Visualizzazione post con etichetta fantasy. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fantasy. Mostra tutti i post

mercoledì 23 luglio 2025

Film 2374 - A Minecraft Movie

Intro: Not that I was interested in watching this movie, but Niamh was so I joined her.

Film 2374
: "A Minecraft Movie" (2025), Jared Hess
Watched on: At the movies
Language: English
Watched with: Niamh
Thoughts: Because I didn't back then and don't do this day know much about the video game Minecraft, I had nothing to compare this movie with if not its own cinematic merits. Is this the best movie I've ever seen in my life? Absolutely not (and nobody was expecting it to be). Is it still a fun and entertaining adventure that you can watch and forget about it five minutes later? Hell yeah.
So there it is, not much else to say about "A Minecraft Movie", a fun enough ride that will probably soon get ruined by a bunch of sequels that will sour the taste of the first movie.
Cast: Jason Momoa, Jack Black, Danielle Brooks, Emma Myers, Sebastian Hansen, Matt Berry, Rachel House, Jennifer Coolidge.
Box Office: $955.1 million
Worth a watch?: Harmless, fun story that work good enough and entertains as one would expect. Not groundbreaking, but at least it's not terrible (at least for one that has never played the video game like me).
Awards: /
Key word: Orb.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 8 luglio 2025

Film 2370 - Death of a Unicorn

Intro: I was really looking forward to watching this movie, especially in theaters. So we squeezed it in during our (back then) busy schedule and went to Cineworld.

Film 2370
: "Death of a Unicorn" (2025), Alex Scharfman
Watched on: At the movies
Language: English
Watched with: Niamh
Thoughts: I have to be honest, I didn't particularly like this movie. I had high expectations because I was extremely excited to see Téa Leoni on the big screen again + the trailer seemed really good and "Death of a Unicorn" seemed to have all the card to be at least a good movie. Reality is, it's not great.
As a dark comedy, it's not really funny. It's definitely extravagant, I'll give it that, but other than that there's not much else. The cast is amazing, but not necessarily used to their best potential: Jenna Ortega is playing Jenna Ortega playing a pissed (borderline, at this point) teenager, Will Poulter tries to be the comedic relief and mostly succedes but not entirely, Téa Leoni is basically playing Rosamund Pike's character in "Saltburn" and Paul Rudd is good at doing himself/Ant-Man, but when it comes to other facial expressions... there's not a lot going on.
Top that with a story that doesn't deliver what you would expect - there's a million side characters that you don't really care about but they keep on being introduced and killed, but it doesn't add anything to the story and also it's not funny - and it's more odd than fantasy black comedy, then what you have left is a little bit of disappointment.
Again, the idea has potential, but the delivery didn't thrill me.
Cast: Paul Rudd, Jenna Ortega, Will Poulter, Anthony Carrigan, Téa Leoni, Richard E. Grant.
Box Office: $16.1 million
Worth a watch?: I thought it would have been more fun, to be honest. Good cast, Téa Leoni is back and we're happy about it, but "Death of a Unicorn" should have it harder to deliver and good overall result. It's not awaful by any means, but I was expecting more or something else, even.
Awards: /
Key word: Middle age.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

domenica 9 ottobre 2022

Film 2137 - Three Thousand Years of Longing

Intro: Ultimo film prima delle due settimane di stop italiane (finalmente!), decido di recuperare l'ultimo film di George Miller di cui non avevo sentito parlare fino a quando, un paio di settimane prima, ne avevo per caso visto il trailer al cinema.

Film 2137: "Three Thousand Years of Longing" (2022) di George Miller
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: assolutamente non il film che mi aspettavo, questo "Three Thousand Years of Longing" mi ha lasciato in parte soddisfatto, anche se avrei preferito un racconto meno fiabesco e, diciamo, più dinamico.
Non che manchi l'azione o la storia sia raccontata con eccessiva lentezza, ma sicuramente si percepisce una differenza di "passo" quando la trama si concentra su Tilda Swinton e la sua personale avventura moderna puttosto che sui racconti del genio Idris Elba, decisamente più interessanti sia a livello narrativo che estetico. E' nei momenti in cui il magico abitante della lampada (in questo caso vasetto) ripercorre il suo passato e le vicissitudini che lo hanno costretto alla prigionia di vetro che la storia prende davvero vita, lasciando lo spettatore desideroso di vedere e scoprire di più.
Questo binomio moderno/fiabesco è forse l'aspetto che mi ha lasciato più perplesso rispetto al film di Miller, magistrale nel mettere in scena la fiaba, i suoi protagonisti e le loro vicende ma che, inavvertitamente, conferisce al resto della storia un'allure meno desiderabile e interessante. Anche perché, diciamocelo, Alithea (Swinton) non è esattemente un personaggio carismatico.
Poi, per carità, ho trovato inaspettatamente piacevole la quota romantica del finale - una piega che credo in pochi avessero previsto - ma questo non riesce in ogni caso a salvare il risultato finale dalla sensazione di aver assistito alla narrazione di due differenti storie che corrono parallele senza mai davvero incontrarsi o amalgamarsi.
Senza contare che la promessa dei 3 desideri, la presenza di un genio della lampada, la famosa creatività di Miller come storyteller e una certa potenza evocativa del trailer, a inizio film farebbero pensare a tutt'altro tipo di film che, nella realtà, mai si concretizza. E se potenzialmente questo non dovrebbe rappresentare un problema o un ostacolo, qui finisce per lasciare lo spettatore più confuso che soddisfatto. Perché, con l'inebriante prospettiva di 3 desideri e l'infinito come limite, passiamo più di metà del film in una camera d'albergo? La caratterizzazione di Alithea e del suo personaggio funziona come scusa fino a un certo punto, diciamocelo. Si sarebbero potute esplorare altre vie per implicare la sua caparbietà e risolutezza, ribadire quanto sia a suo agio con sé stessa e le sue scelte di vita riuscendo comunque a farla uscire dalle quattro mura cui la sceneggiatura la confina per troppo tempo del film. E, non fosse per gli esotici racconti del genio, si sarebbe rischiato di suscitare nello spettatore un certo senso di claustrofobia.
Un po' un peccato, insomma, perché chiaramente i due protagonisti sono attori meravigliosi, Miller ha un modo di raccontare tutto suo che incanta e affascina e la storia, in generale, avrebbe potuto espandersi e raccontare meraviglie purtroppo qui solo marginalmente esplorate (e comunque sempre declinate al passato).
Sicuramente una parte di me è rimasta delusa dall'esperienza "Three Thousand Years of Longing" dalla quale mi aspettavo molto, molto di più e decisamente qualcosa di diverso. Poi, lo ammetto, certi aspetti della visione di questo film mi hanno comunque conquistato, principalmente l'approccio fiabesco, che onestamente avrei preferito costituisse la maggior parte del racconto.
Non il film che mi aspettavo, non quello che desideravo veder,e ma certamente un'esperienza cinematografica diversa rispetto al solito. Non basterà a tutti, ma per qualcuno potrebbe valere la visione (non per molti, visto il gigantesco flop commerciale che questo film è stato, partito da un budget $60 milioni).
Ps. Per gli amanti della cultura pop, nel film compare in un cameo muto una delle figure chiave dell'advertisment italiano anni '90-'00, ovvero nientemeno che Megan Gale.
Non è la prima volta, però, che Miller e Gale collaborano, avendo già visto l'attrice australiana prendere parte in un ruolo decisamente marginale (ma quantomeno non muto) nel precedente "Mad Max: Fury Road". Pps. Non so quanto rilevante per i più, ma nelle mie note a fine visione ho scritto: Tilda Swinton ricorda una combo tra Miranda di "Sex and the City" e la costumista Sandy Powell.
Sulla scia di questo pensiero, mi sento di aggiungere che il personaggio di Alithea mi ha ricordato quella della protagonista del film "Nim's Island" interpretato da Jodie Foster.
Cast: Tilda Swinton, Idris Elba, Aamito Lagum, Lachy Hulme, Megan Gale, Melissa Jaffer, Anne Charleston.
Box Office: $17.5 milioni
Vale o non vale: Non l'ho amato, non l'ho detestato. O, per essere forse più precisi, ho adorato certe parti e trovato più faticose certe altre. Ed è un po' questa la caratteristica più evidente di "Three Thousand Years of Longing", una pellicola troppo evidentemente divisa a metà e difficilmente "incollata" insieme.
Non per tutti, ma sicuramente un'esperienza cinematografica diversa dal solito.
Premi:
Parola chiave: Desideri.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

domenica 10 dicembre 2017

Film 1453 - La Torre Nera

Ero molto curioso di vedere questo film sia per il due di protagonisti piuttosto interessante, sia perché potenzialmente si trattava di un blockbuster con tutte le carte in regola per sbancare il botteghino. Cosa che di fatto non gli è riuscita.

Film 1453: "La Torre Nera" (2017) di Nikolaj Arcel
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Prodotto deludente e noioso, questo più che un film per il grande schermo sembra la classica storia perfetta per la tv. E anche la realizzazione non particolarmente curata sembrerebbe suggerirlo.
Eppure "The Dark Tower" approda al cinema in grande stile (leggi budget da $60 milioni) e spreca i due protagonisti Idris Elba e Matthew McConaughey - anche se il resto del cast rasenta il dilettantesco, madre in primis - mettendoli a servizio di una trama senza brio che non si prende nemmeno troppo la briga di spiegare allo spettatore casuale cosa stia succedendo. Mancando di interessare chi guarda, il film finisce più per tediare che intrattenere, lasciando così insoddisfatto chi guarda (e sperava in una storia interessante, avvincente o emozionante). Un altro caso in cui poster e trailer producono aspettative fuorvianti. Peccato.
Cast: Idris Elba, Matthew McConaughey, Tom Taylor, Claudia Kim, Fran Kranz, Abbey Lee, Katheryn Winnick, Jackie Earle Haley.
Box Office: $111.8 milioni
Consigli: Stephen King ha vissuto un 2017 fortunato al cinema con ben 2 titoli dai suoi romanzi - questo e "It" - ad esordire sul podio del box-office americano. Diversamente dal secondo, però, "La Torre Nera" non è stato il successo che gli studios speravano, risultando anzi un evidente flop. La pellicola in sé non è granché sia nella realizzazione che nella recitazione, bloccata in una sorta di limbo da prodotto di serie B che tenta il colpaccio giocandosi qualche buon nome di grido e sperando nel richiamo dei fan del libro; scoperto il trucco, si capisce quanto il gioco non valga la candela. Apprezzate Elba e McConaughey in altri film.
Parola chiave: Visioni.

Ti è piaciuto? ACQUISTALO QUI

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 23 agosto 2017

Film 1402 - La mummia

Eccitatissimo per il reboot di una saga che ho sempre amato, il trailer mi aveva fatto davvero ben sperare. Poi per un motivo e per un altro non ero riuscito ad andare al cinema a vederlo. Come sempre lo streaming è venuto in mio soccorso e sono riuscito a recuperare uno dei blockbuster dell'estate 2017 che attendevo di più!

Film 1402: "La mummia" (2017) di Alex Kurtzman
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Con tutte le aspettative che avevo, la possibilità di rimanere un po' deluso c'era e ne ero consapevole. L'originale mi è sempre piaciuto, divertente e spassoso oltre che piuttosto all'avanguardia per i tempi relativamente agli effetti speciali, quindi era naturale riversare su questo rifacimento dallo stesso identico titolo una serie di attese legate al primo franchise. Invece il nuovo "The Mummy" è tutta un'altra storia. Ma una storia brutta.
Tecnicamente il film è perfetto, la computer grafica fa buona parte del lavoro, la fotografia più cupa riassesta i toni della narrazione su universi più oscuri e certamente meno giocosi dei precedenti; è evidente che non solo si stia cercando di prendere le distanze dai titoli precedenti - pur continuando a sfruttarne il titolo di richiamo -, ma che si intenda proprio buttare le basi per qualcosa di nuovo. Del resto, lo si sa già, la Universal ha cominciato proprio con questo blockbuster la sua personale conquista del mondo dei cinecomics, imbastendo un percorso cinematografico dal nome abbastanza rivelatore, Dark Universe, che coinvolgerà non solo grandi nomi (Javier Bardem e Johnny Depp in testa), ma anche una serie di illustri personaggi come la moglie di Frankenstein e Frankenstein, l'Uomo Invisibile, il Fantasma dell'Opera e il Gobbo di Notre Dame. Insomma, qui siamo solo all'antipasto.
Peccato che il risultato finale di questo primo, nuovo mondo dei mostri non sia stato una piacevole scoperta, quanto più un inefficace e maldestro esperimento ancora ampiamente migliorabile. Cruise è un protagonista carismatico, ma il materiale a sua disposizione è troppo simile ai ruoli che già interpreta, cosicché pare di assistere ad un qualsiasi "Mission: Impossible" versione fantasy. Gli altri personaggi, tutti ampiamente sacrificabili, non aggiungono granché al racconto, tanto che una buona metà muore nel giro di qualche scena. Russell Crowe nei panni nientemeno che del Dott. Jeckill risulta un po' impacciato, bloccato da una stazza francamente un po' limitante per un personaggio dalla forza sovraumana che, quantomeno nella mia immaginazione, a seguito della sua trasformazione dovrebbe rinforzarsi più di muscoli che di stomaco. Niente da dire su Sofia Boutella nei panni della mummia, un'attrice a mio avviso da tenere d'occhio che ultimamente sta collezionando titoli importanti ("Kingsman: Secret Service", "Star Trek: Beyond", "Atomica bionda") uscendone sempre a testa alta. Vedremo se riuscirà a mantenere l'interesse attorno a sé. Chiudo la parentesi attori con Annabelle Wallis, già vista nel primo "Annabelle", qui finalmente al suo primo ruolo in un film a grande budget, nonostante la sfortuna di essersi ritrovata in un prodotto non proprio di qualità. Per e da lei mi aspettavo qualcosina di più, forse anche perché ho erroneamente sovrapposto in anticipo l'eroina femminile interpretata da Rachel Weisz nei primi due titoli al personaggio che la Wallis mi aspettavo sarebbe andata ad interpretare. La verità è che la sua Jenny Halsey è abbastanza insipida.
Insomma, questo "La mummia" è stato una delusione. Non particolarmente divertente, dalla trama caotica ed eccessivamente enfatica - della serie: tutto l'hype creato nel primo tempo, viene bruciato da un nulla di fatto generale nel secondo -, poco capace di gestire i numerosi personaggi rilevanti portati in campo. Mi aspettavo un'avventura e, invece, per buona parte della storia non succede niente e anche quando finalmente si muove qualcosa, niente di quello che viene mostrato risulta particolarmente innovativo. Ahmanet sì risveglia e l'umore è dei più neri, ma non basta una mummia incazzata con qualche corvo come amico e un'aspirapolvere come bocca per riuscire a regalare a questo prodotto quel qualcosa in più che faccia innanzitutto dimenticare il franchise originale e, secondariamente, lanci con successo addirittura un nuovo filone. Meglio rivedere il tiro.
Film 1572 - The Mummy
Film 737 - La mummia - Il ritorno
Film 1934 - The Mummy Returns
Film 1402 - La mummia
Film 927 - Il re scorpione
Cast: Tom Cruise, Annabelle Wallis, Sofia Boutella, Jake Johnson, Courtney B. Vance, Russell Crowe, Marwan Kenzari.
Box Office: $405.4 milioni
Consigli: Per quanto mi riguarda il film è stato una delusione, principalmente perché avevo molte aspettative. A mente fredda comunque di sento di poter dire che, nonostante la trama non sia granché, il film risulta comunque sufficientemente godibile. Non un gran intrattenimento, insomma, ma nemmeno qualcosa di inguardabile. Di sicuro "La mummia" del 1999 è molto più piacevole (per quanto sempre una scemata).
Parola chiave: Pugnale di Seth.

Ti è piaciuto? ACQUISTALO QUI

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

giovedì 14 luglio 2016

Film 1173 - Warcraft: L'inizio

A Rimini per qualche giorno di relax a giugno, ovviamente il tempo non poteva minimamente risultare clemente. Motivo per cui la sera ci siamo recati al cinema alla ricerca di un po' di sciocco svago vacanziero...saga

Film 1173: "Warcraft: L'inizio" (2016) di Duncan Jones
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Il caso "Warcraft" è particolare non tanto per il prodotto in sé, derivato dal videogioco omonimo, quanto per le modalità che hanno caratterizzato il suo impatto al box-office internazionale.
Curiosamente, infatti, nonostante il pochissimo successo in patria e in generale nei mercati occidentali, questa pellicola ha avuto una clamorosa performance al botteghino cinese, che è stato capace di generare qualcosa come 156 milioni di dollari in 5 giorni a fronte di un'apertura americana imbarazzantemente ferma a $24.2 milioni di incasso d'esordio. Di conseguenza non in pochi si sono interrogati sul valore dei differenti mercati cinematografici mondiali - ridiscutendo il primato americano - oltre che sulle diverse potenzialità che ogni contesto locale è in grado di offrire per uno stesso prodotto.
"Warcraft: L'inizio" è il classico prodotto USA da esportazione, ricolmo di effetti speciali, dalla trama ricca di mitologia da saga - e quindi adatta alla proliferazione di sequel -, con un cast più o meno riconoscibile e una regia che comincia a farsi conoscere (Duncan Jones è il figlio di David Bowie, nonché regista di titoli di discreto successo quali "Moon" e "Source Code"). Dunque gli elementi da colossale blockbuster c'erano tutti ed erano perfettamente allineati. Cosa ha generato il problema?
Diciamoci subito la verità: "Warcraft" è un film tremendo. La grafica e gli effetti speciali fanno schifo, trucco e parrucco neanche sufficienti per una scadente serie tv, la trama è scioccamente prevedibile. Non bastano, quindi, i presupposti teorici a creare quello che si può considerare un caso cinematografico di successo. Va notato, tra l'altro, che ultimamente le trasposizioni dal video game al grande schermo non hanno ottenuto particolare fortuna per quanto riguarda gli incassi: "Max Payne" (2008) ha incassato $85.8 milioni, "Doom" (2005) $56 milioni, "Tomb Raider 2" (2003) $156.5 milioni, "Silent Hill 2" (2012) $52.3 milioni, "Alone in the Dark" (2005) $10.4 milioni, "Prince of Persia - Le sabbie del tempo" (2010) $336.4 milioni su un budget che aggirava intorno ai $200 milioni. Insomma, il connubio ludico-intrattenitivo non sembra riuscire a spiccare il volo.
In questo quadro si inserisce a metà strada "Warcraft: L'inizio" che, pur presentando una perdita rispetto al budget stanziato per la produzione e promozione, si differenzia l'anomalia del mercato cinese.
Al di là dell'aspetto economico, in ogni caso rimane l'evidente mancanza di fantasia dei moleplici piani che riguardano il film e si sganciano dai punti fermi già delineati dal videogioco. Oltre all'universo creato dal prodotto originale, infatti, "Warcraft: L'inizio" non presenta alcun elemento in grado di colpire lo spettatore in modo così incisivo o peculiare ed realizzato in una maniera troppo "economica" per riuscire a rivestire il ruolo della saga cinematografica di qualità.
In definitiva, quindi, si rimane un po' con l'amaro in bocca perché invece di una bella avventura fantasy, si assiste ad uno spettacolo mediocre e nemmeno particolarmente interessante. Peccato.
Cast: Travis Fimmel, Paula Patton, Ben Foster, Dominic Cooper, Toby Kebbell, Ben Schnetzer, Robert Kazinsky, Daniel Wu, Ruth Negga.
Box Office: $430.2 milioni
Consigli: Solitamente ritengo che le scelte di casting che coinvolgono Paula Patton siano indice di scarsa qualità del prodotto e anche in questo caso il mio essere naturalmente prevenuto nei suoi confronti si è rivelato un modo di vedere le cose vicente.
Scemenze a parte, "Warcraft" è un prodotto bruttino e mal riuscito, versione di seconda categoria delle saghe fantasy che negli ultimi anni hanno tanto preso piede. Nonostante la collocazione estiva, gli effetti speciali e la promozione monster, il film non è riuscito nel suo intento di portare in sala non solo i fan del video gioco, ma anche chi in un prodotto del genere ricerca semplice svago e divertimento. Si può vedere e di fatto si tratta di una pellicola innoqua, ma il risultato finale non è sufficiente.
Parola chiave: Vil.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 12 maggio 2015

Film 915 - Inkheart

Dopo le scelte non felicissime dell'andata, per il viaggio di ritorno ho preferito andare più sul sicuro, scelgiendo un film che avevo già visto anni fa al cinema con mio padre... #TokyoDays: film 4.

Film 915: "Inkheart" (2008) di Iain Softley
Visto: dalla tv dell'aereo
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ricordavo qualcosina di questa pellicola, principalmente legata al cast - ovvero che erano presenti Brendan Fraser quando ancora aveva i capelli e Helen Mirren -, le ambientazioni italiane (che scopro ora essere Balestrino, Albenga, Entracque and Laigueglia) e un pochino di trama. Di fatto è stato un po' come rivederlo daccapo.
La sensazione è di nuovo quella che avevo avuto al cinema, ovvero che questo "Inkheart" ecceda in artificialità: location ricreate, scenografie posticce e alcuni effetti speciali che lo sono solo sulla carta (che l'unicorso sia un cavallo bianco con un corno attaccato in fronte si vede lontano un miglio, come che il Minotauro sia un uomo con una pessima finta pelliccia addosso.
Il tentativo era quello di portare sul grande schermo la trasposizione del romanzo di Cornelia Funke che porta lo stesso titolo dell'adattamento cinematografico il cui risultato, diciamocelo pure francamente, non è un granché. Non tanto perché non ci si provi a fare qualcosa di carino - ma già il fatto che il tuo obiettivo sia il "carino" fa capire di cosa stiamo parlando -, ma perché il risultato è mediocre. La storia nulla di ché, Fraser è troppo di gomma, sua figlia Meggie (Eliza Bennett) non particolarmente simpatica e la zia (Mirren) sembra francamente bipolare, oscillando tra momenti di freddezza e chiusura a slanci materni a cui si aggiunge ogni tanto qualche prodezza da guerriera. Insomma, uno strano mix che fallisce nel tentativo di replicare quel bizzarro-divertente che alla fine in questo genere di pellicola può anche andar bene.
I cattivi, poi, lo sono all'acqua di rose, di quel genere che non finisce mai di parlare cosicché qualcuno arriva e lì sconfigge, sempre pronti a mettere in pratica la mossa vincente ma sempre troppo lenti per realizzarla di fatto. Ci sta, è una pellicola per ragazzi e l'intento non è certo quello splatter, però un briciolo di realismo in più (nell'approccio pratico) non sarebbe guastato.
Insomma, il risultato è così così. Parliamo di una pellicola di 7 anni fa: ora grazie a Dio anche i film per teenagers sono fatti come si deve.
Ps. Il cast è composto da: Brendan Fraser, Eliza Bennett, Paul Bettany, Helen Mirren, Rafi Gavron, Andy Serkis, Jim Broadbent e Sienna Guillory.
Box Office: $62,450,361
Consigli: Ho scelto di rivedere questa pellicola consapevolmente, ricercando un porto sicuro dove approdare la mia voglia di film, ormai a secco da due settimane. Dopo gli ultimi due clamorosi errori, ho preferito andare sul sicuro, un titolo non complesso, facile da capire anche senza sottotitoli e tendenzialmente di puro intrattenimento. Non è tra le migliori pellicole fantasy per famiglie, ma in mancanza d'altro fa il suo dovere. Non sarebbe la mia prima scelta se cercassi un titolo simile: oggi guarderei più che altro a "Hunger Games" o "Maze Runner - Il labirinto".
Parola chiave: Silver Tongues.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

mercoledì 25 marzo 2015

Film 895 - Il settimo figlio

La 3 ci offre lo spettacolo e noi accorriamo, ben felici di non perderci nemmeno una boiata!

Film 895: "Il settimo figlio" (2014) di Sergey Bodrov
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi, Erika
Pensieri: Ci aspettavamo una boiata, e una boiata abbiamo avuto. E' giusto così, non cercavamo niente di diverso.
A dire il vero questo "Seventh Son" avrebbe qualche carta in regola per riuscire a intrattenere il pubblico e non fallire nella realizazione generale, eppure nonostante ciò la produzione manda tutto all'aria in nome di una spettacolarità che non possono permettersi: la storia non è poi così innovativa o entusiasmante, né gli effetti speciali sbalorditivi a dispetto di un budget monster di 95 milioni di dollari (e poi scopro grazie a Wiki: "Gli effetti speciali del film sono stati realizzati grazie a un finanziamento della portata di 5 milioni di dollari alla compagnia della Rhythm & Hues Seeks, cui la produzione si è affidata e che è finita in bancarotta quando il film doveva ancora finire le riprese, perché venisse completato il lavoro sul film, dal momento che la Universal e la Fox avevano fornito prestiti non sufficienti per coprire l'opera per intero"). Il risultato finale quindi è mediocre, quasi da B-movie, con scenografie tanto finte da essere imbarazzanti, dialoghi non certo magistrali e un protagonista che, nonostante anni di esperienza come attore, ancora non riesce a migliorare sotto il profilo recitativo. Ho sempre trovato che Ben Barnes fosse praticamente inespressivo e non mi spiego come ancora gli si possa affidare un ruolo da protagonista in un film commerciale che sull'appeal dei suoi attori ci basa gli incassi. Non che sia tutta colpa di Barnes se al box office questo film non ha brillato, però è chiaro che il suo status di attore non sia minimamente paragonabile a quello di altri e per capacità e per fama.
La cosa veramente strana qui però è la presenza dei 2 premi Oscar Jeff Bridges e la neo vincitrice Julianne Moore (che a dire il vero non si risparmia in quanto a pellicole discutibili) che, almeno sulla carta, dovrebbero garantire un po' di sicurezza sulla qualità recitativa del film o perlomeno definire uno standard minimo... Non che la recitazione ne "Il settimo figlio" sia una priorità, è chiaro.
Comunque, attori a parte, la storia parla di streghe e magie, del settimo figlio di un settimo figlio che si rivelerà essere l'unico capace di sottomettere la malvagia madre Malkin (Moore) e sconfiggere lei e il suo "esercito" (saran tipo 6) di mutaforma. Se la realizzazione non fosse così sciatta, la pellicola avrebbe anche un suo mercato cui rivolgersi perché è chiaro che, nonostante la palese mancanza di qualità, dall'incasso si deduce che non in pochi in giro per il mondo siano andati a vederlo. Ma, appunto, il risultato finale è mediocre e poco accattivante e ricorda una serie tv anni '90 alla stregua di "Xena: Principessa guerriera" o "Hercules" piuttosto che un prodotto destinato al cinema. Peccato, il fantasy è un genere d'intrattenimento che, se fatto bene, ha sempre il suo perché.
Ps. Tratto da "L'apprendista del mago" di Joseph Delaney, autore della saga "The Wardstone Chronicles".
Box Office: $108.1 milioni
Consigli: Si salva solo la bellezza di Julianne Moore e la simpatica goffaggine del personaggio di Bridges, ma per il resto il tutto è un po' banale e mal realizzato. Oltre alle due star il cast è composto da attori piuttosto noti: Ben Barnes, Alicia Vikander, Kit Harington, Olivia Williams, Antje Traue, Djimon Hounsou. Protagonisti a parte, "Il settimo figlio" rimane un titolo fantasy un po' debole, nonostante la trama tenti di giustificare i 102 minuti di pellicola con non pochi escamotage narrativi. Se la realizzazione fosse stata più di qualità questo film avrebbe sicuramente avuto molte chance in più di riuscire nel suo intento commerciale. Proprio come "Eragon" nel 2006...
Comunque se si scende a patti con il fatto che questa pellicola sia qualcosa di assolutamente dimenticabile, è chiaro che la si può tranquillamente scegliere per una serata senza pretese. Una storiella che tiene compagnia per il tempo necessario a spegnere un po' il cervello e rilassarsi davanti a qualche sciocchezza fantasy assolutamente innocua. C'è di meglio, è chiaro, però lo si può guardare tranquillamente.
Parola chiave: Collana.

Trailer
#HollywoodCiak
Bengi

martedì 21 ottobre 2014

Film 797 - The Giver - Il mondo di Jonas

Molta attesa e curiosità relativa a questo film!

Film 797: "The Giver - Il mondo di Jonas" (2014) di Phillip Noyce
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Le premesse di "The Giver" sono assolutamente allettanti e la realizzazione parrebbe da buon prodotto commerciale trasposto da un libro di successo. Nel cast anche due premi Oscar, Jeff Bridges e colei che non sbaglia mai Meryl Streep. Mi correggo: quasi mai.
Capisci subito che "The Giver - Il mondo di Jonas" ti ha tradito nel momento in cui cominci a paragonarlo a "Divergent" - non esattamente un capolavoro - sia per quanto riguarda la trama che per quanto concerne la produzione. Le somiglianze non sono poche: dove qui Jonas deve essere smistato all'interno dell'organizzazione sociale della sua comunità, così in "Divergent" Tris doveva fare una scelta relativamente a quale gruppo sociale votare la sua esistenza; qui abbiamo l'iniezione del mattino, nel film con Shailene Woodley si inietta un siero che indicherà la fazione cui le attitudini dei vari ragazzi li avvicina; come in "Divergent", anche qui il personaggio protagonista ripudia il suo nucleo famigliare per fare una scelta che si distacca dalle aspettative della comunità; in entrambe le pellicole l'antagonista è una figura femminile forte, posta al vertice del potere e in grado di influenzare l'esistenza della comunità tutta; per non parlare del fatto che entrambe le storie sono tratte da romanzi, tutti e due scritti da una donna. Potrei continuare, ma mi fermo.
La prima vera scelta (di stile) originale di "The Giver" sta nell'uso del bianco e nero. L'ultima pellicola in ordine di tempo ad usarlo è stata "The Artist", anche se qui lo scopo è totalmente differente. Dove la scelta di Hazanavicius è dettata dall'ambientazione storica, qui si tratta di un modo usato dalla produzione per evidenziare il fatto che la società descritta in questo film ha scelto di cancellarsi la memoria ed eliminare i sentimenti per prevenire violenza e crudeltà. In questo contesto in cui tutto parrebbe perfetto, di fatto si vuole sottolineare il sacrificio che il prezzo della pace impone: un'esistenza insipida, priva di sfumature, già scritta e preconfezionata, nonché standardizzata e votata al bene comune, garantito attraverso l'accentramento del potere ad una casta di anziani saggi.
Le premesse e le implicazioni socio-politico-antropologiche parrebbero molto interessanti, non fosse che la storia decide di concentrarsi su tutto tranne che quello. E' vero, Jonas non è sociologo, politologo, né tantomeno un antropologo, quindi il focus narrativo doveva stare su altro, ciò non toglie che, dopo tante premesse, si sarebbe dovuto far progredire anche questo tipo di considerazioni sullo sfondo delle vicende del protagonista. Quest'ultimo è il prescelto per diventare il nuovo Coglitore di Memoria, unico nella comunità, ruolo che erediterà dal vecchio Coglitore/Jeff Bridges: il Donatore (the Giver).
Anche qui, la scelta di come rendere visivamente, emotivamente, psicologicamente questo ruolo e le sue implicazioni poteva essere resa meglio. Innanzitutto ponendosi l'unica domanda intelligente: se io fossi Jonas, in questa situazione, come reagirei? La trama dribla questo quesito, preferendo concentrarsi su due cose: le immagini da passare sullo schermo quali simboli della conoscenza ed esperienza umana tutta e - deludente - come riportare le immagini dal bianco e nero al colore.
In un mondo di infinite possibilità, scelte, modi di raccontare, la sceneggiatura catalizza l'attenzione su questi soli due aspetti, fallendo nel tentativo di riportare efficacemente lo sconvolgimento di un ragazzino dodicenne che passa da una piatta esistenza composta da un codice di regole, a un prisma di colori e un ventaglio di emozioni mai provate e tutto sperimentato in un sol colpo. Anche volendo riconoscere al ragazzo una propensione naturale al ruolo per cui è stato scelto - ma la storia stessa ci insegna che l'anziano consiglio aveva già fallito con la precedente prescelta per il ruolo di Coglitore (Taylor Swift) -, è comunque impensabile non considerare un approfondimento più realistico e meno bidimensionale della figura di Jonas e, soprattutto, una resa più sfaccettata del rapporto tra lui e il Donatore.
Per rendere il tutto plausibile o appetibile per il pubblico non basta, infatti, affidarsi al solo piano visivo ribadendo la contrapposizione tra vecchia società e nuova - ma anche vita libera e vita controllata, libero arbitrio e controllo della mente - attraverso la contrapposizione tra colore e bianco e nero, come non basta far dire qualcosa al personaggio perché la cosa sia effettivamente percepita. E' inutile che Jonas dica che è sconvolto se innanzitutto non lo sembra e soprattutto il film non si prende un secondo per raccontarlo.
Questi sono i grandi fallimenti di "The Giver", l'ennesima storia fantasy su un futuro prossimo in cui c'è una divisione netta tra come siamo oggi e come saremo nel futuro, ma per la quale abbiamo pagato un prezzo così alto che noi del presente (gli spettatori) ci chiediamo se ne valga veramente la pena. Jonas capirà che non ci si può isolare dal dolore, dalla sofferenza, dall'amore, insomma dalle sfumature della vita perché ci si svuota di un'autenticità che ci rende quelli che siamo, ovvero umani. Svuotarci crea la pace, essere noi stessi ci lascia nella condizione attuale in cui a tutt'oggi siamo. E allora che cosa ci racconta questa pellicola? Cosa ci dice questa storia? Che siamo già perfetti così e che cambiare noi stessi ci darà anche l'ordine e la pace sociale, ma ci imprigiona e rende dei robot. Peccato che non servisse Jonas per rimpolpare questa visione delle cose già vista e rivista. Soprattutto perché, per come ce la racconta, risulta solo l'ennesima litania recitata senza cognizione di causa, un messaggio anche corretto nella forma, ma che ci si è dimenticati di riempire di un significato proprio e personale risultando, quindi, inutili. Peccato.
Box Office: $62.7 milioni
Consigli: Anche l'incasso ci dà il polso della situazione, raccontandoci indirettamente che nonostante le 10 milioni di copie vendute dal romanzo da cui è tratto, la presenza di Meryl Streep per il pubblico adulto quale garanzia di qualità e quella di Taylor Swift per agganciare anche il target giovane, senza contare l'interessante trailer dai toni drammatico-fantasy, il risultato finale è deludente, molto sotto le aspettative. La conclusione è blanda e priva di mordente, la trama manca di un climax che coinvolga l'interesse dello spettatore dall'inizio alla fine e ci si basa sui soli effetti speciali, la bella fotografia e scenografia per far colpo su un'audience che probabilmente è avvezza al genere. Al "genere" cui mi riferisco fanno parte pellicole come "The Host", il già citato "Divergent", "Transcendence", "In Time", "Elysium", "Oblivion", "Ender's Game" e il nuovo "Maze Runner - Il labirinto", esempi di cinema sci-fi in cui il futuro è diverso dall'attuale presente o distopico, la fotografia patinata, l'attore di grido e la trovata narrativa aggancia lo spettatore con la promessa di qualcosa di straordinario, innovativo, mai visto. Non tutti questi titoli sono in grado di mantenere le promesse e questo, in particolare, ha fallito. "The Giver" non è un film malvagio, ma è insipido quanto la filosofia che critica e non riesce a far innamorare lo spettatore di ciò cui sta assistendo. Innoquo per una serat di svago, ma nulla più nonostante le pretese.
Parola chiave: Gabriel.

Trailer

Bengi

lunedì 20 ottobre 2014

Film 796 - Premonition

In un momento di riscoperta della carriera di Sandra Bullock, ho recuperato questo film...

Film 796: "Premonition" (2007) di Mennan Yapo
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Ma perché Amber Valletta fa sempre l'amante? Dopo l'inutile come back dell'anno scorso in "Revenge", scopro che anche qui la poveretta è costretta ad interpretare la rovina lenzuola matrimoniali altrui, per di più in una pellicola dalla totale mancanza di rilevanza.

Proprio come dice il titolo di questo film, anche io ho avuto una premonizione prima di guardarlo, ovvero che sarebbe stata una grande cagata. Neanche a dirlo, ho previsto giusto, anche se ho dovuto ridimensionare il mio pessimismo: è solo una cagata.
Sandra Bullock deve ringraziare la sua buona stella se è ancora un'attrice affermata e si è pure portata a casa un Oscar, perché se uno decidesse di approcciarsi alla sua filmografia partendo da questo titolo - o dal troppo tristemente simile "La casa sul lago del tempo" - non potrebbe far altro che pensare che l'attrice scelga solo copioni scritti da adolescenti depressi e privi di una coscienza cinematografica capaci di realizzare una sceneggiatura credibile quanto le labbra di Valeria Marini.
Al di là del fatto che si tratti di un prodotto fantasy misto drama, rimane il fatto che sia un po' nonsense, temporalmente intricato e, sicuramente, in almeno un passaggio, sbagliato (la bambina si taglia la faccia coi vetri della finestra, ma nel flashback iniziale, quando il fatto dovrebbe già essere accaduto, ha la faccia normale). Quindi non rimane che chiedersi il perché di tanto 'sbattimento' narrativo, quando il risultato sia così mediocre. Gli innumerevoli flashback che potrebbero per alcuni essere motivo di interesse in quanto trama "complessissima", in realtà ingarbugliano solamente la comprensione di una storia che pare non trovare alcuna spiegazione fino a quando, a 20 minuti dalla fine, il tutto viene banalmente liquidato tramite una trovata che affonda le radici in qualche banalità finto cristiana. No, non ci siamo. Questo modesto sforzo non basta a giustificare 96 minuti di pellicola tutti "Oh mio dio cosa sta succedendo?", "Non me lo riesco a spiegare", "Non posso accettarlo", e via discorrendo. Tra l'altro la trovata fedifraga di cui parlavo all'inizio è totalmente inutile, un pretesto incolore per dare del pepe ad una storia che, altrimenti, non va mai oltre un lento sbadiglio. Solo nel finale, quando il camion s'incarica di riportare in vita "Final Destination", ci si riprende un attimo dal torpore (ma di per sé la scena è imbarazzante epr com'è scritta). Sandra, abbandona per sempre queste scelte cinematografiche pro bonifico e orientati su qualcosa di meno scontato. Grazie da uno che - nonostante tutto - ti apprezza.
Box Office: $84,146,832
Consigli: Pellicola banale e priva di brio che tenta di giustificare la sua esistenza attraverso un espediente paranormale che in realtà è una scemata pseudo cristiana che di fatto spiega senza spiegare. Se vi basta come scusa per abbandonarvi sul divano in compagnia di una Sandra Bullock ancora senza Oscar, allora il gioco è fatto. Se, invece, preferite qualcosa di un attimo più elaborato, pensato o anche solo scritto meglio... Beh, lasciate perdere "Premonition".
Parola chiave: Settimana.

Trailer

Bengi

giovedì 9 ottobre 2014

Film 784 - Jumanji

Ferieeeeeeee!

Film 784: "Jumanji" (1995) di Joe Johnston
Visto: dal portatile di Luigi
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: "Jumanji" è un piccolo capolavoro del cinema fantasy per famiglie che credo abbia in qualche modo colpito l'immaginazione di molti della mia generazione. Mio padre mi portò a vederlo al cinema quando avevo 8 anni e ricordo ancora la mia felicità misto curiosità per una delle pellicole che, grazie al solo trailer, era riuscita a catturare così tanto la mia (e la sua) attenzione. Tra i film di Robin Williams, anche per questo momento condiviso, credo sia quello che preferisco in assoluto.
Williams è morto l'11 agosto e, da quel momento (ma già anche prima), mi è tornata la voglia di rispolverare questo bel titolo, aspettando solo l'occasione giusta per ritornare all'avventura di Alan Parrish e del gioco più intrigante di sempre. Il momento è arrivato in Francia, finalmente in vacanza e alla ricerca di riposo e spensieratezza. Questo il primo film visto - a più riprese, devo ammettere, poiché il sonno ci ha molto spesso colto di sorpresa - e il mio personale momento dedicato ad un attore che molto ha influenzato la Hollywood moderna.
Jumanji è, come quasi tutti sappiamo, un gioco da tavolo affascinante e pericoloso, in grado di trasportarti in luoghi misteriosi e sconosciuti (la giungla), farti vivere avventure al cardiopalma (quando una mandria impazzita di animali selvaggi ti insegue), farti rimanere a bocca aperta (quando il pavimento diventa liquido e, come sabbie mobili, risucchia chi lo calpesta). E', insomma, un film di grande intrattenimento che combina moltissimi elementi estranei in un risultato che è un mix eterogeneo di spasso e divertimento innocuo e a lieto fine.
Oltre a Williams, assoluto trascinatore della storia, anche un'adorabile Bonnie Hunt e una giovanissim(issim)a Kirsten Dunst già capace di ipnotizzarti con quello sguardo fumoso e intrigante. Tantissimi i personaggi spalla, tra cui non si può non considerare un enorme leone, numerosissime scimmie impazzite, un cacciatore di teste e altri elementi esotici molto caratteristici.
Insomma, una pellicola per tutti che è in grado di far tornare bambini gli adulti e far divertire i più piccoli, con grandissimi effetti speciali (1995!) capaci di spettacolarizzare la storia e amplificarne l'effetto sbalorditivo. Un ottimo esempio di cinema commerciale pulito e spassoso, vera e propria avventura ai confini della terra e della realtà.
Film 784 - Jumanji
Film 1472 - Jumanji: Welcome to the Jungle
Film 1785 - Jumanji: Welcome to the Jungle
Box Office: $262,797,249
Consigli: Nonostante sia stato prodotto quello che Wiki chiama uno "spiritual sequel" dal titolo "Zathura", a mio avviso "Jumanji" rimane un esperimento cinematografico impossibile da replicare per risultati ottenuti e effetto culturale prodotto. Questa pellicola è una vera e propria avventura che, dado dopo dado, casella dopo casella, cresce di spettacolarità e coinvolge lo spettatore in mangerà quasi magnetica. Cosa uscirà, ancora da gioco? Una risposta che è sempre un piacere riscoprire.
Parola chiave: "Nella giungla dovrai stare finché un 5 o un 8 non compare".

Trailer

Bengi

martedì 6 maggio 2014

Film 708 - Botte di fortuna

Una pellicola di cui non avevo mai sentito parlare suggerita dallo streaming e da... Luigi.

Film 708: "Botte di fortuna" (2012) di Ramaa Mosley
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Commedia strana a tinte decisamente black per una produzione tra l'indie e vaghi tentativi da approccio più maturo. Il risultato è un mix, una sorta di mezza via tra quello che potrebbe essere sia un film indipendente ad "alto" budget che una produzione commerciale a "basso" budget.
In generale l'espediente narrativo è piuttosto divertente - una teiera magica che produce soldi ogni qualvolta il suo proprietario o chi intorno a lui si faccia male - e l'evolversi della storia abbastanza in linea con le aspettative da commedia, tra buffi incidenti, roccamboleschi tentativi di guadagnare sempre più soldi e uno "sfondo" nerd che tanto piace agli americani e qui si adatta molto bene alla storia e ai due attori protagonisti. Carina e capace Juno Temple che, anche se non è plausibilmente la femme fatale che tentano di spacciare nella storia - e, sopresa(!), particolarmente efficace l'ex bambino prodigio Michael Angarano, sinceramente una piacevoel sorpresa. I due non solo sono una bella coppia, ma funzionano bene sullo schermo.
Tutto sommato, anche se ammetto non volessi dare alcuna chance a questa pellicola - tutto merito di Luigi se l'abbiamo vista-, devo dire che "The Brass Teapot" è stato proprio una piacevole, divertente sopresa.
Box Office: $6,997
Consigli: Carino e con qualche idea davvero originale, vale la pena dargli una possibilità. Certamente una commedia piacevole e 'fresca' anche grazie alla simpatica e contusa coppia di protagonisti. Si vede volentieri.
Parola chiave: Teiera.

Trailer

Bengi

lunedì 5 maggio 2014

Film 707 - Noah

Tornato in Italia, questo è il primo film che ho visto (e che, francamente, ero molto curioso di vedere).

Film 707: "Noah" (2014) di Darren Aronofsky
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Forse mi aspettavo qualcosa di più... biblico (letteralmente)? Forse mi aspettavo qualcosa di meno... triste? Insomma, 125 milioni di dollari per produrre... questo? Cos'è, un biblio-fantasy? Dio è diventato il 'Creatore', Noé fa a botte, angeli di pura luce (...) che precipitano sulla terra divenendo Vigilanti di pietra? Sinceramente: ma di cosa stiamo parlando?
Preciso: se fosse stato un fantasy, niente di che. Ma perché scegliere questa storia e rivederla in questo specifico modo? Non è una critica, ma proprio una curiosità a cui non riesco a trovare una risposta. Dato che mi pare evidente che la narrazione di un fatto, religiosamente parlando, non fosse l'interesse ultimo del film, qual è lo scopo di rivedere così la storia?
Me lo sono chiesto perché, al di là delle mirabolanti avventure di Noé, della sua follia pseudo religiosa, della sua famiglia devota più a lui che al Creatore e di tutti gli effetti speciali utilizzati, non ho proprio colto il perché si è voluto raccontare questa vicenda. Il messaggio religioso poteva benissimo essere veicolato attraverso la narrazione 'biblica'. Se si avesse, invece, voluto raccontare una storia di fantasia, bastava scriverne una. La commistione di questi due elementi insieme ha generato, a mio avviso, solo un gran francasso mediatico, privo però di un fulcro ripieno di contenuti, scopi e, in ultima analisi, qualcosa da mostrare. Insomma, "Noah" si segue, per carità, ma ne rimane ben poco dopo la visione.
Russell Crowe, ormai granitico pacioccone, è il prescelto di una confessione divina che passa per il sogno, ma sarebbe incomprensibile a chiunque altro fuori che lui. L'arca, costruita necessariamente attraverso l'aiuto dei Vigilanti - uno degli unici due scopi che hanno queste 'figure' di pietra, l'altro è proteggere Noé e la sua famiglia dalle altre persone durante il diluvio -, è qualcosa di mastodontico che sottintende, tra le altre cose, che il nostro protagonista fosse qauntomeno ingegnere. Gli altri personaggi del film, ovvero la sventurata famiglia, sono più che altro comparse su uno sfondo fatto per molto tempo di sola acqua. Curioso che entrambe le coppie Crowe- Jennifer Connelly e Emma Watson-Logan Lerman si ritrovino in questo comune set bagnato, dopo aver già intrapreso l'avventura di girare un film insieme (rispettivamente "A Beautiful Mind" e "Noi siamo infinito") e certamente più riuscito di questo. Che, per carità, non è che non svolga a dovere il suo compito di intrattenre, ma fallisce nel trovare una sua dimensione, relegando agli effetti speciali un ruolo da protagonista che, alla fine, è inevitabilmente poco incisivo. Peccato, perché il regista Aronofsky è quel genio che ha partorito "Black Swan" e il cast è certamente di tutto rispetto (i tre premi Oscar Russell Crowe, Jennifer Connelly e Anthony Hopkins, poi Emma Watson, Logan Lerman, Ray Winstone, Douglas Booth, Nick Nolte). Spero non si pensi di girare un sequel, questo basta e avanza.
Box Office: $320,664,746
Consigli: Blockbuster di colossali dimensioni, dai numeri certo interessanti, ma dal contenuto un po' piatto. Belli gli effetti speciali e sicuramente anche di intrattenimento l'insieme, ma manca "un'anima" che differenzi questo prodotto da una miriade di fotocopie visivamente e narrativamente simili. Russell Crowe ormai è un cartonato. Peccato.
Parola chiave: Arca.

Trailer

Bengi

mercoledì 5 febbraio 2014

Film 665 - Ender's Game

Ero curiosissimo di vedere questo film da quando è uscito al cinema qualche mese fa guadagnandosi la posizione #1 al botteghino americano con uno degli esordi più bassi di sempre per un blockbuster ($27.017.351).

Film 665: "Ender's Game" (2013) di Gavin Hood
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Contando le nomination all'Oscar di tutti gli attori protagonisti escluso Asa Butterfield si calcolano qualcosa come 9 candidature e un premio vinto (da Ben Kingsley). Quindi diciamo che la scelta per quanto riguarda il cast sembrerebbe oculata. Infatti non si può certo dire che gli attori difettino di capacità (anche se certi eccessivi trasporti di Abigail Breslin sembrerebbero più adatti a "Un posto al sole") né che si sia risparmiato sugli effetti speciali (110 milioni di dollari investiti nel progetto). Eppure qualcosa non ha funzionato perché la pellicola di fatto non ha incontrato il successo che si sperava fruttasse.
Per quanto mi riguarda le note a sfavore sono un po' per l'anonimo Butterfield che non ha un gran carisma e rappresenta, qui, una rivincita del nerd tira-pugni che proprio non gli si addice e la mancanza di ritmo del film. Per essere una pellicola di fantascienza che tratta di attacchi alieni, astronavi, spazio, allenamenti su basi spaziali, giochi di ruolo e di squadra, sparatorie e compagnia bella, il risultato finale di questo "Ender's Game" è piuttosto piatto poiché non ingrana mai la marcia dell'azione.
La trama in sé, considerati tutti gli elementi elencati sopra, ha anche un certo appeal e desta una curiosità legata alla possibilità di un nuovo franchise di fantascienza che porti sul grande schermo una saga di libri famosa, incentrata su ragazzini a cui sono affidate responsabilità da adulti e che coinvolge lo spettatore tanto da fargli desiderare un secondo capitolo che prosegua la storia. E, invece, qui non succede. Anzi, si arriva al finale - che pure è un po' a sorpresa - con una certa lentezza che non aiuta, anche a causa di tutto il training che Ender Wiggin deve sopportare, riportato con abbondanza di particolari  e mettendo, di fatto, tutta una serie di step di differentissimo valore narrativo sullo stesso piano. Per dire: sì, abbiamo capito che la Scuola di Guerra è durissima, tostissima, difficilissima, cazzutissima, ecc ecc. A maggior ragione, sforbiciare un po' di quelle scene che legittimino quest'ultimo concetto avrebbe certamente velocizzato la storia verso il vero fulcro narrativo (che invece arriva solo nel finale) senza togliere allo spettatore la capacità di recepire il messaggio. Chiaramente, nell'ottica di trasporre tutta la saga di Orson Scott Card, questo zelo narrativo è funzionale ad una precisione che non scontenti i fan e, di fatto, riempa bene 114 minuti di pellicola altrimenti facilmente riducibili anche a 90.
Anche l'eccessiva certezza da parte del Colonnello Graff di quanto Ender sia speciale alla lunga stanca, soprattutto perché si sa già che l'intuizione finirà per rivelarsi veritiera, quindi è inutile calcare troppo la mano.
In definitiva "Ender's Game" non è un brutto prodotto commerciale, anche se certamente difetta (soprattutto) della questione lentezza. Un po' di 'movimento' in più avrebbe alleggerito la storia - ma chiaramente dovendo rimanere fedeli al libro "Il gioco di Ender" più di tante libertà non si potevano prendere -, di sicuro qualcosa si poteva saltare. Sono apprezzabili gli effetti speciali e, volendo scavare un po' sotto la superficie patinata hollywoodiana, si può anche tentare un approccio con sé stessi alla domanda: è giusto che i bambini siano parte attiva della guerra solo perché questa incombe?
Non è una domanda da poco ed il film non dà assolutamente una risposta, ma l'interrogativo rimane interessante.
Box Office: $112,231,473
Consigli: Si può assolutamente vedere senza alcun ripensamento. La storia nel complesso ha un suo perché, anche se dubito che, considerato lo scarsissimo incasso, riusciremo a vedere il secondo capitolo sul grande schermo che sarebbe tratto da "Il riscatto di Ender".
Parola chiave: Mazer Rackham.

Trailer

Bengi

martedì 30 aprile 2013

Film 542 e 546 - Oblivion

Due lunedì con "Oblivion". La settimana scorsa la prima visione tra stanchezza e pisolini, ieri la seconda... integrale!

Film 542: "Oblivion" (2013) di Joseph Kosinski
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo

Film 546: "Oblivion" (2013) di Joseph Kosinski
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Padre
Pensieri: La prima volta che ho visto "Oblivion" mi ha sinceramente deluso. La stanchezza del viaggio di ritorno dalla Toscana si è fatta sentire durante la visione del secondo tempo, dopo una prima parte lenta (anche se affascinante e visivamente suggestiva) e ha finito per influenzare pesantemente il mio giudizio su questa pellicola dello stesso regista di "Tron: Legacy". Mancandomi una buona parte dei punti chiave per leggere e mettere insieme gli spezzoni visti tra un momento di siesta sulla poltrona e l'altro, non riuscivo a capire come potessero certi avvenimenti avessero un senso o non sembrare ridicoli. Com'è possibile, per esempio, che Jack tra tutti gli umani del mondo, ritrovi proprio sua moglie, appena precipitata dallo spazio? Diciamo che mi sembrava quantomeno un po' forzata come cosa...
Dopo la seconda visione di ieri sera, invece, i pezzi hanno trovato il modo di incastrarsi, per la maggior parte funzionando. Rimango scettico sulla scelta del finale, in particolare su Sally, ma il resto degli spezzoni che avevo visto hanno finito per andare ognuno al proprio posto. E così "Oblivion" è finito per essermi abbastanza piaciuto.
Inevitabilmente questo giudizio è imprescindibilmente legato al fatto che la prima volta l'ho trovato completamente sconnesso e, avendo con piacere constatato che alla fine un senso c'era, la cosa mi ha soddisfatto. In quest'ottica mi sono goduto un film che, però, dura troppo.
La prima parte, ben dettagliata, curata e resa spettacolarmente dagli effetti speciali, è però alla lunga pesante da affrontare in quanto, per la maggior parte del tempo, non succede nulla. E' nella seconda parte che finalmente si passa, più che all'azione - che c'è, ma finisce per rivestire un ruolo secondario rispetto alla parte della trama in cui tutti i misteri vengono svelati -, alla vera parte interessante di questa pellicola. 
Anche se, come dicevo, non è un successo su tutti i fronti. 
La virata aliena alla "2001: Odissea nello spazio", infatti, non mi ha convinto. La battuta peggiore è sicuramente "Io sono il tuo dio" pronunciata da una Sally in via d'estinzione, incapace di combattere un Jack figlio della sua stessa mano, quasi decisa a morire senza opporre resistenza.
Ed è in quel momento che secondo me "Oblivion" non funziona come dovrebbe. Perché mai Sally (inutile dire che parlo della sua manifestazione aliena) dovrebbe far accedere Jack all'interno della sua sede, cuore pulsante di un'attività aliena fatta di saccheggio e clonazione, dopo aver puntato contro gli umani praticamente qualunque arma a sua disposizione, per poi arrendersi senza un motivo valido? Jack/Tom Cruise è palesemente colpevole di ammutinamento-in-divenire e Sally per un attimo lo sospetta, ma cede abbindolata da una scusa che sa di poco credibile; per poi tentare, nel finale, di salvarsi con la famigerata frase-boiata citata prima.
Lo sci-fi che sconfina nel minatissimo universo costellato di creazioni, clonazioni e paternità, dovrebbe quantomeno evitare di scadere in cliché già molto abusati - per non dire un po' ridicoli - dove tecnologie aliene di non ben identificata natura finiscono per autodefinirsi onnipotenti semidei. Mi è sembrato che, con questa scelta, si sia optato per un finale privo di originalità, lasciato in pasto ad un pubblico abbagliato dalla perfezione tecnica della resa e, forse, più disponibile a sorvolare su una mancanza di idee per chiudere tutta una serie di premesse iniziali capaci di solleticare davvero la curiosità.
A questo proposito, va detto che per il resto "Oblivion" fa il suo dovere, impiantando egregiamente nello spettatore il seme della curiosità. Che ci sia molto più di quanto non venga svelato - a noi e alla coppia Jack + Victoria/Andrea Riseborough - è evidente quasi da subito e, grazie alla mia seconda visione, ho colto molti più dettagli e suggerimenti lasciati dalla sceneggiatura (per esempio: perché mai i due protagonisti vivono con in casa un drone per il quale Missione non manda mai i pezzi di ricambio...?). Per essere un blockbuster da grande distribuzione ha anche una discreta caratterizzazione dei due personaggi principali (la figura di Julia/Olga Kurylenko non la prendo nemmeno in considerazione, è un personaggio tanto piatto quanto il ruolo che deve rivestire all'interno dell'intreccio narrativo) e, per quanto senza troppe pretese, l'opposizione di curiosità, intuito e apertura mentale (Jack) contro la paura, la rigidità e chiusura mentale (Victoria) risulta particolarmente incisiva e ruscita all'interno del racconto.
Insomma, ammetto che per certi aspetti "Oblivion" mi è sembrato capace di funzionare e mi ha lasciato soddisfatto. Cade, invece, quando si inerpica per territori più complessi (altre forme di vita + resistenza + dio + clonazione + autocoscienza delle macchine) o quando si fa influenzare da atteggiamenti di banale superficialità alla pellicola da pubblico generalista.
Ps. Tom Cruise ritrova il grande successo commerciale, piazzandosi primo in classifica in molti Paesi tra cui Italia e Stati Uniti, portando a casa un incasso mondiale (dopo due sole settimane) di $198,831,000.
Consigli: Colonna sonora estremamente simile a quella del duo francese Daft Punk realizzata per il precedente film di Kosinski, solo che questa volta i francesi a realizzarla sono stati gli M83. Quest'ultima, assieme agli effetti speciali e, devo dirlo, ad un'interpretazione convincente di Cruise, sono i motivi per cui si può dare una chanche a questa pellicola. Le influenze proprio di "TRON: Legacy" e anche di "Inception" si ritrovano spesso, quindi chi ha gradito gli altri due, troverà sicuramente interessante anche questo film.
Parola chiave: Coppia efficiente.

Trailer

Bengi

giovedì 18 aprile 2013

Film 535 - The Host

La 3 regalava questo ingresso e, sinceramente, ero proprio curioso di vedere cosa proponesse questa storia di cui avevo tanto sentito chiacchierare...


Film 535: "The Host" (2013) di Andrew Niccol
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: C'erano molte aspettative rispetto a questa pellicola, ufficialmente il post-Twilight della creatrice della saga Stephenie Meyer. Si cercava per lei, infatti, un nuovo tormentone milionario, una nuova scusa per mettere in cantiere altri 5trilioni di pellicole ispirate ai suoi libri. E "The Host" era il primo e sperimentale tentativo di fare il bis dopo il successo dei vampiri.
Questa volta la Meyer cambia macroargomento e dai canini affilati ma vegetariani, passiamo agli alieni invasori di corpi, ma con un anima. Il contorno, però, non cambia e rimane sempre la stessa precedente situazione amorosa del triangolo. Anche se formalmente Melanie/Saoirse Ronan è abitata dall'alieno Wanda, di fatto il corpo è uno solo, combattuto tra l'amore dei due belli della pellicola, il figlio di Jeremy Irons, Max (già visto nell'altro teen-horror "Cappuccetto rosso sangue"), e Jake Abel. Entrambi sono innamorati della/e protagonista/e, rispettivamente dell'umana Melanie e dell'aliena Wanda (al di fuori del corpo umano che ospita, ha l'aspetto di un neurone luminoso glitterato).
Di fatto, quindi, l'autrice della storia non sceglie di cambiare moltissimo le sue tematiche di interesse, ma le maschera solamente in altre forme per vedere se un fresh new start possa essere possibile. E diciamocelo, se questo è il risultato, la risposta è no.
L'infinita lentezza di questo film è già un grave difetto, ma evidentemente (ho visto solo il primo dei numerosi "Twilight", anche se ho in progetto di documentarmi) chi si dispone a vedere uno dei prodotti collaterali della Meyer scende a patti con questa mancanza volentieri, probabilmente ricercando una storia d'amore impossibile ed eterna, piuttosto che un buon ritmo e una buona sceneggiatura. Quindi va detto fin da subito che, oltre a non esserci originalità, non ci sono nemmeno grandi contenuti. L'approfondimento dei personaggi è al limite della sufficienza e anche se il duetto mentale tra la voce interiore di Melanie e quella di Wanda sembrerebbe legittimare un approfondimento psicologico necessariamente più maturo, serio e ricercato, in realtà la resa di questo aspetto è banalizzata e semplificata in maniera a tratti imbarazzante. Anche perchè, nonostante il dramma dell'essere 'spodestati' dal proprio corpo e la razza umana che viene soggiogata dall'alieno e la ribellione degli ultimi umani superstiti... Alla fine l'unica cosa su cui si concentra/no la/e protagonista/e sono i due ragazzi del cuore.
E, nel momento in cui tutta l'attenzione del film si sposta su questo argomento, capisci che "The Host" è un fallimento.
Mi rendo perfettamente conto che il pubblico cui mirasse il prodotto in questione fosse principalmente interessato alla love story, però io - da profano - ho trovato il tutto di una piatta banalità tanto sempliciotta che nemmeno sono riuscito a godermi l'insieme. Non c'è divertimento, non c'è malizia, né intrighi, la rivoluzione è trattata come cornice e le implicazioni mentali e sociali dell'essere abitati da un alieno non sono nemmeno prese in considerazione. Tutto ciò che viene proposto qui sono ambientazioni futuristiche e conseguenti gadget, relazioni stereotipate e una caccia all'uomo (o donna, in questo caso) all'acqua di rose. La storia, infatti, punta tutto sul nuovo triangolo Ronan-Irons-Abel, ma nessuno dei tre (forse giusto il secondo) ha l'appeal necessario a suscitare anche solo qualche interesse per il loro disagio amoroso. Saoirse Ronan si è scelta la non facile situazione di resuscitare le speranze della Meyer di una nuova Kristen Stewart dalle uova d'oro, senza però essere in grando di mantenere alcuna aspettativa, piatta e quasi annoiata in alcuni tratti, probabilmente a causa della stessa sceneggiatura...
Per farla breve, "The Host" poteva essere una pellicola carina visto i presupposti cool e patinati e la pubblicità collaterale grazie alla maternità della Meyer, eppure fallisce completamente il suo scopo, risultando noioso è per niente interessante. Giusto Diane Kruger regala un po' di movimento ad una trama che, altrimenti, è piatta e buonista.
Ps. 40 milioni di dollari per produrlo, ma insufficienti $45,420,419 di incasso mondiale.
Consigli: A questo punto suppongo sia meglio approfondire la questione "Twilight" perchè o Mrs. Meyer è una miracolata o davvero quella storia è migliore. Perchè se cercate qualcosa di banale, già visto, ma in salsa futuro allora "The Host" fa per voi; altrimenti lasciate stare.
Parola chiave: Viandante.

Trailer

Bengi

venerdì 5 aprile 2013

Film 524 - Upside Down

Secondo appuntamento casalingo con Leoo.


Film 524: "Upside Down" (2012) di Juan Solanas
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: "Upside Down" non mi ha particolarmente convinto, mi è anzi sembrato pretenzioso, ma senza le carte in regola per sfondare veramente. C'è sempre la sensazione che manchi qualcosa, che ci sia quel momento in cui rimani veramente rapito dal film. La storia è sì affascinante, ma non coinvolgente. Le location sono d'effetto, ma fredde e molto 'digitali'. L'amore dei due protagonisti è grande - di quelli che rischio tutto ciò che ho per te -, ma non mi ha mai smosso nulla che non fosse la sensazione di già visto.
Nonostante la cornice affascinante dei due mondi sovrapposti e contrari, niente di originale è davvero collocato nell'intreccio narrativo. Si brucia d'amore come ci si brucia a stare nel mondo opposto a cui non si appartiene, eppure guardando non c'è un solo momento in cui il film coinvolga davvero in maniera genuina. Più che un'operazione a grosso budget mi è sembrato il tentativo un po' ingenuo di intraprendere la via del kolossal fantasy senza saperlo davvero gestire, componendo i pezzi di una storia ritagliando qua e là da ciò che già è stato scritto, narrato e fatto vedere: cambia solo la prospettiva. E allora bisognava giocarsi meglio questi due personaggi (Eden/Kirsten Dunst e Adam/Jim Sturgess, lascio a voi i commenti sull'imbarazzante scelta di questi nomi), parlare di una storia d'amore meno scontata, meno banale. Lei ha perso la memoria e lui fa di tutto per fargliela tornare; anche se non potrebbe perchè appartengono a mondi diversi da cui, in teoria, sono esclusi reciprocamente se non per quelle poche ore che precedono il loro andare a fuoco. Se non è chiaro, ecco i principi fisici che regolano il doppio mondo di "Upside Down": 

1) Tutta la materia è attratta dal centro di gravità del pianeta da cui proviene, non l'altro. 
2) In virtù della prima regola, il peso di un oggetto può essere controbilanciato con la materia del mondo opposto ("materia inversa"). 
3) Dopo un variabile, ma solitamente breve, lasso di tempo, la materia a contatto con quella inversa dà origine alla combustione.
Dunque la cornice è anche interessante, ma poi il fulcro della vicenda è trito e privo di idee veramente originali.
In generale non è comunque una pellicola inguardabile - io, però, in qualche punto breve mi sono appisolato - e immagino che abbia un suo pubblico (qui si parla di fantasy, altri mondi possibili, romance, drama e anche etica sotto certi aspetti, nonché qualche slancio di critica sociale all'acqua di rose - nel mondo di sotto sono tutti poveri e lavorano per quelli benestanti, belli e puliti del mondo di sopra -), ma non posso sinceramente dire che il film mi abbia soddisfatto. Lo sguardo magnetico da post-stupefacenti della Dunst ha sempre qualcosa che mi attrae e in effetti rende molto bene accompagnato ai tramonti sempre luminosi e patinati sullo sfondo, ma questo non può valere un'intero prodotto cinematografico. Peccato, le premesse - e un po' di pretese - c'erano.
Ps. Box office disastroso: 50 milioni di dollari per produrlo, $8,001,380 di incasso. Mondiale.
Consigli: Ci sono pellicole della Dunst più interessanti e riuscite ("Melancholia", per esempio), anche se l'attrice ultimamente non sta azzeccando grandi successi ("The Wedding Party", orrendo). Questa ha un incipit interessante, ma per il resto non è nulla che non si sia già visto in altre 100 storie.
Parola chiave: Crema cosmetica.

Trailer

Bengi

mercoledì 19 settembre 2012

Film 451 - Super 8

Me l'ero perso al cinema, ho recuperato a casa.


Film 451: "Super 8" (2011) di J.J. Abrams
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano, inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Ho capito che a J.J. il soprannaturale piace. Piace tanto da non volersene separare praticamente mai. Giusto con "Mission: Impossible III" ci era riuscito. Con "Super 8", invece, ritorna imperterrito a cavalcare l'onda del qualcosa-che-arriva-dallo-spazio e, se posso dirlo, mi ha un po' stancato.
Ma andiamo con calma. Questa pellicola mi è piaciuta. E non mi è piaciuta. Divido così il mio giudizio per due semplici motivi: il film crea una bella atmosfera, gli effetti speciali sono superbi, il gruppo di ragazzi ricorda tanto film dell'infanzia come "I Goonies" o "Stand by me - Ricordo di un'estate" e Elle Fanning è certamente una di quelle attrici da tenere sott'occhio (più della sorella Dakota). D'altro canto, però, gli elementi classici di Abrams sono ormai troppo riconoscibili per non essere capiti e svelati in corso d'opera: misterioso fenomeno, i primi indizi, un protagonista che mette assieme i pezzi e sarà anche l'unico capace di gestire il "soprannaturale" e, infine, il rivelarsi del mistero che, matematicamente, porta con sé un mostro o un alieno.
Se devo essere sincero speravo che questa pellicola parlasse di avventure meno fantascientifiche e più reali, che parlasse, insomma, più dei suoi ragazzi protagonisti - lo spunto del film da girare era molto carino, specialmente all'interno di un contesto "d'epoca" - e non di un alieno venuto dallo spazio che agogna solo di tornare a casa. Ultimamente pare che, senza uno spettacolare mostro ricreato al computer, le storie non possano essere raccontate. E ciò un po' mi disturba.
A parte questo, comunque, ammetto che "Super 8" ha il suo fascino fino a quando non si scopre la (scontata) verità.
Come dicevo, Elle Fanning è uno splendore, la fotografia è da paura e la scena iniziale del deragliamento del treno è tanto coinvolgente quanto misteriosa e spaventosa. Cosa contenevano tutti quei vagoni e perchè una macchina è andata volutamente a schiantarsi contro il treno in corsa?
I presupposti, come si intuisce, sono davvero buoni, peccato ci si perda per strada con una spiegazione del mistero che poteva certamente essere scritta in maniera meno banale o scontata.
Il mio giudizio, quindi, rimane diviso a metà. Né bene, né male.
Ps. $259,936,677 di incasso mondiale.
Pps. Come per ogni lavoro di Abrams, il compositore delle musiche è il premio Oscar (per "Up") Michael Giacchino.
Consigli: Prodotto da Spielberg, scritto e diretto da Abrams ("Lost", "Alias", "Star Trek: Il futuro ha inizio") ha certo buone possibilità per piacere a molti. Si vede volentieri ed è certamente un'ottima pellicola per una serata in compagnia.
Parola chiave: "The Case".

Trailer

BB

martedì 14 agosto 2012

Film 437 - La leggenda del cacciatore di vampiri (3D)

Nuovo ingresso con la 3 per una pellicola che ero curiosissimo di vedere in questa torrida estate senza grandi proposte cinematografiche.


Film 437: "La leggenda del cacciatore di vampiri" (2012) di Timur Bekmambetov
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Sinceramente interessato alla visione di questo film, devo dire che non sono rimasto soddisfatto.
"Abraham Lincoln: Vampire Hunter" è un pasticcio di generi mal mescolati tra loro il cui principale pregio sta nell'idea originale che da spunto alla storia: e se Abramo Lincoln, 16esimo presidente degli Stati Uniti d'America, avesse avuto come segreto quello di essere un cacciatore di vampiri?
Chiaramente, quindi, parliamo di un genere fantasy, vagamente intrecciato con lo storico, che, però, prende i suoi rimandi da troppi altri lavori per potersi dire davvero originale. Con una generale atmosfera che richiama il recente "The Conspirator" di Redford e un mix di quei vari "Intervista col vampiro", "Aiuto vampiro" e, inevitabilmente, tutti i "Twilight", in questa pellicola si finisce per avere una totale mancanza di specifica identità in favore di una spettacolarità visiva che c'è, ma non è sufficiente.
Tra una trama debole e un'incapacità recitativa da lasciare a bocca aperta - i peggiori sono i due protagonisti Benjamin Walker/Lincoln e Mary Elizabeth Winstead/Mary Todd Lincoln - si finisce per rimanere delusi da un prodotto come questo ad altissimo budget ($69,000,000), ma carente dal punto di vista dell'originalità.
Brutti effetti speciali, troppi rallenty in favore di un'enfasi della spettacolarità dei combattimenti e il (da me) tanto odiato 3D a rendere fastidiosa l'iniziale visione della pellicola a causa dello stordimento da occhialini hanno fatto sì che, nonostante fossi ben conscio del tipo di prodotto che mi accingevo a vedere, rimanessi piuttosto deluso dal risultato finale insufficiente. Si poteva fare di più e davvero molto meglio.
Consigli: E' puro intrattenimento e nemmeno tanto originale a dirla tutta. E' il classico prodotto estivo che non fa né male né bene. Si guarda, ma giusto per passare il tempo.
Parola chiave: Vendetta.

Trailer

Ric