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mercoledì 24 marzo 2021

Film 1974 - La llorona

Intro: Per pura casualità sono incappato nel trailer e ho supito capito che non volessi perdermi questa pellicola.
Film 1974: "La llorona" (2019) di Jayro Bustamante
Visto: dal computer portatile
Lingua: spagnolo, Mayan-Caqchickel, Mayan-Ixil
Compagnia: nessuno
In sintesi: promosso come una sorta di horror, devo dire che c'è davvero poco di spaventoso in questa pellicola di Jayro Bustamante che, onestamente, è molto più interessante (e disturbante) dal punto di vista della costruzione dei personaggi e del contesto socio-politico, anche se l'inusuale mix di generi arricchisce efficacemente la storia a livello narrativo.
Ispirato alla vera storia del dittatore guatemalteco Efraín Ríos Montt - condannato ad 80 anni di carcere per il genocidio commesso tra il 1982 e il 1983 nei confronti della comunità maya - "La llorona" utilizza intelligentemente il folklore locale contrapponendolo al racconto del processo al protagonista (Julio Diaz) e alla sua conseguente caduta in disgrazia, alternando momenti soprannaturali a un approccio quasi biografico che, insieme, fanno di questo film un interessante ibrido cinematografico che, nonostante un'occasionale lentezza narrativa, non manca di centrare i suoi obiettivi: far riflettere e intrattenere allo stesso tempo.
Cast: María Mercedes Coroy, Sabrina De La Hoz, Margarita Kenéfic, Julio Diaz, María Telón, Juan Pablo Olyslager, Ayla-Elea Hurtado.
Box Office: $294,404
Vale o non vale: Esteticamente molto curato e narrativamente capace di sollevare non pochi interrogativi, "La llorona" è un horror politico che spaventa più per le atrocità commesse dal suo protagonista che per il soprannaturale che non mancherà di dargli la caccia.
Non il tipico film dell'orrore, ma sicuramente una pellicola a cui dare una possibilità.
Premi: Candidato al Golden Globe per il Miglior film straniero. Presentato a Venezia 2019 alle Giornate degli Autori ha vinto per Miglior film e regia.
Parola chiave: Passato.

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#HollywoodCiak
Bengi

sabato 27 febbraio 2021

Film 1961 - The Beautician and the Beast

Intro: Durante la pausa natalizia tra un semestre e l'altro, io e Bizzy ci siamo concessi qualche filmetto serale in compagnia. E dopo i toni più drammatici di "Perfetti sconosciuti", abbiamo pensato di optare per qualcosa di totalmente diverso...
Film 1961: "The Beautician and the Beast" (1997) di Ken Kwapis
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: Bizzy
In sintesi: non che sia un gran film, ma una parte di me è affezionata a questo "The Beautician and the Beast, una sorta di mix tra "La bella e la bestia" e "La tata" se l'incontro tra questi due mondi apparentemente inconciliabili avvenisse nella tenuta di "The Haunting". Il tutto con un pizzico di "Norma Rae" a favore dei diritti per i lavorati. Insomma, è chiaro che il risultato finale di questo film sia bizzarro, quantomeno.
La realtà è che questa pellicola non è nient'altro che un tentato trampolino di lancio per la carriera cinematografica di Fran Drescher che, ancorata al ruolo di Tata Francesca, tenta qui di riplicare la magia di quel personaggio riciclandolo in chiave principesca. Il risultato finale è una giga boiata, ma una giga boiata che funziona.
Cast: Fran Drescher, Timothy Dalton, Lisa Jakub, Ian McNeice, Patrick Malahide, Heather DeLoach, Adam LaVorgna, Michael Lerner, Phyllis Newman.
Box Office: $11.5 milioni
Vale o non vale: Sarà che io Fran Drescher la amo senza se e senza ma, sarà che ogni tanto si ha bisogno di vedere qualche titolo più leggero, in ogni caso questo "The Beautician and the Beast" è il titolo giusto per una serata senza pensieri e con un pizzico di nostalgia per i tempi che furono. E le promesse di carriera per Fran.
Premi: Candidato al Razzie per la Peggior attrice (Drescher).
Parola chiave: Insegnante.

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#HollywoodCiak
Bengi

domenica 3 gennaio 2021

Film 1767 - Sahara

Intro: L'avevo visto al cinema con padre e mi pareva di ricordare mi fosse piaciuto. Siccome fu un gigantesco flop al botteghino, per non parlare delle pessime critiche, mi sembrava giunto il momento, a 15 anni di distanza, di dar a questa pellicola una seconda chance.
Film 1767: "Sahara" (2005) di Breck Eisner
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: chi l'avrebbe detto, nel 2005, che 2 dei protagonisti di questa pellicola fossero destinati a vincere un Oscar?! NESSUNO. Dai, forse Penélope era già più plausibile, ma Matthew McConaughey Miglior attore protagonista proprio non si riusciva a concepire neanche nelle più sfrenate fantasie da trip metanfetaminico. Per non parlare del fatto che questa storia racconta (anche) di un'epidemia...
Sconvolgenti avvenimenti futuri a parte, "Sahara" è un film d'avventura con budget da colossal ($160 milioni di dollari) che mixa l'ambientazione desertica de "La mummia", ci incastra dentro una sorta di caccia al tesoro alla "Il mistero dei Templari", cerca quel brivido alla 007 e rilancia con il fascino - qui francamente un po' troppo abbrustolito - di Matthew McConaughey e i suoi addominali, il tutto per un risultato finale noioso e poco elettrizzante. Sono rimasto francamente sorpreso dall'incapacità di questo prodotto commerciale di risultare di buon (o quantomeno decente) intrattenimento.
Insomma, tutto considerato, da questo "Sahara" mi aspettavo (e ricordavo) molto di più.
Cast: Matthew McConaughey, Steve Zahn, Penélope Cruz, Lambert Wilson, Glynn Turman, Delroy Lindo, William H. Macy, Rainn Wilson, Lennie James.
Box Office: $119.2 milioni
Vale o non vale: Non è certo il film più brutto della storia, ma se consideriamo che si tratta di una pellicola commerciale il cui unico intento è quello di intrattenere e divertire, "Sahara" è un clamoroso buco nell'acqua. Poi, per carità, si lascia guardare e dimenticare senza fatica, ma di certo non è di quei prodotti che ti lasciano soddisfatto.
Premi: /
Parola chiave: Carro armato.
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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 9 ottobre 2020

Film 1931 - The Kingmaker

Intro: L'altra sera stavo cercando qualcosa da vedere che si accompagnasse bene alla cena e, spulciando l'hard drive, ho ritrovato questo film che ho scaricato prima di partire. Era senza dubbio il titolo perfetto!
Film 1931: "The Kingmaker" (2019) di Lauren Greenfield
Visto: dal computer portatile
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
In sintesi: della Sig.ra Marcos conoscevo solo l'aneddoto sull'incredibile numero di scarpe, per cui è stato molto interessante approfondire l'argomento da un'agolazione più politica e umana.
La narrazione comincia con l'esposizione del punto di vista della protagonista - la vedova di Ferdinand Marcos, presidente (e di fatto diddatore) delle Filippine per poco più di vent'anni - e procede pian piano fornendo le prove di una corruzione e l'esercizio di un potere autoritario e violendo che finiscono per smontare inevitabilmente la visione quantomeno illusoria dei fatti che l'ex First Lady vorrebbe far passare. E non si può fare a meno di chiedersi se la donna, per dirla facile, ci sia o ci faccia. Perché è evidente che Imelda Marcos sia profondamente consapevole di ciò che le succede e le è successo intorno, per cui risulta difficile credere che il suo racconto basato sul concetto di amore per la nazione e il suo popolo si basi sulla percezione cosciente della realtà e non sia, invece, solamente una maniera per farsi scudo delle durissime critiche rvolte a lei e alla controversa figura del marito.
In un'ora e quaranta di documentario, infatti, la Greenfield ripercorre anni di storia delle Filippine e dei suoi potenti amministratori in un contesto che vede la corruzione e l'esercizio dell'autorità suprema quali elementi intrinsechi della gestione del paese, facendo leva su un'emotività della protagonista della storia che cozza profondamente con le scelte fatte e le decisioni prese.
Tra un mondo di sfarzo e lusso sfacciato che mette ancora più in evidenza il divario con la povertà dilagante della popolazione e l'inquietante assetto da regime totalitario che prende via via piede nell'amministrazione Marcos è di fatto impensabile ritenere innocente o anche solo estranea ai fatti una figura come quella della Marcos che, ad oggi, detiene ancora un enorme potere politico e mediatico a livello non solo nazionale. Senza contare che non mancano prove a sostegno di questa possibilità.
L'altro aspetto narrativo toccato da questa pellicola coinvolge, invece, la rinascita della dinastia Marcos, con la figura ora centrale del primogenito Bongbong alla ricerca di nuovo potere politico attraverso la candidatura a vicepresidente del paese. Non basterà la sconfitta a farlo desistere, tanto che verrà a galla un'alleanza con l'attuale presidente Duerte e risulterà rivelatrice nei confronti di un piano per la "rinascita" che si è messo in moto ormai molto tempo addietro.
Insomma, "The Kingmaker" comincia come una sorta di biografia della sua figura centrale Imelda Marcos e finisce per toccare tematiche che vanno molto oltre la semplice curiosità nei confronti dell'immagine glam e cosmopolita che ci si fermerebbe a considerare quando si pensa alla ex First Lady; il che, a mio avviso, costituisce la forza di questo documentario, una sorta di percorso quasi inaspettato che, invece, risulta essere il vero carburante di tutta la storia.
Cast: Imelda Marcos, Bongbong Marcos, Benigno Aquino III, Leni Robredo, Andres D. Bautista, Etta Rosales, Imee Marcos, Rodrigo Duterte, Corazon Aquino, Ferdinand Marcos.
Box Office: $148,653
Vale o non vale: Interessante e ben strutturato, questo film non si perde dietro reverenze e compliemti, ma si interessa di dare il più accuratamente possibile uno sguardo obiettivo rispetto ai vari elementi della sua storia (famiglia Marcos, strapotere e dittatura, appropriazione indebita di risorse dello stato, esilio, malcontento popolare, resurrezione politica e "perdono", corruzione, violenza, legge marziale). Il risultato è molto interessante e ben argomentato, anche se mi sento di dire che certi passaggi dei racconti degli attivisti (nonché vittime) avrebbero potuto essere gestiti meglio a livello narrativo. A parte questo, "The Kingmaker" è un solido documentario.
Premi: Il film è stato presentato fuori concorso al Festival del Cinema di Venezia 2019.
Parola chiave: Love.

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#HollywoodCiak
Bengi

lunedì 27 agosto 2018

Film 1503 - Come ti ammazzo il bodyguard

Intro: Le commedie stupidine sono tra quelle che preferisco per rilassarmi e qui, al Takarakka, se c’è la possibilità di staccare un po’ è meglio coglierla al volo. Ecco perché questo film sembrava il titolo perfetto.
Film 1503: "Come ti ammazzo il bodyguard" (2017) di Patrick Hughes
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Fre
In sintesi: deludente e davvero poco ispirato. Avrebbe anche le carte in regola per raccontare qualcosa di simpatico, ma davvero mancano i momenti divertenti e resta solamente una spy story che tenta di risultare comica, ma non ci riesce. Non è colpa dei due protagonisti Reynolds e Jackson, semplicemente la sceneggiatura non è granché.
Cast: Ryan Reynolds, Samuel L. Jackson, Gary Oldman, Salma Hayek, Élodie Yung, Joaquim de Almeida, Kirsty Mitchell, Richard E. Grant.
Box Office: $176.6 milioni
Vale o non vale: mi aspettavo grandi cose, un grande action e, invece, ho trovato questo ennesimo prodotto mainstream piuttosto debole, senza carattere. Reynolds ha stile e dimostra di avere le qualità da protagonista, Jackson fa sempre lo stesso ruolo, il risultato finale manca di originalità. Dimenticabile.
Premi: /
Parola chiave: Processo.

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Bengi

lunedì 8 maggio 2017

Film 1352 - Lui è tornato

Cenetta di famiglia a casa mia con cugina. Indecisi su cosa guardare, abbiamo optato per questo titolo, curiosi di capire come potesse mai gestire l'ingombrante passato del proprio protagonista.

Film 1352: "Lui è tornato" (2015) di David Wnendt
Visto: dal computer portatile
Lingua: italiano
Compagnia: Francy
Pensieri: Un esperimento cinematografico non da poco basato sulla provocatoria idea alla base del romanzo di Timur Vermes, ovvero cosa succederebbe se Adolf Hitler riapparisse vivo e vegeto ai giorni nostri.
L'inquietante quanto intrigante presupposto della storia riesce a dar vita ad una pellicola che è un mix sorprendente di emozioni e sensazioni, una montagna russa che spazia da perplessità a genialità, sbigottimento e divertimento, per un'esperienza nel complesso ambigua, nel senso che è capace di suscitare ilarità ma pur sempre attraverso una satira e un umorismo che fanno leva su questioni estremamente delicate.
Tra l'altro è paradossale che un paese in grado di partorire un prodotto così evidentemente ironico e dissacrante nei confronti della propria stessa storia, sia al contempo popolato da realtà così fortemente orientate e schierate proprio a favore delle ideologie qui messe alla berlina.
Ed è inoltre non poco scioccante realizzare quanto le argomentazioni offerte dal personaggio hitleriano siano spesso non prive di raziocinio. Il senso di colpa, la memoria storica e il buon senso non tardano a farsi sentire, eppure quello che viene detto dall'infausto dittatore non è privo di un'analisi di base che funzionerebbe anche, non fosse per quell'inclinazione all'estremismo e al fanatismo di cui tutti siamo a conoscenza. E' poi questo, insieme all'attaccamento dei media per tutto ciò che faccia notizia, che riporta in auge Hitler nel racconto. Per quanto riguarda il "comparto umano", direi che l'ignoranza mischiata a una certa dose di menefreghismo e follia siano i fautori della grande presa sul pubblico di una figura storica legata a così tanti orrori e che per questo motivo mai dovrebbe avere occasione di tornare in auge agli occhi del pubblico. Qui, naturalmente, si tratta di far passare proprio quel peggio di un messaggio che gioca sulla provocazione per far riflettere lo spettatore e/o il lettore. E ciò accade ancora di più nel momento in cui ci si accorge che la pellicola contiene al suo interno scene girate dal vivo e senza un copione in cui Oliver Masucci (che, va detto, è molto bravo) e l'ingombrante personaggio che interpreta sono liberi di interagire con le persone in contesti non di fiction. Le reazioni vere dei passanti sono ancora più disturbanti che tutto il film nel suo complesso.
Detto questo, "Lui è tornato" è un prodotto cinematografico furbetto che, nonostante tutto, funziona e porta a casa un degno risultato. La storia era pericolosa e si sarebbe potuto sbagliare in tanti modi, eppure nel complesso convince dall'inizio alla fine.
Cast: Oliver Masucci, Fabian Busch, Katja Riemann, Christoph Maria Herbst, Franziska Wulf, Michael Kessler.
Box Office: $25.5 milioni
Consigli: Non è una commedia nel senso più spensierato del termine. E' una pellicola certamente ricolma di satira, dissacrante nel mostrare uno scenario alternativo plausibile perché supportato da episodi reali (le scene non di fiction girate tra la gente) e allo stesso tempo capace di farti rabbrividire. Per chi è in grado di coglierne la tagliente ironia, la storia è geniale oltre che maledettamente provocatoria. Per gli altri forse è meglio votarsi a pellicole meno impegnative.
Parola chiave: Cane.

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Bengi

mercoledì 1 giugno 2016

Film 1148 - Colonia

Incuriosito dalla locandina, poi ancora di più dopo aver scoperto chi facesse parte del cast, appena lo streaming lo ha messo a disposizione in lingua originale non ho perso tempo e l'ho guardato!

Film 1148: "Colonia" (2015) di Florian Gallenberger
Visto: dal computer di casa
Lingua: inglese
Compagnia: nessuno
Pensieri: Film di stampo storico con annesso intento di denuncia, questo "Colonia" approda però al cinema in una strana forma che sembra mischiare "Lost" ad "Argo" e "Hunger Games", per un risultato finale d'effetto, ma forse non in grado di sviscerare tutto il potenziale della vicenda.
Premessa (da Wiki): il titolo fa riferimento a Colonia Dignidad (o Villa Baviera), "villaggio cileno fondato nel 1961, posto 35 km a sud-est di Parral, Provincia di Linares, nella regione del Maule [...]. Nel momento del suo massimo sviluppo Villa Baviera ospitava circa 300 residenti tra tedeschi e cileni, distribuiti su una superficie di 137 chilometri quadrati. Le principali attività economiche erano legate all'agricoltura; la colonia ospitava una scuola, un ospedale, due piste di atterraggio, un ristorante e una centrale energetica. Il villaggio, circondato da una barriera elettrificata con torri di osservazione e proiettori di ricerca, era difeso da armi di vario genere tra cui un carro armato". La scheda prosegue con la successiva suddivisione in paragrafi, esemplificativi sufficientemente senza bisogno di aggiungere altro: Legami col Nazismo, Torture, Accuse di abusi, Molestie su bambini, Detenzione di armi. Senza contare che, a quanto pare, nessuno che sia entrata a Villa Baviera vi è mai uscito.
Il materiale è sufficiente per ben più che un unico film, in ogni caso lo sforzo che si cerca di fare qui è lodevole, pur troppo spesso lasciando molto spazio a certi fatti violenti descritti in maniera didascalica, a sfavore di un contesto storico-politico lasciato troppo nello sfondo. E' vero che la colonia è un mondo chiuso, impenetrabile, di fatto un carcere, ma non si può nemmeno chiamare in ballo la storia e poi decidere di relegarla ad inizio e fine del film.
In ogni caso buona parte del carisma di questa pellicola deriva dalle buone interpretazioni dei suoi protagonisti, primo fra tutti un inquietante Michael Nyqvist (già visto nella trilogia originale di "Uomini che odiano le donne" e cattivo istituzionale di "Mission: Impossible - Protocollo fantasma") che riesce a instillare paura nello spettatore, incapace di prevedere quanta altra cattiveria e bassezza personale riuscirà ad evocare il suo disgustoso personaggio. L'inedita coppia di amanti Emma Watson e Daniel Brühl si becca la sufficienza, ma sull'attrice una postilla: forse per una certa sua impostazione di base, quando si tratta di dramma la Watson ripropone ormai da tempo sempre lo stesso repertorio che è buono, sì, ma sempre uguale non importa che si sia ad Hogwarts o minacciati dalla dittatura di Pinochet.
In definitiva un titolo non perfetto, ma che non manca di emozionare.
Cast: Emma Watson, Daniel Brühl, Michael Nyqvist, Richenda Carey, Vicky Krieps.
Box Office: $2.3 milioni
Consigli: Direi che "Colonia", pur rovinato da un finale davvero poco credibile, rimane un tentativo di portare in superficie una storia forse non troppo conosciuta - di sicuro a me sconosciuta - che non sarà perfetto, ma ha il valore dell'intento che si è prefissato. E francamente non trovo nemmeno che sia un titolo così malriuscito come la critica lo ha descritto. Per cui vale la pena dargli una chance, dato che è appena uscito nelle sale (il 26 maggio), pur tenendo presente che si tratta di una storia complicata, difficile e dolorosa. Ma è pur sempre tratta da un fatto accaduto realmente, di cui non ci si dovrebbe dimenticare.
Parola chiave: Paul Schäfer.

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Bengi

giovedì 23 aprile 2015

Film 904 - The Interview

Curiosissimo di farmi un'idea riguardo questo film dopo tutto il caso diplomatico che si è venuto a creare, tanto imponente che perfino il Presidente Obama è intervenuto dicendo la sua.

Film 904: "The Interview" (2014) di Evan Goldberg, Seth Rogen
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Tanto rumore per nulla.
Come si sa, questa pellicola è stata prepotentemente oggetto di chiacchiere, speculazioni e, sì, anche di minacce a causa della satira presente nella sua storia. La trama parla infatti direttamente del capo di stato della Corea del Nord Kim Jong-un senza preoccuparsi troppo di farlo apparire un vero e proprio idiota e pallone gonfiato, il che non è stato particolarmente gradito al soggetto in questione, che oltre ad essere un capo di stato è anche un dittatore e non esattamente dei più tranquilli. Sono piovute minacce pesanti - come quelle di far saltare in aria i cinema che avessero proiettato la pellicola -, la Sony Pictures Entertainment è stata vittima di attacchi informatici da parte di hacker coreani (i GOP, Guardians Of Peace) con l'intento di ricattare la compagnia e impedire l'uscita del film, i due protagonisti James Franco e Seth Rogen sono stati costretti a cancellare il tour promozionale, la data d'uscita (il giorno di Natale) è stata cancellata e, infine, il Presidente Obama si è espresso relativamente alla vicenda, criticando la decisione della Sony di bloccare l'uscita nelle sale etichettando l'episodio come un errore: "We cannot have a society in which some dictator in some place can start imposing censorship in the United States. I wish they'd spoken to me first. I would have told them: do not get into the pattern in which you are intimidated." ("Non possiamo vivere in una società in cui un qualunque dittatore di un qualunque luogo possa iniziare ad imporre la censura negli Stati Uniti. Avrei voluto ne avessero parlato con me prima. Avrei detto loro: non lasciatevi intimidire" - traduzione mia).
Il film poi è comunque uscito al cinema e nonostante le poche sale che lo hanno proiettato, l'incasso non è stato così disastroso come sarebbe potuto essere e, considerati i 42-44 milioni di dollari di budget, è riuscito a guadagnarne 40 solo dalle riproduzioni digitali su svariate piattaforme (tra cui anche YouTube), totale a cui va aggiunto l'incasso tradizionale derivato dai cinema. Insomma, poteva andare peggio, molto peggio. Anche considerato che "The Interview" non è niente di che. Anzi, a dirla tutta a me non ha soddisfatto. Un po' perché la cornice nordcoreana non è esattamente delle più felici, un po' perché la satira - che davvero non risparmia nulla alla figura del dittatore interpretato da Randall Park - non fa impazzire. Solitamente sono uno che non si scandalizza per boiate o bambinate, le commedie demenziali (o che ne usano i toni colorati) mi sono sempre piaciute, eppure questa mi ha lasciato con qualche perplessità, probabilmente perché dal duo Franco - Rogen mi aspettavo di più di questa storia, che è proprio elementare. In tutta onestà direi che la Corea del Nord poteva anche starsene tranquilla, questa storia non è certo una feroce denuncia allo spietato regime che mette alla fame una nazione e si gode la bella vita nei palazzi del potere. E anche dove si fa cenno alla questione, l'intento intrattenitivo e goliardico prende sempre il sopravvento, il che pregiudica alquanto l'eventuale interesse alla denuncia.
Quindi, in misura maggiore di quanto mi aspettassi - visto il caso diplomatico che si è venuto a creare -, mi immginavo certamente una storia più aggressiva per quanto riguarda la critica, seppure sempre improntata sui toni della commedia. Tradite le mie aspettative per il solito intrattenimento becero, anche l'idea di scomodare una dittatura diventa una scusa come un'altra, un fondale diverso dagli altri ma pur sempre intercambiabile, nonché una buona scusa per aumentare il chiacchiericcio collaterale da accompagnare alla solita buona dose di marketing e promozione. Insomma, davvero niente di che.
Box Office: $11.3 milioni
Consigli: Probabilmente se tutta la questione delle minacce nordcoreane non si fosse verificata, il film avrebbe racimolato molto meno interesse da parte del pubblico. Non necessariamente in termine di incassi, che probabilmente sarebbero stati buoni, ma certamente l'operazione avrebbe avuto molta meno pubblicità. Ciò detto, "The Interview" è un titolo mediocre, una commedia irriverente e con numerosi momenti comici demenziali che, però, non fa del tutto centro. Buono il cast, agli affiatati James Franco e Seth Rogen si affiancano Randall Park, Lizzy Caplan e Diana Bang (la più efficace di tutto il cast), oltre che un discreto numero di camei di Eminem, Rob Lowe, Bill Maher, Seth Meyers, Joseph Gordon-Levitt, Ben Schwartz e Brian Williams.
Tutto sommato una commedia così così, che può essere vista e dimenticata senza troppi rammarichi.
Parola chiave: "Firework".

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Bengi

martedì 23 settembre 2014

Film 771 - V per Vendetta

Una pellicola vista al cinema tanti anni fa. Prima del mio amore per i film, prima dei miei studi di semiotica. Tutta un'altra storia, insomma.

Film 771: "V per Vendetta" (2005) di James McTeigue
Visto: dalla tv di Erika
Lingua: italiano
Compagnia: Erika, Luigi
Pensieri: "V per Vendetta" è un gran bel film, scritto bene e ricchissimo di idee. Da non sottovalutare, poi, le scelte della trama che rimandano ad approccio coi media, rapporto tra stato e potere, cittadini e giustizia, ideale e reale, per non parlare di un rimando a "1984" di Orwell.
I fratelli Wachowski sviluppano bene il graphic novel di Alan Moore (che però si è dissociato dal risultato finale della pellicola) e le idee che lo compongono e riescono nell'intento di costruire la nascita di un'eroina moderna, plasmata da un rivoluzionario che sarà in grado di scuoterne animo e coscienza risvegliandola da un torpore sociale e personale che l'aveva dominata per tutte l'esistenza.
Natalie Portman si dona al ruolo in maniera magnifica - rasata è sempre stupenda -, ma la vera sorpresa rimane Hugo Weaving in grado di risultare tanto espressivo quanto enigmaticamente immobile dietro la sua maschera-simbolo. Due protagonisti che insieme da soli fanno la storia e conducono la pellicola dall'inizio alla fine.
Il risultato finale è un'opera molto interessante, basata moltissimo sul verbale, che gioca sulla costruzione di simboli e si genera nella concretizzazione di un'idea che diventa ideale: battere il sistema, il governo corrotto, riportare l'equilibrio attraverso atti di mirata violenza e mediatico scalpore, combattere in ciò in cui si crede fino all'estremo sacrificio. Insomma, per certi versi epico, per altri molto moderno, sicuramente distopico ed inquietante, ma assolutamente irresistibile se gli si da il tempo di carburare. V è un personaggio intricatissimo, il governo corrotto che qui è rappresentato ha caratteristiche molto attuali (il film è di 9 anni fa). Bello.
Box Office: $132,511,035
Consigli: Credo di non esagerare nel dire che è certamente un film simbolo degli anni '00, uno di quelli che si deve vedere. "V for Vendetta", con i Wachowski in gran forma, un cast perfetto e il molto interessante graphic novel da cui è tratto, si colloca nell'universo sci-fi guadagnandosi un posto di tutto rispetto nelle pellicole di genere. Una dialettica fantastica per V, una meravigliosa trasformazione per Evey, una storia appassionante e una buona realizzazione tecnica. Davvero vale la pena di vederlo almeno una volta nella vita: anche non dovesse piacere, gli spunti che la storia regala valgono certamente la visione.
Parola chiave: 5 novembre.

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#HollywoodCiak
Bengi

venerdì 20 dicembre 2013

Film 636 - The Interpreter

Una scelta un po' dettata dal caso: nessuno streaming funzionava e di pronto c'era questo...

Film 636: "The Interpreter" (2005) di Sydney Pollack
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: In tempi già sospetti di labbra al botox, Nicole Kidman girò questo film - uno degli ultimi di Sydney Pollack - in compagnia dello stropicciatissimo Sean Penn per raccontare la storia di un'interprete dell'ONU che rischia la vita per aver ascoltato inavvertitamente una conversazione per uccidere un esponente politico.
Nonostante il trailer e le premesse della storia parrebbero suggerire un buon prodotto commerciale a tinte thriller internazionali, questa seconda visione (come la prima al cinema) delude ampiamente le aspettative. Anche se ne avevo un ricordo più negativo rispetto a ciò che effettivamente è "The Interpreter", rimane il fatto che il risultato finale sia decisamente inferiore a ciò che ci si aspetterebbe da una produzione big budget come questa.
La fragilità del personaggio interpretato da Nicole alla lunga è un po' tediosa e stucchevole e rallenta notevolmente la storia che, già di per sé, manca ampiamente di appeal. Un thriller con poca, poca azione e tanta, tanta denuncia politica dovrebbe durare meno dei 128 minuti di questa pellicola e, possibilimente, giocarsi meglio le sue carte. Perché innanzitutto sia la Kidman che Penn non sono assolutamente essenziali per la storia, poi lo svolgimento dell'intreccio non è sempre chiarissimo e si perde in alcune difficoltà linguistico-culturali che, francamente, allo spettatore medio interessano poco.
Il fascino di questo prodotto sta tutto nella figura qui icona dell'interprete che lavora alle Nazioni Unite, luogo sacro di diritti e civiltà e voce mondiale dei popoli. Intrufolarsi nella quotidianità di un posto così affascinante è già di per sé un ottimo motivo per perdonare a "The Interpreter" di essere un prodotto mediocre e pretenzioso. Questo, infatti, è il primo film girato effettivamente all'ONU: mai prima di questo esempio era stato possibile effettuare riprese all'interno della sede di New York. Un'opportunità non appieno sfruttata a mio avviso, ma pur sempre l'occasione di visitare virtualmente uno dei simboli della modernità contemporanea.
Purtroppo, salvo questo, non rimane moltissimo altro della pellicola che valga al pena di elogiare. E' un prodotto che si lascia guardare e, per carità, non è malvagio, ma si rimane comunque delusi dal risultato finale nonostante ci si sarebbe aspettati qualcosa di migliore. Insomma, solo Kidman, Penn e Pollack all'epoca insieme avevano 4 Oscar! Eddai...
Ps. $162,944,923 di incasso mondiale e 80 milioni di dollari per produrlo.
Pps. Vedere Nicole Kidman che sfreccia per New York in sella a una Vespa è qualcosa che sa tantissimo di irreale.
Consigli: Questo e un paio di altri film ("La donna perfetta", "Birth - Io sono Sean") hanno segnato l'inizio del declino della carriera di Nicole Kidman, fino ad un paio di anni prima star incontrastata del cinema mondiale. Nonostante "The Interpreter" sia effettivamente meglio degli altri due, rimane comunque un prodotto sottotono e francamente a tratti noioso. Non ci si affeziona ai personaggi e la storia è troppo lunga. La realizzazione tecnica è di ottimo livello, ma non basta.
Parola chiave: Matobo.

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Bengi

mercoledì 20 ottobre 2010

Film 154 - I mercenari

Appuntamento col cinema disimpegnato insieme a papà. Così ci piace!


Film 154: "I mercenari" (2010) di Sylvester Stallone
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: papà
Pensieri: Questo film segna un micro record: è il primo film diretto da Stallone che io abbia mai visto.
Delle doti di Stallone quale attore siamo tutti d'accordo che non ci sia molto da aggiungere se non che, ormai, ha il viso talmente distrutto-e-ricostruito da non riuscire quasi più ad evidenziare un'espressione. Ma - furbetto - circondato da alcuni freak della Hollywood di oggi, Mickey Rourke in testa, non risulta nemmeno troppo malconcio. Sia chiaro, però, che la mia non è una critica.
Non amo il genere di film che 'Sly' si è cucito addosso durante la sua carriera, ma non posso certo rinfacciargli di non saper fare 'quello che deve'. Questa pellicola ha pienamente soddisfatto le mie violente aspettative, ricordandomi che, ogni tanto, anche un bel film 'spacca ossa' è salutare!
Mette di buon umore la rimpatriata, sotto l'ala protettrice del nostro attore/regista, di tutti quegli omaccioni minacciosi che non vedono l'ora di fare il culo al cattivo di turno (Eric Roberts, fratello di Julia, visto già in "Perfetti... ma non troppo"). E, nonostante di primo acchito possa sembrare un'operazione nostalgia, il risultato è più che convincente. Nella rosa dei film adrenalinici e violenti non sfigura e, anzi, supera certi pasticci che ci propinano ultimamente come classici del genere. Stallone sa bene quello che fa, dirige sicuro in un territorio senza ostacoli per lui, abituato com'è a fronteggiare pellicole del genere.
Ben riusciti anche i camei di Bruce Willis, che qui commissiona il lavoro e Arnold Schwarzenegger, dopo tanti anni di nuovo sul grande schermo in una particina che gli hanno cucito addosso.
Spassoso e chiassoso, violento, tosto. Ma c'è anche l'amore e le classiche belle di turno (la messicana Giselle Itié per Barney Ross/Sylvester Stallone e Charisma Carpenter - la Cordelia di "Buffy, l'ammazzavampiri" e "Angel" - per Jason Statham - per lui sempre meno capelli, sempre più ruoli da duro!).
Sly non fa rimpiangere i vecchi tempi! Divertente.
Ps. Grandissimo successo al botteghino: $223,981,571 di cui $102,981,571 solo in America!
Consigli: Munirsi di dolby surround e tanta adrenalina! Pronti, partenza... botte!
Parola chiave: Dittatore.




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