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domenica 9 ottobre 2022

Film 2137 - Three Thousand Years of Longing

Intro: Ultimo film prima delle due settimane di stop italiane (finalmente!), decido di recuperare l'ultimo film di George Miller di cui non avevo sentito parlare fino a quando, un paio di settimane prima, ne avevo per caso visto il trailer al cinema.

Film 2137: "Three Thousand Years of Longing" (2022) di George Miller
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: assolutamente non il film che mi aspettavo, questo "Three Thousand Years of Longing" mi ha lasciato in parte soddisfatto, anche se avrei preferito un racconto meno fiabesco e, diciamo, più dinamico.
Non che manchi l'azione o la storia sia raccontata con eccessiva lentezza, ma sicuramente si percepisce una differenza di "passo" quando la trama si concentra su Tilda Swinton e la sua personale avventura moderna puttosto che sui racconti del genio Idris Elba, decisamente più interessanti sia a livello narrativo che estetico. E' nei momenti in cui il magico abitante della lampada (in questo caso vasetto) ripercorre il suo passato e le vicissitudini che lo hanno costretto alla prigionia di vetro che la storia prende davvero vita, lasciando lo spettatore desideroso di vedere e scoprire di più.
Questo binomio moderno/fiabesco è forse l'aspetto che mi ha lasciato più perplesso rispetto al film di Miller, magistrale nel mettere in scena la fiaba, i suoi protagonisti e le loro vicende ma che, inavvertitamente, conferisce al resto della storia un'allure meno desiderabile e interessante. Anche perché, diciamocelo, Alithea (Swinton) non è esattemente un personaggio carismatico.
Poi, per carità, ho trovato inaspettatamente piacevole la quota romantica del finale - una piega che credo in pochi avessero previsto - ma questo non riesce in ogni caso a salvare il risultato finale dalla sensazione di aver assistito alla narrazione di due differenti storie che corrono parallele senza mai davvero incontrarsi o amalgamarsi.
Senza contare che la promessa dei 3 desideri, la presenza di un genio della lampada, la famosa creatività di Miller come storyteller e una certa potenza evocativa del trailer, a inizio film farebbero pensare a tutt'altro tipo di film che, nella realtà, mai si concretizza. E se potenzialmente questo non dovrebbe rappresentare un problema o un ostacolo, qui finisce per lasciare lo spettatore più confuso che soddisfatto. Perché, con l'inebriante prospettiva di 3 desideri e l'infinito come limite, passiamo più di metà del film in una camera d'albergo? La caratterizzazione di Alithea e del suo personaggio funziona come scusa fino a un certo punto, diciamocelo. Si sarebbero potute esplorare altre vie per implicare la sua caparbietà e risolutezza, ribadire quanto sia a suo agio con sé stessa e le sue scelte di vita riuscendo comunque a farla uscire dalle quattro mura cui la sceneggiatura la confina per troppo tempo del film. E, non fosse per gli esotici racconti del genio, si sarebbe rischiato di suscitare nello spettatore un certo senso di claustrofobia.
Un po' un peccato, insomma, perché chiaramente i due protagonisti sono attori meravigliosi, Miller ha un modo di raccontare tutto suo che incanta e affascina e la storia, in generale, avrebbe potuto espandersi e raccontare meraviglie purtroppo qui solo marginalmente esplorate (e comunque sempre declinate al passato).
Sicuramente una parte di me è rimasta delusa dall'esperienza "Three Thousand Years of Longing" dalla quale mi aspettavo molto, molto di più e decisamente qualcosa di diverso. Poi, lo ammetto, certi aspetti della visione di questo film mi hanno comunque conquistato, principalmente l'approccio fiabesco, che onestamente avrei preferito costituisse la maggior parte del racconto.
Non il film che mi aspettavo, non quello che desideravo veder,e ma certamente un'esperienza cinematografica diversa rispetto al solito. Non basterà a tutti, ma per qualcuno potrebbe valere la visione (non per molti, visto il gigantesco flop commerciale che questo film è stato, partito da un budget $60 milioni).
Ps. Per gli amanti della cultura pop, nel film compare in un cameo muto una delle figure chiave dell'advertisment italiano anni '90-'00, ovvero nientemeno che Megan Gale.
Non è la prima volta, però, che Miller e Gale collaborano, avendo già visto l'attrice australiana prendere parte in un ruolo decisamente marginale (ma quantomeno non muto) nel precedente "Mad Max: Fury Road". Pps. Non so quanto rilevante per i più, ma nelle mie note a fine visione ho scritto: Tilda Swinton ricorda una combo tra Miranda di "Sex and the City" e la costumista Sandy Powell.
Sulla scia di questo pensiero, mi sento di aggiungere che il personaggio di Alithea mi ha ricordato quella della protagonista del film "Nim's Island" interpretato da Jodie Foster.
Cast: Tilda Swinton, Idris Elba, Aamito Lagum, Lachy Hulme, Megan Gale, Melissa Jaffer, Anne Charleston.
Box Office: $17.5 milioni
Vale o non vale: Non l'ho amato, non l'ho detestato. O, per essere forse più precisi, ho adorato certe parti e trovato più faticose certe altre. Ed è un po' questa la caratteristica più evidente di "Three Thousand Years of Longing", una pellicola troppo evidentemente divisa a metà e difficilmente "incollata" insieme.
Non per tutti, ma sicuramente un'esperienza cinematografica diversa dal solito.
Premi:
Parola chiave: Desideri.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 2 giugno 2021

Film 2013 - Aladdin

Intro: Un altro titolo che mi ero dimenticato di includere nella lista di pellicole e che recupero oggi, a distanza di due anni...
So che potrebbe sembrare un brutto segno rispetto alla qualità del prodotto finale, ma devo ammettere che in realtà questo film mi ha anche piuttosto soddisfatto. Quindi, in questo caso, è stata semplicemente una mia svista.

Film 2013
: "Aladdin" (2019) di Guy Ritchie
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: Hugh
In sintesi: ribadisco per l'ennesima volta che non credo ci sia veramente bisogno di avere una versione live-action di ogni classico Disney, specialmente a distanza così ravvicinata l'una dall'altra, in ogni caso ammetto che questo "Aladdin" non sia per niente male. Certo, non ha neanche la metà del fascino del cartoon del '92, però il risultato finale è decisamente migliore di quello che ci si sarebbe potuti aspettare. O almeno rispetto a quello che mi aspettavo io.
Poi non credo che la presenza in questa pellicola di Mena Massoud, Naomi Scott o Marwan Kenzari faccia alcuna differenza per il grande pubblico - o farà alcuna differenza per le loro carriere, se è per questo - dato che il vero richiamo per lo spettatore erano probabilmente la storia (o comunque il prodotto originale da cui questo titolo deriva) e la curiosità di vedere Will Smith nei panni - ingombranti - del genio (che nel film originale è interpretato da Robin Williams, pazzesco nel ruolo); se è per questo non credo nemmeno che la regia di Guy Ritchie abbia convinto nessuno a prendere visione dell'ennesimo remake Disney, anche se è chiaro che il classico dinamismo delle inquadrature e dei movimenti di camera solitamente associati al regista siano assolutamente riconoscibili.
In generale credo che la chiave del grande successo di questo film - mi tocca dire gigantesco successo, in realtà - stia principalmente nell'effetto nostalgia che accompagna il ricordo di "Aladdin" e che il risultato finale superi effettivamente le aspettative, specialmente considerato il non entusiasmante remake di "Dumbo" o il terribile sequel di "Maleficent", entrambi usciti nelle sale nel 2019.
Quindi, pur non essendo un capolavoro né risultando migliore dell'originale, "Aladdin" 2.0 fa il suo dovere in termini di intrattenimento, spettacolo e sbrilluccianti magie da effetti speciali, ricreando un mondo coloratissimo e coreografatissimo che, nell'insieme, fa esattamente quello che ci si aspetta da un remake live-action Disney (la cui vera intenzione primaria è incassare altri soldi): diverte.
Cast: Mena Massoud, Will Smith, Naomi Scott, Marwan Kenzari, Navid Negahban, Nasim Pedrad, Billy Magnussen, Alan Tudyk.
Box Office: $1.051 miliardi
Vale o non vale: Intrattenimento facile facile per tutta la famiglia che fa passare piacevolmente un paio d'ore tra grandi classici della tradizione Disney come "A Whole New World" e un bombardamento di effetti speciali (non sempre all'altezza) che tutto sommato giovano della buonissima interpretazione di Smith e un effetto nostalgia che non fa che aumentare la voglia di rivedere l'originale. E forse non è nemmeno una cattiva idea...
Premi: Will Smith candidato al Razzie nella categoria Redeemer Award.
Parola chiave: Lampada.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 26 aprile 2018

Film 1488 - Matilda

Intro: Torniamo ai dvd che ci sono stati prestati. La scelta è stata facile, ovvero l’opzione film preferito di mia cugina, nonché una vera sfida per me: una storia per bambini con un’attrice a sua volta bambina che non gradisco particolarmente.
Film 1488: "Matilda" (1996) di Danny DeVito
Visto: dalla tv di casa
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: Matilda è una bambina indipendente e determinata, acculturata e dotata di poteri magici che si comporta ed agisce come un’adulta. La sua famiglia la ritiene stupida e per nulla degna di nota e per la maggior parte del tempo la ignora, abbandonandola a casa o dimenticandosela a scuola, cosa che lei apprezza. In aggiunta ai parenti indigenti, la ragazzina troverà un ambiente scolastico complicato a capo del quale una sadica preside detterà legge e applicherà punizioni inumane. Unico lato positivo, una dolce e ingenua maestrina che senza alcuna esitazione capirà il potenziale della nostra giovane protagonista. Non si fatica ad intuire la connotazione fiabesca. Scopro, infatti, che la storia si ispira nientemeno che a quella di Roald Dahl, uno che in questo campo ci sa fare.
In effetti il film non funziona male e anche se è composta da una serie di elementi (volutamenti) chiassosi ed esagerati, il mondo di “Matilda” ha un qualcosa che sa rapire lo spettatore e in definitiva conquistarlo. Non che si tratti di un prodotto di impressionante qualità, in ogni caso il risultato finale mi pare renda onore al genere di appartenenza;
“Matilda” è sicuramente un film DI Danny DeVito, che vi recita insieme alla moglie, lo produce e dirige. Un progetto, insomma, che pare stargli a cuore. Gli è riuscito meglio di “The War of the Roses”; l’attrice-bambina Mara Wilson, oggi assente dalle scene, ha il piglio giusto per la parte. Non è bella, ma ha il viso simpatico e certamente è in grado di portare il suo personaggio in vita nonostante il piglio fiabesco. Mi ha sorpreso, una piccola interprete in grado di portare, da sola, tutto il peso del film sulle sue spalle.
Film 1488 - Matilda
Film 2004 - Matilda
Cast: Mara Wilson, Danny DeVito, Rhea Perlman, Embeth Davidtz, Pam Ferris, Paul Reubens, Tracey Walter.
Box Office: $62.1 milioni
Vale o non vale: visto a 30anni certamente manca un po’ (eufemismo) quello spirito e quell’entusiasmo infantile che avrebbero certamente aiutato ad amare di più la pellicola. In realtà il film funziona anche per gli adulti, ovvero per coloro che sappiano a cosa stanno andando in contro: un film per famiglie con bambini, una fiaba con un finale felice e la giusta risoluzione a tutti i problemi che fino all’ultimo parevano insormontabili. Facile facile, indolore quasi. Solo una questione: perché mai Matilda dovrebbe voler smettere di usare i suoi poteri magici? Nella vita un po’ di magia rende sempre tutto più spettacolare.
Premi: /
Parola chiave: Scuola.

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#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 24 novembre 2016

Film 1245 - The Accountant

Ammetto che ogni volta che Ben Affleck torna al cinema, sono curioso di vedere come se la cava. Anni fa preferiva concentrarsi sulla sua inespressività perpetuata di contesto in contesto, mentre ora mi sembra nettamente migliorato. Sarà che spesso i film li dirige, sarà che magari anni di onorata carriera a qualcosa sono serviti, di fatto non ho difficoltà a dichiarare il mio interesse per i suoi film. E al cinema, quest'ultimo non volevo perdermelo.

Film 1245: "The Accountant" (2016) di Gavin O'Connor
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Quando un film parte in una direzione e, pian piano, deraglia verso svolte inaspettate... che succede? Niente, non convince.
La sensazione che ho avuto seguendo questo "The Accountant" è proprio quella dell'andare fuori strada, abbandonare un percorso che sembrava interessante è coerente alla ricerca di snodi narrati estranei a qualunque aspetto della vicenda fino a quel momento toccato. Cosa c'entrano, mi chiedo, le revisioni contabili e action man? Niente e, giustamente, una sceneggiatura difficilmente sceglie di combinarli insieme, temendo un risultato finale disomogeneo. E questo è quello che è "The Accountant": una pellicola disomogenea.
Ampiamente pubblicizzato come una sorta di "A Beautiful Mind" contemporaneo, il film nella prima parte spinge molto sull'autismo del suo protagonista, per poi dimenticarsene nelle scene d'azione, in cui è richiesta una forza e una prestanza sovraumane, sì, ma pur sempre estranee all'insieme di riti e processazioni mentali che il protagonista Christian (Affleck) affronta ogni giorno. O almeno questo è ciò che fa passare il film, perché nel secondo tempo di tutte le manie e le stranezze che avevano ben caratterizzato il personaggio all'inizio ci scordiamo, preferendo declinare la storia in salsa action e prediligendo un'improvvisa violenza che passa per sparatorie e trincee casalinghe con, culmine, ritrovi familiare tra una scazzottata e un proiettile.
Inutile dire che, oltre che assurdo, tutto il finale sa di fuori luogo e scontenta chi in prima battuta era rimasto intrigato dalla storia personale di Christian e delle sue mani in pasta in losche faccende. Forse un più attento sviluppo di quella parte della storia avrebbe evitato al pubblico l'ennesimo esempio di machismo americano declinato a seconda del contesto scelto per far sembrare la storia qualcosa di nuovo. "The Accountant" maschera il vecchio e il già visto attingendo ad una serie di escamotages che chiamano in causa perfino l'autismo, ma poi preferisce tornare all'ovile e consegnare al suo pubblico le baggianate di arti marziali, pistole e una voce al telefono che si sa a chi appartiene dopo 10 minuti. Insomma, niente di nuovo e un po' uno spreco di cast. Perché checché ne dicano, qui Ben Affleck non è per niente male.
Cast: Ben Affleck, Anna Kendrick, J. K. Simmons, Jon Bernthal, Jeffrey Tambor, John Lithgow, Cynthia Addai-Robinson, Jean Smart, Alison Wright.
Box Office: $139.3 milioni
Consigli: Primo e secondo tempo sono fatti per pubblici diversi. Non mi è capitato spesso di sentire una distanza così netta tra la prima e la successiva parte di un film, di una storia, eppure con "The Accountant" l'impressione che ho è ancora fortemente influenzata da queste due "anime". Dunque all'inizio abbiamo una sorta di approfondimento inusuale di una condizione particolare: Christian soffre di una forma di autismo che lo avvicina a una genialità a noi altri impensabile. Direi che il tutto si può racchiudere nell'ormai usurata espressione "Denifisca normale". Il finale, invece, sceglie di addentrarsi nel solito bombardo e faccio esplodere tutto, vera e propria trama da film d'azione che snatura e non di poco tutto l'insieme dell'operazione. Il fatto è che - e qui sta il problema - nel proporre elementi così distanti, il film finisce per non accontentare nessuno. Io che mi aspettavo un film "alla prima parte", sono rimasto deluso di ritrovarmi in un action movie e sono sicuro che chi, invece, se lo aspettava, a trovato la prima parte meno soddisfacente.
Ben chiarito questo, penso si possa dire che "The Accountant" è un disimpegno non del tutto soddisfacente, pur guardabile. Si poteva fare molto di più, magari giocando su toni thriller invece che d'azione, e lasciando a casa tutte quelle scemenze marziali e, soprattutto, i ritrovamenti parentali. E' l'ennesimo esempio di prodotto che si può ben presto dimenticare.
Parola chiave: Filastrocca.

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#HollywoodCiak
Bengi

sabato 12 dicembre 2009

Film 33 - Will Hunting - Genio ribelle

Giovedì per cena avevo voglia di un film veloce prima di andare a casa della mia amica Claudia per fare quattro chiacchiere. Quindi ne ho visto uno che avevo cominciato qualche anno fa, senza mai finirlo.


Film 33: "Will Hunting - Genio ribelle" (1997) di Gus Van Sant
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Cosa c'è di speciale in un film come questo? Niente, non fosse che l'hanno scritto a quattro mani Matt Damon e Ben Affleck, due giovanissimi attori che grazie alla sceneggiatura di questo film hanno vinto l'Oscar. Non fosse che all'epoca erano in molti ad avere dubbi sul fatto che Affleck sapesse effettivamente scrivere, questa cosa non avrebbe fatto tanto chiasso.
Il film non è brutto, per carità, si guarda piacevolmente. Ma poi ci si ferma lì. Non ho sentito la voglia di rivederlo, per esempio. La mia curiosità iniziale era capire il valore di quest'opera e verificare se effettivamente ci fosse qualcosa di sensazionale che valesse la pena premiare. Certo, scrivere una sceneggiatura non è per tutti, ma qui ci sono tantissimi riferimenti culturali alla 'Wikipedia', ma non effettivamente granché approfonditi. Io non ce l'avrei mai fatta a scrivere una pappardella di roba del genere, quindi lode al merito, però non credo che la definizione di capolavoro sia azzeccata.
E' la storia di questo ragazzo povero, ovviamente orfano e maltrattato, che in realtà è un Einstein al quadrato. Risolve l'irrisolvibile, pensa l'inpensabile e, soprattutto, definisce Minnie Driver come 'bellissima', cosa evidentemente impossibile. Va oltre ogni limite umano, insomma. Poi però è anche estremamente odioso, antipatico, indisponente. E' geniale e mestruato. Uff, ma dov'è la novità? Nessuno lo capisce, solo lo psicologo (anche lui, ovviamente, maltrattato da piccolo) Robin Williams ci riesce perchè è fuori dal comune, lui non vuole vincere premi, vuole vivere felice e in pace con sé stesso. A sì? Nuova anche questa...
Non si va molto oltre in questo film. Will riesce a ritornare sulla retta via, addirittura si becca un lavoro vero con straordinarie opportunità future, allo psicologo torna la voglia di vivere, Ben Affleck fa una sviolinata al suo amico Matt Damon che neanche Frodo&Sam ne "Il Signore degli Anelli" e Minnie Driver non migliora esteticamente.
Tutto sommato si vede volentieri, ma è più blockbuster di quanto i 10milioni di dollari di budget non vogliano far pensare. Non ho trovato una filosofia particolarmente illuminante, né nulla che mi abbia ispirato. L'esempio del genio è una realtà che si discosta totalmente dalla mia, quindi non mi sono sentito particolarmente coinvolto. E poi non riuscivo a smettere di chiedermi se avesse scritto la sceneggiatura solo Matt Damon e poi per amicizia ci avesse aggiunto anche il nome dell'amico, come vorrebbe un pettegolezzo... Ah, i 'rumors'! ps. Qualcosa come 9 nomination agli Oscar e 2 premi vinti. A Robin Williams l'hanno dato solo perchè lo meritava da anni, ovviamente non per questa pellicola, ma meglio di niente. E, infatti, quella è stata la sua ultima nomination (ma, insieme a lui tantissimi altri attori ricevono il loro Oscar per un'interpretazione in un film che non vale, solo perchè l'Academy era in debito con loro per interpretazioni valide e non premiate. Penso a Renée Zellweger, Nicole Kidman, Judi Dench, Whoopi Goldberg, ecc ecc). pps. Casey Affleck, fratello di Ben e quindi raccomandato per un ruolo in questo film, è assolutamente identico a Mika!
Consigli: Da vedere in compagnia e deridere la faccia da maialino di Matt Damon.
Parola chiave: Problema matematico




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