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giovedì 3 novembre 2011

Film 322 - Jane Eyre

Un film proposto da Ale e Leo che non mi sarei mai aspettato di vedere. Anche perchè non sapevo nemmeno fosse uscito nelle sale...


Film 322: "Jane Eyre" (2011) di Cary Fukunaga
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Ale, Leo, Ferdi
Pensieri: Come mio solito non mi sono informato in alcun modo a proposito di questa pellicola. Non conoscevo la storia del libro, non sapevo (ma avevo immaginato) che esistessero altre pellicole in merito alla sfortunata storia della Signorina Eyre.
Mai film è risultato più drasticamente lontano dalle mie aspettative. Ciò non ha alcuna connotazione negativa, semplicemente nella vuota e vaga idea riguardo alle possibili strade intraprese dalla trama, non mi sarei aspettato tale risultato.
Il film, come capita spesso per i rimaneggiamenti hollywoodiani, ha un’elevata propensione alla perfezione tecnica quasi a compensare una sceneggiatura non esattamente impeccabile. Forse troppo presi a rendere fedelmente i passaggi del libro, si sono dimenticati di rappresentarne degnamente l’atmosfera. Un primo tempo quasi horror, con una fotografia da brividi, lascia a tratti persplessi a tratti estasiati dalla piega inusuale intrapresa. Ma, come accade, alla rivelazione del mistero ogni fascino è perso.
Al di là del momento cupo, comunque, tutta la solitudine - tanto menzionata nei dialoghi - della maltratta Jane non è quasi mai percepita. Sarà che il suo personaggio non è mai da solo, sarà perché la solitudine è uno stato interiore, di fatto chi guarda non può che rimanere indifferente ai sentimenti della ragazza, in virtù del fatto che sceneggiatura, regia e montaggio non sono funzionali a rendere tale stato d’animo.
Al contrario, come si diceva, l’aspetto tecnico è tenuto in gran considerazione: fotografia eccellente, bei costumi, location e scenografie perfette.
Il cast è vario. Mia Wasikowska ("I ragazzi stanno bene", "Alice in Wonderland", "L'amore che resta") è Jane. Struccata e al limite dell’anoressia, interpreta il personaggio non sempre con la profondità necessaria, ma ha un particolare momento ‘di grazia’ durante la rivelazione del suo amore per Rochester sotto l’albero, in mezzo ai campi. Poi Judi Dench, composta e pacata, perfetta padrona di casa. L’ombroso Rochester, antipatico e superstizioso, padrone di un segreto che spezzerà il cuore di Jane e lo condurrà alla rovina è interpretato da Michael Fassbender, sempre più in auge negli ultimi tempi. Personalmente non lo trovo né così affascinante né così espressivo. Infine Jamie Bell (“Billy Elliot”), buono, ma con un risvolto poco piacevole. Non è male.
Insomma, ammetto che, all’uscita dalla sala, fossi confuso a proposito di questa pellicola. Non è un’ottimo prodotto, forse nemmeno buono, ma ha qualcosa di giusto. ll confronto post visione tra amici mi ha portato a vedere in chiave positiva l’intero progetto. Aggiungo, poi, che l’aver visto “A Dangerous Method” il giorno successivo, mi ha spinto ancor di più a pensare che, dopo tutto, questo film è molto meglio di come lo avessi giudicato in principio.
Consigli: Non è un film leggero, richiede attenzione e pazienza. Lo si ama principalmente per fotografia e paesaggi che, da soli, valgono buona parte del film.
Parola chiave: Bertha.

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Ric

giovedì 20 ottobre 2011

Film 315 - Carnage

Finalmente gli ingressi gratis della 3 propongono qualcosa di interessante che non sia semplicemente classificabile come 'grandissima minchiata'.


Film 315: "Carnage" (2011) di Roman Polanski
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Marco
Pensieri: Bello e fatto solo di attori. Attori bravi, per intenderci.
Un quartetto umano di espressività e fisicità molto diverse che gioca la partita del 'io sono meglio' in un due contro due che spesso, però, non vede solo le coppie (matrimoniali) in tacita alleanza.
E così, dopo moglie e marito, si sprecano il sostegno femminile e quello maschile, ma ad un unire e opporre le coppie in un vortice della decadenza verso la verità più bassa saranno anche altri temi: figli, educazione, lavoro, sogni, ambizioni, frustrazioni e tanto ancora.
Giocato tutto in un appartamento da cui non si esce mai per vedere Brooklyn, non si soffre di claustrofobia nonostante a volte - come per i protagonisti - manchi un pò l'aria. Polanski, che si dimostra grandissimo in questa prova, raccoglie la sfida dell'interno a tutti i costi con espedienti di regia piuttosto efficaci e con alcune inquadrature davvero belle (es. in un solo momento vediamo ripresi particolari del corpo di Nancy Cowan e chi sta di fronte a lei a figura intera. Polanski si avvale spesso dello specchio per sfruttare appieno lo spazio casalingo. Si potrebbe quasi dire che lo specchio sia un silenzioso quinto personaggio. L'espediente è molto gradevole perchè, spesso, crea interessanti inquadrature in un gioco di doppio o vedo-non vedo che regala allo spettatore un ulteriore strumento di indagine sui personaggi stessi).
A rendere particolarmente riuscito questo film, comunque, sono principalmente i bravissimi attori. Con 12 nomination all'Oscar e 4 statuette vinte in totale Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly formano un quartetto da brivido che, se sulla carta poteva far venire l'acquolina in bocca, nel film mantiene assolutamente le aspettative.
Nevrosi e frustrazioni, dopo un'apparente calma piatta, affiorano con il passare del tempo - tra un'interruzione telefonica e l'altra - tanto da portare i quattro e veri e propri litigi senza il benché minimo filtro. Il contrasto tra l'inizio e la fine è lampante e, bisogna dirlo, piuttosto divertente. L'apparente etichetta altoborghese che viene tanto sfoggiata nei primi - tesi - tempi, viene ufficialmente accantonata in favore di un più genuino (ma non maturo) confronto sulle più disparate tematiche sociali. Il pretesto è un litigio tra figli che vuole essere risolto dai genitori nella maniera più civile possibile. Il risultato è uno spaccato umano dei più bassi e veri resi ultimamente che dimostra, alla fine, che la maturità acquisita con gli anni non corre necessariamente di pari passo con quella acquisita con le esperienze di vita. Le età sono diverse, ma non è detto che i genitori si dimostrino più maturi dei figli. Se vogliamo, per quanto brutale possa essere regolare i conti venendo alla mani, almeno elimina di netto il problema (o piaga sociale) dell'essere subdoli con chi ci sta di fronte. E qui Polanski, grazie ad un testo teatrale ben scritto (da Yasmina Reza), è bravissimo a tirare fuori dal suo cast sfumature umane che rendano alla perfezione il crescendo verso la rivelazione del proprio 'io' di ognuno dei personaggi.
Consigli: Da vedere assolutamente. Bello e interessante, mai noioso o banale.
Parola chiave: Educazione.

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Ric

mercoledì 14 settembre 2011

Film 298 - La signora mia zia

La prima volta era stato amore a prima vista. Di conseguenza volevo rivedere a tutti i costi questa pellicola!


Film 298: "La signora mia zia" (1958) di Morton DaCosta
Visto: dalla tv del Puffo
Lingua: italiano
Compagnia: Marco, Andrea, Andrea Puffo
Pensieri: Dopo aver letto il libro da cui è tratto questo film all'inizio dell'estate, coinvolto nel vortice Mame, ho sentito il bisogno di comprare e rivedere il dvd. Male! Che delusione!
Se da un lato la protagonista Rosalind Russell è una forza della natura, come l'instancabile protagonista del romanzo, dall'altra l'adattamento cinematografico ha storpriato in toto metà del libro.
Quindi episodi mancanti, personaggi a cui viene dato uno spazio maggiore (Zio Beau) e un finale completamente cambiato che addolcisce e fa perdere il senso della storia originale (Agnes Gooch che rimane incinta di Brian O'Bannion dopo una notte brava terminata con matrimonio lampo e fuggiasca luna di miele, per esempio, o come il protagonista - nel libro - Patrick Dennis conosce la sua futura moglie Pegeen Ryan).
Insomma, la commedia in sé è spassosissima, peccato che con il libro c'entri solo a metà. E' stata una piccola delusione, specialmente perchè, con la prima visione di questa pellicola (Film 45 - La signora mia zia), ero rimasto affascinato dal fantastico personaggio di Zia Mame.
Consigli: Ok, dopo aver letto il libro è stata un pò una delusione. Però rimane sempre una divertente commedia anni '50 americana. Affascinante, di classe e spassosa! Da vedere.
Parola chiave: "Live, that's the message!"

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Ric