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venerdì 2 agosto 2024

Film 2222 - Boyz n the Hood

Intro: Finalmente in pari con le pellicole viste di recente (farò una veloce eccezione con "Deadpool & Wolverine" che vado a vedere questa sera), torno sui miei passi alla lista di film che ho visto l'anno scorso e ho lasciato indietro qualche mese fa. Si ricomincia da questa classico.

Film 2222: "Boyz n the Hood" (1991) di John Singleton
Visto: al cinema
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: ne avevo sempre sentito parlare ed ero curioso di recuperarlo, senza che mai ci fosse l'occasione giusta per farlo. E' successo l'anno scorso quando Cineworld ha riproposto la pellicola al cinema.
Onestamente non sapevo cosa aspettarmi né se "Boyz n the Hood" mi sarebbe piaciuto, considerato le tematiche a me poco familiari. In realtà sono rimasto molto colpito dalla visione.
Certo si tratta di un film non facile, la storia costellata di omicidi e promesse che mai si potranno avverare, con la possibilità di un futuro migliore difficile da raggiungere per i suoi protagonisti che, a causa del luogo in cui crescono, sono costretti ad assistere a numerosi episodi di violenza (che inevitabilmente chiama altra violenza). Provare a costruirsi la possibilità di un futuro diverso e migliore è complesso.
In mezzo a tutto questo, le relazioni umane, la famiglia, gli amici e le rivalità tra gang, omicidi a sangue fretto che chiamano altra violenza in una promessa di vendettà che è in realtà senza fine e non fa altro che portare via altre giovani vite.
E' una storia straziante, un pugno nello stomaco dietro l'altro anche quando, nel finale, qualcuno effettivamente ce la fa ad allontanarsi dalla realtà violenta del quartiere, il famoso "hood" del titolo.
Cast: Ice Cube, Cuba Gooding Jr., Morris Chestnut, Nia Long, Angela Bassett, John Singleton, Regina King, Tyra Ferrell, Larry Fishburne.
Box Office: $57.5 milioni
Vale o non vale: Storia potente e ben raccontata, con un cast di giovani talenti che spazia tra due futuri premi Oscar (Cuba Gooding Jr. e Regina King), il rapper Ice Cube e due tra le star di Hollywood più conosciute, ovvero Angela Bassett e Larry Fishburne (che, tra l'altro, due anni dopo saranno i protagonisti del biopic su Tina Turner "What's Love Got to Do with It"). Insomma, "Boyz n the Hood" ha fin da subito tutti gli elementi per essere una grande pellicola. Farà di più, però, passato alla storia come uno dei titoli più significativi nel suo genere. Assolutamente da vedere.
Premi: Candidato a 2 premi Oscar per Miglior regia e Miglior sceneggiatura originale. Nominato all'Mtv Movie + TV Awards per Best Movie e vincitore per Best New Filmmaker (Singleton).
Parola chiave: Futuro.
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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 13 agosto 2021

Film 1808 - Snatch

Intro: Secondo film del tour argentino-cileno, questa volta siamo (secondo il geotag del mio telefono) a Esquel, nella provincia argentina del Chubut. E' il 29 settembre 2019. Ricordo perfettamente quell'occasione, ricordo l'appartamento (più che altro casa su due piani!) che prendemmo in affitto, la serata a base di vino "Benjamin" e io e Luca che ci sfidiamo a fare la verticale contro il muro.
Potessi tornare in Argentina sarei già lì.

Film 1808: "Snatch" (2000) di Guy Ritchie
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Karen, Lucas, Sere, Luca
In sintesi: diciamoci pure la verità: se ho capito la metà dei dialoghi di questo film è già molto. Tra l'accento Irish-Traveller di Brad Pitt e il resto dei protagonisti con accento British è francamente un miracolo che all'epoca sia riuscito a capire qualcosa. Poi, per carità, la storia si segue comunque, ma probabilmente rivisto oggi la pellicola cult di Guy Ritchie ex Ciccone avrebbe un altro sapore.
Che poi, se c'è qualcosa per cui è famoso Ritchie - che oggi dirige pellicole Disney come "Aladdin" - è proprio quello stile dinamico della sua regia, praticamente una coreografia continua che acquista di valore grazie a un montaggio che ne esalta la visione finale d'insieme. E se c'è qualcosa per cui rimane impresso questo "Snatch" (a parte gli addominali di Brad Pitt) è decisamente il suo grande impatto visivo.
Cast: Benicio del Toro, Dennis Farina, Vinnie Jones, Brad Pitt, Rade Šerbedžija, Jason Statham, Ewen Bremner.
Box Office: $83.6 milioni
Vale o non vale: Divertemte, veloce, molto sopra le righe, insomma un distillato degli elementi che caratterizzano la filmografia di Ritchie. Gli appassionati apprezzeranno.
Premi: /
Parola chiave: Diamante.

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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 4 luglio 2021

Film 2025 - Nobody

Intro: A inizio anno al top del box-office americano, ero sinceramente curioso di capire se si trattasse effettivamente di una pellicola interessante. 

Film 2025
: "Nobody" (2021) di Ilya Naishuller
Visto: dall'iMac
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: il genere action non mi dispiace, anche se non posso professarmi fan accanito, per cui mi sono approcciato a questa pellicola con una certa cautela, diciamo. Il primo "Taken", per esempio, non mi era per niente dispiaciuto, ma la violenza spropositata della saga di "John Wick" mi aveva lasciato un po' perplesso.
Questo "nobody" in un certo senso è una via di mezzo, se non forse proprio un prodotto più a sé, più spiritoso e divertito, estremamente supportato da un montaggio che è parte della storia, per un risultato finale violentissimo che, però, appare meno pesante di altri titoli simili (vedi sopra, appunto). Bob Odenkirk, poi, è un grandissimo protagonista: chi se lo sarebbe mai aspettato? Non tanto da un punto di vista recitativo, per cairtà, ma più che altro perché non parebbe avere il physique du rôle adatto al ruolo. E invece da solo traina tutta la baracca. Bravo.
Insomma, "Nobody" è inaspettatamente un buon prodotto che riesce grazie a una connotazione personale spiccata a risaltare rispetto alla massa di produzioni simili a cui il mainstream ci ha ampiamente abituato. Violentissimo e noncurante della distruzione e morte che lascia dietro di sé, questo film picchia duro dove conta: la narrazione, le botte e un protagonista che rimane impresso. Nonostante non sia nessuno.
Cast: Bob Odenkirk, Connie Nielsen, Aleksei Serebryakov, RZA, Michael Ironside, Colin Salmon, Christopher Lloyd.
Box Office: $55.5 milioni (ad oggi)
Vale o non vale: Violento, montato a regola d'arte e con un Bob Odenkirk in grandissima forma (fisica), "Nobody" non è certo una pellicola per tutti, ma è decisamente uno spasso da seguire. Basta non concentrarsi troppo sulle innumerevoli morti e la generale devastazione di proprietà.
Premi: /
Parola chiave: Kitty cat bracelet.

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#HollywoodCiak
Bengi

martedì 8 giugno 2021

Film 2017 - Kung Fu Hustle

Intro: Pomeriggio cinematografico in cucina insieme a Rafael, mi sono lasciato convincere a vedere questo film.

Film 2017: "Kung Fu Hustle" (2004) di Stephen Chow
Visto: dall'iMac
Lingua: inglese
Compagnia: Rafael
In sintesi: onestamente una delle pellicole più fuori dal comune che abbia visto nell'ultimo periodo. Non necessariamente in un'accezione negativa, ma sicuramente un prodotto che si differenzia drasticamente da ciò cui sono abituato e/o in generale scelgo di vedere.
E' inteso come un'esagerazione del genere delle arti marziali che mixa elementi comici a tonalità western, il tutto tenuto insieme da effetti speciali volutamente esagerati ed incredibili.
Ora, considerato che Rafael me lo avesse venduto come un film estremamente divertente, devo dire che ho un po' dovuto lottare con me stesso per riuscire ad ingranare con il ritmo del racconto, specialmente perché nella prima parte si fatica ad identificare il personaggio principale e quale sia la storia che la sceneggiatura stia tentando di mettere in scena. Una volta compresi i meccanismi narrativi e presa familiarità con la comicità che contraddistingue questo tipo di humor, ametto che ho trovato il tutto sufficientemente piacevole.
Detto questo, un titolo che non rivedrei.
Cast: Stephen Chow, Danny Chan, Yuen Wah, Yuen Qiu, Eva Huang, Leung Siu-lung.
Box Office: $102.8 milioni
Vale o non vale: Per essere un film sulle arti marziali è meno rapido e frenetico di quanto mi sarei aspettato. Anzi, ad essere onesti ci sono un sacco di scene piuttosto lente o che utilizzano la tecnica dello slow motion per enfatizzare la drammaticità o spettacolarità di certe scene. A parte questo aspetto tecnico, comunque, la comicità presentata da questo "Kung Fu Hustle" è demenziale a dir poco, quindi non necessariamente gradita a tutti. Personalmente l'ho trovata efficace a tratti, ma non necessariamente soddisfacente nel totale.
Insomma, questo film si lascia guardare, ma per quanto mi riguarda è stato più per riuscire a capire dove cavolo si volesse andare a parare.
Premi: Candidato al BAFTA e al Golden Globe come Miglior film straniero.
Parola chiave: Lecca lecca.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 2 luglio 2018

Film 1501 - Dope

Intro: E’ stato proiettato in anteprima italiana un paio di edizioni fa al Biografilm Festival – se non ricordo male – ed ero rimasto con la curiosità di capire di cosa trattasse, soprattutto perché vantava la produzione nientemeno che di Pharrell.
Film 1501: "Dope" (2015) di Rick Famuyiwa
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Fre
In sintesi: in questo film c’è molta gioventù (come direbbe mia nonna). In effetti gli attori sono tra lo sconosciuto e l’appena famoso, per un cast eterogeneo e molto cool;
la storia è divertente e funziona e, soprattutto, non delude. La vicenda del gruppo di amici un po’ nerd, il casino con la droga, le ambientazioni gangasta’, il retrogusto anni ’80, la periferia americana, la bella fotografia soleggiata, tutto questo si mixa insieme alla perfezione e crea un prodotto originale e fresco, molto giovane (nonna again) e sicuramente molto americano contemporaneo.
Cast: Shameik Moore, Tony Revolori, Kiersey Clemons, Kimberly Elise, Chanel Iman, Keith Stanfield, Blake Anderson, Zoë Kravitz, ASAP Rocky.
Box Office: $18 milioni
Vale o non vale: figlio della cultura americana e di una porzione dell’immagine giovanile di oggi (nonna esci dal mio corpo), “Dope” è un buon prodotto che bazzica l’indie e l’indipendente facendo incontrare gusti vintage, anima contemporanea, una buona colonna sonora e una storia che riesce ad intrattenere senza mai annoiare.
Premi: /
Parola chiave: Bitcoin.

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Bengi

venerdì 20 gennaio 2017

Film 1285 - West Side Story

Non lo avevo mai visto e, francamente, era davvero ora di recuperare!

Film 1285: "West Side Story" (1961) di Jerome Robbins, Robert Wise
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: nessuno
Pensieri: Il ricordo più intenso ed incisivo, nonché il primo, su questo film deriva dalla mia giovanile esperienza universitaria al DAMS, nello specifico dal corso di Storia del cinema. Tra gli approfondimenti a piacere scelsi, nell'ormai lontano 2007, "Introduzione al cinema di Hollywood" di Franco La Polla, una lettura che spesso mi torna alla mente nonostante gli ormai 10 anni passati dall'occasione di studio.
L'opinione di La Polla è piuttosto inequivocabile: "West Side Story" è il musical che negli anni '60 ha ucciso il genere del musical. Lo cito, così da fugare ogni perplessità:

E infine il film che fu salutato come il rinnovamento quando in realtà era giunto a sotterrare il genere, West Side Story («West Side Story», 1961) di Robert Wise. Variazione sul tema di Giulietta e Romeo, la pellicola può vantare le belle coreografie di Jerome Robbins, ma non molto di più. Il problema è che nel mondo onirico del musical non c'è posto per i problemi sociali e sociologici. [...] sarà bene ricordare che anche più del teatro musicale il musical cinematografico affida il suo fascino alla componente eufemistica delle sue storie e della sua costruzione sia scenografica che coloristica. Affossare quest'ultima significa affossare il musical. Intendiamoci, non esiste alcun colpevole, si tratta soltanto di un diverso modo di sentire che negli anni si è fatto strada e che ha portato il genere alla sua consunzione nei termini in cui esso era noto e caro alle platee. Nel caso di West Side Story, poi, la bontà dei numeri di danza è indiscutibile, ma lo è altrettanto la loro secondarietà rispetto agli intenti primari del film, vale a dire il racconto di una storia d'amore e di morte. Già questo secondo elemento è alquanto inusitato nel panorama del musical classico, ma se vi si aggiunge anche una problematica sociale quale quella dell'emarginazione giovanile, è evidente che ci si trova davanti a un oggetto di natura a dir poco ambigua. Ne esce un'opera dove le convenzioni sceniche e drammaturgiche, tipiche del musical, diventano manierismo (La Polla, p. 141). 

Negli anni queste parole sono rimaste dentro di me, più che altro a solleticare la curiosità e un certo sano scetticismo nei confronti di una convinzione tanto radicale quanto certamente provocatoria. Rimaneva la necessità di un'opinione personale da affiancare a un parere tanto radicale quanto importante.
Dato che le parole di La Polla le sono andate volutamente a rileggere solo oggi, da un certo punto di vista mi fa piacere constatare che qualcuna tra le cose scritte da lui emerge anche dai miei appunti sul film. Niente di così elaborato, per carità. Tra le cose che ho notato durante la visione, sicuramente le belle riprese dall'alto che esaltano i numeri di danza, oltre che certe scelte registiche interessanti che, attraverso movimenti eclatanti di macchina (come gli sguardi diretti in camera o le chiusure dei numeri più sincopati), conferiscono alla pellicola un approccio moderno. Detto questo, la maggior parte delle volte ho trovato, però, che le riprese fossero meno dinamiche di quanto mi sarei aspettato e più semplicemente una sorta di avanti e indietro in carrellata, a dare un ritmo "musicale" direttamente attraverso la ripresa della scena, invece che tramite le scelte del montaggio. Oggi a mio avviso è più quest'ultimo a costruire il senso del ritmo di un'opera cinematografica nel suo complesso.
Al di là di questo, "West Side Story" mi ha coinvolto a fasi alterne. Il ritmo è altalenante e la storia si prende davvero molto tempo per girare attorno a quelli che saranno gli snodi principali del film, per cui inizialmente ho un po' faticato ad ingranare. Certe scelte di cast - in un'epoca in cui ad Hollywood le parti etniche erano solo un po' di lavoro in più per trucco e maestri di dizione e le esigenze di un ruolo qualcosa in secondo piano rispetto al richiamo del nome illustre - non mi hanno davvero convinto e tutto quel cerone per rendere più scuri alcuni degli attori mi ha più volte distratto. Per entrare maggiormente nello specifico, sono sicuro che qualcuno più adatto di Natalie Wood nei panni di Maria (e che magare potesse anche cantare) si potesse trovare e George Chakiris non mi è sembrato davvero così in parte da meritarsi un Oscar (senza contare il fatto che è di origini greche, non ispaniche). La vera "regina" di questa storia è la fantastica Anita, ovvero una strepitosa e magnetica Rita Moreno che canta e balla come un'indemoniata e nella cui grinta ho ritrovato una sorta di antesignana e molto più raffinata Nicki Minaj. Senza contare che l'attrice è nata a Humacao, Porto Rico.
Per quanto riguarda le canzoni, invece, alcune sono davvero belle ("America" la più incisiva, il momento della sfida di ballo tra le bande rivali nella sala da ballo è stupendo) e capaci di comunicare lo stato d'animo dei personaggi e gli sviluppi narrativi attraverso i loro versi. Non a caso si tratta di un adattamento cinematografico di un musical (di Broadway), dove la necessità di far progredire la narrazione prevede l'utilizzo delle canzoni non solo come strumento di intrattenimento, ma di vero e proprio dialogo e racconto. In questo è piuttosto evidente la genialità dei testi, i quali sfruttano brillantemente le strofe per dipingere un quadro della situazione che non si limita alla sola storia, ma include anche il contesto sociale in cui i personaggi sono immersi: un elemento ben sviluppato e vincente di "West Side Story" e credo uno di quelli che ho preferito in assoluto.
In definitiva, comunque, la visione di questo film è stata il dovuto completamento di un puzzle dal pezzo mancante che, però, non mi ha del tutto soddisfatto. La fredda frigidità di Natalie Wood mi ha infastidito, il pesante "trucco portoricano" è fastidioso e certi passaggi si sarebbero potuti sforbiciare ampiamente (di certo l'overture è saltabile e i titoli di coda sembrano belli all'inizio, ma alla lunga sembrano solo interminabili). Pure, ho amato Rita Moreno (cui certamente ora so spettare l'Oscar vinto), i bellissimi costumi e le straordinarie scenografie e coreografie pensate per balli che sembrano immaginati per un numero infinito di ballerini. Non so se "West Side Story" abbia decretato la definitiva dipartita del genere musical - sono curioso di vedere cosa ha in serbo "La La Land" -, a me sembra che nonostante tutto sia un titolo capace ancora oggi di attrarre il non facile status di culto, per cui preferisco evitare estremismi. Per quanto mi riguarda non è stata una pellicola sconvolgente, pur riuscendo per certi aspetti a rimanermi impresso. Mi aspettavo altro e certamente sono stato influenzato e "deviato" dal background di genere che mi sono costruito negli anni ("Into the Woods", "Nine", "Evita", "Sweeney Todd", "Come d'incanto", "8 donne e un mistero", "Cry Baby", "Chicago" e ovviamente quei capolavori che sono "Nightmare Before Christmas" e "Moulin Rouge!" oltre che chissà quali altri titoli che ora non ricordo), in ogni caso recuperarlo è stata la scelta giusta per farmi finalmente un'idea su questa porzione di storia del cinema americano.
Ps. 11 candidature agli Oscar del 1962 e 10 premi vinti: Miglior film, regia (per la prima volta andato a due persone), attore e attrice non protagonisti, fotografia, costumi, scenegorafie, sonoro, montaggio e colonna sonora. L'unico a perdere fu Ernest Lehman per la sceneggiatura non originale che, quell'anno, andò a Abby Mann per "Vincitori e vinti".

Cast: Natalie Wood, Richard Beymer, Rita Moreno, George Chakiris, Russ Tamblyn, Simon Oakland, Ned Glass, William Bramley.
Box Office: $43.7 milioni
Consigli: Una pellicola che vince 10 premi Oscar, tra cui Miglior film, diciamocelo: va vista. Se si ama il cinema, credo che la scelta prima o poi sia come obbligata, se si amano i musical o titoli d'epoca ancora di più. Le gigantesche scenografie permettono una libertà di movimento che spinge i numeri musicali ad osare e confrontarsi con un numero inusualmente alto di persone, il che li rende davvero d'effetto (e il corpo di ballo che non si risparmia). Certo, non è una scelta buona per ogni occasione sia perché si tratta di un prodotto musicale che si esprime anche attraverso la musica, sia perché dura due ore e mezza belle piene. Insomma, serve il momento buono.
Parola chiave: Bande rivali.

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Bengi

mercoledì 26 ottobre 2016

Film 1228 - The Fast and the Furious: Tokyo Drift

Continuando la saga con testardo ottimismo!

Film 1228: "The Fast and the Furious: Tokyo Drift" (2006) di Justin Lin
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Per il momento, questo terzo è l'episodio più alla frutta di tutti. Detto addio al cast originale - ma poi ovviamente ci sono i cameo - e alle location americane, la storia si trasferisce in Giappone e viene affidata ad un protagonista antipatico, oltre che un attore incapace (Black). Bullo e ribelle, il personaggio di Sean, che a casa sua a malapena riesce a non farsi ammazzare, sradicato dal suo contesto d'origine si inserisce all'interno della cultura giapponese con una facilità disarmante. Non parla la lingua, ma segue già le lezioni in classe. Non conosce nessuno, ma in due secondi è già invischiato nel giro giusto delle macchine giuste con la gente giusta che fa le corse giuste. Ovvero fa a Tokyo quello che faceva in Arizona (due genitori che neanche Sherlock Holmes), solo che deve capire di cosa si tratta. Ovviamente le gang di Tokyo sono solo parzialmente composte da gente del luogo, perché per il resto si tratta di occidentali e latini. Così almeno Sean parla con qualcuno.
Dopo aver steso i numerosi veli pietosi del caso, sentenzio che "The Fast and the Furious: Tokyo Drift" è un film orrendo e idiota, inutile quanto e perfino di più dei suoi predecessori. Letteralmente tanto rumore per nulla.
Film 1210 - Fast and Furious
Film 1215 - 2 Fast 2 Furious
Film 1256 - Fast & Furious - Solo parti originali
Film 1350 - Fast & Furious 5
Film 1355 - Fast & Furious 6
Film 1365 - Fast & Furious 7
Film 1456 - Fast & Furious 8
Cast: Lucas Black, Nathalie Kelley, Sung Kang, Bow Wow, Brian Tee, Vin Diesel, Leonardo Nam, Nikki Griffin.
Box Office: $158.5 milioni
Consigli: Non c'è nulla di male nei film d'azione tutti adrenalina e sfoggio del nulla, quando sono divertenti. "Tokyo Drift", invece, ci crede talmente tanto che non diverte. Intrattiene poco, ha protagonisti assolutamente bidimensionali, una trama prevedibilissima e finisce con l'abbassare (ulteriormente) la qualità del franchise. Tra i primi 3 titoli è certamente il più debole.
Parola chiave: Drifting.

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Bengi

venerdì 23 settembre 2016

Film 1215 - 2 Fast 2 Furious

Ed ecco il secondo, rombante capitolo di una saga che ancora non mi ha saputo conquistare...

Film 1215: "2 Fast 2 Furious" (2003) di John Singleton
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: Senza troppi giri di parole, la saga non mi ha convinto nemmeno con questo secondo, turbinoso giro. Gran caos di rombate, sterzate e inchiodate, "2 Fast 2 Furious" non riesce comunque a realizzare l'unico intento che un film dovrebbe avere: raccontare una storia.
C'è sicuramente molta azione, molte macchine e molta velocità, ma la strafottenza di un franchise che a parte il pomparsi sotto ogni profilo altro non sa fare, lascia quegli spettatori non particolarmente interessati allo spettacolo proposto, senza un qualsiasi motivo di interesse.
Film 1210 - Fast and Furious
Film 1228 - The Fast and the Furious: Tokyo Drift
Film 1256 - Fast & Furious - Solo parti originali
Film 1350 - Fast & Furious 5
Film 1355 - Fast & Furious 6
Film 1365 - Fast & Furious 7
Film 1456 - Fast & Furious 8
Cast: Paul Walker, Tyrese Gibson, Eva Mendes, Chris "Ludacris" Bridges, Devon Aoki, James Remar, Thom Barry, Cole Hauser.
Box Office: $236.3 milioni
Consigli:
Parola chiave: Carter Verone.

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Bengi

lunedì 12 settembre 2016

Film 1210 - Fast and Furious

E cominciamo anche questa saga che a quanto pare ha saputo conquistare tutti. Io sono sempre stato scettico, ma avendo dato una chance a tutti e quattro gli orrendi "Twilight", posso permettermi di vedere anche 7 film su delle gare di macchine...

Film 1210: "Fast and Furious" (2001) di Rob Cohen
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Poe
Pensieri: In tutta onestà di questa pellicola le due cose che ricordo più vividamente sono la totale assenza di una trama e l'accigliato sguardo gangsta della per-sempra-Ana-Lucia-di-"Lost" Michelle Rodriguez che evidentemente ricollega l'essere ghetto dentro con l'inarcamento spasmodico del sopracciglio.
A prescindere da questi due elementi che considero i più caratterizzanti di questo primo "Fast & Furious", il risultato finale mi è parso un po' insapore e molto caotico oltre che rumoroso. Poe mi ha assicurato che man mano che il franchise ha prodotto nuovi titoli la situazione è migliorata, quindi attendo fiducioso che le cose si facciano più interessanti. Per il momento possono essere furiosi e veloci quanto vogliono, il risultato finale è un film inutile.
Film 1215 - 2 Fast 2 Furious
Film 1228 - The Fast and the Furious: Tokyo Drift
Film 1256 - Fast & Furious - Solo parti originali
Film 1350 - Fast & Furious 5
Film 1355 - Fast & Furious 6
Film 1365 - Fast & Furious 7
Film 1456 - Fast & Furious 8
Cast: Vin Diesel, Paul Walker, Michelle Rodriguez, Jordana Brewster, Rick Yune, Chad Lindberg, Ja Rule.
Box Office: $207.3 milioni
Consigli: Macchine e proprietari pompati a mille, donne cazzute, agenti sotto copertura e il piede su un acceleratore che da 0 arriva ad infinito. Le gare fracassano i timpani, la recitazione è imbarazzante e in definitiva si tratta di un lavoro neppure sufficiente. Per appassionati, davvero.
Parola chiave: Camion.

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mercoledì 18 febbraio 2015

Film 880 - John Wick

Critiche positive parlavano di una rinascita di carriera. Incassi non stratosferici, ma buoni lasciavano ben sperare. Il trailer, poi, aveva già solleticato la curiosità necessaria. Non mancava che recuperarlo...

Film 880: "John Wick" (2008) di Chad Stahelski, David Leitch (uncredited)
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Definirlo adrenalinico è riduttivo. "John Wick" è un film carico, che spinge sull'acceleratore fin da subito, regalando la possibilità al suo protagonista John Wick/Keanu Reeves due cog***ni così. Ed è un bene, perché è proprio quello che volevamo da questa pellicola!
Potremmo definirlo quasi un one man show, con il Sig. Wick al centro di un tripudio di sparatorie, scazzottate, inseguimenti, randellate e chi più ne ha più ne metta. Tutti i poveretti che avranno l'ardire di mettersi sulla sua strada soccomberano, riducendo di fatto la storia ad una narrazione in solitaria delle gesta del protagonista, nonostante sullo sfondo i comprimari non manchino di avere un nome proprio (tra i più famosi Michael Nyqvist, Alfie Allen, Willem Dafoe, Adrianne Palicki, John Leguizamo, Ian McShane e Bridget Moynahan solo nei flashback).
Devo dire che questo ritorno duro e crudissimo di Reeves al cinema mi è piaciuto assai. La sua calma apparente, il suo viso gentile dai bei lineamenti sono un toccasana per un genere cinematografico come quello dell'action con l'eroe che uccide a mani nude metà della popolazione mondiale in nome di un solo granitico principio (qui l'uccisione della cagnolina regalatagli dalla moglie morta). Gli ormai stantii Schwarzenegger, Stallone, Seagal, Van Damme, anche Statham, sono tutti capaci di prodursi sempre nella stessa cosa, sempre nella stessa espressione, sempre nel solito cliché, mentre l'approccio di questo "John Wick" e del suo - spesso sottovalutato - interprete sono una ventata fresca per chi apprezza il genere. Francamente io ho trovato piacevole anche "47 Ronin", ma poi son gusti.
In ogni caso ben tornato Keanu Reeves - appena visto sul tappeto rosso del Sundance con l'ultima fatica horror di Eli Roth, "Knock Knock" - nella speranza che questo titolo, come già hanno sentenziato i Razzie Awards 2015, sia un buon segno per una rinascita della sua carriera.
Ps. Una delle prime cose che ti colpisce del film è sicuramente che tra i produttori c'è nientemeno che Eva Longoria.
Box Office: $78.7 milioni
Consigli: Non certo una pellicola per tutti, "John Wick" è un action thriller che della violenza fa il suo cavallo di battaglia. Vendetta, vendetta e ancora vendetta a suon di proiettili e obiettivi umani fino a raggiungere colui che ha risvegliato la bestia ormai quietata, lo sfortunato figlio scemo di papà interpretato da Alfie Allen (fratello della cantante Lily, nonché Theon Greyjoy de "Il trono di spade"). Chi ama il generico spaccatutto-spaccotutto sarà molto felice di constatare che all'età di 50 anni tondi Keanu Reeves sia ancora in grado non solo di sembrare giovane e atletico, ma soprattutto di fare un c*lo così a tutti. E' davvero un piacere per gli occhi e ti gasa da morire. Certo, fa un po' effetto pensare alla carneficina che propina questa pellicola, ma hey, se lo volete guardare sapete esattamente a cosa andate incontro! E allora, in quest'ottica, "John Wick" è da vedere.
Parola chiave: Cane.

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martedì 17 aprile 2012

Film 382 - Gran Torino

Sperando che non sia davvero il suo ultimo film anche come attore, rivediamo una pellicola che è già di culto.


Film 382: "Gran Torino" (2008) di Clint Eastwood
Visto: dalla tv del Puffo
Lingua: italiano
Compagnia: Andrea Puffo, Andrea, Marco, Diego
Pensieri: Come dicevo qualche tempo fa, non sempre il lavoro di Clint mi lascia pienamente soddisfatto, ma in questo caso posso dire che siamo di fronte ad uno dei suoi più recenti capolavori. Può un 82enne 4 volte premio Oscar riuscire ancora a produrre qualcosa che desti la curiosità del pubblico, nonché ispiri al dialogo? Caso raro, eppure siamo di fronte alla famosa eccezione.
Tornato nei panni dell'uomo da strada, selvaggio ma composto, figlio di una sofferenza tutta d'un pezzo che non da tregua, il nostro produttore-regista-attore-qui anche cantante, da il meglio di sé in un ruolo da protagonista che finirà, probabilmente, negli annali. Il suo Walt Kowalski è burbero e scontroso, solitario e razzista eppure non si sottrae da quello che vede accadergli proprio sotto il naso. Minacciati e picchiati, i vicini hmong di Walt rischiano la vita a causa del cugino "Spider" che vorrebbe il più piccolo Thao/Bee Vang tra gli 'adepti' della sua gang. Ci vorrà tutta la "persuasione" del vedovo Walt a fargli cambiare idea, anche a costo di un enorme sacrificio.
Forte di un artista della grandezza di Clint, "Gran Torino" riesce a perlustrare efficacemente un personaggio difficile come quello qui presentato, rappresentando - senza mai volerle celare - luci e ombre di un essere umano che il lavoro in fabbrica e la guerra in Corea, oltre che la recente scomparsa della moglie, hanno tentato più volte di mettere in ginocchio. Incorruttibile e coerente, risulta essere il naturale proseguimento di vita di uno qualunque dei mitici personaggi interpretati da Eastwood durante la sua lunghissima carriera.
Potente come un pugno nello stomaco - il finale è commovente - e poetico allo stesso tempo, "Gran Torino" è una di quelle pellicole che si basa sullo spessore del suo personaggio principale e vive, di riflesso, della stessa inaspettata grandezza. Sarà un caso che, al box office mondiale, sia riuscito ad incassare $269,958,228 (33milioni sono stati spesi per produrlo)? Eppure, sulla carta, non era certo un successo assicurato: protagonista 80enne, nessun'altro attore famoso di richiamo, una trama impegnata su un tema quasi sconosciuto (Hmong chi?) e una narrazione non certo da videoclip. Ma, guarda un po', Clint l'ha spuntata un'altra volta. E con gran classe.
Ps. Una sola nomination ai Golden Globes per la Miglior canzone originale e nessun altro grande riconoscimento in patria. In Europa, invece, la pellicola ha riscosso più consensi: Miglior film ai César (Francia), Fotogramas de Plata (Spagna e David di Donatello (Italia).
Consigli: Bello e con l'anima. Uno dei più riusciti film di Eastwood dell'ultimo periodo. Assolutamente da avere, vedere e rivedere!
Parola chiave: Gran Torino (l'auto).

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Ric

domenica 22 agosto 2010

Film 129 - Brotherhood

Dopo mesi estivi di silenzio, torno davanti alla tastiera finalmente per scrivere qualcosa. L'estate non è ancora finita e, anche se pensavo avrei lasciato la voglia di scrivere al rinnovato fresco, mi ritrovo con una marea di film di cui parlare ed effettivamente una certa voglia di ritornare sul blog.
Bene, dunque, nonostante mi sia dedicato anima e corpo a non far nulla, qualche filmetto (e una serie tv - "Studio 60 on the Sunset Strip" - che consiglio caldamente. Una sola stagione, ma davvero interessante per capire la tv americana) c'è scappato. Poco cinema e molto dvd o streaming.
Ovviamente si riprende da dove avevo lasciato - parliamo di fine giugno/inizio luglio - per rispettare rigorosamente l'elenco del 'visto' che necessita decisamente di essere aggiornato! Tra l'altro questa è la prima recensione dalla nuova postazione casalinga, finalmente resa accettabile dopo lavori e rogne, quindi motivo in più per rimboccarsi le maniche e riprendere di buona lena!
Si riapre con qualcosa di forte, che sicuramente ha scosso chi ha deciso di vedere la pellicola in questione...


Film 129: "Brotherhood" (2009) di Nicolo Donato
Visto: al cinema [anteprima]
Lingua: italiano
Compagnia: Federica, Stefano, Dario, Enrico
Pensieri: No, non è esattamente come "I segreti di Brokeback Mountain" questo film. Non è così patinato, non è così sexy. Gli attori sono sconosciuti al pubblico italiano, hanno facce nordiche, alcune un po' inquietanti. Non a caso siamo in una gang neonazista danese, non proprio un ambiente pacifico e di intenti no profit.
Al dilà dell'inquietante quadro della gang, della violenza sull'altro e della presunzione del gruppo, comunque, rimane impresso nello spettatore sia l'insensata stupidaggine di chi inneggia a supremazie e violenze, sia la contrapposta delicatezza della storia d'amore che sboccia tra i due pupilli della gang.
Ovviamente non si può dire ad alta voce, il gruppo farebbe pagare cara la pelle ai due innamorati, ma è già un passo avanti la presa di coscienza del duo, contrapposta ad un silenzio assenso che in Brokeback è leggermente più fastidioso.
La trama di per sé è semplice, quanto detto finora riassume, seppure in breve, ciò che accade durante i 90 minuti di pellicola. Ovviamente c'è da mettere in conto insulti, malavita, sputi, un'ideologia spaventosa e quanto di più difficile si possa raccontare in una sola storia. Per questo lascia ben sperare che anche all'interno di un'estremità così radicale possa presentarsi l'eventualità di un amore tra due uomini. Non ci sarebbe niente di male, e lo sappiamo tutti, solo che ancora un po' sorprende il tema 'gay' e, per sdoganarlo, siamo nella fase in cui si punta a raccontare l'estremo o l'inimmaginabile. L'attenzione di chi guarda (intelligentemente) dovrebbe concentrarsi sull'approfondimento di una realtà sicuramente contemporanea e di difficile comprensione e non tanto sulla rarità sbalorditiva che potrebbe essere la storia omo tra due neonazisti.
Consigli: Interessante e giustamente premiato, è decisamente un titolo da tenere presente.
Parola chiave: Casa isolata.


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