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sabato 6 marzo 2021

Film 1965 - Cocktail

Intro: Mi prendo una pausa dalla ricerca per il mio progetto universitario e decido di vedere un film di cui avevo sempre sentito parlare e non avevo mai avuto l'occasione di recuperare. E del quale conoscevo una scena iconica.
Peccato che fosse il film sbagliato.
Film 1965: "Cocktail" (1988) di Roger Donaldson
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: "Cocktail" è tutto quello che non mi aspettavo da questo film e, soprattutto, non il film che pensavo di stare per vedere (che era poi "Risky Business", recuperato qualche sera dopo). Insomma, una sorpresa sotto molteplici punti di vista.
Un po' perché si tratta di una gran boiata, un po' perché si tratta di una di quelle boiate che si prende molto sul serio, il che rende il risltato finale ancora più godibile, devo ammettere.
Poi, diciamoci la verità, rivedrei "Cocktail"? Assolutamente no, però togliersi uno sfizio non ha mai fatto del male a nessuno (anche se era lo sfizio sbagliato).
Cast: Tom Cruise, Bryan Brown, Elisabeth Shue, Gina Gershon, Kelly Lynch, Lisa Banes.
Box Office: $171.5 milioni
Vale o non vale: Un po' 80s nostalgia, un po' baggianata per teenagers desideros* di una shakerata da Tom Cruise, "Cocktail" mette in scena una serie considerevole di elementi drammatici (come suicidio e disperazione), mixando il tutto in un calderone che si prende molto sul serio, ma non riesce a stare al passo con il tono che vorrebbe dare al prodotto finale. Quindi va un po' così, prendere o lasciare.
Premi: Candidato al Golden Globe e al Grammy per la Migliore canzone originale ("Kokomo"). Candidato a 4 Razzie Per Peggior film, sceneggiatura, regia e attore protagonist (Cruise), il film ha vinto nelle prime due categorie.
Parola chiave: Cocktails & Dreams.

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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 7 febbraio 2021

Film 1799 - The Karate Kid

Intro: Sempre cavalcando l'onda del ritorno al passato - o riscoperta di certi film di cui ricordavo poco o niente - decido di dedicarmi a un grande classico degli anni '80.
Film 1799: "The Karate Kid" (1984) di John G. Avildsen
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: continuo a pensare che una nomination all'Oscar per il ruolo (certo iconico, per carità) di Pat Morita sia un tantino esagerato, in ogni caso non si può dire molto su questa pellicola se non che sia oggettivamente un cult! Tanto che a 34 anni dall'uscita nelle sale di questo primo film del franchise (che ad oggi conta 5 film ed una serie animata), la saga che ci ha introdotto al mitico mantra del metti-la-cera-togli-la-cera ha generato una serie tv che sta riscuotendo un gigantesco successo, "Cobra Kai".
Inutile dire che il furore da "The Karate Kid" non si sia mai veramente sopito e anche se i sequel non sono esattamente granché, questo primo film non è niente male e porta sul grande schermo il bel rapporto di amicizia tra il giovane e spaesato nerd appena arrivato in città Daniel LaRusso (Macchio) e il tosto insegnante di karate dal cuore tenero Mr. Miyagi (Morita). Insieme si avvieranno verso un percorso di crescita e dedizione a certi valori (impegno, sacrificio, non violenza) fino allo duello finale che si tiene durante il torneo e che vede Daniel scontrarsi contro i ragazzi che lo hanno bullizzato fin dall'inizio del film.
Anche se per essere un film per teenager c'è veramente un sacco di violenza in questo film, non si può divere che "The Karate Kid" non si lasci guardare sempre con piacere e una certa dose di nostalgia.
Cast: Ralph Macchio, Noriyuki "Pat" Morita, Elisabeth Shue, William Zabka, Martin Kove, Randee Heller.
Box Office: $130.4 milioni
Vale o non vale: Nonostante una certa intenzionalità positiva (tematiche LGBTQI e female empowerment), questo film baratta in fretta i suoi buoni propositi in nome dei diktat hollywoodiani dell'epoca, fallendo platealmente anche nel tentativo di darsi un appeal più commerciale.
Premi: Candidato all'Oscar e al Golden Globe per il Miglior attore non protagonista (Morita).
Parola chiave: Tournament.
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#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 28 ottobre 2020

Film 1941 - Adventures in Babysitting

Intro: Cercando tra i film che ho sull'hard disc esterno, mi sono imbattuto in questo... di cui non avevo alcuna memoria. Fulmine a ciel sereno!
Film 1941: "Adventures in Babysitting" (1987) di Chris Columbus
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: teenagers, anni '80, commedia, regia di Chris Columbus, un cast di giovanissimi oggi (abbastanza) conosciuti?! Questo è il mio film!
Non fraintendetemi, "Adventures in Babysitting" manca totalmente di coerenza narrativa, eppure il risultato finale è divertente e piacevolissimo, nonché un'immersione totale nelle surreali atmosfere cotonate e sbrilluccicanti dell'America di 30 e passa anni fa, dove per un cocktail party in ufficio si indossa un abito da red capret, il lipsync allo specchio della canzone d'amore vale come momento per il trucco perfetto, si indossano i guanti di lana per 3/4 della storia e anche per mangiare i dolci, un giovanissimo Anthony Rapp inneggiava alla fi*a e parlava di stupro (ah, se lo avesse sentito Kevin Spacey...), una macchina con una gomma a terra e il parabrezza sfondato si ripara nel giro di poche ore. Per non parlare della scena clou di tutto il film, una sequenza alla "Mission: Impossible" che vede una bambina in età da baby-sitter calarsi con una corda giù per la finestra aperta di un grattacielo con il minimo sforzo di un alpinista esperto! Ma non temete, è tutto finto: si vede benissimo che la gravità qui sembra aver perso la sua presa sulla verticalità delle nostre esistenze...
E se questi elementi sembrano un po' forzati e fuori luogo - aspettate di vedere l'entrata in scena di Vincent D'Onofrio! - in realtà l'insieme della storia funziona (a parte quella davvero infelice battuta sullo stupro) ed è anche piuttosto divertente, considerando che mescola insieme commedia, azione, teen drama e anche un certo elemento da fanatici dei supereroi, il tutto per un'ora e quaranta di piacevole diversivo rispetto alle 0 uscite interessanti di questo periodo e, in generale, una certa amancanza di commedie generazionali che abbiano alcunché di innovativo da raccontare. E allora uno sguardo indietro verso il passato può essere un buon investimento di tempo ed energie.
Cast: Elisabeth Shue, Vincent D'Onofrio, Keith Coogan, Anthony Rapp, Maia Brewton, Penelope Ann Miller, George Newbern, Bradley Whitford.
Box Office: $34.4 milioni
Vale o non vale: "Adventures in Babysitting" è simpatico e senza pretese, presenta un buon cast di futuri attori abbastanza conosciuti (Vincent D'Onofrio, Anthony Rapp, Penelope Ann Miller, Bradley Whitford e una Elisabeth Shue che tra una nomination all'Oscar e un film 3D sui piranha si è un po' persa per strada) e tutto sommato fa trascorrere quasi due ore di sufficiente intrattenimento. Per me risultato finale godibilissimo.
Ps. Ho visto questo film e mi è partita una 80s mania che non avevo messo in conto...
Premi: /
Parola chiave: Playboy.
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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 30 ottobre 2017

Film 1428 - Battle of the Sexes

Ultimo film visto al cinema ad Adelaide prima di trasferirmi a Melbourne, ero determinato a non lasciarmi sfuggire questo titolo da cui ero particolarmente incuriosito per svariati motivi...

Film 1428: "Battle of the Sexes" (2017) di Jonathan Dayton, Valerie Faris
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Chi fosse Billie Jean King non lo sapevo proprio, ma c'è da dire che non sono un attento osservatore della competizione sportiva del mondo del tennis. Per quanto sia uno sport che trovo piacevole da guardare, rimango comunque tendenzialmente indifferente all'aspetto agonistico o alla sua rappresentazione. Per capirci, l'ultimo e forse unico film sul tema che abbia visto risale al 2004 e si riferisce a quel "Wimbledon" con Kirsten Dunst e Paul Bettany che non ha esattamente spopolato. Nonostante ciò il tema sportivo mi è familiare e ancora di più le biografie, per cui non ho avuto alcuna esitazione relativamente alla scelta di vedere questo film; senza contare che era la prima prova d'attrice post Oscar di Emma Stone, per cui l'ho sentita quasi come una tappa obbligata. Devo dire che, fortunatamente, "Battle of the Sexes" è stata una buona scelta.
Per quanto non un capolavoro, sicuramente la storia permette alla Stone di mettersi alla prova e spingersi ben oltre i personaggi che le abbiamo visto interpretare, regalandole un bel personaggio, complesso e ricco di sfumature che lei rende magnificamente. L'ho trovata matura e assolutamente in parte.
Il risultato finale di questa pellicola è piuttosto godibile. La narrazione è in grado di costruire il crescere della tensione con particolare consapevolezza, cosicché si arriva al momento del match decisivo con la stessa dose di ansia e preoccupazione che assale la King, in quanto lo spettatore è trasportato sia da un racconto emotivamente coinvolgente che dal fatto (in parte sconcertante) che si tratti di fatti realmente accaduti. E sì, il risultato dello storico incontro è scontato, ma questo non diminuisce in alcun modo le sofferenze del percorso fatto per arrivarci. Da questo punto di vista la sceneggiatura è molto coinvolgente e a mio avviso particolarmente riuscita; d'altro canto ho trovato che il racconto della vita amorosa della tennista fosse spesso più una distrazione che un valore aggiunto. Non sto assolutamente dicendo che andasse tralasciato, ma per troppo tempo, soprattutto nella prima parte della pellicola, la sensazione che si ha è che le storie d'amore dell'atleta siano il centro del racconto, cosa che non dovrebbe essere. Il fulcro di questa storia è lo storico match contro lo spaccone misogino Bobby Riggs (Steve Carell) e il percorso che porta la King su quel campo, per cui ho trovato a volte fastidioso l'eccessivo spazio dato alla love story con la parrucchiera quando, per esempio, si sarebbe esplorare più approfonditamente il successivo sviluppo del campionato di tennis solo femminile e l'impatto sociale direttamente conseguente. Anche perché un altro dei temi portanti della trama è proprio il ruolo della donna nella società americana anni '70 e, in particolare, la sua condizione all'interno dell'ambiente sportivo, per cui un maggiore sviluppo in questa direzione non avrebbe di certo guastato. Si è scelto, invece, di dare risalto all'aspetto sentimentale - che non è certo un difetto - qui ritenuto forse più intrigante per l'affaire saffico con, in aggiunta, il tacito consenso coniugale in nome dell'amore verso la partner e la consapevolezza che per la King il tennis fosse non solo una vocazione, quando il vero e proprio scopo della vita. Considerato che le storie omosessuali sul grande schermo sono state sdoganate da tempo e che qui non si analizzano i fatti dal punto di vista della comunità LGBT se non con una scritta nel finale prima dei titoli di coda, forse ci si sarebbe potuti davvero concentrare su altri temi e dare più risalto alla figura pubblica del personaggio, qui mi pare data un po' per scontato.
A parte questo aspetto, comunque, il film mi ha molto appassionato e ho trovato particolarmente efficace la rappresentazione della condizione femminile dell'epoca e della scioccante arroganza maschilista e misogina che contraddistingueva tutto il tessuto sociale. Risulta incredibile pensare che poco più di 40 anni fa fosse plausibile dichiarare pubblicamente la superiorità mentale e fisica dell'uomo rispetto alla donna e anche se siamo ben lontani da una parità di fatto, sono contento di vivere in un tempo fatto di ben altri credo e consapevolezze.
E' in quest'ultimo aspetto che ritengo risieda la potenza e lo spirito rivoluzionario e coraggioso di "Battle of the Sexes" che, quando dipinge ed affronta questi temi, riesce a risultare asciutto ed efficace quanto pochi altri titoli simili. Anche per questo motivo penso la sceneggiatura avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente sull'aspetto sociale parlando di sessismo, femminismo, omofobia e presa di coscienza, lasciando solo in secondo piano le questioni coniugali della protagonista. Detto ciò, un bel film, un bel messaggio, una bella storia. Vera.
Cast: Emma Stone, Steve Carell, Sarah Silverman, Andrea Riseborough, Bill Pullman, Natalie Morales, Alan Cumming, Elisabeth Shue, Austin Stowell, Eric Christian Olsen, Fred Armisen, Jessica McNamee.
Box Office: $14.5 milioni
Consigli: Un buon titolo, solido nella sua costruzione, perfettamente interpretato da due protagonisti davvero in parte. La storia è interessante e istruttiva e ci ricorda quanto basti poco non solo per migliorare noi stessi e l'ambiente che abbiamo intorno, ma anche per peggiorare.
La storia della tennista Billie Jean King diventa uno strumento per raccontare numerosi aspetti collegati e solo apparentemente secondari: sessismo, maschilismo, emarginazione, omofobia, ma anche credere in se stessi, accettare le sfide del nostro tempo e portare avanti le battaglie in cui si crede. La vita di una persona può essere analizzata e raccontata in tanti modi, qui si sceglie un po' troppo di concentrarsi sull'aspetto romantico, anche se nel complesso il film funziona e risultata particolarmente efficace nel veicolare il suo messaggio. Un prodotto ben fatto che spicca per cast, costumi e scenografia e la storia che decide di raccontare. Da vedere.
Parola chiave: Parità.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 20 ottobre 2014

Film 795 - Comportamenti molto... cattivi

Figurati se mi perdo una stupidata del genere...

Film 795: "Comportamenti molto... cattivi" (2014) di John Erick Dowdle
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: "Behaving Badly" è uno di quegli strani esperimenti cinematografici in cui tutto sembrerebbe far ben sperare sulla carta, poi di fatto non funziona nulla.
Perché dovrebbe funzionare? Innanzitutto perché c'è un cast ricchissimo di personaggi famosi, a partire dalla teen diva Selena Gomez e continuando con Nat Wolff ("Colpa delle stelle"), una che ha vinto un Golden Globe come Mary-Louise Parker, una che ha avuto una nomination all'Oscar come Elisabeth Shue e poi ancora, in ruoli minori, Heather Graham, Dylan McDermott (che un Golden Globe l'ha vinto) e Jason Lee (che di nomination ne ha 2). Insomma, di attori ce ne sono per tutti i gusti e anche il tipo di pellicola, orientato sul comico demenziale, teen e un po' porco parrebbe suggerire la possibilità di un divertimento facile come piace alla massa.
Perché non ha funzionato? Perché "Comportamenti molto... cattivi" è stato mal pubblicizzato e pure fiaccamente. E poi perché di fatto è una pellicola veramente poco originale e strana per molti versi, che forse si spinge addirittura troppo oltre per certi aspetti. Anche se l'idea del teenager che ha una madre alcolizzato che si nutre di vodka e vodka e va alla riunione degli alcolisti anonimi con una bottiglia di vodka nella borsa sembrerebbe divertente, di fatto c'è sempre qualcosa che manca nella sceneggiatura o nella realizzazione e che rovina il senso di presentare in maniera tanto estrema quel personaggio. Anche le battute sono fiacche, niente di che. E per quanto Nat Wolff ce la metta tutta per sembrare il solito povero ragazzo nerd che cerca semplicemente di conquistare la ragazza che ama tra un'eiaculazione precoce e l'altra, anche lui davvero non riesce a risollevare le sorti di questo prodotto commerciale ispirato dalla (suppongo immane) fatica letteraria di Ric Browde, "While I'm Dead Feed the Dog" (e che comunque l'autore ha disconosciuto in quanto troppo distante dal suo romanzo).
Ripeto, è strano. Le trovate ci sono anche sparse qua e là, eppure il risultato finale è più moscio ed insipido di quanto sarebbe anche solo tollerabile. E' una boiata e si guarda, però non convince.
Box Office: $12,231
Consigli: Incasso imbarazzante per una produzione costata 5.5 milioni di dollari. Il risultato, considerato anche il budget è imbarazzante su tutti i fronti. Poi, volendo sorvolare su aspetti più tecnici, questo film si lascia guardare in maniera davvero serena, nel senso che una volta finito lo si dimentica in 5 minuti. E' volgare, stupido, molto esplicito e con pochi momenti davvero divertenti. Tra l'altro prende anche una piega 'emotional' nel finale che stona moltissimo, a mio avviso. Si può vedere se si cerca un disimpegno totale al sapore di sesso, adolescenti e un'irriverenza tanto cercata e voluta da risultare costruita e stantia. Peccato.
Parola chiave: Nina Pennington.

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Bengi

mercoledì 15 maggio 2013

Film 548 - Hates - House at the End of the Street

Ho sempre seguito con interesse la carriera di Jennifer Lawrence fino ad ora. Sto cominciando a pensare di aver sbagliato.


Film 548: "Hates - House at the End of the Street" (2012) di Mark Tonderai
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Leoo
Pensieri: Ho riguardato il trailer, per essere sicuro di non aver seguito questa pellicola partendo con delle aspettative che mi ero creato da solo. E invece no. Il trailer, lo sappiamo tutti, non è il film, ma in questo caso ciò che si vede è totalmente un'altra storia. Le immagini, rimontate a creare qualcosa che poi "House at the End of the Street" non proporrà, funzionano perfettamente per quel minuto e mezzo pieno zeppo di adrenalina, mistero e paura. Peccato che poi il film si riveli essere qualcosa di totalmente differente, prevedibilissimo e sinceramente deludente.
Premesso che niente di soprannaturale è presente qui, né horror o splatter, la pellicola è in realtà un thriller dalle premesse interessanti che cede, però, alla convenzionalità delle scelte e delle trovate narrative. Oltre al fatto che si capisce quasi subito che cosa nasconde davvero Ryan/Max Thieriot, l'evoluzione del suo personaggio è poi lasciata alla banalità del già visto e alla prevedibilità delle azioni che, francamente, finiscono per lasciare indifferenti.
A Jennifer Lawrence non puoi dire nulla per quanto riguarda la recitazione - che è evidentemente il suo campo - ma non mi spiego come possa esserle venuto in mente di legarsi a questo debolissimo prodotto commerciale, molto vicino ad altre boiate per delusione di di pre e promesse ("Lost Souls - La profezia", "Scream 4", "L'altra faccia del diavolo" o "I bambini di Cold Rock") e banalità di scrittura.
Sono rimasto davvero deluso da questo prodotto, debole su praticamente tutti i fronti e veramente poco originale. Mi aspettavo tensione e horror e, invece, ho riscontrato solo idee davvero poco innovative (tra l'altro case isolate e botole nascoste sono al centro anche della pellicola appena uscita "La casa", remake dell'omonimo film di Raimi del 1981) e un epilogo, a mio avviso, un po' troppo azzardato. (Spoiler) Possibile che nessuno sapesse della morte di Carrie Anne? E che i genitori facessero vestire Ryan come la sorellina? O che abusassero di lui? Mah.
Dopo "Il lato positivo - Silver Linings Playbook", questo film, un Oscar e un Golden Globes, spero che nel futuro di Jennifer Lawrence ci sia qualcosa di più interessante e di qualità. E' giovanissima, staremo a vedere.
Ps. Nel cast anche Elisabeth Shue (nomination all'Oscar per l'orrendo "Via da Las Vegas") e Gil Bellows (un tempo famossissimo primo amore di "Ally McBeal").
Pps. $42,781,908 di incasso fino ad ora. Per produrlo ce ne sono voluti 6,9.
Consigli: Per film adrenalinici o dell'orrore ci sono esempi più riusciti o interessanti (per es. "The Exorcism of Emily Rose", "Con gli occhi dell'assassino", "Quella casa nel bosco") che, anche se non sempre funzionano in tutto, quantomeno provano a distaccarsi da passaggi banali o carenza di trovate narrative. Questo "Hates - House at the End of the Street" si lascia guardare, ma non aggiunge nulla al panorama cinematografico né tantomeno al genere in cui si pretende di incasellarlo.
Parola chiave: Disturbi mentali.

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Bengi

lunedì 21 marzo 2011

Film 233 - Piranha

Si sa che con la febbre non si possono fare troppe cose. Io, dato che a letto non ci volevo stare, ho scelto il divano. Di fronte al divano il pc, quindi niente di meglio che una carrellata di cinema easy. Questa è la seconda pellicola della 'menomazione' da influenza.


Film 233: "Piranha" (2010) di Alexandre Aja
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Definirlo cinema di serie 'B' è fargli un regalo. Forse la serie è la 'U', giusto perchè alla 'Z' ci metto altra roba ben peggiore. E' un filmaccio grezzo e maschilista, trash e splatter.
Detto questo, si sa, non l'ho trovato orribile al 100%. Disgustoso, sì, ma vuoi la febbre, vuoi che ero in buona, alla fine mi son pure divertito a guardarlo. Anche se la domanda del perchè tanti attori famosi come Richard Dreyfuss ("Lo squalo", Oscar 1978 per "Goodbye amore mio!"), Elisabeth Shue (nomination all'Oscar per "Via da Las Vegas") o Eli Roth ("Bastardi senza gloria", "Grindhouse - A prova di morte") abbiano accettato di partecipare al film rimane un mistero.
La pellicola in sé ha tantissimi difetti: effetti speciali (per i piranha) veramente fatti male; una troppo evidente - e di conseguenza fastidiosa - oggettivizzazione del corpo femminile (per attirare un pubblico maschile adolescente e voglioso di tette e culi - qui anche lato A integrale - facili facili); una trama rubata a un bambino delle elementari molto turbato; un Jerry O'Connell ("Stand by me - Ricordo di un'estate", "Jerry Maguire") stupido oltre il limite consentitogli.
Lo svago c'è, ma a tratti è rovinato dal disgusto per alcune scene che, sicuramente, volevano essere orride, ma a lungo andare stufano lo spettatore. Culmine di questa caratteristica la spartizione del pene (di O'Connell) tra due famelici pesci con rigurgito del membro verso lo spettatore (qui il 3D deve aver regalato bei momenti a chi in sala).
Curiosità. Tra i camei dei famosi, oltre a quelli dei già citati Roth e Dreyfuss, anche il Ricardo Chavira di "Desperate housewives - I segreti di Wisteria Lane" (è Carlos) e Christopher Lloyd che, insieme alla Shue ha girato la serie di "Ritorno al futuro". Strano film in cui incontrarsi di nuovo...

Film 1014 - Piranha 3DD
Consigli: Se siete deboli di stomaco evitate...
Parola chiave: Fossile.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi