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martedì 16 aprile 2013

Film 534 - Sparkle - La luce del successo

Ultimo film in cui compare Whitney: imperdibile, solo per lei.


Film 534: "Sparkle - La luce del successo" (2012) di Salim Akil
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Leoo
Pensieri: Storia di una corista protagonista. Ora, senza nulla togliere a questa pellicola (guardabile), possiamo dire in tutta sincerità che c'è fin troppo "Dreamgirls" in questo "Sparkle"?
Considerato quanto lo stesso "Dreamgirls" fosse anche fin troppo vicino alla storia delle Destiny's Child di cui Beyoncé fa-e-non-fa-quando-le-pare-parte, qui anche se la Knowles non c'è, il collegamento - seppure involontario suppongo - è ancora più forte: una lead singer affascinante e magnetica che oscura le sorelle coriste (di cui una talmente bidimensionale che era impossibile non fare un paragone con l'ultima ad arrivare nelle Destiny's, Michelle Williams) e si becca per una buona parte del film tutte le attenzioni di pubblico e media. Vi suona familiare?
Chiunque abbia un minimo di familiarità sia con la storia del gruppo di origine di Beyoncé Knowles e socie, sia con la storia della pellicola del 2006, noterà o avrà certamente notato che le somiglianze ci sono, volute o meno. Quindi, di partenza, la cosa mi ha infastidito.
Ma non è finita qui, perchè tra le due pellicole c'è anche la stessa idea di fondo: raccontare la storia delle Supremes di Diana Ross. In questa, l'ispirazione è tratta dal precedente "Sparkle" del 1976, in "Dreamgirls", invece, ispirandosi all'omonimo musical di Broadway.
Tralasciando il fatto che essendoci ben due prodotti cinematografici identici, il bisogno di realizzare la storia della ragazzina timida-ma-con-talento Sparkle non c'era, il film è godibile, anche se davvero nulla di che. Inoffensivo e, ripeto, anche guardabile, ma di fatto non avrebbe ottenuto nemmeno le poche attenzioni che ha avuto a seguito della scomparsa della Houston. Quest'ultima, poi, ha un ruolo, per la maggior parte della storia, non ben comprensibile. Vuole bene alle sue figlie, ma le tratta da recluse, è tanto autoritaria e sicura delle sue idee da risultare cieca di fronte all'evidenza, tanto dura da essere antipatica; poi, nel finale, un amore di mamma. Ora, quello che non ho capito non è il tentativo di costruzione del personaggio (a mio avviso fallito), ma il perchè di tanto accanimento: c'era bisogno di rendere Emma in maniera tanto negativa all'inizio, se poi nel finale si vira drasticamente per un cambiamento mal supportato da motivazioni tanto banali e prevedibili?
Va detto, comunque, che in generale nessuno dei personaggi è immune da stereotipazioni o banalizzazioni di sentimenti, sogni, ecc, con un approfondimento psicologico generale solo genericamente abbozzato. L'idea che mi ha dato tutto l'insieme è che ci fosse più interesse nel rendere al pubblico un'idea patinata e cool, con una cura maggiore per le canzoni e l'aspetto estetico. I costumi sono belli, come lo è la fotografia e la ricostruzione delle scenografie; le canzoni così così.
Di fatto ciò che più mi ha convinto di "Sparkle - La luce del successo" è la parte di Sister (tralasciamo il discorso nomi propri perchè ci sarebbe da picchiare Joel Schumacher), interpretato da una davvero magnetica Carmen Ejogo. L'attrice riesce a focalizzare tutta l'attenzione su di sé, rubando di fatto la ribalta alla più insignificante Jordin Sparks - un'altra ex reduce di American Idol, come la Jennifer Hudson di "Dreamgirls"... Ma guarda un po' - che, anche se nel finale torna ad essere protagonista, giustificando così il titolo del film che porta il nome del suo personaggio, rimane in ogni caso fregata dal ruolo più interessante di sorella bella e maledetta della Ejogo.
Whitney Houston è gonfia in viso e paffutella nelle guance, anche se sembrava effettivamente tornata in forma, Mike Epps ha un ruolo antipatico, ma riesce a renderlo bene e appare perfino un bruttissimo CeeLo Green con annesso tupé imbarazzante.
Insomma, si guarda, si ricorda Whtiney, ma per il resto si poteva fare un meglio.
Ps. $24,397,469 di incasso Americano a fronte di 14 milioni spesi per produrlo.
Consigli: Se si amano i film di genere musicale può essere un'alternativa a un'eventuale intossicazione da troppe visioni di "Dreamgirls", per rimanere sullo stesso tema. In generale non brilla di originalità, ma non è certo una pellicola orrenda. Forse un po' stucchevole.
Parola chiave: Motown.

Trailer

Bengi

martedì 25 gennaio 2011

Film 209 - Burlesque

Come vuole la 'tradizione', per ogni vacanza - e quindi ogni posto visitato - va visto un film in un cinema locale. Per quanto riguarda Santa Cruz, avendo gli spagnoli la nostra stessa mania del doppiaggio a tutti i costi, è stata scelta la visione di una pellicola facile, dalla trama basic e ripiena di momenti musicali (almeno quelli in inglese!). Ovviamente da noi deve ancora uscire...


Film 209: "Burlesque" (2010) di Steve Antin
Visto: al cinema
Lingua: spagnolo
Compagnia: Marco, Diego, Titti, Andrea Puffo
Pensieri: In Italia esce il 18 febbraio 2011. In America è uscito il 24 novembre 2010. Quali siano le difficoltà per noi italiani per cui non ci è dato di vedere in tempi umani questo film non è lecito sapere. Di fatto sul mercato spagnolo la pellicola è uscita (perfettamente doppiata) il 17 dicembre. Quindi non può evidentemente essere un problema di traduzione e adattamento dovuto al montaggio nella nostra lingua.
Da considerare, poi, la non certo complessa sceneggiatura che sta alle spalle di questo colorato "Burlesuqe". Ergo, non è nemmeno un problema legato ad un'intricata vicenda dalla difficile struttura. Il mistero, temo, persisterà in eterno.
Di fatto, per quanto mi riguarda, il film - al di fuori della cornice piacevole del viaggio a Tenerife con gli amici - è stato una delusione. Niente a che fare con "Moulin Rouge!" o "Dreamgirls", la visione in spagnolo poi non ha aiutato. Voci stridule e veloci, assolutamente inadatte per ognuno dei personaggi. Se, invece, mi ritrovo a tener conto anche della cornice già citata, la pellicola prende decisamente un altro senso. E' stato divertente, infatti, seguire quella che si può definire un'americanata in una lingua a me non tanto congeniale; il film si prestava perfettamente ad una serie infinita di gag; (alcune del)le canzoni hanno fatto centro. Oggettivamente, in quest'ottica, il film prende la sufficienza.
Ma, per tornare alla visione, come dire, senza l''extra', alcune critiche vanno mosse. Innanzitutto la regia non è funzionale nelle scene dei balletti e, in generale, della musica. Inquadrature sbagliate, movimenti e tempi incorretti che 'sbavano' numeri musicali piacevoli e canzonette orecchiabili.
Poi Cher non è più quella di una volta. Acuto, dirà qualcuno. Di certo, comunque, se da 11 anni l'attrice (premio Oscar 1988 per "Stregata dalla luna") e cantante si asteneva dal farsi vedere in video, aveva i suoi buoni motivi. Tralasciando la voce - che rimane bella - il passo robotico e la quasi totale incapacità di compiere un gesto senza sembrare impalata la rendono drammaticamente ridicola. Le labbra, poi, giocano uno scherzetto malefico al momento dell'apertura della bocca (considerando che parla e canta è una cosa che si nota spesso...), tendendosi e appiattendosi a formare una striscia indistintamente rettangolare, ormai lontano ricordo di una carnosità naturale.
L'Aguilera non è che sia meglio, per carità. Con tutto quel cerone in faccia sembra davvero fatta di porcellana. E, imbarazzante, è il momento in cui si 'scatena' durante il suo provino per il locale di Tess/Cher. Come dicevo, le gag (involontarie) non mancano.
Non vorrei, però, dimenticare ciò che di buono questo film presenta. Innanzitutto, come dicevo, le canzoni. Per segnalarne alcune: "Welcome To Burlesque", "Express", "Show Me How You Burlesque", "The Beautiful People (from Burlesque)" (che riprende "The Beautiful People" di Marilyn Manson), "You Haven’t Seen The Last Of Me" (Golden Globe 2011 come miglior canzone originale, scritta da Diane Warren); una stronzissima Kristen Bell che risulta decisamente più simpatica della protagonista; un sempre più gay (e bravo) Stanley Tucci; un serie di altri comprimari decisamente famosi come Cam Gigandet ("Twilight", "New Moon", "Easy Girl"), Eric Dane ("Grey's Anatomy", "Appuntamento con l'amore"), Alan Cumming ("X-Men 2"), Peter Gallagher ("The O.C."), Dianna Agron ("Glee"); numeri musicali azzeccati (tranne l'audizione di Ali/Aguilera); un finale ben imbastito, con un'ultima inquadratura tagliata ad hoc grazie al montaggio.
Diciamo, insomma, che tornerò a vederlo sicuramente anche in italiano (visto lo scarso incasso in America di $38,707,062 voglio quantomeno contribuire ad alzare l'incasso...) per avere un'idea concreta dei dialoghi (che saranno sicuramente imbarazzanti) che mi sono oggettivamente perso in spagnolo. Di buono c'è che sono sicuro di non aver compromesso la comprensione della trama...
Comunque il mio giudizio rimane tendente al negativo. Peccato, un'occasione buona sprecata a causa di una troppo sottovalutata superficialità. E il pubblico se ne accorge.
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Consigli: Se potete, andate conoscendo già qualche canzone. Cantare al cinema è davvero divertente!
Parola chiave: Sogno.



#HollywoodCiak
Bengi

domenica 7 novembre 2010

Film 168 - Dreamgirls

Ancora costretto in casa per i sintomi influenzali, mi concentro sul cinema in compagnia di Marco e del primo film... della serata!


Film 168: "Dreamgirls" (2006) di Bill Condon
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Bello bello bello! Che carica, che grinta! E che voci! Un musical (ma qui si parla anche) di grande impatto che ripercorre la carriera delle Dreamettes tra successi e cadute. Storie di relazioni di amicizia e amore, di sogni e illusioni, tristezza e rivincite. Tutto questo ispirandosi al gruppo musicale che fu trampolino per Diana Ross, le Supremes.
Beyoncé Knowles/Deena Jones recita in un ruolo che pare cucito sulla sua di vita, dall'amicizia infantile con la compagna di gruppo (nella realtà con Kelly Rowland), al numero di componenti del gruppo stesso (3, come nelle Destiny's Child) al fatto che sia la leader del trio, che sposi un produttore musicale (Jay-Z è soprattutto rapper però) e che tenti la via della recitazione. A parte queste coincidenze, il merito di non aver reso banale, se non proprio di aver rovinato, una parte a cui, invece, ha saputo dare una buona prova attoriale evitando la monoespressività quale unica scelta possibile. Buono anche il lavoro su sé stessa (si dice abbia perso un bel po' di peso per la parte), tra sopracciglia ruspanti, parrucche mortificanti e certi vestitini che imbrazzerebbero anche la Carrà.
Stupenda l'esordiente (e subito Oscar) Jennifer Hudson che impressiona il pubblico con la sua voce potentissima (eraarrivata settima ad "American Idol") e dona al personaggio di Effie White uno spessore ed una caratterizzazione da attrice consumata. La sua voce le apre la porta per il vero successo e grazie a questo "Dreamgirls" conoscerà la fama mondiale che si merita. Davvero un talento straordinario!
Infine il grande miracolato Eddie Murphy che, grazie a questa pellicola, riceve la sua prima (e probabilmente unica) nomination all'Oscar proprio nel periodo dello scandalo con la Spice Mel B che lo imputa quale padre di sua figlia (si rivelerà corretto). Grande stupori da gossip a parte, il ruolo del sig. Murphy - che già miracolato nella vita lo era stato diventando famoso solo per una risata - nei panni del cantante James 'Thunder' Early riscuote tantissimi consensi, tanto da fargli vincere il Golden Globe.
Il resto del film è una carrellata di musica black, sentimenti espressi cantando, balletti da disco music e vestiti di sbrilluccicanti paillettes. E' bello, ben riuscito, con canzoni che rimangono saldamente ancorate alla memoria, divertente e coinvolgente. Bill Condon (regista del film "Kinsey", premio Oscar per la sceneggiatura di "Demoni e dei" e scrittore anche del più celebre "Chicago" di Rob Marshall) regge bene la regia impegnativa di un film del genere, così legata alla mimica facciale di attori che per esprimersi cantano. Non è facile reggere una performance che dura minuti con solo la possibilità di farsi capire tramite gli occhi. Il momento più d'impatto (e la regia è oculata, giostrandosi tra varie carrellate e visuali aeree che aprono l'occhio dello spettatore e aiutano a dare un senso figurato più ampio) coincide sicuramente con la struggente "And I Am Telling You I'm Not Going" cantata dalla Hudson, che regala brividi e, forse, pure qualche lacrima.
L'insieme è davvero una pellicola ben riuscita e, nel suo genere, è uno dei musical che preferisco (dopo "Moulin Rouge!", ovviamente!).
Consigli: Preparatevi prima la colonna sonora e imparatela bene: cantare le canzoni man mano che si susseguono nel film è davvero molto soddisfacente!
Parola chiave: "One Night Only".




Ric