ci siamo. Non si ride, manca la verve e gli attori italiani sono imbarazzanti (Ornella Muti, Riccardo Scamarcio, Alessandra Mastronardi e sì, anche Benigni). Peccato per l'occasione sprecata, perchè il resto del cast era veramente da sogno (Penélope Cruz, Alec Baldwin, Judy Davis, Jesse Eisenberg, Ellen Page - non ce n'è uno che non abbia avuto almeno una nomination all'Oscar). E, soprattutto, perchè come al solito veniamo dipinti come sempliciotti creduloni e superficiali.
Consigli: Meglio ripassare la filmografia di Allen escludento questa poco felice parentesi.
Parola chiave: Roma.

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Ric

martedì 22 novembre 2011

Film 329 - Il gioiellino

Avevo letto che questo film era praticamente passato inosservato al cinema, nonostante il buon cast e la vicenda a cui si ispira sia decisamente nota in Italia. Volevo capire perchè.


Film 329: "Il gioiellino" (2011) di Andrea Molaioli
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Interessante rappresentazione (chissà quanto veritiera) ispirata alla vicenda Parlmalat che, qualche anno fa, ha sconvolto la realtà italiana.
Buona la capacità recitativa del cast ed effettivamente appropriata la scelta degli attori (anche se il modo di parlare della Felberbaum mi rimane antipatico. L’essere madrelingua inglese, comunque, le fa fare un figurone) per ruoli nella maggior parte di un’innata antipatia.
Ricordare, ripercorrere o venire a contatto per la prima volta con la vicenda ispirante lascia di stucco per l’ingenuità con cui viene gestita dai protagonisti (si parla ancora di falsisificare cancellando con il bianchetto o di fare copia-incolla con forbici e vera colla, il che nell’ottica di oggi rende tutto ancora più ridicolo, quasi giocoso). Incompetenza, mala gestione e problematiche sottovalutate, a braccetto con la strizzatina d’occhio tanto peculiarmente nostrana, conduce all’autogol che porterà al crollo di un impero che si pensava invincibile.
Sconvolgono i momenti prima degli arresti: tutti uniti nella distruzione della documentazione probante il rigonfio dei bilanci. Il disgusto è inevitabile.
Atmosfere cupe per un prodotto filmico di qualità che vale la pena di guardare, se non altro per farsi ulteriormente un’idea di ciò che è o potrebbe essere accaduto tra le mura del colosso di Collecchio.
In generale la pellicola offre un quadro chiaro della vicenda e, nell’insieme, rappresenta uno scandalo interessante da analizzare dal punto di vista psicologico e sociale. Le dinamiche interne sono trattate con intelligenza e ordine, tese a dare un’idea completa degli avvenimenti che hanno portato al famosissimo ‘crac’.
Consigli: Interessante e ben costruito. Bravo, come sempre, Toni Servillo. Da vedere.
Parola chiave: Valori.

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Ric

lunedì 24 gennaio 2011

Film 207 - Io sono l'amore

Dopo un cinema a Milano, un film su Milano. Uno dei rari casi in cui l'Italia è riuscita a conquistare l'estero.

Film 207: "Io sono l'amore" (2009) di Luca Guadagnino
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Solitamente non amo i film italiani, ma questo mi aveva incuriosito già in partenza grazie alla partecipazione di Tilda Swinton (miglior attrice non protagonista agli Oscar del 2008), attrice che adoro e qui recita perfino in italiano! La Rohrwacher, poi, pare essere una delle più promettenti attrici italiane. Le critiche che avevo letto parlavano decisamente bene della pellicola. La nomination ai Golden Globes come miglior film straniero, infine, ha decretato come necessaria la visione di quest'opera di Guadagnino.
Strano, devo dirlo, il primo impatto. Svariati rimandi e coincidenze alla giornata passata a Milano esattamente 24 ore prima mi hanno coinvolto molto nella visione.
Grande famiglia benestante, profusione di sentimenti, amori nascosti quasi adolescenziali, un respiro internazionale, musiche azzeccate. Questo "Io sono l'amore" è davvero molto bello.
A differenza dei nostri film più 'tipici', l'aria che si respira non è quella solita, chiusa, magari provicinciale, magari volgare (penso ai cinepanettoni vari), ma, al contrario, l'idea è quella di una pellicola dinamica, capace di fluttuare su diverse realtà in maniera sofficie e garbata, lasciando sempre aperte mille strade da percorrere. La rigidità composta della russa Emma/Swinton viene dolcemente incrinata dall'amore per il giovane cuoco Antonio/Edoardo Gabbriellini e per il ritrovato senso della vita. Le musiche di John Adams - compositore laureato ad Harvard - accompagnano le immagini a volte fredde (della città o della quotidianità famigliare, la vita solitaria di Emma) e a volte calde e sensuali (gli incontri amorosi) con una buona simbiosi tra immagini e suoni.
Un ottimo candidato per rappresentarci all'estero, insomma, sperando che, quantomeno, domani arrivi la nomination all'Oscar come film straniero (ma l'Italia non aveva proposto "La prima cosa bella"?!) o, meglio, in molteplici categorie!
Consigli: Uno dei film da vedere per presentarsi preparati alla cerimonia degli Oscar 2011! Qualche nomination, speriamo, dovrebbe conquistarla. In ogni caso, rimane comunque un film da vedere. Bello e bravissima la Swinton.
Parola chiave: Cucina.


#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 8 novembre 2010

Film 176 - Mangia, prega, ama

Anche qui è un po' come per Tom Cruise: ce la farà la 'diva Julia' a riportare in auge la sua carriera?


Film 176: "Mangia, prega, ama" (2010) di Ryan Murphy
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ryan Murphy, creatore di tormentoni tv come "Popular", "Nip/Tuck" e il recentissimo "Glee" approda alla regia sul grande schermo (dopo "Correndo con le forbici in mano") con la trasposizione di un romanzo, pare, molto conosciuto tra le ladies amaricane dei dopo 'anta'. Così sceglie una diva hollywoodiana già nei citati 'anta' e con la carriera un po' in declino dopo ben 3 gravidanze e l'assenza dalle scene di anni e tenta il colpaccio della sua carriera.
Il risultato della trasposizione è, cinematograficamente parlando, non totalmente riuscito. Sarà che la stella di Julia Roberts non si è appannata solo a causa dell'assenza dalle scene, ma per quella perdita di smalto di cui ci siamo accorti un po' tutti. O che, in fondo in fondo, Julia c'è sempre stata un po' antipatica con quel sorriso tanto grande quanto sproporzionato. Sta di fatto che non ci si riesce ad identificare con lei appieno perchè, forse, ormai ha acquisito un'aria da spocchiosetta che, quando non riesce a controllarsi, traspare dallo sguardo furbo.
A livello di trama, poi, si cade un po' nei cliché del folklore popolare, delle dicerie, della cultura da turista un po' troppo facile. Sarà che chiamano in causa proprio noi italiani (a fare da cicerone a Liz/Julia Roberts c'è proprio il nostro Luca Argentero) spacciandoci per assoluti cultori del 'dolce far niente' e null'altro...
In ogni caso il viaggio della nostra eroina è un cammino, un percorso di formazione annunciato, bello visivamente e profondo spiritualmente, ma sembra sempre un pelino forzato, un attimo aggiustato per rendere tutto ancora più sensazionalmente incredibile. Nel complesso una pellicola più che godibile, per carità, ma forse meno spirituale di quanto quei 'prega' e 'ama' ci vogliano far credere.
Comprimari maschili della Roberts piovono a bizzeffe dalla Holliwood che conta: James Franco ("Howl", "Notte folle a Manhattan", "Spider-Man"), Billy Crudup ("Quasi famosi", "Watchmen"), Richard Jenkins (nominato all'Oscar per "L'ospite inatteso") e Javier Bardem (Oscar 2008 per "Non è un paese per vecchi"). Sul piano femminile la più nota è Viola Davis ("State of Play", "Il dubbio", "Innocenti bugie").
Per tirare le somme: non c'è male, ma non è né un capolavoro né nulla di trascendentale. E' un film che passa e lascia il tempo che trova. Forse il problema sta anche lì, nel tempo: 133 minuti sono troppi.
Consigli: Meglio guardare questa pellicola con lo stomaco pieno, altrimenti l'irresistibile necessità di mangiare diverrà irrefrenabile!
Parola chiave: Voglia di vivere.




Ric

Film 175 - Il seme della discordia

Curioso di vederlo già quando uscì due anni fa, per caso ho ritrovato il dvd sugli scaffali di un negozio in centro. E ho deciso fosse il momento di vederlo...


Film 175: "Il seme della discordia" (2008) di Pappi Corsicato
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: C'è qualcosa di strano in questo prodotto cinematografico italiano. Sarà che è fatto bene, è spiritoso, divertente, autoironico... E poi ha una bella fotografia oltre che dei set molto particolari (l'hanno girato in una Napoli che più deserta non si può). Più che un film sembra un tv show americano, del genere un po' salotto e divano al centro dell'inquadratura (vedi "Friends" o "8 sotto un tetto"). Pareti dai colori shocking, bella mobilia moderna, un arredamento azzeccato per una coppia giovane, pulizia quasi maniacale...
Insomma, per una volta si investe anche sull'estetica e non solo sul nome di richiamo o su nudità femminili. Che, per carità, ci sono anche qui, ma quantomeno sono funzionali alla storia e non banalmente strategia acchiappa-pubblico.
Quindi la mia opinione su questo film è estremamente positiva: propone un'idea interessante (è possibile concepire un figlio senza avere rapporti sessuali, senza per forza essere la Madonna?) e la sviluppa evitando banalità o facili scorciatoie del già visto. Pecca solo di qualche semplicità narrativa talvolta, ma nell'insieme ci può stare.
Bravi i protagonisti Caterina Murino ("Casino Royale", "St. Trinian's") e Alessandro Gassman ("Basilicata Coast to Coast", "Il bagno turco"), furbo il regista ad affidare a Martina Stella ("Nine", "L'ultimo bacio") un ruolo praticamente muto, ma decisamente veritiero nella società del nostro quotidiano.
Nel complesso una buona opera che si lascia guardare molto piacevolmente.
Ps. In concorso a Venezia 2008.
Consigli: E' un film da pomeriggio in casa. Divano, coperta e brutto tempo fuori. Sarà un ottimo compagno!
Parola chiave: Impotenza.




Ric

martedì 2 novembre 2010

Film 162 - Benvenuti al Sud

I miei avevano detto che era carino... E anche se di solito io e i miei genitori abbiamo gusti molto diversi, per questa volta ho deciso di fidarmi.


Film 162: "Benvenuti al Sud" (2010) di Luca Miniero
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Mattia
Pensieri: Mai e poi mai avrei sperato di ridere con una commedia italiana. Non era proprio in programma! E, invece, sorpresa: questo film mi ha strappato ben più di un sorriso!
Bravissima la coppia di attori Claudio Bisio-Angela Finocchiaro, ormai diventati simbolo di una certa qualità da grande schermo, bravi anche i comprimari Alessandro Siani-Valentina Lodovini, ben scritta la storia, con battute e tempi giusti, una trama 'rubata' al film francese "Giù al nord" di Dany Boon, locations mozzafiato e una certa voglia di prendersi in giro.
E' stata davvero una piacevole sorpresa scoprire che, ogni tanto, anche noi italiani riusciamo a confezionare un prodotto di qualità giocando su buoni attori e buone battute, senza bisogno di sbandierare tette e volgarità da cinema di serie B o storielle d'amore per pre-adolescenti.
Nonostante la (necessariamente) un po' stereotipata contrapposizione tra nord e sud, il film combina bene le due realtà così diverte, le mette a confronto senza però mai esagerare col denigrare le due 'fazioni' opposte. Uno scivolone che, altrimenti, avrebbe reso la pellicola indigesta a non pochi. Ma gli elementi giusti ci sono tutti per svagarsi per un'oretta e mezza al cinema gustandosi una commedia frizzante e divertente che lascerà gli spettatori con il sorriso sulle labbra.
E di questi tempi non è poco...
Consigli: E' certamente un film da vedere in compagnia: più si è più ci si diverte!
Parola chiave: Amicizia.




Ric

giovedì 14 ottobre 2010

Film 150 - The American

Un po' dispiaciuto che il 150esimo film sia proprio questa pellicola, ripongo più fiducia nel 200esimo sperando che - incrocio le dita - sia quantomeno un pelo migliore di questo!


Film 150: "The American" (2010) di Anton Corbijn
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Daniele
Pensieri: Causa tempi e impegni precedenti, qualche settimana fa mi sono ritrovato a dover cercare un film al cinema che andasse oltre la seconda serata. E così, l'unica proposta plausibile, pareva essere questo "The American". Inizio spettacolo ore 00.15 passate. I multisala, si sa, ti propinano un sacco di pubblicità prima di far iniziare la pellicola, ma non importa, perchè questo è un film d'azione e, sicuramente, non ci sarà da annoiarsi.
Ehm... Non proprio!
Forse già il fatto che nei titoli di testa il secondo nome, dopo quello di George Clooney, fosse quello di Violante Placido avrebbe dovuto insospettirmi. Io, personalmente, non la reggo né come attrice né dal punto di vista umano. Trovo la sua voce sia di un irritante pazzesco (e per una che recita e fa la cantante non è proprio il massimo) e che non sia nemmeno così capace a recitare come lei crede. Interpretare ruoli costantemente senza mutande non è sinonimo di cinema d'autore né, tanto più, di sbalorditive doti recitative.
Ma, volendo sorvolare su questo (relativamente, dato che anche qui l'intimo della Placido è facoltativo), non si può sorvolare, invece, sull'inesorabile lentezza che caratterizza tutto il film. Che noia!
Siamo davvro sicuri che George Clooney sia attore costantemente versatile come certe riviste di cinema ci vogliono far credere? In una serie infinita di primi piani (ma non era un film d'azione?!) dimostra solamente di portare bene l'età che ha.
La pseudo intavolazione da film d'autore che il regista Anton Corbijn ci vuole propinare (primi piani a go-go, momenti di "tensione" sottolineati dallo sguardo dei protagonisti in primo piano, vedute aeree infinite, paesaggi naturalistici sconfinati da ricollegare alla desolazione del protagonista, ecc) non è funzionale alla narrazione di una storia che, fosse stata raccontata in un cortometraggio, avrebbe sicuramente reso meglio. Per troppo tempo non succede nulla, troppo a lungo si spaccia per interessante una storia che, alla fine, si rivela ciofeca banalità. Cosa fa Clooney tutto il film? Monta un fucile. Tutto il tempo? Sì. Proprio per tutti i 105 minuti della pellicola?! No, per 100! Gli altri 5 c'è la Placido nuda. Ah, beh, allora...
Ps. Il film è girato quasi al 100% in Italia (non a caso la scelta della Placido come protagonista femminile) e, tra gli attori nostrani che compaiono nella pellicola ci sono anche Paolo Bonacelli e Filippo Timi. Inoltre il film, uscito in America il 1° settembre, è stato al vertice del botteghino USA per una settimana portando subito a casa $16,662,333 di incasso. Ad oggi l'incasso totale è di $35,202,471.
Consigli: Se siete fan di Clooney, evitate di rovinarvi il gusto di adorare il vostro mito. Ha fatto di meglio...
Parola chiave: Primi piani.




Ric