Messo a disposizione tra le proposte di Sky Go, ho deciso che fosse giunto il momento di recuperare questa pellicola...
Film 1307: "Drive" (2011) di Nicolas Winding Refn
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Per molto tempo mi sono chiesto come potesse essere questo film che, qualche anno fa, era piovuto sul mondo del cinema come una sorta di rivelazione, un piccolo miracolo che aveva lanciato nell'olimpo non solo Ryan Gosling, che di fatto già c'era, ma soprattutto Nicolas Winding Refn e il suo modo di dirigere e concepire i suoi lavori. Vinto il premio per la miglior regia a Cannes, sembrava che il mondo fosse ai suoi piedi, in attesa della prossima mossa. In realtà, per quanto Refn mantenga una certa fama, nonché nomea di cineasta con un suo perché, i percorsi successivi non hanno confermato il successo trovato con questo "Drive" che, credo, rimanga il suo titolo più iconico e al momento rappresentativo. E a giusta ragione.
"Drive" è un prodotto esemplare sotto molteplici aspetti. La cura estetica che vi è dietro è lampante e passa attraverso molteplici elementi diversi: dalla giacca con lo scorpione alle macchine sempre lucenti, dagli appartamenti con carta da parati pastello a - naturalmente - una fotografia pazzesca. In questo senso penso che la cura maniacale per l'immagine sia deducibile anche da quel colore rosa-fuxia dei titoli di testa, un contrasto forte per una pellicola che tocca argomenti cupi come l'omicidio, la violenza e la vendetta. In questo senso, un certo dualismo bipolare non manca in almeno altri due contesti. Quello quello artistico, che alterna scene d'azione mozzafiato ad una trama dal ritmo altrimenti precario e quasi statico, e quello umano del protagonista, pacato e premuroso vicino di casa che sa trasformarsi in vendicatore cui non può sfuggire alcun obiettivo. A renderlo efficace e riuscito è un Gosling perfetto, plastico in ogni posa, micidiale alla guida come con i pugni, sempre e comunque sexy. Da solo fa praticamente metà film.
Dal punto di vista della storia, per quanto presenti elementi già visti, il risultato finale li combina comunque in modo personale. "Drive" è un titolo magnetico e intrigante, brutale in alcune parti - che mi hanno ricordato "The Neon Demon" e mi hanno fatto pensare che Refn citasse un po' troppo se stesso nel brutto film con Elle Fanning - , in ogni caso un viaggio molto dark nel posto del passeggero delle auto guidate dal silenzioso protagonista, vendicatore notturno che non risparmierà nessuno per l'amore della vicina in pericolo (Carey Mulligan). Difficilmente si distoglie lo sguardo durante la visione, tanto che nel finale, mentre Gosling rimane immobile nel sedile della macchina dopo il confronto con Bernie Rose (Albert Brooks), lo spettatore trattiene il fiato e resta fermo e teso esattamente come il protagonista, ipnotizzato e in attesa di sapere cosa gli sia, di fatto, successo.
Per quanto riguarda Refn, regia davvero bella, esteticamente attentissima a consegnare immagini curate nei minimi dettagli, tanto che spesso più che scene di un film sembrano quadri. A rendere il tutto ancora più coinvolgente, una colonna sonora che utilizza canzoni in grado di creare un magico effetto affascinante che rimane nella testa dello spettatore (penso, per esempio, a "Nightcall" di Kavinsky featuring Lovefoxxx) e crea un effetto spesso simili ad un lungo video clip.
In generale, quindi, un titolo che fa centro e rimane impresso, intenso, adrenalinico e violento, una pellicola visivamente potente e un protagonista già icona. Meritava qualche riconoscimento in più.
Ps. Una candidatura all'Oscar per il Miglior montaggio sonoro e una ai Golden Globes per il Miglior attore non protagonista (Albert Brooks).
Cast: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Christina Hendricks, Ron Perlman, Oscar Isaac, Albert Brooks.
Box Office: $78.1 milioni
Consigli: Un mix di lentezza e sfrenata velocità, violenza e romantica galanteria, chiaro e scuro. Forse una pellicola fatta anche sui contrasti oltre che su una storia di mafia, rapine e un amore impossibile. E' un bel film, una scelta non per ogni occasione, ma sicuramente perfetta per chi sia alla ricerca di qualcosa di un po' più ricercato della classica pellicola d'azione fatta di esplosioni, inseguimenti ed omicidi. Qui c'è una bella ricerca estetica, un grande cast e una colonna sonora pazzesca.
Parola chiave: 1 milione di dollari.
Trailer
#HollywoodCiak
Bengi
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venerdì 17 febbraio 2017
Film 1307 - Drive
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giovedì 29 dicembre 2016
Film 1267 - The Neon Demon
In concorso a Cannes 2016, una regia rinomata, una giovane protagonista che ancora non riesco ad inquadrare per un film che sembrava inquietantemente interessante.
Film 1267: "The Neon Demon" (2016) di Nicolas Winding Refn
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: C'è un po' di Lynch, un po' di glamour, un po' di critica e un po' di splatter, per un risultato finale che francamente disattende in pieno le aspettative. Lento per tutta la sua durata, pretenzioso in certi passaggi, carico di un'attesa interminabile e feroce in una conclusione insensata e finto-scandalosa, "The Neon Demon" sembra un film che non ha idea di cosa voglia essere, oscillando tra note thriller, sbandamenti del peggior horror casereccio e un curatissimo senso estetico che sfocia nel nulla assoluto.
Considerando che questo è il mio primo film di Nicolas Winding Refn e che ero veramente impaziente di vederlo, ammetto che la delusione non è stata poca. Nonostante l'iniziale torpore e sceso a patti con i tempi dilatati, mi ero incuriosito all'inizio, credendo che la vacuità rappresentata e criticata fosse lo strumento per ridicolizzare un mondo che, appunto, del nessun talento se non quello naturale fa il suo mantra. Ciò che Refn vuole mettere alla berlina è chiaro: basta essere belle - o meglio particolari - e giovani e il gioco è fatto: sfilare e vivere in un mondo di specchi che riflettono la propria stessa immagine in attesa del momento in cui l'età prenderà il sopravvento. Fino a quando quello stesso mondo che ti ha osannato non deciderà di lasciarti da parte.
Jessee (Elle Fanning) non avrà questa possibilità. Il suo personaggio, moderna rivisitazione della "più bella del reame", finisce letteralmente cannibalizzato da quegli stessi meccanismi che gli hanno permesso di emergere e risplendere sopra tutti gli altri. E anche se risulta evidente che la storia raccontata qui vuole togliere quel velo che coprirebbe lo spietato mondo della moda (ma è poi ancora da togliere?), rimane il fatto che la critica di Refn, in questa veste, risulta un po' ridicola, certamente non efficace. E per quanto mostruoso ed efferato possa essere l'atto finale, non si può che ridere di Gigi (Bella Heathcote) e del suo voltastomaco da senso di colpa, per non parlare di ciò che farà Sarah (Abbey Lee). La Moda che fagocita i suoi stessi idoli: non c'era bisogno di essere così didascalici.
Inoltre, e qui chiudo, mi trovo sempre in difficoltà di fronte a storie che presentano la sensazionale caratteristica di qualcuno. E' evidente che parte del gioco sia anche accettare, da parte del pubblico, l'applicazione assolutistica ad un concetto soggettivo quando la storia lo richiede. Per cui il o la più belli, forti, eleganti, affascinanti, ecc lo sono sullo schermo nel momento in cui lo spettatore sospende il giudizio personale e decide di procedere con il racconto senza questionare. Nel caso specifico, non voglio certo mettere in dubbio la bellezza della Fanning, ma personalmente fatico ad immaginarmela come una sorta di angelica e mistica condensazione di bellezza e destabilizzante femminilità: non è conturbante, non è magnetica. E' una bella ragazza, una discreta attrice a cui, forse, non avrei affidato questo ruolo.
In definitiva, quindi, a parte una bella fotografia e un trucco miracoloso, oltre che una stupenda colonna sonora cui Sia ha regalato la stupenda "Waving Goodbye" per i titoli di coda - che meritava certamente una candidatura ai Golden Globes - questo "The Neon Demon" mi è sembrato un titolo debole, particolarmente vuoto, privo di originalità oltre la superficie e, tutto sommato, uno spreco di tempo.
Cast: Elle Fanning, Karl Glusman, Jena Malone, Bella Heathcote, Abbey Lee, Christina Hendricks, Keanu Reeves, Alessandro Nivola.
Box Office: $3.4 milioni
Consigli: Francamente una pellicola deludente, anche se esteticamente ineccepibile. Bellissimi campi lunghi, costumi e trucco curati, musiche davvero azzeccate, ma narrativamente è richiesto uno sforzo d'attesa che nel finale non assicura una soddisfazione rilevante. Ci sono scene discutibili (leggi necrofilia) e un colpo di scena finale che non manca di inquietare, ma in tutta onestà è un film ampiamente evitabile (oltre che superficialmente sconvolgente).
Parola chiave: Bellezza.
Trailer
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Bengi
Film 1267: "The Neon Demon" (2016) di Nicolas Winding Refn
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: C'è un po' di Lynch, un po' di glamour, un po' di critica e un po' di splatter, per un risultato finale che francamente disattende in pieno le aspettative. Lento per tutta la sua durata, pretenzioso in certi passaggi, carico di un'attesa interminabile e feroce in una conclusione insensata e finto-scandalosa, "The Neon Demon" sembra un film che non ha idea di cosa voglia essere, oscillando tra note thriller, sbandamenti del peggior horror casereccio e un curatissimo senso estetico che sfocia nel nulla assoluto.
Considerando che questo è il mio primo film di Nicolas Winding Refn e che ero veramente impaziente di vederlo, ammetto che la delusione non è stata poca. Nonostante l'iniziale torpore e sceso a patti con i tempi dilatati, mi ero incuriosito all'inizio, credendo che la vacuità rappresentata e criticata fosse lo strumento per ridicolizzare un mondo che, appunto, del nessun talento se non quello naturale fa il suo mantra. Ciò che Refn vuole mettere alla berlina è chiaro: basta essere belle - o meglio particolari - e giovani e il gioco è fatto: sfilare e vivere in un mondo di specchi che riflettono la propria stessa immagine in attesa del momento in cui l'età prenderà il sopravvento. Fino a quando quello stesso mondo che ti ha osannato non deciderà di lasciarti da parte.
Jessee (Elle Fanning) non avrà questa possibilità. Il suo personaggio, moderna rivisitazione della "più bella del reame", finisce letteralmente cannibalizzato da quegli stessi meccanismi che gli hanno permesso di emergere e risplendere sopra tutti gli altri. E anche se risulta evidente che la storia raccontata qui vuole togliere quel velo che coprirebbe lo spietato mondo della moda (ma è poi ancora da togliere?), rimane il fatto che la critica di Refn, in questa veste, risulta un po' ridicola, certamente non efficace. E per quanto mostruoso ed efferato possa essere l'atto finale, non si può che ridere di Gigi (Bella Heathcote) e del suo voltastomaco da senso di colpa, per non parlare di ciò che farà Sarah (Abbey Lee). La Moda che fagocita i suoi stessi idoli: non c'era bisogno di essere così didascalici.
Inoltre, e qui chiudo, mi trovo sempre in difficoltà di fronte a storie che presentano la sensazionale caratteristica di qualcuno. E' evidente che parte del gioco sia anche accettare, da parte del pubblico, l'applicazione assolutistica ad un concetto soggettivo quando la storia lo richiede. Per cui il o la più belli, forti, eleganti, affascinanti, ecc lo sono sullo schermo nel momento in cui lo spettatore sospende il giudizio personale e decide di procedere con il racconto senza questionare. Nel caso specifico, non voglio certo mettere in dubbio la bellezza della Fanning, ma personalmente fatico ad immaginarmela come una sorta di angelica e mistica condensazione di bellezza e destabilizzante femminilità: non è conturbante, non è magnetica. E' una bella ragazza, una discreta attrice a cui, forse, non avrei affidato questo ruolo.
In definitiva, quindi, a parte una bella fotografia e un trucco miracoloso, oltre che una stupenda colonna sonora cui Sia ha regalato la stupenda "Waving Goodbye" per i titoli di coda - che meritava certamente una candidatura ai Golden Globes - questo "The Neon Demon" mi è sembrato un titolo debole, particolarmente vuoto, privo di originalità oltre la superficie e, tutto sommato, uno spreco di tempo.
Cast: Elle Fanning, Karl Glusman, Jena Malone, Bella Heathcote, Abbey Lee, Christina Hendricks, Keanu Reeves, Alessandro Nivola.
Box Office: $3.4 milioni
Consigli: Francamente una pellicola deludente, anche se esteticamente ineccepibile. Bellissimi campi lunghi, costumi e trucco curati, musiche davvero azzeccate, ma narrativamente è richiesto uno sforzo d'attesa che nel finale non assicura una soddisfazione rilevante. Ci sono scene discutibili (leggi necrofilia) e un colpo di scena finale che non manca di inquietare, ma in tutta onestà è un film ampiamente evitabile (oltre che superficialmente sconvolgente).
Parola chiave: Bellezza.
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martedì 29 novembre 2011
Film 334 – Ma come fa a far tutto?
Un clamoroso insuccesso al botteghino americano per una commediola che tenta la fortuna ricorrendo sempre ai soliti elementi. Ormai non molto vincenti…
Film 334: " Ma come fa a far tutto?" (2011) di Douglas McGrath
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Sarah Jessica Parker dovrebbe ormai aver imparato che non si vive di rendita tutta la vita. Dico dovrebbe perché il secondo capitolo di “Sex and the city”, dopo il clamoroso successo del primo (più di 400 milioni di $), ha incassato a malapena la metà del suo predecessore con, inoltre, annesse critiche molto pesanti alle 4 protagoniste di cui a capo sappiamo esserci proprio la nostra cavallona. Passare da quattro Golden Globes e un Emmy a un Razzie Award come peggiore attrice dell’anno non è esattamente ciò che si definisce un salto di qualità. E la nostra anoressica equina amica avrebbe dovuto capire che, per impegnarsi a non ripetere lo scivolone, sarebbe dovuta correre ai ripari.
Peccato che la sua mossa successiva sia questa pellicola fiacca e loffia, moscia come un qualunque soufflé che ha deciso di sgonfiarsi dopo una buona premessa di partenza. Già perché se l’idea della madre tuttofare che però non vuole rinunciare alla carriera ha un sapore di stantio che è inutile parlarne, diciamo che dal trailer si poteva sperare in un piglio più innovativo, proprio, se mi è concesso, alla “Sex and the city”.
Ma no, qui non c’è nulla delle magnifiche quattro ragazzone attempate e arrapate e, anzi, l’approccio un po’ glam un po’ sbarazzino serve solo ad attirare i poveretti che, come me, avevano voglia di ancora un po’ del tanto conosciuto tocco al ‘carrie’.
Si potrebbe dire, invece, che di tutte le trovate (plausibilmente) piacevoli sulla carta – per es. tutto ciò che non è Sarah J. fermo immobile e la nostra eroina di casa che interloquisce direttamente con il pubblico; la lista delle cose da fare il giorno dopo che appare sul soffitto; le ‘interviste’ quasi alla reality show degli altri personaggi come la mamma rivale per rivelare qualcosa in più sulla psicologia degli altri personaggi – non ce ne sia una che aiuti la pellicola a risultare omogenea nel suo insieme. Tutto un calderone di espedienti mal mescolati che lasciano, alla fine, un’idea di discontinuità e di non omogeneità della struttura narrativa.
Sarah J., poi, incarna sempre la solita fighetta chic alto borghese (anche in “La neve nel cuore”, uno dei film più brutti ed assurdi che abbia mai visto nella mia vita) che necessita di trovare sé stessa nell’uomo che ama, la coccola e le da sicurezza. Se, per una volta, osasse davvero cambiare un ruolo cinematografico – anche fallendo, per carità… Tanto è evidente che anche interpretando sempre lo stesso personaggio non si sta aiutando – potrebbe tentare, anche, di staccarsi di dosso questa immagine sempre uguale negli anni del suo personaggio che, ormai, vive di pari passo a lei nella realtà.
Insomma, film brutto e assolutamente inutile, che merita il poco successo (a malapena 9 milioni di $ di incasso negli USA…) che ha avuto in patria e nel resto del mondo.
E, abbiamo visto, Sarah J. non ha per niente imparato la lezione.
Consigli: Evitare, evitare, evitare! C’è una Sarah Jessica assolutamente più interessante in film come “Ed Wood” e “Hocus Pocus” o “Il clu delle prime mogli”. La attendiamo nel prossimo “Capodanno a New York” (no, per carità, non è un nuovo cinepanettone, ma il nuovo film di Garry Marshall – seguito naturale di “Appuntamento con la’more” – il cui titolo originale è “New eyar’s eve”) per vedere se, in effetti, qualcosa è cambiato…
Parola chiave: Famiglia.
Trailer
Ric
Film 334: " Ma come fa a far tutto?" (2011) di Douglas McGrath
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Sarah Jessica Parker dovrebbe ormai aver imparato che non si vive di rendita tutta la vita. Dico dovrebbe perché il secondo capitolo di “Sex and the city”, dopo il clamoroso successo del primo (più di 400 milioni di $), ha incassato a malapena la metà del suo predecessore con, inoltre, annesse critiche molto pesanti alle 4 protagoniste di cui a capo sappiamo esserci proprio la nostra cavallona. Passare da quattro Golden Globes e un Emmy a un Razzie Award come peggiore attrice dell’anno non è esattamente ciò che si definisce un salto di qualità. E la nostra anoressica equina amica avrebbe dovuto capire che, per impegnarsi a non ripetere lo scivolone, sarebbe dovuta correre ai ripari.
Peccato che la sua mossa successiva sia questa pellicola fiacca e loffia, moscia come un qualunque soufflé che ha deciso di sgonfiarsi dopo una buona premessa di partenza. Già perché se l’idea della madre tuttofare che però non vuole rinunciare alla carriera ha un sapore di stantio che è inutile parlarne, diciamo che dal trailer si poteva sperare in un piglio più innovativo, proprio, se mi è concesso, alla “Sex and the city”.
Ma no, qui non c’è nulla delle magnifiche quattro ragazzone attempate e arrapate e, anzi, l’approccio un po’ glam un po’ sbarazzino serve solo ad attirare i poveretti che, come me, avevano voglia di ancora un po’ del tanto conosciuto tocco al ‘carrie’.
Si potrebbe dire, invece, che di tutte le trovate (plausibilmente) piacevoli sulla carta – per es. tutto ciò che non è Sarah J. fermo immobile e la nostra eroina di casa che interloquisce direttamente con il pubblico; la lista delle cose da fare il giorno dopo che appare sul soffitto; le ‘interviste’ quasi alla reality show degli altri personaggi come la mamma rivale per rivelare qualcosa in più sulla psicologia degli altri personaggi – non ce ne sia una che aiuti la pellicola a risultare omogenea nel suo insieme. Tutto un calderone di espedienti mal mescolati che lasciano, alla fine, un’idea di discontinuità e di non omogeneità della struttura narrativa.
Sarah J., poi, incarna sempre la solita fighetta chic alto borghese (anche in “La neve nel cuore”, uno dei film più brutti ed assurdi che abbia mai visto nella mia vita) che necessita di trovare sé stessa nell’uomo che ama, la coccola e le da sicurezza. Se, per una volta, osasse davvero cambiare un ruolo cinematografico – anche fallendo, per carità… Tanto è evidente che anche interpretando sempre lo stesso personaggio non si sta aiutando – potrebbe tentare, anche, di staccarsi di dosso questa immagine sempre uguale negli anni del suo personaggio che, ormai, vive di pari passo a lei nella realtà.
Insomma, film brutto e assolutamente inutile, che merita il poco successo (a malapena 9 milioni di $ di incasso negli USA…) che ha avuto in patria e nel resto del mondo.
E, abbiamo visto, Sarah J. non ha per niente imparato la lezione.
Consigli: Evitare, evitare, evitare! C’è una Sarah Jessica assolutamente più interessante in film come “Ed Wood” e “Hocus Pocus” o “Il clu delle prime mogli”. La attendiamo nel prossimo “Capodanno a New York” (no, per carità, non è un nuovo cinepanettone, ma il nuovo film di Garry Marshall – seguito naturale di “Appuntamento con la’more” – il cui titolo originale è “New eyar’s eve”) per vedere se, in effetti, qualcosa è cambiato…
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Ma come fa a far tutto?,
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Sex and the City 2
venerdì 11 febbraio 2011
Film 215 - Tre all'improvviso
Della serie: leggerezza a gogo.

Film 215: "Tre all'improvviso" (2010) di Greg Berlanti
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Non è che serva spendere molte parole per questa pellicola. Oltre ad essere essenzialmente identica a milioni di altri prodotti riconducibili alla voce unica 'commedia americana', ha, inoltre, il non invidiabile status di commediola un po' priva di tatto (per non dire fuori luogo).
I genitori di una neonata muoiono (questo è l'incipit) e i suoi padrino e madrina le sono affidati in veste di tutori fino al compimento della maggiore età. Oltre al fatto che sa di già visto (vedi "Quando meno te lo aspetti"), la semplicità con cui viene affrontato il dolore - che un giorno c'è, quello dopo non più - è di una superficialità sconcertante. Che non sia più richiesta la verosimiglianza con la realtà, nel genere commedia? O che le uniche sofferenze siano quelle del cuore (legate alle pulsioni amorose)? Non ci è dato sapere.
Ciò, che, però, si capisce bene in questa pellicola è che:
a) Katherine Heigl è ufficialmente la nuova Julia Roberts;
b) il salto dalla tv al cinema è fattibile (in questa pellicola Katherine Heigl, Josh Duhamel, Christina Hendricks e Melissa McCarthy vengo da ruoli fissi in serie tv americane);
c) il genere 'commedia americana' non ha (quasi sempre) più niente da dire.
Desolamento sconcertante a parte, la pellicola è funzionale a una serata scaccia pensieri, dove la compagnia è il punto forte, non certo ciò che si sta guardando.
Consigli: Un ottimo sottofondo per una serata tra amici. La Heigl piace, è perfetta per questi milioni di ruoli tutti uguali.
Parola chiave: Prima ti odio poi capisco che ti amo (è il riassunto della trama, lo so).
Ric

Film 215: "Tre all'improvviso" (2010) di Greg Berlanti
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Non è che serva spendere molte parole per questa pellicola. Oltre ad essere essenzialmente identica a milioni di altri prodotti riconducibili alla voce unica 'commedia americana', ha, inoltre, il non invidiabile status di commediola un po' priva di tatto (per non dire fuori luogo).
I genitori di una neonata muoiono (questo è l'incipit) e i suoi padrino e madrina le sono affidati in veste di tutori fino al compimento della maggiore età. Oltre al fatto che sa di già visto (vedi "Quando meno te lo aspetti"), la semplicità con cui viene affrontato il dolore - che un giorno c'è, quello dopo non più - è di una superficialità sconcertante. Che non sia più richiesta la verosimiglianza con la realtà, nel genere commedia? O che le uniche sofferenze siano quelle del cuore (legate alle pulsioni amorose)? Non ci è dato sapere.
Ciò, che, però, si capisce bene in questa pellicola è che:
a) Katherine Heigl è ufficialmente la nuova Julia Roberts;
b) il salto dalla tv al cinema è fattibile (in questa pellicola Katherine Heigl, Josh Duhamel, Christina Hendricks e Melissa McCarthy vengo da ruoli fissi in serie tv americane);
c) il genere 'commedia americana' non ha (quasi sempre) più niente da dire.
Desolamento sconcertante a parte, la pellicola è funzionale a una serata scaccia pensieri, dove la compagnia è il punto forte, non certo ciò che si sta guardando.
Consigli: Un ottimo sottofondo per una serata tra amici. La Heigl piace, è perfetta per questi milioni di ruoli tutti uguali.
Parola chiave: Prima ti odio poi capisco che ti amo (è il riassunto della trama, lo so).
Ric
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